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slides del corso - Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica

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slides del corso - Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica
Essere e apparire:
intellettuali e ciarlatani
da Omero ai Cristiani
Storia della Lingua Greca
Laurea Magistrale in Filologia,
Letteratura e Tradizione Classica
a.a. 2011/2012 – C. Neri
[email protected]
Mio nonno è sempre mio nonno, / è sempre Ambrogio in ogni momento, / voglio dire che
non ha problemi di comportamento. / Io non assomiglio all’Ambrogio, / l'interezza non è il
mio forte, / per essere a mio agio / ho bisogno di una parte. / Per esempio quando sto in
campagna / ed accendo il fuoco nel camino, / lentamente raccolgo la legna / e mi muovo
come un contadino. / Quando in treno incontro una donna / io mi invento serio e riservato, /
faccio quello che parla poco / ma c'ha dietro tutto un passato.
E se mi viene bene, se la parte mi funziona / allora mi sembra di essere una persona.
Qualche volta metto il mio giaccone / grigio-verde tipo guerrigliero / e ci metto dentro il mio
corpo e già che ci sono anche il mio pensiero. / Quando invece sto leggendo Hegel, / mi
concentro sono tutto preso, non da Hegel, naturalmente, / ma dal mio fascino di studioso.
E se mi viene bene, se la parte mi funziona / allora mi sembra di essere una persona.
Mio nonno si è scelto una parte / che non cambia in ogni momento, / voglio dire che c’ha un
solo comportamento. / Io invece ho sempre bisogno / di una nuova definizione / e gli altri
fanno lo stesso, / è una tacita convenzione! / Ma da oggi ho voglia di gridare / che non sono
stato mai me stesso! / E dichiaro senza pudore / che io recito come un fesso!
E se mi viene bene, se la parte mi funziona / allora mi sembra di essere una persona.
Se un giorno noi cercassimo chi siamo veramente / ho il sospetto che non troveremmo
niente...
(G. Gaber, Il comportamento)
prologo
• un problema identitario
• la lotta per il meglio
• amatorialità e competenza
la maschera come obiettivo del sé
tra sogno e realtà
un incontro di persone in ricerca
presentazioni reciproche: attese e obiettivi
presentazione del corso:
• gli obiettivi
• i modi
• programma e calendario
• le verifiche
• il materiale
gli obiettivi
• approfondire una lingua nei suoi contesti
• comunicare, insegnare, autovalutarsi
• fare ricerca: metodi e strumenti
i modi
• lezioni introduttive e finestre di
approfondimento
• lezioni-Referate
• esercizi personali
programma e calendario
• il programma e la tabella delle lezioni
• Storia della lingua:
Grammatica:
• i libri in programma
• date degli appelli
3.10-21.11
21.11-21.12
le verifiche
• autovalutazione: le schede di verifica
• Referate
• esame finale: il tema e il saggio
il materiale
http://www2.classics.unibo.it/Didattica/
Programs/20112012/Neri/
le prime occorrenze delle parole...
σοφός / ἀλαζών
σοφία / ἀλαζονεία
ἀλαζόνευμα
la σοφία del carpentiere
Iliade XV 410-413
ἀλλ᾽ ὥς τε στάθμη δόρυ νήϊον ἐξιθύνει
τέκτονος ἐν παλάμῃσι δαήμονος, ὅς ῥά τε πάσης
εὖ εἰδῇ σοφίης ὑποθημοσύνῃσιν Ἀθήνης,
ὣς μὲν τῶν ἐπὶ ἶσα μάχη τέτατο πτόλεμός τε·
competenza e tecnica
• sapere e fare
• σοφία e τέχνη: abilità e tecnica
• abilità, buon senso, intelligenza, sapienza
• dalla pratica alla teoria alla teoresi filosofica
• dal sapere al meta-sapere all’insegnare
• dal σοφός al σοφιστής
‘Balle’ vaganti, sonanti, variopinte
Cratino, fr. 375 K.-A.
ἀλαζὼν καὶ κομπός
Phot. α 890 Th. ἀλαζὼν καὶ κομπός· ψεύστης καὶ κομπαστής. οὕτω Κρατῖνος ~ Σb α 832 C. [~ Ael. Dion. α 72 E.] (cf.
Phot. α 889 Th. ~ Σ α 286 C., Σb α 948 C., necnon Suet. Βλασφ. 123, p. 56 Taill., P. Oxy. 2087,27, Cyrill. αλα 40 Dr.,
Hesych. α 2731 L., Suda α 1057 A. [vd. et schol. vet. Ar. Nu. 102c], Et. Gen. α 391 L.-L., Et. M. α 755 L.-L., Et. Sym. α
60/65 L.-L., Et. Gud. 78,11-13 De St., Zonar. 117 T., Eust. Od. 1783,38s.).
Aristofane, Acarnesi 61-63
ΚΗ. οἱ πρέσβεις οἱ παρὰ βασιλέως.
ΔΙ. ποίου βασιλέως; ἄχθομαι ᾽γὼ πρέσβεσιν
καὶ τοῖς ταὧσι τοῖς τ᾽ ἀλαζονεύμασιν.
Alceo Comico, fr. 37 K.-A.
Σb α 833 C. = Suda α 1058 Α. ἀλαζών· ὁ ἀλώμενος. οὕτως Ἀλκαῖος
le ‘armi’ dei gaglioffi
Aristofane, Cavalieri 290s., 903s.
ΠΑ. περιελῶ σ᾽ ἀλαζονείαις.
ΑΛ. ὑποτεμοῦμαι τὰς ὁδούς σου.
ΠΑ. οἵοισί μ᾽, ὦ πανοῦργε, βωμολοχεύμασιν ταράττεις.
ΑΛ. ἡ γὰρ θεός μ᾽ ἐκέλευε νικῆσαί σ᾽ ἀλαζονείαις.
i colori dell’impostura
• la menzogna
• la vanteria
• la millanteria
• i vagabondi e gli Ἀλαζῶνες (Hdt. IV 17, 52)
• la ‘vagabondaggine’
• medici stranieri, intellettuali, sofisti
χάρις e ἀλαζονεία: definizioni
• LSJ9 59, 60, 1621, 1622
• Chantraine, DELG 53 e 1030s.
• Beekes, EDG 60 e 1374s.
essere, fare, sapere
• la competenza e la pretesa di competenza
• l’abilità nelle opere e la vanteria nelle parole
• la conferma nella prova e l’inganno nella prova
• la capacità e la presunzione di insegnare
• dal potere della mano al potere della parola
• σοφός, ἀλαζών, σοφιστής
ILIADE
Iliade VI 318-368
τὸν δ᾽ εὗρ᾽ ἐν θαλάμῳ περικαλλέα τεύχε᾽ ἕποντα
ἀσπίδα καὶ θώρηκα, καὶ ἀγκύλα τόξ᾽ ἁφόωντα·
Ἀργείη δ᾽ Ἑλένη μετ᾽ ἄρα δμῳῇσι γυναιξὶν
ἧστο καὶ ἀμφιπόλοισι περικλυτὰ ἔργα κέλευε. [...]
νῦν δέ με παρειποῦσ᾽ ἄλοχος μαλακοῖς ἐπέεσσιν
ὅρμησ᾽ ἐς πόλεμον· δοκέει δέ μοι ὧδε καὶ αὐτῷ
λώϊον ἔσσεσθαι· νίκη δ᾽ ἐπαμείβεται ἄνδρας.
ἀλλ᾽ ἄγε νῦν ἐπίμεινον, Ἀρήϊα τεύχεα δύω·
ἢ ἴθ᾽, ἐγὼ δὲ μέτειμι· κιχήσεσθαι δέ σ᾽ ὀΐω. [...]
δᾶερ ἐμεῖο κυνὸς κακομηχάνου ὀκρυοέσσης,
ὥς μ᾽ ὄφελ᾽ ἤματι τῷ ὅτε με πρῶτον τέκε μήτηρ
οἴχεσθαι προφέρουσα κακὴ ἀνέμοιο θύελλα
εἰς ὄρος ἢ εἰς κῦμα πολυφλοίσβοιο θαλάσσης,
ἔνθά με κῦμ᾽ ἀπόερσε πάρος τάδε ἔργα γενέσθαι.
Paride ed Elena: due eroi mancati
• l’illusione del riscatto
• l’illusione del pentimento e dell’autoinsulto
• il potere persuasivo della parola
• il potere eternante della parola
• il dover essere e il destino: un contrasto drammatico
ODISSEA
Odissea XVIII 1-107 [1]
ἦλθε δ᾽ ἐπὶ πτωχὸς πανδήμιος, ὃς κατὰ ἄστυ
πτωχεύεσκ᾽ Ἰθάκης, μετὰ δ᾽ ἔπρεπε γαστέρι μάργῃ
ἀζηχὲς φαγέμεν καὶ πιέμεν· οὐδέ οἱ ἦν ἲς
οὐδὲ βίη, εἶδος δὲ μάλα μέγας ἦν ὁράασθαι.
Ἀρναῖος δ᾽ ὄνομ᾽ ἔσκε· τὸ γὰρ θέτο πότνια μήτηρ
ἐκ γενετῆς· Ἶρον δὲ νέοι κίκλησκον ἅπαντες,
οὕνεκ᾽ ἀπαγγέλλεσκε κιών, ὅτε πού τις ἀνώγοι.
ὅς ῥ᾽ ἐλθὼν Ὀδυσῆα διώκετο οἷο δόμοιο,
καί μιν νεικείων ἔπεα πτερόεντα προσηύδα·
“εἶκε, γέρον, προθύρου, μὴ δὴ τάχα καὶ ποδὸς ἕλκῃ.
οὐκ ἀΐεις, ὅτι δή μοι ἐπιλλίζουσιν ἅπαντες,
ἑλκέμεναι δὲ κέλονται; ἐγὼ δ᾽ αἰσχύνομαι ἔμπης.
ἀλλ᾽ ἄνα, μὴ τάχα νῶϊν ἔρις καὶ χερσὶ γένηται”.
Odissea XVIII 1-107 [2]
τὸν δὲ χολωσάμενος προσεφώνεεν Ἶρος ἀλήτης·
“ὢ πόποι, ὡς ὁ μολοβρὸς ἐπιτροχάδην ἀγορεύει,
γρηῒ καμινοῖ ἶσος· ὃν ἂν κακὰ μητισαίμην
κόπτων ἀμφοτέρῃσι, χαμαὶ δέ κε πάντας ὀδόντας
γναθμῶν ἐξελάσαιμι συὸς ὣς ληϊβοτείρης.
ζῶσαι νῦν, ἵνα πάντες ἐπιγνώωσι καὶ οἵδε
μαρναμένους· πῶς δ᾽ ἂν σὺ νεωτέρῳ ἀνδρὶ μάχοιο;” [...]
“νῦν μὲν μήτ᾽ εἴης, βουγάϊε, μήτε γένοιο,
εἰ δὴ τοῦτόν γε τρομέεις καὶ δείδιας αἰνῶς,
ἄνδρα γέροντα δύῃ ἀρημένον, ἥ μιν ἱκάνει. [...]
“ἐνταυθοῖ νῦν ἧσο κύνας τε σύας τ᾽ ἀπερύκων,
μηδὲ σύ γε ξείνων καὶ πτωχῶν κοίρανος εἶναι
λυγρὸς ἐών, μή πού τι κακὸν καὶ μεῖζον ἐπαύρῃ”.
Odisseo e Iro: non potere e non volere
• nessuno è ciò che sembra
• violenza desiderata e violenza nascosta
• dalle parole ai fatti: il disvelamento dell’ἀλαζών
• divertimenti miserabili: i proci e la ‘pornografia’
• il terrore della debolezza e la cautela della forza
• l’intronizzazione dell’ἀλαζών smascherato
Lingue letterarie e lingue parlate
Il greco (tranne, parzialmente, glosse e iscrizioni, che peraltro sono
‘formalizzate’) è per noi una lingua letteraria (ma ciò, come sempre avviene per
le lingue antiche, è dovuto anche al processo della tradizione).
Il complesso dei linguisti e il sospetto verso le lingue letterarie: l’esempio del
latino da Augusto al Rinascimento (o al Concilio Vaticano II) e del sanscrito, il
divaricarsi dei piani.
Le lingue letterarie come forme ‘normalizzate’ del parlato e come insiemi
compatti di regole fissate e codificate, e le lingue parlate come incerti oggetti di
ricerca (quale lingua parlata? quali atlanti linguistici?).
L’importanza, anche modellizzante, delle lingue letterarie (es. il gotico di
Ulfila, lo slavo o slavone di Salonicco di Cirillo e Metodio, l’armeno dei primi
traduttori biblici, l’arabo del Corano) e le lingue comuni in nuce (es. di Dante,
Petrarca e Boccaccio).
Νon di rado una lingua letteraria diventa lingua comune.
Dal parlato alla ‘letteratura’
Le lingue letterarie, come anche le lingue religiose, sono
un tipo particolare di lingue ‘speciali’ o ‘tecniche’.
Parlate locali (ogni gruppo locale ha la sua) e parlate
speciali (gruppi professionali, esercito, sport).
Il carattere esoterico e ‘segreto’ delle lingue speciali, che
le rende così difficili da studiare.
I caratteri delle lingue speciali: il mantenimento della
fonetica e del sistema grammaticale, e la differenziazione
lessicale (il lessico ha una certa autonomia ed è più
facilmente modificabile: per es. la lingua dei ragazzi);
forestierismi, neologismi, slittamenti semantici.
Lingue letterarie religiose e profane
Le lingue religiose: il passaggio dall’umano al divino e l’esigenza
di discontinuità e di oscurità (terminologica e sintattica: l’es. di
Ahura Mazdah); le Gatha, gli inni vedici, il Carmen
fratrum Arvalium, l’Inno a Zeus dell’Agamennone di Eschilo.
