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Missione verso Marte - Nicolas Cretton Homepage

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Missione verso Marte - Nicolas Cretton Homepage
Astrobiologia Modulo 2
MALAGUTTI YURI
2028
‘Mission to Mars’
3A 3B 3D
Cortesia di Oliviero Mannucci,
fonti: NASA/ESA
Nubi polari marziane
BREVE RIPASSO
MARTE: descrizione
generale
Tipo di pianeta: roccioso
Temperatura media annuale: - 63° C
Temperatura minima misurata: - 123°C
Tempertura massima misurata: + 27°C
Ciclo stagionale: si
Durata giorno ( Sol ): 24h 37m 22,7s
Ciclo meteorologico: si ( no pioggia)
Satelliti: si, due
MARTE: Caratteristiche
Fisiche
Diametro equatoriale: 6794 km
Diametro polare: 6760 km
Accelerazione di gravità: 0,38 di quella
terrestre
Inclinazione asse polare: 23°59’ (Terra
23° 26’)
MARTE:
Caratteristiche
orbitali
Distanza max.dal Sole:
249 000 000 km
Distanza min.dal Sole:
207 000 000 km
Durata anno marziano:
686,980 giorni nostri (669
Sol)
Distanza massima dalla
Terra: 400 000 000 km
Distanza minima dalla
Terra: 56 000 000 km
MARTE: caratteristiche
atmosferiche
Pressione media: 6.1 millibar ( Terra
1013)
Composizione: 95.3% anidride
carbonica, 2.7% azoto, 1.6% argon e
tracce di ossigeno ( Terra 21%
ossigeno, 72% azoto, 7% altri gas)
Venti: solitamente di lieve entità, ma
possono raggiungere i 200km/h e
possono interessare vaste zone del
pianeta, la loro azione causa il
sollevamento di enormi quantità di
ossidi di ferro presenti nel terreno
marziano, questo fa sì che il cielo
assuma un colore aranciato, che in
assenza di venti è solitamente
azzurro violaceo
L’unico corpo celeste raggiunto dall’uomo fisicamente dall’inizio dell’era
spaziale è stata la Luna, e quest’anno si commemora il quarantennale
di questo evento.
Andare sulla Luna, nonostante la
relativa vicinanza del nostro satellite
naturale, non è stato facile. Durante
le varie missioni Apollo infatti, si sono
verificati una serie innumerevole di
piccoli e grandi problemi che talvolta
hanno messo a rischio la riuscita
della missione, o addirittura hanno
messo a repentaglio la vita degli
astronauti. Potete immaginare da voi
cosa potrà significare inviare degli
uomini su Marte.
Apollo 13 in volo danneggiata
Le conoscenze odierne che abbiamo di Marte, sono il risultato dell’invio di dozzine di
sonde automatiche. Il costo finanziario dell’esplorazione marziana ammonta a circa i
2/3 dell’intera spesa economica destinata all’esplorazione spaziale dalle maggiori
potenze del mondo. Una cifra che sicuramente potremo definire “ astronomica”, in tutti i
sensi
Dovete pensare che di
tutte le sonde
automatiche ( orbiter,
lander, rover) inviate ad
esplorare Marte, circa i
2/3 hanno fallito. Questo
ci deve far riflettere
attentamente su cosa
potrà significare inviare
degli esseri umani su di
esso. I rischi sono
tantissimi infatti, e il
viaggio dovrà essere
progettato nei minimi
dettagli
Da: Repubblica.it
Novembre 2007
La NASA e l’ESA stanno
collaborando
intensamente per
raggiungere un obiettivo
comune, mandare l’uomo
su Marte. La NASA sta
lavorando molto nella
ricerca di sistemi di
propulsione innovativi,
l’ESA invece sta
lavorando agli aspetti
logistici, ambientali,
alimentari e psicologici
che riguarderanno gli
astronauti durante il lungo
volo che li porterà a
calcare il suolo del pianeta
rosso
La prima impronta dell’uomo su Marte
MELiSSA
Micro-Ecological Life Support System Alternative
MELiSSA
Aspetto
ambientale
Aspetto
alimentare
Aspetto
logistico
Aspetto
psicologico
MELiSSA è un progetto multidisciplinare al quale partecipano varie università
europee e diversi enti indipendenti, dedicato alla ricerca riguardanti i vari aspetti
di una lunga permanenza nello spazio da parte di un equipaggio umano, aspetti
ambientali, alimentari, logistici e psicologici e non solo questi
Aspetto ambientale e alimentare
Gli scienziati che stanno
lavorando alla
realizzazione del progetto
MELiSSA, sono partiti da
questa domanda.
