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Missione verso Marte - Nicolas Cretton Homepage
Astrobiologia Modulo 2 MALAGUTTI YURI 2028 ‘Mission to Mars’ 3A 3B 3D Cortesia di Oliviero Mannucci, fonti: NASA/ESA Nubi polari marziane BREVE RIPASSO MARTE: descrizione generale Tipo di pianeta: roccioso Temperatura media annuale: - 63° C Temperatura minima misurata: - 123°C Tempertura massima misurata: + 27°C Ciclo stagionale: si Durata giorno ( Sol ): 24h 37m 22,7s Ciclo meteorologico: si ( no pioggia) Satelliti: si, due MARTE: Caratteristiche Fisiche Diametro equatoriale: 6794 km Diametro polare: 6760 km Accelerazione di gravità: 0,38 di quella terrestre Inclinazione asse polare: 23°59’ (Terra 23° 26’) MARTE: Caratteristiche orbitali Distanza max.dal Sole: 249 000 000 km Distanza min.dal Sole: 207 000 000 km Durata anno marziano: 686,980 giorni nostri (669 Sol) Distanza massima dalla Terra: 400 000 000 km Distanza minima dalla Terra: 56 000 000 km MARTE: caratteristiche atmosferiche Pressione media: 6.1 millibar ( Terra 1013) Composizione: 95.3% anidride carbonica, 2.7% azoto, 1.6% argon e tracce di ossigeno ( Terra 21% ossigeno, 72% azoto, 7% altri gas) Venti: solitamente di lieve entità, ma possono raggiungere i 200km/h e possono interessare vaste zone del pianeta, la loro azione causa il sollevamento di enormi quantità di ossidi di ferro presenti nel terreno marziano, questo fa sì che il cielo assuma un colore aranciato, che in assenza di venti è solitamente azzurro violaceo L’unico corpo celeste raggiunto dall’uomo fisicamente dall’inizio dell’era spaziale è stata la Luna, e quest’anno si commemora il quarantennale di questo evento. Andare sulla Luna, nonostante la relativa vicinanza del nostro satellite naturale, non è stato facile. Durante le varie missioni Apollo infatti, si sono verificati una serie innumerevole di piccoli e grandi problemi che talvolta hanno messo a rischio la riuscita della missione, o addirittura hanno messo a repentaglio la vita degli astronauti. Potete immaginare da voi cosa potrà significare inviare degli uomini su Marte. Apollo 13 in volo danneggiata Le conoscenze odierne che abbiamo di Marte, sono il risultato dell’invio di dozzine di sonde automatiche. Il costo finanziario dell’esplorazione marziana ammonta a circa i 2/3 dell’intera spesa economica destinata all’esplorazione spaziale dalle maggiori potenze del mondo. Una cifra che sicuramente potremo definire “ astronomica”, in tutti i sensi Dovete pensare che di tutte le sonde automatiche ( orbiter, lander, rover) inviate ad esplorare Marte, circa i 2/3 hanno fallito. Questo ci deve far riflettere attentamente su cosa potrà significare inviare degli esseri umani su di esso. I rischi sono tantissimi infatti, e il viaggio dovrà essere progettato nei minimi dettagli Da: Repubblica.it Novembre 2007 La NASA e l’ESA stanno collaborando intensamente per raggiungere un obiettivo comune, mandare l’uomo su Marte. La NASA sta lavorando molto nella ricerca di sistemi di propulsione innovativi, l’ESA invece sta lavorando agli aspetti logistici, ambientali, alimentari e psicologici che riguarderanno gli astronauti durante il lungo volo che li porterà a calcare il suolo del pianeta rosso La prima impronta dell’uomo su Marte MELiSSA Micro-Ecological Life Support System Alternative MELiSSA Aspetto ambientale Aspetto alimentare Aspetto logistico Aspetto psicologico MELiSSA è un progetto multidisciplinare al quale partecipano varie università europee e diversi enti indipendenti, dedicato alla ricerca riguardanti i vari aspetti di una lunga permanenza nello spazio da parte di un equipaggio umano, aspetti ambientali, alimentari, logistici e psicologici e non solo questi Aspetto ambientale e alimentare Gli scienziati che stanno lavorando alla realizzazione del progetto MELiSSA, sono partiti da questa domanda. Quali sono gli elementi