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…Che cosa ne so? Dieci domande in cinque minuti
…Che cosa ne so? Dieci domande in cinque minuti ECCO LE RISPOSTE A cura di Lisa Viola Rossi (marzo 2012) 1. Da dove provengono per la maggior parte gli immigrati che risiedono in Italia? Dall’Est-Europa Dal Rapporto Caritas-Migrantes 2009: In Italia prevale la presenza di immigrati di origine europea: ammonta al 53,6%, di cui il 36,7% da Paesi comunitari. Seguono gli africani (22,4%), gli asiatici (15,8%) e gli americani (8,1%). In termini numerici e non percentuali, le più grandi collettività immigrate presenti in Italia sono, in ordine: 800 mila romeni, 440 mila albanesi, 400 mila marocchini, 170 mila cinesi e 150 mila ucraini. 2. Dal 2000 al 2008 il numero delle auto è cresciuto del 17,7%: quanto sono aumentati invece gli incidenti? Non lo so, mi immaginavo fossero diminuiti. Dai dati Istat, diffusi il 13 novembre 2009: Tra il 2000 e il 2008 si è registrato un calo degli incidenti del 14,6%, del 13,7% per i feriti e del 33% per il numero di morti in incidente. Nello stesso periodo si è registrata una costante riduzione della gravità degli incidenti, evidenziata dall’indice di mortalità (numero di morti ogni 100 incidenti), che si attesta al 2,2% nel 2008 contro il 2,8% del 2000, e dall’indice di gravità, che passa da 1,9 a 1,5 decessi ogni 100 infortunati. 3. Le emissioni inquinanti urbane sono destinate a diventare la prima causa ambientale di mortalità entro il 2050. In che Paese europeo i livelli di ozono risultano più pericolosi? In Italia Secondo il report Air pollution by ozone across Europe dell’Agenzia europea dell’ambiente (19 marzo 2012): Le soglie di rischio dei livelli di ozono registrati nell’estate scorsa (aprilesettembre 2011) in Europa risultano essere state superate in 16 Paesi membri e 4 non Ue. Ma in Italia, la situazione è davvero critica: su 343 stazioni installate, ben 149 (il 43 per cento) hanno registrato un numero superiore alla soglia di sforamenti di ozono. Il che vuol dire ben 81 giorni (in 6 mesi) di valori massimi. A preoccupare è soprattutto il Nord Italia, la Pianura padana, in cui il limite di 240 μg/m³ viene spesso largamente superato. 4. Un milione di donne in Italia (il 4,8% delle donne) è vittima di violenza sessuale nel corso della propria vita. Qual è la percentuale di stupri da parte di immigrati? Intorno al 10% Dai dati Istat, diffusi il 21 febbraio 2007: Il 69,7% degli stupri è a opera del partner, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei. Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell’Istat, ha dichiarato: “Se anche si considerasse che di questi autori estranei il 50% sono immigrati, si arriverebbe al 3% degli stupri. Se si considerasse il 50% dei conoscenti, al massimo si arriverebbe al 10% del totale [per la precisione, l’8,7%, ndr] degli stupri a opera di stranieri”. Sommando quindi il rischio di stupro da parte di stranieri, tra estranei e conoscenti, si arriverebbe a un dato dell’11,8%. 5. Sei più a rischio di scippo se ti trovassi da solo/a in una strada buia della Sicilia o della Toscana? In Toscana Dai dati Istat pubblicati il 15 settembre 2004: Emerge uno scarto tra sicurezza e percezione della sicurezza: infatti, considerando le persone over 14 anni che hanno subìto almeno un reato contro la proprietà individuale, come lo scippo, nell’arco di 12 mesi, in Toscana si parla di un 4,2% (addirittura in Emilia Romagna si stima un 5% di casi), mentre in Sicilia si attesta attorno al 2,8%. Se invece si considera la percezione della sicurezza, si veda a titolo di esempio il timore di camminare soli in una strada buia: in Toscana il 23,3% degli intervistati si sente insicuro, mentre la percezione di insicurezza aumenta di tre punti in Sicilia: il 26,6% delle persone interpellate si sente insicuro. 6. Quanti ettari di suolo fa sparire il cemento in media, ogni giorno, nel nostro Paese? 100 Secondo il rapporto 'Ambiente Italia 2011' di Legambiente: il diluvio di cemento fa sparire ogni giorno 100 ettari di suolo. Ogni anno si stima siano circa 500 i chilometri quadrati consumati dal cemento, con in testa la Lombardia, che raggiunge il 14% di territorio fagocitato. Negli ultimi 15 anni i suoli urbanizzati sono aumentati del 12% con 4.800 ettari trasformati a causa di interventi edilizi. Numeri che secondo le indagini dell'Agenzia del territorio sono sicuramente in difetto, poiché sarebbero 1.081.698 le unità immobiliari urbane mai dichiarate al catasto (circa il 34% sarebbero vere e proprie abitazioni). 