Il processo di laicizzazione delle lingue religiose: l’intervento di
elementi esterni (i re stranieri in India) e il proselitismo (l’alfabeto
gotico, slavo, armeno).
Il processo di cristallizzazione e di irrigidimento indotto dalle
lingue religiose divenute letterarie: la chiave di interpretazione
della realtà e la meccanizzazione del pensiero.
L’internazionalismo delle lingue letterarie.
Le lingue letterarie di origine profana: thul islandesi, filé irlandesi,
scop anglosassoni, chansons de gestes francesi.
Il greco come lingua profana
Il diletto delle aristocrazie, le feste pubbliche, i ritrovi dei
gruppi; la scarsa incidenza dell’elemento religioso sulla lingua
e sulla letteratura elleniche.
I caratteri delle lingue letterarie: arcaismo e dialettalismo (il
dialetto diverso da quello su cui riposa la lingua corrente);
differenze grammaticali (il passato remoto, il congiuntivo, …),
fonetiche (gorod e grad in russo), lessicali (corsiero, affinché,
concerne, sono a dirle, èspleta; l’esempio dei Cechi e dei
Francesi: ordinateur e computer), di ordo verborum (le
esigenze di autonomia e completezza delle frasi letterarie).
Parlato (varietas e irregolarità grammaticale, monotonia nei
tipi di frase e nel lessico) versus letterario (regolarità
[monotonia] grammaticale, varietà nei tipi di frase e nel
lessico).
ESIODO
Esiodo, Opere e giorni 11-41
οὐκ ἄρα μοῦνον ἔην Ἐρίδων γένος, ἀλλ᾽ ἐπὶ γαῖαν
εἰσὶ δύω· τὴν μέν κεν ἐπαινήσειε νοήσας,
ἣ δ᾽ ἐπιμωμητή· διὰ δ᾽ ἄνδιχα θυμὸν ἔχουσιν.
ἣ μὲν γὰρ πόλεμόν τε κακὸν καὶ δῆριν ὀφέλλει,
σχετλίη· οὔ τις τήν γε φιλεῖ βροτός, ἀλλ᾽ ὑπ᾽ ἀνάγκης
ἀθανάτων βουλῇσιν Ἔριν τιμῶσι βαρεῖαν.
τὴν δ᾽ ἑτέρην προτέρην μὲν ἐγείνατο Νὺξ ἐρεβεννή,
θῆκε δέ μιν Κρονίδης ὑψίζυγος, αἰθέρι ναίων,
γαίης [τ᾽] ἐν ῥίζῃσι καὶ ἀνδράσι πολλὸν ἀμείνω·
ἥ τε καὶ ἀπάλαμόν περ ὁμῶς ἐπὶ ἔργον ἐγείρει· [...]
ἤδη μὲν γὰρ κλῆρον ἐδασσάμεθ᾽, ἄλλα τε πολλὰ
ἁρπάζων ἐφόρεις μέγα κυδαίνων βασιλῆας
δωροφάγους, οἳ τήνδε δίκην ἐθέλουσι δικάσσαι.
νήπιοι, οὐδὲ ἴσασιν ὅσῳ πλέον ἥμισυ παντὸς
οὐδ᾽ ὅσον ἐν μαλάχῃ τε καὶ ἀσφοδέλῳ μέγ᾽ ὄνειαρ.
false contese, falsi uomini, falsi giudici
• le due contese
• la rivalità della parola e la rivalità del fare
• la lite e l’inganno, il lavoro e il sostentamento
• Perse e i giudici: la corruzione e la giustizia
• la falsa giustizia e il falso guadagno
• il tutto e il mezzo
La lingua di Omero?
Il fantasma del testo di Omero: prima e dopo Alessandria.
L’età prealessandrina: il sostrato acheo (arcadico-cipriota); il sostrato eolico
(ma tessalico più che lesbico) e le differenti spiegazioni degli eolismi omerici;
la fase ionica; l’edizione pisistratidea e l’atticizzazione (?); il μεταχαρακτηρισμός ionico del 403 (l’esempio di ΕΟΣ); edizioni κατ’ ἄνδρα e κατὰ πόλιν.
L’età alessandrina e postalessandrina: il lavoro degli Alessandrini (Zenodoto,
Aristofane di Bisanzio) e le edizioni ‘selvagge’ dei papiri; Aristarco e la sua
scuola; l’erudizione ellenistica (Aristonico e Didimo, Erodiano e Nicanore: il
commento dei quattro); il Venetus A e la tradizione medioevale.
Il problema degli arcaismi: il testo come risultato di un continuo compromesso
tra le esigenze della tradizione e della metrica da un lato e della modernizzazione e dell’uditorio dall’altro.
La fissazione del testo omerico risale a un’epoca in cui la pronuncia si era già
differenziata rispetto a quella degli antichi aedi.
Le differenze/oscillazioni (dovute al destinatario: Ioni, Eoli, ecc.) già nel testo
antico.
Incoerenze omeriche
L’azione del digamma (ü) ‘scoperto’ da Richard Bentley:
a) i 350 casi in cui ü fa posizione nei tempi forti dell’esametro
(ma non nei deboli).
b) i migliaia di casi in cui ü evita lo iato.
c) la consonante che si sta indebolendo (il passaggio da Omero a
Esiodo).
Il dativo plurale delle declinazioni tematiche:
le forme antiche -οισι e -ῃσι e le forme recenti -οις e -ῃς/-αις.
Forme non contratte e forme contratte:
a) il genitivo singolare: -οιο, -οο e -ου/-ω.
b) le contrazioni indebite (δείδοα ed ἠόα).
c) il caso εἵως, ἕως, ἧος, εἷος, ἇ(ϝ)ος.
La παλαιὰ Ἰάς: diacronia e sincronia
Le forme eoliche nelle iscrizioni ioniche di Chio, e le forme eoliche
metricamente ‘protette’ (o metricamente ‘necessarie’).
Il passaggio di ᾱ a η.
I duali in -ᾱ, i gen. in -αο e in -άων, λαός / νηός.
I nomi di Posidone e degli Ioni.
Dativi plurali in -essi (ποσ(σί), Τρώεσσι) e aoristi in -σσ-.
Le forme dell’articolo plurale.
Forme con nasali geminate e pronomi personali.
Esiti di labiovelari (πίσυρες, πέλωρ, βέρεθρον).
Desinenze di infiniti.
I participi perfetti in -ντ- (κεκλήγοντες)
Le varie forme delle preposizioni (πρός, ποτί, προτί).
Le particelle modali: (οὐ) κεν e (οὐκ) ἄν
I nomina agentis: -τωρ/-τηρ per i nomi semplici e -τᾱς/-της per i
composti (come in eolico).
Il destinatario ionico e il sostrato eolico (l’Asia Minore ionicizzata).
Il carattere arcaico della lingua epica
La presenza intermittente dell’aumento, non
rintracciabile in alcun testo di prosa.
L’autonomia degli avverbi, non ancora
preposizioni o preverbi.
L’alternanza di -σσ- con -Σs-: τόσσος e τόσος,
μέσσος e μέσος, (ἐ)κάλεσα ed (ἐ)κάλεσσα.
La progressiva scomparsa (non rivoluzionante)
di alcune libertà e di alcune oscillazioni: la
regolarizzazione linguistica del greco postepico.
Una lingua letteraria e internazionale
L’uso incoerente e ‘versificatorio’ del duale
(ὄσσε, ὀφθαλμός).
Il pubblico aristocratico e la corporazione
internazionale degli aedi.
I composti ‘letterarizzanti’ e termini
peregrini (γλῶτται).
Opera ‘aperta’, formularità, pensiero
individuale e libero dei personaggi.
ARCHILOCO
Archiloco, fr. 5 W.2
ἀσπίδι μὲν Σαΐων τις ἀγάλλεται, ἣν παρὰ θάμνωι,
ἔντος ἀμώμητον, κάλλιπον οὐκ ἐθέλων·
ψυχὴν δ᾽ ἐξεσάωσα. τί μοι μέλει ἀσπὶς ἐκείνη;
ἐρρέτω· ἐξαῦτις κτήσομαι οὐ κακίω.
Archiloco, fr. 19 W.2
“οὔ μοι τὰ Γύγεω τοῦ πολυχρύσου μέλει,
οὐδ᾿ εἷλέ πώ με ζῆλος, οὐδ᾿ ἀγαίομαι
θεῶν ἔργα, μεγάλης δ᾿ οὐκ ἐρέω τυραννίδος·
ἀπόπροθεν γάρ ἐστιν ὀφθαλμῶν ἐμῶν”.
Archiloco, fr. 101 W.2
ἑπτὰ γὰρ νεκρῶν πεσόντων, οὓς ἐμάρψαμεν ποσίν,
χείλιοι φονῆές εἰμεν,
Archiloco, fr. 114 W.2
οὐ φιλέω μέγαν στρατηγὸν οὐδὲ διαπεπλιγμένον
οὐδὲ βοστρύχοισι γαῦρον οὐδ᾿ ὑπεξυρημένον,
ἀλλά μοι σμικρός τις εἴη καὶ περὶ κνήμας ἰδεῖν
ῥοικός, ἀσφαλέως βεβηκὼς ποσσί, καρδίης πλέως.
spacconi e ritrosi
• la celebrazione dell’antieroismo e l’ἀλαζονεία
• la σοφία minimalista di Carone
• prospettive di vita e racconto della vita
• la retorica dell’ἀλαζονεία
• lo smascheramento dell’ipocrisia eroica
• l’eroe, l’ἀλαζών, l’uomo che resiste
SAFFO
Saffo, fr. 55 V.
κατθάνοισα δὲ κείσῃ οὐδέ ποτα μναμοσύνα σέθεν
ἔσσετ᾿ οὐδὲ †ποκ᾿† ὔστερον· οὐ γὰρ πεδέχῃς βρόδων
τὼν ἐκ Πιερίας· ἀλλ᾿ ἀφάνης κἀν Ἀίδα δόμῳ
φοιτάσῃς πεδ᾿ ἀμαύρων νεκύων ἐκπεποταμένα.
cultura e incultura
• rivalità educative?
• modi di essere e modi di insegnare
• questioni di stile
• competenza poetica e competenza ‘afroditica’
• ciò che resta: poetiche del ricordo
per approfondire...
• Sapph. fr. 57 V. (la rozzezza di una ciarlatana);
• Sapph. fr. 68a V. (odiata Andromeda, amata Megara);
• Sapph. fr. 130 V. (l’ἀλαζονεία di Eros);
• Sapph. fr. 133 V. (ancora su Andromeda);
• Sapph. fr. 155 V. (la figlia del Polianattide);
ANACREONTE
Anacreonte, PMG 388
πρὶν μὲν ἔχων βερβέριον, καλύμματ᾿ ἐσφηκωμένα,
καὶ ξυλίνους ἀστραγάλους ἐν ὠσὶ καὶ ψιλὸν περὶ
πλευρῇσι <lul> βοός,
(–––)
νήπλυτον εἴλυμα κακῆς ἀσπίδος, ἀρτοπώλισιν
κἀθελοπόρνοισιν ὁμιλέων ὁ πονηρὸς Ἀρτέμων,
5
κίβδηλον εὑρίσκων βίον,
(–––)
πολλὰ μὲν ἐν δουρὶ τιθεὶς αὐχένα, πολλὰ δ᾿ ἐν τροχῷ,
πολλὰ δὲ νῶτον σκυτίνῃ μάστιγι θωμιχθείς, κόμην
πώγωνά τ᾿ ἐκτετιλμένος·
(–––)
νῦν δ᾿ ἐπιβαίνει σατινέων χρύσεα φορέων καθέρματα
10
i nuovi ricchi
• Artemone prima e dopo
• la vita ‘fasulla’ e la vita ‘rifatta’
• sofferenza e lusso come estremi ridicoli
• l’abbigliamento come biglietto da visita
• frequentazioni e àmbiti sociali
• due tipi complementari di ἀλαζονεία
L’invenzione dell’articolo
Il primo manifestarsi dell’individualità e del presente nella lirica greca arcaica: il mito come
confronto, la sentenza e lo snodo tra particolare e universale, l’io e il sentimento, la mobilità
dello spirito (B. Snell).
La formazione (autoctona soltanto in Grecia) dei concetti scientifici e la lingua come espressione
dello spirito e come mezzo di conoscenza: le premesse linguistiche della scienza e la
selezione degli elementi linguistici necessari all’elaborazione teorica.
La fissazione dell’universale in forma determinata e il processo di astrazione (nomi propri
[l’individuale], nomi comuni [il generale: classificazione, generalizzazione e prima
conoscenza], astratti [mere astrazioni senza plurale; ‘nomi mitici’-personificazioni e
metafore: antropomorfizzare l’incorporeo]): l’invenzione dell’articolo e la sostantivazione
dell’aggettivo e delle forme verbali.
Funzioni dell’articolo: determinare l’immateriale, porlo come universale, determinare
singolarmente l’universale (farne cioè un nome astratto, comune e proprio a un tempo).
L’uso particolare, determinato (“questo qui”), dell’articolo omerico (ed esiodico): il valore
dimostrativo e l’assenza degli articoli veri e propri; il valore oppositivo (“questi … quelli”); il
valore anaforico (“Odisseo … lui”); il valore ‘connettivo-relativo’ (“e quelle …”); il valore
prolettico (“questo: ...”); il valore dimostrativo-apposizionale (“quella, l’isola”); il valore
individualizzante (“tutte quelle altre volte”); il valore enfatico (“questo tuo dono”).