necessari che assicurano l’esistenza al genere umano sullaTerra? Sulla Terra, che non dimentichiamolo, è una sorta di gigantesca astronave naturale, gli elementi necessari alla nostra vita vengono assicurati dal ciclo dell’acqua, dal ciclo dell’aria e dal ciclo del carbonio, di cui i primi due cicli sono parte integrante. Voi tutti sapete come funzionano questi meccanismi quindi non mi ci soffermerò più del necessario. Dirò solo che il progetto MELiSSA ha come obiettivo ricreare questi cicli naturali all’interno di una astronave Il principio del progetto di supporto vitale MELiSSA è il recupero della biomassa commestibile proveniente dai rifiuti organici commestibili e dalla anidride carbonica e i minerali prodotti dall’equipaggio. Tutto ciò proprio come sulla Terra sarà possibile grazie all’utilizzo della luce come fonte di energia per attivare la fotosintesi biologica. Detto in termini semplici, gli astronauti a bordo, oltre a conoscere l’astrofisica, l’informatica, l’ingegneria spaziale e molto altro dovranno dedicarsi anche all’agricoltura, in quanto dalla coltivazione delle piante presenti a bordo dipenderà la loro vita. La dieta degli astronauti sarà quindi basata esclusivamente sul consumo di frutta, verdura fresca, legumi e cereali e questo per ovvie ragioni…. Pensate, portare un litro d’acqua sulla ISS costa circa 20 000 Euro. Per far crescere un animale medio sulla Terra destinato alla macellazione ci vogliono decine di migliaia di litri d’acqua e molte tonnellate di cereali, potete immaginare da voi quanto un alimentazione carnea a bordo di un astronave sarebbe dispendiosa e poco pratica ( lo è di fatto anche sulla Terra). Pensate che sulla ISS ogni astronauta ha una dotazione di acqua giornaliera di tre litri, con la quale deve lavarsi e dissetarsi. Bere un bicchiere d’acqua sulla ISS costa 4000 Euro, un drink decisamente costoso, non vi pare ? A bordo dell’astronave che li porterà su Marte, ma anche nell’habitat che li ospiterà sul pianeta rosso, uno spazio considerevole sarà occupato dalla terra dove una selezione di specie vegetali, potranno proliferare. Grazie a loro, i rifiuti organici provenienti da prodotti commestibili e non, l’anidride carbonica prodotta dalla respirazione degli astronauti, ma anche l’acqua e l’urina dovranno essere rigenerati nel corso del viaggio assicurando la vita dell’equipaggio per l’intera durata della missione Per quanto riguarda la respirazione , la prima cosa da fare per permettere la vita degli astronauti è quello di assicurare loro un atmosfera respirabile stabile, dove l’ossigeno possa essere presente nella percentuale del 21%, proprio come sulla Terra. Una variazione di questo valore sia in senso positivo che in senso negativo, provocherebbe dei seri problemi. La preziosa atmosfera terreste, senza la quale l’uomo non può vivere Se l’ossigeno scende sotto il 21%, l'ipossia si manifesta con i tentativi del corpo umano di mantenere un adeguata ossigenazione delle cellule. Nel caso invece della mancanza totale di ossigeno si avrebbe l’anossia, che produce fenomeni molto simili al soffocamento o all’annegamento. In una situazione di questo tipo, il cervello ha i minuti contati, una volta esaurita la scorta d’ossigeno accumulata precedentemente, subisce in breve tempo dei danni di tipo irreversibile e sopraggiunge in breve tempo la morte cerebrale. Ecco perché il controllo della atmosfera a bordo di una astronave è tanto importante. Il nostro cervello infatti pur rappresentando mediamente solo il 2% del nostro peso corporeo, consuma il 25% dell’ossigeno che il corpo utilizza in stato di riposo. Ma il controllo della quantità di ossigeno nell’atmosfera di una astronave non è l’unico problema al quale gli ingegneri spaziali devono fare fronte in fase di progettazione; se si vorrà creare un ecosistema chiuso, (quindi completamente autosufficiente come