...

Realtà e causalità nella Fisica del `900

by user

on
Category: Documents
14

views

Report

Comments

Transcript

Realtà e causalità nella Fisica del `900
Realtà e causalità
nella Fisica del '900
Dio gioca a dadi?
1
La Fisica nel 1900
All'inizio del '900 la meccanica teorica considera due distinti modi di
propagazione dell'energia e del momento (quantità di moto: qdm),
incompatibili tra loro
•
•
•
•
•
particelle
Pianeti
Proiettili
Molecole
Atomi
Nuclei, elettroni
onde
• Suono
• Terremoti
• Onde E.M.
( g, X, luce, radio…)
2
Particelle
•Ogni particella ha massa, posizione e velocità ben definite in ogni
istante, percorre una traiettoria, rappresentabile come curva continua
nello spazio e perfettamente prevedibile.
•Energia e momento sono concentrati nella massa e si propagano in
quantità discrete con lo spostamento della massa:
•Due particelle non possono coesistere nella stessa posizione: si
urtano scambiandosi momento ed energia.
•Le particelle possono possedere, oltre alla massa, una carica
elettrica positiva o negativa.
3
Onde
•Non sono localizzate: pervadono tutti i punti di un mezzo continuo ed
elastico (campo).
•Si propagano con una velocità v propria del mezzo.
•Hanno ampiezza A e frequenza n determinate dalla sorgente che le
emette.
•Hanno lunghezza l dipendente sia dalla sorgente sia dal mezzo:
•Trasportano energia e momento con un flusso continuo, senza
spostamento di massa. L'energia è proporzionale al quadrato
dell'ampiezza. Se in un punto l'ampiezza è nulla, in quel punto non arriva
energia.
4
Interferenza
Due onde possono sovrapporsi nello stesso punto del mezzo,
rinforzandosi o anche annichilendosi l'una con l'altra.
Interferenza costruttiva
Interferenza distruttiva
Dove c'è interferenza distruttiva non c'è flusso di energia: c'è buio.
5
Onda o Particella?
Nel Settecento e nell'Ottocento, scoprendo flussi di energia emessi da
varie sorgenti, i fisici si chiedevano con quale Modello rappresentarlo:
Onda o Particella?
Newton rappresentava la luce con un modello corpuscolare, ma
Huygens con un modello ondulatorio. Prevalse il modello ondulatorio
perché Young dimostrò che i raggi di luce interferivano.
Quando Thompson scoprì i raggi catodici non esitò ad usare un modello
corpuscolare: i raggi catodici oltre che energia portavano carica.
I corpuscoli furono denominati elettroni.
I raggi X scoperti da Roentgen furono interpretati come onde:
Bragg mostrò che interferivano.
La radioattività a e b era formata da particelle cariche,
la radioattività g da onde.
6
Le equazioni della meccanica classica
Onde e particelle della fisica classica, pur costituendo modelli alternativi
di descrizione della propagazione dell'energia, hanno in comune una
caratteristica fondamentale: la loro evoluzione nel tempo è descritta
da equazioni differenziali le cui soluzioni permettono di stabilire il
loro stato in qualunque istante del tempo, passato o futuro.
Particella ( 2° principio)
2
f  x
d x

2
m
dt
Onda (D'Alembert)
 2
1  2
 2 2
2
x
v t
•Il principi di Newton assieme alla legge di gravitazione universale
permettono di prevedere l'istante e la località di visibilità di un'eclissi di
Sole alla precisione del secondo con di centinaia di anni di anticipo.
•Le equazioni di Maxwell sulla propagazione delle onde
elettromagnetiche permettono di congetturare razionalmente lo stato
dell'universo miliardi di anni fa.
7
Realismo e determinismo
Gli strumenti conoscitivi della meccanica classica sembravano fornire
solide basi a convinzioni filosofiche di tipo realistico e deterministico.
La convinzione che esista un mondo esterno, indipendente dal soggetto
che lo percepisce, è la base di tutta la scienza naturale. (Einstein).
Dovremo considerare lo stato presente dell'Universo come l'effetto di uno
stato antecedente e come causa dello stato che viene in seguito.
Un'intelligenza che conoscesse tutte le forza che agiscono in natura in un
dato istante nonché le posizioni occupate in quell'istante da tutte le cose
dell'Universo sarebbe in grado di comprendere in un'unica formula i moti
dei corpi più grandi altrettanto come dei più leggeri atomi del mondo
purché il suo intelletto fosse sufficientemente capace di sottoporre ad
analisi tutti i dati. Per essa nulla sarebbe incerto, il futuro come il
passato sarebbe presente ai suoi occhi.(Laplace)
8
Empirismo e soggettivismo
Non mancarono comunque, nel Settecento e nell'Ottocento, tendenze
decisamente antagoniste rispetto a quella realista e meccanicista,
sostenute non solo da filosofi, ma anche da fisici di riconosciuto valore.
Tutta la ricerca epistemologica di Mach, ad esempio, fu impostata sul
rifiuto del riduzionismo meccanicista, non solo nelle altre scienze
(biologia, psicologia,…), ma anche nelle altre ricerche fisiche (ottica,
termologia…) e perfino nella meccanica, valorizzando impostazioni
alternative a quella newtoniana.
Se al fisico i corpi appaiono come il persistente, il reale,…è perché egli
non tiene conto del fatto che tutti i corpi sono soltanto simbolo del
pensiero per…complessi di sensazioni (Mach).
9
La 'rivoluzione quantistica'
Dall'inizio del Novecento una numerosa serie di osservazioni sconvolge
l'assetto teorico della meccanica basato sul dualismo particella/onda.
L'energia trasportata da onde elettromagnetiche viene emessa e
assorbita in quantità discrete, come fosse propagata da particelle
(fotoni).
Se un'onda ha frequenza n, la sua energia è emessa e assorbita in
blocchi (quanti) di energia E  hv e qdm
hn
p
c
dove h è una costante universale nota come costante di Plank.
•Radiazione di cavità (1900 -Planck)
•Effetto fotoelettrico (1905 -Einstein)
•Effetto Compton (1923)
10
Gli elettroni: sia particelle sia onde
De Broglie (1924), per spiegare la stabilità delle orbite elettroniche
dell'atomo di Bohr, ipotizza che l'elettrone, reputato come particella
dotata di massa e di carica, possieda le stesse proprietà dei fotoni e
quindi possieda anche proprietà ondulatorie.
Le proprietà corpuscolari e ondulatorie sono connesse dalla costante di
Plank.
hn

 p  v

v  l
n

p
h
l

pl  h
L'esperienza di Davisson e Germer mostra effettivamente che gli elettroni
si comportano come onde che interferiscono e diffrangono e permette di
misurare la loro lunghezza d'onda (1927).
11
La diffrazione degli elettroni
Se si fa passare un fascio di elettroni per un
foro circolare su un diaframma opaco, su uno
schermo rivelatore posto oltre il diaframma si
ottiene una figura di questo tipo
Questa figura, detta figura di diffrazione, può essere spiegata solo
assumendo che il fascio sia composto da onde.
Per le onde vale infatti il principio di Huygens: ogni punto del foro si
comporta come una sorgente puntiforme di onde circolari che
sovrapponendosi si possono rinforzare, come nel centro della figura, o
annullare, come nel primo cerchio scuro. In particolare due onde si
annullano se la differenza dei loro percorsi è uguale a mezza lunghezza
d'onda.
12
Diffrazione+DeBroglie
P è scuro se CP-AP=CH=l/2.
Se il diametro del foro è d si ha
cioè
Moltiplicando i due membri per la qdm p si ha
e per la relazione di De Broglie
13
Il Principio di Indeterminazione
d  p sen a  h  Dx  Dpx  h
Considerando un elettrone come particella
non è possibile sapere in quale dei punti
tra A e B del foro ha attraversato il
diaframma, dunque d (il diametro del foro)
rappresenta un indeterminazione Dx sulla sua posizione.
Non è nemmeno possibile prevedere in quale dei punti dello schermo tra
O e P andrà a cadere, cioè e indeterminata la componente x della sua
velocità e della sua qdm. p sena rappresenta l'indeterminazione Dpx sulla
qdm. Quindi Dx  Dpx  h Questa relazione tra posizione e qdm, assunta
da Heisenberg come intrinseca ai fenomeni di moto e detta Principio di
Indeterminazione, è la base della nuova sistemazione teorica della
meccanica delle particelle atomiche e subatomiche nota come Meccanica
Quantistica.
14
Incompatibilità tra Meccanica
Classica e Meccanica Quantistica
Il principio di indeterminazione contrasta assolutamente l'assunzione che,
come s'è visto, sta alla base della meccanica newtoniana, sia possibile
conoscere contemporaneamente posizione e velocità di una particella.
Se, ad esempio, si volesse conoscere con precisione infinita la posizione x degli
elettroni facendoli passare per un foro di diametro infinitesimo, si otterrebbe
un'immagine del foro di raggio infinito, cioè la perdita di qualunque informazione
sulla componente x della loro quantità di moto e quindi della loro velocità.
Mentre in Meccanica Classica lo stato di una particella in un dato istante è
perfettamente conoscibile e determina tutti gli stati passati e futuri della
particella, in Meccanica Quantistica coppie di variabili antagoniste, come la
posizione e la quantità di moto, si condizionano reciprocamente, rendendo
impossibili previsioni certe degli stati futuri.
Su questi stati la Meccanica Quantistica rende possibili solo valutazioni
probabilistiche.
15
La Scuola di Copenhagen
La sistemazione teorica della MQ rese indusse molti i fisici ad accettare
l'epistemologia machiana. Il massimo esponente di questa tendenza fu il
danese N. Bohr. Il gruppo di fisici che lo seguivano (Born, Heisenberg,
Pauli), fu denominato Scuola di Copenhagen.
Molto sinteticamente, per i fisici di questa corrente:
•
non ha senso parlare di realtà oggettivamente esistente:"La particella
elementare non è una formazione nello spazio e nel tempo ma, in un certo
modo, solo un simbolo adottando il quale le leggi naturali assumono una
forma particolarmente semplice." (Heisenberg)
•
la realtà non segue leggi causali: "In un certo stato di un sistema (oggetto)
si possono fare in generale solo previsioni statistiche (probabilità primaria)
sui risultati di osservazioni future; il risultato di una singola osservazione non
è invece determinato da leggi ed è quindi senza causa." (Pauli)
16
Einstein e la Scuola di Copenhagen
Ma molti tra gli stessi fisici che avevano contribuito da protagonisti allo sviluppo
della MQ come Einstein, Planck, Schrödinger, De Broglie rimasero sempre
irriducibili antagonisti della Scuola di Copenhagen, anche se questa negli anni
era andata imponendosi come ortodossia dominante.
"Nel prendere seriamente in considerazione qualunque teoria fisica bisogna
valutare la distinzione tra la realtà oggettiva, che è indipendente da ogni teoria,
e i concetti fisici usati dalla teoria. Questi concetti sono formulati allo scopo di
corrispondere alla realtà oggettiva e per mezzo di questi concetti noi ci
rappresentiamo questa realtà. "(Einstein)
Data la stima reciproca e, talora, anche l'affetto che pur esistevano tra i fisici dei
diversi schieramenti e date le frequenti occasioni d'incontro prima della seconda
guerra mondiale, il dibattito tra di essi fu continuo e profondo.
"Einstein ci chiese scherzando se potevamo credere effettivamente che la
Provvidenza divina fosse ricorsa al "gioco dei dadi". (Bohr)
17
La completezza della MQ
Nel controbattere le tesi della Scuola di Copenhagen, Einstein non
contestava la correttezza della MQ, ma la sua completezza.
Nel 1935 pubblicò con B. Podolsky e N. Rosen un articolo dal titolo:
"La descrizione quanto-meccanica della Realtà fisica può essere
considerata completa?". In questo articolo si propongono innanzitutto le
definizioni di completezza e di realtà.
•Perché una teoria sia completa ogni elemento della realtà fisica deve
avere una controparte nella teoria fisica.
•Se, senza disturbare in nessun modo un sistema, possiamo predire con
certezza (cioè con probabilità uguale a uno) il valore di una grandezza
fisica, allora esiste un elemento della realtà fisica corrispondente a questa
grandezza.
Einstein e compagni propongono quindi un esperimento mentale teso a
Mostrare che la MQ è incompleta.
18
Il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen
Si consideri ad esempio il decadimento di un pione π0 in una coppia di elettroni e+,
e-. Si indichino con a e b i due elettroni. Dato che il pione ha spin 0, gli elettroni
devono avere spin opposto.
Se un osservatore, intercettando l'elettrone a, trova che la sua componente di spin
su una certa direzione s è positiva, può affermare, senza eseguire nessuna
misura su b, che la componente dello spin di b sulla direzione s è negativa e
viceversa.
Accettando il criterio di realtà di Einstein, lo spin di b è un elemento di realtà,
una proprietà intrinseca, locale, costante e perfettamente determinata dell'elettrone
b. Per simmetria bisognerà dire lo stesso per l'elettrone a.
Per l'interpretazione ortodossa della Meccanica Quantistica le cose stanno
diversamente: i due elettroni formano un unico sistema, descritto da un'unica
funzione di stato ψ in base alla quale si può solo affermare che l'elettrone b, come
l'elettrone a, ha per il 50% spin positivo e per il 50% spin negativo. Il valore del
suo spin non esiste prima di effettuare la misura su a.
Questa affermazione, per Einstein e soci, è paradossale. Bisogna quindi
ammettere che le informazioni date dalla funzione di stato ψ sono incomplete, cioè
Che la MQ non tiene conto di tutte le proprietà delle particelle studiate.
19
Il gatto di Schroedinger
Una versione più spiritosa del paradosso EPR è stata fornita da Schroedinger,
pressappoco così. Una stanza contiene un gatto, un pione π0 e una bottiglia di
gas velenosissimo. Il pione decade nei due elettroni a e b. Se a ha spin
positivo, provoca la rottura della bottiglia, la diffusione del gas e la morte del
gatto. Se invece a ha spin negativo, non succede nulla.
Cosa ne è del gatto dopo il decadimento del pione?
La risposta della MQ è: "Fino a
che non si misura lo spin di a, il
gatto è 'mortivo' (o se si
preferisce 'vivorto')".
In termini più tecnici: "Il gatto è in
una sovrapposizione dei due stati
vivo e morto."
Il paradosso consiste nel dover
accettare che sia la misura dello
spin ad uccidere o la lasciar
sopravvivere il gatto.
20
Le ipotesi di variabili nascoste
La convinzione che che la MQ fosse una teoria incompleta indusse diversi fisici
ad ipotizzare che tale incompletezza fosse dovuta al fatto che essa non teneva
conto di tutti i parametri relativi allo stato delle singole particelle, ma si limitasse
a considerare delle medie statistiche sul valore di tali parametri.
Una situazione simile si era verificata con la teoria cinetica del calore di Boltzman
e Maxwell, in cui si era ricavato, ad esempio, che la temperatura assoluta della
termodinamica classica, era, in sostanza, la manifestazione macroscopica
dell'energia cinetica media delle particelle, ognuna delle quali continuava
comunque ad avere un preciso valore di massa, posizione e velocità.
Dovevano quindi esistere dei parametri di stato inaccessibili alla MQ, delle
'variabili nascoste (hidden variables)' e si cominciò a cercare di individuarne la
natura. D. Bohm fu tra i primi teorici ad avventurarsi su questa strada.
Queste variabili nascoste (VN) potrebbero essere di due tipi:
•Locali, cioè inerenti allo stato delle singole particelle
•Non locali, cioè inerenti a interazioni tra le particelle
21
La disuguaglianza di Bell - 1
Le teorie di VN non locali non ricevettero molta attenzione, perché implicavano che
le interazioni tra le particelle si propagassero con velocità superiore a quella della
luce. Si sarebbero dovute quindi cercare teorie di VN locali.
D. Bell nel 1964 dimostrò tutte queste eventuali teorie avrebbero dovuto
soddisfare ad una condizione che le avrebbe nettamente differenziate dalla MQ,
permettendo verifiche sperimentali capaci di confutare o tali teorie o la MQ.
Qui si propone una versione del lavoro
di Bell dovuta a J. J. Sakurai.
Se esistessero VN locali capaci di
specificare gli spin degli elettroni
indipendentemente dalle misure, le
componenti di spin di a e b in tre diverse
direzioni r, s e t potrebbero presentarsi
solo in 8 combinazioni ad ognuna delle
quali corrisponderebbe una precisa
frequenza sperimentale.
a
b
r s t r s t frequenza
+ + + - - f1
+ + - - - +
f2
+ - + - + -
f3
+ - - - + +
f4
- + + + - -
f5
- + - + - +
f6
- - + + + -
f7
- - - + + +
f8
22
La disuguaglianza di Bell - 2
Se si rilevano i segni delle componenti di spin dei due elettroni a e b su due
diverse direzioni, ad esempio rispettivamente r e s, la frequenza della coppia
(r+,s+) è data dalla somma delle frequenze delle due combinazioni iniziali che
possono portare a questo risultato: f(r+,s+)
= f3 + f4.
Se le direzioni sono r e t, allo stesso modo si ottiene f(r+,t+) = f2+f4.
Infine, se le direzioni sono t e s, si ottiene f(t+,s+) = f3 + f7.
Ovviamente le fi sono non negative, quindi f3 + f4 <= f3 + f4 + f2 + f7
ossia f(r+,s+) <= f(r+,t+) + f(t+,s+)
e, dato che le frequenze fi, su un numero molto alto di misure, tendono alle
probabilità pi
p(r+,s+) <= p(r+,t+) + p(t+,s+)
Questa relazione è una possibile versione della disuguaglianza di Bell e deve
essere soddisfatta da tutte le teorie di VN locali, mentre può essere violata dalla
MQ.
23
Gli esperimenti cruciali
Da più di trent'anni la disuguaglianza di Bell, in varie versioni, viene assunta da
fisici di tutto il mondo come riferimento per l'organizzazione di misure
raffinatissime tese ad evidenziare la possibilità di esistenza di VN locali.
Tutte queste misure hanno evidenziato che tale disuguaglianza è violata,
inficiando le ipotesi di VN locali e giocando quindi a favore della MQ.
Si elencano qui gli esperimenti che maggiormente hanno attratto l'attenzione
dei fisici.
•Kocher e Commins (1967)
•Freedman e Clauser (1969)
•Greenberger, Horne e Zeilinger (1989)
•Hardy (1993)
•Weihs, Jennewein e altri (1998)
•Aspect(1999)
24
Allora Dio gioca a dadi?
Dagli esiti degli esperimenti sulla disuguaglianza di Bell, sembrerebbe proprio di sì.
Tuttavia ancor oggi non tutti i fisici sono oggi disposti ad accettare questa
conclusione.
La ricerca di teorie di VN locali per la costruzione di un'alternativa deterministica
alla MQ appare oggi impraticabile, ma l'influenza delle opzioni filosofiche generali
sui fondamenti della fisica teorica stimolano ancora fisici di indiscusso valore
ad esplorare nuove vie per mostrare che Einstein aveva ragione.
Il terreno di ricerca più promettente sembra quello dell'unificazione tra MQ
e Relatività Generale. Le due più importanti conquiste teoriche della fisica
del Novecento in effetti si sono reciprocamente ignorate: una loro sintesi
va finalmente tentata.
I tentativi che oggi appaiono più interessanti sono quelli di Gerard 't Hooft,
Premio Nobel per la Fisica 1999 e del giovane fisico inglese Mark J. Hadley.
(Vedere Aveva ragione Einstein? di G. Musser nel numero 435 (novembre 2004),
pag. 106, di Le Scienze, edizione italiana di Scientific American.)
25
Gerard t'Hooft
Per G. t'Hooft la differenza principale tra MQ e MC è la perdita di informazione.
Un sistema classico contiene più informazione di un sistema quantistico, dal
momento che le variabili classiche sono continue, mentre quelle quantistiche sono
discrete. Un sistema classico può dare origine a un sistema quantistico se
perde informazione a causa di effetti dissipativi.
Ad esempio, se si lanciano proiettili
uguali da un'alta torre con velocità
diverse, l'attrito dell'aria farà sì che essi
giungano a terra in direzione verticale e
con la stessa velocità.
Un osservatore a terra non potrà più
risalire ad informazioni sul loro stato
iniziale.
Lo stato finale è un attrattore discreto
che 'nasconde' le variabili iniziali.
26
27
28
29
Mark Hadley
30
This is a rather tedious paper – and that is the authors’ opinion! The entire
content can be summarised in one sentence:
"General Relativity, with closed timelike curves, is a context dependent
theory, like quantum theory."
The paper sets conditions in General Relativity and then pedantically shows that
the logical structure of the propositions is the same as that of quantum
theory. The result is of overwhelming significance, but some background is
required to see the point of the paper.
1. A particle, an electron say, is represented by a wave vector  in quantum
theory. The wavefunction is NOT the particle; it is just a device to hold probability
information for subsequent position measurements. The rules of QT are used to
calculate probabilities from (x) using operators and inner products.
2. This is an unusual way to represent probabilities. Classical theories use
volume elements rather than vectors to represent probabilities. Classically
probabilities are proportional to the area of some subset of possible outcomes. In
quantum theory they are the square of the amplitude of the projection of a vector
onto a subspace!
3. Why?
31
4. The probabilities of quantum theory cannot be represented in a classical
way. The famous violation of Bell’s inequalities in the EPR experiments shows that
this is not possible.
5. For many practitioners, this is as deep as they go when comparing quantum
and classical theories. But there is an underlying structure that seems more
fundamental to me. This is the logical structure of all the simple yes/no questions
that can be asked.
6. Given the logical structure of quantum theory the use of vectors to represent
probabilities is unavoidable.
7. The way probabilities are represented gives rise to the equations and
distinctive properties of quantum theory.
32
Classical Dice example
Consider a classical balanced 6 sided die. The probability of a 6 is 1/6 (as it
is for the other numbers). We all know that the throw of the dice is
governed by Newton’s Laws, fluid dynamics etc. I don’t know anyone who
has calculated
P(6) = 1/6 from Newton’s Laws.
The structure of classical Physics is that trajectories are determined by
initial conditions and not by future events. This together with the symmetry
of the dice forces one to the conclusion that P(6) = 1/6. There is no
alternative.
8. The structure of quantum theory is similarly prescriptive. If vectors
need to be used to represent probabilities then the continuity of space-time
and the symmetries of nature give rise to the familiar equations, and the
uncertainty relations – there is no alternative.
33
9. General relativity with closed time like curves has the same structure
as quantum theory. So it could in principal be used to explain quantum
theory in complete contradiction to the accepted orthodoxy.
In fact any geometric theory of space-time would give the same result. Just
as modifications of the dynamics of the dice (e.g. putting it in a wind tunnel)
would still give P(6) = 1/6.
10. It is possible that General Relativity with closed timelike curves will
not give any meaningful equations for probabilities, but if it does then they
must necessarily be the same as those of quantum theory.
Most Physicists believe that the way forward is to find a quantum theory of
Gravity. This paper shows that exactly the opposite may be possible General Relativity could explain Quantum Theory!
34
Il Novecento: il secolo 'lungo' della fisica
Il fatto stesso che il problema della realtà e del determinismo nel corso di più di
settant'anni ha stimolato tante intelligenze (a cominciare da quella di Einstein) a
livello teorico e assorbito tante risorse in termini di lavoro e strumenti è una
dimostrazione di quanto fortemente le problematiche filosofiche generali
condizionino la ricerca scientifica.
Un' inquietudine sotterranea ha continuato a serpeggiare in un secolo, il
Novecento, che dopo le rivoluzioni relativistica e quantistica è stato un secolo,
secondo la terminologia di Kuhn, di 'scienza normale', in cui le conoscenze fisiche
hanno avuto un enorme espansione quantitativa e numerosissime applicazioni
tecnologiche, ma non hanno prodotto mutamenti culturali di rilievo rispetto rispetto
all'assetto raggiunto all'inizio degli anni trenta.
Era sicuramente esagerato aspettarsi troppe rivoluzioni in un secolo solo.
I problemi fisici ed epistemologici qui accennati rimarranno aperti ancora a lungo,
Ma, come si può intuire, un eventualeloro superamento, non nascerà dall'interno
della fisica 'mainstream', ma da una feconda interazione tra fisica, filosofia e
fantasia.
35
Fly UP