La prima comparsa della prosa e la presenza dell’articolo (a eccezione delle iscrizioni cipriote e
di quelle panfilie, che lo presentano assai di rado): il valore determinativo; il valore di rinvio e
riferimento; il valore di opposizione; l’interposizione e la creazione del gruppo del sostantivo;
la sostantivazione di qualsiasi elemento della frase e l’algebra linguistica; «un processo privo
di ogni valore affettivo ma comodo per l’esposizione delle idee, e di un’agilità e varietà che
non hanno riscontro nella prosa di nessun’altra lingua indoeuropea» (A. Meillet).
Le lingue dei lirici
I dativi plurali in -οις, -αις (strum. ai. -aih, ir. -aiš.
lit. -ais) e in -οισι, -αισι/-
 (loc. -su in indoiranico e
baltosla-vo): -οισι in ionico, -οις nei dialetti doricooccidentali (eccezioni in argivo), -οισι (agg. e sost.) e -οις
(art.) nel lesbico, le oscillazioni dell’attico e delle lingue
letterarie (la tragedia, la commedia di Epicarmo, i poeti
lirici).
L’uso intermittente, arcaico (ábharat e bhárat) e omerico,
dell’aumento: libero nella lirica corale e in quella eolica,
costante (tranne omeriche eccezioni) in quella ionica.
L’uso intermittente, ‘poetico’, dell’articolo (raro negli elegiaci,
nella lirica monodica e corale, più frequente nel giambo e
nella commedia, oltre che nella prosa).
L’iperbato e l’ordo verborum artificiale.
I generi della lirica
Il fondo ionico (κότ’, κως, etc.) e gli epicismi dell’elegia: ionicismi (o atticismi:
δορί?) non epici (la progressiva riduzione) ed epicismi non ionici (il
progressivo incremento). L’epigramma dalla dialettizzazione alla maggiore
letterarietà (fine IV sec.).
Il verso popolare (con paralleli nel vedico) e lo ionico corrente (cólto, non
parlato: la lingua delle iscrizioni) del giambo (forme contratte, crasi,
declinazione ‘attica’, termini volgari, la riduzione degli epicismi non ionici).
L’incomparabile lirica eolica (in mancanza di una prosa eolica e di una lirica
corale epicorica; il limitato apporto delle iscrizioni: fonetica e morfologia,
non lessico) e beotica (Corinna), i metri ‘innodici’ indoeuropei, il lessico e lo
stile semplici; la lingua delle persone cólte contemporanee (tranne la rarità
dell’articolo e delle forme contratte): eolico nei lesbici, ionico in
Anacreonte, beotico in Corinna.
La lirica corale: il ‘dorico’ di poeti non dorici; composizioni corali per feste
religiose pubbliche e successiva laicizzazione; l’ᾱ, gli infiniti in -μεν, gen.
in -ᾶν e dat. in -εσσι, la mancanza di aoristi in -ξα e di ‘futuri dorici’, la
rarità di ϝ (tranne che in Alcmane e in Pindaro: la confusione ϝ/γ nei codici),
l’alternanza σύ/τύ, la presenza di ἄν e κε(ν), Μῶσα e Μοῖσα, i gen. in -οιο,
κῆρ > κέαρ, i composti e la lingua solenne.
ESCHILO
Eschilo, Agamennone 1577-1611 [1]
ὦ φέγγος εὖφρον ἡμέρας δικηφόρου.
φαίην ἂν ἤδη νῦν βροτῶν τιμαόρους
θεοὺς ἄνωθεν γῆς ἐποπτεύειν ἄχη,
ἰδὼν ὑφαντοῖς ἐν πέπλοις Ἐρινύων
τὸν ἄνδρα τόνδε κείμενον, φίλως ἐμοί,
χερὸς πατρῴας ἐκτίνοντα μηχανάς.
Ἀτρεὺς γὰρ ἄρχων τῆσδε γῆς, τούτου πατήρ,
πατέρα Θυέστην τὸν ἐμόν, ὡς τορῶς φράσαι,
αὑτοῦ δ᾽ ἀδελφόν, ἀμφίλεκτος ὢν κράτει,
ἠνδρηλάτησεν ἐκ πόλεώς τε καὶ δόμων.
καὶ προστρόπαιος ἑστίας μολὼν πάλιν
τλήμων Θυέστης μοῖραν ηὕρετ᾽ ἀσφαλῆ,
τὸ μὴ θανὼν πατρῷον αἱμάξαι πέδον
αὐτός· ξένια δὲ τοῦδε δύσθεος πατὴρ
1580
1585
1590
Eschilo, Agamennone 1577-1611 [2]
Ἀτρεύς, προθύμως μᾶλλον ἢ φίλως πατρὶ
τὠμῷ, κρεουργὸν ἦμαρ εὐθύμως ἄγειν
δοκῶν, παρέσχε δαῖτα παιδείων κρεῶν.
τὰ μὲν ποδήρη καὶ χερῶν ἄκρους κτένας
ἔθρυπτ᾽ ἄνωθεν ἀνδρακὰς καθημένοις
ἄσημ᾽· ὁ δ᾽ αὐτῶν αὐτίκ᾽ ἀγνοίᾳ λαβὼν
ἔσθει βορὰν ἄσωτον, ὡς ὁρᾷς, γένει.
κἄπειτ᾽ ἐπιγνοὺς ἔργον οὐ καταίσιον
ᾤμωξεν, ἀμπίπτει δ᾽ ἀπὸ σφαγὴν ἐρῶν,
μόρον δ᾽ ἄφερτον Πελοπίδαις ἐπεύχεται,
λάκτισμα δείπνου ξυνδίκως τιθεὶς ἀρᾷ,
οὕτως ὀλέσθαι πᾶν τὸ Πλεισθένους γένος.
ἐκ τῶνδέ τοι πεσόντα τόνδ᾽ ἰδεῖν πάρα.
κἀγὼ δίκαιος τοῦδε τοῦ φόνου ῥαφεύς.
1595
1600
Eschilo, Agamennone 1577-1611 [3]
τρίτον γὰρ ὄντα μ᾽ ἔλιπε, κἀθλίῳ πατρὶ
συνεξελαύνει τυτθὸν ὄντ᾽ ἐν σπαργάνοις·
τραφέντα δ᾽ αὖθις ἡ δίκη κατήγαγεν,
καὶ τοῦδε τἀνδρὸς ἡψάμην θυραῖος ὤν,
πᾶσαν ξυνάψας μηχανὴν δυσβουλίας.
οὕτω καλὸν δὴ καὶ τὸ κατθανεῖν ἐμοί,
ἰδόντα τοῦτον τῆς δίκης ἐν ἕρκεσιν.
1605
1610
Egisto ‘re di giustizia’
• vendetta e viltà
• la pretesa di giustizia
• la donna-uomo e l’uomo-donna
• le parole e le azioni
• il bisogno del riconoscimento altrui
SOFOCLE
Sofocle, Edipo re 316-462 [1]
ΟΙ.
ὦ πλοῦτε καὶ τυραννὶ καὶ τέχνη τέχνης
ὑπερφέρουσα, τῷ πολυζήλῳ βίῳ
ὅσος παρ᾽ ὑμῖν ὁ φθόνος φυλάσσεται,
εἰ τῆσδέ γ᾽ ἀρχῆς οὕνεχ᾽, ἣν ἐμοὶ πόλις
δωρητόν, οὐκ αἰτητόν, εἰσεχείρισεν,
ταύτης Κρέων ὁ πιστός, οὑξ ἀρχῆς φίλος,
λάθρᾳ μ᾽ ὑπελθὼν ἐκβαλεῖν ἱμείρεται,
ὑφεὶς μάγον τοιόνδε μηχανορράφον,
δόλιον ἀγύρτην, ὅστις ἐν τοῖς κέρδεσιν
μόνον δέδορκε, τὴν τέχνην δ᾽ ἔφυ τυφλός.
ἐπεί, φέρ᾽ εἰπέ, ποῦ σὺ μάντις εἶ σαφής;
πῶς οὐχ, ὅθ᾽ ἡ ῥαψῳδὸς ἐνθάδ᾽ ἦν κύων,
ηὔδας τι τοῖσδ᾽ ἀστοῖσιν ἐκλυτήριον;
380
385
390
Sofocle, Edipo re 316-462 [2]
καίτοι τό γ᾽ αἴνιγμ᾽ οὐχὶ τοὐπιόντος ἦν
ἀνδρὸς διειπεῖν, ἀλλὰ μαντείας ἔδει·
ἣν οὔτ᾽ ἀπ᾽ οἰωνῶν σὺ προὐφάνης ἔχων
οὔτ᾽ ἐκ θεῶν του γνωτόν· ἀλλ᾽ ἐγὼ μολών,
ὁ μηδὲν εἰδὼς Οἰδίπους, ἔπαυσά νιν,
γνώμῃ κυρήσας οὐδ᾽ ἀπ᾽ οἰωνῶν μαθών·
ὃν δὴ σὺ πειρᾷς ἐκβαλεῖν, δοκῶν θρόνοις
παραστατήσειν τοῖς Κρεοντείοις πέλας.
κλαίων δοκεῖς μοι καὶ σὺ χὠ συνθεὶς τάδε
ἁγηλατήσειν· εἰ δὲ μὴ ᾽δόκεις γέρων
εἶναι, παθὼν ἔγνως ἂν οἷά περ φρονεῖς. [...]
ΤΕ.
ἡμεῖς τοιοίδ᾽ ἔφυμεν, ὡς μὲν σοὶ δοκεῖ,
μῶροι, γονεῦσι δ᾽ οἵ σ᾽ ἔφυσαν, ἔμφρονες.
ΟΙ.
ποίοισι; μεῖνον· τίς δέ μ᾽ ἐκφύει βροτῶν;
395
400
435
Sofocle, Edipo re 316-462 [3]
ΤΕ.
ἥδ᾽ ἡμέρα φύσει σε καὶ διαφθερεῖ.
ΟΙ.
ὡς πάντ᾽ ἄγαν αἰνικτὰ κἀσαφῆ λέγεις.
ΤΕ.
οὔκουν σὺ ταῦτ᾽ ἄριστος εὑρίσκειν ἔφυς;
ΟΙ.
τοιαῦτ᾽ ὀνείδιζ᾽ οἷς ἔμ᾽ εὑρήσεις μέγαν.
ΤΕ.
αὕτη γε μέντοι σ᾽ ἡ τύχη διώλεσεν.
ΟΙ.
ἀλλ᾽ εἰ πόλιν τήνδ᾽ ἐξέσωσ᾽ οὔ μοι μέλει.
ΤΕ.
ἄπειμι τοίνυν· καὶ σύ, παῖ, κόμιζέ με.
ΟΙ.
κομιζέτω δῆθ᾽· ὡς παρὼν σύ γ᾽ ἐμποδὼν
ὀχλεῖς, συθείς τ᾽ ἂν οὐκ ἂν ἀλγύναις πλέον.
ΤΕ.
εἰπὼν ἄπειμ᾽ ὧν οὕνεκ᾽ ἦλθον, οὐ τὸ σὸν
δείσας πρόσωπον· οὐ γὰρ ἔσθ᾽ ὅπου μ᾽ ὀλεῖς.
λέγω δέ σοι· τὸν ἄνδρα τοῦτον ὃν πάλαι
ζητεῖς ἀπειλῶν κἀνακηρύσσων φόνον
τὸν Λαΐειον, οὗτός ἐστιν ἐνθάδε,
440
445
450
Sofocle, Edipo re 316-462 [4]
ξένος λόγῳ μέτοικος, εἶτα δ᾽ ἐγγενὴς
φανήσεται Θηβαῖος, οὐδ᾽ ἡσθήσεται
τῇ ξυμφορᾷ· τυφλὸς γὰρ ἐκ δεδορκότος
καὶ πτωχὸς ἀντὶ πλουσίου ξένην ἔπι
σκήπτρῳ προδεικνὺς γαῖαν ἐμπορεύσεται.
φανήσεται δὲ παισὶ τοῖς αὑτοῦ ξυνὼν
ἀδελφὸς αὑτὸς καὶ πατήρ, κἀξ ἧς ἔφυ
γυναικὸς υἱὸς καὶ πόσις, καὶ τοῦ πατρὸς
ὁμοσπόρος τε καὶ φονεύς. καὶ ταῦτ᾽ ἰὼν
εἴσω λογίζου· κἂν λάβῃς μ᾽ ἐψευσμένον,
φάσκειν ἔμ᾽ ἤδη μαντικῇ μηδὲν φρονεῖν.
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l’onnipotenza cieca di Edipo
• l’indovino riluttante e il sovrano impotente
• la parola e il silenzio
• l’ira come disvelamento
• vista e cecità
• intelligenza e conoscenza: gli enigmi e la realtà
• la conoscenza di sé e l’identità
• la forza della verità
EURIPIDE
Euripide, Supplici 399-510 [1]
ΘΗ. πρῶτον μὲν ἤρξω τοῦ λόγου ψευδῶς, ξένε,
ζητῶν τύραννον ἐνθάδ᾽· οὐ γὰρ ἄρχεται
ἑνὸς πρὸς ἀνδρὸς ἀλλ᾽ ἐλευθέρα πόλις.
δῆμος δ᾽ ἀνάσσει διαδοχαῖσιν ἐν μέρει
ἐνιαυσίαισιν, οὐχὶ τῶι πλούτωι διδοὺς
τὸ πλεῖστον ἀλλὰ χὠ πένης ἔχων ἴσον.
ΚΗ. ἓν μὲν τόδ᾽ ἡμῖν ὥσπερ ἐν πεσσοῖς δίδως
κρεῖσσον· πόλις γὰρ ἧς ἐγὼ πάρειμ᾽ ἄπο
ἑνὸς πρὸς ἀνδρὸς οὐκ ὄχλωι κρατύνεται·
οὐδ᾽ ἔστιν αὐτὴν ὅστις ἐκχαυνῶν λόγοις
πρὸς κέρδος ἴδιον ἄλλοτ᾽ ἄλλοσε στρέφει,
τὸ δ᾽ αὐτίχ᾽ ἡδὺς καὶ διδοὺς πολλὴν χάριν
ἐσαῦθις ἔβλαψ᾽, εἶτα διαβολαῖς νέαις
κλέψας τὰ πρόσθε σφάλματ᾽ ἐξέδυ δίκης.