quello terrestre), bisognerà controllare anche tutta una serie di parametri, tra i quali anche la quantità di anidride carbonica (CO2), la quale è necessaria alla respirazione delle piante presenti a bordo Respirando anidride carbonica le piante producono come residuo l’ossigeno necessario alla respirazione umana. Infatti i livelli di anidride carbonica (CO2) a bordo di una astronave di questo tipo dovranno essere costantemente monitorati molto attentamente. Senza anidride carbonica, le piante a bordo non crescerebbero, quindi non solo non produrrebbero l’ossigeno necessario alla respirazione degli astronauti, ma neanche il cibo necessario per la loro alimentazione. Ricordo infatti, che le astronavi fino ad ora costruite impiegate dall’uomo, hanno utilizzato un sistema artificiale di smaltimento dell’anidride carbonica. Sulla Terra invece questo processo lo svolgono le piante, le quali depurano l’atmosfera sfruttando il processo della fotosintesi clorofilliana possibile grazie all’energia solare. Sulla ISS ad esempio, l’anidride carbonica viene rimossa chimicamente utilizzando l’idrossido di litio in polvere, che reagendo con la CO2, di fatto la elimina. L’ossigeno invece lo si ricava in larga parte dall’acqua, tramite il processo dell’elettrolisi, l’acqua quindi viene scissa elettricamente nelle molecole che la compongono, ossigeno e idrogeno. Il responsabile del progetto MELiSSA è il Dott. Cristophe Lasseur dice - L’obiettivo odierno è quello di arrivare a riciclare almeno il 40% dei scarti che provengono dal cibo. Questa percentuale ha una sua ragione d’essere, in quanto permetterà a MELiSSA di produrre il 100% dell’ossigeno e dell’acqua necessaria agli astronauti, per tutto il tempo del loro lungo viaggio - Dott.Cristophe Lasseur Il Dott.Lasseur ha concepito tale progetto diviso in 5 comparti separati, ma dipendenti gli uni dagli altri . Nei primi tre, i prodotti di scarto vengono scissi attraverso dei processi di fermentazione. Nel 4° comparto invece vengono coltivate alghe e piante per ottenere cibo, ossigeno e acqua; nel quinto infine viene riprodotto l’habitat ideale per gli astronauti; il luogo, di fatto, dove gli astronauti consumeranno e ricicleranno il cibo, l’ossigeno e l’acqua prodotti nei 4 precedenti compartimenti, chiudendo di fatto il ciclo di questo ecosistema autosufficiente. Fermentazione 1 Habitat astronauti Fermentazione 2 MELiSSA Coltivazione, prod. Ossigeno e Acqua Fermentazione 3 Le radiazioni e i loro effetti L’essere umano nel corso di molti millenni, si è adattato perfettamente a vivere in un ambiente come quello terrestre, nel quale è protetto dalle radiazioni nefaste prodotte dalle stelle, tra le quali quelle provenienti dal nostro Sole. Lo strato di ozono presente nella atmosfera del pianeta è importantissimo, per non dire insostituibile, in quanto assorbe il 97% delle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole. Ma i raggi UV non sono le uniche radiazioni presenti nello spazio, ve ne sono infatti altre quelle ad alto valore energetico, come i raggi-x , i raggi gamma e i raggi cosmici che sono molto penetranti e pericolose. La Terra ci protegge da queste radiazioni grazie alla magnetosfera. Essa è prodotta dal nucleo terrestre ed è a tutti gli effetti uno scudo magnetico che riflette come uno specchio le pericolose radiazioni citate sopra riducendone gli effetti a valori minimi. Senza questa protezione, difficilmente sulla Terra si sarebbe potuta sviluppare la vita sulla sua superficie, in quanto queste radiazioni hanno un elevato effetto sterilizzante. Un astronauta che soggiorna sulla ISS per 6 mesi, pensate, assorbe una dose di radiazioni che una persona assorbirebbe soltanto sottoponendosi a 600 radiografie al torace. Capite bene quindi da voi che fare l’astronauta espone ad un rischio oncologico molto superiore alla media, ed è per questo che a bordo