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Le azioni sulle costruzioni Modelli e normativa
Introduzione Struttura Meccanismo di trasferimento al terreno LE FONDAZIONI SUPERFICIALI Plinti isolati Applicando un carico ad un terreno ….. si osservano cedimenti. CEDIMENTI • All’applicazione del carico al terreno dalla fondazione si osserva: – Cedimento “immediato”; – Cedimento di “consolidazione”; – Cedimento “secondario”. I cedimenti delle costruzioni sono causati anche da: • Variazione dei livelli di falda. • Esecuzione scavi limitrofi. • Cambiamento carichi in fondazione. • Vibrazioni. • ecc… Attesa risposta deformativa del terreno all’applicazione del carico della fondazione si ha: – Cedimento “immediato” – Cedimento di “consolidazione” – Cedimento “secondario” si sc ss UNA STRUTTURA IN CEMENTO ARMATO E’ COMPOSTA DA: a) STRUTTURE DI FONDAZIONE; b) STRUTTURE IN ELEVAZIONE: - Impalcati orizzontali (o inclinati): 1. Solai 2. travi di piano - Elementi strutturali verticali 1. pilastri 2. setti; - Strutture delle scale. FUNZIONE degli IMPALCATI ORIZZONTALI (travi e solai): 1) riportare i carichi verticali agenti ai piani agli elementi strutturali verticali che a loro volta li trasmettono alle fondazioni; 2) garantire un collegamento rigido tra gli elementi strutturali verticali in modo da assicurare un comportamento spaziale della struttura, molto importante al fine di assorbire le forze orizzontali dovute a vento e sisma. SCHEMA DI UN IMPALCATO IN CEMENTO ARMATO Solaio – con travetti e volterrane (pignatte) con: a) travetti ad armatura lenta; b) travetti precompressi – con lastre tipo Predalles – solai industriali tipo Neocem – solai speciali Posa in opera di un solaio con travetti in c.a.p. Generica sezione di un solaio latero-cementizio E’ importante sottolineare che il solaio composto con i travetti prefabbricati non può assumere una altezza minore di 1/25 della luce. Invece, nel caso di un solaio costruito con travetti precompressi si può arrivare fino a 1/30 della luce coperta dal solaio stesso. Quindi: altezza solaio > 1/25 luce coperta. LE CASSEFORME Devono sostenere il peso del getto e delle maestranze. Durante il getto e la maturazione devono contenere il calcestruzzo contrastandone la spinta STRUTTURA: qualcosa che ha il compito di riportare i carichi al suolo e di sorreggere l'intera costruzione. Per gli edifici di civile abitazione (residenziali), nei casi usuali la struttura rappresenta solo il 2025%, eccezionalmente il 30%, del costo complessivo della costruzione; le incidenze minori si hanno nel caso degli edifici più modesti, con un impianto strutturale regolare, mentre le incidenze maggiori si hanno nel caso delle strutture più irregolari e complesse, con ampie luci ai piani bassi, pilastri che non scendono fino al suolo, arretrati importanti o particolari necessità di fondazione. Per gli edifici del terziario (uffici), ove si hanno luci più ampie (ad esempio, nella soluzione a "open space"), le incidenze strutturali sul costo totale della costruzione sono spostate verso le cifre più alte fra quelle che si sono sopra indicate, cioè il 25÷30% o anche di più, specie laddove si realizzino strutture con funzione congiunta di contenimento di impianti (travi a canale, pilastri cavi, ecc.). Per gli edifici industriali le incidenze strutturali sono nettamente maggiori rispetto a quelle prima indicate. Per gli edifici sociali (chiese, palestre, stadi) le incidenze strutturali sono paragonabili a quelle degli edifici industriali, se non maggiori. Per i manufatti da ponte e ancora di più per le opere di contenimento (muri di sostegno, serbatoi, dighe) la costruzione è quasi interamente costituita dalla struttura, salvo le opere accessorie (pavimentazione, illuminazione, idrauliche, ecc.). In questi casi, la costruzione è "tutta struttura". L'interazione fra le opere portanti e portate La distinzione fra le diverse parti costruttive (portanti e portate) può essere spesso reale, ma talvolta costituisce solo una definizione di comodo, giacché l'associazione delle due parti costruttive (portanti e portate) fa sì che nella realtà sia la costruzione nel suo complesso a fare fronte alle azioni che le vengono applicate: un