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Euripide, Supplici 399-510 [2]
ἄλλως τε πῶς ἂν μὴ διορθεύων λόγους
ὀρθῶς δύναιτ᾽ ἂν δῆμος εὐθύνειν πόλιν;
ὁ γὰρ χρόνος μάθησιν ἀντὶ τοῦ τάχους
κρείσσω δίδωσι. γαπόνος δ᾽ ἀνὴρ πένης,
εἰ καὶ γένοιτο μὴ ἀμαθής, ἔργων ὕπο
οὐκ ἂν δύναιτο πρὸς τὰ κοίν᾽ ἀποβλέπειν.
ἦ δὴ νοσῶδες τοῦτο τοῖς ἀμείνοσιν,
ὅταν πονηρὸς ἀξίωμ᾽ ἀνὴρ ἔχηι
γλώσσηι κατασχὼν δῆμον, οὐδὲν ὢν τὸ πρίν.
ΘΗ. κομψός γ᾽ ὁ κῆρυξ καὶ παρεργάτης λόγων.
ἐπεὶ δ᾽ ἀγῶνα καὶ σὺ τόνδ᾽ ἠγωνίσω,
ἄκου᾽· ἅμιλλαν γὰρ σὺ προύθηκας λόγων.
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Euripide, Supplici 399-510 [3]
σκέψαι δὲ καὶ μὴ τοῖς ἐμοῖς θυμούμενος
λόγοισιν, ὡς δὴ πόλιν ἐλευθέραν ἔχων,
σφριγῶντ᾽ ἀμείψηι μῦθον ἐκ βραχιόνων.
ἐλπὶς γάρ ἐστ᾽ ἄπιστον, ἣ πολλὰς πόλεις
συνῆψ᾽ ἄγουσα θυμὸν εἰς ὑπερβολάς.
ὅταν γὰρ ἔλθηι πόλεμος ἐς ψῆφον λεώ,
οὐδεὶς ἔθ᾽ αὑτοῦ θάνατον ἐκλογίζεται,
τὸ δυστυχὲς δὲ τοῦτ᾽ ἐς ἄλλον ἐκτρέπει.
εἰ δ᾽ ἦν παρ᾽ ὄμμα θάνατος ἐν ψήφου φορᾶι,
οὐκ ἄν ποθ᾽ Ἑλλὰς δοριμανὴς ἀπώλλυτο.
καίτοι δυοῖν γε πάντες ἄνθρωποι λόγοιν
τὸν κρείσσον᾽ ἴσμεν καὶ τὰ χρηστὰ καὶ κακὰ
ὅσωι τε πολέμου κρεῖσσον εἰρήνη βροτοῖς·
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Euripide, Supplici 399-510 [4]
ἣ πρῶτα μὲν Μούσαισι προσφιλεστάτη
Ποιναῖσι δ᾽ ἐχθρά, τέρπεταί τ᾽ εὐπαιδίαι
χαίρει δὲ πλούτωι. ταῦτ᾽ ἀφέντες οἱ κακοὶ
πολέμους ἀναιρούμεσθα καὶ τὸν ἥσσονα
δουλούμεθ᾽, ἄνδρες ἄνδρα καὶ πόλις πόλιν. [...]
ἢ θεοὺς δικαίως τοὺς κακοὺς ἀπολλύναι.
φιλεῖν μὲν οὖν χρὴ τοὺς σοφοὺς πρῶτον τέκνα,
φιλεῖν μὲν οὖν χρὴ τοὺς σοφοὺς πρῶτον τέκνα,
ἔπειτα τοκέας πατρίδα θ᾽, ἣν αὔξειν χρεὼν
καὶ μὴ κατᾶξαι. σφαλερὸν ἡγεμὼν θρασὺς
νεώς τε ναύτης· ἥσυχος καιρῶι, σοφός.
καὶ τοῦτό τοι τἀνδρεῖον, ἡ προμηθία.
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l’araldo del potere
• retorica della tirannide e della democrazia
• il potere della parola e il potere della violenza
• il cliché della gioventù
• la politica dei muscoli e delle minacce
• retorica della pace e della guerra
• retorica della saggezza
• buon governo vs giustizia
ARISTOFANE
Aristofane, Nuvole 88-104 [1]
ΣΤ.
ἔκτρεψον ὡς τάχιστα τοὺς σαυτοῦ τρόπους
καὶ μάνθαν᾽ ἐλθὼν ἃν ἐγὼ παραινέσω.
ΦΕ.
λέγε δή, τί κελεύεις;
ΣΤ.
καί τι πείσει;
ΦΕ.
πείσομαι,
νὴ τὸν Διόνυσον.
ΣΤ.
δεῦρό νυν ἀπόβλεπε.
ὁρᾷς τὸ θύριον τοῦτο καὶ τοἰκίδιον;
ΦΕ.
ὁρῶ. τί οὖν τοῦτ᾽ ἐστὶν ἐτεόν, ὦ πάτερ;
ΣΤ. ψυχῶν σοφῶν τοῦτ᾽ ἐστὶ φροντιστήριον.
ἐνταῦθ᾽ ἐνοικοῦσ᾽ ἄνδρες οἳ τὸν οὐρανὸν
λέγοντες ἀναπείθουσιν ὡς ἔστιν πνιγεύς,
κἄστιν περὶ ἡμᾶς οὗτος, ἡμεῖς δ᾽ ἅνθρακες.
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Aristofane, Nuvole 88-104 [2]
οὗτοι διδάσκουσ᾽, ἀργύριον ἤν τις διδῷ,
λέγοντα νικᾶν καὶ δίκαια κἄδικα.
ΦΕ.
εἰσὶν δὲ τίνες;
ΣΤ.
οὐκ οἶδ᾽ ἀκριβῶς τοὔνομα.
μεριμνοφροντισταὶ καλοί τε κἀγαθοί.
ΦΕ.
αἰβοῖ, πονηροί γ᾽, οἶδα. τοὺς ἀλαζόνας,
τοὺς ὠχριῶντας, τοὺς ἀνυποδήτους λέγεις,
ὧν ὁ κακοδαίμων Σωκράτης καὶ Χαιρεφῶν.
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sofisti e artisti
• il cambiamento dei propri τρόποι
• la casetta-parlamento dei pensieri e del sapere
• le ‘anime sapienti’
• il denaro e il sovvertimento di tutti i valori
• la faccia malata dell’intellettuale
• l’aristocrazia del pensiero
• l’ἀλαζονεία del sapere e la viltà degli sciagurati
per approfondire...
• Ar. Nu. 1476-1492 (il rogo dell’ἀλαζονεία);
• Ar. Av. 864-1057 (permessi di soggiorno a Nubicuculia)
Il teatro: festa religiosa e laica
Le maschere da armamentario cultuale a istituto
letterario e mezzo di rappresentazione.
Lo scenario (il teatro di Dioniso), il pubblico
(l’intera polis) e la formalizzazione.
La commistione di generi poetici non attici: il
genere lirico religioso dorico e quello lirico
narrativo ionico.
Dalla lirica corale alla tragedia: il coro, il canto
‘a solo’, il parlato-recitato (l’attività di Arione
di Metimna a Corinto e l’origine doricocorinzia?).
Commistione linguistica nella tragedia
I cori: i metri e la lingua lirici, l’ᾱ, le ultime tracce del ‘sacro’ (le
oscillazioni testuali e il problema della tradizione linguistica dei testi
scenici).
Il parlato giambo-trocaico, la lingua di Atene e gli ionismi letterarizzanti:
la grammatica attica; α ed η attici; la sporadicità del duale; σσ (non
ττ) e ρσ (non ρρ) e gli iperionismi (πυρσός); forme ioniche letterarie
(ὄπωπα per ἐόρακα, δούρατος e δορός per δόρατος, Θρῇξ, γῆθεν).
La volontà di distaccarsi dall’attico quotidiano e di ‘alzare il tono’: gli
omerismi (forme non contratte, lunghe ει e ου per ε e ο, des. in -οιο
ed -εσσι, forme pronominali e articolo-relativo, diverse forme verbali,
comp. ἀρείων e βέλτερος, preposizioni, congiunzioni e particelle) e il
gioco dei verbi composti (e dei preverbi ‘esaustivi’); la glossa in luogo
del nome comune; occidentalismi (nel coro e nel dialogo: dal coro al
dialogo o da Corinto ad Atene? Metricismi, poetismi, tecnicismi, ᾱ
originari); ionismi non omerici.
La cultura ‘di tipo ateniese’
La commistione stilizzata di tutte le espressioni
letterarie precedenti.
La lirica discorsiva e narrativa ionica e la lirica
religiosa dorica.
Il carattere interdialettale e tendenzialmente
‘imperialista’ della letteratura ateniese.
La preparazione di una nuova lingua comune
(che però sarà creata dalla filosofia, dalla
scienza e dalla storiografia più che dalla
poesia).
Il ‘dramma’ siciliano e la commedia
La misteriosa (l’assenza di opere intere fino a Teocrito
e ad Archimede) ma influente (l’esempio delle
monete del VI sec. a.C.) cultura siciliana e le origini
doriche del dramma (δρᾶμα)
La koine occidentale di tipo dorico: Epicarmo (il nome
di un genere?) e Sofrone.
I genitivi ἐμέος e τέος, ϝίσαμι (< ϝίσαντι), δεικνύειν (<
δεικνύοντι), πεφύκειν, πέποσχα, il dat. pl. in -εσσι,
κάρρων (per κρείσσων)
Le differenze dall’attico, la lingua naturale e ‘parlata’,
i composti parodici.
La commedia attica
L’ateniese parlato e le differenze tra Aristofane e
Menandro: i volgarismi.
La grammatica attica (imperativi in -ο e in -σο,
ἔδοσαν ed ἔδωκαν, futuri dorici e non,
ἔμελλον ed ἤμελλον, comparativi in -ω e
in -ονα, πλεῖν / πλέον / πλεῖον ἢ …), i cori e i
composti paratragici (e paraepici e paralirici),
gli ‘stranieri’ parlanti nei dialetti locali (le
lingue diverse ma comunicanti), i metricismi
(-οιατο, -μεσθα, etc.).
La letteratura ateniese e panellenica.
PLATONE
Platone, Repubblica 336b-338c [1]
καὶ ὁ Θρασύμαχος πολλάκις μὲν καὶ διαλεγομένων
ἡμῶν μεταξὺ ὥρμα ἀντιλαμβάνεσθαι τοῦ λόγου, ἔπειτα ὑπὸ
τῶν παρακαθημένων διεκωλύετο βουλομένων διακοῦσαι τὸν
λόγον· ὡς δὲ διεπαυσάμεθα καὶ ἐγὼ ταῦτ᾽ εἶπον, οὐκέτι
ἡσυχίαν ἦγεν, ἀλλὰ συστρέψας ἑαυτὸν ὥσπερ θηρίον ἧκεν ἐφ᾽
ἡμᾶς ὡς διαρπασόμενος.
καὶ ἐγώ τε καὶ ὁ Πολέμαρχος δείσαντες διεπτοήθημεν·
ὁ δ᾽ εἰς τὸ μέσον φθεγξάμενος, “τίς, ἔφη, ὑμᾶς πάλαι φλυαρία
ἔχει, ὦ Σώκρατες; καὶ τί εὐηθίζεσθε πρὸς ἀλλήλους
ὑποκατακλινόμενοι ὑμῖν αὐτοῖς; ἀλλ᾽ εἴπερ ὡς ἀληθῶς βούλει
εἰδέναι τὸ δίκαιον ὅτι ἔστι, μὴ μόνον ἐρώτα μηδὲ φιλοτιμοῦ
ἐλέγχων ἐπειδάν τίς τι ἀποκρίνηται, ἐγνωκὼς τοῦτο, ὅτι ῥᾷον
ἐρωτᾶν ἢ ἀποκρίνεσθαι, ἀλλὰ καὶ αὐτὸς ἀπόκριναι καὶ εἰπὲ τί
φῂς εἶναι τὸ δίκαιον. καὶ ὅπως μοι μὴ ἐρεῖς ὅτι τὸ δέον ἐστὶν
Platone, Repubblica 336b-338c [2]
μηδ᾽ ὅτι τὸ ὠφέλιμον μηδ᾽ ὅτι τὸ λυσιτελοῦν μηδ᾽ ὅτι τὸ
κερδαλέον μηδ᾽ ὅτι τὸ συμφέρον, ἀλλὰ σαφῶς μοι καὶ
ἀκριβῶς λέγε ὅτι ἂν λέγῃς· ὡς ἐγὼ οὐκ ἀποδέξομαι ἐὰν
ὕθλους τοιούτους λέγῃς”.