della ISS, il quantitativo di radiazioni che un astronauta assorbe viene monitorato molto attentamente. Pensate, un viaggio su Marte, esporrebbe l’equipaggio all’assorbimento di una dose di radiazioni pari al limite massimo stabilito per un essere umano nel corso della sua intera vita. Gli astronauti una volta tornati a Terra, sarebbero condannati a morire sicuramente di una qualche forma di cancro. Eticamente e umanamente questo, non può essere considerato accettabile, a tal proposito i ricercatori dell’ESA stanno lavorando allo sviluppo di tecnologie tese a ridurre questi rischi in maniera efficace. Uno di questi studi venne compiuto dal 2004, grazie all’installazione all’esterno della ISS di un modello che riproduce un busto umano. Il dispositivo in questione, composto da ossa naturali e da materiali simili ai tessuti umani ( un po' macabro a dir la verità ma se è utile...) si chiama “Matroshka”, dopo un anno e mezzo di esposizione alle radiazioni presenti nello spazio è stato recuperato e sottoposto ad attente misurazioni. “Matroshka”,all’esterno della ISS E' stato così possibile sapere la quantità di radiazione assorbita nel periodo della sua esposizione. I dati acquisiti, saranno molto utili e permetteranno di sviluppare le tecnologie più idonee atte a proteggere i futuri astronauti impegnati in lunghi voli spaziali dalle nocive radiazioni che permeano lo spazio. Il problema verrà probabilmente risolto dotando l’astronave di una magnetosfera portatile, la quale circonderà l’astronave e farà da scudo contro le radiazioni nefaste presenti nello spazio L’assenza di peso Vivere in assenza di peso può sembrare divertente, e in parte lo è, ma provoca una serie di problemi nell’essere umano che se non contrastati con delle opportune contromisure può provocare dei danni irreparabili, una volta ritornati a Terra Come certamente saprete, lo scheletro umano in assenza prolungata della forza di gravità inizia a decalcificarsi. Un astronauta che permane nello spazio per lungo tempo perde mediamente il 2% della sua massa ossea al mese, inoltre i muscoli lentamente perdono massa anch’essi e la circolazione sanguigna subisce delle modifiche sostanziali Sulla Terra, il cuore deve vincere la forza di gravità per pompare il sangue al nostro cervello. Da sempre il corpo umano si è evoluto a funzionare in questo modo. Nello spazio, dove non c’è gravità, succede il contrario. Alla testa il sangue sale naturalmente e sono gli arti inferiori ad essere meno irrorati, quindi i muscoli delle gambe si assottigliano e la faccia degli astronauti si gonfia, il fenomeno è chiamato “puffy-face-effect”, ed è causa spesso di mal di testa, congestione delle vie nasali, nausea e vomito. Provate a mettervi in verticale a testa sotto e dopo qualche decina di minuti comincerete a sperimentare i primi sintomi di questo fenomeno assai poco piacevole Qualcuno già si esercita Presso il MEDES, l’Istituto per la medicina e la fisiologia spaziale di Tolosa, sono in corso da tempo una serie di sperimenti per conto dell’ESA che utilizzano la tecnica del “Bed-rest”, che riproduce condizioni analoghe all’assenza di gravità inducendo le stesse modificazioni fisiologiche sull’organismo. Pensate i volontari devono rimanere a letto sdraiati con i piedi più alti della testa di circa 6°, e devono compiere tutte le attività quotidiane in questa posizione per molte settimane ( doccia, alimentazione, guardare tv, etc. ). I volontari, trascorrono a letto periodi di tempo lunghissimi, che possono arrivare anche a due mesi. Presso il MEDES, è in sperimentazione una macchina che si chiama “centrifuga a braccio corto”, che installata a bordo di una astronave, se utilizzata in maniera opportuna, grazie al suo movimento di rotazione simula gli effetti della gravità terrestre, assicurando un gradiente di pressione corporea e una sollecitazione ossea simili