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www.caosfera.it creativitoria 100% MADE IN ITALY Adriano Greco Il nemico in casa Ten sio n i Adriano Greco Il nemico in casa ISBN copyright 2012, Caosfera Edizioni www.caosfera.it soluzioni grafiche e realizzazione Capitolo 1 Nel 1944 la Germania continuava a subire durissime sconfitte sui vari fronti. Ormai la Wehrmacht non era più l’invincibile ed imbattibile esercito, costituito da uomini imbaldanziti dai continui successi e forti del loro credo nel Fürher. Molti tedeschi iniziarono a rendersi conto della dura realtà che condannava la Germania Nazista ad una grave ed irrimediabile sconfitta. Numerosi ufficiali cominciarono a considerare un errore la conquista di vasti territori, che costringeva poi a presidiarli con truppe distolte dai vari fronti. La cosa peggiore era che il presidio dei territori occupati veniva affidato alle SS (Schutzstaffeln: milizie di protezione del Nazismo), famose per la loro crudeltà, specialmente nei riguardi delle popolazioni civili, e che si dimostrarono molto più violente delle ormai debellate SA (Sturmabteilungen: reparti di assalto). La lotta partigiana nei vari territori s’intensificava sempre più, causando 5 perdite di uomini e materiali alle truppe d’occupazione: allora le famigerate SS procedevano ad effettuare rastrellamenti ed esecuzioni sommarie dei civili, nei luoghi dove erano avvenuti gli attentati. Il risultato era che la lotta partigiana continuava a proliferare e l’odio verso gli occupanti cresceva in maniera esponenziale. Il maggiore della Wehrmacht Kurt Hoffmann sapeva che ormai era ridicolo sperare in una vittoria finale, tanto decantata dall’apparato politico nazista. Dopo aver partecipato a molte battaglie fu chiamato dall’ammiraglio Wilhelm Canaris a far parte dell’Abwehr, il servizio segreto militare: egli utilizzava un modo totalmente diverso, da quello usato dalle SS, per ottenere informazioni preziose. Aveva assistito a molti episodi di brutalità gratuita da parte delle SS, e capiva il sentimento di odio provato dai vinti nei confronti delle truppe occupanti, ma riteneva che il suo dovere di soldato non gli consentisse alcuna critica ufficiale, che avrebbe potuto influenzare negativamente i soldati tedeschi, già duramente provati da scontri ed attentati. Gli Alleati erano riusciti a sbarcare in Normandia, travolgendo le difese costiere approntate dal Maresciallo Rommel. Hoffmann aveva quindi combattuto a Caen e Cherbourg, era stato inviato prima ad Arnhem, a contrastare l’invasione dall’aria dei paracadutisti Britannici, i RedDevils, così chiamati per il caratteristico basco rosso che indossavano, dove la Wehrmacht era riuscita a bloccarli sul posto. Poi si era interessato esclusivamente a carpire informazioni per l’Abwehr. Quando, dopo il 20 luglio, seppe della congiura per assassinare il Führer, finita male per molti generali di sua conoscenza, tra cui Stauffenberg, Haften ed il Maggior Generale Von Tresckow,che avevano organizzato e messo in atto l’attentato, si mise le mani nei capelli per la disperazione. Non aveva preso alcuna parte nella congiura, anzi, per l’esattezza non ne sapeva niente, ma in cuor suo era rammaricato del fallimento dell’attentato, pensando che forse, se fosse riuscito, la politica tedesca sarebbe mutata, a giovamento di tutto il mondo civile. Ora, invece, si rendeva conto che Heinrich Himmler, il capo delle SS, aveva conquistato più potere, a danno dello Stato Maggiore dell’Esercito Tedesco, considerato ormai un covo di traditori e disfattisti. Il pupillo del Reichsführer delle SS, Reinhard Heydrich, individuo pericoloso e brutale, aveva costituito, in contrapposizione all’Abwehr, il servizio segreto della Gestapo e delle SS, il Sicherheitsdienst (SD), che stava conquistando sempre più potere, incoraggiato dallo stesso Hitler. Dopo varie campagne con la Wehrmacht, al Maggiore Hoffmann era stato concesso un periodo di riposo che trascorse sulle rive del lago di Garda. Hoffmann amava quel paesaggio e quel lago dove, ogni tanto, effettuava delle piacevoli gite in barca. Del resto passava in quel luogo tutte le sue vacanze, anche prima della guerra. Terminata la licenza il maggiore Hoffmann venne convocato, con una telefonata, al comando della Wehrmacht di Roma. Si preoccupò molto per quella convocazione, perché sapeva che sul posto c’era anche il comando delle SS, unitamente a funzionari della Gestapo, sempre in cerca di qualcuno da mandare sotto processo per tradimento o disfattismo, ma confidava nel fatto che l’Abwehr lo avrebbe comunque protetto. Una berlina nera, con le insegne del comando della Wehrmacht, lo venne a prelevare la mattina alle otto in punto. Hoffmann aveva indossato l’alta uniforme, con le decorazioni ricevute. Sul petto spiccava la Croce di ferro con fronde di quercia. 