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I Lisosomi

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I Lisosomi
ALESSANDRA DILETTOSO
MARCO DI MAURO
DANIELE GRIPPALDI
DANIELE FARSAPERLA
I Lisosomi sono organuli citoplasmatici, delimitati da
membrana, che contengono una serie di enzimi in
grado di degradare tutti i tipi di polimeri biologici:
• PROTEINE
• ACIDI NUCLEICI
• LIPIDI
• POLISACCARIDI
Svolgono la funzione di “sistema digestivo” della
cellula, degradando sia materiale trasportato
dall’esterno della cellula, che componenti cellulari non
più utili.
Nella loro forma più semplice appaiono come vacuoli sferici, ma possono
presentare forme e dimensioni diverse, in relazione ai materiali che sono
stati trasportati al loro interno per essere degradati.
Tutti gli enzimi dei lisosomi sono idrolasi acide, attive al pH acido
dei lisosomi (circa 5.0) ,ma non al pH neutro del citoplasma (7,2).
Questo meccanismo protegge la cellula dalla eventuale rottura
della membrana del lisosoma.
Infatti le idrolasi rilasciate sarebbero inattive al pH neutro del
citosol
IDROLASI ACIDE:
Nucleasi
Proteasi
Glicosidasi
Lipasi
Fosfatasi
Solfolipasi
Fosfolipasi
Per mantenere acido il ph al loro
interno i lisosomi devono
attivamente concentrare ioni H+.
Ciò è assicurato dalla presenza
nella membrana di una pompa
protonica, che trasporta
attivamente protoni dal citosol
nei lisosomi. L’attività di questa
pompa richiede consumo di
energia che è fornita da idrolisi
di ATP per mantenere nei
lisosomi una concentrazione di
H+ circa 100 volte più alta
rispetto al citosol
LISOSOMA
Idrolasi acide
pH 5
H+
CITOSOL
ATP
ADP
H+
pH 7
Le idrolasi lisosomiali e le proteine di membrana dei lisosomi sono sintetizzate nel RE
ruvido e attraverso l’apparato del Golgi vengono trasportate agli endosomi tardivi
(precursori dei lisosomi) da vescicole che gemmano dal porzione trans del Golgi.
Esse portano un marcatore sotto forma di mannosio 6-fosfato (M6P) che, riconosciuto
da recettori di M6P transmembrana presenti nel trans Golgi, vengono impacchettate
in vescicole rivestite di clatrina, successivamente liberate nell’endosoma tardivo.
I lisosomi si formano in seguito alla fusione di vescicole di trasporto
gemmate dal reticolo trans Golgi con endosomi, che contengono a loro
volta molecole trasportate all’interno della membrana plasmatica per
endocitosi.
Materiale extracellulare è trasportato all’interno della cellula in
vescicole di endocitosi, rivestite di clatrina, che gemmano dalla
membrana plasmatica e si fondono con gli endosomi precoci.
Al livello degli endosomi precoci, i componenti di membrana che hanno
preso parte al processo , vengono riciclati e fanno ritorno alla membrana
plasmatica, mentre gli endosomi precoci si trasformano gradualmente in
endosomi tardivi.
Agli endosomi tardivi gradualmente giungono le idrolasi lisosomiali provenienti dal
trans Golgi, le quali si dissociano dai recettori per l’M6P a causa del pH acido (circa
6) degli endosomi.
-La perdita del gruppo fosfato del mannosio determina l’attivazione delle idrolasi
le quali cominciano a degradare il materiale endocitato porrato dagli endosomi
precoci. I recettori per l’M6P, tornano mediante vescicole al trans Golgi
Oltre alla digestione derivante dalla endocitosi, i lisosomi degradano anche
materiale proveniente da altre due vie:
FAGOCITOSI
AUTOFAGIA
Cellule specializzate nella degradazione di particelle di grandi dimensioni e di
microrganismi (es. macrofagi), fagocitano al loro interno queste particelle
formando un FAGOSOMA, il quale si fonde con un lisosoma assicurando la
digestione del contenuto. I lisosomi derivati da questo processo prendono il
nome di FAGOLISOSOMI e possono essere di varie forme e dimensioni, in base
al tipo di materiale fagocitato. Le sostanze indigeribili permangono nei
lisosomi quali corpi residui.