a quelle presenti sulla Terra. La macchina, che quando è in funzione sembra una di quelle macchine in uso nei parchi di divertimento, produce sul corpo degli astronauti, tramite la forza centrifuga che si viene a creare, una sollecitazione lungo l’asse corporeo simile a quella prodotta dalla gravità terrestre. Per gli astronauti, sarà quindi necessario trascorrere ogni giorno un breve periodo di tempo nella macchina in movimento, per contrastare sufficientemente gli effetti fisiologici nefasti dell’assenza di peso. Centrifuga a braccio corto MELiSSA Aspetto ambientale Aspetto alimentare Aspetto logistico Aspetto psicologico Aspetto logistico e psicologico Isolamento – Sindrome del “cabin fever” Siete mai stati a bordo di un sottomarino dove si vive in spazi angusti e in assenza di privacy per lunghi periodi di tempo e per giunta nelle profondità dell’oceano? Penso che sarete d’accordo con me nel dire, che già questo sarebbe sufficiente a mettere in crisi, dopo un certo tempo, chiunque non avesse un discreto equilibrio mentale. Ebbene pensate come potrebbe essere vivere un esperienza del genere in una astronave sospesa nello spazio a milioni di chilometri dalla Terra Un lungo viaggio spaziale, oltre ad essere supportato da una adeguata dotazione tecnologica deve tenere conto anche del fattore umano. Le implicazioni psicologiche sono di fondamentale importanza e ignorarne le premesse in fase progettuale metterebbe di fatto a rischio la buona riuscita dell’ intera missione. All'interno dell'ESA il responsabile di questo aspetto è il Dott.Oliver Angerer che dice: “Un lungo viaggio spaziale significa, per i pochi membri dell'equipaggio, vivere in un ambiente che per quanto confortevole possa essere è comunque limitato a qualche decina di metri cubi. In uno spazio così ridotto la privacy è ridotta ai minimi termini e questo significa che anche la più banale questione quotidiana o una abitudine individuale, del tutto trascurabile nella vita sulla Terra, a bordo di una astronave può diventare più importante del dovuto e oltre a causare disagio personale può scatenare spiacevoli conflitti tra i suoi occupanti. Questo è un rischio reale da non sottovalutare minimamente in quanto può seriamente compromettere la buona riuscita della missione. I membri dell'equipaggio, se non opportunamente protetti da ciò, potrebbero sviluppare nei casi peggiori sintomi psichiatrici piuttosto gravi”. Sardine in scatola I ricercatori dell'ESA stanno quindi lavorando alla risoluzione di queste problematiche sia in Antartide che in Russia. Nei mesi scorsi sei volontari hanno dovuto affrontare un periodo prolungato di isolamento dalla realtà esterna costretti a simulare la vita di un equipaggio umano in viaggio per Marte. I sei, confinati all'interno di un simulatore denominato Mars 500, insieme ad altri cinque membri aggiuntivi, hanno dovuto vivere per un lungo periodo in uno spazio limitato sforzandosi di andare d'accordo e cercando di trovare il modo di risolvere i problemi non molto graditi dall'equipaggio, che il team di ricercatori dall'esterno introduceva nella simulazione ogni giorno in maniera inaspettata. La porta d’entrata dell’ambiente Mars 500 Al contrario delle missioni sulla Luna e sulla ISS, dove tra l’altro si ha dal finestrino, la confortante visione della Terra quasi sempre, durante lo svolgersi del viaggio verso Marte si percorrerà una distanza assai considerevole, e bisognerà fare i conti anche con il ritardo delle comunicazioni. Le onde radio, come la luce, viaggiano a 300 000 km/s, e quindi già a soli ( si fa per dire) 10 000 000 km dalla Terra per comunicare con Huston, bisognerà attendere, fra l’invio della domanda e il ritorno della risposta, poco più di un minuto, che una volta giunti su Marte diventeranno poco più di 6, ma che potranno aumentare sino a 44 minuti, questo dipenderà a che distanza si troverà