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L`età della rivoluzione - La rivoluzione americana

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L`età della rivoluzione - La rivoluzione americana
Storia moderna
(XV-XIX sec)
Prof. Daniele Pelini
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[email protected]
La rivoluzione americana
e la nascita degli USA
E. Leutze, Washington attraversa il fiume Delaware, 1851
T. Jefferson
(1743-1826)
G. Washington
(1732-1799)
B. Franklin
(1706-1790)
A. Hamilton
(1755-1804)
Il significato della rivoluzione americana
La rivoluzione americana fu il primo caso di lotta nazionale,
dall’esito vittorioso, condotta da un paese extraeuropeo – sia pure
abitato da una popolazione di origine europea –, contro un paese
del Vecchio Continente; essa siglò l’atto di nascita di una futura
grande potenza e fu inoltre l’evento iniziale di una stagione di
rivoluzioni liberali dalle quali emergeranno i fondamenti politici
delle democrazie contemporanee: come tale, essa costituisce uno
spartiacque nella storia moderna e in quella del XVIII secolo in
particolare, il cui ultimo quarto segna – come autorevolmente
sostenuto dal grande storico britannico, recentemente scomparso,
E.J. Hobsbawm – l’avvio del «Lungo Ottocento» (1776-1914)
Il «lungo XIX secolo»
Dichiarazione
d’indipendenza
americana
Grande Depressione
Inizio del primo
conflitto mondiale
Rivoluzione politica
in Europa
1776
1848
Age of Revolution
1873
Age of Capital
1914
Age of Empire
Il «lungo XIX secolo»
Dichiarazione
d’indipendenza
americana
Grande Depressione
Inizio del primo
conflitto mondiale
Rivoluzione politica
in Europa
1776
1848
Age of Revolution
1873
Age of Capital
I rivoluzione industriale
(ca 1760-1870)
1914
Age of Empire
II rivoluzione industriale
(ca 1870-1960)
La duplice rivoluzione dell’Ottocento
E.J. Hobsbawm (1917-2012)
“Gli anni dal 1789 al 1848
furono dominati da una
duplice rivoluzione: quella
industriale, inaugurata dalla
Gran Bretagna e in larga
misura ad essa circoscritta, e
quella politica, legata, e in
larga misura circoscritta, alla
Francia”
(The Age of Capital)
Il Nord America alla metà del XVIII secolo
Il Nord America dopo la pace di Parigi (1763)
Le tredici colonie inglesi in America settentrionale
Le tredici colonie inglesi in Nord America
Nel Seicento e nel primo Settecento la colonizzazione era stata
l’opera dell’iniziativa di alcune compagnie commerciali oppure la
conseguenza del trasferimento sul suolo americano di emigrati
europei appartenenti a minoranze politiche e religiose. La prima
colonia fu quella della Virginia (nata nel 1607 ad opera della
Virginia Company). Tra il 1620 – con l’approdo dei “Padri
pellegrini” sbarcati dalla Mayflower – e il 1640 si stabilirono più a
nord, nel Massachusetts, quegli insediamenti che diventarono
colonia a tutti gli effetti solamente nel 1691. L’immigrazione del
XVIII secolo è diversa da quella precedente: ora si tratta di persone
in cerca di fortuna e successo e la loro provenienza è più varia
(Irlanda, Scozia, Germania, Olanda)
Le tredici colonie inglesi in Nord America
Le tredici colonie possono utilmente essere raggruppate in tre
macro aree in base alle rispettive caratteristiche etniche, religiose
ed economico-sociali:
a) Nord (New England: Massachusetts, Connecticut, Rhode Island,
New Hampshire)
b) Centro (New York, New Jersey, Delaware, Pennsylvania)
c) Sud (Virginia, Maryland, Carolina del Nord, Carolina del Sud,
Georgia)
La Nuova Inghilterra
Le quattro colonie della Nuova Inghilterra sono omogenee dal
punto di vista etnico (anglosassoni) e religioso (puritanesimo). La