καὶ ἐγὼ ἀκούσας ἐξεπλάγην καὶ προσβλέπων αὐτὸν
ἐφοβούμην, καί μοι δοκῶ, εἰ μὴ πρότερος ἑωράκη αὐτὸν ἢ
ἐκεῖνος ἐμέ, ἄφωνος ἂν γενέσθαι. νῦν δὲ ἡνίκα ὑπὸ τοῦ λόγου
ἤρχετο ἐξαγριαίνεσθαι, προσέβλεψα αὐτὸν πρότερος, ὥστε
αὐτῷ οἷός τ᾽ ἐγενόμην ἀποκρίνασθαι, καὶ εἶπον ὑποτρέμων·
“ὦ Θρασύμαχε, μὴ χαλεπὸς ἡμῖν ἴσθι· εἰ γάρ τι
ἐξαμαρτάνομεν ἐν τῇ τῶν λόγων σκέψει ἐγώ τε καὶ ὅδε, εὖ
ἴσθι ὅτι ἄκοντες ἁμαρτάνομεν. μὴ γὰρ δὴ οἴου, εἰ μὲν χρυσίον
ἐζητοῦμεν, οὐκ ἄν ποτε ἡμᾶς ἑκόντας εἶναι ὑποκατακλίνεσθαι ἀλλήλοις ἐν τῇ ζητήσει καὶ διαφθείρειν τὴν
Platone, Repubblica 336b-338c [3]
εὕρεσιν αὐτοῦ, δικαιοσύνην δὲ ζητοῦντας, πρᾶγμα πολλῶν
χρυσίων τιμιώτερον, ἔπειθ᾽ οὕτως ἀνοήτως ὑπείκειν ἀλλήλοις
καὶ οὐ σπουδάζειν ὅτι μάλιστα φανῆναι αὐτό. οἴου γε σύ, ὦ
φίλε. ἀλλ᾽ οἶμαι οὐ δυνάμεθα· ἐλεεῖσθαι οὖν ἡμᾶς πολὺ
μᾶλλον εἰκός ἐστίν που ὑπὸ ὑμῶν τῶν δεινῶν ἢ
χαλεπαίνεσθαι”.
καὶ ὃς ἀκούσας ἀνεκάγχασέ τε μάλα σαρδάνιον καὶ
εἶπεν· “ὦ Ἡράκλεις, ἔφη, αὕτη ᾽κείνη ἡ εἰωθυῖα εἰρωνεία
Σωκράτους, καὶ ταῦτ᾽ ἐγὼ ᾔδη τε καὶ τούτοις προύλεγον, ὅτι
σὺ ἀποκρίνασθαι μὲν οὐκ ἐθελήσοις, εἰρωνεύσοιο δὲ καὶ
πάντα μᾶλλον ποιήσοις ἢ ἀποκρινοῖο, εἴ τίς τί σε ἐρωτᾷ”.
“σοφὸς γὰρ εἶ”, ἦν δ᾽ ἐγώ, “ὦ Θρασύμαχε· εὖ οὖν
ᾔδησθα ὅτι εἴ τινα ἔροιο ὁπόσα ἐστὶν τὰ δώδεκα, καὶ ἐρόμενος
προείποις αὐτῷ—‘ὅπως μοι, ὦ ἄνθρωπε, μὴ ἐρεῖς ὅτι ἔστιν τὰ
Platone, Repubblica 336b-338c [4]
δώδεκα δὶς ἓξ μηδ᾽ ὅτι τρὶς τέτταρα μηδ᾽ ὅτι ἑξάκις δύο μηδ᾽
ὅτι τετράκις τρία· ὡς οὐκ ἀποδέξομαί σου ἐὰν τοιαῦτα
φλυαρῇς’ – δῆλον οἶμαί σοι ἦν ὅτι οὐδεὶς ἀποκρινοῖτο τῷ
οὕτως πυνθανομένῳ. ἀλλ᾽ εἴ σοι εἶπεν· ‘ὦ Θρασύμαχε, πῶς
λέγεις; μὴ ἀποκρίνωμαι ὧν προεῖπες μηδέν; πότερον, ὦ
θαυμάσιε, μηδ᾽ εἰ τούτων τι τυγχάνει ὄν, ἀλλ᾽ ἕτερον εἴπω τι
τοῦ ἀληθοῦς; ἢ πῶς λέγεις;’ τί ἂν αὐτῷ εἶπες πρὸς ταῦτα;”.
“εἶεν”, ἔφη· “ὡς δὴ ὅμοιον τοῦτο ἐκείνῳ”.
“οὐδέν γε κωλύει”, ἦν δ᾽ ἐγώ· “εἰ δ᾽ οὖν καὶ μὴ ἔστιν
ὅμοιον, φαίνεται δὲ τῷ ἐρωτηθέντι τοιοῦτον, ἧττόν τι αὐτὸν
οἴει ἀποκρινεῖσθαι τὸ φαινόμενον ἑαυτῷ, ἐάντε ἡμεῖς
ἀπαγορεύωμεν ἐάντε μή;”.
“ἄλλο τι οὖν”, ἔφη, “καὶ σὺ οὕτω ποιήσεις· ὧν ἐγὼ
ἀπεῖπον, τούτων τι ἀποκρινῇ;”.
Platone, Repubblica 336b-338c [5]
“οὐκ ἂν θαυμάσαιμι”, ἦν δ᾽ ἐγώ· “εἴ μοι σκεψαμένῳ
οὕτω δόξειεν”.
“τί οὖν”, ἔφη, “ἂν ἐγὼ δείξω ἑτέραν ἀπόκρισιν παρὰ
πάσας ταύτας περὶ δικαιοσύνης, βελτίω τούτων; τί ἀξιοῖς
παθεῖν;”
“τί ἄλλο”, ἦν δ᾽ ἐγώ, “ἢ ὅπερ προσήκει πάσχειν τῷ μὴ
εἰδότι; προσήκει δέ που μαθεῖν παρὰ τοῦ εἰδότος· καὶ ἐγὼ οὖν
τοῦτο ἀξιῶ παθεῖν”.
“ἡδὺς γὰρ εἶ”, ἔφη· “ἀλλὰ πρὸς τῷ μαθεῖν καὶ
ἀπότεισον ἀργύριον”.
“οὐκοῦν ἐπειδάν μοι γένηται”, εἶπον.
“ἀλλ᾽ ἔστιν”, ἔφη ὁ Γλαύκων. “ἀλλ᾽ ἕνεκα ἀργυρίου, ὦ
Θρασύμαχε, λέγε· πάντες γὰρ ἡμεῖς Σωκράτει εἰσοίσομεν”.
Platone, Repubblica 336b-338c [6]
“πάνυ γε οἶμαι”, ἦ δ᾽ ὅς· “ἵνα Σωκράτης τὸ εἰωθὸς
διαπράξηται· αὐτὸς μὲν μὴ ἀποκρίνηται, ἄλλου δ᾽
ἀποκρινομένου λαμβάνῃ λόγον καὶ ἐλέγχῃ”.
“πῶς γὰρ ἄν”, ἔφην ἐγώ, ὦ βέλτιστε, “τὶς ἀποκρίναιτο
πρῶτον μὲν μὴ εἰδὼς μηδὲ φάσκων εἰδέναι, ἔπειτα, εἴ τι καὶ
οἴεται, περὶ τούτων ἀπειρημένον αὐτῷ εἴη ὅπως μηδὲν ἐρεῖ ὧν
ἡγεῖται ὑπ᾽ ἀνδρὸς οὐ φαύλου; ἀλλὰ σὲ δὴ μᾶλλον εἰκὸς
λέγειν· σὺ γὰρ δὴ φῂς εἰδέναι καὶ ἔχειν εἰπεῖν. μὴ οὖν ἄλλως
ποίει, ἀλλὰ ἐμοί τε χαρίζου ἀποκρινόμενος καὶ μὴ φθονήσῃς
καὶ Γλαύκωνα τόνδε διδάξαι καὶ τοὺς ἄλλους”.
εἰπόντος δέ μου ταῦτα, ὅ τε Γλαύκων καὶ οἱ ἄλλοι
ἐδέοντο αὐτοῦ μὴ ἄλλως ποιεῖν. καὶ ὁ Θρασύμαχος φανερὸς
μὲν ἦν ἐπιθυμῶν εἰπεῖν ἵν᾽ εὐδοκιμήσειεν, ἡγούμενος ἔχειν
ἀπόκρισιν παγκάλην· προσεποιεῖτο δὲ φιλονικεῖν πρὸς τὸ ἐμὲ
Platone, Repubblica 336b-338c [7]
“αὕτη δή”, ἔφη, “ἡ Σωκράτους σοφία· αὐτὸν μὲν μὴ
ἐθέλειν διδάσκειν, παρὰ δὲ τῶν ἄλλων περιιόντα μανθάνειν
καὶ τούτων μηδὲ χάριν ἀποδιδόναι”.
“ὅτι μέν”, ἦν δ᾽ ἐγώ, “μανθάνω παρὰ τῶν ἄλλων, ἀληθῆ
εἶπες, ὦ Θρασύμαχε, ὅτι δὲ οὔ με φῂς χάριν ἐκτίνειν, ψεύδῃ·
ἐκτίνω γὰρ ὅσην δύναμαι. δύναμαι δὲ ἐπαινεῖν μόνον·
χρήματα γὰρ οὐκ ἔχω. ὡς δὲ προθύμως τοῦτο δρῶ, ἐάν τίς μοι
δοκῇ εὖ λέγειν, εὖ εἴσῃ αὐτίκα δὴ μάλα, ἐπειδὰν ἀποκρίνῃ·
οἶμαι γάρ σε εὖ ἐρεῖν”
“ἄκουε δή”, ἦ δ᾽ ὅς. “φημὶ γὰρ ἐγὼ εἶναι τὸ δίκαιον οὐκ
ἄλλο τι ἢ τὸ τοῦ κρείττονος συμφέρον. ἀλλὰ τί οὐκ ἐπαινεῖς;
ἀλλ᾽ οὐκ ἐθελήσεις”.
credere di sapere
• i ‘complimenti’ degli intellettuali e l’immediatezza di Trasimaco
• politesse ipocrita e violenza ‘genuina’?
• la retorica della sincerità
• confutare e proporre
• il ‘politicamente scorretto’
• il metodo ermeneutico: domande o risposte?
•ἀλαζονεία vs. εἰρωνεία
per approfondire...
• Plat. Hipp. mi. 368a-372d (competenza, ignoranza,
verità e menzogna: la tragedia di ἀλαζονεία e σοφία)
Un’invenzione ionica: la prosa
La poesia degli Eoli e la prosa degli Ioni: l’affrancamento dalla
tradizione e dal sentimento e la riproduzione intellettuale e discorsiva
di una realtà positiva.
Gli Ioni alla guida culturale e spirituale della Grecia dall’età arcaica
all’inizio di quella classica: i Greci yauna, l’influsso sull’architettura,
sulle arti e sulla scienza orientale (persiana in primis).
La koiné ionica e l’influenza dell’alfabeto ionico (l’es. di χ), poi
generalizzato (Atene 403, Beozia 370, ecc.), e della terminologia
ionica.
L’estrazione e la lingua ionica dei primi prosatori (Talete, Anassimandro,
Anassimene; Eraclito; Ecateo), e quindi del genere in quanto tale
(Erodoto e Tucidide; Ippocrate di Coo; Antioco di Siracusa, Ellanico
di Lesbo); le poche tracce di una prosa dorica (dalle Dialexeis ad
Archimede); le differenze stilistiche (maggiore o minore letterarietà),
non linguistiche tra i γένη della prosa.
La prosa ‘paraletteraria’:
αἶνοι, λόγοι, μῦθοι, leggi ed elenchi
L’Αἴσωπος λογοποιός e i riflessi poetici da
Archiloco a Platone (Phaed. 60c, 61b).
Genealogie, elenchi di vincitori (ad
Olimpia dal 776 a.C.), liste di sacerdoti o
governanti (gli efori a Sparta dal 757 a.C.,
gli arconti ad Atene dal 683 a.C.), leggi.
La prosa didascalica e narrativa:
logografia, storiografia, scienza,
filosofia
La lingua dei primi logografi tra pretese
poetiche e koiné d’uso microasiatica.
Epicismi, forme non contratte, ionismi
arcaici, l’ingenuità e il gusto narrativo
(l’esempio degli Iamata di Epidauro).
Erodoto, la filosofia, la medicina
La lingua semplice (scevra di γλῶσσαι), varia e
‘internazionale’ del viaggiatore di Alicarnasso.
Arcaismi, forme non contratte, epicismi e
atticismi: il peso della tradizione manoscritta e
la stilizzazione letteraria.
Le γνῶμαι filosofiche tra retorica e poesia:
Eraclito e Democrito.
Ippocrate ἄκρατος: concisione e chiarezza.
La lingua ufficiale della dodecapoli e
della giambografia: la prosa ‘orale’
Il carattere autoctono della prosa ionica e il rifiuto dei concetti
tradizionali di origine orientale (ma si veda Eraclito): i fatti
e la ragione.
Gli scritti per la lettura (cf. Plat. Parm. 127c) e il carattere
orale delle frasi (le ripetizioni, le pospositive, i parallelismi
e la sottolineatura continua della struttura della frase).
Dalle parole-forza alle parole-segno (es. di ὕπνος, φύσις,
ἀνάγκη).
Il pensiero discorsivo e razionale: l’isolamento e l’espressione
distinta di ogni nozione (l’opposizione dei termini, l’articolo
e l’aggettivo neutro, le formanti nominali -της, -σις e -μα e
la razionalizzazione del linguaggio), agilità e precisione.
Atene e la retorica
La sopravvivenza della lingua di cultura ionica.
La prosa fatta per l’azione: l’attico dall’arcaismo (il duale, i
verbi atematici, λαμβάνω/λήψομαι, πόλις, -ττ- e -ρρ-) alla
Kunstprosa.
La retorica di importazione (Siracusa?): Gorgia di Leontini (le
figure retoriche), Trasimaco di Calcedonia (il ritmo
prosastico e i cola).
Politologia e storiografia: la Costituzione degli Ateniesi e
Tucidide.
Lisia figlio di Cefalo (l’atticismo giudiziario); Antifonte e la
differenza tra Tetralogie e discorsi giudiziari; Iperide e
l’anticipo della koiné; Demostene e la prosa di tutta la
Grecia.
Filosofia e retorica: Isocrate e Platone
La conversazione cólta di Platone: i poetismi, le etimologie
popolari (vd. Cratilo), l’attico puro (il duale), parole usuali in
significato generale (i neutri e l’articolo), l’algebra linguistica.