muro divisorio interno posto sotto ad una trave portante, nel nostro pensiero ritenuto privo di funzioni strutturali, se impedisce la libera inflessione della trave diventa inevitabilmente portante. Tuttavia, la partecipazione delle opere portate alla resistenza può dar luogo sovente ad inconvenienti anche non piccoli per il buon funzionamento della costruzione: ad esempio, quando tale partecipazione altera il corretto comportamento che ci si attende per la struttura, la quale per questo fatto può anche anticipare la sua crisi. Infatti, ciò può accadere (ed in effetti è accaduto per alcuni edifici colpiti dal sisma) per un edificio che avesse la pianta strutturale rappresentata nella figura ove, alla funzione di controvento costituita dal blocco-scale e al setto di facciata posti in posizione simmetrica rispetto all'edificio (e quindi alle sue masse, senza che si abbiano effetti torsionali), si aggiungesse quella svolta da divisori asimmetrici (fig. b): con il risultato che la controventatura risultante non sarebbe più simmetrica e che sotto sisma potrebbero destarsi pericolosi effetti torsionali, fintantoché tali divisori fossero efficienti. Quando al di sopra della trave fosse realizzato un consistente strato di materiale sufficientemente compatto, i carichi potrebbero, almeno in parte, confluire sugli appoggi seguendo traiettorie inclinate (archi di scarico) sottraendo parzialmente, o anche del tutto, la trave al carico. Naturalmente, perché ciò sia possibile, giacché gli archi di scarico "spingono" verso l'esterno (verso sinistra in A e verso destra in B), occorre che gli appoggi siano in grado di sopportare tali spinte (cioè che si comportino come appoggi-spalla) e/o che la trave sia in grado di trattenere mutuamente A e B dallo spostarsi verso l'esterno, come se realizzasse due braccia aperte che trattengono saldamente A e B. La semplicità strutturale La natura cerca di far fronte nel modo più semplice e conveniente alle azioni applicate. Quando un progettista capisce questa disponibilità e questo naturale orientamento insito nelle strutture, al di là di quanto egli potrà poi ricavare dai risultati del calcolo, allora veramente si può affermare che esso possiede una felice sensibilità strutturale, invero dono non di tutti i progettisti. Egli sarà allora un sicuro alleato della struttura (e viceversa), nell'interpretare in modo intelligente le risorse naturali che si hanno a disposizione. Vale la pena di presentare qualche piccolo esempio. Come principio base, per capire quanto accade, si può dire che la struttura cerchi di fare fronte alle azioni applicate nel modo più semplice (se fosse un essere razionale si direbbe con la minore "fatica" o seguendo la strada più breve): ad esempio, nel caso dei carichi dovuti alla gravità, cercando di farli arrivare al suolo secondo il cammino più diretto e, se la discesa in linea diretta risulta impedita, vedendo di deviarla il meno possibile e di impegnare quasi esclusivamente quella parte di elementi strutturali che risulta più facilmente coinvolgibile Le azioni sulle costruzioni generalità e normative Si definisce azione ogni causa o insieme di cause capace di indurre stati di sollecitazione in una struttura. È compito del Progettista individuare le azioni significative da considerare nel progetto e nella verifica strutturale. Le azioni possono essere dirette: carichi concentrati o distribuiti; indirette: cedimenti e spostamenti impressi, effetti di variazioni di temperatura, deformazioni iniziali e anelastiche (ritiro, viscosità); antropiche: alterazione naturale o alterazione a seguito di agenti esterni alla struttura delle caratteristiche materiali della struttura; Classificazione delle azioni secondo la risposta strutturale statiche: azioni che applicate alla struttura non provocano accelerazioni significative della stessa o di alcune sue parti; quasi statiche: azioni che possono essere considerate come statiche, a patto di tener conto di effetti dinamici con un incremento di intensità; dinamiche: azioni che causano significative accelerazioni della struttura, dei suoi componenti e delle masse portate. Classificazione delle azioni secondo la variazione nel tempo permanenti (G): azioni