Quali sono gli elementi
necessari che assicurano
l’esistenza al genere
umano sullaTerra?
Sulla Terra, che non
dimentichiamolo, è una
sorta di gigantesca
astronave naturale, gli
elementi necessari alla
nostra vita vengono
assicurati dal ciclo
dell’acqua, dal ciclo dell’aria
e dal ciclo del carbonio, di
cui i primi due cicli sono
parte integrante. Voi tutti
sapete come funzionano
questi meccanismi quindi
non mi ci soffermerò più del
necessario. Dirò solo che il
progetto MELiSSA ha come
obiettivo ricreare questi cicli
naturali all’interno di una
astronave
Il principio del progetto di supporto vitale MELiSSA è il recupero della biomassa commestibile proveniente dai rifiuti organici commestibili e dalla
anidride carbonica e i minerali prodotti dall’equipaggio. Tutto ciò proprio
come sulla Terra sarà possibile grazie all’utilizzo della luce come fonte di
energia per attivare la fotosintesi biologica.
Detto in termini semplici, gli astronauti a bordo, oltre a conoscere
l’astrofisica, l’informatica, l’ingegneria spaziale e molto altro dovranno
dedicarsi anche all’agricoltura, in quanto dalla coltivazione delle piante
presenti a bordo dipenderà la loro vita. La dieta degli astronauti sarà
quindi basata esclusivamente sul consumo di frutta, verdura fresca,
legumi e cereali e questo per ovvie ragioni….
Pensate, portare un litro d’acqua
sulla ISS costa circa 20 000 Euro.
Per far crescere un animale medio
sulla Terra destinato alla
macellazione ci vogliono decine di
migliaia di litri d’acqua e molte
tonnellate di cereali, potete
immaginare da voi quanto un
alimentazione carnea a bordo di un
astronave sarebbe dispendiosa e
poco pratica ( lo è di fatto anche
sulla Terra). Pensate che sulla ISS
ogni astronauta ha una dotazione di
acqua giornaliera di tre litri, con la
quale deve lavarsi e dissetarsi. Bere
un bicchiere d’acqua sulla ISS costa
4000 Euro, un drink decisamente
costoso, non vi pare ?
A bordo dell’astronave che li porterà su Marte, ma anche nell’habitat che li ospiterà
sul pianeta rosso, uno spazio considerevole sarà occupato dalla terra dove una
selezione di specie vegetali, potranno proliferare. Grazie a loro, i rifiuti organici
provenienti da prodotti commestibili e non, l’anidride carbonica prodotta dalla
respirazione degli astronauti, ma anche l’acqua e l’urina dovranno essere
rigenerati nel corso del viaggio assicurando la vita dell’equipaggio per l’intera
durata della missione
Per quanto riguarda la
respirazione , la prima
cosa da fare
per
permettere la vita degli
astronauti
è quello di
assicurare
loro
un
atmosfera
respirabile
stabile, dove l’ossigeno
possa essere presente
nella percentuale del 21%,
proprio come sulla Terra.
Una variazione di questo
valore sia in senso
positivo che in senso
negativo, provocherebbe
dei seri problemi.
La preziosa atmosfera terreste, senza la quale
l’uomo non può vivere
Se l’ossigeno scende sotto il 21%, l'ipossia si manifesta con i tentativi del corpo
umano di mantenere un adeguata ossigenazione delle cellule. Nel caso invece
della mancanza totale di ossigeno si avrebbe l’anossia, che produce fenomeni
molto simili al soffocamento o all’annegamento. In una situazione di questo tipo, il
cervello ha i minuti contati, una volta esaurita la scorta d’ossigeno accumulata
precedentemente, subisce in breve tempo dei danni di tipo irreversibile e
sopraggiunge in breve tempo la morte cerebrale.
