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METODI QUALITATIVI IN PSICOLOGIA – CAP. 1 – MANTOVANI - STRUMENTI PER UNA RICERCA SITUATA ETNOGRAFIA: né una metodologia, né solo un metodo specifico per la raccolta di dati, bensì uno “stile di ricerca che si distingue sia per il suo obiettivo, che è quello di comprendere i significati sociali e le attività delle persone in un dato ambiente, sia per il suo approccio, che consiste nell’associarsi a quell’ambiente e qualche volta partecipare ad esso. L’etnografia parte dalla conezione secondo cui lo scopo centrale delle scienze sociali è quello di comprendere le azioni delle persone e le loro esperienze del mondo, e i modi in cui le loro azioni motivate nascono dalle loro esperienze e si riflettono poi su di esse (Brewer 2000) nascita:1920 UK – Malinowsky, Boas, Radcliffe-Brown, Evans Pritchard (antropologi) Società preindustriali Asia, Africa, America e Australia circa USA – Robert Park, Università di Chicago (sociologi) Comunità ai margini della società urbana USA Sfida al modello codificato di scienza: sì validità, ma no attendibilità / replicabilità visto che l’osservatore è partecipante, cioè parte del processo osservato. Alle critiche positiviste l’etnografia dà tre tipi di risposte: - risposta “scientista”: ricerca di una maggiore scientificità in senso classico attraverso l’accentuazione del rigore dei metodi osservativi - risposta “interpretativa” o “umanista”: rivendicazione della propria specificità, la realtà sociale non può essere trattata come un “dato” perché si costruisce attraverso le pratiche interpretative che le persone mettono in atto nella vita quotidiana -risposta post-moderna: contrattacco alla presunta “oggettività” dei metodi delle scienze naturali, tutta la ricerca “costruisce il proprio oggetto”, attraverso le domande che pone e le metodologie che usa → rischio relativismo, nichilismo: se tutto va bene, niente va meglio. Esplode il dibattito epistemologico, riguardante cioè i modi della conoscenza scientifica e il valore di verità di questa conoscenza Chiave di superamento della contrapposizione: realismo raffinato (subtle realism, Hammersley 1990) o critico (Potter 1995) o analitico (Altheide e Johnson 1998) o mediato (Mantovani) → partendo dalla presa d’atto del “divario epistemologico” (non possiamo conoscere la realtà “così come essa è”, senza mediazioni), afferma che, se in qualitativa non è possibile lavorare sul fronte dell’attendibilità/replicabilità, sussistono tuttavia criteri per identificare la “buona” ricerca: - situatività: legame esplicitato tra metodi, risultati, interpretazioni e specifici ambiti in cui la ricerca si svolge - contingenza: assegnazione di un valore situato ai risultati di ricerca (vs generalizzabilità, vedi) - riflessività: consapevolezza da parte del ricercatore della non neutralità delle sue posizioni teoriche per quanto riguarda sia i suoi interessi di ricerca, sia le sue scelte metodologiche (vedi Cardano) - member validation: verifica della verosimiglianza e soprattutto dell’interesse dei risultati per i membri della comunità scientifica - triangolazione (vedi Cardano) per descrizioni “più ricche” dei fenomeni osservati: data triangulation (dati provenienti da ambienti e momenti diversi dello stesso fenomeno), investigator triangulation (presenza sul campo di più osservatori → controllo biases personali), theory triangulation (messa alla prova di teorie e ipotesi differenti), methodological triangulation Altro approccio: la “GROUNDED THEORY” (Glaser e Strauss, 1967) - metodo per “andare dai dati alle teorie”, affinché la teoria emerga dai dati in modo puramente induttivo: le teorie devono essere lette nei dati in cui sono radicate (“grounded”) → orientamento realista, per alcuni posizione di fatto positivista: la conoscenza potenziale è effettivamente “nei dati”, cioè “al di fuori” del ricercatore, al quale spetta solo di “catturarla” - raccolta dei dati il più ampia e accurata possibile attraverso metodologie diversificate - classificazione in categorie né predefinite, né per forza mutualmente esclusive (logica fuzzy vs logica classica) - processo di codifica inizialmente solo descrittivo, usando il linguaggio naturale dei partecipanti alla ricerca, poi, a mano a mano che “la teoria emerge dai dati”, maggiore astrazione nella definizione delle categorie - analisi comparativa: tornare continuamente dalla teoria ai dati e viceversa; persino la stesura del rapporto di ricerca non è altro che una “interruzione momentanea” del processo - i programmi di analisi computerizzata dei testi sono di fatto costruiti sulla base dei criteri e della metodologia della grounded theory, per cui chi li utilizza finisce per lavorare almeno in parte secondo questa prospettiva anche quando il suo approccio teorico è diverso CARDANO – TECNICHE DI RICERCA QUALITATIVA - INTRODUZIONE FASI RICERCA QUALITATIVA RICERCA QUANTITATIVA PROGETTAZIONE - ELABORAZIONE DISEGNO DI RICERCA •Concetti “sensibilizzanti”: indicano la direzione in cui guardare •Casi identificati in ragione della loro rilevanza teorica •Concetti “definitivi”: forniscono prescrizioni su cosa osservare •Casi identificati in ragione della loro rappresentatività COSTRUZIONE DOCUMENTAZION E EMPIRICA – LAVORO SUL CAMPO •Ricercatore osserva direttamente il proprio oggetto, la relazione con esso è spesso di lunga durata e forte intensità emotiva •Tecniche di ricerca modellate sull’oggetto: l’oggetto detta al ricercatore le condizioni alle quali è possibile osservarlo •Influenza delle caratteristiche personali del ricercatore prevista e accettata (purché compresa e esplicitata – riflessività) •Osservazione spesso mediata, delegata (es intervistatore), relazione con l’oggetto è necessariamente meno forte •Standardizzazione delle procedure osservative •Impegno sistematico al contenimento/eliminazione dell’influenza delle caratteristiche personali del ricercatore ANALISI MATERIALI EMPIRICI •Primato procedure analisi narrativa, riconoscimento specifico del rilievo del linguaggio come medium del senso dell’agire •Pluralità / eterogeneità delle modalità di analisi •Attenzione ai casi nella loro interezza •Primato procedure analisi numerica / statistica • Valorizzazione del linguaggio naturale (citazioni) • Eterogeneità delle procedure di giustificazione dei risultati • Standardizzazione delle procedure di giustificazione dei risultati COMUNICAZIONE RISULTATI •Standardizzazione procedure / modalità di analisi •Attenzione alle variabili In una prospettiva non radicalmente costruzionista, intendendo il metodo come insieme non di regole ma di principi (Madison), e accettando che le rappresentazioni plausibili di un oggetto sono più d’una ma non infinite (Eco), entrambi i tipi di ricerca sono accomunati da una tensione verso l’obiettività : • Ripercorribilità cognitiva dell’itinerario di ricerca • Metodica redazione di un resoconto riflessivo che dia conto delle procedure di ricerca utilizzate, della serie di decisioni prese, a tavolino e poi sul campo, nel lavoro di analisi e scrittura •Grado di incertezza, margine d’errore delle conclusioni espressi attraverso la qualificazione del processo •Replicabilità pubblica delle procedure osservative • Adozione di procedure di analisi impersonali e tecniche di accreditamento dei risultati il più possibile standardizzate • Grado di incertezza, margine d’errore delle conclusioni espressi attraverso la qualificazione del prodotto CARDANO - CAP. 1 – OSSERVAZIONE, ESPERIMENTO, SIMULAZIONE SI’ SI’ In corpore vili ESPERIMENTO Manipolazione selettiva delle variabili NO NO Ricerca empirica = successione di operazioni per produrre risposte a domande sulla realtà (Ricolfi): non tout court per “conoscere” la realtà, ma neanche solamente per verificare ipotesi NO In corpore vili SIMULAZIONE SI’ OSSERVAZIONE Le 4 fasi (Disegno-Costruzione della documentazione empirica – Analisi Comunicazione) tipicamente si succedono in modo lineare nella ricerca quantitativa, e in modo ricorsivo in quella qualitativa. ESPERIMENTO= esperienza provocata vs esperienza osservativa – Bacone RICERCA QUALITATIVA QUANTITATIVA QUASI-ESPERIMENTO SUL CAMPO – es breaching experiments di Garfinkel, cinesi di LaPiere, falsi matti di Rosenhan QUASI-ESPERIMENTO NATURALE ESPERIMENTO Manipolazione variabile indipendente SI’ NO SI’ Controllo variabili terze, intervenienti (fattori di disturbo) NO NO SI SIMULAZIONE: il ricercatore fa esperienza non già dell’oggetto del suo studio ma di un suo sostituto, regolato dalle medesimi leggi formali dell’originale: “agenti” che vengono corredati di un patrimonio di informazioni sull’ambiente in cui dovranno muoversi e di script procedurali (“se … allora ... ”) che danno corso alla loro azione. Consente l’articolazione dinamica dei modelli teorici concepiti per rappresentare i fenomeni sociali e rende possibile controllarne la coerenza In particolare permette lo studio dell’evolversi dei sistemi e del crearsi al loro interno dei cosiddetti “effetti perversi” (Boudon) ovvero non desiderati: effetti individuali o collettivi che risultano dalla giustapposizione di comportamenti individuali, senza essere perseguiti dagli attori (nel merito, gli effetti perversi possono essere sia non desiderabili che desiderabili La simulazione è utilizzata per la sperimentazione (consente di compiere in vitro esperimenti sociali), l’osservazione e la proiezione. Implica la costruzione di un modello del fenomeno sociale allo studio che è inevitabilmente semplificato (limite alla portata delle conclusioni) ma che obbliga il ricercatore ad esplicitare gli assunti ontologici che guidano la sua ricerca, e in questo senso può costituire un importante contributo alla ricerca qualitativa CARDANO - CAP. 2 – OSSERVAZIONE: TASSONOMIA DELLE TECNICHE DI COSTRUZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE EMPIRICA COMPORTAMENTI – verbali o linguistici, paraverabli, non verbali, prossemici OGGETTO INDIVIDUI COLLETTIVI - Bluner: cogliere l’interazione sociale, ovvero l’oggetto specifico della sociologia TECNICHE SCHEMA DI OSSERVAZIONE STRUTTURATO INTERVISTA STRUTTURATA – interazione osservatore-osservato è guidata dallo strumento osservativo impiegato, ovvero il questionario SCHEMA DI OSSERVAZIONE NON STRUTTURATO INTERVISTA DISCORSIVA IN AMBIENTE NATURALE interazion e sociale ritratta negli ambienti in cui quotidiana mente prende forma SI’ INTRUSIVITA’ -procedure osservative che con la loro applicazione perturbano in una qualche misura l’oggetto osservato – reattività - effetto Hawthorne NO INTRUSIVITA’ GUIDATA O SEMI-STRUTTURATA - traccia: canovaccio di temi/domande – vedi cap. 3 LIBERA O NON STRUTTURATA – la più prossima alla conversazione ordinaria – osservatore propone solo tema iniziale - vedi cap. 3 OSSERVAZIONE PARTECIPANTE - cuore della ricerca etnografica – vedi cap. 4 SHADOWING - seguendo un individuo “come un ombra” il ricercatore fa esperienza delle interazioni sociali in cui questi è coinvolto; inoltre dialogando con lui/lei può trarre elementi utili all’interpretazione delle interazioni in cui questi è coinvolto OSSERVAZIONE NATURALISTICA - ha il proprio paradigma nell’etologia animale e umana – interazione sociale descritta sulla base dei comportamenti osservati dal ricercatore, che si avvale solo limitatamente del dialogo/ interrogazione – Le dichiarazioni verbali dei casi in studio si connotano più come eventi da spiegare che come ingredienti della spiegazione PROCEDURE FORMALIZZATE - sia gli individui che gli eventi da osservare vengono scelti con procedure di campionamento probabilistiche – categorie di codifica definite a priori – vedi IPA di Bales? PROCEDURE NON FORMALIZZATE - scelta individui e eventi e forme di annotazione come per osservazione partecipante FOCUS GROUP (vedi cap. 5) DOCUMENTI NATURALI IN AMBIENTE ARTIFICIALE - interazione sociale osservata in un ambiente appositamente costruito dall’osservatore - sì intrusività per definizione DI TIPO SEGNICO – intenzione comunicativa è primaria testi scritti ( lettere, documenti d’archivio, autobiografie, atti giudiziari, documenti amministrativi e statistici) e documenti iconici (foto, audiovisivi, multimediali) DI TIPO NON SEGNICO – intenzione comunicativa è secondaria o assente - manufatti GIOCHI - procedure per osservare l’interazione sociale in condizioni quasi-sperimentali – vedi carcerati e carcerieri di ?, piuttosto che giochi di problem solving OSSERVAZIONI DI LABORATORIO - a metà strada tra l’osservazione naturalistica e l’esperimento di laboratorio; in questo caso la v.i. manipolata è l’ambiente stesso del laboratorio, costruito dal ricercatore, con il quale e all’interno del quale i soggetti interagiscono OSSERVAZIONE DOCUMENTARIA - il più delle volte usta in ricerca qualitativa come tecnica complementare, soprattutto nelle prime fasi di familiarizzazione – necessario considerare anche i documenti naturali documentazione empirica che viene costruita, non fosse altro attraverso il processo di selezione e organizzazione – occorre procedere alla qualificazione del documento, considerando le sue caratteristiche –vero/falso, originale/riproduzione, integrale/estratto, ecc-, l’identità del suo autore e -se c’è- del suo destinatario: l’insieme di questi aspetti consente di circoscrivere quali sono le domande cognitive cui il documento è in grado di rispondere, e con quale autorevolezza CARDANO - CAP. 3 – L’INTERVISTA DISCORSIVA INTERVISTA: “forma di conversazione un po’ speciale”, in ragione dell’asimmetria degli interlocutori. Nell’intervista discorsiva ( intervista strutturata) l’intervistato risponde lì per lì, con parole sue, costruendo nel modo che gli è più congeniale la propria argomentazione. Intervista d. guidata: l’intervistatore guida il percorso cognitivo dell’intervistato, poiché conduce la conversazione seguendo una traccia di temi/domande - Intervista d.libera: l’intervistatore si limita a porgere l’argomento di conversazione per poi disporsi in atteggiamento di ascolto, lasciando che sia l’intervistato a costruire da sé il suo discorso. L’intervista discorsiva non consegna solo una serie di informazioni, ma un discorso, attraverso il cui contenuto ma anche forma l’intervistato esprime, consapevolmente o meno, il proprio modo di sentire, pensare, porsi rispetto al tema trattato. Dibattito su quale dei due aspetti sia da ritenere vero oggetto di analisi, rimane che se si è più interessati ai contenuti è tendenzialmente da privilegiare l’intervista guidata (possibilità di comparazione intersoggettiva), se invece ciò che interessa è proprio il discorso e le forme che esso assume meglio l’intervista libera. In ricerca sociale l’intervista discorsiva è una metodologia che può essere utilizzata o a sè (es racconto biografico), o in cooperazione con altre (ad es insieme a osservazione partecipante – vedi triangolazione dei metodi), o con ruolo ancillare rispetto a intervista strutturata (ad es studio pilota e pretest di questionario). Può essere applicata allo studio di tutto ciò che le persone hanno “dentro la testa”, mentre ovviamente non si presta allo studio dell’interazione sociale . TRIANGOLAZIONE: modo in cui si fa il punto in nautica (localizzazione di un punto sconosciuto combinando le informazioni acquisite partendo da punti conosciuti e desunte da due distinte procedure di misurazione). Nelle scienze sociali utilizzo metaforico del concetto come triangolazione metodologica, usato però con quattro diverse accezioni: 1) Realismo ingenuo - lettura quasi letterale: la combinazione di almeno due procedure di rilevazione consente di rilevare la vera posizione dell’oggetto di studio 2) Realismo critico – censente di rilevare l’autonomia ontologica dell’oggetto di studio dalle procedure di rilevazione utilizzate, ovvero escludere che l’oggetto sia creato dalle procedure stesse (es non-attitudes nei questionari) 3) Concezione riflessiva – consente di rilevare i limiti specifici di ciascuna tecnica di rilevazione, e quindi di determinare quali conclusioni è lecito trarre, a quali domande è possibile rispondere (es combinazione di osservazione partecipante e interviste discorsive) (in and) 4) Concezione post-moderna – si applica al momento della comunicazione dei risultati, ovvero quando i materiali empirici vengono “messi in forma” attraverso la scrittura - consente di moltiplicare le rappresentazioni dell’oggetto (poiché nessuna è più vera o legittima delle altre) attraverso il ricorso ad una pluralità di generi testuali, di forme espressive (es A Thrice-Told Tale) (in or) TIPOLOGIE E TASSONOMIE: entrambe consentono di creare raggruppamenti, ovvero categorie basate sull’utilizzo di due o più criteri di classificazione. Tipologie: tutti i criteri vengono utilizzati contemporaneamente incrociandoli, si creano così delle tabelle a doppia (o tripla, o più) entrata che definiscono i campi entro i quali ricadono i casi appartenenti a ciascuna categoria – molto quantitativa, assomiglia alla regressione statistica standard Tassonomie: i criteri vengono applicati per stadi successivi, creando così degli alberi che via via si ramificano, ovvero successivi sottoinsiemi analizzabili a ciascun livello - implica una scelta a monte su quale sia le sequenza con cui applicare i criteri, e genera risultati diversi in termini di tipi e numero di categorie a seconda della sequenza impiegata – molto qualitativa, assomiglia alla regressione …….. CARDANO - CAP. 3 – L’INTERVISTA DISCORSIVA – FASI PROGETTAZIONE – ELABORAZIONE DISEGNO DI RICERCA DEFINIZIONE DELLA DOMANDA COGNITIVA: in qualitativa “concetti sensibilizzanti”: la domanda cognitiva da cui muove il progetto non deve necessariamente un’ipotesi (se…allora), né una definizione operativa come in quantitativa – ma: più è specificata la domanda, meglio si è in grado di capire come cercare le risposte! SCELTA DEGLI INTERVISTATI: Domanda cognitiva iniziale guida il processo di selezione dei casi (profilo e procedura empirica che consentirà di reclutarli). In qualitativa generalmente campione è sotto i 100 casi o anche meno, a motivo dell’abbondanza di documentazione empirica che ciascun caso produce. Possibile il campionamento probabilistico, ma più utilizzato quello “a scelta ragionata” (theoretical sampling) che può significare due cose: o campionamento per quote rispetto agli attributi variabili che la domanda cognitiva fa ritenere rilevanti (differenza vs analogo in quantitativa è che qui la selezione dei soggetti è compiuta direttamente dal ricercatore e che questi deve giustificare la procedura adottata), o campionamento libero fino a giungere a “saturazione teorica”: ogni nuova intervista ha contributo marginale irrilevante alla definizione della teoria emergente (grounded theory di Glaser e Strauss) – anche queste scelte devono essere giustificate. I metodi specifici di reclutamento possono includere il passaggio da un informatore qualificato/mediatore culturale che aiuta nella selezione e/o crea il contatto, o la selezione da una lista se disponibile, o il campionamento a valanga COSTRUZIONE DOCUMENTAZIONE EMPIRICA - LAVORO SUL CAMPO CONTATTO E PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: modalità di contatto possono essere varie (es lettera, telefonata, ricontatto dopo precedente questionario, ecc). In tutti i casi il primo contatto implica una presentazione della ricerca e delle sue finalità che sia adeguata a comprensione e interessi dell’interlocutore, per motivare la sua adesione e prefigurare nel modo atteso il suo orizzonte cognitivo. Fornire informazioni sul tempo necessario, nonché sufficienti garanzie di anonimato FORMA DELL’INTERVISTA: scelta tra intervista guidata o libera (vedi prima). Redigere domanda/e con brevità, chiarezza e precisione INTERVISTATORE: in qualitativa è buona norma che sia il ricercatore a condurre le interviste, in caso contrario occorre coinvolgere ed “educare” l’intervistatore molto più che in quantitativa. Estraneità dell’intervistatore può rendere intervistati questi più liberi, ma familiarità (ad es dopo osservazione partecipante) può rendere la comunicazione più profonda: scegliere / capire / giustificare caso per caso. CONDUZIONE DELL’INTERVISTA: atteggiamento di ascolto e domande dirette a sospingere l’intervistato verso l’osservazione critica di sé e del proprio agire nonché a mettere in forma di discorso i suoi pensieri. Intervistatore maieuta e provocatore, come Socrate levatrice e torpedine. Ascolto attivo (segnali non verbali e paralinguistici che comunicano interesse) e ricapitolazione per sollecitare approfondimenti e esplicitazione dei legami fra luoghi diversi del discorso. Intervistatore tanto più neutrale possibile rispetto all’argomento di intervista, ma non oltre il punto in cui la sua elusività romperebbe fiducia e volontà di collaborare dell’intervistato. Uso registratore (giustificabile in quanto dimostrazione concreta di interesse), in caso di rifiuto stop durante l’intervista per appunti e non appena è terminata immediato sviluppo degli stessi a mente fresca (nonché resoconto di ciò, perché non comunque è la stessa cosa di una registrazione) TRASCRIZIONE DELL’INTERVISTA: trascrizione deve comprendere sia discorsi dell’intervistato che gli interventi dell’intervistatore che li ha sollecitati, nonché l’indicazione delle marche non verbali del dialogo. Trascrizione deve essere compiuta o almeno supervisionata dall’intervistatore. Buona norme leggere le trascrizioni (o almeno ascoltare le registrazioni) a mano a mano, per iniziare sommaria analisi - indispensabile se campionamento basato sul criterio della saturazione teorica ANALISI DOMUMENTAZIONE EMPIRICA: in generale (sempre se grounded theory) processo ricorsivo, andirivieni lettura metodica del corpus testuale<-> teoria PRIMATO DEI CASI SULLE VARIABILI: l’unità di analisi è il caso, la strategia di analisi in prima istanza prevede la qualificazione di ciascuna intervista presa da sé sola; ad essa (discorso complessivo o sue parti) vengono sì attribuiti diversi stati di determinate proprietà, ma le proprietà rimangono al servizio dei casi, il fine non è procedere ad un’analisi delle proprietà in sé attraverso i casi (come in ricerca quantitativa), ma invece giungere a definire la specifica configurazione delle proprietà e dei loro stati nel singolo caso FORMA E CONTENUTI: sono possibili entrambe le letture; della forma sono