loro economia è caratterizzata dalla diffusione della piccola e
media proprietà terriera e, nei centri urbani, da attività quali la
pesca, il commercio e l’attività manifatturiera. Inoltre, la città di
Boston è il centro di una fiorente industria cantieristica che fornisce
circa il 50% del tonnellaggio della flotta britannica. La corona
britannica vuole sfruttare al massimo le risorse delle sue colonie:
per questa ragione pratica una politica rigidamente protezionistica,
che pretende l’esclusività del commercio, impone dazi di
esportazione sulle merci che importa ed ostacola lo sviluppo
dell’industria locale affinché non entri in competizione con quella
della madrepatria
La regione del Medio-Atlantico
Le quattro colonie del centro presentano una variegata componente
etnica (inglesi, irlandesi, scozzesi, olandesi, svedesi e, soprattutto,
tedeschi) e religiosa (anglicani, cattolici, presbiteriani, calvinisti,
luterani). L’economia è caratterizzata da fiorenti commerci, dalla
produzione cerealicola e di altri prodotti ma, a differenza del nord,
esiste qui anche il latifondo e molti coltivatori sono in posizione di
affittuari con obblighi semifeudali: questa situazione, unitamente
alla crescente immigrazione, spinge all’espansione verso le terre
vergini dell’ovest. La Gran Bretagna non vuole che i coloni
dilaghino ad ovest, poiché teme di perdere il controllo di quelle
vaste e ricche aree: per questa ragione, all’indomani della pace di
Parigi, il proclama di Giorgio III sancisce il limite dell’espansione
dei coloni alla catena degli Appalachi
Le colonie del sud
Le cinque colonie meridionali sono dominate principalmente dai
ricchi proprietari (anglosassoni di religione anglicana o cattolica) di
piantagioni (riso, tabacco, indaco) e schiavi provenienti dall’Africa
centro-occidentale. Intorno alla metà del Settecento, il numero di
questi ultimi era pari a circa il 40% della popolazione complessiva
(250.000 su 650.000). Il regime di conduzione della terra
prevalente è dunque il latifondo e i pochi grandi possidenti usano la
loro ricchezza per dominare i mezzadri e i piccoli contadini.
Sebbene non esista un ceto nobiliare che possa vantare privilegi
politici legati alla propria discendenza, la società del meridione
presenta un accentuato spirito aristocratico e paternalistico.
L’economia è fondata sulle esportazioni verso la madrepatria, dalla
quale riceve in cambio manufatti; tuttavia i coloni vendono a prezzi
bassi e acquistano a prezzi elevati e, quindi, divengono debitori
degli inglesi
L’assetto politico delle colonie
Le tredici colonie situate sulla costa atlantica dell’America
settentrionale erano state costituite in tempi e modi diversi.
Tuttavia presentavano due elementi comuni:
L’assetto politico delle colonie
Le tredici colonie situate sulla costa atlantica dell’America
settentrionale erano state costituite in tempi e modi diversi.
Tuttavia presentavano due elementi comuni:
a) diversamente dalle colonie spagnole, portoghesi e francesi nel
continente americano, quelle inglesi godevano sin dal principio di
una larga autonomia politica: sebbene fossero sottoposte al
controllo di un governatore di nomina regia (coadiuvato da
Consigli anch’essi nominati dall’alto), le colonie – in linea con
l’ispirazione democratica del puritanesimo – si erano dotate di
assemblee legislative elette dai cittadini, che assunsero via via
poteri sempre più ampi nella conduzione degli affari locali
L’assetto politico delle colonie
Le tredici colonie situate sulla costa atlantica dell’America
settentrionale erano state costituite in tempi e modi diversi.