Rappresenta la via degradativa degli organuli cellulari. Essi vengono inglobati
in membrane derivanti dal RE e la vescicola così formata ( AUTOFAGOSOMA),
si fonde con un lisosoma , degradando il proprio contenuto
Accumulo intracellulare di materiale indigesto si può avere in
soggetti normali per insufficienze lisosomiali che possono
originare:
A
B
C
• Inibizione degli enzimi digestivi lisosomiali
• Incongruità di substrati inerti o poco digeribili
• Eccesso di materiale rispetto alle capacità digestive della
cellula
Numerosi antibiotici, fra cui la streptomicina e la
kanamicina, inibiscono gli enzimi lisosomiali provocando
accumulo di materiale autofagico non digerito, responsabile
di fenomeni di organotossicità. Il farmaco più tipicamente
lisosomotropo è l’antimalarico clorochina, che provoca, che
provoca tesaurismosi lipidiche o proteolipidiche in numerosi
organi. Questo fatto va tenuto presente poiché oggi la
clorochina viene proposta come farmaco attivo contro il
virus HIV.
Substrati normali, specialmente lipidi, vengono resi difficilmente
digeribili per azione di farmaci anfipatici (ne troviamo tra
psicofarmaci e anti-anginosi usati in terapia), che si accumulano
nei lisosomi sotto forma di complessi farmaco-lipidi; questi
complessi si dissociano lentamente solo dopo cessazione del
trattamento, rilasciando così il substrato che può finalmente
essere digerito
Le malattie d’accumulo lisosomiale (LSD) sono un gruppo di malattie clinicamente
eterogeneo. Sono malattie rare di origine genetica, clinicamente eterogenee, con gravi
conseguenze patologiche, più spesso nel sistema nervoso. La maggior parte delle LSD
diagnosticate si presentano nei primi anni di vita o in età pediatrica. Sono importanti
l’anamnesi familiare e segni clinici chiave perché il quadro clinico può essere non evidente
in fase precoce, specie in varianti lievi.
L’alterazione genetica di uno degli enzimi deputati alla degradazione enzimatica, provoca
accumulo di prodotti all’interno dei lisosomi, determinando gravi danni cellulari.
Poiché esistono numerosi enzimi lisosomiali, ognuno con il compito di degradare una
determinata molecola, esistono anche moltissime e diverse malattie lisosomiali.
Attualmente si conoscono 40 tipi diversi di malattie lisosomiali, classificate in base alla
deficienza di un determinato enzima.
In base a questo e quindi anche alle sostanze accumulate, le malattie lisosomiali vengono
classificate in vari gruppi.
La determinazione dell’enzima, per evidenziare il possibile deficit,
può essere eseguita su tessuti ottenuti per biopsia ed
eventualmente mantenuti in coltura ovvero su leucociti
circolanti; l’esame sulle cellule amniotiche, nei casi in cui è
possibile, permette la diagnosi prenatale della malattia. L’analisi
completa del lipide accumulato richiede in genere quantitativi
cospicui di tessuto, per cui e quasi sempre una pratica
postmortem.
Le sfingolipidosi ( o glicolipidosi ) sono dovute ad un blocco nella degradazione
lisosomiale degli sfingolipidi, causato da mutazioni a livello di particolare enzimi
degradativi, le sfingolipidi idrolasi o negli attivatori di queste idrolasi. Le
sfingolipidosi sono in genere malattie monogeniche, ovvero sono causate da
mutazioni in un unico gene che codifica per una singola proteina. Alcune mutazioni
possono portare ad una riduzione funzionale totale, altre solo parziale.
Le sfingolipidosi possono essere classificate in base al tipo di mutazione e quindi al
tipo di danno che si viene a creare.
Tra queste: leucodistrofia metacromatica, malattia di Niemann-Pick, malattia di
Gaucher, gangliosidosi GM1, malattia di Tay-Sachs e gangliosidosi GM2,
galattosialidosi, malattia di Farber, malattia di di Fabry, mucosulfatidosi, malattia di
Krabbe, malattia di Sandhoff.