parte la struttura argomentativa, ovvero le modalità impiegate dall’intervistato per persuadere e più in generale porgere il proprio discorso (tra le procedure analitiche l’Analisi Proposizionale del Discorso), le modalità d’impiego delle parole (es tempi dei verbi, ma anche concretezza/astrattezza vedi Arcuri, genere, stile e chiave vedi Fasulo), la coloritura emotiva, ecc PROCEDURE DI ANALISI INFORMALI O FORMALIZZATE: le procedure di analisi possono essere informali (bricolage, es Goffman, ma OK se accurato resoconto riflessivo) o formalizzate. Fra queste ultime ulteriore suddivisione fra da un lato procedure top down guidate dalla teoria (es analisi strutturale secondo il modello semiotico di Barthes – funzioni, azioni, narrazione), e dall’altro grounded theory (processo bottom up), che prevede un processo di codifica a stadi successivi di astrazione e generalizzazione: per iniziare codifica aperta usando le stesse categorie/parole degli intervistati, poi codifica assiale per raggruppamento o suddivisone delle codifiche dello stadio precedente, infine codifica selettiva con estrazione dalle codifiche dello stadio precedente di una o più categorie teoriche centrali CLASSIFICAZIONE DEI TESTI D’INTERVISTA: formale o informale che sia, l’analisi si basa sulla combinazione di 3 operazioni: caratterizzazione di ogni singola intervista, comparazione fra le interviste, loro classificazione in una tipologia o tassonomia (vedi). Tipologie e tassonomia fanno riferimento a idealtipi in senso weberiano. Possibile inoltre lavorare in logica non classica (categorie discrete e mutuamente esclusive) ma fuzzy, che permette anche di specificare l’intensità dell’appartenenza, il grado di vicinanza del caso concreto all’idealtipo COMUNICAZIONE RISULTATI A differenza che in quantitativa non c’è un modo codificato, un template. E’ buona norma distinguere almeno due sezioni: dettagliato resoconto metodologico da un lato, e dall’altro illustrazione dello schema interpretativo maturato con l’analisi e del rapporto che lo lega alla documentazione empirica. Rendere trasparente la differenza tra parole delle intervistati (citazioni) e interpretazioni del ricercatore. Scrivere bene grazie a dio non guasta. Si suggerisce di rendere disponibile tutto il materiale empirico (CD Rom o sito): non tanto per ispezionabilità (vedi avanti), ma per cattiva coscienza! CARDANO - CAP. 4 – OSSERVAZIONE PARTECIPANTE E RICERCA ETNOGRAFICA OSSERVAZIONE PARTECIPANTE: tecnica principe per lo studio delle interazioni sociali, ovvero dei processi in cui due o più individui sono fisicamente “l’uno alla presenza della risposta dell’altro” e dalla composizione della cui sequenza infinita prende forma la società (Goffman) La metodologia nasce a cavallo fra il XIX° e il XX° nell’ambito dell’antropologia: Malinowsky (Argonauti nel Pacifico) inizia a codificarne i principi, ma il nome osservazione partecipante appare più tardi, ad opera di Lindeman (sociologo). Cuore della ricerca etnografica, l’osservazione partecipante consente di ricostruire dall’interno il profilo culturale della società ospite, muovendosi in due direzioni opposte: da un lato -attraverso l’osservazione minuziosa e la partecipazione- riuscire a cogliere le definizioni della situazione dei nativi, a vedere la realtà coi loro occhi, dall’altro -attraverso l’estraniamento e la tensione ad inscrivere questi dettagli in una cornice teorica che conferisca loro un senso- riuscire a dare conto anche di ciò di cui i nativi non hanno consapevolezza, della conoscenza tacita che costituisce lo sfondo dell’interazione sociale. Chiave dell’esperienza è la partecipazione: osservazione diretta, dialogo e, sopratutto, assunzione di un ruolo che impone all’osservatore un peculiare processo di “risocializzazione”, l’apprendimento (che non vuole dire necessariamente condivisione) dei valori, delle norme, dei precetti comportamentali propri della cultura ospite. E’ un lavoro che si prolunga nel tempo (mesi, a volte anni), e che quindi consente di cogliere azione e interazioni sociali nel loro farsi, di identificare processi sociali, ovvero di dare una rappresentazione dinamica dei fenomeni sociali. Il campo d’azione è tanto esteso nel tempo quanto compresso nello spazio: i confini spaziali coincidono con le forme di interazione sociale cui l’osservatore può fisicamente riuscire a partecipare (“natura microscopica dell’etnografica” – Geertz). I metodi sono poco codificabili, variano di volta in volta per effetto delle caratteristiche vuoi dell’oggetto, vuoi dell’osservatore, vuoi degli accadimenti specifici: “la ricerca sul campo ....è un lavoro altamente personale e soggettivo, ed è probabile che esistano tanti <metodi> quanti sono i ricercatori” (Kunda). Se i metodi di osservazione etnografica sono “necessariamente plurali” (Dal Lago, De Biasi), altrettanto plurali sono i risultati consegnati da ciascun itinerario di ricerca. Siamo agli antipodi della k di Koen e delle regole della ricerca quantitativa: qui è accettato e valorizzato (invece che combattuto o ammesso obtorto collo) il fatto che ciò di cui l’ossservatore può fare esperienza e di cui può dare conto nei risultati (“testo consegnato alla comunità scientifica”) dipende strettamente dal modo in cui ha condotto il proprio studio, il cosa dipende dal come → crucialità del metodo adottato e dello specifico itinerario di ricerca seguito, rilevante sia per la qualificazione del punto di vista, che è uno dei molti possibili, sia per la valutazione della plausibilità dei risultati cui la ricerca perviene → riflessività e ispezionabilità. CARDANO - CAP. 4 – OSSERVAZIONE PARTECIPANTE E RICERCA ETNOGRAFICA - FASI PROGETTAZIONE ELABORAZIONE DISEGNO DI RICERCA IL PROCESSO DI DEFINIZIONE DELLA DOMANDA COGNITIVA, DELL’OGGETTO DI STUDIO, DELLA NATURA DELLA RELAZIONE OSSERVATIVA NON SI ARRESTA MAI, AL CONTRARIO LE SCELTE SI SVILUPPANO E SI CHIARISCONO NEL CORSO DELLO SVOLGERSI DELLA RICERCA STESSA. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare e quindi.... L’OGGETTO: si può iniziare il lavoro sul campo solo una volta che un campo è stato individuato, ovvero si è identificato l’oggetto dell’osservazione. Tre possibili percorsi per arrivarci: - Muovendo da una specifica domanda cognitiva che guida nella progressiva messa a fuoco dell’oggetto da cui è ragionevole attendersi una risposta (es il millenarismo laico e da qui il confronto tra sacralizzazione religiosa e laica della natura per Cardano) – ma: poca probabilità di incontrare l’inatteso - Muovendo dall’oggetto che, debitamente osservato, “consegna” al ricercatore la domanda cognitiva pertinente o quantomeno contribuisce alla sua definizione (es Kunda alla Tech) – ma: tempo! -Scoprendo domanda cognitiva e oggetto interconnessi sin dall’inizio del percorso di ricerca (es Humphreys e il Tearoom); ma: scelta immediata di una sola specifica angolatura, tralasciando altre possibilità Quale che sia la metodologia, occorre da un lato che osservatore e oggetto siano reciprocametne compatibili, e dall’altro porsi il problema della generalizzabilità dei risultati; su questo 5 possibili tipi di risposte: 1) il problema non si pone! (intrinsic case studies- Stake; 2) il ruolo della qualitativa è identificare non relazioni causa-effetto ma i meccanismi che legano una causa ai suoi effetti (Connolly); 3) nessuno studio qualitativo è singolarmente generalizzabile, ma insieme ad altri studi analoghi può contribuire a costituire una casisitica del fenomeno; 4) dal concetto di generalizzabilità a quello di trasferibilità: potere persuasivo degli argomenti con cui uno studio mostra la somiglianza tra il contesto oggetto di studio e quelli ai quali si intende applicarne i risultati (Guba e Lincoln); 5) la ricerca qualitativa come studio del caso critico che permette di falsificare un’ipotesi (Znaniecki e Mitchell; es ricerca operai imborghesiti) COSTRUZIONE DOCUMENTAZIONE EMPIRICA – LAVORO SUL CAMPO L’ACCESSO: guadagnare la fiducia nei nativi, abbassare le difese dei guadiani. Documentarsi prima: non solo serve, ma dimostra interesse che verra’ apprezzato. Eventualmente identificare e usare un mediatore culturale che possa fare da garante. Darsi tempo, non essere impazienti. Prendere nota di tutto, perché anche la reazione al proprio ingresso è espressione della cultura che si vuole studiare. OSSERVAZIONE DESCRITTIVA: osservazione “col grand’angolo” per delinare i contorni della cultura visitata, caratterizza la prima fase di lavoro (ma ad essa si ritorna nel momento in cui la mutata domanda cognitiva chiede di assumere una nuova angolazione). Le coordinate da tenere persenti sono lo spazio geografico e sociale, il tempo sociale, gli attori (numero, profilo socio-demo, ruoli) e le attività principali riferite a spazio, tempo e attori. GLI INFORMATORI: possono essere istituzionali (solitamente gli iniziali gatekeepers) o meno. Sia gli uni che gli altri sono fonti preziose, ma ciò che dicono deve sempre essere interpretato alla luce delle motivazioni che li muovono. Non scegliere subito gli informatori non istituzionali, aspettare di aver capito come gira il fumo. LA FORMA DI PARTECIPAZIONE: - Coperta – vantaggi: non si affrontano i gatekeepers quindi non si negozia l’oggetto del proprio studio, si riduce al min. la reattività, si acquisice la max. competenza nel ruolo ufficiale ricoperto; svantaggi: minori possibilità di movimento, rischio di eccessivo coinvolgimento, problema del commiato, eventuali coseguenze quando si getta la maschera (pubblicazione) - Scoperta: vantaggi e svantaggi si invertono, in più ci sono rischi di essere manipolato strumentalmente ( buona stampa) e di essere chiamato a svolgere ruoli di arbitro che possono inficiare succesSivi rapporti. Vantaggi importanti il poter redigere le note di campo alla luce del sole con la giusta assiduità e il poter ricorrere apertamente al backtalk (vedi) IL LAVORO SUL CAMPO: tutto il periodo di lavoro sul campo è caratterizzato da un processo ricorsivo: ridefinizione/articolazione della domanda cognitiva → osservazione (e altre metodologie) → analisi della documentazione empirica → teorizzazione e scrittura → ridefinizione/articolazione della domanda cognitiva, ecc. In questo iter acquista particolare rilevanza il backtalk, cioè l’insieme delle osservazioni e dei commenti dei nativi vuoi sulla relazione osservativa, vuoi sulle interpretazioni elaborate e comunicate loro dall’osservatore: in questo modo si produce nuovo, rilevante materiale empirico da utilizzare in chiave sia di controllo degli asserti descrittivi, sia soprattutto di ulteriore elaborazione di quelli interpetativi. Le modalità di osservazione si muovono avanti e indietro lungo tre poli: osservazione descrittiva, focalizzata e selettiva. OSSERVAZIONE FOCALIZZATA: dal grandangolo al teleobiettivo, l’attenzione si punta su aspetti dell’oggetto ritenuti specificamente in grado di rispondere alla domanda cognitiva che si è fatta più precisa/articolata. Si può scegliere l’aspetto da approfondire in virtù della sua salienza (definita dalla teoria che guida piuttosto che dagli stessi nativi); oppure (strada più rischiosa, si rischia la sovrainterpretazione), perché