7. Quanto è maggiore il tasso di criminalità degli immigrati regolari rispetto agli italiani? Neanche l’1% Dal Rapporto Caritas-Migrantes e dall’Agenzia Redattore (ottobre ‘09): Il tasso di criminalità degli immigrati regolari, in Italia, è «solo leggermente più alto» di quello degli italiani (tra l’1,23% e l’1,4%, contro lo 0,75%): diminuisce nel caso di persone oltre i 40 anni e non cresce proporzionalmente all’incremento dell’immigrazione regolare (infatti tra il 2001 e il 2005, gli stranieri sono aumentati di oltre il 100%, a fronte di un +45,9% di denunce). 8. Quale Paese europeo si pone al primo posto per numero di ore di impiego dei lavoratori? la Grecia La Grecia, che con le sue 2.017 ore di impiego annuale per ogni singolo lavoratore è in vetta alla classifica europea per ore di lavoro pro capite. Al contrario, la Germania è tra i Paesi europei che richiede meno sforzi ai suoi cittadini: un lavoratore tedesco in media lavora 1.408 ore all’anno, piazzandosi così al penultimo posto della classifica di ore lavorate all’anno pro capite, in fondo alla quale c’è l’Olanda con 1.337 ore. Dunque un lavoratore greco, secondo l’Ocse, nel 2010, ha lavorato il 40 per cento di più rispetto a un suo pari tedesco. 9. Di quanti punti percentuali i frequentatori degli stadi di calcio superano gli spettatori del teatro? Nessuna delle precedenti: è -1,4% Dai dati Istat, pubblicati il 31 ottobre 2008: Il 18,3% della popolazione di 3 anni e più, pari a 10 410 000 persone, si è recata a teatro almeno una volta nei 12 mesi precedenti l’intervista. La visione di spettacoli sportivi ha invece interessato nei 12 mesi precedenti l’intervista il 26,5% della popolazione di 6 anni. Così come è nella storia e nella tradizione sportiva del nostro Paese, il calcio si conferma lo spettacolo sportivo più visto (63,8%). Se paragoniamo le percentuali dei frequentatori dei teatri (18,3%) e degli stadi (16,9%), c’è uno scarto dell’1,4%. 10. Che cos’è la pillola RU 486? Una alternativa all’aborto chirurgico Da diversi siti (kataweb, medicitalia.it…): L’associazione mifepristone-misoprostol della RU486 rappresenta la modalità più diffusa per l’induzione dell’aborto medico, usata da circa vent’anni in Europa nel 30% delle interruzioni di gravidanza. Come ha previsto il Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco l’uso di tale pillola non è in contrasto con la Legge 194/78: si legga l’art. 15: Le regioni, d'intesa con le università e con gli enti Non è come la pillola ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie del giorno dopo, che è sui problemi della procreazione cosciente e un contraccettivo, responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul volto a bloccare cioè decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso delle l’ovulazione, tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità attraverso un alto fisica e psichica della donna e meno rischiose per dosaggio ormonale. l’interruzione della gravidanza. Perché un questionario di questo tipo? Per riflettere sul fatto che su alcuni temi come quelli affrontati, abbiamo spesso informazioni insufficienti o scorrette a disposizione, per avere una reale visione del mondo che ci circonda. In ogni caso è però necessario avere un’idea della realtà, perché siamo continuamente chiamati a fare delle scelte che ci sono imposte dal dover vivere in società. …Per questo, anche quando non sapevamo che cosa rispondere alle domande del questionario, cercavamo di ragionare in modo da dare una risposta che più si avvicinasse a quella che ritenevamo giusta. La costruzione delle aspettative Ciò che riteniamo sia “la risposta giusta” nel questionario, come nella vita di tutti i giorni, non è altro che una aspettativa, una costruzione mentale spesso condivisa all’interno della società, poiché i fattori che influenzano la sua costruzione sono, spesso, gli stessi. Tendiamo infatti a farci condizionare dal tipo e dal modo in cui le informazioni ci sono date: la domanda sugli incidenti o sul pubblico del teatro, che lasciavano intendere un certo tipo di risposta, ne è un esempio. Lo sviluppo dei pregiudizi Più precisa del termine “aspettativa”, per meglio descrivere l’appiglio che ci serve per muoverci in quei