Ecco perché il controllo della
atmosfera a bordo di una astronave è
tanto importante. Il nostro cervello
infatti
pur
rappresentando
mediamente solo il 2% del nostro
peso corporeo, consuma il 25%
dell’ossigeno che il corpo utilizza in
stato di riposo. Ma il controllo della
quantità di ossigeno nell’atmosfera di
una astronave non è l’unico problema
al quale gli ingegneri spaziali devono
fare fronte in fase di progettazione; se
si vorrà creare un ecosistema chiuso,
(quindi completamente autosufficiente
come quello terrestre), bisognerà
controllare anche tutta una serie di
parametri, tra i quali anche la quantità
di anidride carbonica (CO2), la quale
è necessaria alla respirazione delle
piante presenti a bordo
Respirando
anidride
carbonica
le
piante
producono come residuo
l’ossigeno necessario alla
respirazione umana. Infatti i
livelli di anidride carbonica
(CO2) a bordo di una
astronave di questo tipo
dovranno
essere
costantemente
monitorati
molto attentamente. Senza
anidride carbonica, le piante
a bordo non crescerebbero,
quindi
non
solo
non
produrrebbero
l’ossigeno
necessario alla respirazione
degli astronauti, ma neanche
il cibo necessario per la loro
alimentazione.
Ricordo infatti, che le astronavi fino ad ora costruite impiegate dall’uomo, hanno
utilizzato un sistema artificiale di smaltimento dell’anidride carbonica. Sulla Terra
invece questo processo lo svolgono le piante, le quali depurano l’atmosfera
sfruttando il processo della fotosintesi clorofilliana possibile grazie all’energia
solare. Sulla ISS ad esempio, l’anidride carbonica viene rimossa chimicamente
utilizzando l’idrossido di litio in polvere, che reagendo con la CO2, di fatto la
elimina. L’ossigeno invece lo si ricava in larga parte dall’acqua, tramite il processo
dell’elettrolisi, l’acqua quindi viene scissa elettricamente nelle molecole che la
compongono, ossigeno e idrogeno.
Il responsabile del
progetto MELiSSA è il
Dott. Cristophe Lasseur
dice - L’obiettivo odierno
è quello di arrivare a
riciclare almeno il 40%
dei scarti che provengono
dal cibo. Questa
percentuale ha una sua
ragione d’essere, in
quanto permetterà a
MELiSSA di produrre il
100% dell’ossigeno e
dell’acqua necessaria agli
astronauti, per tutto il
tempo del loro lungo
viaggio -
Dott.Cristophe Lasseur
Il Dott.Lasseur ha concepito tale
progetto diviso in 5 comparti
separati, ma dipendenti gli uni
dagli altri . Nei primi tre, i prodotti
di scarto vengono scissi
attraverso dei processi di
fermentazione. Nel 4° comparto
invece vengono coltivate alghe e
piante per ottenere cibo,
ossigeno e acqua; nel quinto
infine viene riprodotto l’habitat
ideale per gli astronauti; il luogo,
di fatto, dove gli astronauti
consumeranno e ricicleranno il
cibo, l’ossigeno e l’acqua
prodotti nei 4 precedenti
compartimenti, chiudendo di
fatto il ciclo di questo ecosistema
autosufficiente.
Fermentazione
1
Habitat
astronauti
Fermentazione
2
MELiSSA
Coltivazione,
prod. Ossigeno
e Acqua
Fermentazione
3
Le radiazioni e i loro effetti
L’essere umano nel corso di
molti millenni, si è adattato
perfettamente a vivere in un
ambiente come quello
terrestre, nel quale è protetto
dalle radiazioni nefaste
prodotte dalle stelle, tra le
quali quelle provenienti dal
nostro Sole. Lo strato di
ozono presente nella
atmosfera del pianeta è
importantissimo, per non dire
insostituibile, in quanto
assorbe il 97% delle
radiazioni ultraviolette
provenienti dal Sole.
Ma i raggi UV non sono le uniche
radiazioni presenti nello spazio, ve
ne sono infatti altre quelle ad alto
valore energetico, come i raggi-x , i
raggi gamma e i raggi cosmici che
sono molto penetranti e pericolose.
La Terra ci protegge da queste
radiazioni grazie alla
magnetosfera. Essa è prodotta dal
nucleo terrestre ed è a tutti gli
effetti uno scudo magnetico che
riflette come uno specchio le
pericolose radiazioni citate sopra
riducendone gli effetti a valori
minimi. Senza questa protezione,
difficilmente sulla Terra si sarebbe
potuta sviluppare la vita sulla sua
superficie, in quanto queste
radiazioni hanno un elevato effetto
sterilizzante.