gli si attribuisce la capacità di essere una parte in grado di rappresentare il tutto (sineddoche), ovvero di condensare in sé la cultura osservata OSSERVAZIONE SELETTIVA: da applicare (se opportuno) a fenomeni circoscritti, prevede una rigorosa formalizzazione/ quantificazione delle procedure osservative, con utilizzo di griglie di osservazione definite a priori e di conteggi, e può prevedere il ricorso a tecniche di analisi statistiche tra cui la network analysis. In questo caso l’osservatore si distanzia dal fenomeno osservato. Molto simile all’osservazione naturalistica strutturata LE NOTE ETNOGRAFICHE: vanno stese con regolarità e assiduità, raccolgono due tipi di informazione: relativa all’oggetto, e relativa alla relazione osservativa (chiave per la qualifica del grado di plausibilità delle conclusioni). Tre principi generali per la stesura: distinzione (separare, rendendoli riconoscibili, oggetti, fonti, discorso diretto e indiretto, asserti descrittivi, riproduttivi e interpretativi, sfumature linguistiche, contesti osservativi diversi, ecc); concretezza (evitare astrazione e genericità, descrivere come se si parlasse a un marziano); ridondanza (annotare tutto, non dare nulla per scontato, descrivere come se si dovesse rileggersi vent’anni dopo). Leggersi e rileggersi continuamente le proprie note, prendere nota delle suggestioni interpretative che nascono e delle alternative possibili, correggere le imprecisioni e colmare le lacune - sempre prendendo nota, anche delle correzioni. LA DESCRIZIONE DELLA CULTURA: prendere sempre nota del contesto che ha reso possibile l’acquisizione di ciascun materiale; distinguere tra discorso diretto e indiretto; identificare nomi e ruoli degli attori coinvolti in ciascuna interazione; esplicitare le dimensioni implicite, tutte le espressioni indicali dei discorsi dei soggetti (spiegare fra parentesi); distinguere eventi e conversazioni a cui si è partecipato in prima persona da quelli riportati (anche per avere elementi per valutazione reattività); distinguere i materiali di backtalk, con indicazione del contesto che ha consentito la loro produzione; separare le prime interpretazioni (che sono lecite, anzi auspicabili) dal resto. Tutto questo pur avendo chiaro che è illusorio pensare di giungere alla piena ispezionabilità del materiale empirico, perché per quanto specificate e minuziose siano le note di campo, queste avranno un significato unico, non trasferibile ad altri, per l’etnografo che ha vissuto in prima persona gli eventi e circostanze annotate, cioè ne ha fatto concretamente esperienza. CARDANO - CAP. 4 – OSSERVAZIONE PARTECIPANTE E RICERCA ETNOGRAFICA - FASI (segue) LA DESCRIZIONE DELLA RELAZIONE OSSERVATIVA: necessaria per poter poi accompagnare i propri risultati con un resoconto riflessivo sulle condizioni che hanno condotto alla loro produzione, che permetta di corredare ciascuna delle conclusioni cui giungerà lo studio con una stima del loro grado di incertezza. I principali punti di cui prendere nota: 1. Fase di negoziazione della ricerca: - autopresentazione di sé e della ricerca - prima impressione della cultura di studio - presenza, ruolo e funzione dei mediatori culturali - rito di inversione dei ruoli, ovvero l’osservazione dell’osservatore - modalità di costruzione della relazione fiduciaria: fondamento, modi, tempi e interlocutori principali 2. Fase di arruolamento dell’etnografo: - relazione tra gli attributi dell’etnografo di maggiore visibilità sociale (es genere, razza) e il profilo della cultura in studio → eventuali ruoli societari interdetti all’etnografo in ragione dei suoi attributi - ruolo ricoperto dall’etnografo nella cultura in studio e sua posizione nel sistema di stratificazione sociale - relazione tra obiettivi della ricerca e aspettattive legate al ruolo ricoperto dall’etnografo nella cultura in studio 3. Fase di lavoro sul campo - modulazione della partecipazione (continua o discontinua) e sua durata complessiva - informatori istituzionali e non: quali ruoli ricoprono nella società ospite, quali sono le ragioni più probabili della loro disponibilità - problemi pratici sorti sul campo (es alloggio, lingua, ecc) e soluzioni adottate - reattività: quali conseguenze ha avuto la presenza dell’etnografo sulla vita dei propri ospiti e, più in particolare, qual è l’impatto delle tecniche di ricerca via via impiegate - ricorso ad altre tecniche conoscitive e modi in cui queste tecniche sono state declinate nel contesto in studio - errori, breakdown, fraintendimenti, sorprese che hanno punteggiato il lavoro sul campo - backtalk: tempi e modi (resoconti scritti, gruppi di discussione, ecc) nei quali è stato sollecitato e ottenuto il giudizio dei soggetti in studio sulle proprie interpretazioni e sulla conduzione della ricerca - “reazione all’oggetto”: descrizione dell’avvicendarsi dei sentimenti di simpatia e antipatia, di stima e disistima, di condivisione e rifiuto delle cultura in studio e dei suoi membri che ha ha accompagnato la ricerca - serendipity: scoperte, incontri, interpretazioni avvenute in modo assolutamente casuale Nel resoconto riflessivo occorre dare conto delle “caratteristiche dello strumento osservativo”, ovvero se stessi: fornire cioè al lettore le informazioni necessarie a ricostruire “l’equazione personale” dell’osservatore-autore, in modo da permettergli di valutare l’influenza di tale equazione sulle conclusioni presentate; in particolare occorre rendere trasparenti: - orientamento teorico e metodologico che ispira il proprio lavoro e dà forma al progetto interpretativo - orientamento di valore, relazione (sintonia, indifferenza, opposizione) tra i propri valori e quelli della cultura in studio - principali coordinate emotive della propria epserinza sul campo (“reazione all’oggetto”) ANALISI DOMUMENTAZIONE EMPIRICA: in generale (sempre se grounded theory) processo ricorsivo, andirivieni lettura metodica del corpus testuale<-> teoria L’analisi della documentazione empirica inizia già contestualmente alla stesura delle prime note di campo e termina solo dopo la stesura del resoconto finale. Con essa si realizza il passaggio delicato tra costrutti di prim’ordine (linguaggio dei nativi) a costrutti di second’ordine (linguaggio e categorie concettuali della teoria sociologica): l’analisi della documentazione etnografica, come la traduzione, è un processo creativo di ri-costruzione. “Piccoli” obiettivi concreti (ad es costruzione di una tassonomia o tipologia, definizione di concetti solidi dal punto di vista empirico e rilevanti da quello teorico) sono meglio di grandi ambizioni velleitarie. Mettersi il cuore il pace sul fatto che non si potrà dare conto di tutti i particolari osservati: l’analisi implica una selezione, che sarà guidata da domanda cognitiva e teoria (ma dovrà essere esplicitata nel resoconto riflessivo). L’ANALISI NARRATIVA DELLA DOCUMENTAZIONE EMPIRICA L’analisi etnografica è principalmente di tipo narrativo; comporta la lettura e rilettura delle proprie note etnografiche al fine di imporre loro un ordine classificando temi, situazioni e attori in categorie, spesso riferite ad idealtipi in senso weberiano, definite sulla scorta dei “concetti sensibilizzanti” (domanda cognitiva) che sottostanno lo studio. Tecnica feconda è la classificazione crociata (combinazione di due o più criteri di classificazione semplice per costruire tassonomia o tipologia), definibile come la “grammatica dell’immaginazione sociologica” (Mills). Utili i programmi computerizzati per l’analisi dei dati testuali, che consentono di lavorare con un vasto numero di categorie e di ridurre i bias dovuti all’euristica della disponibilità (e alle altre: rappresentatività, ancoraggio, ecc) COMUNICAZIONE RISULTATI IL RESOCONTO ETNOGRAFICO Forma e struttura del resoconto etnografico non sono solo importanti in senso estetico, ma fanno anch’essi parte della ricerca, poiché lo stile narrativo, la collocazione nel testo del suo autore, la scelta delle voci a cui dare spazio sono elementi costitutivi della rappresentazione resa dell’etnografo della cultura n studio : ovvero la forma della scrittura contribuisce alla definizione dei contenuti trasmessi. Il suggerimento è di riprodurre la caratteristica di dialogo che ha avuto l’esperienza sul campo, dando quanto più possibile voce ai nativi attraverso citazioni, e di ispirarsi alla struttura del dialogo in senso platonico anche per la costruzione della struttura argomentativa, mostrando le ragioni che rendono adeguate le proprie interpretazioni ma anche “rendendo forti” le interpretazioni alternative e indicando le ragioni per cui non le si ritiene adeguate. Importante che l’autore non si nasconda dietro una presunta impersonalità (narratore ognisciente), ma al contrario mostri la propria presenza qualificandola attrraverso il resoconto riflessivo. (certo che c’e’ anche un bel narcisismo!) CARDANO - CAP. 5 – IL FOCUS GROUP FOCUS GROUP: tecnica di osservazione che si applica su piccoli gruppi, costituiti ad hoc (“gruppi artificiali”), animati da un moderatore (coadiuvato da un assistente) che sollecita la discussione su un argomento specifico, dove l’attenzione cade sull’interazione discorsiva che coinvolge i componenti del gruppo. Il focus group si propone di rilevare non solo gli atteggiamenti delle persone su una certa questione, ma anche e forse ancor più importante il perché di tali atteggiamenti: attraverso il focus group è possibile osservare i “metodi” (etnometodologicamente intesi, vedi) utilizzati dalle persone per identificare somiglianze e differenze tra le diverse posizioni espresse dal gruppo, per esprimere la propria posizione, per difendere la propria diversità, ecc. Quando l’oggetto di studio compare per la prima volta nell’orizzonte congitivo dei soggetti, ad es ricerche di mercato su un nuovo prodotto, il focus group permette di osservare il processo che porta alla formazione degli atteggiamenti nei suoi confronti. Il focus group è una discussione di gruppo nella quale i partecipanti parlano fra loro dei temi che di volta in volta il moderatore propone; non è quindi né un’intervista di gruppo (dove ogni individuo dice la sua alla presenza degli altri), né una discussione libera di un gruppo naturale. Inoltre, a differenza di altre specifiche tecniche di gruppo (Delphi, Nominal Group Tecnique), la finalità del focus group è produrre documentazione empirica relativa al tema in studio, e non invece quella di risolvere uno specifico problema cognitivo. Rispetto all’osservazione partecipante, il focus group ha il vantaggio di permettere di osservare forme di interazione sociale cui è difficile accedere quando hanno luogo nel loro contesto naturale. E rispetto all’intervista discorsiva ha quello di permettere di accedere, osservando persone che parlano fra loro invece che con il ricercatore, ad una rappresentazione più chiara delle somiglianze e differenze di opinioni all’interno di una cultura. Gli ambiti di applicazione del focus groups, oltre che la ricerca sociale, sono la ricerca di mercato e la ricerca valutativa (sia fasi preliminare del processo di valutazione che valutazione vera e propria). I soli limiti ai temi che possono essere discussi in un focus group sono etici, tenuto conto del fatto che i partecipanti non rimangono anonimi l’uno nei confronti dell’altro. I focus group si possono classificare secondo due dimensioni: • composizione: riguarda il grado di omogeneità dei partecipanti e il loro livello di conoscenza antecedente; la forma canonica, che viene perferita salvo eccezioni o esigenze particolari- perché più favorisce la fluidità e la ricchezza della discussione di gruppo, è quella che prevede gruppi omogenei di estranei, ovvero formati da persone che si incontrano per la prima volta in occasione della loro partecipazione al gruppo ma che hanno, e percepiscono di avere, un’esperienza affine rispetto al tema trattato • forma di conduzione: ha a che fare col grado di direttività da parte del moderatore: si va dal gruppo autogestito dove il moderatore porge il tema e poi si limita ad osservare(analogia con intervista libera) al gruppo condotto seguendo un percorso ben definito nei tempi e nei modi, scandito da sollecitazioni e domande (analogia con intervista guidata, costituisce la forma canonica) Rispetto ad altre tecniche di ricerca il focus group può: • o essere impiegato da solo, come tecnica autosufficiente • o svolgere una funzione ancillare, tipicamente come fase preliminare utile per perfezionare la preparazione della fase “centrale” del progetto di ricerca: per mettere a punto la traccia di successive interviste guidate, per delineare e specificare le dimensioni intorno a cui costruire gli item che comporranno un successivo questionario, o ancora per disporre in tempi stretti di un quadro d’insieme della cultura che si intende studiare nell’osservazione partecipante; inoltre nella ricerca etnografica il focus group viene utilizzato anche nelle fasi conclusive, per ottenere backtalk • o infine il focus group può essere combinato, alla pari, con le altre tecniche → triangolazione CARDANO - CAP. 5 – IL FOCUS GROUP – FASI PROGETTAZION E– ELABORAZIONE DISEGNO DI RICERCA PROGETTAZIONE DELLO STUDIO: deve essere pianificata minuziosasemen te (più che nelle altre tecniche qualitative), per poter arrivare in meno di 2 ore a condurre un certo numero di persone a discutere fra loro in modo tale da produrre materiale empirico utile. Occorre quindi delineare bene la domanda cognitiva e pianificare nei minimi dettagli la sequenza delle sollecitazioni e degli stimoli da fornire al gruppo IL PROFILO DEL GRUPPO: dalla definizione della domanda cognitiva discende l’individuazione del profilo del gruppo (o dei profili dei diversi gruppi) da formare → tanti cicli di focus group quante sono le sotto-categorie di popolazione individuate; se queste non sono evidenti, per individuarle si possono interpellare testimoni qualificati o condurre interviste discorsive preliminari LA NUMEROSITA’ DEL GRUPPO: abbastanza grande da consentire la presenza di una gamma sufficientemente ampia di opinioni e diminuire la vulnerabilità in caso di presenza di un soggetto non cooperativo, abbastanza piccolo da permettere a tutti di parlare ed evitare la frantumazione in sub-gruppi – Empiricamente: dalle 6 alle 10 persone STUDIO TRASVERSALE O STUDIO LONGITUDINALE: quando si è interessanti all’evoluzione nel corso del tempo degli atteggiamenti, credenze, oreintamenti di valori in studio, l’alternativa è condurre focus group distanziati nel tempo con gli stessi partecipanti (preferibile ma complicata organizzativamente), oppure con partecipanti diversi LA COMPOSIZIONE DEI GRUPPI - OMOGENEITA’ E RECIPROCA ESTRANEITA’: omogeneità ed estraneità dei partecipanti sono le condizioni preferibili. L’omogeneità riguarda sia le capacità di verbalizzare il proprio pensiero, di cui è buon indice il livello di scolarizzazione, sia il livello e le condizioni di esperienza rispetto al tema in studio. Quando non è possibile rispettare la condizione di completa estraneità, occorre comunque fare in modo che tra i partecipanti non vi siano relazioni di subordinazione, né possibilmente di amicizia o al contrario di antipatia LE PERSONE NEL GRUPPO E IL NUMERO DEI GRUPPI: una volta individuata la loro tipologia, la scelta delle persone da invitare nei gruppi può seguire metodi di campionamento sia probabilistici, sia a scelta ragionata. Tra i secondi: campionamento a palla di neve (chiedere a ciascuno dei selezionati nominativi di altre persone simili), nomination (indicazione di un esperto), campionamento dei comportamenti (ad es selezionare nella coda di persone al botteghino di un cinema i candidati ad un focus group in tema), capionamento opportunistico o piggyback (approfittare della presenza dei potenziali partecipanti in un luogo per altri motivi), annunci su giornali e riviste, solitamente associato a ricompensa (sconsigliato, le persone possono essere più interessate al compenso che alla partecipazione in sé). Quanto al numero di gruppi da condurre, il principio dovebbe essere quello della saturazione teorica (ci si ferma quando un nuovo gruppo non produce nulla che non si sia già prodotto negli altri); empiricamente si è verificato che questo avviene dopo i 3 gruppi per ogni sottocategoria di popolazione individuata (nel mktg solo 2 !) LA TRACCIA: può consistere o in una sequenza di domande e stimoli disposti secondo un ordine preciso (preferibile quando è necessario raffrontare i risultati di diversi gruppi o quando il moderatore non ha una specifica competenza sul tema in studio), o in una scalettacanovaccio che il moderatore segue più liberamente. Non più di una dozzina tra stimoli e domande. Possibile inserire anche stimoli strutturati (es frasi da completare individualmente). Prime domande “larghe” che consentano a tutti di intervenire, per poi arrivare gradatamente ai temi centrali. In chiusura, restituzione al gruppo di una sintesi della discussione e richiesta di suggerimenti su temi da approfondire, utilizzabili nella progettazione dei gruppi successivi. Infine breve questionario individuale per dati socio-demo e altri. IL MODERATORE: deve essere estraneo, ma non essere percepito come eccessivamente “altro” rispetto all cultura delle persone del gruppo; il suo grado di competenza sul tema allo studio deve essere coerente con il tipo di traccia seguita (vedi) IL GRADO DI STRUTTURAZIONE: la forma autogestita risulta appropriata sia quando si sia interessati agli aspetti formali delle interazioni discorsive che hanno luogo nel gruppo più che al loro contenuto specifico. sia quando l’intento dello studio è prevalentemente esplorativo. All’interno di uno stesso studio si può progettare una fase esplorativa con ciclo di focus group autogestiti e, una volta articolata la domanda cognitiva in base ai risultati emersi, un secondo ciclo di focus group più strutturati sui temi prescelti IL LUOGO: quanto più possibile neutro rispetto al tema in studio, per non suggerire che certe opinioni siano preferibili ad altre. Inoltre deve essere facilmente raggiungibile, confortevole, e consentire una registrazione di buona qualità. Disposizione preferibile è quella a ferro di cavallo, dove tutti si possono vedere e vedere il moderatore STUDIO PILOTA: per mettere a punto definitivamente traccia e modalità di conduzione. Simulazione con ricercatori esperti sia del metodo che del tema in studio, oppure direttamente gruppo con partecipanti dal profilo identificato, che, se i risultati non suggeriscono cambiamenti, diventarà il primo gruppo del ciclo COSTRUZIONE DOCUMENTAZIONE EMPIRICA CONDURRE E OSSERVARE: la conduzione si basa sul lavoro coordinato del moderatore e dell’assistente. Il moderatore, oltre alle capacità di ascolto di ogni buon intervistatore, deve avere le competenze relazionali – comportamento verbale e non verbale - necessarie per “governare” il gruppo “qui ed ora” (se da il caso evitando la “fallacia dell’aderire a domande predefinite”) affinché tutte le opinioni abbiamo modo di essere espresse. L’assistente deve prendere nota delle forme d’interazione non verbali (sguardi, gesti) ed eventualmente coadiuvare il moderatore nella conduzione. All’inizio il moderatore introduce il tema di discussione, presenta le persone sottolinenadone la competenza a discutere il tema in studio, e comunica le regole di discussione. REGISTRAZIONE E TRASCRIZIONE: la discussione, che non dovrebbe durare più di un’ora e mezza, deve essere registrata (sconsigliata videoregistrazione: infrange anonimato). Prima sommaria analisi della documentazione empirica al ternine di ciascun focus group (indispensabile se grounded theory e criterio di campionamento per saturazione teorica). La trascrizione della discussione dovrebbe esssere fatta, o almeno revisionata, da moderatore e assistente ANALISI DOMUMENTAZIONE EMPIRICA: in generale (sempre se grounded theory) processo ricorsivo, andirivieni lettura metodica del corpus testuale<-> teoria Due livelli di analisi: ciò di cui discute ciascun gruppo e ciò che ciascun individuo nel gruppo sostiene. L’analisi a livello del gruppo verte, oltre che sui contenuti, anche sugli aspetti formali delle interazioni. Le posizioni espresse dagli individui possono essere messe in relazione con le loro caratteristiche (vedi questionario finale). Per il resto come per intervista. COMUNICAZIONE RISULTATI Come per intervista discorsiva. Datto che come visto sono possibili molte varianti metodologiche, particolare attenzione all’illustrazione dettagliata di questo aspetto. METODI QUALITATIVI IN PSICOLOGIA – CAP. 1 – MANTOVANI - STRUMENTI PER UNA RICERCA SITUATA (riprende - California dreamin’) ETNOMETODOLOGIA: studia le condotte quotidiane che sono fatti tanto “naturali” quanto “sociali”, come il fatto che a una domanda segua una risposta; sono il modo in cui l’ordine sociale viene continuamente riprodotto. I “metodi” che le persone usano nella loro vita sociale sono essenzialmente dei “fatti morali” incorporati nell’azione. Nascita: anni ’60, California, GARFINKEL – “breaching experiments” “I membri della società incontrano e conoscono l’ordine morale come corsi di azioni percepite come normali. (...) Per i membri di una società le cose stanno così quando si tratta di scene familiari, ma stanno così perché è moralmente giusto o sbagliato che esse stiano così” “Tutte le proprietà <logiche> e < metodologiche > dell’azione, ogni caratteristica del senso di un’attività, della sua oggettività, spiegabilità (accountability) e comunicabilità dovrebbero essere considerate come una realizzazione continua di pratiche comuni socialmente organizzate” (Garfinkel 1967) ANALISI DELLA CONVERSAZIONE: concepisce e studia la conversazione come attività non governata da astratte regole intellettuali, ma invece organizzata praticamente nella vita quotidiana; mette in evidenza il caratere interattivo della conversazione, che appare un’attività intrinsecamente cooperativa. Mette in luce gli elementi di organizzazione interna dell’attività: turno, sequenza complementari, organizzazione delle preferenze, correzioni (repairs), recuperi delle cadute di comunicazione, presequenze (annunciano le prossime mosse conversazionali) e post-sequenze (commentano le mosse già compite), ecc La trascrizione Jeffersoniana crea uno standard, ma