Tuttavia presentavano due elementi comuni:
b) diversamente dal continente europeo – ove il rango sociale e
l’esercizio dei diritti politici ad esso connessi dipendeva quasi
esclusivamente dall’appartenenza ai ceti nobiliari – nelle colonie
l’unico fattore che determinava la posizione preminente nella
società e il diritto di essere rappresentati negli organismi di governo
locale era la condizione economica: non esiste un’aristocrazia
nobiliare e l’élite americana si giustifica solo in base alla personale
abilità e alla capacità di farsi interprete degli interessi collettivi
L’assetto politico delle colonie
Sovrano d’Inghilterra
Governatore e Consigli
L’assetto politico delle colonie
Sovrano d’Inghilterra
Governatore e Consigli
Assemblea legislativa
(e organismo di governo locale)
Popolo della colonia
L’assetto politico delle colonie
Sovrano d’Inghilterra
Governatore e Consigli
Assemblea legislativa
(e organismo di governo locale)
Popolo della colonia
Amministrazione
della colonia
Il contrasto con la madrepatria (1763-1774)
Il confronto fra i coloni americani e l’Inghilterra ebbe inizio
all’indomani della pace di Parigi, allorché la corona inglese decise
di rafforzare la propria presenza militare sul continente allo scopo
di riorganizzare i suoi vastissimi possedimenti in un vero e proprio
dominio. Questa decisione politica – che implicava un grande
sforzo finanziario cui l’Inghilterra non poteva far fronte – aveva tre
corollari:
Il contrasto con la madrepatria (1763-1774)
Il confronto fra i coloni americani e l’Inghilterra ebbe inizio
all’indomani della pace di Parigi, allorché la corona inglese decise
di rafforzare la propria presenza militare sul continente allo scopo
di riorganizzare i suoi vastissimi possedimenti in un vero e proprio
dominio. Questa decisione politica – che implicava un grande
sforzo finanziario cui l’Inghilterra non poteva far fronte – aveva tre
corollari:
a) la limitazione dell’autonomia delle colonie
b) la lotta senza quartiere al contrabbando delle merci (commercio
clandestino) tramite la riorganizzazione del sistema delle dogane
c) l’aumento dell’imposizione fiscale diretta e indiretta sui cittadini
delle colonie
Il contrasto con la madrepatria (1763-1774)
La promulgazione di una legge che introduceva un forte dazio sulle
importazioni di zucchero dai Caraibi (Sugar Act, 1764) e,
successivamente, di un’altra che imponeva una tassa di bollo sugli
atti ufficiali e sulle pubblicazioni (Stamp Act, 1765) determinò una
forte reazione da parte dell’opinione pubblica dell’intera società
coloniale. Gli americani, appellandosi alla stessa tradizione del
parlamentarismo britannico, cominciarono a sostenere apertamente
l’illegittimità di qualunque tassa che fosse imposta dal Parlamento
di Westminster – dal momento che questo non ospitava alcun
rappresentante dei sudditi americani (no taxation without
representation). Inoltre essi intrapresero azioni di boicottaggio
delle merci inglesi che portarono alla revoca della seconda di
queste misure (1766)
Il contrasto con la madrepatria (1763-1774)
La corona britannica, tuttavia, ribadì il proprio diritto di tassare i
coloni americani (Declaratory Act, 1766) e diede seguito a questa
dichiarazione di principio promulgando una «raffica» di
provvedimenti che imponevano dazi in entrata su numerose merci
importate dall’Inghilterra e inasprivano ulteriormente i controlli
doganali (Townshend Acts, 1767). I coloni risposero intensificando
le azioni di boicottaggio, determinando un crollo delle esportazioni
inglesi in Nord America (- 50% in due anni) che convinse gli
inglesi a ritirare il provvedimento ad eccezione del dazio sul tè
(1770). La situazione rimase comunque molto tesa: nel marzo di
quello stesso anno ebbero luogo i primi violenti scontri nella città
di Boston e la causa americana conobbe i suoi primi «martiri»
(«massacro di Boston»: cinque uccisi dalle giubbe rosse)
Il «massacro di Boston» (1770)
Il contrasto con la madrepatria (1763-1774)
La situazione precipitò irreversibilmente allorché l’Inghilterra varò
