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…Che cosa ne so? Dieci domande in cinque minuti

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…Che cosa ne so? Dieci domande in cinque minuti
…Che cosa ne so?
Dieci domande in cinque minuti
ECCO LE RISPOSTE
A cura di Lisa Viola Rossi (marzo 2012)
1. Da dove provengono per la maggior parte gli immigrati
che risiedono in Italia? Dall’Est-Europa
Dal Rapporto Caritas-Migrantes 2009:
In Italia prevale la presenza di immigrati di origine europea: ammonta
al 53,6%, di cui il 36,7% da Paesi comunitari.
Seguono gli africani
(22,4%), gli asiatici
(15,8%) e gli americani
(8,1%).
In termini numerici e non
percentuali, le più grandi
collettività immigrate
presenti in Italia sono, in
ordine: 800 mila romeni,
440 mila albanesi, 400
mila marocchini, 170 mila
cinesi e 150 mila ucraini.
2. Dal 2000 al 2008 il numero delle auto è cresciuto del 17,7%: quanto
sono aumentati invece gli incidenti?
Non lo so, mi immaginavo fossero diminuiti.
Dai dati Istat, diffusi il 13
novembre 2009:
Tra il 2000 e il 2008 si è
registrato un calo degli
incidenti del 14,6%, del 13,7%
per i feriti e del 33% per il
numero di morti in incidente.
Nello stesso periodo si è registrata una costante riduzione della
gravità degli incidenti, evidenziata dall’indice di mortalità (numero
di morti ogni 100 incidenti), che si attesta al 2,2% nel 2008 contro il
2,8% del 2000, e dall’indice di gravità, che passa da 1,9 a 1,5 decessi
ogni 100 infortunati.
3. Le emissioni inquinanti urbane sono destinate a diventare la prima
causa ambientale di mortalità entro il 2050. In che Paese europeo i livelli
di ozono risultano più pericolosi? In Italia
Secondo il report Air pollution by ozone across Europe dell’Agenzia
europea dell’ambiente (19 marzo 2012):
Le soglie di rischio dei livelli di ozono
registrati nell’estate scorsa (aprilesettembre 2011) in Europa risultano
essere state superate in 16 Paesi
membri e 4 non Ue.
Ma in Italia, la situazione è davvero
critica: su 343 stazioni installate, ben
149 (il 43 per cento) hanno registrato
un numero superiore alla soglia di
sforamenti di ozono. Il che vuol dire
ben 81 giorni (in 6 mesi) di valori
massimi. A preoccupare è soprattutto il
Nord Italia, la Pianura padana, in cui il
limite di 240 μg/m³ viene spesso
largamente superato.
4. Un milione di donne in Italia (il 4,8% delle donne) è vittima di
violenza sessuale nel corso della propria vita. Qual è la percentuale di
stupri da parte di immigrati? Intorno al 10%
Dai dati Istat, diffusi il 21 febbraio 2007:
Il 69,7% degli stupri è a opera del partner, il 17,4% di un conoscente.
Solo il 6,2% è stato opera di estranei.
Linda Laura Sabbadini, direttore
centrale dell’Istat, ha dichiarato:
“Se anche si considerasse che di
questi autori estranei il 50% sono
immigrati, si arriverebbe al 3% degli
stupri. Se si considerasse il 50% dei
conoscenti, al massimo si arriverebbe
al 10% del totale [per la precisione,
l’8,7%, ndr] degli stupri a opera di
stranieri”. Sommando quindi il
rischio di stupro da parte di stranieri,
tra estranei e conoscenti, si
arriverebbe a un dato dell’11,8%.
5. Sei più a rischio di scippo se ti trovassi da solo/a in una strada buia
della Sicilia o della Toscana?
In Toscana
Dai dati Istat pubblicati il 15 settembre 2004:
Emerge uno scarto tra sicurezza e percezione della
sicurezza: infatti, considerando le persone over 14
anni che hanno subìto almeno un reato contro la
proprietà individuale, come lo scippo, nell’arco di 12
mesi, in Toscana si parla di un 4,2% (addirittura in
Emilia Romagna si stima un 5% di casi), mentre in
Sicilia si attesta attorno al 2,8%.