che agiscono durante tutta la vita della costruzione e la loro variazione di intensità nel tempo è così piccola e lenta da poterle considerare con sufficiente approssimazione costanti nel tempo (peso proprio della struttura, peso di ciascuna sovrastruttura, pressione del terreno, pretensione e precompressione, ritiro e viscosità, …); variabili (Q): azioni che agiscono sulla struttura o sull’elemento strutturale con valori istantanei che possono risultare sensibilmente diversi fra loro; di lunga durata: agiscono con un’intensità’ significativa, anche non continuativamente, per un tempo non trascurabile rispetto alla vita di progetto della struttura (pesi propri di elementi non strutturali,pesi di cose ed oggetti disposti sulla struttura, …); di breve durata: agiscono per un periodo di tempo breve rispetto alla vita di progetto della struttura (carichi di esercizio, vento, neve, azione sismica, azioni dovute alle variazioni termiche ambientali, …); accidentali (A): sono azioni che si verificano molto raramente nel corso della vita di progetto della struttura, in occasione di quegli eventi che si definiscono incidenti ( incendi, esplosioni, urti ed impatti, …). PERMANENTE: - Solaio (peso proprio ~ 250÷300 kg/m2) - Intonaco dell’intradosso - Pavimenti - Tamponamenti interni PESO TOTALE (carico) - Tegole e isolante VARIABILE: - presenza di persone e/o macchinari derivanti da destinazioni d’uso - ambientali (es. neve, vento, sisma,…) ACCIDENTALE Sovraccarichi permanenti Sono i seguenti: • Il pavimento (fra 0.3 e 0.5 kN/m2); • Massetto e allettamento (fra 19 e 21 kN/m3); • Impermeabilizzazione (circa 0.3 kN/m2); • Intonaco (circa 0.3 kN/m2); • Isolamento termico (circa 0.05 kN/m2); • tramezzature (circa 0.8-1.2 kN/m2). La normativa italiana recita: “I tramezzi e gli impianti leggeri di edifici residenziali possono assumersi come carichi equivalenti distribuiti, quando i solai hanno adeguata capacità di ripartizione trasversale.” In genere ogni solaio in c.a. ha una adeguata capacità di ripartizione trasversale i tramezzi vengono considerati come carico ripartito. Il valore medio di questo peso dipende dal tipo di tramezzature utilizzate e spesso è compreso fra 0.8 e 1.2 kN/m2. Un’incidenza più precisa dei tramezzi sul solaio può essere valutata quando è nota la loro esatta distribuzione in pianta calcolando il peso totale delle tramezzature e poi dividendo per la superficie dell’impalcato. Sovraccarichi variabili per edifici CARICO DI NEVE Il carico di neve sulle coperture viene valutato in relazione al sito costruttivo (condizioni locali di clima e di esposizione, variabilità delle precipitazioni nevose) e in relazione al tipo della copertura. Occorre quindi, da un lato, stabilire i valori del carico di neve al suolo, dall'altro, determinare l'influenza della forma della copertura sull'effettivo carico che andrà ad accumularsi su questa e a sollecitare poi la struttura. Carico da neve (Nuove normative – 2007) Il carico neve sulle coperture sarà valutato con la seguente espressione: qs = µi qsk Ce Ct dove: qs è il carico neve sulla copertura; µi è il coefficiente di forma della copertura; qsk è il valore di riferimento del carico neve al suolo. Ce è il coefficiente di esposizione Ct è il coefficiente termico a) Coperture ad una falda. Si assume che la neve non sia impedita di scivolare. Se l'estremità più bassa della falda termina con un parapetto, una barriera od altre costruzioni, allora il coefficiente di forma non potrà essere assunto inferiore a 0.8 indipendentemente dall'angolo . Si deve considerare la più gravosa delle tre condizioni di carico sottoriportate. b) Coperture a due falde. Si assume che la neve non sia impedita di scivolare. Se l'estremità più bassa della falda termina con un parapetto, una barriera od altre costruzioni, allora il coefficiente di forma non potrà essere assunto inferiore a 0.8 indipendentemente dall'angolo α. Si deve considerare la più gravosa delle quattro condizioni di carico riportate. Nel caso di copertura o di terrazza, bisogna tenere conto anche del carico neve. Esempio: Lombardia (Zona I), as< 200 m → qsk= 1.50 kN/mq (carico neve al suolo) Copertura piana (µ= 0.8) →qs= µ qsk= 0.8*1.60 = 1.20 