un provvedimento che, stabilendo l’esenzione dal dazio sul tè per la
sola Compagnia delle Indie orientali (Tea Act, 1773), assegnava nei
fatti a quest’ultima il monopolio della vendita del tè in Nord
America. La reazione americana fu il Boston Tea Party: il 17
dicembre cinquanta appartenenti ad un’associazione segreta
denominata Sons of Liberty, travestiti da indiani Mohawk,
assalirono tre navi della compagnia delle Indie orientali e gettarono
in mare le 342 casse di tè che trasportavano. La corona britannica
rispose emanando dure misure di ritorsione (le cosiddette leggi
intollerabili, 1774): il porto di Boston fu chiuso, il Massachusetts
privato delle sue autonomie e, in tutte le colonie, i giudici
americani furono soppiantati da funzionari britannici
Il Boston Tea Party (1773)
Litografia del 1846 divenuta l’icona classica del Boston Tea Party
Il contrasto con la madrepatria (1763-1774)
Proclama di
Giorgio III
Townshend Acts
Tea Act e
Leggi intollerabili
Declaratory Act
Massacro
di Boston
Sugar Act Stamp Act
1763
1764
1765
1766
1767
1770
No taxation without representation
1773-74
Il primo congresso continentale (1774)
Dopo il varo delle leggi intollerabili la ribellione delle colonie
divenne aperta e generalizzata: su proposta dell’assemblea della
Virginia venne convocato nella città di Philadelphia un congresso
continentale cui aderirono, con l’eccezione della Georgia, tutte le
colonie. Il 5 settembre 1774 il congresso disconobbe in modo
formale l’autorità del parlamento inglese e, riaffermati i diritti delle
colonie all’autogoverno, si appellò direttamente al re e, allo stesso
tempo, ai popoli d’Inghilterra e d’America. Venne inoltre
confermato il boicottaggio delle merci inglesi e formulata la
minaccia di scendere in armi a difesa del Massachusetts, se Londra
non avesse ritirato le recenti ordinanze punitive. Tuttavia
l’orientamento politico della maggioranza dei delegati non era – in
questo momento e fino al 1776 – indipendentista, bensì ancora
favorevole ad una linea autonomista
I gruppi politici in seno al congresso continentale
Lealisti a oltranza
Patrioti
(indipedentisti)
Lealisti moderati
Il secondo congresso continentale (1775)
Il governo inglese avanzò proposte concialitive ma intensificando
al tempo stesso la repressione nel Massachussets: nell’aprile del
1775 si giunse ad un primo scontro armato tra milizie dei coloni ed
esercito inglese a Lexington, presso Boston. In maggio si riunì a
Philadelphia un secondo congresso continentale che, esautorati i
governatori e i funzionari inglesi, provvide ad organizzare un
esercito comune (Continental Army) sotto il comando di George
Washington – un grande proprietario terriero della Virginia che
aveva dato prova di eccellenti qualità militari durante la guerra dei
Sette anni. L’atteggiamento intransigente di Giorgio III, che in
agosto dichiarò ribelli tutti i coloni indistintamente, fece prevalere
la linea dell’indipendenza assoluta dalla Gran Bretagna sotto un
regime repubblicano (T. Paine, Senso Comune)
La dichiarazione d’indipendenza (4 luglio 1776)
J. Trumbull, Declaration of indipendence, 1795
La dichiarazione d’indipendenza (4 luglio 1776)
“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità:
che tutti gli uomini sono creati uguali; che essi sono dal
Creatore dotati di alcuni inalienabili diritti, che tra questi
diritti sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità; che
per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini i
governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei
governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo
tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o
abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali
principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al
popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua
Felicità”
La dichiarazione d’indipendenza (4 luglio 1776)
“Noi pertanto, Rappresentanti degli Stati Uniti d’America,