Se invece si considera la percezione della sicurezza, si
veda a titolo di esempio il timore di camminare soli
in una strada buia: in Toscana il 23,3% degli
intervistati si sente insicuro, mentre la percezione di
insicurezza aumenta di tre punti in Sicilia: il 26,6%
delle persone interpellate si sente insicuro.
6. Quanti ettari di suolo fa sparire il cemento in
media, ogni giorno, nel nostro Paese? 100
Secondo il rapporto 'Ambiente Italia 2011' di Legambiente:
il diluvio di cemento fa sparire ogni
giorno 100 ettari di suolo. Ogni anno
si stima siano circa 500 i chilometri
quadrati consumati dal cemento,
con in testa la Lombardia, che
raggiunge il 14% di territorio
fagocitato. Negli ultimi 15 anni i
suoli urbanizzati sono aumentati del
12% con 4.800 ettari trasformati a
causa di interventi edilizi. Numeri
che secondo le indagini dell'Agenzia
del territorio sono sicuramente in
difetto, poiché sarebbero 1.081.698
le unità immobiliari urbane mai
dichiarate al catasto (circa il 34%
sarebbero vere e proprie abitazioni).
7. Quanto è maggiore il tasso di criminalità degli
immigrati regolari rispetto agli italiani? Neanche l’1%
Dal Rapporto Caritas-Migrantes e dall’Agenzia Redattore (ottobre ‘09):
Il tasso di criminalità degli immigrati regolari, in Italia, è «solo
leggermente più alto» di quello degli italiani (tra l’1,23% e l’1,4%, contro
lo 0,75%): diminuisce nel caso di persone oltre i 40 anni e non cresce
proporzionalmente all’incremento dell’immigrazione regolare (infatti
tra il 2001 e il 2005, gli stranieri sono aumentati di oltre il 100%, a
fronte di un +45,9% di denunce).
8. Quale Paese europeo si pone al primo posto per
numero di ore di impiego dei lavoratori? la Grecia
La Grecia, che con le sue 2.017 ore di impiego annuale per ogni singolo
lavoratore è in vetta alla classifica europea per ore di lavoro pro capite.
Al contrario, la Germania è tra i
Paesi europei che richiede meno
sforzi ai suoi cittadini: un
lavoratore tedesco in media
lavora 1.408 ore all’anno,
piazzandosi così al penultimo
posto della classifica di ore
lavorate all’anno pro capite, in
fondo alla quale c’è l’Olanda con
1.337 ore. Dunque un lavoratore
greco, secondo l’Ocse, nel 2010,
ha lavorato il 40 per cento di più
rispetto a un suo pari tedesco.
9. Di quanti punti percentuali i frequentatori degli stadi di calcio
superano gli spettatori del teatro?
Nessuna delle precedenti: è -1,4%
Dai dati Istat, pubblicati il 31 ottobre 2008:
Il 18,3% della popolazione di 3 anni e più,
pari a 10 410 000 persone, si è recata a teatro
almeno una volta nei 12 mesi precedenti
l’intervista. La visione di spettacoli sportivi
ha invece interessato nei 12 mesi precedenti
l’intervista il 26,5% della popolazione di 6
anni.
Così come è nella storia e nella tradizione
sportiva del nostro Paese, il calcio si
conferma lo spettacolo sportivo più visto
(63,8%).
Se paragoniamo le percentuali dei
frequentatori dei teatri (18,3%) e degli stadi
(16,9%), c’è uno scarto dell’1,4%.
10. Che cos’è la pillola RU 486?
Una alternativa all’aborto chirurgico
Da diversi siti (kataweb, medicitalia.it…):
L’associazione mifepristone-misoprostol della RU486 rappresenta la
modalità più diffusa per l’induzione dell’aborto medico, usata da circa
vent’anni in Europa nel 30% delle interruzioni di gravidanza.