Malattia
Materiale
prevalentemente
accumulato
Deficit enzimatico
M. di Gaucher
Glucorebroside
Glucorebrosidasi
M. di Niemann-Pick
Sfingomielina
Sfingomielinasi
Leucodistrofia globoide
Galattocerebroside
Galattocerebrosidasi
Leucodistrofia
metacromatica
Sulfatide
Aril-sulfatasi A
M. Di Fabry
Globotriaosilceramide
Alfa-galttosidasi A
Fucosidosi
Pentaesosilfucoglicolipide
Alfa-fucosidasi
M. Di Farber
Ceramide
Ceramidasi
Gangliosidosi
generalizzata
Ganglioside GM1
GM1 ganglioside: beta
galattosidasi
M. Di Tay-Sachs
Ganglioside GM2
Esosaminidasi A
M. Di Sandhoff
Ganglioside GM2
Esosaminidasi A e B
Trasmissione e
ereditarietà
Manifestazioni particolari
M. di Gaucher
AR*
Forma adulta: aumento fosfatasi acida,
fratture patologiche; predilezione per gli
ebrei ashkenaziti
M. di Niemann-Pick
AR*
Infiltrati polmonari, pelle brunastra,
forma neuropatica dell’infanzia
aumentata negli ebrei ashkenaziti, istociti
blu-mare
Leucodistrofia
metacromatica
AR*
Aumento della proteionorrachia e precoci
anomalie della deambulazione della tarda
infanzia; neuropatia periferica
M. Di Fabry
Dominante legata al
cromosoma X
Angiocheratoma cutaneo, trombosi
vascolari, ipoidrosi
Fucosidosi
AR*
Facies grossolana, aumento degli
elettroliti del sudore, angiocheratoma nei
giovani
M. Di Farber
AR*
Artropatia-noduli sottocutanei
periarticolari e viscerali
(lipogranulomatosi)
Gangliosidosi generalizzata
AR*
Facies grossolana,edema, macroglossia,,,
mucopolisaccariduria;cecità precoce nelle
forme infantili
M. Di Tay-Sachs
AR*
Macrocefalia, iperacusia nella forma
infantile
M. Di Sandhoff
AR*
Macrocefalia, iperacusia, istiocitosi
viscerale
Malattia
*AR= Autosomia recessiva
Le mucopolisaccaridosi ( MPS ) sono patologie caratterizzate da un difetto nella
degradazione dei mucopolisaccardi.
I mucopolisaccaridi sono molecole di grosse dimensioni, che svolgono importanti
funzioni a livello del tessuto connettivo. Un’accumulo di queste sostanze porta a
patologie che si manifestano tardivamente, con conseguenze che possono variare
in base alla patologia, ma che portano, nella maggior parte dei casi, a gravi
handicap. I pazienti affetti da mucopolisaccaridosi manifestano difetti della crescita,
ritardi fisici e mentali, perdita di taluni apprendimenti (parlare, camminare),
irrigidimento delle articolazioni, oltre a disturbi uditivi, disturbi alla vista.
Spesso questa patologie portano ad esito fatale prima del raggiungimento dell’età
adulta.
Le mucopolisaccaridosi possono essere distinte in: MPS I (sindrome di HurlerScheie), MPS II (sindrome di Hunter), MPS III (sindrome di Sanfilippo), MPS IV
(sindrome di Morquio), MPS VI (sindrome di Maroteaux-Lamy), MPS VII (sindrome
di Sly).
Classificazione
numerica
Malattia
Glucosaminoglican
o accumulato
Deficit enzimatico
MPS I
M. Di Hurler-Scheie
Dermatan solfato,
Eparan solfato
Alfa-iduronidasi
MPSII
M. Di Hunter
Dermatan solfato,
Eparan solfato
Iduranato solfatasi
MPS III
-tipo A
-tipo B
-tipo C
-tipo D
M. Di Sanfilippo A
M. Di Sanfilippo B
M. Di Sanfilippo C
M. Di Sanfilippo D
Eparan solfato
Eparan solfato
Eparan solfato
Eparan solfato
Eparan solfatasi
Alfa-N acetilglucosaminidasi
Acetil-CoA: alfaglucosaminidetransferasi
N-Acetilglucosamina-6-solfatasi
MPS IV
-tipo A
M. Di Morquio A
Galatto-6-solfatasi
-tipo B
M. Di Morquio B
Cheratan solfato,
Condroitin solfato
Cheratan solfato
Beta galattosidasi
MPS VI
M. di MaroteauxLamy
Dermatan solfato,
Arilsolfatasi B
MPS VII
M. Di Sly
Dermatan solfato,
Eparan solfato
Condroitin solfato
Beta-glicuromidasi
MPS VI (sindrome di Maroteaux-Lamy)
MPS IV (sindrome di Morquio)
OLIGOSACCARIDOSI
Le oligosaccaridosi sono dovute al difetto nella degradazione degli oligosaccaridi e
delle glicoproteine. Tra queste: fucosidosi, sialidosi, mucolipidosi, mannosidosi.