kN/mq. La Circolare del 04/07/1996 n. 156, paragrafo 5.2. afferma chiaramente che il sovraccarico dovuto alla neve non deve essere cumulato, sulle medesime superfici con gli altri sovraccarichi variabili. Di conseguenza, dato il sovraccarico variabile della copertura (praticabile o meno), e dato il sovraccarico dovuto alla neve, tra i due si scelga quello più gravoso: Qk= max {Qvar; qs} Vento L'azione statica del vento si traduce in pressioni e depressioni agenti in direzione ortogonale alle superfici, sia esterne che interne, alle quali convenzionalmente si attribuisce segno positivo per le pressioni e negativo per le depressioni (fig. a). Per le coperture piane di grande estensione va anche considerata un'azione di trascinamento tangente alla copertura stessa (fig. b). Effetti del vento su coperture. Pressione del vento. La pressione del vento è data dall’espressione: p = qb ce cp cd dove qref è la pressione cinetica di riferimento; ce è il coefficiente di esposizione; cp è il coefficiente di forma (o coefficiente aerodinamico), funzione della tipologia e della geometria della costruzione e del suo orientamento rispetto alla direzione del vento. Il suo valore può essere ricavato da dati suffragati da opportuna documentazione o da prove sperimentali in galleria del vento; cd è il coefficiente dinamico con cui si tiene conto degli effetti riduttivi associati alla non contemporaneità delle massime pressioni locali e degli effetti amplificativi dovuti alle vibrazioni strutturali. Può essere cautelativamente posto uguale a 1 nelle costruzioni di tipologia ricorrente. L’azione del vento Pressione cinetica di riferimento del vento: Pressione cinetica di riferimento. La pressione cinetica di riferimento qb (in N/m²) è data dall’espressione qb = vb ²/1,6 nella quale vb è la velocità di riferimento del vento (in m/s). La velocità di riferimento vb è il valore massimo, riferito ad un intervallo di ritorno di 50 anni, della velocità del vento misurata a 10 m dal suolo su un terreno di II categoria (vedi tabella 3.3.I.) e mediata su 10 minuti. In mancanza di adeguate indagini statistiche è data dall’espressione vb= vb,0 per as ao vb = vb,0+ka (as - ao) per as> ao dove vb,0 , ao , ka sono dati dalla Tabella 3.3.I. in funzione della zona, definita in Figura 3.3.I, ove sorge la costruzione; as è l’altitudine sul livello del mare (in m) del sito ove sorge la costruzione. Coefficiente di esposizione. Il coefficiente di esposizione ce dipende dall’altezza della costruzione z sul suolo, dalla rugosità e dalla topografia del terreno, dall’esposizione del sito ove sorge la costruzione. E’ dato ce (z) = k²r ct ln (z/zo) [7+ ct ln (z/ zo)] per zzmin ce (z) = ce (zmin) per z< zmin dove kr , zo , zmin sono assegnati in Tabella 3.3.II in funzione della categoria di esposizione del sito ove sorge la costruzione; ct è il coefficiente di topografia ( = 1). In mancanza di analisi che tengano conto sia della direzione di provenienza sia delle variazioni di rugosità del terreno, la categoria di esposizione è assegnata nella Figura 7.2. in funzione della posizione geografica del sito ove sorge la costruzione e della classe di rugosità del terreno definita in Tabella 7.3. Il coefficiente di topografia ct è di regola pari a 1 sia per le zone pianeggianti sia per quelle ondulate, collinose, montane. In questo caso la Figura 7.3. riporta i diagrammi di ce per le diverse categorie di esposizione. Nel caso di costruzioni ubicate presso la sommità di colline o pendii isolati il coefficiente di topografia ct deve essere valutato con analisi più approfondite. COEFFICIENTE DI FORMA (o aerodinamico) In assenza di valutazioni più precise, suffragate da opportuna documentazione o da prove sperimentali in galleria del vento, si assumono i valori riportati ai punti seguenti. Edifici a pianta rettangolare con coperture piane a falde inclinate o curve Per la valutazione della pressione esterna si assumerà (vedere figura 7.6.): - per elementi sopravento (cioè direttamente investiti dal vento) con inclinazione sull’orizzontale a 60°: cpe = + 0,8 - per elementi sopravento, con inclinazione sull’orizzontale 20° < a < 60°: cpe = +0,03 · a - 1 (a in gradi) - per elementi sopravento, con