Marte dalla Terra al momento dell’invio della comunicazione Tutto questo farà si, che la vita degli astronauti, mai come questa volta, dipenderà esclusivamente da loro. L’astronave sulla quale viaggeranno non potrà ricevere alcun rifornimento o aiuto da Terra, e nel caso si manifesti qualche problema serio potenzialmente in grado di compromettere la missione, ricevere istruzioni da Terra non sarà così immediato, tutto ciò accrescerà ulteriormente il senso d’isolamento dell’equipaggio, immaginate cosa potreste provare voi in una situazione analoga e quali potrebbero essere le vostre reazioni Il viaggio, l’astronave e il sistema propulsivo L’astronave che porterà l’uomo su Marte, quasi sicuramente, partirà o dalla futura base lunare, o da una base orbitale, questo per contenere i costi del viaggio. La partenza in assenza di gravità farà risparmiare molti soldi ed è oltretutto anche più sicura, in quanto l’ astronave che porterà l’uomo su Marte avrà delle dimensioni tutt’altro che contenute e se partisse dalla Terra avrebbe sicuramente un peso ragguardevole L’equipaggio sarà composto da 7 astronauti, a bordo poi vi saranno diversi robot che daranno una mano a espletare alcuni compiti. La presenza dei robot a bordo può sembrare fantascienza, ma già oggi sulla ISS c’è un robottino volante che espleta alcuni funzioni ausiliare….. Mentre l’ESA ( Agenzia Spaziale Europea) con il Progetto “MELiSSA” sta mettendo a punto un supporto vitale in grado di sostenere in maniera autonoma la vita di un equipaggio umano impegnato nel raggiungimento del pianeta Marte, al centro Marshall della NASA già da alcuni anni un team di scienziati sta lavorando allo sviluppo di un avveniristico sistema propulsivo che funzionerebbe sullo stesso principio della fantascientifica astronave “Enterprise” della saga stellare “Star Trek”. Possiamo dire quindi, che la fantascienza, che in questo caso meriterebbe di essere chiamata 'antescienza', ha anticipato di 50 anni dei concetti che solo da poco gli scienziati padroneggiano pienamente. Vi porterò sulle stelle” dice l'ingegnere spaziale Les Jhonson alla guida del gruppo di scienziati della NASA impegnati nella sfida più ardua mai concepita dall’uomo, costruire un motore ad antimateria. “Un astronave del genere è sicuramente il mezzo ideale per viaggiare nello spazio più lontano e più veloce di quanto si sia potuto fare sin ora” L'ingegnere Lee Jhonson dice “ Non sarà possibile da subito ( notare “il da subito”) copiare le fantastiche doti dell'astronave Enterprise” “ Ma” – aggiunge – “riusciremo a superare di molto l’attuale velocità di 60 mila chilometri orari delle sonde automatiche, rendendo possibili anche viaggi umani ai confini del sistema solare”. Ma come funziona in pratica il motore ad antimateria? Questo tipo di motore è decisamente più complicato dei razzi chimici impiegati attualmente. Ma il principio fisico è ben noto agli scienziati. Gli atomi di antimateria hanno le stesse proprietà atomiche di quelli di materia, ma carica elettrica opposta: un elettrone che è negativo nel nostro mondo è positivo in quello di antimateria e si chiama positrone. Quando due particelle omologhe, una di materia e una di antimateria vengono a contatto liberano una straordinaria quantità di energia. Al Cern di Ginevra come al FermiLab di Batavia negli USA, oggi creare particelle di antimateria non è più fantascienza e anche se ha dei costi molto elevati la cosa non solo è possibile ma è stata già fatta a scopo di ricerca. Quindi nel momento in cui l'avveniristico motore ad antimateria del quale stiamo parlando, sarà finalmente pronto, sarà in grado di viaggiare molto più veloce di qualsiasi altro motore costruito finora dall'uomo. Pensate un solo grammo di antimateria è in grado di generare una quantità enorme di energia, pari a quella che produrrebbero i motori di mille Space Shuttle della