Un astronauta che soggiorna sulla ISS
per 6 mesi, pensate, assorbe una dose
di radiazioni che una persona
assorbirebbe soltanto sottoponendosi a
600 radiografie al torace. Capite bene
quindi da voi che fare l’astronauta
espone ad un rischio oncologico molto
superiore alla media, ed è per questo
che a bordo della ISS, il quantitativo di
radiazioni che un astronauta assorbe
viene monitorato molto attentamente.
Pensate, un viaggio su Marte,
esporrebbe l’equipaggio
all’assorbimento di una dose di
radiazioni pari al limite massimo
stabilito per un essere umano nel corso
della sua intera vita. Gli astronauti una
volta tornati a Terra, sarebbero
condannati a morire sicuramente di
una qualche forma di cancro.
Eticamente e umanamente questo,
non può essere considerato
accettabile, a tal proposito i
ricercatori dell’ESA stanno lavorando
allo sviluppo di tecnologie tese a
ridurre questi rischi in maniera
efficace. Uno di questi studi venne
compiuto dal 2004, grazie
all’installazione all’esterno della ISS
di un modello che riproduce un busto
umano. Il dispositivo in questione,
composto da ossa naturali e da
materiali simili ai tessuti umani ( un
po' macabro a dir la verità ma se è
utile...) si chiama “Matroshka”, dopo
un anno e mezzo di esposizione alle
radiazioni presenti nello spazio è
stato recuperato e sottoposto ad
attente misurazioni.
“Matroshka”,all’esterno della ISS
E' stato così possibile sapere la quantità di radiazione assorbita nel periodo della
sua esposizione. I dati acquisiti, saranno molto utili e permetteranno di sviluppare
le tecnologie più idonee atte a proteggere i futuri astronauti impegnati in lunghi
voli spaziali dalle nocive radiazioni che permeano lo spazio. Il problema verrà
probabilmente risolto dotando l’astronave di una magnetosfera portatile, la quale
circonderà l’astronave e farà da scudo contro le radiazioni nefaste presenti nello
spazio
L’assenza di peso
Vivere in assenza di peso può sembrare divertente, e in parte lo è, ma
provoca una serie di problemi nell’essere umano che se non contrastati con
delle opportune contromisure può provocare dei danni irreparabili, una volta
ritornati a Terra
Come certamente saprete, lo
scheletro umano in assenza
prolungata della forza di
gravità inizia a decalcificarsi.
Un astronauta che permane
nello spazio per lungo tempo
perde mediamente il 2% della
sua massa ossea al mese,
inoltre i muscoli lentamente
perdono massa anch’essi e la
circolazione sanguigna
subisce delle modifiche
sostanziali
Sulla Terra, il cuore deve vincere la
forza di gravità per pompare il sangue
al nostro cervello.
Da sempre il corpo umano si è evoluto
a funzionare in questo modo.
Nello spazio, dove non c’è gravità,
succede il contrario.
Alla testa il sangue sale naturalmente
e sono gli arti inferiori ad essere meno
irrorati, quindi i muscoli delle gambe
si assottigliano e la faccia degli
astronauti si gonfia, il fenomeno è
chiamato “puffy-face-effect”, ed è
causa spesso di mal di testa,
congestione delle vie nasali, nausea e
vomito. Provate a mettervi in verticale
a testa sotto e dopo qualche decina di
minuti comincerete a sperimentare i
primi sintomi di questo fenomeno
assai poco piacevole
Qualcuno già si esercita
Presso il MEDES, l’Istituto per la medicina e la fisiologia spaziale di Tolosa, sono in
corso da tempo una serie di sperimenti per conto dell’ESA che utilizzano la tecnica
del “Bed-rest”, che riproduce condizioni analoghe all’assenza di gravità inducendo le
stesse modificazioni fisiologiche sull’organismo. Pensate i volontari devono rimanere
a letto sdraiati con i piedi più alti della testa di circa 6°, e devono compiere tutte le
attività quotidiane in questa posizione per molte settimane ( doccia, alimentazione,
guardare tv, etc. ). I volontari, trascorrono a letto periodi di tempo lunghissimi, che
possono arrivare anche a due mesi.