inclinazione sull’orizzontale 0° a 20° e per elementi sottovento (intendendo come tali quelli non direttamente investiti dal vento o quelli investiti da vento radente): cpe = - 0,4 Per la valutazione della pressione interna si assumerà (vedere figura 7.7.): - per costruzioni completamente stagne: cpi = 0 - per costruzioni non stagne: cpi = ± 0,2 (scegliendo il segno che dà luogo alla combinazione più sfavorevole); - per costruzioni che hanno (o possono anche avere in condizioni eccezionali) una parete con aperture di superficie non minore di 1/3 di quella totale: cpi = + 0,8 quando la parete aperta è sopravento; cpi = - 0,5 quando la parete aperta è sottovento o parallela al vento; - per costruzioni che presentano su due pareti opposte, normali alla direzione del vento, aperture di superficie non minore di 1/3 di quella totale: cpe + cpi = ± 1,2 per gli elementi normali alla direzione del vento; cpi = ± 0,2 per i rimanenti elementi. +1 Direzione del vento Cpe + 0,8 + 0,6 Superficie sopravento Superficie sottovento + 0,4 + 0,2 0 -90° -80° -60° -40° Inclinazione sull'orizzontale -20° 0° +20° +40° +60° +80°+90° - 0,2 - 0,4 - 0,6 - 0,8 Cpe Costruzioni stagne C pe = + 0,03 - 1 Direzione del vento C pe = - 0,4 C pe = + 0,8 C pe = - 0,4 Cpi =0 Costruzioni non stagne C pe = - 0,4 C pe = + 0,03 - 1 C pe = + 0,03 - 1 C pe = + 0,8 Cpi=+0,2 C pe = - 0,4 C pe = - 0,4 C pe = + 0,8 C pe = - 0,4 Cpi=+0,2 Costruzioni aventi una parete con aperture di superficie 33% di quella totale C pe = - 0,4 C pe = + 0,03 - 1 Cpe = + 0,03 - 1 Cpi=+0,8 B C pe = - 0,4 C pe = + 0,8 A C pe = - 0,4 C pe = - 0,4 Cpi=+0,8 * Per l'elemento AB C pe = +0,2 C pe = - 0,4 C pe = + 0,03 - 1 Cpe = + 0,03 - 1 C pe = + 0,8 Cpi= - 0,5 C pe = - 0,4 Cpi= - 0,5 B A C pe = - 0,4 * Per l'elemento AB C pe = +0,2 TEMPERATURA E INSOLAMENTO, GELO E DISGELO, RITIRO E VARIAZIONI IGROMETRICHE Si tratta di azioni alle quali una costruzione risulta inevitabilmente sottoposta per il fatto che essa vive in un ambiente la cui temperatura varia lungo l'arco delle stagioni ed altresì dal giorno alla notte, o laddove i raggi del sole possono direttamente riscaldare le superfici dei corpi oppure aversi all'opposto, per la bassa temperatura, fenomeni di gelo e poi di disgelo. Inoltre, la natura stessa dei materiali costruttivi può generare variazioni di volume (fenomeni di ritiro o di natura igrometrica). Se consideriamo allora una struttura fatta da uno di questi materiali, ad esempio la travata da ponte in acciaio di luce L rappresentata in figura e supponiamo che essa sia vincolata a terra in A e libera di scorrere orizzontalmente in B, sotto un aumento DT di temperatura essa si allungherà in B di DL=T·L·DT. In concreto, per L=100 m e DT=+25 °C, l'allungamento sarà (T=1,2·10-5 per l'acciaio da carpenteria): DL=T·L·DT=1,2·10-5·100·25=0,03 m=3 cm. Nulla accade se tale spostamento è libero di avvenire, mentre se esso è impedito (in tutto o in parte) si genera una reazione di contrasto che dà luogo a sollecitazioni di compressione nella travata. Effetto delle variazioni termiche cicliche su pannelli di marmo Questo fenomeno delle deformazioni sotto insolamento, o più generalmente per variazioni di temperatura, riguarda ovviamente tutte le costruzioni. Esaminando la deformazione della facciata di un edificio sotto un aumento di temperatura DT, si può osservare che il massimo allungamento DL si verifica in corrispondenza dell'ultimo piano, ma che sono le "specchiature" (cioè i riquadri compresi fra i pilastri e le travi) o le aperture nei pannelli prefabbricati del primo piano, posti all'estremità dell'edificio, quelli che subiscono la massima deformazione angolare (distorsione g) ed hanno perciò il maggiore pericolo di disorganizzazione (fessurazioni negli angoli delle aperture): è pertanto alla distorsione g che va posto un limite, e non già all'allungamento DL. Chiaramente, le parti in ombra e quelle interne praticamente non si dilatano, cosicché la deformazione termica si può presentare come è segnato in figura a) con sensibili deformazioni accentrate nella prima campata e con conseguenti sollecitazioni. Se gli impalcati della prima campata fossero invece incernierati alle colonne (in modo