MALATTIE DOVUTE A TRASPORTO LISOSOMIALE ALTERATO
Le malattie dovute a trasporto lisosomiale alterato, in cui alcune sostanze non
vengono trasportate correttamente nei lisosomi per essere degradate, sono:
cistinosi, malattia da accumulo di acido sialico (malattia di Salla).
MALATTIE DOVUTE A MANCATO TRASPORTO DEGLI ENZIMI LISOSOMIALI
Le malattie dovute al mancato trasporto degli enzimi lisosomiali, in cui alcuni enzimi
non vengono trasportati correttamente nei lisosomi e quindi non riescono ad
assolvere la loro funzione: mucolipidosi tipo II; polidistrofia pseudo-Hurler
(mucolipidosi tipo III), malattia di Schindler.
ALTRI TIPI DI MALATTIE LISOSOMIALI
Gli altri tipi di malattie lisosomiali comprendono: la malattia di Pompe (glicogenosi
tipo II), ceroidolipofuscinosi (malattia di Wolman; malattia di Hagberg-Santavuori;
malattia di Bielschowsky-Jansky; malattia di Spielmeyer-Vogt-Sjogren; malattia di
Kufs), picnodisostosi, mucolipidosi tipo IV. (Xagena2008), I-cell disease
La malattia di Fabry, nota anche come malattia di Anderson-Fabry, è una malattia
ereditaria multisistemica del metabolismo degli sfingolipidi. E’ una patologia legata al
cromosoma X, causata da mutazioni a carico del gene codificante per l’enzima alfagalattosidasi A che alterano o aboliscono l'attività enzimatica.
Questa malattia è misconosciuta, poiché la sintomatologia è spesso sovrapponibile a
quella di altre patologie.
Nella fase iniziale della malattia si ha la presenza di acroparestesie.
Successivamente è coinvolto il sistema nervoso periferico con alterazione della
termoregolazione e di alcuni organi e sistemi: complicanze del derma
(angiocheratomi, ipoidrosi) dell’apparato renale, cardiaco (sistema di conduzione),
vascolare (ictus giovanile, ipertrofia ventricolare sinistra), apparato respiratorio, e
gastroenterico, cui si aggiunge il coinvolgimento oftalmologico (opacità della cornea).
Sotto l’aspetto eziologico, la malattia di Fabry è un’enzimopatia lisosomiale correlata
al cromosoma X.
L’alfa-galattosidasi A è una idrolasi lisosomiale che interviene nel metabolismo dei
glicosfingolipidi. L’interruzione del processo porta all’accumulo di Gb3
(globotriaosilceramide) non degradato ed, in misura minore, di galabiosilceramide
(Ga), all’interno delle cellule dell’organismo.
Questo tipo di sfingolipidi si trova anche nei soggetti sani ma negli individui con
malattia di Fabry sono presenti in quantità 30-300 volte maggiori.
L’accumulo del Gb3 all’interno dei lisosomi danneggia il normale funzionamento
cellulare
La malattia di Fabry è trasmessa attraverso il gene codificante per l’enzima alfagalattosidasi A, localizzato sul cromosoma X.
Poiché il gene che è alterato è trasportato da un cromosoma X della madre, i figli
maschi hanno una probabilità del 50% di ereditare la malattia, e le figlie femmine
hanno una probabilità del 50% di essere portatrici della malattia.
La malattia di Fabry interessa maschi emizigoti (a singolo allele) e le femmine
eterozigoti ed omozigoti;
i maschi tendono a manifestare i più gravi sintomi clinici, mentre le femmine
possono risultare asintomatiche o presentare gravi sintomi come i maschi.
Questa variabilità sembra essere dovuta all’inattivazione X durante lo sviluppo
embrionale delle femmine.
Il quadro clinico della malattia di Fabry può variare in maniera considerevole da
paziente a paziente, anche all’interno dello stesso nucleo familiare.
Sono numerosi gli organi coinvolti, ed i segni e i sintomi spesso sono poco specifici.
La forma classica, presente nei maschi emizigoti, ed occasionalmente nelle femmine
eterozigoti, interessa le terminazioni nervose periferiche, la cute, l’occhio, l’apparato
cardiovascolare, il sistema nervoso centrale, il rene, il cuore e gli apparati
respiratorio, gastrointestinale e locomotore. La variante cardiaca è caratterizzata
solamente da manifestazioni cardiache.
