Comments
Description
Transcript
ECONOMIA DEL LAVORO Parte II
Fonte: BORJAS Tassi di sindacalizzazione Fonte: Boeri-Checchi Fonte: Boeri-Checchi Figura 10 - 2 L’iscrizione al sindacato in Italia, 1960– 2005 (percentuale di lavoratori iscritti al sindacato) Fonte: BORJAS 4 Frammentazione sindacale in Italia totale iscritti = 100 • • • • • • • Iscritti dichiarati dalle 5 confederazioni (2010) CGIL 5.748.269 = 29% CISL 4.542.354 = 23% UGL 2.377.529 = 12% UIL 2.184.911 = 11% CONFSAL 1.818.245 = 9% TOTALE 16.671.308 = 84% • Altri sindacati 3.176.639 =16% • Totale 19 .847.947 Fonte : Confsal (Confederazione Sindacati Autonomi Lavoratori) 2011 Tabella 10 - 1 Andamenti dei tassi di sindacalizzazione (percentuale di lavoratori iscritti al sindacato) nelle economie industrializzate, 1960–2006 Paese 1960 1970 1980 1990 2000 2005 2006 Australia 44 49 40 25 22 20 Austria 63 57 47 37 33 32 Canada 29 31 34 33 30 30 30 Danimarca 57 60 78 75 74 72 69 Finlandia 32 51 69 73 75 72 72 Francia 20 22 18 10 8 8 8 Germania 35 32 35 31 25 22 21 59 63 57 39 34 33 Irlanda Italia 25 37 50 39 35 34 33 Giappone 32 35 31 25 22 19 18 Paesi Bassi 42 39 35 24 23 21 20 Norvegia 60 57 58 59 54 55 55 68 78 80 79 77 75 28 23 21 19 19 Svezia Svizzera Regno Unito 40 45 51 39 30 29 28 Stati Uniti 31 27 22 15 13 12 11 6 Figura 10 - 3 La decisione di aderire al sindacato La retta di bilancio è data da AT e il lavoratore massimizza l’utilità nel punto P lavorando h* ore. L’aumento del salario proposto dal sindacato (da w* a wU) sposta la retta di bilancio a BT. Se il datore di lavoro riduce le ore di lavoro a h0, il lavoratore sta peggio (l’utilità diminuisce da U a U0 unità). Se il datore di lavoro riduce ore a h1, il lavoratore sta meglio. 7 Fonte: BORJAS Le determinanti dell’iscrizione al sindacato Lavoratore sindacalizzato: beneficia di richiesta di w => costo in termini di D da parte dell’impresa. • HIP. A: la curva di domanda di lavoro dell’impresa sia inclinata negativamente ed elastica => impresa risponde all’ w contrattato dal sindacato con di settimana lavorativa a h0 ore, (pacchetto ore - salario in presenza di sindacato P0 sulla retta di bilancio BT) => Iscrivendosi al sindacato, il lavoratore starebbe peggio (c.i. U0<U). Questo lavoratore, quindi, non si • iscriverebbe al sindacato. Fonte: BORJAS 8 Le determinanti dell’iscrizione al sindacato HIP. B: curva di domanda di lavoro dell’impresa è inelastica => i tagli occupazionali indotti dai salari più alti saranno contenuti. • La sindacalizzazione offrirà una combinazione salario – occupazione nel punto P1 (nel quale la settimana lavorativa dura h1 > h0). => In questo caso l’iscrizione al sindacato sposterà il lavoratore su una curva di indifferenza più alta (U1 > U) e il lavoratore deciderà di iscriversi. • Fonte: BORJAS 9 Figura 10 - 4 Il comportamento dei sindacati monopolisti Un sindacato monopolista massimizza l’utilità scegliendo il punto sulla curva di domanda D che è tangente alla propria curva di indifferenza. Il sindacato domanda un salario di wM euro e il datore di lavoro taglia l’occupazione a EM (dal livello competitivo E*). Se la curva di domanda fosse inelastica (come indicato dalla retta D’), il sindacato potrebbe domandare un salario più elevato e ottenere maggiore utilità. Fonte: BORJAS 10 I sindacati monopolisti Il salario competitivo è w*. In assenza di sindacato, l’impresa assumerebbe E* lavoratori. • Un sindacato monopolista max.zza U scegliendo il punto M (tangenza tra domanda e c.i.): al salario salario wM>w* l’impresa l’occupazione a EM<E* • Se la curva di domanda fosse inelastica (D’) il sindacato potrebbe domandare un salario più elevato e ottenere maggiore utilità: punto M’ di tangenza tra D’ e • U’. • Questa soluzione ha molte proprietà interessanti. Fonte: BORJAS 11 I sindacati monopolisti 1. 2. 