6 7 Il Tenente Herman Kruger scese dalla vettura, scattò sull’attenti davanti ad Hoffmann, lo salutò militarmente e lo pregò di salire a bordo. Hoffmann si accomodò sospirando, mentre il tenente gli si sedette al fianco. Hoffmann si tranquillizzò un poco, notando le mostrine del tenente: era della Wehrmacht. L’autista mise in moto, dirigendosi a destinazione. Hoffmann, un po’ preoccupato, fissò con insistenza la nuca dell’autista. Non voleva parlare, sapeva che, inconsapevolmente, si era lasciato sfuggire qualche espressione politicamente compromettente e di non essere molto ben visto in certi ambienti, ma soprattutto sapeva di aver destato l’interesse della Gestapo nei suoi confronti. L’unica certezza che aveva era la consapevolezza di essere, comunque, considerato un eroe, tanto da essere stato portato da esempio come il classico soldato della vittoriosa Germania Nazista. Durante il viaggio, il Tenente Kruger lo guardò, poi gli rivolse la parola: «Mi scusi signor Maggiore, c’è qualche problema?» «Cosa intende dire tenente?» «Nulla signore, ma la vedo un po’ teso e non ne capisco il perché» «Mi scusi lei tenente, forse il periodo di riposo è stato troppo breve per me» «La capisco signore, lei ha combattuto per molto tempo da vero eroe e meritava un periodo di riposo più lungo. Ma le posso garantire che la sua destinazione è di tutta tranquillità. Vedrà signore, ne sarà soddisfatto. So che lei parla molto bene l’italiano per aver trascorso le sue vacanze sempre in Italia. Anche io lo parlo, non bene come lei, ma abbastanza per capire e farmi capire dalla gente qui in Italia. Inoltre le confesso che mi sono innamorato di una ragazza italiana, che conto di sposare appena finirà questa dannata guerra». Il Maggiore Hoffmann osservò il Tenente con curiosità. Chissà se era stato incaricato di sondare le sue opinioni politiche, facendo finta di assecondarlo... «Tenente, non si sta sbilanciando un po’ troppo?» «Signor Maggiore, deve credermi, non sono il solo a pensarla così, ormai. Tutti sappiamo come andrà a finire, anche se nessuno lo dice. Comunque se intende denunciarmi come disfattista, faccia pure...» «Sarebbe mio dovere... il problema è che anch’io la penso così. Sa che davo, quasi per scontato, che lei fosse venuto qui per arrestarmi e condurmi al Quartiere Generale della Gestapo?» «Per carità, signore! Io sarò il suo aiutante nella nuova missione che le verrà assegnata, sono completamente al suo servizio. Non se ne pentirà! Col suo permesso, una volta in missione, potremo parlare liberamente, senza il pericolo di essere spiati». Hoffmann fece cenno al tenente indicando l’autista. «Tranquillo signore, ci conosciamo da molto tempo ed è un amico, molto tedesco ma poco nazista! Vero Schmidt?» «Sissignore! Signor Maggiore, anch’io verrò con voi». Il Sergente Otto Schmidt osservò i due ufficiali dallo specchietto retrovisore, accennando un sorriso, una volta incrociato lo sguardo di Hoffmann. «Bene!» Disse Hoffmann.«Abbiamo formato una bella compagnia, che il cielo ci aiuti a vedere la fine della guerra. Ma temo che, fin quando Hitler sarà al potere, questa sarà destinata a continuare. Cercheremo di superare questo periodo: abbiamo già dato il dovuto alla patria! Vedo, tenente, che anche lei è decorato, complimenti!» «Grazie signore, me la sono guadagnata a Stalingrado» «Brutta faccenda quella! Mi sono sempre chiesto se i nostri generali avessero consigliato il Führer di 8 9 evitare un’azione del genere. Possibile che la disfatta di Napoleone in Russia non abbia insegnato nulla? Si doveva sapere che, in quel vasto territorio, avrebbe vinto il Generale Inverno!» «Verissimo signore, ma non credo che il Führer abbia tenuto conto dei consigli dei nostri generali, ormai lo Stato Maggiore si limitava solo ad avanzare qualche protesta, affrettandosi poi a dargli ragione per non irritarlo. Bastava poco ad un generale dissidente per ritrovarsi in prima linea, magari proprio in Russia» «Già, proprio così! Ma almeno noi ci siamo salvati». Capitolo 2 Giunta nella capitale italiana, l’auto con a bordo il Maggiore Hoffmann ed il Tenente Kruger e guidata dal Sergente Schmidt si fermò davanti ad un albergo. Kruger avvisò Hoffmann che aveva tempo tre ore per rifocillarsi e darsi una rinfrescata, dopodiché avrebbe dovuto accompagnarlo prima al Comando SS, poi al Comando della Wermacht, dove gli sarebbe stata comunicata la destinazione e la natura della missione. «Perché devo passare dalle SS? Che c’entrano con me? Io prendo disposizioni dall’esercito, non da quei... soldatini di piombo!» «È la prassi signore, prima di ogni missione il comandante incaricato deve sottostare ad una specie di interrogatorio da parte loro, per verificare la sua fedeltà al Führer. Mi raccomando signore, stia attento a quello che dice!» «Non si preoccupi tenente, li conosco troppo bene. Sarò un nazista modello!» 10 11