nella sua accuratezza e minuziosità si nasconde anche il pericolo ideologico di finire per credere che il divario epistemologico si possa risolvere metodologicamente: ovvero credere che i propri “dati”, così faticosamente trascritti, siano tanto “accurati” da essere diventati “oggettivi” Nascita: anni ’70, California, SACKS, JEFFERSON, SCHLEGOFF “Per gli esseri umani il parlato-ininterazione sembra essere una forma distintiva dell’aspetto fondamentale della vita sociale. (...) Possiamo pensare all’interazione conversazionale come a una forma di organizzazione sociale che fa funzionare la maggior parte, se non tutte le istituzioni sociali – l’economia, la politica, la famiglia, la socializzazione” (Schlegoff, 1996) AC identifica meccanismi autonomi dell’interazione che operano più o meno nello stesso modo in contesti diversi. La critica che le viene formulata è che si tratta di un’analisi decontestualizzata, che sacrifica eccessivamente le esigenze di una ricerca culturalmente situata ≠ TEORIA DELL’AZIONE SITUATA (anni ’80, ancora California), STUDIO DEL CONTESTO, PSICOLOGIA CULTURALE: le capacità umane di pianificazione e ragionamento sono irriducibili alle formalizzazioni della scienza cognitiva, ma invece frutto della capacità di adattarsi plasticamente alle circostanze. L’attività cognitiva umana dipende in modo essenziale dal fatto che la mente è situata nell’ambiente attraverso il corpo. METODI QUALITATIVI IN PSICOLOGIA – CAP. 1 – MANTOVANI - STRUMENTI PER UNA RICERCA SITUATA (segue ripresa) ANALISI DEL DISCORSO: discorso definibile come “l’azione sociale compiuta da coloro che utilizzano il linguaggio per comunicare in situazioni sociali e, in senso lato, nell’ambito della società e della cultura” (Van Dijl, 1997). Il discorso, sovra-ordinato rispetto alla conversazione, la comprende così come comprende dichiarazioni, testi, ecc Fonti e ascendenze dell’AD Esterne alla psicologia Interne alla psicologia BACHTIN, anni ’20: ubiquità del dialogo nella conoscenza e nell’azione umana WITTGENSTEIN, anni ’50: linguaggio e “giochi linguistici” al centro delle condotte sociali umane GOFFMAN, fine anni ’50: presentazione di sé in pubblico come evento drammaturgico FOUCAULT, anni ‘60: pratiche discorsive strumentali all’esercizio del potere DURANTI, anni ’90: discorso come pratica culturale inserita in un contesto specifico che va ricostruito con metodi etnografici BILLIG, anni ’80: approccio retorico alla psicologia sociale (Discourse and Rethoric Group, università di Loughborough – UK). Pensare vuol dire discutere, co sé come con gli altri (Vigotskij) : avere un atteggiamento significa prendere una posizione su un argomento controverso, (il cui significato) dipende sia da ciò che viene sostenuto, sia da ciò che viene rifiutato → Psicologia sociale discorsiva: non esistono processi cognitivi che non siano costruiti attraverso lo scambio sociale in cui il parlante è situato, interessato, responsabile del modo in cui categorizza e descrive le cose → Analisi critica del discorso: impegno politico GERGEN, anni ’90: costruzionismo, carattere relazionale dell’esperienza umana AD e AC – punti in comune... - interesse per il parlare come attività sociale situata in contesti di vita quotidiana - diffidenza per la spiegazione dei processi interattivi in termini di operazioni mentali (l’AD si definisce come una “forma radicalmente non-cognitiva di psicologia sociale”) AC ... e differenze AD -interesse per i meccanismi di mantenimento dell’ordine -interesse per il modo in cui viene costruito il significato delle esperienze sociale attraverso la conversazione personali e sociali attraverso i discorsi (possibile uso “critico”); considera il linguaggio come strumento retorico - libertà dai presupposti teorici: il talk-in-interaction, se accuratamente trascritto, contiene in sé tutta - riconosce i propri debiti teorici (in particolare verso Billig, Gergen) e nega l’informazione necessaria per comprendere ciò che sta possa esistere ricerca sociale libera da presupposti teorici e metodologici, avvenendo che invece devono essere portati a consapevolezza e esplicitati - approccio induttivo - approccio deduttivo - osservazione - intuizione - descrizione - modellizzazione - conferisce alla tecnica di trascrizione una funzione determinante per la validità scientifica della ricerca - usa la trascrizione jeffersoniana ma anche tecniche più semplici (spesso corpus di notevole ampiezza) ANALISI DELLE NARRAZIONI: si occupa degli scambi sociali quotidiani attraverso cui le persone cercanod idare un senso alle loro esperienze. “La narrazione personale è un modo (...) per imbevere gli eventi della vita di un ordine temporale e logico, per demistificarli e per stabilire una coerenza tra le esperienze passate, presenti e quelle non ancora realizzate” (Ochs e Capps, 2001) Narrazioni come modo per riflettere collaborativamente su situazioni specifiche e sul loro posto nellos chema generale della vita METODI QUALITATIVI IN PSICOLOGIA – CAP. 2 – ZUCCHERMAGLIO - CONTESTI DI VITA QUOTIDIANA, INTERAZIONE E DISCORSO L’approccio proposto da C. Zucchermaglio parte dall’attenzione per i contesti di vita quotidiana e per le interazioni sociali e discorsive che li caratterizzano, seguendo la lezione di Goffman. L’obiettivo è la descrizione dei contesti di vita quotidiana in termini di coordinamento reciproco, relazioni tra azione, compiti e strumenti, partecipazione congiunta, cognizione distribuita Le ascendenze teoriche sono l’interazionismo simbolico (Mead), la teoria dell’attività (Leont’ev, vedi più avanti Cap. 4 - Spagnolli), gli studi caratterizzati etnometodologicamente (metodi etnografici e conversazionali) In base a tale prospettiva, le funzioni cognitive umane sono sempre: - specifiche rispetto al contesto, alla comunità e alla cultura Inscindibilità di azioni cognitive, compiti e strumenti (Vigotskij 1934) - mediate da strumenti e artefatti (Vigotskij, encore!) Carattere situato, localmente costruito e culturalmente fondato - distribuite all’interno dei contesti sociali delle pratiche sociali L’unità di analisi psicologica non è quindi il singolo individuo, ma piuttosto i sistemi di attività (“attività che cosrtruiscono mondi” – Goffman 1961), ed in particolare gli attori sociali in essi coinvolti che orchestrano in modo complementare linee di attività congiunte e distribuite, anche in relazione ai vincoli e alle opportunità degli ambiti in cui operano. Quindi psicologia dell’interazione, in netta contrapposizione al cognitivismo METODOLOGIA “ETNOGRAFICO-CONVERSAZIONALE” Strumenti dell’analisi della conversazione per analizzare i modi in cui forme di Metodi etnografici per considerare i sistemi di attività più ampi, anche + costruzione del mondo sociale e di azione ocondivisa si realizzano interattivamente storicamente e culturalmente connotati, in cui si realizzano le attività analizzate La metodologia etnografico.conversazionale si rivela particolarmente utile per i “workplace studies”: sistemi di attività lavorativa studiati descrivendo il modo in cui le pratiche sociali e congiunte del lavoro sono costruite, mediate e realizzate attarverso interazioni sociali e discorsive tra gli attori sociali, senza perdere di vista il contesto materiale, tecnologico e fisico, in cui hanno luogo L’etnografia detta l’approccio, che è ciclico e non lineare: articolazione metodologica e scelta degli strumenti sono definiti nel corso della ricerca stessa, in un processo di focalizzazione progressiva; i risultati di ogni fase costituiscono i dati per la definizione degli strumenti e delle analisi delle fasi successive. Scopo dell’etnografia (studio dell’altro) è“rendere comprensibili gli estranei”, ovvero rendere esplicito e “visibile” al ricercatore ciò che normalmente è implicito e tacito. La validità non coincide con l’oggettività della descrizione, ma invece con la sua autenticità, plausibilità e credibilità, anche per i partecipanti La questione legittimante “è scientifico?” tende ad essere sostituita dalla questione pragmatica “è utile per gli attori sociali coinvolti?” (ricercatore e partecipanti) L’approccio di ricerca non è etico (modellizzazione formale) ma emico: descrizione della specificità, delle differenze, della situatezza → la conoscenza prodotta non sarà mai definitiva e generale, ma sempre circostanziale Studio etnografico-discorsivo dei sistemi di attività situate – Fasi e metodologie (Operazioni chirurgiche) 1. Accesso ai sistemi di attività situata - presa di contatto - primi incontri con responsabili e operatori - negoziazione del proprio ruolo, di obiettivi, strumenti e tempi di ricerca - indentificazione informatori interni ed esterni al sistema 2. Etnografia di sfondo dell’organizzazione → familiarizzazione con il contesto di ricerca e definizione delle unità di analisi dello studio - osservazione partecipante “libera” - interviste all’informatore 3. Scoperta delle domande, comprensione caratteristiche e vincoli del sistema di attività, definizione dei “dati” da raccogliere - osservazioni libere + spot - interviste - osservazioni campionate - analisi della documentazione - osservazione di “contesti modificati” - redazione note di campo 4. Raccolta dei dati discorsivi e interattivi - registrazioni audio (video) - note di campo 5. Trascrizione dei dati discorsivi e interattivi - trascrizione jeffersoniana 6. Analisi e primi risultati - strumenti dell’AC - analisi condotta rispetto alle richieste e alle condizioni specifiche del sistema di attività in cui le conversazioni sono state prodotte → identificazione delle “caratteristiche critiche” delle pratiche discorsive in quello specifico contesto Assunzione di fondo: l’intelligibilità condivisa dell’azione non è data definitivametne come corpus stabile di significati definiti a priori, ma è raggiunta volta per volta durante l’azione discorsiva METODI QUALITATIVI IN PSICOLOGIA – CAP. 3 – FASULO - L’ORGANIZZAZIONE DEL DISCORSO GENERE – Forma del discorso dotata di una struttura riconoscibile, distinguibile dal resto del parlato •Per identificare un genere occorre risalire all’atto linguistico (atto sociale principale che viene attuato) che lo costituisce: “pregare è un atto linguistico; la preghiera è un genere” (Todorov 1978). I generi sono cioè elaborazioni, trasformazioni, attualizzazioni di atti linguistici • L’atto linguistico è tale in quanto creato, agiro, “recitato” congiuntamente dai partecipanti (es la conferenza) • All’interno dello stesso “evento lingusitico” (ad es. “incontro di psicoterapia di gruppo”) possono essere presenti più generi: saluti, iniziali e finali / “lezione”: spiegazione dell’approccio teorico da parte dello psicoterapeuta / “giro”: domanda sottoposta a turno a tutti i partecipanti / esercizio (tecniche di rilassamento, ecc) / narrazioni autobiografiche • I generi sono continuamente innnovati, manipolando e modificando l’esistente per gli scopi particolari del momento → evoluzione continua dove – a differenza dell’evoluzione biologica – ogni nuovo esempio “cambia la specie” • “Ciò che un genere si porta dietro del suo passato è un particolare punto di vista sul mondo, che agisce come un filtro per stabilire cosa