luoghi del mondo che ci sono sconosciuti, è la parola “pregiudizio”. Dal latino, prae, “prima” e iudicium, “giudizio”, è un concetto che rimanda alla nozione di “giudizio prematuro”, cioè parziale e basato su argomenti insufficienti. A differenza degli illuministi che sostenevano che il pregiudizio è qualcosa di negativo, da scardinare, Gadamer (1960) sostiene invece che il pregiudizio è fase costitutiva della conoscenza: “Di per sé, pregiudizio significa solo un giudizio che viene pronunciato prima di un esame completo e definitivo di tutti gli elementi obiettivamente rilevanti”. Non è quindi eliminabile, bensì va sviluppato affinché diventi comprensione con una certa phrónesis (“saggezza”, o meglio ancora: “prudenza”, termine che richiama il latino pro-videre ovvero la capacità di “guardarsi (se videre) intorno (pro)”). L’opinione pubblica si basa su pregiudizi Esistono varie teorie sociologiche che descrivono come il pregiudizio giochi un ruolo fondamentale nella formazione dell’opinione pubblica, intesa come “precipitato cognitivo e simbolico delle volontà individuali e collettive, che si manifesta nella sfera pubblica e sociale” (Grossi, 2004), ad esempio: il giornalista statunitense Walter Lippmann, nel suo libro Public Opinion (1922) sostiene che l’opinione pubblica ha una base cognitiva che deriva da stereotipi, ossia rappresentazioni parziali o distorte che le persone si formano sulla realtà sociale e politica. Nel 1984 la sociologa tedesca Elizabeth Noelle Neumann (La spirale del silenzio) dimostra empiricamente che l’opinione pubblica non ha una funzione emancipatrice, bensì conformista, perché basata sulla paura dell’isolamento e sulla appropriatezza sociale (e non sulla giustezza), che porta a accettare l’opinione dominante o a chiudersi nel silenzio: questa dinamica ‘a spirale’ mantiene lo status quo, diffondendo un controllo sociale interiorizzato. I pregiudizi: un Giano bifronte Come abbiamo detto, i pregiudizi servono a orientarci nel mondo, di cui non è possibile conoscere tutto!, in modo più rapido e facile. Però è fondamentale, soprattutto quando sono in gioco scelte importanti, mettere in discussione le nostre conoscenze: poiché avere una visione distorta o parziale non sempre ci conduce a prendere le decisioni più giuste. E se l’opinione pubblica ha il compito fondamentale di orientare e controllare l’azione politica, allora occorre che sia ben informata sulle questioni su cui occorre legiferare. Il ruolo del perchè Nelle conoscenze quotidiane è importante verificare le informazioni di cui si dispone, in modo da assicurarci conoscenze fondate su dati il più possibile completi e certi. Per far sì che i pregiudizi non si spaccino per conoscenze fondate, dobbiamo considerare tutto ciò che conosciamo come tesi da dimostrare, in modo da giungere a una conoscenza quanto più vicina alla realtà, una conoscenza il più possibile scientifica: oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Fattori che contribuiscono allo sviluppo dei pregiudizi I pregiudizi si sviluppano a partire dalla “concreta situazione ermeneutica”, secondo Gadamer, ossia il contesto di significati attribuiti alla realtà che ci circonda. Semplificando, tra le principali variabili proprie della situazione ermeneutica che costituiscono cioè il pregiudizio, individuiamo: 1. Le informazioni che abbiamo a disposizione 2. Il linguaggio che utilizziamo Il ruolo della consapevolezza Affinché il pregiudizio non rimanga tale, ma si possa sviluppare in conoscenza il più possibile oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile, occorre essere consapevoli della parzialità del sistema dell’informazione e del linguaggio. In particolare, in Italia, il sistema mediatico non solo è parziale, ma anche manipolato. Solo dalla consapevolezza della parzialità (e addirittura della manipolazione) della situazione ermeneutica che ci circonda, possiamo partire per un’azione di miglioramento della stessa. Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e manipolato: l’oligopolio editoriale L’informazione è controllata da un oligopolio di editori: si pensi che i primi 5 gruppi editoriali (Rcs, Espresso, Mondadori, Il Sole-24 Ore, Caltagirone) fatturano il 73,1% del totale del mercato. Sono caratterizzati da conflitti di interessi che la rendono poco credibile: di fatto l’informazione è sotto il controllo diretto o indiretto di poteri politici ed economicofinanziari. La tv, il mezzo di informazione più usato dagli italiani (93,2%, secondo l’ultima indagine Istat pubblicata nel 2008), è in mano sostanzialmente a due soggetti: il pubblico, con la storica Rai, e un privato, il gruppo Mediaset, che con un fatturato di 4,082 miliardi, è il leader indiscusso fra i media in Italia. Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e manipolato: l’oligopolio editoriale, le conseguenze Conseguenza diretta è che l’informazione da “cane da guardia” del potere politico è divenuta spesso “cane da riporto” del potere stesso: si vedano i cosiddetti ‘panini televisivi’, o l’infomazione che scompare a favore dell’intrattenimento. Un esempio eclatante, deriva da uno studio fornito dall’Osservatorio di Pavia, un istituto di ricerca che conduce indagini quanti-qualitative in tema di libertà di espressione, mass media e democrazia, relativo all’informazione in tema di sicurezza in tv, nell’arco di tempo gennaio 2005-giugno 2009. Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e manipolato: l’oligopolio editoriale, un caso Ciò che emerge è il picco assoluto delle notizie di cronaca nera nel secondo semestre del 2007, che pilota la percezione dell’opinione pubblica in senso opposto al numero di crimini commessi, generando un aumento della percezione di insicurezza. Questo scarto risulta comprensibile solo alla luce del tema della campagna elettorale condotta in vista delle elezioni politiche dell’aprile 2008: la sicurezza. Occorre riflettere anche sul fatto che non ci siano significative differenze tra Rai e Mediaset in questa campagna “disinformativa”. Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e manipolato: la pubblicità come editore occulto La pubblicità (e non le vendite), in quanto rappresenta la fetta maggiore delle entrate di una testata, influenza innanzitutto l’esistenza e quindi i contenuti delle testate stesse: Dai rapporti della Federazione italiana editori dei giornali: Nel 2007 il fatturato degli editori dei giornali è cresciuto di appena l’1,7%. I costi operativi sono aumentati del 6,7%. Gli utili sono cresciuti solo grazie ai proventi delle partecipazioni azionarie. Il costo della carta è aumentato dell’11,8%, mentre quello del lavoro del 2%. Le vendite della carta stampata sono in progressivo calo: dal 2000, del 9,5% (ammontano al 34,6% del fatturato). Perciò cresce il ruolo della pubblicità, che tiene in piedi i giornali: i proventi sono cresciuti del 3,7% e incidono per il 49,4% sul fatturato complessivo, secondo l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e manipolato: la pubblicità come editore occulto, il caso dell’acqua Un esempio è la questione dell’acqua minerale. Numerose sono le condanne di pubblicità ingannevole, anche in veste di pubbliredazionali: si vedano i casi dell’acqua Silvana, San Pellegrino o Ferrarelle, che lasciano intendere che sono solo le acque minerali ad essere sono pure o salutari. Il problema sta nel fatto che tali aziende sono fra i maggiori inserzionisti: 379 milioni di euro solo nel 2005, senza contare le sponsorizzazioni. Mentre anche l’acqua di rubinetto è buona e sicura: il 96% dei rubinetti italiani eroga acqua potabile, ed è controllata dal gestore del servizio idrico integrato e dall’Asl. La piccola guida al consumo critico dell’acqua di Martinelli (2008) smaschera tutti i falsi miti sull’acqua di rubinetto. Conseguenza di tale marketing martellante è che gli italiani sono i primi consumatori di acqua minerale in Europa e terzi al mondo dietro Arabia Saudita e Messico. Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e manipolato: il precariato dei giornalisti La maggior parte dell’informazione è fatta da giornalisti precari senza contratto, malpagati e non garantiti: secondo l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti il lavoro precario cresce ogni anno 4 volte più rispetto a quello stabile: il 9,27% contro il 2,6% nel 2007, che con la crisi è progressivamente cresciuto. I giornalisti sono quindi: 1.costretti a lavorare in tempi brevissimi senza consentire loro neppure di verificare le informazioni 2.ricattati dallo spettro della disoccupazione 3.minacciati dal continuo rischio di querela Una nota sulle querele ai giornalisti L’avvocato Giovanna Corrias Lucente spiega, in un articolo apparso su Micromega (29 giugno 2007), ciò che è stato anche denunciato da Freedom