Come ha previsto il Consiglio di Amministrazione
dell’Agenzia Italiana del Farmaco l’uso di tale pillola
non è in contrasto con la Legge 194/78:
si legga l’art. 15:
Le regioni, d'intesa con le università e con gli enti
Non è come la pillola ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del
personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie
del giorno dopo, che è
sui problemi della procreazione cosciente e
un contraccettivo,
responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul
volto a bloccare cioè decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso delle
l’ovulazione,
tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità
attraverso un alto
fisica e psichica della donna e meno rischiose per
dosaggio ormonale. l’interruzione della gravidanza.
Perché un questionario di questo tipo?
Per riflettere sul fatto che su alcuni temi come quelli
affrontati, abbiamo spesso informazioni insufficienti o
scorrette a disposizione, per avere una reale visione del
mondo che ci circonda.
In ogni caso è però necessario avere un’idea della realtà,
perché siamo continuamente chiamati a fare delle scelte
che ci sono imposte dal dover vivere in società.
…Per questo, anche quando non sapevamo che cosa
rispondere alle domande del questionario, cercavamo di
ragionare in modo da dare una risposta che più si
avvicinasse a quella che ritenevamo giusta.
La costruzione delle aspettative
Ciò che riteniamo sia “la risposta giusta” nel questionario,
come nella vita di tutti i giorni, non è altro che una
aspettativa, una costruzione mentale spesso condivisa
all’interno della società, poiché i fattori che influenzano la
sua costruzione sono, spesso, gli stessi.
Tendiamo infatti a farci condizionare
dal tipo e dal modo in cui le informazioni ci sono date:
la domanda sugli incidenti o sul pubblico del teatro, che
lasciavano intendere un certo tipo di risposta,
ne è un esempio.
Lo sviluppo dei pregiudizi
Più precisa del termine “aspettativa”, per meglio
descrivere l’appiglio che ci serve per muoverci in quei
luoghi del mondo che ci sono sconosciuti, è la parola
“pregiudizio”.
Dal latino, prae, “prima” e iudicium, “giudizio”, è un
concetto che rimanda alla nozione di “giudizio
prematuro”, cioè parziale e basato su argomenti
insufficienti.
A differenza degli illuministi che sostenevano che il pregiudizio è
qualcosa di negativo, da scardinare, Gadamer (1960) sostiene invece che
il pregiudizio è fase costitutiva della conoscenza: “Di per sé, pregiudizio
significa solo un giudizio che viene pronunciato prima di un esame
completo e definitivo di tutti gli elementi obiettivamente rilevanti”.
Non è quindi eliminabile, bensì va sviluppato affinché diventi
comprensione con una certa phrónesis (“saggezza”, o meglio ancora:
“prudenza”, termine che richiama il latino pro-videre ovvero la capacità
di “guardarsi (se videre) intorno (pro)”).
L’opinione pubblica si basa su pregiudizi
Esistono varie teorie sociologiche che descrivono come il pregiudizio
giochi un ruolo fondamentale nella formazione dell’opinione pubblica,
intesa come “precipitato cognitivo e simbolico delle volontà individuali e
collettive, che si manifesta nella sfera pubblica e sociale” (Grossi, 2004),
ad esempio:
il giornalista statunitense Walter Lippmann, nel suo libro Public
Opinion (1922) sostiene che l’opinione pubblica ha una base cognitiva
che deriva da stereotipi, ossia rappresentazioni parziali o distorte che le
persone si formano sulla realtà sociale e politica.
Nel 1984 la sociologa tedesca Elizabeth Noelle Neumann (La spirale del
silenzio) dimostra empiricamente che l’opinione pubblica non ha una
funzione emancipatrice, bensì conformista, perché basata sulla paura
dell’isolamento e sulla appropriatezza sociale (e non sulla giustezza), che
porta a accettare l’opinione dominante o a chiudersi nel silenzio: questa
dinamica ‘a spirale’ mantiene lo status quo, diffondendo un controllo
sociale interiorizzato.
I pregiudizi: un Giano bifronte
Come abbiamo detto, i pregiudizi servono a orientarci nel mondo,
di cui non è possibile conoscere tutto!, in modo più rapido e facile.
Però è fondamentale, soprattutto
quando sono in gioco scelte
importanti, mettere in discussione
le nostre conoscenze: poiché avere
una visione distorta o parziale non
sempre ci conduce a prendere le
decisioni più giuste.
E se l’opinione pubblica ha il
compito fondamentale di orientare
e controllare l’azione politica, allora
occorre che sia ben informata sulle
questioni su cui occorre legiferare.
Il ruolo del perchè
Nelle conoscenze quotidiane è importante verificare le
informazioni di cui si dispone, in modo da assicurarci
conoscenze fondate su dati il più possibile completi e
certi.
Per far sì che i pregiudizi non si spaccino per conoscenze
fondate, dobbiamo considerare tutto ciò che conosciamo
come tesi da dimostrare, in modo da giungere a una
conoscenza quanto più vicina alla realtà, una conoscenza
il più possibile scientifica:
oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile.
Fattori che contribuiscono allo sviluppo dei
pregiudizi
I pregiudizi si sviluppano a
partire dalla “concreta
situazione ermeneutica”,
secondo Gadamer, ossia il
contesto di significati
attribuiti alla realtà che ci
circonda.
Semplificando, tra le
principali variabili proprie
della situazione
ermeneutica che
costituiscono cioè il
pregiudizio, individuiamo:
1. Le informazioni che
abbiamo a disposizione
2. Il linguaggio che
utilizziamo
Il ruolo della consapevolezza
Affinché il pregiudizio non rimanga tale,
ma si possa sviluppare in conoscenza il
più possibile
oggettiva, affidabile, verificabile e
condivisibile, occorre essere consapevoli
della parzialità del sistema
dell’informazione e del linguaggio.
In particolare, in Italia, il sistema
mediatico non solo è parziale, ma anche
manipolato.
Solo dalla consapevolezza della parzialità
(e addirittura della manipolazione) della
situazione ermeneutica che ci circonda,
possiamo partire per un’azione di
miglioramento della stessa.
Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e
manipolato: l’oligopolio editoriale
L’informazione è controllata da un oligopolio di editori: si
pensi che i primi 5 gruppi editoriali (Rcs, Espresso,
Mondadori, Il Sole-24 Ore, Caltagirone) fatturano il 73,1%
del totale del mercato.
Sono caratterizzati da conflitti di interessi che la rendono
poco credibile: di fatto l’informazione è sotto il controllo
diretto o indiretto di poteri politici ed economicofinanziari.
La tv, il mezzo di informazione più usato dagli italiani
(93,2%, secondo l’ultima indagine Istat pubblicata nel
2008), è in mano sostanzialmente a due soggetti: il
pubblico, con la storica Rai, e un privato, il gruppo
Mediaset, che con un fatturato di 4,082 miliardi, è il leader
indiscusso fra i media in Italia.
Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e
manipolato: l’oligopolio editoriale, le conseguenze
Conseguenza diretta è che
l’informazione da “cane da
guardia” del potere politico è
divenuta spesso “cane da
riporto” del potere stesso: si
vedano i cosiddetti ‘panini
televisivi’, o l’infomazione
che scompare a favore
dell’intrattenimento.
Un esempio eclatante, deriva da uno studio fornito
dall’Osservatorio di Pavia, un istituto di ricerca che conduce
indagini quanti-qualitative in tema di libertà di espressione,
mass media e democrazia, relativo all’informazione in tema di
sicurezza in tv, nell’arco di tempo gennaio 2005-giugno 2009.
Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e
manipolato: l’oligopolio editoriale, un caso
Ciò che emerge è il picco assoluto
delle notizie di cronaca nera nel
secondo semestre del 2007, che
pilota la percezione dell’opinione
pubblica in senso opposto al
numero di crimini commessi,
generando un aumento della
percezione di insicurezza.
Questo scarto risulta
comprensibile solo alla luce del
tema della campagna elettorale
condotta in vista delle elezioni
politiche dell’aprile 2008: la
sicurezza.
Occorre riflettere anche sul fatto che non ci siano significative
differenze tra Rai e Mediaset in questa campagna “disinformativa”.
Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e
manipolato: la pubblicità come editore occulto
La pubblicità (e non le vendite), in quanto rappresenta la fetta
maggiore delle entrate di una testata, influenza innanzitutto
l’esistenza e quindi i contenuti delle testate stesse:
Dai rapporti della Federazione italiana editori dei giornali:
Nel 2007 il fatturato degli editori dei giornali è cresciuto di appena
l’1,7%.
I costi operativi sono aumentati del 6,7%.
Gli utili sono cresciuti solo grazie ai proventi delle partecipazioni
azionarie.
Il costo della carta è aumentato dell’11,8%, mentre quello del lavoro
del 2%.
Le vendite della carta stampata sono in progressivo calo: dal 2000,
del 9,5% (ammontano al 34,6% del fatturato).
Perciò cresce il ruolo della pubblicità, che tiene in piedi i giornali: i
proventi sono cresciuti del 3,7% e incidono per il 49,4% sul fatturato
complessivo, secondo l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e
manipolato: la pubblicità come editore occulto,
il caso dell’acqua
Un esempio è la questione dell’acqua minerale.
Numerose sono le condanne di pubblicità ingannevole, anche in veste di
pubbliredazionali: si vedano i casi dell’acqua Silvana, San Pellegrino o
Ferrarelle, che lasciano intendere che sono solo le acque minerali ad
essere sono pure o salutari.
Il problema sta nel fatto che tali aziende sono fra i maggiori
inserzionisti: 379 milioni di euro solo nel 2005, senza contare le
sponsorizzazioni.
Mentre anche l’acqua di rubinetto è buona e sicura: il 96% dei rubinetti
italiani eroga acqua potabile, ed è controllata dal gestore del servizio
idrico integrato e dall’Asl. La piccola guida al consumo critico
dell’acqua di Martinelli (2008) smaschera tutti i falsi miti sull’acqua di
rubinetto.
Conseguenza di tale marketing martellante è che gli italiani sono i primi
consumatori di acqua minerale in Europa e terzi al mondo dietro Arabia
Saudita e Messico.
Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e
manipolato: il precariato dei giornalisti
La maggior parte dell’informazione è
fatta da giornalisti precari senza
contratto, malpagati e non garantiti:
secondo l’Istituto nazionale di
previdenza dei giornalisti il lavoro
precario cresce ogni anno 4 volte più
rispetto a quello stabile: il 9,27%
contro il 2,6% nel 2007, che con la crisi
è progressivamente cresciuto. I
giornalisti sono quindi:
1.costretti a lavorare in tempi
brevissimi senza consentire loro
neppure di verificare le informazioni
2.ricattati dallo spettro della
disoccupazione
3.minacciati dal continuo rischio di
querela
Una nota sulle querele ai giornalisti
L’avvocato Giovanna Corrias Lucente spiega, in un articolo apparso
su Micromega (29 giugno 2007), ciò che è stato anche denunciato da
Freedom House e Reporters sans frontières:
Sulla testa di ogni giornalista pende oggi la spada di Damocle di
una querela per diffamazione. Lui – e il suo giornale – rischia la
bancarotta, chi querela assolutamente niente.
Anche se la denuncia prendendo quanto denunciato da si rivela
infondata, infatti, è quasi impossibile ottenere un risarcimento.
Risultato: i giornalisti scrivono sempre di meno e sempre più
politically correct, le querele per diffamazione non si contano e i
danni morali liquidati raggiungono cifre sbalorditive.
Con buona pace del pluralismo e della libertà di stampa… Il
giornalismo d’inchiesta è in via di scomparsa.
Quali le cause? Il degrado dei giornalisti od i rischi processuali che
affronta chi percorre territori non ancora sondati dai Giudici.
Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e
manipolato: le fonti delle notizie internazionali
Un altro dato della parzialità dell’informazione, soprattutto quella
“lontano dagli occhi” come quella relativa alle notizie di provenienza
estera, è il fatto che la maggioranza delle notizie deriva dalle agenzie
di stampa: le più importanti sono circa 300 (144 nordamericane e
canadesi, 80 europee, 49 giapponesi e 27 dal resto del mondo).
L’Unesco ha calcolato che l’80% delle
notizie è però diffuso solo da 4 agenzie:
Associated Press, United Press
International, France Press e Reuters.
Dal Sud del mondo deriva solo il 5% delle
notizie, anche se ci vivono i ¾ della
popolazione. Purtroppo anche quando le
notizie in zone di guerra sono raccolte da
inviati, questi sono “embedded”, ossia
inseriti negli eserciti coinvolti nel
conflitto, che hanno interesse a dare una
certa rappresentazione della realtà.
Perché il sistema dell’informazione italiana è parziale e
manipolato: le organizzazioni mafiose
Reporters sans frontières
(che declassa l’Italia al 61°
posto su 175 Paesi) e Freedom
House (che declassa al 75°
posto il nostro Paese su 195,
ritenendolo l’unico Stato
occidentale ad avere una
stampa non libera)
denunciano le intimidazioni
ai giornalisti, date sotto
forma di “consiglio”, da parte
della criminalità organizzata.
Molti giornalisti vivono sotto
scorta, come in un Paese in
guerra: pensiamo a Saviano,
Abbate, Capacchione.
Mafia e comunicazione: qualche numero
Il rapporto di Ossigeno dell’Osservatorio sui giornalisti minacciati
dalle mafie, rileva come solo nel 2011 si siano registrati 324 casi di
intimidazione a giornalisti, in diverse forme.
Si tratta di un aumento delle minacce ai giornalisti italiani superiore
al 100% rispetto allo scorso anno. Dall’1 al 16 gennaio 2012 si
attestano minacce a ben 12 giornalisti italiani.
Sono oltre 40 i giornalisti nel mirino delle mafie, 10 quelli ormai
sotto scorta, 11 quelli uccisi, da Impastato a Francese, da Rostagno a
De Mauro. È ciò che rivela il Rapporto Ossigeno dell’Osservatorio
Fnsi sui giornalisti minacciati e le notizie oscurate.
«Riguarda soprattutto i cronisti impegnati nei territori a forte
radicamento mafioso, ma è un problema che si riflette
sull’informazione nazionale», spiega Spampinato: «Le mafie usano
la violenza per proteggere i propri affari impedendo che le notizie
arrivino all’opinione pubblica».
Il linguaggio come struttura di pensiero
Il linguaggio è un codice di comunicazione, e quindi un filtro, esattamente
come un qualsiasi altro medium: in realtà è una sorta di cavallo di troia, lo
accettiamo come codice imparziale, mentre è portatore di ideologie che
vanno oltre il messaggio accidentalmente codificato: esse sono il frutto di
rappresentazioni sociali e culturali cristallizzate nel tempo e date per
scontate.
Addirittura Eco (La struttura assente, 1968) sostiene che è raro che
‘parliamo i linguaggi’, mentre invece ‘ne siamo parlati’.
Proviamo a pensare all’uso di certe parole: diamo spesso per scontata la
denotazione di una parola quando questa è usata di frequente, magari
ripetuta anche quando non è strettamente necessario, e da tutti, come
“libertà”: non ci rendiamo conto invece del livello di ambiguità che
possiede: a quanti significati rimanda? Libertà di espressione? Oppure
impunità, ossia fare e dire ciò che si desidera senza conseguenze?
O pensiamo al significato di quella “patria”: pronunciata da un fascista o
da un partigiano denota concetti ben diversi.
Cosa possiamo fare noi?
Partiamo da un dato: tutti noi siamo Cittadini.
Come cittadini, l’obiettivo da perseguire tutti insieme dovrebbe
essere ciò che il direttore dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di
Legambiente, Antonio Pergolizzi, ha definito “un sistema di
legalità organizzata”.
Laddove con legalità intendiamo quella “conformità alle leggi” che
è dimensione in base alla quale si misura la responsabilità del
cittadino verso i principi costituzionali e dunque verso la società
di cui è membro. Società, che sappiamo essere tale in quanto
condivide, tra le altre cose, un preciso sistema di regole.
Legalità come responsabilità
A proposito di responsabilità,
Giovanni Falcone espresse un
concetto importante:
Perché una società vada bene,
si muova nel progresso,
nell’esaltazione dei valori della
famiglia, dello spirito, del bene,
dell’amicizia, perché prosperi senza
contrasti tra i vari consociati, per
avviarsi serena nel cammino verso
un domani migliore, basta che
ognuno faccia il suo dovere.
La nostra azione come cittadini:
dalla consapevolezza all’azione
Consapevoli degli ostacoli che incontriamo nel nostro processo di
conoscenza della realtà, dobbiamo impugnare le armi culturali
che ci sono offerte.
In sostanza, occorre continuare
sulla strada che avete intrapreso,
di cittadinanza attiva:
partecipare consapevolmente al
governo della cosa pubblica, e
contribuire, attraverso tutti gli
strumenti che ci sono offerti
dalla nostra repubblica
democratica, a fare del nostro
Paese uno stato di diritto
maturo, in cui l’uguaglianza non
sia solo principio formale, ma
anche e sopratutto sostanziale.
La nostra azione come cittadini: fare una nostra
personale rassegna stampa, il più possibile pluralistica
Informarci su quanti più mezzi di
informazione possibile
per operare paragoni,
selezionando le fonti più indipendenti,
e giudicare le notizie in base agli
interessi che ci sono in gioco, siano
quelli dell’editore che dell’inserzionista,
non limitandosi ai media nazionali, e
scovando blog e libri-inchiesta che
possano risultarci utili.
La nostra azione come cittadini:
rivolgerci a fonti primarie
Conoscere direttamente,
per verificare le notizie in
prima persona
da fonti dirette o primarie,
raccogliendo cioè
informazioni senza
mediazioni.
La nostra azione come cittadini:
smascherare il linguaggio
Eco propone una azione di guerriglia semiologica:
“La semiologia ci mostra nell’universo dei segni, sistemato
in codici e lessici, l’universo delle ideologie, che si riflettono
nei modi precostituiti del linguaggio”
Un certo uso del linguaggio si identifica con un modo di
pensare la società.
Secondo Eco, rivoluzionare il codice si traduce
direttamente in una innovazione dell’ideologia connotata
dal segno, e che la stessa sia davvero effettiva quando
“realizza messaggi che sconvolgono anche i sistemi di attese
retoriche”.
La nostra azione come cittadini:
smascherare il linguaggio, due esempi
Giornalismi.info ha lanciato un appello: mettere al bando la
parola “clandestino”. Clandestino richiama colui che è nascosto:
è un termine che contribuisce a creare un clima di xenofobia.
L’Unione delle Donne in Italia, da anni, si batte affinché parole
come “presidente”, “assessore”, “medico”, possano essere
declinati al femminile, nei rispettivi “presidenta”, “assessora”,
“medica”, in vista dell’affermazione di parità con il genere
maschile anche sul piano linguistico: ma siamo ancora ben
lontani da una parità di questo tipo, se pensiamo che l’Italia, con
il 17,4% di elette alla Camera e il 13,6% al Senato - si ferma al 63°
posto nella classifica mondiale della rappresentanza femminile
nei parlamenti nazionali, pari merito con il Nepal.
La nostra azione come cittadini:
diventare testimoni
Giunti a una conoscenza della realtà il più possibile
oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile, è importante
diffondere tale sapere: è importante testimoniare, per creare un
sistema di trasmissione della conoscenza alternativo a quello
mediatico tradizionale, che abbiamo visto essere parziale e
manipolato, per contribuire a porre le basi per una opinione
pubblica più consapevole e quindi più responsabile nel suo ruolo di
“cane da guardia” del potere politico: non solo al momento dello
scegliere o giudicare l’operato di un rappresentante politico
piuttosto che un altro, ma nell’orientare politiche più giuste,
democratiche, solidaristiche, volte al progresso spirituale e
materiale della nostra società.
La forza della testimonianza che possiamo dare, in quanto cittadini
attivi e responsabili, non è tanto nel messaggio alternativo, quanto
soprattutto nelle persone a cui ci rivolgiamo e che dialogano con
noi.
Buon lavoro a tutti!
Sii il cambiamento
che vuoi vedere avvenire nel mondo
Mahatma Gandhi
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