sarà reso saliente e cosa sarà messo sullo sfondo” (Bachtin 1975): es Luca in seduta di psicoterapia – narrazione autobiografica “triste storia” come genere, giustificazione come atto linguistico • Per Bachtin il genere equivale all’evento linguistico; sostiene che anche il significato delle parole, che è sempre stratificato, deve al genere quella sfumatura di significato che è inerente al dominio d’uso, e che il genere può essere definito secondo 3 dimensioni: compositiva (rapporto tra le diverse parti del discorso) / stilistica (scelta di particolari forme espressive) / tematica (contenuti) STILE – Fisionomia formale di un discorso • Lo stile è dipendente dal genere (Bachtin 1952), ma il rapporto va nei due sensi: uno stile può evocare un genere, con effetti di ibridazione magari con intenzioni di parodia (es atto linguistico dello “scherzo”) •Nella prospettiva etnografica, lo stile risponde a criteri di accettabilità sociale o appropriatezza dell’enunciato stesso; tuttavia non esiste corripondenza biunivoca tra stile e contesti: il parlante può produrre certi effetti sociali proprio grazie al fatto che le proprie scelte (non necessariamente intenzionali) si configurano come varianti all’interno di un dominio più ampio di possibilità •Gli stili possono essere classificati lungo le dimensioni di formalitàinformalità, intimità-rispetto, parità-autorità, privato-pubblico, vicinanzalontananza emotiva (identificazione del parlante col proprio dire: responsabilità+impegno epistemico+sincerità) es conversazione medicopaziente , spontaneità-pianificazione es conversazione conduttori radiofonici_ascoltatore , ecc; un criterio fondamentale di spiegazione è la distanza sociale •Gli aspetti di configurazione stilistica del discorso da considerare per situare un enunciato rispetto alle dimensioni sopradette sono: lessico (scelta dei termini all’interno dei repertori di genere) / costruzioni retoriche (persuasive) dell’enunciato /enunciazione (modi in cui il parlante e l’interlocutore sono rappresentati nel discorso) / allestimenti degli ambienti / aspetti paraliguistici (intonazione e ritmo) / aspetti paraverbali (gesti, espressioni del viso, postura, movimenti, acconciature e abbigliamento) / registro e chiave (vedi). Ciascuno di questi aspetti non compare isolatametne, ma tende a costituire con altri una ”configurazione di tratti” REGISTRO – Concetto il cui significato è in parte sovrapposto a quello di stile, ma ha un’accezione più ristretta perché si riferisce prevalentemente ai soli aspetti linguistici ed è legato a classi di attività o tipologie sociali più ristrette (vicino al concetto di gergo) • Fortemente legato agli aspetti dell’appropriatezza (“mettere a registro”):è unacalibratura della voce che riflette la consapevolezza dei requisiti formali di un cetto atto comunicativo • Il registro è in corrispondenza con i processi di socializzazione (implica un avvenuto apprendimento o in mancanza di questo uno sforzo consapevole per adeguarsi) : l’uso competente dei registri propri di un contesto rivela chi è “esperto” o “educated”(es Tomasi di Lampedusa) • Se un registro può essere in una qualche misura capito anche da chi non lo padroneggia, diventa un modo efficace per definire chi è dentro e chi è fuori dal gruppo • In un altra accezione, l’uso e la variazione dei registri lungo una stessa interazione possono rappresentare mezzi per invocare aspetti particolari dell’ attività in corso, ovvero concettualizzarla diversamente nel corso dell’interazione stessa (es conversazione direttore e cliente (?) su demo) CHIAVE – Come in musica, dichiara il tipo di esecuzione che il parlante svolge degli enunciati (ad es seria, ironica, finzionale), e quindi suggerisce agli aspettatori i parametri interpretativi che devono adottare (vedi metacomunicazione su canale parallelo di Orletti) • E’ un’alterazione del livello base del significato degli enunciati, ma prevale sul livello del contenuto, determinando il significato ultimo degli enunciati; può a tal punto caratterizzare certi scambi sociali da diventare non marcata, cioè far parte abitualmente dei criteri di produzione e interpretazione dei partecipanti (es humour in UK) • I mezzi espressivi della chiave sono soprattutto paralinguistici: mimica, tono, trasformazioni della qualità della voce (es imitazione); più raramente la chiave viene esplicitata a livello verbale (es “facciamo finta che”, “tanto per dire”, ecc) e in questi casi spesso si tratta di esplicitazioni poste alla fine dell’enunciato con funzione riparativa (es: “stavo scherzando”) STRUTTURA DI PARTECIPAZIONE – Eventi linguistici, generi, stili, registri e chiavi definiscono diverse identità discorsive, che sono in relazione con particolari strutture di partecipazione, cioè specificano in che veste il parlante si sta presentando e quali status sono disponibili per i riceventi della comunicazione (secondo la lezione dell’AC però tali ruoli vengono continuamente costruiti e rinegoziati nel corso dell’interazione concreta) • Influenzano il sistema della presa di turno (es l’evento linguisto messa o visita medica – vedi Orletti, il genere saluti o narrazioni o interrogazioni – vedi di nuovo Orletti) • Sono in relazione con i formati di produzione (Goffman: distinzione tra mandante o emittente: chi ha la responsabilità del contenuto dell’enunciato, autore: chi ha la responsabilità della forma dell’enunciato, e animatore: chi fisicamente parla, dove mandante e autore possono coincidere o meno con l’animatore, cioè il parlante); le narrazioni autobiografiche ad esempio possono essere analizzate rispetto ai formati di produzione, tipico quello in cui il parlante si distanzia dalle proprie parole (cioè non è anche autore e/o mandante, es Luca in psicoterapia); al formato di produzione si risale osservano i dispositivi di enunciazione (cioè il modo in cui il parlante iscrive se stesso nel testo attraverso l’uso di pronomi o forme impersonali) e altri aspetti stilistici sopra citati •Sono in relazione con i formati di ricezione (sempre Goffman: suddivisione tra riceventi ratificati e non ratificati, e per i ratificati ulteriore suddivisione tra destinatari e pubblico) METODI QUALITATIVI IN PSICOLOGIA – CAP. 4 – SPAGNOLLI – ANALISI DELLE AZIONI VERBALI E NON VERBALI DALL’ANALISI DEL DISCORSO ALL’ANALISI DELLE AZIONI L’approccio discorsivo ha capovolto l’ordine di importanza dei tre livelli rispetto ai quali si può analizzare senso e significato del linguaggio: porta in primo piano il livello pragmatico (Austin, “How to do things with words”), le parole acquistano senso proprio nel loro essere usate qui ed ora, nella specifica interazione; e subordina gli altri due livelli (semantico: relazioni della parola con il suo referente, ovvero l’oggetto “reale” cui essa si riferisce; sintattico: relazioni della parola con le altre che costituiscono la frase, vedi grammatica trasformativo-generazionale di Chomsky) che in precedenza erano invece visti come pre-esistenti, utilizzabili per analizzare il linguaggio “a tavolino”, indipendentemente dal suo utilizzo in situazioni concrete. Ma l’approccio discorsivo va ancora più in là: facendo proprie le istanze costruzionistiche e post-moderne, sostiene che le produzioni verbali contingenti non sono un fenomeno temporaneo che funge da tramite per comprendere strutture sociali o psicologiche più profonde ma, al contrario, che l’agire quotidiano, la dimensione situata e locale sono l’ambito primario in cui la realtà sociale e psicologica diventano reali ed il luogo in cui le strutture che sopravvivono nel tempo vengono mantenute. La prospettiva adottata è emica (lezione etnografica): riconoscimento per le distinzioni e le categorie riconosciute dai partecipanti, senza imporre categorie definite a priori. Forte riferimento al concetto di cultura, intesa però non in senso deterministico come in qualche modo “già data”, pre-esistente agli individui le cui pratiche discorsive si limitano ad attualizzarla, ma al contrario come continuamente co-costruita dagli individui attraverso le loro pratiche discorsive quotidiane: ogni azione verbale rappresenta cioè un rinnovamento delle pratiche che la realtà sociale e culturale mette a disposizione. In questo quadro si verifica un’attenzione crescente verso le modalità anche non linguistiche di interazione, soprattutto nello studio di setting in cui lo scopo dei partecipanti non è tanto “comunicare” ma più in generale collaborare, usando tanto parole quanto gesti, sguardi, aggiustamenti posturali, immagini e strumenti tecnologici. L’approccio discorsivo può quindi venire esteso allo studio delle azioni in generale, verbali e non verbali, mantenendo l’approccio emico e situato che gli è proprio e nel contempo recuperando il contributo di tradizioni teoriche quali l’Activity Theory di Leont’ev (i fenomeni sociali sono essenzialmente pragmatici, fisici, materiali), l’approccio vigotskijano e la psicologia culturale (ruolo degli artefatti nello sviluppo delle capacità cognitive umane) e la fenomenologia (Merlau-Ponty 1945, Lakoff e Johnson 1999: azione come elemento basilare per l’organizzazione dell’esperienza, coinvolgimento fisico con il mondo come risorsa essenziale per la costituzione del nostro sistema concettuale). L’obiettivo diventa studiare le sequenze di azioni verbali e non verbali prodotte dalle persone grazie all’uso strategico di risorse culturali in un preciso contesto. I campi di applicazione ad oggi sono studi delle situazioni di collaborazione, antropologici, di valutazione e progettazine di strumenti di lavoro. PROCEDURA E CRITERI DI ANALISI, OVVERO METODOLOGIA (Interazioni tra partecipante che sperimenta una situazione di realtà virtuale e ricercatore che gli dà istruzioni) TRASCRIZIONE E CODIFICA – Si parte da una videoregistrazione dell’interazione, e a questo primo materiale empirico si torna spesso e volentieri, dato che trascrizione e codifica implicano comunque una selezione orientata dalla domanda cognitiva (direbbe Cardano!, ricordandoci anche che essa può –e in un certo senso deve – evolvere) Per la parte verbale lo standard di trascrizione è la codifica jeffersoniana. La trascrizione della parte non verbale avviene su righe diverse, tra (( )) e con [ in apertura per indicare il punto di aggancio al parlato soprastante. La parte non verbale viene selezionata e codificata in accordo a principi emici: 1) rilevanza rispetto al contesto in cui appare (ad es si indicano variazioni nella velocità dei gesti, non si formulano valutazioni assolute); 2) suo essere presa in considerazione dalle azioni dei partecipanti. Potendo, meglio adottare un sistema di trascrizione multimodale (in colonna il tempo, e poi una riga per ogni modalità, includendo anche i frame video): si produce un trascritto in logica di pentagramma, che aiuta a percepire a colpo d’occhio la sequenzialità delle azioni nelle diverse modalità. SCANSIONE DELLE UNITA’ D’AZIONE – E’ un passaggio essenziale dell’analisi che in qualche modo inizia già con la trascrizione e codifica. La scansione avviene da un lato individuando i confini verticali dell’azione, ovvero le sue diverse modalità, dove sono varie le categorie