NASA accesi contemporaneamente. “ Al Marshall c’è un team”– racconta l'ingegnere Les Johnson – “che esplora la possibilità di costruire nuovi mezzi per viaggiare nello spazio: motori nucleari, vele solari, sistemi a fili e ad antimateria. Era necessario affrontare seriamente queste frontiere perché i razzi chimici tradizionali hanno raggiunto i limiti della loro possibilità e sono attualmente il nostro limite”. Con il centro Marshall, sempre in USA su questo fronte sono impegnate anche la Pensylvania University, il centro Johnson della NASA, la Philips Laboratory dell’USAF (l’aviazione militare statunitense). Inoltre a livello segreto, c’è anche una collaborazione con i scienziati russi. Pensate alla Pensylvania University hanno sperimentato un serbatoio portatile di antiprotoni destinato ad essere impiegato con il motore spaziale ad antimateria che nelle sue linee generali è già una realtà e “una volta perfezionato e collaudato a dovere sarà utilizzato per portare l’uomo su Marte”, spiega sempre Les Johnson (che è un fan sfegatato della saga stellare Star Trek) “ Grazie a Kirk e Spock, nacque in me il desiderio di diventare un ingegnere spaziale” – “Ci vorrà tempo, ma raggiungeremo l’obiettivo”. A questo punto, avrete capito da voi, che la risoluzione dei problemi inerenti una lunga permanenza nello spazio da parte di esseri umani, inerente un viaggio su Marte tramite lo sviluppo di opportune tecnologie, sarà applicabile a tutti i viaggi spaziali a lungo raggio e a lungo periodo. Quindi la missione su Marte, farà da spartiacque, tra l’era pre-spaziale dell’uomo, che aveva come limite le “colonne d’Ercole” della Luna e la vera e propria era spaziale, che porterà l’uomo in un futuro prossimo, non solo ad andare e tornare regolarmente da Marte, ma a poter visitare agevolmente tutti i corpi celesti interessanti del sistema solare e a colonizzarli Insediamento umano stabile su Marte La colonizzazione del sistema solare LA COLONIZZAZIONE A LUNGO PERIODO Il “terraforming” o terraformazione ( in italiano) è un processo d’ingegneria planetaria teoricamente possibile, indotto artificialmente dall’uomo, atto a rendere abitabile dalla specie umana un pianeta o anche un satellite naturale di un pianeta. Questo tipo di processo potrebbe essere avviabile sul pianeta prescelto a patto abbia le caratteristiche di base per farne un ragionevole candidato. Il pianeta una volta terraformato dovrà essere in grado di sostenere un vero e proprio ecosistema, quindi l’abbondante presenza di acqua in loco è sicuramente fondamentale in quanto facilita molto le cose. Immagine della Luna una volta “Terraformata” Il primo a parlare di questa idea probabilmente è stato lo scienziato Carl Sagan, che ne trattò nel suo dottorato di ricerca ancora giovanissimo, e ne parlò sia a proposito di Marte che di Venere. Naturalmente il terraforming di un pianeta intero è un processo possibile dicono gli scienziati, ma richiede molto tempo e molte risorse e attualmente è probabilmente al limite delle nostre capacità tecnologiche. Un conto sarebbe terraformare Marte, che ad eccezione della pioggia ha un ciclo meteorologico simile a quello terrestre e una tenue atmosfera, un conto sarebbe terraformare un pianeta come Venere, il quale pur essendo un pianeta roccioso come la Terra, ha una atmosfera acida con una pressione e una temperatura micidiali. Lo scienziato Carl Sagan Marte ha una atmosfera molto simile a quella della Terra dei primordi, la pressione atmosferica è l’ 1% di quella terrestre ed è stato accertato che in passato in superficie vi fosse un grande oceano e una grande quantità di fiumi, segno che l’atmosfera era più densa e aveva una pressione più elevata, quindi un eventuale piano di terraforming riporterebbe semplicemente Marte indietro nel tempo Un progetto di terraformazione marziana prevederebbe di liberare nella sua