La storia girovaga di Senofonte: l’attico impuro e l’annuncio della
koiné (la rarità del duale, dorismi e ionismi, poetismi, coinismi).
La lingua aulica e la grammatica attica di Isocrate.
La koiné in Aristotele: l’attico che diventa greco comune e prosa
del pensiero razionale (l’ordo verborum, le pospositive, gli
elementi verbali e nominal-verbali, l’articolo dimostrativo,
varietas e unità).
La lingua dei vasai e delle tabellae defixionis: l’attico che non
rimane.
Il problema della tradizione manoscritta e l’emendazione (già
antica) delle anomalie.
TEOFRASTO
Teofrasto, Caratteri 23 [1]
ΑΛΑΖΟΝΕΙΑΣ
1. Ἀμέλει δὲ ἡ ἀλαζονεία δόξει εἶναι προσποίησίς τις
ἀγαθῶν οὐκ ὄντων, ὁ δὲ ἀλαζὼν τοιοῦτός τις, 2. οἷος ἐν τῷ
διαζεύγματι ἑστηκὼς διηγεῖσθαι ξένοις, ὡς πολλὰ χρήματα
αὐτῷ ἐστιν ἐν τῇ θαλάττῃ· καὶ περὶ τῆς ἐργασίας τῆς
δανειστικῆς διεξιέναι, ἡλίκη, καὶ αὐτὸς ὅσα εἴληφε καὶ
ἀπολώλεκε· καὶ ἅμα ταῦτα πλεθρίζων πέμπειν τὸ παιδάριον
εἰς τὴν τράπεζαν, δραχμῆς αὐτῷ κειμένης.
3. καὶ συνοδοιπόρου δὲ ἀπολαῦσαι ἐν τῇ ὁδῷ δεινὸς
λέγων, ὡς μετ᾽ Ἀλεξάνδρου ἐστρατεύσατο, καὶ ὡς αὐτῷ εἶχε,
καὶ ὅσα λιθοκόλλητα ποτήρια ἐκόμισε· καὶ περὶ τῶν τεχνιτῶν
τῶν ἐν τῇ Ἀσίᾳ, ὅτι βελτίους εἰσὶ τῶν ἐν τῇ Εὐρώπῃ,
ἀμφισβητῆσαι· καὶ ταῦτα ψοφῆσαι, οὐδαμοῦ ἐκ τῆς πόλεως
ἀποδεδημηκώς.
Teofrasto, Caratteri 23 [2]
4. καὶ γράμματα δὲ εἰπεῖν, ὡς πάρεστι παρ᾽ Ἀντιπάτρου
τριττὰ δὴ λέγοντα παραγενέσθαι αὐτὸν εἰς Μακεδονίαν· καὶ
διδομένης αὐτῷ ἐξαγωγῆς ξύλων ἀτελοῦς ὅτι ἀπείρηται, ὅπως
μηδ᾽ ὑφ᾽ ἑνὸς συκοφαντηθῇ, Περαιτέρω φιλοσοφεῖν προσῆκε
τοῖς Μακεδόσι· 5. καὶ ἐν τῇ σιτοδείᾳ δὲ ὡς πλείω ἢ πέντε
τάλαντα αὑτῷ γένοιτο τὰ ἀναλώματα διδόντι τοῖς ἀπόροις τῶν
πολιτῶν, ἀνανεύειν γὰρ οὐ δύνασθαι.
6. καὶ ἀγνώτων δὲ παρακαθημένων κελεῦσαι θεῖναι τὰς
ψήφους ἕνα αὐτῶν καὶ ποσῶν κατὰ χιλίας καὶ κατὰ μίαν καὶ
προστιθεὶς πιθανὰ ἑκάστοις τούτων ὀνόματα ποιῆσαι καὶ δέκα
τάλαντα· καὶ τοῦτο φῆσαι εἰσενηνοχέναι εἰς ἐράνους αὐτῶν·
καὶ τὰς τριηραρχίας εἰπεῖν, ὅτι οὐ τίθησιν, οὐδὲ τὰς
λειτουργίας, ὅσας λελειτούργηκε.
Teofrasto, Caratteri 23 [3]
7. καὶ προσελθὼν δ᾽ εἰς τοὺς ἵππους τοὺς ἀγαθοὺς τοῖς
πωλοῦσι προσποιήσασθαι ὠνητιᾶν.
8. καὶ ἐπὶ τὰς κλίνας ἐλθὼν ἱματισμὸν ζητῆσαι εἰς δύο
τάλαντα καὶ τῷ παιδὶ μάχεσθαι, ὅτι τὸ χρυσίον οὐκ ἔχων αὐτῷ
ἀκολουθεῖ.
9. καὶ ἐν μισθῷ τὴν οἰκίαν οἰκῶν φῆσαι ταύτην εἶναι
τὴν πατρῴαν πρὸς τὸν μὴ εἰδότα, καὶ διότι μέλλει πωλεῖν
αὐτὴν διὰ τὸ ἐλάττω εἶναι αὐτῷ πρὸς τὰς ξενοδοχίας.
il ritratto del ciarlatano
• la “finzione di beni che non ci sono”
• la costruzione verbale della ricchezza che non si
vede
• la narrazione esotica: l’‘orientalismo’ dei Greci
• l’amicizia e la confidenza con i potenti
• la maschera della moralità e della beneficenza
• il millantare credito
• lo sfoggio della ricchezza e del potere
STRATONE COMICO
Stratone, fr. 1 K.-A. [1]
Σφίγγ᾽ ἄρρεν᾽, οὐ μάγειρον, εἰς τὴν οἰκίαν
εἴληφ᾽· ἁπλῶς γὰρ οὐδὲ ἓν, μὰ τοὺς θεοὺς,
ὧν ἂν λέγῃ συνίημι. καινὰ ῥήματα
πεπορισμένος πάρεστιν· ὡς εἰσῆλθε γάρ,
εὐθύς μ᾽ ἐπηρώτησε προσβλέψας μέγα.
“πόσους κέκληκας μέροπας ἐπὶ δεῖπνον; λέγε”.
“ἐγὼ κέκληκα μέροπας ἐπὶ δεῖπνον; χολᾷς.
τοὺς δὲ μέροπας τούτους με γινώσκειν δοκεῖς;
οὐδεὶς παρέσται· τοῦτο γὰρ νὴ τὸν Δία
ἔτι κατάλοιπον, μέροπας ἐπὶ δεῖπνον καλεῖν”.
“οὐδ᾽ ἄρα παρέσται δαιτυμὼν οὐδεὶς ὅλως;”
“οὐκ οἶδ᾽ ἔγωγε Δαιτυμόν᾽”. ἐλογιζόμην,
ἥξει Φιλῖνος, Μοσχίων, Νικήρατος,
ὁ δεῖν᾽, ὁ δεῖνα· κατ᾽ ὄνομ᾽ ἀνελογιζόμην·
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Stratone, fr. 1 K.-A. [2]
οὐκ ἦν ἐν αὐτοῖς οὐδὲ εἷς μοι Δαιτυμών.
“οὐδεὶς παρέσται” φημί. “τί λέγεις; οὐδὲ εἷς;”
σφόδρ᾽ ἠγανάκτησ᾽, ὥσπερ ἠδικημένος,
εἰ μὴ κέκληκα Δαιτυμόνα. καινὸν πάνυ.
“σὺ δ᾽ ἄρα θύεις ἐρυσίχθον᾽;” οὐκ ἔφην ἐγώ.
“βοῦν δ᾽ εὐρυμέτωπον;” “οὐ θύω βοῦν, ἄθλιε”.
μῆλα θυσιάζεις ἆρα;” “μὰ Δί᾽ ἐγὼ μὲν οὔ,
οὐδέτερον αὐτῶν, προβάτιον δ᾽”. “οὐκοῦν᾽ ἔφη
τὰ μῆλα πρόβατα;” <“τὰ μῆλα πρόβατ’;> οὐ μανθάνω
<μάγειρε>, τούτων οὐδέν, οὐδὲ βούλομαι.
ἀγροικότερός εἰμ᾽, ὥσθ᾽ ἁπλῶς μοι διαλέγου”.
“Ὅμηρον οὐκ οἶδας λέγοντα;” “καὶ μάλα
ἐξῆν ὃ βούλοιτ᾽, ὦ μάγειρ᾽, αὐτῷ λέγειν.
ἀλλὰ τί πρὸς ἡμᾶς τοῦτο, πρὸς τῆς Ἑστίας;”
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Stratone, fr. 1 K.-A. [3]
“κατ᾽ ἐκεῖνον ἤδη πρόσεχε καὶ τὰ λοιπά μοι”.
“Ὁμηρικῶς γὰρ διανοεῖ μ᾽ ἀπολλύναι;”
“οὕτω λαλεῖν εἴωθα”. “μὴ τοίνυν λάλει
οὕτω παρ᾽ ἐμοί γ᾽ ὤν”. “ἀλλὰ διὰ τὰς τέτταρας
δραχμὰς ἀποβάλω” φησί “τὴν προαίρεσιν;
τὰς οὐλοχύτας φέρε δεῦρο”. “τοῦτο δ᾽ ἐστὶ τί;”
“κριθαί”. “τί οὖν, ἀπόπληκτε, περιπλοκὰς λέγεις;”
“πηγὸς πάρεστι;” “πηγός; οὐχὶ λαικάσει
ἐρεῖς σαφέστερόν θ᾽ ὃ βούλει μοι λέγειν;”
“ἀτάσθαλός γ᾽ εἶ, πρέσβυ” φήσ᾽· “ἅλας φέρε·
τοῦτ᾽ ἔστι πηγός. ἀλλὰ δεῖξον χέρνιβα”.
παρῆν. ἔθυεν, ἔλεγεν ἄλλα ῥήματα
τοιαῦθ᾽ ἅ, μὰ τὴν γῆν, οὐδὲ εἷς ἤκουσεν ἄν,
μίστυλλα, μοίρας, δίπτυχ᾽, ὀβελούς· ὥστε με
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Stratone, fr. 1 K.-A. [4]
τῶν τοῦ Φιλίτα λαμβάνοντα βυβλίων
σκοπεῖν ἕκαστον τί δύναται τῶν ῥημάτων·
πλὴν ἱκέτευον αὐτὸν ἤδη μεταβαλεῖν
ἀνθρωπίνως λαλεῖν τε. τὸν δ᾽ οὐδ᾽ ἂν ταχὺ
ἔπεισεν ἡ Πειθώ, μὰ τὴν γῆν, οἶδ᾽ ὅτι.
καί μοι δοκεῖ ῥαψῳδοτοιούτου τινὸς
δοῦλος γεγονὼς ἐκ παιδὸς ἀλιτήριος
εἶτ’ ἀναπεπλῆσθαι τῶν Ὁμήρου ῥημάτων
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il cuoco fanfarone
• la fame e l’inganno: ricchi e poveri
• la spavalderia come protezione
• l’‘aura’ di professionalità
• il parlar difficile e le pretese intellettuali
• tra τέχνη e σοφία: artigiani e artisti
• la professionalizzazione della cucina
• épater le bourgeois
per approfondire...
• Men. Asp. 373-464 (il medico straniero)
• Hegesipp. fr. 1 K.-A. (cuochi ladri e fanfaroni)
• Nicomach. fr. 1 K.-A. (cuochi ladri e fanfaroni)
• Posidipp. frr. 28s. K.-A. (cuochi ladri e fanfaroni)
• Sosip. fr. 1 K.-A. (cuochi ladri e fanfaroni)
• Alexis fr. 153 K.-A. (cuochi ladri e fanfaroni)
• Euphro fr. 1 K.-A. (cuochi ladri e fanfaroni)
• Ath. VII 36, IX 20-29 (cuochi ladri e fanfaroni)
LUCIANO
Luciano, Contro un bibliomane ignorante
(18),1s. [1]
1. καὶ μὴν ἐναντίον ἐστὶν οὗ ἐθέλεις ὃ νῦν ποιεῖς. οἴει
μὲν γὰρ ἐν παιδείᾳ καὶ αὐτὸς εἶναί τις δόξειν σπουδῇ
συνωνούμενος τὰ κάλλιστα τῶν βιβλίων· τὸ δέ σοι περὶ τὰ
κάτω χωρεῖ, καὶ ἔλεγχος γίγνεται τῆς ἀπαιδευσίας πως τοῦτο.
μάλιστα δὲ οὐδὲ τὰ κάλλιστα ὠνῇ, ἀλλὰ πιστεύεις τοῖς ὡς
ἔτυχεν ἐπαινοῦσι καὶ ἕρμαιον εἶ τῶν τὰ τοιαῦτα
ἐπιψευδομένων τοῖς βιβλίοις καὶ θησαυρὸς ἕτοιμος τοῖς
καπήλοις αὐτῶν. ἢ πόθεν γάρ σοι διαγνῶναι δυνατόν, τίνα μὲν
παλαιὰ καὶ πολλοῦ ἄξια, τίνα δὲ φαῦλα καὶ ἄλλως σαπρά, εἰ
μὴ τῷ διαβεβρῶσθαι καὶ κατακεκόφθαι αὐτὰ τεκμαίροιο καὶ
συμβούλους τοὺς σέας ἐπὶ τὴν ἐξέτασιν παραλαμβάνοις; ἐπεὶ
τοῦ ἀκριβοῦς ἢ ἀσφαλοῦς ἐν αὐτοῖς τίς ἢ ποία διάγνωσις;
Luciano, Contro un bibliomane ignorante
(18),1s. [2]
2. ἵνα δέ σοι δῶ αὐτὰ ἐκεῖνα κεκρικέναι, ὅσα ὁ
Καλλῖνος εἰς κάλλος ἢ ὁ ἀοίδιμος Ἀττικὸς σὺν ἐπιμελείᾳ τῇ
πάσῃ ἔγραψαν, σοὶ τί ὄφελος, ὦ θαυμάσιε, τοῦ κτήματος οὔτε
εἰδότι τὸ κάλλος αὐτῶν οὔτε χρησομένῳ ποτὲ οὐδὲν μᾶλλον ἢ
τυφλὸς ἄν τις ἀπολαύσειε κάλλους παιδικῶν; σὺ δὲ
ἀνεῳγμένοις μὲν τοῖς ὀφθαλμοῖς ὁρᾷς τὰ βιβλία, καὶ νὴ Δία
κατακόρως, καὶ ἀναγιγνώσκεις ἔνια πάνυ ἐπιτρέχων,
φθάνοντος τοῦ ὀφθαλμοῦ τὸ στόμα· οὐδέπω δὲ τοῦτό μοι
ἱκανόν, ἢν μὴ εἰδῇς τὴν ἀρετὴν καὶ κακίαν ἑκάστου τῶν
ἐγγεγραμμένων καὶ συνίῃς ὅστις μὲν ὁ νοῦς σύμπασιν, τίς δὲ ἡ
τάξις τῶν ὀνομάτων, ὅσα τε πρὸς τὸν ὀρθὸν κανόνα τῷ
συγγραφεῖ ἀπηκρίβωται καὶ ὅσα κίβδηλα καὶ νόθα καὶ
παρακεκομμένα.
il bibliomane ignorante
• il denaro e la cultura
• essere e apparire
• il palesarsi dell’ignoranza nella maschera del sapere
• antichità e qualità
• bibliomania e filologia: la capacità di giudizio
• materialità e contenuto dei libri
• i libri rendono migliori?
• libri e identità personale
L’unità di tre nozioni
La lingua letteraria da Aristotele all’età moderna: la lingua di Polibio, di
Strabone, di Plutarco; la lingua avversata dagli atticisti.
La lingua parlata, d’uso, dell’età di Alessandro Magno e dei secoli successivi: la testimonianza dei papiri documentari e di opere a finalità
non principalmente letteraria come il Nuovo Testamento; l’evoluzione
della lingua in rapporto ad Aufstieg und Niedergang dell’impero
culturale greco; l’inevitabile varietas di ogni lingua parlata.
La lingua ‘madre’ del greco medioevale e moderno, con la sua nuova
differenziazione in parlate non corrispondenti in nulla agli antichi
dialetti, e caratterizzate da una sostanziale unità di fondo.
La codificazione ortografico-grammaticale e l’insegnamento scolastico
da un lato, le varietà e ‘irregolarità’ fonetiche e di pronuncia dall’altro:
la koiné come fluttuante insieme di tendenze (la progressiva e
inarrestabile scomparsa del perfetto, dell’ottativo, del futuro,
dell’infinito, la semplificazione del sistema dei casi).
La norma ideale e le tendenze naturali, la tradizione e l’evoluzione, la
fissità e il cambiamento.
Il quadro storico
Commercianti, soldati, intellettuali dalle πόλεις-stato alla cittadinanza ‘allentata’
dell’età ellenistica: la lingua locale dalla funzione politica di lingua della comunità a
vernacolo per esteriori rivendicazioni di indipendenza.
Le tappe di un’evoluzione storico-linguistica: le invasioni persiane, l’egemonia
ateniese, l’egemonia macedone e l’impero di Alessandro Magno, l’impero romano.
La minaccia persiana: dalla koiné ionica del VI sec. a.C. alla koiné ionico-attica (475431 a.C.); la resistenza contro i Persiani e l’egemonia di Atene e di Sparta.
L’impero culturale di Atene: il sistema giudiziario (dal 446 a.C.), le cleruchie, le arti e
l’aristocrazia dello spirito (l’ininfluenza linguistica delle egemonie di Sparta e di
Tebe).
I Macedoni da Alessandro I (490-454) ad Archelao (413-400) e da Filippo ad
Alessandro Magno, e la consacrazione dell’attico sotto l’impero macedone: il nuovo
periodo di espansione (a differenza del V secolo) e l’affermarsi della cultura
ellenistica (Alessandria, Pergamo, Antiochia).
La soppressione delle peculiarità attiche e il formarsi di una lingua comune dalla Sicilia
all’India, dall’Egitto al Mar Nero: la lingua urbana e ufficiale delle classi dirigenti e
i patois locali (il declino delle koinai occidentali).
Il carattere ‘impoetico’ della koiné, lingua della scienza e della filosofia: il lessico
intellettuale dell’Occidente (precisione e sfumature).
I confini del greco: latino, aramaico, partico, arabo, armeno, slavo; influenze, prestiti,
I LXX
1Re 18,20-40[1]
20 καὶ ἀπέστειλεν Αχααβ εἰς πάντα Ισραηλ καὶ
ἐπισυνήγαγεν πάντας τοὺς προφήτας εἰς ὄρος τὸ Καρμήλιον.
21 καὶ προσήγαγεν Ηλιου πρὸς πάντας καὶ εἶπεν αὐτοῖς Ηλιου·
“ἕως πότε ὑμεῖς χωλανεῖτε ἐπ᾽ ἀμφοτέραις ταῖς ἰγνύαις; εἰ
ἔστιν κύριος ὁ θεός, πορεύεσθε ὀπίσω αὐτοῦ. εἰ δὲ ὁ Βααλ
αὐτός, πορεύεσθε ὀπίσω αὐτοῦ”. καὶ οὐκ ἀπεκρίθη ὁ λαὸς
λόγον. 22 καὶ εἶπεν Ηλιου πρὸς τὸν λαόν· “ἐγὼ ὑπολέλειμμαι
προφήτης τοῦ κυρίου μονώτατος, καὶ οἱ προφῆται τοῦ Βααλ
τετρακόσιοι καὶ πεντήκοντα ἄνδρες, καὶ οἱ προφῆται τοῦ
ἄλσους τετρακόσιοι· 23 δότωσαν ἡμῖν δύο βόας, καὶ
ἐκλεξάσθωσαν ἑαυτοῖς τὸν ἕνα καὶ μελισάτωσαν καὶ
ἐπιθέτωσαν ἐπὶ τῶν ξύλων καὶ πῦρ μὴ ἐπιθέτωσαν, καὶ ἐγὼ
ποιήσω τὸν βοῦν τὸν ἄλλον καὶ πῦρ οὐ μὴ ἐπιθῶ· 24 καὶ
βοᾶτε ἐν ὀνόματι θεῶν ὑμῶν, καὶ ἐγὼ ἐπικαλέσομαι ἐν
ὀνόματι κυρίου τοῦ θεοῦ μου, καὶ ἔσται ὁ θεός, ὃς ἐὰν
1Re 18,20-40[2]
ἐπακούσῃ ἐν πυρί, οὗτος θεός”. καὶ ἀπεκρίθησαν πᾶς ὁ λαὸς
καὶ εἶπον· “καλὸν τὸ ῥῆμα, ὃ ἐλάλησας”.
25 καὶ εἶπεν Ηλιου τοῖς προφήταις τῆς αἰσχύνης·
“ἐκλέξασθε ἑαυτοῖς τὸν μόσχον τὸν ἕνα καὶ ποιήσατε πρῶτοι,
ὅτι πολλοὶ ὑμεῖς, καὶ ἐπικαλέσασθε ἐν ὀνόματι θεοῦ ὑμῶν καὶ
πῦρ μὴ ἐπιθῆτε”. 26 καὶ ἔλαβον τὸν μόσχον καὶ ἐποίησαν καὶ
ἐπεκαλοῦντο ἐν ὀνόματι τοῦ Βααλ ἐκ πρωίθεν ἕως
μεσημβρίας καὶ εἶπον· “ἐπάκουσον ἡμῶν, ὁ Βααλ, ἐπάκουσον
ἡμῶν”. καὶ οὐκ ἦν φωνὴ καὶ οὐκ ἦν ἀκρόασις· καὶ διέτρεχον
ἐπὶ τοῦ θυσιαστηρίου, οὗ ἐποίησαν. 27 καὶ ἐγένετο μεσημβρίᾳ
καὶ ἐμυκτήρισεν αὐτοὺς Ηλιου ὁ Θεσβίτης καὶ εἶπεν·
“ἐπικαλεῖσθε ἐν φωνῇ μεγάλῃ, ὅτι θεός ἐστιν, ὅτι ἀδολεσχία
αὐτῷ ἐστιν, καὶ ἅμα μήποτε χρηματίζει αὐτός, ἢ μήποτε
καθεύδει αὐτός, καὶ ἐξαναστήσεται”. 28 καὶ ἐπεκαλοῦντο ἐν
φωνῇ μεγάλῃ καὶ κατετέμνοντο κατὰ τὸν ἐθισμὸν αὐτῶν ἐν
1Re 18,20-40[3]
μαχαίραις καὶ σειρομάσταις ἕως ἐκχύσεως αἵματος ἐπ᾽
αὐτούς. 29 καὶ ἐπροφήτευον, ἕως οὗ παρῆλθεν τὸ δειλινόν.
καὶ ἐγένετο ὡς ὁ καιρὸς τοῦ ἀναβῆναι τὴν θυσίαν καὶ οὐκ ἦν
φωνή, καὶ ἐλάλησεν Ηλιου ὁ Θεσβίτης πρὸς τοὺς προφήτας
τῶν προσοχθισμάτων λέγων· “μετάστητε ἀπὸ τοῦ νῦν, καὶ ἐγὼ
ποιήσω τὸ ὁλοκαύτωμά μου”. καὶ μετέστησαν καὶ ἀπῆλθον.
30 καὶ εἶπεν Ηλιου πρὸς τὸν λαόν· “προσαγάγετε πρός
με”. καὶ προσήγαγεν πᾶς ὁ λαὸς πρὸς αὐτόν. 31 καὶ ἔλαβεν
Ηλιου δώδεκα λίθους κατ᾽ ἀριθμὸν φυλῶν τοῦ Ισραηλ, ὡς
ἐλάλησεν κύριος πρὸς αὐτὸν λέγων· “Ισραηλ ἔσται τὸ ὄνομά
σου”. 32 καὶ ᾠκοδόμησεν τοὺς λίθους ἐν ὀνόματι κυρίου καὶ
ἰάσατο τὸ θυσιαστήριον τὸ κατεσκαμμένον καὶ ἐποίησεν
θααλα χωροῦσαν δύο μετρητὰς σπέρματος κυκλόθεν τοῦ
θυσιαστηρίου. 33 καὶ ἐστοίβασεν τὰς σχίδακας ἐπὶ τὸ
θυσιαστήριον, ὃ ἐποίησεν, καὶ ἐμέλισεν τὸ ὁλοκαύτωμα
1Re 18,20-40[4]
καὶ ἐπέθηκεν ἐπὶ τὰς σχίδακας καὶ ἐστοίβασεν ἐπὶ τὸ
θυσιαστήριον. 34 καὶ εἶπεν· “λάβετέ μοι τέσσαρας ὑδρίας
ὕδατος, καὶ ἐπιχέετε ἐπὶ τὸ ὁλοκαύτωμα καὶ ἐπὶ τὰς
σχίδακας”. καὶ ἐποίησαν οὕτως. καὶ εἶπεν· “δευτερώσατε”. καὶ
ἐδευτέρωσαν. καὶ εἶπεν· “τρισσώσατε”. καὶ ἐτρίσσευσαν. 35
καὶ διεπορεύετο τὸ ὕδωρ κύκλῳ τοῦ θυσιαστηρίου, καὶ τὴν
θααλα ἔπλησαν ὕδατος.
36 καὶ ἀνεβόησεν Ηλιου εἰς τὸν οὐρανὸν καὶ εἶπεν·
“κύριε, ὁ θεὸς Αβρααμ καὶ Ισαακ καὶ Ισραηλ, ἐπάκουσόν μου,
κύριε, ἐπάκουσόν μου σήμερον ἐν πυρί, καὶ γνώτωσαν πᾶς ὁ
λαὸς οὗτος ὅτι σὺ εἶ κύριος ὁ θεὸς Ισραηλ κἀγὼ δοῦλός σου
καὶ διὰ σὲ πεποίηκα τὰ ἔργα ταῦτα. 37 ἐπάκουσόν μου, κύριε,
ἐπάκουσόν μου ἐν πυρί, καὶ γνώτω ὁ λαὸς οὗτος ὅτι σὺ εἶ
κύριος ὁ θεὸς, καὶ σὺ ἔστρεψας τὴν καρδίαν τοῦ λαοῦ τούτου
ὀπίσω”.
1Re 18,20-40[5]
38 καὶ ἔπεσεν πῦρ παρὰ κυρίου ἐκ τοῦ οὐρανοῦ καὶ
κατέφαγεν τὸ ὁλοκαύτωμα καὶ τὰς σχίδακας καὶ τὸ ὕδωρ τὸ ἐν
τῇ θααλα, καὶ τοὺς λίθους καὶ τὸν χοῦν ἐξέλιξεν τὸ πῦρ. 39
καὶ ἔπεσεν πᾶς ὁ λαὸς ἐπὶ πρόσωπον αὐτῶν καὶ εἶπον·
“ἀληθῶς κύριός ἐστιν ὁ θεός, αὐτὸς ὁ θεός”. 40 καὶ εἶπεν
Ηλιου πρὸς τὸν λαόν· “συλλάβετε τοὺς προφήτας τοῦ Βααλ,
μηθεὶς σωθήτω ἐξ αὐτῶν”. καὶ συνέλαβον αὐτούς, καὶ κατάγει
αὐτοὺς Ηλιου εἰς τὸν χειμάρρουν Κισων καὶ ἔσφαξεν αὐτοὺς
ἐκεῖ.