utilizzabili: azioni verbali e non, azioni prodotte dai diversi “agenti” (agente = qualsiasi fonte di eventi, incluso l’ambiente), azioni mediate da diversi strumenti (es telefono o faccia a faccia). Nella trascrizione si useranno per ogni modalità righe diverse e/o diversi font. Dall’altro lato si individuano i confini orizzontali dell’azione, cioè il suo decorso nel tempo. Nell’AC tali confini coincidono con i turni, ciascuno dei quali sin dall’inizio proietta il proprio decorso mediante molti indizi (grammaticali, intonazionali e di senso) che gli interlocutori riconoscono (questo si evidenzia nelle interruzioni, che avvengono in specifici punti -punti di rilevanza transizionale- in cui anche se l’azione non è ancora completa l’interlocutore riesce comunque a riconoscere come proseguirà, cioè a proiettare il corso d’azione ancora a venire). Nell’AC si stabilisce pragmaticametne che un turno è finito (anche se può poi essere ripreso) quando ne inizia un altro. Lo stesso principio viene utilizzato per identificare le unità d’azione non verbali e ambientali: sono segmenti che si presentano con un inizio, un corso proiettato ed un completamento ratificati nel corso dell’interazione stessa (approccio emico). E’ possibile che nelle due modalità verbale e non verbale si configurino unità d’azione diverse (es dual tasks). Infine occorre tenere presente che il modo di alternare i contributi da parte dei diversi partecipanti non è fisso ma è anche regolato dalle norme proprie del tipo di interazione che sta avendo luogo (vedi Orletti). SEGUIRE IL FARSI DELL’AZIONE – dopo aver individuato le singole mosse ed eventi, è necessario ricostruire il significato di ciò che sta accadendo. Si seguono due logiche: - implicatività sequenziale: in generale, si parte dal presupposto che ogni azione porta le tracce degli eventi precedenti e getta delle condizioni sugli eventi successivi; ma l’implicatura non è deterministica, si tratta di possibilità che per essere colte devono essere riconosciute e poi accettate dagli attori - rilevanza / preferibilità: esaminando le pratiche culturali utilizzate dai partecipanti si cerca di capire come venga ristretto il cerchio delle possibilità e quali sono le opportunità che vengono sfruttate. La rilevanza riguarda quale tipo di turno successivo è reso rilevante da un certo tipo di turno iniziale (es coppie adiacenti domanda-risposta). La preferibilità riguarda il fatto che, tra diverse alternative ugualmente rilevanti, alcune sono culturalmente preferibili (ad es manifestazioni d’accordo) e quelle non preferibili vengono in qualche modo marcate (es ritardi, mitigazioni, elaborazioni) UTILIZZO DELLA METODOLOGIA ILLUSTRATA IN UN PROGETTO DI RICERCA – Occorre curare due passaggi cruciali: 1) l’operazionalizzazione del fenomeno da studiare, ovvero una sua definizione precisa che lo renda studiabile con la metodologia presentata (vedi Cardano: la domanda cognitiva può non essere completamente data a priori ma definirsi cammin facendo); 2) la costruzione della collezione di casi analizzati, dove occorre partire da un gruppo di casi prototipi per poi aumentare la varietà attraverso l’inclusione progressiva, alla luce dell’analisi, di nuovi casi differenti e devianti (o “negativi”) – siamo anche qui nel campo del campionamento a scelta ragionata METODI QUALITATIVI IN PSICOLOGIA – CAP. 4 – SPAGNOLLI – ANALISI DELLE AZIONI VERBALI E NON VERBALI (segue) GLI ERRORI DA EVITARE... DURANTE L’ANALISI 1. Saltare il momento della trascrizione sperando di risparmiare tempo 2. Lasciare dei tratti non trascritti o non analizzati dell’episodio che si sta studiando 3. Dimenticare il materiale originale e lavorare solo sulle trascrizioni 4. Non prendere nota delle prime impressioni e idee che nascono durante la trascrizione 5. Usare un linguaggio oggettivo che appartiene ad un’altra tradizione di ricerca 6. Non esplicitare sufficientemente la metodologia 7. Cadere nel relativismo (?) , sottovalutando i vincoli posti da una cultura alle possibilità di variazione dei fenomeni 8. Partire studiando le eccezioni del fenomeno esaminato anziché i casi prototipici 9. Fare un’interpretazione generica anziché un’analisi puntuale, con terminologia appropriata, che espliciti le risorse utilizzate dai parlanti e il modo in cui sono usate 10. Ammassare i vari aspetti del fenomeno tutti insieme anziché scomporli 11. Inserire le informazioni etnografiche in massa, senza collegamenti precisi, o usarle come scorciatoia per spiegare azioni senza un’accurata analisi 12. Appiattirsi sul testo e sul verbale, considerandoli come sola dimensione primaria dell’agire sociale 13. Confondere livelli di astrazione diversi, ad esempio il contenuto con la funzione pragmatica nell’identificare le espressioni delle azioni 14. Credere che esistano delle relazioni fisse fra certe forme linguistiche e la loro realizzazione pragmatica, amziché verificare il modo in cui esse sono utilizzate nel caso specifico 15. Considerare gli argomenti o le mosse come fatti o oggetti anziché come costruzioni 16. Pensare di consultare i partecipanti come giudici della validità dell’analisi 17. Presentare un’analisi come definitiva, come l’unica interpretazione possibile dei fenomeni studiati 18. Criticare senza fare proposte alternative 19. Considerare l’analisi come un processo individuale, da non presentare fino a quando non è concluso NELLA COMUNICAZIONE DEI RISULTATI 1. Sperare che chi legge individui da solo nel testo ciò a cui ci stiamo riferendo nell’analisi 2. Non sostenere quanto si dice con definizioni, citazioni, prove 3. Annunciare di fare qualcosa e poi non farlo, o dare delle informazioni senza poi usarle 4. Fare paragrafi troppo corti o troppo lunghi 5. Non specificare la metodologia 6. Non riportare le fonti 7. Trascurare l’ordine della sequenza (anticipare informazioni che i parlanti sanno solo più tardi) 8. Usare esempi di fantasia 9. Usare la terminologia appropriata per riferisi alle unità di analisi e alle loro caratteristiche senza produrre glosse o parafrasi (?) METODI QUALITATIVI IN PSICOLOGIA – CAP. 5 – OCHS, STERPONI – ANALISI DELLE NARRAZIONI PROSPETTIVE SULLA NARRAZIONE – La narrazione, intesa come attività umana di costruzione di significato, come risorsa fondamentale per la formazione dell’identità individuale e collettiva, è un fenomeno contemporaneamente linguistico-testuale, cognitivo individuale, storico e sociale, e richiede quindi un approccio integrato che ne consideri congiuntamente le diverse dimensioni. Si può guardare alle narrazioni come testi, e analizzarle in funzione dei molteplici generi narrativi e della loro evoluzione storica. E’ quanto fa la narratologia, a partire da Propp Si può guardarle come procedure di costruzione di significato spesso culturalmente specifiche, ovvero dispositivi che organizzano l’esperire umano in configurazioni condivise dai membri di una cultura, e analizzare il modo in cui le forme narrative producono contenuti condivisi culturalmente ( “comporre l’intrigo vuol dire già far nascere l’intellegibile dall’accidentale, l’universale dal singolare, il necessario o il verosimile dall’episodico”, Paul Ricoeur 1983) Si può ancora guardarle come attività sociali, dove ad essere oggetto primario di analisi non è il narrato ma il narrare, così come esso si presenta spontaneamente nelle interazioni quotidiane. Quest’ultimo è stato l’approccio dell’AC, che ha messo in rilievo l’organizzazione sequenziale e la dimensione interattiva delle narrazioni nella conversazione quotidiana. In particolare l’AC ha evidenziato come nell’interazione quotidiana le narrazioni siano doppiamente legate al contesto in cui occorrono: esse scaturisoco, tematicamente o pragmaticamente, da ciò che immediatamente le precede nello scambio conversazionale, ed inoltre proiettano conseguenze su ciò che poi seguirà. L’AC ha individuato e descritto diverse strategie possibili di apertura e chiusura di una storia, le modificazioni che essa comporta delle norme di alternanza dei turni (contributi estesi da parte del narratore/i sostenuti da attività di backchannelling e interventi di commento degli ascoltatori), le molte e diverse configurazioni possibili di partecipazione all’attività narrativa e modalità di co-costruzione del narrato (una o più voci narranti, racconto proposto e guidato dal narratore o da altri, ascoltatori già a conoscenza dei fatti narrati oppure no, ecc) Il concepire la narrazione come attività sociale porta a prestare attenzione anche alle sue funzioni interattive: si considera, oltre al come la narrazione prende forma nella conversazione, anche il cosa la narrazione sta realizzando in termini di azione sociale (ad es intrattenere/divertire, oppure persuadere/ottenere consenso, o ancora istigare, giustificarsi, ecc -“azione sociale” corrisponde ad ”atto/evento linguistico” visto precedentemente per Fasulo), per poi analizzare come gli scopi interattivi ed i contesti delle narrazioni ne informino specifiche configurazioni, toni e caratteristiche costitutive. MODELLO A 5 DIMENSIONI DI ANALISI DELLE NARRAZIONI (Narrazioni nelle conversazioni di famiglie a tavola) DIMENSIONI VOCI NARRANTI POSSIBILITA’ DI REALIZZAZIONE (polarita’) Note Una Molteplici Nell’episodio analizzato il papà chiama in causa il figlio e lo porta a partecipare alla narrazione della vacanza fatta insieme Ampia Limitata Nell’episodio la narrazione frantumata e difficoltosa dell’evento (condotta della figlia) è interpretata come indice dell’utilizzo della narrazione proprio per elaborare significati e implicazioni non ancora chiari Distaccata Concatenata LINEARITÀ E ORDINE DELLO SVILUPPO NARRATIVO Massima Minima In generale l’attività narrativa persegue linearità, ordine e logica (ordina cronologicamente gli eventi, intesse relazioni causali negli orditi sequenziali), ma questo schema di base può avere variazioni, vuoi per scopi retorici del narratore, vuoi perché si usa la narrazione proprio per cercare di “mettere ordine per capire” (vedi sopra), vuoi perché (episodio figlio geloso) l’urgenza emotiva può generare uno specifico sviluppo narrativo POSIZIONAMENTO MORALE Stabile e univoco Dinamico e negoziato Già la scelta di ciò che diviene oggetto di narrazione (e di ciò che viene omesso) e le modalità di presentazione degli eventi, oltre che le esplicite punteggiature valutative, costituiscono prese di posizione nell’orizzonte morale ed etico di riferimento. L’attività narrativa costituisce una risorsa per la costruzione del Sé come agente morale, e al tempo stesso offre uno spazio per l’elaborazione e la trasformazione dei significati deontici della condotta morale propria e altrui → caso specifico: narrazioni come accounts (rendicontazione della propria/altrui condotta) NARRABILITÀ LIVELLO DI INTEGRAZIONE DELLA NARRAZIONE CON IL CONTESTO D’OCCORRENZA Nel primo episodio (problema lavoro madre -narrazione distaccata dal contesto d’occorrenza) maggiore uso di formule d’apertura e cambiamento delle norme di alternanza dei turni, nel secondo (fratello grande coraggioso che si propone come esempio al piccolo- narrazione concatenata al contesto) confini più indefiniti tra narrazione e interazione complessiva