da consentire liberamente le rotazioni relative, figura b), sarebbe evitata ogni deformazione e sforzo. Ancora più sensibili possono essere gli effetti prodotti dall'insolamento quando le strutture portanti sono esterne al volume costruttivo (strutture a vista), il che si presenta abbastanza frequente in taluni edifici (ad esempio, in alcune tipologie di grattacieli). Basta pensare che con un'altezza H di 200 m una struttura a vista in acciaio sotto un insolamento di DT=60°C presenta un allungamento DH=T·H·DT 1,2·10-5·200·600,14 m=14 cm, a fronte delle strutture interne climatizzate che non si allungano (perché poste ad una temperatura costante sui 20 °C), per intuire come dovranno nascere sollecitazioni, e non da poco, secondo il modello rappresentato nella figura precedente: gli impalcati, specie negli ultimi piani, dovrebbero "seguire" le strutture esterne che sotto sole si alzano in sommità di 14 cm. Effetti del gelo e disgelo Una breve parola per gli effetti del gelo e del disgelo, anch'essi dovuti al fatto che la costruzione vive in un ambiente esterno dove possono avvenire questi fenomeni (si pensi, ad esempio, ad un viadotto di alta montagna). Per le strutture in cemento armato, il gelo e il disgelo hanno soprattutto come effetto quello di insidiare la durata dell'opera, accelerando eventuali processi di degrado già in atto o generandone nuovi. In particolare, la solidificazione dell'acqua racchiusa nei pori del calcestruzzo indurito, con il conseguente aumento di volume del ghiaccio rispetto all'acqua, genera pressioni e spinte interne che, in prossimità delle superfici, possono disgregare il materiale producendo lesioni e anche distacchi di parti di calcestruzzo. Le armature metalliche non risultano più debitamente protette e sono alla mercé dell'ossidazione: gli ossidi di ferro che si producono, avendo un volume superiore a quello del metallo base, a sua volta generano pressioni e spinte sul calcestruzzo circostante, innescando così un fenomeno irreversibile di rapido degrado. Ovviamente, ne consegue una vistosa perdita di resistenza della struttura che può giungere anche alla soglia del collasso. VARIAZIONI TERMICHE – normativa Si considerano le variazioni di temperatura rispetto a quella iniziale di riferimento, assunta quale convenzionale zero termico. Per gli edifici la variazione termica massima nell’arco dell’anno, nel singolo elemento strutturale è assunta convenzionalmente pari a: - Strutture in c.a. e c.a.p.: esposte 0±15°C; protette 0±10°C; - Strutture in acciaio: esposte 0±25°C; protette 0±15°C. Di regola, per le strutture monodimensionali, la variazione termica si può considerare uniforme sulla sezione e costante su ogni elemento strutturale. In casi particolari può essere necessario considerare, oltre alla variazione uniforme, anche una seconda distinta condizione di più breve durata con variazione lineare della temperatura nella sezione. Va inoltre tenuto presente che possono aversi differenze di temperatura tra struttura ed elementi non strutturali ad essa collegati. Combinazioni di carico Una volta completata l’analisi dei carichi, bisogna caricare le strutture e, di regola, individuare le condizioni per le quali si ottengono le sollecitazioni di Taglio e Momento più gravose. I carichi, infatti, come si è visto, si suddividono in PERMANENTI e VARIABILI. I permanenti, come dice stesso il nome, sono presenti sempre su tutta la struttura, mentre i variabili possono essere presenti tutti insieme o soltanto in parte. Non è detto, infatti, che la condizione di carico per la quale è presente tutto il carico variabile sia quella che produce le sollecitazioni più elevate in tutte le sezioni. La normativa italiana afferma che i valori caratteristici dei carichi variabili devono essere cumulati in modo da ottenere sempre la condizione più svantaggiosa. Esempio: Trave continua su due campate uguali. Alle condizioni 1 e 2 corrispondono i valori più alti dei momenti positivi in campata, mentre alla condizione 3 corrisponde il massimo momento negativo sull’appoggio. Quindi, per progettare correttamente questa trave, bisogna necessariamente prendere in considerazione tutte e tre le eventualità. Solaio a due campate con mensola (balcone): combinazioni di carico e diagrammi dei momenti flettenti. Diagramma di inviluppo finale necessario al progetto delle armature a flessione sarà quello che individua sezione per sezione la massima sollecitazione possibile. Un diagramma analogo può essere ottenuto per la sollecitazione di taglio. TELAIO 3.5 kN/m 3.5 kN/m 13.5 kN/m 10.5 kN 10.5 kN 13.5 kN/m 10.5 kN 18.5 kN/m 3.00 3.00 42 kN/m 47.5 kN 10.5 kN 10.5 kN 18.5 kN/m 10.5 kN 42 kN/m 47.5 kN 47.5 kN 10.5 kN 10.5 kN 47.5 kN 3.25 3.25 5.00 6.00 5.00 3.5 kN/m 10.5 kN 13.5 kN/m 10.5 kN 10.5 kN 3.00 18.5 kN/m 47.5 kN 42 kN/m 47.5 kN 10.5 kN 3.25 5.00 6.00 6.00 Combinazioni di carico: - Carico variabile a “scacchiera” per ottenere i massimi momenti in campata o all’estremità delle travi. - Carico variabile distribuito “ovunque” per ottenere la massima azione normale sui pilastri centrali. c) Coperture a più falde. Si dovranno considerare le distribuzioni di carico indicate al punto b), applicate sulle falde delle campate. Inoltre dovrà essere considerata anche la distribuzione di carico sottoriportata. Particolare attenzione dovrà essere prestata per la scelta del coefficiente di forma 3 quando una o entrambe le falde hanno inclinazione superiore a 60°. Coefficienti di forma >60° Coefficiente di forma 0°<=<=15 15°<<=30° 30°<<=60° µ1 0,8 0,8 0,8 (60-)/30 0,0 µ2 0,8 0,8+0,4(15)/30 (60-)/30 0,0 µ3 0,8+0,8/3 0 0,8+0,8/30 1,6 - µ1* 0,8 0,8(60-)/45 0 Dette H l’altezza della collina o del dislivello, e H/D = tan la sua pendenza media (figura 7.5.), il coefficiente ct fornito dai sotto dai capoversi a), b), c) varia lungo l’altezza z della costruzione secondo un coefficiente ß dato da: ß= 0,5 per z/H < 0,75 ß = 0,8 - 0,4 · z/H per 0,75 < z/H 2 ß=0 per z/H > 2 e con la pendenza H/D secondo un coefficiente g dato da: g= 0 per H/D 0,10 g= 1/0,20 (H/D - 0,10) per 0,10 < H/D 0,30 g= 1 per H/D > 0,30 direzione del vento Z Z X D H H D a) Costruzioni ubicate sulla cresta (a) (b) di una collina (figura 7.5.a): ct = 1 + ß · g b) Costruzioni sul livello superiore di un dislivello (figura 7.5.b): ct = 1 + ß · g · (1- 0,1 · x/H) 1 c) Costruzioni su di un pendio (figura 7.5.c): ct = 1 + ß · g · h/H. Z H D h (c) Esempio di Calcolo della spinta del vento su di un edificio altezza 30 m, posto nel centro di Milano (as=100 m slm). Zona 1: vref = 25 m/sec, a0 = 1000 m, ka = 0.012 sec-1 Per as<a0 vref = vref0 quindi qref = vref2/1.6 → qref = 390.625 N/m2 = Pressione cinetica di riferimento La categoria di esposizione del sito ove sorge la costruzione è la V: kr = 0.23, zo = 0.70, zmin = 12 . Redazione del progetto strutturale esecutivo (Ingegnere o Architetto) che comprenda tutte le strutture previste nell’opera. Devono esservi inclusi lo schema strutturale globale (distribuzione di pilastri e travi, orditure dei solai), i particolari esecutivi (disposizione e sagomatura dei ferri e carpenterie), le prescrizione esecutive (tempi di disarmo, modalità di getto, di curing, modalità di prelievo dei campioni da inviare ai Laboratori di prova, vedi più avanti), le indicazioni sui materiali, gli elementi strutturali prefabbricati previsti, nonché la Relazione di Calcolo. Denuncia dei lavori Il costruttore denuncia l’inizio dei lavori all’Ufficio del Cemento Armato della regione competente prima della loro esecuzione (in Appendice il modulo di denuncia). Nella denuncia devono essere indicati: - il progettista/i progettisti dell’opera (progetto architettonico e progetto strutturale) con i relativi riferimenti; - l’esecutore con i propri riferimenti; - il committente con i propri riferimenti; - il Direttore dei Lavori, sia dei lavori non strutturali che strutturali con i relativi riferimenti; - gli estremi della concessione/autorizzazione edilizia; - la nomina del collaudatore e, da parte di quest’ultimo, la contestuale accettazione dell’incarico da parte di quest’ultimo e l’attestazione di essere iscritto all’Ordine professionale competente da non meno di 10 anni e di essere del tutto estraneo alla progettazione ed esecuzione dell’opera. Alla denuncia devono essere allegate due copie di tutta la documentazione (progetti, relazioni e concessioni), una copia viene trattenuta dall’Ufficio del Cemento