Ι profeti di Baal ed Elia
• presunzione d’equidistanza e necessità di scelta
• il numero e l’autorevolezza
• l’ordalia dell’ἀλαζονεία
• lo spettacolo dell’ἀλαζονεία
• la storia, la fede, la competenza
• l’acqua e l’‘alzo dell’asticella’
• la fulminea manifestazione divina
• l’esecuzione dell’ἀλαζονεία
Le fonti della koiné
I testi documentari (lettere, conti, ecc.) e gli errori (ει/ι, la pronuncia
delle occlusive, α/ε, gli errori dei forestieri).
Papiri (Egitto ed Ercolano ante 79 d.C.) e iscrizioni: le differenti
tipologie di errore.
I testi letterari e gli inconvenienti della ‘tradizione’ (quella ‘a monte’:
letterarizzante; quella ‘a valle’: analogista e/o innovatrice); i testi
documentari come indicatori della lingua d’uso nelle opere letterarie.
I testi ‘paraletterari’: i Settanta e il Nuovo Testamento; il valore
documentario dei testi biblici per lo studio della koiné e l’antichità
della loro tradizione (il Vaticano e il Sinaitico del IV sec.,
l’Alessandrino del V sec.); il problema della paternità delle
particolarità (gli autori o i copisti?).
L’influenza del parlato sulla lingua ufficiale: l’esempio di οὐδείς/οὐθείς e
dei gruppi -ττ-/-σσ-.
I testi letterari non arcaizzanti (Aristotele, Menandro, Polibio) e il greco
moderno: l’evoluzione della lingua.
IL NUOVO TESTAMENTO
Giovanni 21,1-23 [1]
1 Μετὰ ταῦτα ἐφανέρωσεν ἑαυτὸν πάλιν ὁ Ἰησοῦς τοῖς
μαθηταῖς ἐπὶ τῆς θαλάσσης τῆς Τιβεριάδος· ἐφανέρωσεν δὲ
οὕτως. 2 ἦσαν ὁμοῦ Σίμων Πέτρος καὶ Θωμᾶς ὁ λεγόμενος
Δίδυμος καὶ Ναθαναὴλ ὁ ἀπὸ Κανὰ τῆς Γαλιλαίας καὶ οἱ τοῦ
Ζεβεδαίου καὶ ἄλλοι ἐκ τῶν μαθητῶν αὐτοῦ δύο. 3 λέγει
αὐτοῖς Σίμων Πέτρος· “ὑπάγω ἁλιεύειν”. λέγουσιν αὐτῷ·
“ἐρχόμεθα καὶ ἡμεῖς σὺν σοί”. ἐξῆλθον καὶ ἐνέβησαν εἰς τὸ
πλοῖον, καὶ ἐν ἐκείνῃ τῇ νυκτὶ ἐπίασαν οὐδέν.
4 πρωΐας δὲ ἤδη γενομένης ἔστη Ἰησοῦς εἰς τὸν αἰγιαλόν, οὐ
μέντοι ᾔδεισαν οἱ μαθηταὶ ὅτι Ἰησοῦς ἐστιν. 5 λέγει οὖν
αὐτοῖς ὁ Ἰησοῦς· “παιδία, μή τι προσφάγιον ἔχετε;”.
ἀπεκρίθησαν αὐτῷ· “οὔ”. 6 ὁ δὲ εἶπεν αὐτοῖς· “βάλετε εἰς τὰ
δεξιὰ μέρη τοῦ πλοίου τὸ δίκτυον, καὶ εὑρήσετε”. ἔβαλον οὖν,
καὶ οὐκέτι αὐτὸ ἑλκύσαι ἴσχυον ἀπὸ τοῦ πλήθους τῶν ἰχθύων.
Giovanni 21,1-23 [2]
7 λέγει οὖν ὁ μαθητὴς ἐκεῖνος ὃν ἠγάπα ὁ Ἰησοῦς τῷ
Πέτρῳ· “ὁ κύριός ἐστιν”. Σίμων οὖν Πέτρος ἀκούσας ὅτι ὁ
κύριός ἐστιν τὸν ἐπενδύτην διεζώσατο, ἦν γὰρ γυμνός, καὶ
ἔβαλεν ἑαυτὸν εἰς τὴν θάλασσαν, 8 οἱ δὲ ἄλλοι μαθηταὶ τῷ
πλοιαρίῳ ἦλθον, οὐ γὰρ ἦσαν μακρὰν ἀπὸ τῆς γῆς ἀλλὰ ὡς
ἀπὸ πηχῶν διακοσίων, σύροντες τὸ δίκτυον τῶν ἰχθύων.
9 ὡς οὖν ἀπέβησαν εἰς τὴν γῆν βλέπουσιν ἀνθρακιὰν
κειμένην καὶ ὀψάριον ἐπικείμενον καὶ ἄρτον. 10 λέγει αὐτοῖς
ὁ Ἰησοῦς· “ἐνέγκατε ἀπὸ τῶν ὀψαρίων ὧν ἐπιάσατε νῦν”. 11
ἀνέβη οὖν Σίμων Πέτρος καὶ εἵλκυσεν τὸ δίκτυον εἰς τὴν γῆν
μεστὸν ἰχθύων μεγάλων ἑκατὸν πεντήκοντα τριῶν· καὶ
τοσούτων ὄντων οὐκ ἐσχίσθη τὸ δίκτυον. 12 λέγει αὐτοῖς ὁ
Ἰησοῦς· “δεῦτε ἀριστήσατε”. οὐδεὶς δὲ ἐτόλμα τῶν μαθητῶν
ἐξετάσαι αὐτόν· “σὺ τίς εἶ;” εἰδότες ὅτι ὁ κύριός ἐστιν.
Giovanni 21,1-23 [3]
13 ἔρχεται Ἰησοῦς καὶ λαμβάνει τὸν ἄρτον καὶ δίδωσιν
αὐτοῖς, καὶ τὸ ὀψάριον ὁμοίως. 14 τοῦτο ἤδη τρίτον
ἐφανερώθη Ἰησοῦς τοῖς μαθηταῖς ἐγερθεὶς ἐκ νεκρῶν.
15 ὅτε οὖν ἠρίστησαν λέγει τῷ Σίμωνι Πέτρῳ ὁ Ἰησοῦς·
“Σίμων Ἰωάννου, ἀγαπᾷς με πλέον τούτων;”. λέγει αὐτῷ· “ναὶ
κύριε, σὺ οἶδας ὅτι φιλῶ σε”. λέγει αὐτῷ· “βόσκε τὰ ἀρνία
μου”. 16 λέγει αὐτῷ πάλιν δεύτερον· “Σίμων Ἰωάννου, ἀγαπᾷς
με;”. λέγει αὐτῷ· “ναὶ κύριε, σὺ οἶδας ὅτι φιλῶ σε”. λέγει
αὐτῷ· “ποίμαινε τὰ πρόβατά μου”. 17 λέγει αὐτῷ τὸ τρίτον·
“Σίμων Ἰωάννου, φιλεῖς με;”. ἐλυπήθη ὁ Πέτρος ὅτι εἶπεν
αὐτῷ τὸ τρίτον· “φιλεῖς με;” καὶ λέγει αὐτῷ· “κύριε, πάντα σὺ
οἶδας, σὺ γινώσκεις ὅτι φιλῶ σε”. λέγει αὐτῷ ὁ Ἰησοῦς·
“βόσκε τὰ πρόβατά μου. 18 ἀμὴν ἀμὴν λέγω σοι, ὅτε ἦς
νεώτερος, ἐζώννυες σεαυτὸν καὶ περιεπάτεις ὅπου ἤθελες·
Giovanni 21,1-23 [4]
ὅταν δὲ γηράσῃς, ἐκτενεῖς τὰς χεῖράς σου, καὶ ἄλλος σε ζώσει
καὶ οἴσει ὅπου οὐ θέλεις”. 19 τοῦτο δὲ εἶπεν σημαίνων ποίῳ
θανάτῳ δοξάσει τὸν θεόν. καὶ τοῦτο εἰπὼν λέγει αὐτῷ·
“ἀκολούθει μοι”.
20 ἐπιστραφεὶς ὁ Πέτρος βλέπει τὸν μαθητὴν ὃν ἠγάπα ὁ
Ἰησοῦς ἀκολουθοῦντα, ὃς καὶ ἀνέπεσεν ἐν τῷ δείπνῳ ἐπὶ τὸ
στῆθος αὐτοῦ καὶ εἶπεν· “κύριε, τίς ἐστιν ὁ παραδιδούς σε;”.
21 τοῦτον οὖν ἰδὼν ὁ Πέτρος λέγει τῷ Ἰησοῦ· “κύριε, οὗτος
δὲ τί;”. 22 λέγει αὐτῷ ὁ Ἰησοῦς· “ἐὰν αὐτὸν θέλω μένειν ἕως
ἔρχομαι, τί πρὸς σέ; σύ μοι ἀκολούθει”. 23 ἐξῆλθεν οὖν οὗτος
ὁ λόγος εἰς τοὺς ἀδελφοὺς ὅτι ὁ μαθητὴς ἐκεῖνος οὐκ
ἀποθνῄσκει· οὐκ εἶπεν δὲ αὐτῷ ὁ Ἰησοῦς ὅτι οὐκ ἀποθνῄσκει
ἀλλ’· “ἐὰν αὐτὸν θέλω μένειν ἕως ἔρχομαι, τί πρὸς σέ;”.
ἀλαζονεία come debolezza
• il ritorno alla quotidianità del discepolo infiammato
• l’irruzione del divino e la vergogna
• la cena e il silenzio
• la prova e l’incapacità dell’amore
• l’ἀλαζών accettato
• amore, gelosia, invidia
• la libertà dell’amore
I caratteri della koiné
Da un ritmo quantitativo a un ritmo accentuativo (fenomeno indoeuropeo, cui si oppone
in parte solo il lituano): l’ingresso dell’accento nella ritmica e l’affievolirsi delle
distinzioni quantitative all’interno dello stesso timbro.
La scomparsa di ϝ, y, s-.
La scomparsa del duale (Ar.: 37x δύο: 10x + δραχμάς, 27x + duale; Men.: δύο + pl.) e
la rianimazione fittizia degli atticisti.
La scomparsa dell’ottativo, doppione del congiuntivo (vd. sanscrito, persiano, latino,
ecc.): il mantenimento del valore desiderativo, il progressivo arretramento di quello
potenziale (la concorrenza del futuro: qualcuno potrebbe fare / farà forse), di quello
irreale (la concorrenza del passato: facciamo come se tu fossi / che eri), di quello
dipendente dai tempi storici (‘congiuntivo del passato’: la concorrenza del
congiuntivo); «la perdita di un’eleganza da aristocratici» (Meillet).
Il verbo dalla complicazione indoeuropea (le ‘anomalie’) all’uniformazione
paradigmatica: i verbi atematici e le forme ‘irregolari’ ricondotti a una coniugazione
‘normale’; la debole e ambigua des. 3 pers. pl. -ντ e il prevalere di -σαν.
La riduzione delle forme nominali anomale, la riduzione dei comparativi, la progressiva
scomparsa del medio, la rapida scomparsa del perfetto (la concorrenza dell’aoristo,
nello sbiadirsi dei valori aspettuali), la scomparsa della flessione consonantica, lo
sviluppo delle preposizioni (specie nei Settanta).
Tu ignori questo male che s’apprende
in noi. Tu vivi i tuoi giorni modesti,
tutta beata nelle tue faccende.
Mi piace. Penso che leggendo questi
miei versi tuoi, non mi comprenderesti,
ed a me piace chi non mi comprende.
Εd io non voglio più essere io!
Non più l’esteta gelido, il sofista,
ma vivere nel tuo borgo natio,
ma vivere alla piccola conquista
mercanteggiando placido, in oblio
come tuo padre, come il farmacista...
Εd io non voglio più essere io!
(G. Gozzano, La signorina Felicita 314-326)
tra identità e aspirazioni
• la realtà e le aspirazioni
• la competenza: ars longa, vita brevis
• dilettanti, amatori, professionisti
• la σοφία come capacità dimostrabile
• identità, accettazione di sé e stimolo a
cambiare
l’ἀλαζονεία come desiderio di essere
alla fine di una carrellata...
Giunse il distacco, amaro senza fine,
e fu il distacco d’altri tempi, quando
le amate in bande lisce e in crinoline,
protese da un giardino venerando,
singhiozzavano forte, salutando
diligenze che andavano al confine...
M’apparisti così come in un cantico
del Prati, lacrimante l’abbandono
per l’isole perdute nell’Atlantico;
ed io fui l’uomo d’altri tempi, un buono
sentimentale giovine romantico...
Quello che fingo d’essere e non sono!
(G. Gozzano, La signorina Felicita)
aspirazioni sentimentali
Guarda quel castello, / è tuo, è tuo se lo vuoi... / Io aprirò il cancello / e
tu, tu mi seguirai... / E dentro i viali di quel giardino, / ti ci ritroverai, / ci
hai vissuto per ore ed ore / nei sogni tuoi... / Ed alla sorgente di acqua
fatata / poi ti disseterai, / ma già tu scuoti la testa, / la favola forse sai...
Sì è vero!
Detto tra noi, sono solo un brigante, /non un re, / sono uno che / vende
sogni alla gente, / fa promesse che mai potrà mantenere. / Favole si, ne ho
contate ma tante, tante sai. /
Detto tra noi io non sono un gigante, / draghi non ne ho ammazzati mai...
Ho un progetto in mente, / un parco in ogni città, / quanto spazio verde, /
la vita per voi cambierà... / E costruirò ponti e larghe autostrade, a 10 e
più corsie / senza code e caselli, pedaggi e altre diavolerie, / E tutta la
gente che è costretta a emigrare a casa tornerà, / Ma già scuotete la testa,
più non mi credete ormai...
Sì è vero!
Detto tra noi...
(E. Bennato, Detto tra noi)
epilogo
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