House e Reporters sans frontières: Sulla testa di ogni giornalista pende oggi la spada di Damocle di una querela per diffamazione. Lui – e il suo giornale – rischia la bancarotta, chi querela assolutamente niente. Anche se la denuncia prendendo quanto denunciato da si rivela infondata, infatti, è quasi impossibile ottenere un risarcimento. Risultato: i giornalisti scrivono sempre di meno e sempre più politically correct, le querele per diffamazione non si contano e i danni morali liquidati raggiungono cifre sbalorditive. Con buona pace del pluralismo e della libertà di stampa… Il giornalismo d’inchiesta è in via di scomparsa. Quali le cause? Il degrado dei giornalisti od i rischi processuali che affronta chi percorre territori non ancora sondati dai Giudici. Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e manipolato: le fonti delle notizie internazionali Un altro dato della parzialità dell’informazione, soprattutto quella “lontano dagli occhi” come quella relativa alle notizie di provenienza estera, è il fatto che la maggioranza delle notizie deriva dalle agenzie di stampa: le più importanti sono circa 300 (144 nordamericane e canadesi, 80 europee, 49 giapponesi e 27 dal resto del mondo). L’Unesco ha calcolato che l’80% delle notizie è però diffuso solo da 4 agenzie: Associated Press, United Press International, France Press e Reuters. Dal Sud del mondo deriva solo il 5% delle notizie, anche se ci vivono i ¾ della popolazione. Purtroppo anche quando le notizie in zone di guerra sono raccolte da inviati, questi sono “embedded”, ossia inseriti negli eserciti coinvolti nel conflitto, che hanno interesse a dare una certa rappresentazione della realtà. Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e manipolato: le organizzazioni mafiose Reporters sans frontières (che declassa l’Italia al 61° posto su 175 Paesi) e Freedom House (che declassa al 75° posto il nostro Paese su 195, ritenendolo l’unico Stato occidentale ad avere una stampa non libera) denunciano le intimidazioni ai giornalisti, date sotto forma di “consiglio”, da parte della criminalità organizzata. Molti giornalisti vivono sotto scorta, come in un Paese in guerra: pensiamo a Saviano, Abbate, Capacchione. Mafia e comunicazione: qualche numero Il rapporto di Ossigeno dell’Osservatorio sui giornalisti minacciati dalle mafie, rileva come solo nel 2011 si siano registrati 324 casi di intimidazione a giornalisti, in diverse forme. Si tratta di un aumento delle minacce ai giornalisti italiani superiore al 100% rispetto allo scorso anno. Dall’1 al 16 gennaio 2012 si attestano minacce a ben 12 giornalisti italiani. Sono oltre 40 i giornalisti nel mirino delle mafie, 10 quelli ormai sotto scorta, 11 quelli uccisi, da Impastato a Francese, da Rostagno a De Mauro. È ciò che rivela il Rapporto Ossigeno dell’Osservatorio Fnsi sui giornalisti minacciati e le notizie oscurate. «Riguarda soprattutto i cronisti impegnati nei territori a forte radicamento mafioso, ma è un problema che si riflette sull’informazione nazionale», spiega Spampinato: «Le mafie usano la violenza per proteggere i propri affari impedendo che le notizie arrivino all’opinione pubblica». Il linguaggio come struttura di pensiero Il linguaggio è un codice di comunicazione, e quindi un filtro, esattamente come un qualsiasi altro medium: in realtà è una sorta di cavallo di troia, lo accettiamo come codice imparziale, mentre è portatore di ideologie che vanno oltre il messaggio accidentalmente codificato: esse sono il frutto di rappresentazioni sociali e culturali cristallizzate nel tempo e date per scontate. Addirittura Eco (La struttura assente, 1968) sostiene che è raro che ‘parliamo i linguaggi’, mentre invece ‘ne siamo parlati’. Proviamo a pensare all’uso di certe parole: diamo spesso per scontata la denotazione di una parola quando questa è usata di frequente, magari ripetuta anche quando non è strettamente necessario, e da tutti, come “libertà”: non ci rendiamo conto invece del livello di ambiguità che possiede: a quanti significati rimanda? Libertà di espressione? Oppure impunità, ossia fare e dire ciò che si desidera senza conseguenze? O pensiamo al significato di quella “patria”: pronunciata da un fascista o da un partigiano denota concetti ben diversi. Cosa possiamo fare noi? Partiamo da un dato: tutti noi siamo Cittadini. Come cittadini, l’obiettivo da perseguire tutti insieme dovrebbe essere ciò che il direttore dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, Antonio Pergolizzi, ha definito “un sistema di legalità organizzata”. Laddove con legalità intendiamo quella “conformità alle leggi” che è dimensione in base alla quale si misura la responsabilità del cittadino verso i principi costituzionali e dunque verso la società di cui è membro. Società, che sappiamo essere tale in quanto condivide, tra le altre cose, un preciso sistema di regole. Legalità come responsabilità A proposito di responsabilità, Giovanni Falcone espresse un concetto importante: Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere. La nostra azione come cittadini: dalla consapevolezza all’azione Consapevoli degli ostacoli che incontriamo nel nostro processo di conoscenza della realtà, dobbiamo impugnare le armi culturali che ci sono offerte. In sostanza, occorre continuare sulla strada che avete intrapreso, di cittadinanza attiva: partecipare consapevolmente al governo della cosa pubblica, e contribuire, attraverso tutti gli strumenti che ci sono offerti dalla nostra repubblica democratica, a fare del nostro Paese uno stato di diritto maturo, in cui l’uguaglianza non sia solo principio formale, ma anche e sopratutto sostanziale. La nostra azione come cittadini: fare una nostra personale rassegna stampa, il più possibile pluralistica Informarci su quanti più mezzi di informazione possibile per operare paragoni, selezionando le fonti più indipendenti, e giudicare le notizie in base agli interessi che ci sono in gioco, siano quelli dell’editore che dell’inserzionista, non limitandosi ai media nazionali, e scovando blog e libri-inchiesta che possano risultarci utili. La nostra azione come cittadini: rivolgerci a fonti primarie Conoscere direttamente, per verificare le notizie in prima persona da fonti dirette o primarie, raccogliendo cioè informazioni senza mediazioni. La nostra azione come cittadini: smascherare il linguaggio Eco propone una azione di guerriglia semiologica: “La semiologia ci mostra nell’universo dei segni, sistemato in codici e lessici, l’universo delle ideologie, che si riflettono nei modi precostituiti del linguaggio” Un certo uso del linguaggio si identifica con un modo di pensare la società. Secondo Eco, rivoluzionare il codice si traduce direttamente in una innovazione dell’ideologia connotata dal segno, e che la stessa sia davvero effettiva quando “realizza messaggi che sconvolgono anche i sistemi di attese retoriche”. La nostra azione come cittadini: smascherare il linguaggio, due esempi Giornalismi.info ha lanciato un appello: mettere al bando la parola “clandestino”. Clandestino richiama colui che è nascosto: è un termine che contribuisce a creare un clima di xenofobia. L’Unione delle Donne in Italia, da anni, si batte affinché parole come “presidente”, “assessore”, “medico”, possano essere declinati al femminile, nei rispettivi “presidenta”, “assessora”, “medica”, in vista dell’affermazione di parità con il genere maschile anche sul piano linguistico: ma siamo ancora ben lontani da una parità di questo tipo, se pensiamo che l’Italia, con il 17,4% di elette alla Camera e il 13,6% al Senato - si ferma al 63° posto nella classifica mondiale della rappresentanza femminile nei parlamenti nazionali, pari merito con il Nepal. La nostra azione come cittadini: diventare testimoni Giunti a una conoscenza della realtà il più possibile oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile, è importante diffondere tale sapere: è importante testimoniare, per creare un sistema di trasmissione della conoscenza alternativo a quello mediatico tradizionale, che abbiamo visto essere parziale e manipolato, per contribuire a porre le basi per una opinione pubblica più consapevole e quindi più responsabile nel suo ruolo di “cane da guardia” del potere politico: non solo al momento dello scegliere o giudicare l’operato di un rappresentante politico piuttosto che un altro, ma nell’orientare politiche più giuste, democratiche, solidaristiche, volte al progresso spirituale e materiale della nostra società. La forza della testimonianza che possiamo dare, in quanto cittadini attivi e responsabili, non è tanto nel messaggio alternativo, quanto soprattutto nelle persone a cui ci rivolgiamo e che dialogano con noi. Buon lavoro a tutti! Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo Mahatma Gandhi