riuniti in Congresso generale, appellandoci al Supremo
Giudice dell’Universo, per la rettitudine delle nostre
intenzioni, nel nome e per l’autorità dei buoni popoli di
queste Colonie, solennemente proclamiamo e dichiariamo che
queste Colonie Unite sono, e devono di diritto essere Stati
liberi e indipendenti; che sono sciolte da ogni dovere di
fedeltà verso la Corona britannica e che ogni vincolo politico
fra esse e lo stato di Gran Bretagna è, e deve essere, del tutto
reciso. […] E in appoggio a questa dichiarazione, con salda
fede nella protezione della Divina Provvidenza, noi
offriamo reciprocamente in pegno le nostre vite, i nostri averi
e il nostro sacro onore”
La guerra d’indipendenza (1776-1783)
La guerra d’indipendenza (1776-1783)
L’armata britannica era costituita da truppe regolari e ben
addestrate che, nel 1776, superavano i 35000 effettivi. La loro
strategia era semplice: facendo base a nord nel territorio di New
York (la città rimase in mano inglese per tutta la durata del
conflitto) e a sud in Georgia, pensavano di stringere le forze
americane in una morsa. Washington, invece, disponeva di un
piccolo esercito (8000 uomini) improvvisato, indisciplinato e privo
di coesione. L’asimmetria delle forze in campo imponeva al
comandante americano la prudente tattica di evitare le battaglie
campali, cercando di logorare gli avversari con un’ostinata azione
di guerriglia. Malgrado l’iniziativa militare fosse stabilmente nelle
mani degli inglesi, gli americani riuscirono a riportare una prima
importante vittoria nella battaglia di Saratoga (1777)
La guerra d’indipendenza (1776-1783)
The surrender of general Burgoyne at Saratoga
La vittoria di Saratoga rivelò all’Europa la capacità di resistenza e
di emancipazione dei «ribelli» americani e fu l’evento che convinse
la Francia ad intervenire ufficialmente a fianco degli americani,
riconoscendo al tempo stesso la nuova nazione. Franklin fu inviato
in missione diplomatica in Europa per discutere i termini di
un’alleanza militare che fu sancita il 6 febbraio 1778
La guerra d’indipendenza (1776-1783)
L’intervento della Francia fu seguito da quello della Spagna e
dell’Olanda (1779): le potenze europee rivali dell’Inghilterra videro
infatti nella guerra d’indipendenza l’occasione propizia per
rimettere in discussione il primato navale e commerciale della Gran
Bretagna. Anche se gli inglesi ottennero ancora importanti vittorie,
il sostegno economico e militare degli stati europei si rivelò alla
fine decisivo per le sorti del conflitto, che conobbe il punto di
svolta con la resa di un corpo inglese di 7000 uomini dopo
l’assedio di Yorktown (1781). Le ostilità si prolungarono ancora per
più di un anno prima che fossero avviate le trattative di pace, che si
conclusero col trattato di Versailles del settembre 1783: la Gran
Bretagna riconobbe l’indipendenza degli Stati Uniti d’America ma
conservò intatto il resto del suo impero, salvo alcune concessioni
alla Francia e alla Spagna
La guerra d’indipendenza (1776-1783)
J. Trumbull, The surrender of Cornwallis at Yorktown, 1787
La guerra d’indipendenza (1776-1783)
I congresso
continentale
Dichiarazione
di indipendenza
Intervento
francese
II congresso
continentale
1774
1775
Trattato di
Versailles
Assedio di
Yorktown
Battaglia
di Saratoga
1776
1777
1778
E pluribus unum
1781
1783
La costituzione degli USA (1787-1791)
Nel 1777 le ex-colonie avevano dato vita agli Articoli di
confederazione, in base ai quali si stabiliva tra loro “uno stabile
patto di amicizia”, pur conservando ognuno “la sua sovranità, la
sua libertà, la sua indipendenza”. La necessità di condurre a buon
esito il conflitto aveva temporaneamente messo a tacere le tendenze
centrifughe ed aveva, anzi, imposto che gli organi decisionali
fossero dotati di poteri forti. Erano comunque ben presenti nella
società coloniale marcate forme diffidenza nei riguardi di un potere
accentrato e di un potere governativo in generale
La costituzione degli USA (1787-1791)
La questione di fondo:
un’unione federale oppure confederale?