3. Il sindacato sceglie w e l’impresa si muove lungo la curva di domanda per definire il livello di occupazione che max.zza il profitto. Alcuni lavoratori perderanno i posti di lavoro per effetto della richiesta salariale del sindacato. I sindacati ricavano un’utilità maggiore (hanno maggior successo) se la curva di domanda di lavoro è inelastica (le imprese reagiscono poco a variazioni del salario). I dati suggeriscono infatti che l’elasticità della domanda di lavoro in imprese sindacalizzate è il 20% minore di quella delle Fonte: BORJAS imprese non sindacalizzate. 12 Figura 10 - 5 I sindacati e l’efficienza del mercato del lavoro In assenza di sindacato, il salario competitivo è w* e il reddito nazionale è dato dalla soma delle aree ABCD e A’BCD’. Il sindacato aumenta il salario nel settore 1 a wU. I lavoratori licenziati si spostano nel settore 2, riducendo il salario non contrattato dal sindacato a wN. Il reddito nazionale è dato dalla somma delle aree AEGD e A’FGD’. La non corretta allocazione del lavoro riduce il reddito nazionale dell’area del triangolo EBF. Fonte: BORJAS 13 POLITICHE DEI REDDITI controllo delle dinamiche relative a: salari (w), profitti (π), rendite (r) per evitare dinamiche inflazionistiche DIRIGISTICHE (Blocco dei salari e dei prezzi…) DI MERCATO (incentivi premianti, sgravi fiscali, ecc..) MAPMarket Anti-inflation Plans ISTITUZIONALI (patti sociali) TIP Tax-based Incomes Policies Politiche dei redditi “regola aurea” Y.p = w.N + q.w.N PIL TOTALE SALARI quindi p = w.N/Y + q.w.N/Y TOTALE PROFITTI Poichè N/Y è l’inverso della produttività del lavoro (= y) Si ha Accettando una determinata distribuzione iniziale del reddito -e quindi a parità di margini di profitto- se i salari crescono in linea con la produttività, l’inflazione rimane costante L’efficacia della POLITICA DEI REDDITI dipende anche dal grado di centralizzazione del sistema di relazioni industriali: I sistemi con grado di centralizzazione “estrema” (molto elevata o molto bassa) potrebbero avere risultati migliori sul fronte dell’inflazione e della disoccupazione; i sistemi con grado di centralizzazione intermedia incoraggiano invece le rincorse salariali e le spinte inflazionistiche; fondamentale è comunque il coordinamento tra i diversi livelli di contrattazione . Calmfors e Driffill (1988) u+ p grado di centralizzazione Calmfors e Driffill (1988) curva a gobba • La spiegazione di tale correlazione (descritta con una curva a “gobba” rigirata verso l’asse delle ascisse, su cui vengono indicati, in misura crescente, i diversi gradi di centralizzazione, e sulle ordinate il tasso di disoccupazione) sta nell’ipotesi che • in un caso –forte centralizzazione – le rappresentanze sindacali sono in grado di valutare meglio le eventuali esternalità negative, riconducibili a comportamenti di free rider (condotte salariali non coordinate tra le diverse categorie) e di rincorse salariali con tendenze inflazionistiche; • nel secondo caso – bassa centralizzazione- si ritiene che siano le forze di mercato e le regole di condotta aziendale (maggior aggancio delle retribuzioni alla produttività dell’unità produttiva) a dettare regole di comportamento più “virtuose” sul fronte del contenimento dei salari e l’ampliamento dell’occupazione. Calmfors e Driffill (1988) – analizzando un campione di paesi OCSE nel periodo 1962-1985 – hanno sostenuto che contrattazioni salariali molto decentralizzate o molto centralizzate inducono le parti sociali a una maggiore moderazione salariale e dunque comportano un più basso livello di disoccupazione rispetto ai gradi intermedi di centralizzazione (hump shape hypothesis). La spiegazione proposta dagli autori circa questa relazione si basa su due elementi: i) da un lato, al crescere della dimensione dei sindacati (generalmente più elevata nei casi in cui le contrattazioni salariali sono più centralizzate), questi acquisterebbero potere contrattuale e dunque otterrebbero incrementi salariali più elevati; ii) dall’altro, al crescere del livello di centralizzazione delle contrattazioni (e dunque della dimensione dei sindacati), le parti sociali internalizzerebbero in misura maggiore gli effetti degli aumenti salariali sul livello aggregato dei prezzi e sui salari reali. Sotto certe ipotesi, l’effetto netto di questi due elementi può portare ad avere una crescita dei salari reali maggiore nei paesi