atmosfera grandi quantità di gas serra in modo da innescare un innalzamento della temperatura, la quale a sua volta farebbe evaporare molta anidride carbonica presente allo stato ghiacciato nelle calotte polari marziane, l’ulteriore effetto serra prodotto farebbe innalzare ancora la temperatura e questo provocherebbe lo scioglimento del ghiaccio d’acqua presente nelle calotte polari e nel sottosuolo marziano, a questo punto su Marte si avrebbe acqua allo stato liquido in maniera stabile e una temperatura media annua che si avvicinerebbe a quella della Terra e una atmosfera più densa. Nel frattempo tramite l’inserimento di batteri idonei si potrebbe creare uno strato di ozono indispensabile a filtrare gli sterilizzanti raggi cosmici che altrimenti presenti non faciliterebbero lo svilupparsi di eventuali forma di vita. Marte: specchi in orbita concentrano la luce del Sole facendo evaporare il ghiaccio secco Tutto questo non è fantascienza, lo sostengono due fautori ed esperti di terraforming, Robert Zubrin, presidente della Pioneer Astronautica e Chris McKay del NASA Ames Research Center . Hanno calcolato che un aumento di 4°C della attuale temperatura marziana potrebbe innescare un aumento successivo di altri 55°C ( attualmente è mediamente di -60°C), il che consentirebbe di avere una temperatura media quasi sempre al di sopra del punto di congelamento dell’acqua in una vasta area del pianeta e una pressione atmosferica di qualche centinaia di millibar, contro i 6-10 millibar attuali. A questo punto su Marte si potrebbero piantare tutta una serie di organismi vegetali, tra i quali molti licheni, grazie all’acqua presente in loco potrebbero prenderebbero a crescere e moltiplicarsi sempre più velocemente e respirando l’anidride carbonica arricchirebbero di conseguenza d’ossigeno l’intera atmosfera. In circa 500 anni la superficie del pianeta sarebbe già praticabile dall’uomo utilizzando semplicemente un respiratore e una tuta protettiva leggera Marte “Terraformato” Gli esperti Zubrin e McKay prevedono che per arrivare ad una sufficiente terraformazione completa di Marte, occorrerebbero dai 1500 ai 2500 anni, un tempo umanamente lungo ma cosmicamente breve. Colonizzazione a breve periodo Inizialmente potrebbe essere realizzata istallando delle vere e proprie basi scientifiche sui corpi planetari più vicini, come Marte, la Luna o Venere, un po’ come si fa oggi con le basi scientifiche che si trovano in Antartide Ma nulla vieterebbe di costruire delle vere e proprie città spaziali orbitali. In passato alla NASA hanno fatto molti studi su questo, come anche si vede da questa illustrazione prodotta proprio dagli artisti che lavorano per l’ente spaziale statunitense O una Green-House lunare come questa In secondo tempo, con lo sviluppo e il progredire della propulsione ad antimateria potrebbero essere raggiunti alcuni satelliti di Giove e Saturno, come Europa, Ganimede, Titano, Iperione e altri ancora e anche pianeti come Mercurio. Per adesso un po` di fantascienza ma tra qualche secolo… chissà… Un ulteriore evoluzione del motore ad anti-materia, potrebbe portare a metà del XXII secolo a poter sviluppare velocità molto elevate, vicine a quelle della luce, o addirittura a volare curvando lo spazio tempo, proprio come faceva la mitica astronave “Enterprise” e allora diventeranno accessibili dapprima le stelle più vicine e poi con il progredire della tecnologia quelle più lontane. VEDI LA FISICA DI STAR STREK Allora finalmente arriverà il momento che un uomo potrà pronunciare realmente per la prima volta un discorso che più o meno suonerà così: “Spazio, ultima frontiera. Questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise durante la sua missione quinquennale diretta alla esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di nuove civiltà per arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima”