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La maledizione di Didone
Eneide libro IV 707. 708. 709. 710. 711. 712. 713. 714. 715. 716. 717. 718. 719. 720. 721. 722. 723. 724. 725. 726. 727. 728. 729. 730. 731. 732. 733. 734. 735. 736. 737. 738. 739. 740. 741. 742. 743. 744. 745. 746. 747. 748. 749. 750. 751. 752. 753. 754. 755. 756. 757. 758. 759. 760. Appena la regina vide da un'alta torre biancheggiare la luce e allontanarsi la flotta a vele spiegate, e il lido deserto e il porto vuoto, senza più marinai, si percosse il bel petto con le mani, furente, tre volte, quattro, si strappò i biondi capelli: "O Giove - disse - Enea se ne andrà, uno straniero si sarà preso gioco impunemente di me e del mio regno? Nessuno in tutta la città impugnerà le armi per inquisirlo, nessuno farà uscire le navi dagli arsenali? Andate, miei fedeli, correte, portate veloci le fiamme, munitevi di frecce, fate forza sui remi! Ma cosa dico, dove sono? Quale pazzia ti sconvolge la mente o infelice Didone? Soltanto adesso ti offendono i mali che hai commesso? Sarebbe stato assai meglio che ti fossi sentita offesa così nell'ora in cui gli affidavi lo scettro. Eccola la lealtà di uno che dicono rechi con se i patrii Penati, di uno che avrebbe portato sulle spalle, pietoso, il padre vinto dagli anni! Sarebbe stato meglio che lo avessi ammazzato e fatto a pezzi, gettando quei pezzi nel mare; meglio sarebbe stato gli avessi ucciso i compagni, gli avessi fatto mangiare il corpo di suo figlio. Dura la lotta, d'esito incerto? Tanto meglio: che cosa potevo temere dovendo morire? Avrei dato fuoco all'accampamento, avrei riempito di fiamme le navi, ucciso padre, figlio, tutta la stirpe, e su quei morti io stessa sarei caduta morta! O sole, tu che illumini coi raggi le opere tutte del mondo, e tu Giunone che conosci e sei complice di questi duri affanni, e tu Ecate chiamata con lunghe grida, a notte, nei trivi cittadini, e voi vendicatrici Furie, e voi Dei protettori della morente Elissa, ascoltate e esaudite le mie preghiere, volgendo sui Teucri la vostra potenza. Se è scritto nel destino che quell'infame tocchi terra ed approdi in porto, se Giove vuole così, se la sua sorte è questa: oh, almeno sia incalzato in guerra dalle armi di gente valorosa e, in bando dal paese, strappato all'abbraccio di Iulo, implori aiuto e veda la morte indegna dei suoi, né, dopo aver firmato un trattato di pace iniquo, si goda il regno e la desiderata luce, ma muoia, in età ancora giovane, rimanga insepolto su un'arida sabbia! Questo prego, quest'ultima voce esalo col sangue. E infine voi, miei Tiri, perseguitate la stirpe di lui, tutta la sua discendenza futura con odio inestinguibile: offrite questo dono alla mia povera cenere. Nessun amore ci sia mai tra i nostri due popoli, nessun patto. Ah, sorga, sorga dalle mie ossa un vendicatore, chiunque 761. 762. 763. 764. 765. 766. 767. 768. 769. 770. 771. 772. 773. 774. 775. 776. 777. 778. 779. 780. 781. 782. 783. 784. 785. 786. 787. 788. 789. 790. 791. 792. 793. 794. 795. 796. 797. 798. 799. 800. 801. 802. 803. 804. 805. 806. egli sia, e perseguiti i coloni troiani col ferro e col fuoco, adesso, in avvenire, sempre finché ci siano forze! Io maledico, e prego che i lidi siano nemici ai lidi, i flutti ai flutti, le armi alle armi: combattano loro e i loro nipoti." Così disse, pensando a tante cose, cercando come morire al più presto. E si rivolse a Barce nutrice di Sicheo (poiché la propria nutrice era rimasta, ormai nera cenere, laggiù a Sidone): "Ti prego, cara nutrice, corri da Anna, che venga la mia dolce sorella, e dille che in gran fretta si lavi con acqua di fiume e porti con sé le vittime pel sacrificio, le offerte stabilite. Tu stessa cingi le tempie di benda votiva. Voglio sacrificare a Giove Stigio, come è d'uso, porre fine a tutti i miei dolori ardendo insieme al rogo il ritratto di Enea." Barce accelerò il passo con affanno senile. Allora Didone, tremante, esasperata per il suo scellerato disegno, volgendo attorno gli occhi iniettati di sangue, le gote sparse di livide macchie e pallida della prossima morte, irrompe nelle stanze interne della casa e sale furibonda l'alto rogo, sguaina la spada dardania, regalo non chiesto per simile scopo. Dopo aver guardato le vesti lasciate da Enea e il noto letto, dopo aver indugiato un poco in lagrime e pensieri, si gettò su quel letto lunga distesa e disse poche, estreme, parole: "O reliquie, che foste così dolci finché lo permettevano i Fati e un Dio: ora accogliete quest'anima, scioglietemi da tutti i miei tormenti. Vissi, ho compiuto il cammino concessomi dalla Fortuna, e adesso un'immagine grande di me andrà sottoterra. Fondai una grande città, vidi sorgerne alte le mura, vendicai mio marito, inflissi al fratello nemico giuste pene: felice, ahi, troppo felice se solo non fossero mai arrivate ai nostri lidi sabbiosi navi dardanie!" Disse e premé la bocca sul letto. "Moriamo senza vendetta - riprese - Ma moriamo. Così, anche così giova scendere alle Ombre. Il crudele Troiano vedrà dall'alto mare il fuoco e trarrà funesti presagi dalla mia morte." Tra queste parole le ancelle la vedono abbandonarsi sul ferro e vedon la lama spumante di sangue, vedono sporche di sangue le mani.