con gradi intermedi di centralizzazione. Banca d’Italia, Temi di discussione n. 492 (- Lorenzo Forni, giugno 2004 ) Centralizzazione delle contrattazioni salariali e disoccupazione: una riconsiderazione dell’ipotesi hump-shape Il lavoro, utilizzando dati OCSE relativi al periodo 1960-2000, mostra che non sembra esserci nessuna correlazione significativa tra grado di centralizzazione delle contrattazioni salariali e andamento del tasso di disoccupazione. Politiche dei redditi (PdR) e sistemi di relazioni industriali (SRI) • L’esito della PdR dipende anche dalle caratteristiche del SRI che caratterizza un determinato assetto istituzionale e che ne definiscono il grado di corporativismo (Tarantelli, 1986) DIMENSIONI Neocooptazione Centralizzazione della contrattazione collettiva Neoregolazione del conflitto industriale Il grado di NEOCORPORATIVISMO del sistema di R.I. si misura attraverso tre parametri (Tarantelli) L’ipotesi di politica dei redditi di Tarantelli • La stabilità dei prezzi come bene pubblico, • La stabilità delle quote distributive (legge di Bowley), • Il recupero del potere d’acquisto, dal passato al futuro: la “politica salariale d’anticipo”, • Il rientro dell’inflazione attraverso la programmazione concertata degli scatti di ‘scala mobile’ e la disciplina di prezzi, tariffe e prezzi amministrati (inflazione programmata). LE QUOTE DISTRIBUTIVE in Italia Quota Reddito da Lavoro = 0.70 = 70% Redd. Da K Fonte: Tronti Y= w.N + r.K 1= w.N + r.K Y Y Fonte: Tronti Diminuisce la quota di reddito da lavoro in Italia e nel complesso dei paesi sviluppati • Dal 1975 ad oggi, nei paesi sviluppati, la quota del reddito nazionale che va al fattore lavoro è diminuita di circa 10 punti percentuali: dal 75% al 65%. • La crescita corrispondente della quota che va a remunerare il capitale ha favorito soprattutto i settori finanziari dell’economia e la distribuzione dei dividendi ai possessori di azioni (rapporto ILO, 2013) La caduta della quota del lavoro in Italia e nei principali paesi avanzati (2005-1992) 1,00 -1,00 -0,7 -2,0 -1,8 -2,5 -3,00 -3,5 -3,3 -3,3 -4,2 -5,00 -5,2 -5,8 -7,00 -7,6 -9,00 -9,8 -11,00 -10,8 -10,4 -10,7 -11,8 K in gd om B el gi u m D en m a rk nc e ra ni te d F U la nd s s N et he r S ta te en ni te d ed U S w an y er m G Ja pa n ar ea in S pa E ur o Fonte: Tronti su dati Oecd Ita ly ay or w N in la nd d Ir el an F H un ga r y -13,00 Nel mondo: aumento della quota dei profitti e crescita economica 3,50 3,31 3,00 Elas ticità de lla cre s cita de l Pil all'aum e nto de lla quota de i profitti (1992-2005) 2,50 2,00 1,43 1,50 1,34 0,97 1,00 0,86 0,85 0,82 0,71 0,50 0,50 0,39 0,36 0,35 0,33 0,29 0,26 0,15 U Ita ly Ja pa n or w ay y N un ga r H an y er m G in la nd F ar ea in E ur o S pa d Ir el an la nd s nc e ra et he r N Fonte: Oecd, Eurostat. F K in gd om B el gi u U m ni te d S ta te s S w ed en ni te d D en m a rk 0,00 LA SCALA MOBILE • La scala mobile veniva calcolata seguendo l'andamento variabile dei prezzi di particolari beni di consumo, generalmente di larga diffusione, costituenti un paniere. Una commissione aveva il compito di determinare ogni tre mesi le variazioni del costo della vita utilizzando come indice di riferimento le variazioni dei prezzi di tali beni (indice dei prezzi al consumo, IPC). • Accertata e resa uguale su base 100 la somma mensile necessaria per la famiglia-tipo, in riferimento ad un dato periodo per l'acquisto dei prodotti del paniere, le successive variazioni percentuali dei prezzi dei beni di consumo divenivano i punti di variazione dell'indice stesso del costo della vita, a cui i salari venivano direttamente adeguati. Accordo di S.Valentino: 14.02.1984 • 14 febbraio 1984 – con l’ “accordo di S.Valentino”, si è esplicitamente cercato di realizzare un patto sociale di natura neocorporativa, finalizzato a contenere i conflitti di lavoro e il processo inflazionistico, il cui differenziale rispetto ai principali paesi europei risultava piuttosto elevato. Gli interventi prefigurati –volti a contenere il costo del lavoro e ad introdurre una maggiore flessibilità nei rapporti