Armato, una copia timbrata dall’Ufficio viene restituita al costruttore. Il Direttore dei Lavori strutturali (nominato dal committente) – dirige i lavori con periodiche visite; – fornisce le indicazioni tecniche necessarie; – verifica la conservazione della documentazione prevista; – cura il prelievo dei campioni di materiale da sottoporre a verifica nei Lavoratori autorizzati; – cura l’invio dei campioni ai Laboratori e la raccolta dei relativi certificati di prova; – esegue, di propria iniziativa o su indicazione del Collaudatore, le prove di carico e ne redige i relativi verbali con indicazione delle misurazioni sperimentali eseguite; – entro 60 giorni dall’ultimazione delle strutture redige una Relazione Finale del Direttore dei Lavori sull’adempimento di quanto previsto dalla normativa, cui allega i certificati rilasciati dai Laboratori ed i verbali delle prove di carico, e che deposita all’Ufficio del Cemento Armato in duplice copia (una delle quali gli viene restituita timbrata); Il Committente – nomina il collaudatore, fino al DPR n. 425 del 22.4.1994 aveva tempo 60 giorni dalla fine dei lavori depositandone la nomina all’Ufficio del Cemento Armato; oggi la nomina e l’accettazione del collaudatore devono essere contestuali al primo deposito di documentazione, e quindi prima dell’esecuzione delle opere. – definisce il termine ultimo entro il quale deve essere completato il collaudo strutturale; – trasmette al Collaudatore la copia timbrata dall’Ufficio C.A. della sua nomina. Il collaudatore può essere nominato con funzioni “in corso d’opera” in modo da seguire i lavori nel corso del loro svolgimento. Altrimenti viene nominato all’inizio dei lavori ma con competenze definite a partire dalla conclusione delle opere. Se il committente è lo stesso costruttore il collaudatore viene scelto dal committente/costruttore tra una terna di nomi indicata dagli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri. “Il collaudo statico nelle forme prescritte dall’art. 7” (della Legge 1086/71) “è obbligatorio soltanto per le strutture complesse in c.a., c.a.p. e per quelle metalliche”. Il Collaudatore delle opere strutturali – se nominato con funzioni “in corso d’opera” segue l’esecuzione dei lavori senza prendere parte attiva alla loro direzione, che spetta solo ed esclusivamente al Direttore dei Lavori nominato dal committente. A proprio giudizio può chiedere prove di carico sulle strutture (a maturazione avvenuta) o prove di laboratorio sui materiali posti in opera o sui terreni di fondazione ritrovati; – riceve la documentazione trasmessa dal Direttore dei Lavori e verifica l’esito delle prove di carico; – se lo ritiene necessario ordina e cura l’esecuzione di altre prove di carico e sui materiali, eventualmente anche con prelievo in opera di piccoli campioni; – redige un certificato di collaudo in cui: 1) certifica di essere iscritto da almeno 10 anni all’ordine professionale competente e di non aver preso parte in alcun modo alla progettazione ed esecuzione dell’opera; 2) certifica la conformità dell’opera agli elaborati progettuali, alle normative vigenti al momento del collaudo e agli standard di sicurezza imposti dalle norme (uno schema di collaudo è allegato nell’Appendice). – deposita all’Ufficio del Cemento Armato duplice copia del Certificato di Collaudo; – trasmette al committente tutta la documentazione ricevuta dal Direttore dei Lavori nonché la copia timbrata in originale del proprio Certificato di Collaudo. COLLAUDO STATICO 1. Ispezione generale dell’opera nel suo complesso e confronto delle parti più significative con i disegni esecutivi progettuali. 2. Esame dei certificati di prove sui materiali. 3. Esame delle risultanze delle eventuali prove di carico ordinate dal Direttore dei Lavori. 4. Controllo dell’impostazione generale del progetto e della sua conformità alle norme. ¨ Il Collaudatore può ordinare: – prove di carico (tipicamente sui solai); – saggi diretti sulle murature o su singoli elementi resistenti (carotaggi di piccolo diametro su elementi in calcestruzzo armato o su elementi in laterizio purché pieni, etc.); – controlli non distruttivi sulle murature (prove con martinetti piatti sulle murature, etc.).