Presso il MEDES, è in sperimentazione
una macchina che si chiama “centrifuga a
braccio corto”, che installata a bordo di
una astronave, se utilizzata in maniera
opportuna, grazie al suo movimento di
rotazione simula gli effetti della gravità
terrestre, assicurando un gradiente di
pressione corporea e una sollecitazione
ossea simili a quelle presenti sulla Terra.
La macchina, che quando è in funzione
sembra una di quelle macchine in uso nei
parchi di divertimento, produce sul corpo
degli astronauti, tramite la forza centrifuga
che si viene a creare, una sollecitazione
lungo l’asse corporeo simile a quella
prodotta dalla gravità terrestre. Per gli
astronauti, sarà quindi necessario
trascorrere ogni giorno un breve periodo
di tempo nella macchina in movimento,
per contrastare sufficientemente gli effetti
fisiologici nefasti dell’assenza di peso.
Centrifuga a braccio corto
MELiSSA
Aspetto
ambientale
Aspetto
alimentare
Aspetto
logistico
Aspetto
psicologico
Aspetto logistico e psicologico
Isolamento – Sindrome del
“cabin fever”
Siete mai stati a bordo di un
sottomarino dove si vive in spazi
angusti e in assenza di privacy
per lunghi periodi di tempo e per
giunta nelle profondità
dell’oceano? Penso che sarete
d’accordo con me nel dire, che
già questo sarebbe sufficiente a
mettere in crisi, dopo un certo
tempo, chiunque non avesse un
discreto equilibrio mentale.
Ebbene pensate come potrebbe
essere vivere un esperienza del
genere in una astronave sospesa
nello spazio a milioni di chilometri
dalla Terra
Un lungo viaggio spaziale,
oltre ad essere supportato
da una adeguata
dotazione tecnologica
deve tenere conto anche
del fattore umano. Le
implicazioni psicologiche
sono di fondamentale
importanza e ignorarne le
premesse in fase
progettuale metterebbe di
fatto a rischio la buona
riuscita dell’ intera
missione.
All'interno dell'ESA il responsabile di questo
aspetto è il Dott.Oliver Angerer che dice: “Un
lungo viaggio spaziale significa, per i pochi
membri dell'equipaggio, vivere in un
ambiente che per quanto confortevole possa
essere è comunque limitato a qualche
decina di metri cubi. In uno spazio così
ridotto la privacy è ridotta ai minimi termini e
questo significa che anche la più banale
questione quotidiana o una abitudine
individuale, del tutto trascurabile nella vita
sulla Terra, a bordo di una astronave può
diventare più importante del dovuto e oltre a
causare disagio personale può scatenare
spiacevoli conflitti tra i suoi occupanti.
Questo è un rischio reale da non
sottovalutare minimamente in quanto può
seriamente compromettere la buona riuscita
della missione. I membri dell'equipaggio, se
non opportunamente protetti da ciò,
potrebbero sviluppare nei casi peggiori
sintomi psichiatrici piuttosto gravi”.
Sardine in scatola
I ricercatori dell'ESA stanno quindi
lavorando alla risoluzione di queste
problematiche sia in Antartide che
in Russia. Nei mesi scorsi sei
volontari hanno dovuto affrontare
un periodo prolungato di isolamento
dalla realtà esterna costretti a
simulare la vita di un equipaggio
umano in viaggio per Marte. I sei,
confinati all'interno di un simulatore
denominato Mars 500, insieme ad
altri cinque membri aggiuntivi,
hanno dovuto vivere per un lungo
periodo in uno spazio limitato
sforzandosi di andare d'accordo e
cercando di trovare il modo di
risolvere i problemi non molto
graditi dall'equipaggio, che il team
di ricercatori dall'esterno
introduceva nella simulazione ogni
giorno in maniera inaspettata.
La porta d’entrata dell’ambiente Mars 500
Al contrario delle missioni sulla Luna e sulla ISS, dove tra l’altro si ha dal finestrino,
la confortante visione della Terra quasi sempre, durante lo svolgersi del viaggio
verso Marte si percorrerà una distanza assai considerevole, e bisognerà fare i conti
anche con il ritardo delle comunicazioni. Le onde radio, come la luce, viaggiano a
300 000 km/s, e quindi già a soli ( si fa per dire) 10 000 000 km dalla Terra per
comunicare con Huston, bisognerà attendere, fra l’invio della domanda e il ritorno
della risposta, poco più di un minuto, che una volta giunti su Marte diventeranno
poco più di 6, ma che potranno aumentare sino a 44 minuti, questo dipenderà a che
distanza si troverà Marte dalla Terra al momento dell’invio della comunicazione
Tutto questo farà si, che la vita
degli astronauti, mai come
questa volta, dipenderà
esclusivamente da loro.
L’astronave sulla quale
viaggeranno non potrà ricevere
alcun rifornimento o aiuto da
Terra, e nel caso si manifesti
qualche problema serio
potenzialmente in grado di
compromettere la missione,
ricevere istruzioni da Terra non
sarà così immediato, tutto ciò
accrescerà ulteriormente il
senso d’isolamento
dell’equipaggio, immaginate
cosa potreste provare voi in una
situazione analoga e quali
potrebbero essere le vostre
reazioni
Il viaggio, l’astronave e il sistema propulsivo
L’astronave che porterà
l’uomo su Marte, quasi
sicuramente, partirà o
dalla futura base lunare, o
da una base orbitale,
questo per contenere i
costi del viaggio. La
partenza in assenza di
gravità farà risparmiare
molti soldi ed è oltretutto
anche più sicura, in
quanto l’ astronave che
porterà l’uomo su Marte
avrà delle dimensioni
tutt’altro che contenute e
se partisse dalla Terra
avrebbe sicuramente un
peso ragguardevole
L’equipaggio sarà
composto da 7 astronauti,
a bordo poi vi saranno
diversi robot che daranno
una mano a espletare
alcuni compiti. La
presenza dei robot a
bordo può sembrare
fantascienza, ma già oggi
sulla ISS c’è un robottino
volante che espleta alcuni
funzioni ausiliare…..
Mentre l’ESA ( Agenzia Spaziale
Europea) con il Progetto “MELiSSA”
sta mettendo a punto un supporto
vitale in grado di sostenere in
maniera autonoma la vita di un
equipaggio umano impegnato nel
raggiungimento del pianeta Marte,
al centro Marshall della NASA già
da alcuni anni un team di scienziati
sta lavorando allo sviluppo di un
avveniristico sistema propulsivo che
funzionerebbe sullo stesso principio
della fantascientifica astronave
“Enterprise” della saga stellare “Star
Trek”. Possiamo dire quindi, che la
fantascienza, che in questo caso
meriterebbe di essere chiamata
'antescienza', ha anticipato di 50
anni dei concetti che solo da poco
gli scienziati padroneggiano
pienamente.
Vi porterò sulle stelle” dice l'ingegnere spaziale Les Jhonson alla guida del gruppo
di scienziati della NASA impegnati nella sfida più ardua mai concepita dall’uomo,
costruire un motore ad antimateria. “Un astronave del genere è sicuramente il
mezzo ideale per viaggiare nello spazio più lontano e più veloce di quanto si sia
potuto fare sin ora” L'ingegnere Lee Jhonson dice “ Non sarà possibile da subito (
notare “il da subito”) copiare le fantastiche doti dell'astronave Enterprise” “ Ma” –
aggiunge – “riusciremo a superare di molto l’attuale velocità di 60 mila chilometri
orari delle sonde automatiche, rendendo possibili anche viaggi umani ai confini del
sistema solare”.
Ma come funziona in pratica il
motore ad antimateria?
Questo tipo di motore è
decisamente più complicato dei
razzi chimici impiegati attualmente.
Ma il principio fisico è ben noto agli
scienziati. Gli atomi di antimateria
hanno le stesse proprietà atomiche
di quelli di materia, ma carica
elettrica opposta: un elettrone che è
negativo nel nostro mondo è
positivo in quello di antimateria e si
chiama positrone. Quando due
particelle omologhe, una di materia
e una di antimateria vengono a
contatto liberano una straordinaria
quantità di energia.
Al Cern di Ginevra come al FermiLab
di Batavia negli USA, oggi creare
particelle di antimateria non è più
fantascienza e anche se ha dei costi
molto elevati la cosa non solo è
possibile ma è stata già fatta a scopo
di ricerca. Quindi nel momento in cui
l'avveniristico motore ad antimateria
del quale stiamo parlando, sarà
finalmente pronto, sarà in grado di
viaggiare molto più veloce di qualsiasi
altro motore costruito finora
dall'uomo. Pensate un solo grammo
di antimateria è in grado di generare
una quantità enorme di energia, pari
a quella che produrrebbero i motori di
mille Space Shuttle della NASA
accesi contemporaneamente.
“ Al Marshall c’è un team”–
racconta l'ingegnere Les
Johnson – “che esplora la
possibilità di costruire nuovi
mezzi per viaggiare nello
spazio: motori nucleari, vele
solari, sistemi a fili e ad
antimateria. Era necessario
affrontare seriamente queste
frontiere perché i razzi chimici
tradizionali hanno raggiunto i
limiti della loro possibilità e
sono attualmente il nostro
limite”.
Con il centro Marshall, sempre in USA su
questo fronte sono impegnate anche la
Pensylvania University, il centro Johnson
della NASA, la Philips Laboratory
dell’USAF (l’aviazione militare
statunitense). Inoltre a livello segreto, c’è
anche una collaborazione con i scienziati
russi. Pensate alla Pensylvania University
hanno sperimentato un serbatoio portatile
di antiprotoni destinato ad essere
impiegato con il motore spaziale ad
antimateria che nelle sue linee generali è
già una realtà e “una volta perfezionato e
collaudato a dovere sarà utilizzato per
portare l’uomo su Marte”, spiega sempre
Les Johnson (che è un fan sfegatato della
saga stellare Star Trek) “ Grazie a Kirk e
Spock, nacque in me il desiderio di
diventare un ingegnere spaziale” – “Ci
vorrà tempo, ma raggiungeremo
l’obiettivo”.
A questo punto, avrete capito da
voi, che la risoluzione dei
problemi inerenti una lunga
permanenza nello spazio da
parte di esseri umani, inerente
un viaggio su Marte tramite lo
sviluppo di opportune tecnologie,
sarà applicabile a tutti i viaggi
spaziali a lungo raggio e a lungo
periodo. Quindi la missione su
Marte, farà da spartiacque, tra
l’era pre-spaziale dell’uomo, che
aveva come limite le “colonne
d’Ercole” della Luna e la vera e
propria era spaziale, che porterà
l’uomo in un futuro prossimo,
non solo ad andare e tornare
regolarmente da Marte, ma a
poter visitare agevolmente tutti i
corpi celesti interessanti del
sistema solare e a colonizzarli
Insediamento umano stabile su Marte
La colonizzazione del sistema solare
LA COLONIZZAZIONE A LUNGO
PERIODO
Il “terraforming” o terraformazione (
in
italiano)
è
un
processo
d’ingegneria planetaria teoricamente
possibile,
indotto
artificialmente
dall’uomo, atto a rendere abitabile
dalla specie umana un pianeta o
anche un satellite naturale di un
pianeta. Questo tipo di processo
potrebbe essere avviabile sul pianeta
prescelto
a
patto
abbia
le
caratteristiche di base per farne un
ragionevole candidato. Il pianeta una
volta terraformato dovrà essere in
grado di sostenere un vero e proprio
ecosistema, quindi l’abbondante
presenza di acqua in loco è
sicuramente fondamentale in quanto
facilita molto le cose.
Immagine della Luna una volta “Terraformata”
Il primo a parlare di questa idea
probabilmente è stato lo scienziato Carl
Sagan, che ne trattò nel suo dottorato di
ricerca ancora giovanissimo, e ne parlò
sia a proposito di Marte che di Venere.
Naturalmente il terraforming di un pianeta
intero è un processo possibile dicono gli
scienziati, ma richiede molto tempo e
molte risorse e attualmente è
probabilmente al limite delle nostre
capacità tecnologiche. Un conto sarebbe
terraformare Marte, che ad eccezione
della pioggia ha un ciclo meteorologico
simile a quello terrestre e una tenue
atmosfera, un conto sarebbe
terraformare un pianeta come Venere, il
quale pur essendo un pianeta roccioso
come la Terra, ha una atmosfera acida
con una pressione e una temperatura
micidiali.