contrattuali, nonché orientati ad introdurre incentivi per il Mezzogiorno e per la formazione di nuove imprese- si sarebbero dovuti accompagnare ad un controllo dei prezzi amministrati sulla base di un tasso di inflazione programmato (pari al 13%) e al controllo della spesa pubblica. • Il governo emanò un decreto-legge in cui venivano predeterminati i punti di contingenza nel meccanismo di scala mobile allora in vigore: tale meccanismo “indicizzava” i salari, integrandone il potere d’acquisto eroso dall’inflazione attraverso un’indennità di contingenza che veniva per l’appunto calcolata in riferimento ai punti prestabiliti. • Nel dicembre del 1991 il meccanismo della scala mobile venne eliminato, sostituendo ad esso, per i due anni successivi un compenso forfettario, pari a 20.000 lire mensili, riducendo così del 50% gli effetti del precedente meccanismo. SCALA MOBILE 1975 la scala mobile, applicata fino ad allora al solo settore bancario, venne unificata agli altri settori con un accordo stipulato tra la Confindustria e le tre maggiori organizzazioni sindacali: CGIL, CISL e UIL. 14 febbraio 1984 un decreto del Governo Craxi taglia 4 punti percentuale della Scala Mobile, convertendo un accordo delle associazioni imprenditoriali con Cisl e Uil. Al decreto farà seguito la conversione nella legge 219 del 12 giugno 1984. Il 9 e 10 giugno 1985 si svolge il referendum abrogativo sulla scala mobile, promosso dal solo PCI di Enrico Berlinguer, della norma che comporta un taglio di quattro punti della scala mobile. Con un'affluenza alle urne del 77,9%, 45,7% SI all'abrogazione della norma e 54,3% NO all'abrogazione della norma, il taglio rimase. La scala mobile è stata definitivamente soppressa con la firma del protocollo triangolare di intesa tra il Governo Amato I e le parti sociali avvenuta il 31 luglio 1992. Con la scala mobile è stata abolita l'indennità di contingenza ed è stato introdotto per tutti i lavoratori dipendenti (dirigenti esclusi) l’elemento distinto della retribuzione RIFORMA DEL SISTEMA CONTRATTUALE accordo quadro firmato a gennaio (aprile accordo attuativo) 2009 da Confindustria CISL e UIL (non CGIL) Politiche occupazione giovanile -nel 1977 dalla legge 285, incentivi a favore della cooperazione giov. -legge 44/1986 sulla imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno -legge 275/1991, si è posto l’orizzonte temporale della legge ’44 al 1993, estendendone l’eleggibilità a tutte le imprese del territorio nazionale, ma con requisiti più restrittivi nella composizione occupazionale (imprese interamente composte da lavoratori con 18-35 anni di età o con sola presenza femminile) -Crediti d’imposta per la promozione dell’occupazione (Leggi finanziarie) -Contratti di Formazione Lavoro (CFL), introdotti nel 1977 e poi variamente modificati con successive normative -Piani di Inserimento Professionale (PIP), introdotti con la legge 451/1994, -Apprendistato Politiche occupazione femminile -strutture sociali di assistenza all’infanzia, anziani e inabili -sussidio al costo dei servizi di cura familiare potrebbero incrementare sia l’offerta che la domanda di lavoro femminile. -un sussidio pari al 50% del costo potrebbe avere un effetto positivo sul tasso di occupazione femminile pari a 10 punti percentuali. - un incremento del 10% nella disponibilità dei servizi di cura potrebbe tradursi in un aumento di 15 punti percentuali della probabilità di trovare lavoro da parte delle lavoratrici con basso grado di istruzione e di 8 punti da parte delle donne più istruite (Del Boca, Pasqua e Pronzato, 2005). -proposte interventi di natura fiscale: dal credito di imposta per chi ha famigliari a carico (Boeri, DelBoca, 2007) alla tassazione differenziata per genere (Alesina, Ichino, 2007) o a quella riguardante l’introduzione di un quoziente familiare, per tener conto -nel prelievo fiscale- della numerosità dei componenti il nucleo familiare. Gli effetti stimati sulla domanda e offerta di lavoro femminile hanno segno e intensità più disparati (Cavalli e Fiorio, 2006Aassve, Pazienza e Rapallini, 2007). POLITICHE FORMATIVE