La costituzione degli USA (1787-1791)
Le ragioni a favore dell’adozione di una forma confederale erano:
a) la diversità degli ordinamenti politici dei diversi stati (più
democratici o più oligarchici)
La costituzione degli USA (1787-1791)
Le ragioni a favore dell’adozione di una forma confederale erano:
a) la diversità degli ordinamenti politici dei diversi stati (più
democratici o più oligarchici)
b) la diversità della composizione sociale (e ideologica) e della
economia degli stati
La costituzione degli USA (1787-1791)
Le ragioni a favore dell’adozione di una forma confederale erano:
a) la diversità degli ordinamenti politici dei diversi stati (più
democratici o più oligarchici)
b) la diversità della composizione sociale (e ideologica) e della
economia degli stati
c) la diversità della posizione in merito alla schiavitù (ma il
problema emergerà in seguito)
La costituzione degli USA (1787-1791)
Le ragioni a favore dell’adozione di una forma confederale erano:
a) la diversità degli ordinamenti politici dei diversi stati (più
democratici o più oligarchici)
b) la diversità della composizione sociale (e ideologica) e della
economia degli stati
c) la diversità della posizione in merito alla schiavitù (ma il
problema emergerà in seguito)
In generale gli antifederalisti (i ceti medio-bassi, in particolare i
piccoli coltivatori) temevano che un forte governo centrale
divenisse espressione delle oligarchie finanziarie. Essi non di rado
coniugavano la loro opposizione al federalismo con motivi di
«democrazia rurale» e con la difesa dell’autonomia e delle
tradizioni locali di autogoverno
La costituzione degli USA (1787-1791)
Le ragioni a favore dell’adozione della forma federale erano:
a) l’unione federale garantisce in modo migliore i singoli stati
dall’eventualità di una ripresa del conflitto con la Gran Bretagna
La costituzione degli USA (1787-1791)
Le ragioni a favore dell’adozione della forma federale erano:
a) l’unione federale garantisce in modo migliore i singoli stati
dall’eventualità di una ripresa del conflitto con la Gran Bretagna
b) la forma federale meglio si presta a dirimere le questioni
connesse alla conquista del west
La costituzione degli USA (1787-1791)
Le ragioni a favore dell’adozione della forma federale erano:
a) l’unione federale garantisce in modo migliore i singoli stati
dall’eventualità di una ripresa del conflitto con la Gran Bretagna
b) la forma federale meglio si presta a dirimere le questioni
connesse alla conquista del west
c) un forte governo centrale può meglio attuare un’azione di
contenimento delle tensioni sociali, particolarmente evidenti ora
che la mobilitazione per la guerra ha portato alla ribalta ceti
sociali precedentemente rimasti ai margini della società
La costituzione degli USA (1787-1791)
Le ragioni a favore dell’adozione della forma federale erano:
a) l’unione federale garantisce in modo migliore i singoli stati
dall’eventualità di una ripresa del conflitto con la Gran Bretagna
b) la forma federale meglio si presta a dirimere le questioni
connesse alla conquista del west
c) un forte governo centrale può meglio attuare un’azione di
contenimento delle tensioni sociali, particolarmente evidenti ora
che la mobilitazione per la guerra ha portato alla ribalta ceti
sociali precedentemente rimasti ai margini della società
d) un forte governo centrale può meglio regolare la politica
finanziaria e quella tributaria in particolare, la qual cosa è ora
quanto mai necessaria, dovendo gli Stati Uniti far fronte ai debiti
contratti per le spese di guerra; più in generale la forma federale
è condizione necessaria di un forte sviluppo economico
La costituzione degli USA (1787-1791)
Gli Articoli della confederazione, approvati con la diffidenza di
qualche Stato nel 1781, avevano dato vita ad una blanda
confederazione. Tuttavia, i molteplici problemi economici e sociali
che attanagliavano la società americana indussero i tredici Stati a
convocare una Convenzione costituzionale che aveva lo scopo
limitato di emendare gli Articoli. L’assemblea (55 membri) si riunì
il 15 maggio 1787 a Philadelphia sotto la presidenza di Washington
e, nel giro di quattro mesi, elaborò un’architettura costituzionale
completamente nuova che realizzava pienamente il progetto
federalista
La costituzione degli USA (1787-1791)
La Costituzione, il cui principale
artefice
fu
A.
Hamilton,
fu
ratificata dagli Stati nel 1788 ed
entrò in vigore l’anno successivo.
Tra il 1789 e il 1791 fu integrata
dall’introduzione dei primi dieci
emendamenti – poi raccolti nella
Dichiarazione dei diritti (Bill of
Rights) degli Stati Uniti – allo
scopo di garantire una migliore
tutela dei diritti, dei cittadini e
degli Stati federati, dall’invadenza
del potere centrale
La costituzione degli USA (1787-1791)
Presidente della Repubblica
Esercita il potere esecutivo:
viene eletto ogni quattro anni,
con voto indiretto, dal collegio
dei grandi elettori. I suoi vasti
poteri derivano dal fatto che egli
non è politicamente responsabile
di fronte al parlamento (non può
essere sfiduciato e costretto alle
dimissioni) ma solo di fronte
all’elettorato che decide se
rieleggerlo o meno
La costituzione degli USA (1787-1791)
a) è capo dello Stato e delle
forze armate
b) ha diritto di veto sulle leggi
votate dal Congresso
c) concorre, insieme al Senato,
alla nomina dei giudici della
Corte Suprema
Presidente della Repubblica
La costituzione degli USA (1787-1791)
Esercita il potere legislativo a
livello federale e si articola in
due camere:
a) Camera dei Rappresentanti
(U.S. House of Representatives)
b) Senato
(U.S. Senate)
Congresso degli Stati Uniti
La costituzione degli USA (1787-1791)
Congresso degli Stati Uniti
L’elettorato attivo, ossia il diritto
di voto, era in origine
variamente regolato dai singoli
Stati ma, quasi ovunque, legato
all’entità delle contribuzioni
fiscali o alla qualità di semplice
contribuente. In altri termini, il
sistema elettorale non era
pienamente democratico perché
censitario
La costituzione degli USA (1787-1791)
La Camera dei Rappresentanti
detiene
una
competenza
specifica
sulle
questioni
finanziarie ed è espressione
dell’intero corpo elettorale. La
ripartizione dei seggi è definita
con un sistema proporzionale (in
origine, un deputato ogni
trentamila abitanti)
Congresso degli Stati Uniti
La costituzione degli USA (1787-1791)
Il Senato detiene una funzione
specifica soprattutto nel campo
della politica estera ed è
espressione degli Stati membri
della federazione. Ognuno di
essi
ha
diritto
a
due
rappresentanti che, in origine,
erano eletti indirettamente
Congresso degli Stati Uniti
La costituzione degli USA (1787-1791)
Il Congresso degli Stati Uniti è
un sistema bicamerale perfetto:
affinché un provvedimento entri
in vigore esso deve essere
approvato da entrambi i rami del
parlamento e controfirmato dal
presidente della repubblica
Congresso degli Stati Uniti
La costituzione degli USA (1787-1791)
Corte suprema
degli Stati Uniti
La Corte suprema federale è il
massimo organo del potere
giudiziario: la sua funzione
specifica è quella di essere il
tribunale che giudica della
costituzionalità delle leggi e del
rispetto della gerarchia delle
fonti. È composta da nove
membri vitalizi nominati dal
Presidente della Repubblica con
l’assenso del Senato
La costituzione degli USA (1787-1791)
Convenzione
costituzionale
Entrata in vigore
della Costituzione
Bill of Rights
Approvazione dei
primi dieci
emendamenti
1787
1789
In God We Trust
1791
La presidenza di Washington (1789-97)
L’amministrazione
di
Washington,
primo
presidente
della
repubblica, comprendeva Jefferson (politica estera) e Hamilton
(politica
finanziaria),
due
uomini
che
rappresentavano
rispettivamente due ideali: quello dell’America di liberi coltivatori,
costituiti in comunità autonome rette da principi egualitari, e
laboriosi artefici di una fortuna costruita sulle sterminate terre da
colonizzare; e quello dell’America mercantile e industriale – che
risultò alla lunga vincente sul sogno di una democrazia rurale –
retta da un autorevole governo centrale in grado di amministrarne
la politica finanziaria e monetaria
La presidenza di Washington (1789-97)
L’azione politica di Hamilton fu volta al sostegno dei ceti
mercantili e finanziari del centro-nord: egli riordinò le dissestate
finanze dello stato e creò la Banca degli Stati Uniti. Tale politica,
osteggiata dai proprietari terrieri del sud e dai coloni dell’ovest,
produsse la spaccatura dei federalisti e la nascita del partito
repubblicano-democratico, capeggiato da Jefferson e Madison
South Dakota, Mount Rushmore National Memorial
(Washington, Jefferson, T. Roosevelt, Lincoln)
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