Lo scienziato Carl Sagan
Marte ha una atmosfera
molto simile a quella della
Terra dei primordi, la
pressione atmosferica è l’
1% di quella terrestre ed è
stato accertato che in
passato in superficie vi
fosse un grande oceano e
una grande quantità di
fiumi, segno che
l’atmosfera era più densa e
aveva una pressione più
elevata, quindi un
eventuale piano di
terraforming riporterebbe
semplicemente Marte
indietro nel tempo
Un progetto di terraformazione marziana
prevederebbe di liberare nella sua
atmosfera grandi quantità di gas serra in
modo da innescare un innalzamento della
temperatura, la quale a sua volta farebbe
evaporare molta anidride carbonica
presente allo stato ghiacciato nelle calotte
polari marziane, l’ulteriore effetto serra
prodotto farebbe innalzare ancora la
temperatura e questo provocherebbe lo
scioglimento del ghiaccio d’acqua presente
nelle calotte polari e nel sottosuolo
marziano, a questo punto su Marte si
avrebbe acqua allo stato liquido in maniera
stabile e una temperatura media annua che
si avvicinerebbe a quella della Terra e una
atmosfera più densa. Nel frattempo tramite
l’inserimento di batteri idonei si potrebbe
creare uno strato di ozono indispensabile a
filtrare gli sterilizzanti raggi cosmici che
altrimenti presenti non faciliterebbero lo
svilupparsi di eventuali forma di vita.
Marte: specchi in orbita concentrano la luce del
Sole facendo evaporare il ghiaccio secco
Tutto questo non è fantascienza, lo
sostengono due fautori ed esperti di
terraforming, Robert Zubrin,
presidente della Pioneer Astronautica
e Chris McKay del NASA Ames
Research Center . Hanno calcolato
che un aumento di 4°C della attuale
temperatura marziana potrebbe
innescare un aumento successivo di
altri 55°C ( attualmente è mediamente
di -60°C), il che consentirebbe di
avere una temperatura media quasi
sempre al di sopra del punto di
congelamento dell’acqua in una vasta
area del pianeta e una pressione
atmosferica di qualche centinaia di
millibar, contro i 6-10 millibar attuali.
A questo punto su Marte si potrebbero piantare tutta una serie di organismi
vegetali, tra i quali molti licheni, grazie all’acqua presente in loco potrebbero
prenderebbero a crescere e moltiplicarsi sempre più velocemente e respirando
l’anidride carbonica arricchirebbero di conseguenza d’ossigeno l’intera
atmosfera. In circa 500 anni la superficie del pianeta sarebbe già praticabile
dall’uomo utilizzando semplicemente un respiratore e una tuta protettiva leggera
Marte “Terraformato”
Gli esperti Zubrin e McKay prevedono che per arrivare ad una sufficiente
terraformazione completa di Marte, occorrerebbero dai 1500 ai 2500 anni, un
tempo umanamente lungo ma cosmicamente breve.
Colonizzazione a breve periodo
Inizialmente potrebbe essere realizzata istallando delle vere e proprie basi
scientifiche sui corpi planetari più vicini, come Marte, la Luna o Venere, un po’
come si fa oggi con le basi scientifiche che si trovano in Antartide
Ma nulla vieterebbe di
costruire delle vere e proprie
città spaziali orbitali.
In passato alla NASA hanno
fatto molti studi su questo,
come anche si vede da questa
illustrazione prodotta proprio
dagli artisti che lavorano per
l’ente spaziale statunitense
O una Green-House lunare come questa
In secondo tempo, con
lo sviluppo e il
progredire della
propulsione ad
antimateria potrebbero
essere raggiunti alcuni
satelliti di Giove e
Saturno, come Europa,
Ganimede, Titano,
Iperione e altri ancora e
anche pianeti come
Mercurio.
Per adesso un po` di fantascienza ma tra qualche
secolo… chissà…
Un ulteriore evoluzione del motore ad anti-materia, potrebbe portare a metà
del XXII secolo a poter sviluppare velocità molto elevate, vicine a quelle della
luce, o addirittura a volare curvando lo spazio tempo, proprio come faceva la
mitica astronave “Enterprise” e allora diventeranno accessibili dapprima le
stelle più vicine e poi con il progredire della tecnologia quelle più lontane.
VEDI LA FISICA DI STAR STREK
Allora finalmente arriverà il momento che un uomo potrà pronunciare realmente per
la prima volta un discorso che più o meno suonerà così: “Spazio, ultima frontiera.
Questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise durante la sua missione
quinquennale diretta alla esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di nuove civiltà
per arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima”
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