Il sintomo più invalidante della malattia di Fabry è il dolore che si può manifestare
sotto forma di crisi episodiche o di malessere persistente. Le crisi dolorose spesso
segnano l’inizio dei sintomi clinici della malattia.
ANGIOCHERATOMA
Si tratta di lesioni cutanee puntiformi rosse, papulose. Una
conseguenza a livello dermatologico della malattia di Fabry
Diversi studi hanno dimostrato che la terapia enzimatica sostitutiva è associata a
benefici per i pazienti affetti da malattia di Fabry.
La terapia sostitutiva provoca una riduzione del materiale di accumulo nei diversi
distretti cellulari con una conseguente diminuzione dei disturbi associati.
Per trarre maggiore beneficio dalla terapia di sostituzione enzimatica è opportuno
che i pazienti inizino il trattamento prima della comparsa della sintomatologia,
evitando i gravi danni agli organi vitali.
Oggi l’enzima e prodotto artificialmente con tecniche di ingegneria genetica che
consentono di ottenerne grandissime quantita, sufficienti a garantire un
trattamento sostitutivo continuativo per tutta la vita del malato.
Patologia da accumulo lisosomiale causata da un deficit di alfa-L-iduronidasi e
caratterizzata da un progressivo deterioramento fisico con escrezione di dermatan
solfato ed eparan solfato.
La sintomatologia può includere nanismo, epatosplenomegalia, gargoilismo, opacità
corneale, complicanze cardiache e respiro rumoroso.
L'incidenza della malattia risulta un caso su 100.000 persone
L'aspetto degli individui affetti è particolarmente scimmiesco:
Fronte prominente, radice del naso infossata, cute ispessita, labbra grosse, lingua
protrudente, cornee opache, ritardo mentale. Sono stati riscontrati anche difetti al
cuore e alle valvole cardiache, ritardo mentale ed epatosplenomegalia. La patologia
è caratterizzata anche da un disturbo metabolico connettivale con iperproduzione di
alcuni mucopolisaccaridi, dovuto al deficit dell'enzima alfa-L-iduronidasi.
La Sindrome di Hurler è connessa all'assenza dell'enzime alfa-iduronidasi (IDUA). Il
gene che codifica l'alfa-iduronidasi misura 19kb, e comprende 14 esoni. E' stato
localizzato nel cromosoma 4p16.3, vicino al gene per la malattia di Huntington
La carenza di enzimi funzionali danno origine alla forma grave di deficit di alfa-Liduronidasi, o Sindrome di Hurler.
La frequenza relativa degli alleli W402X e Q70X varia a seconda delle diverse zone
europee, mentre l'allele P533R è relativamente frequente in Sicilia. Questi alleli
europei non sono stati trovati nei pazienti arabi in Israele e nemmeno nei pazienti
giapponesi, dal momento che entrambi i gruppi hanno dei propri alleli.
La Sindrome di Hurler è connessa all'assenza dell'enzime alfa-iduronidasi (IDUA). Il
gene che codifica l'alfa-iduronidasi misura 19kb, e comprende 14 esoni. E' stato
localizzato nel cromosoma 4p16.3, vicino al gene per la malattia di Huntington
La carenza di enzimi funzionali danno origine alla forma grave di deficit di alfa-Liduronidasi, o Sindrome di Hurler.
La frequenza relativa degli alleli W402X e Q70X varia a seconda delle diverse zone
europee, mentre l'allele P533R è relativamente frequente in Sicilia. Questi alleli
europei non sono stati trovati nei pazienti arabi in Israele e nemmeno nei pazienti
giapponesi, dal momento che entrambi i gruppi hanno dei propri alleli.
Bambino affetto da sindrome di Hurler
Le modificazioni radiologiche che si osservano nella Sindrome di Hurler
rappresentano un classico esempio della costellazione di anomalie scheletriche
presenti nelle mucopolisaccaridosi e conosciute come disostosi multipla.
Il cranio è grande, con volta cranica ispessita, chiusura prematura delle suture
lamboidea e sagittale, orbite poco profonde, sella allargata a forma di J, e anomala
spaziatura tra i denti con cisti dentigere
Si osserva precocemente l'ipoplasia anteriore delle vertebre lombari con cifosi. Le
ossa lunghe hanno diafisi allargate e metafisi con aspetto irregolare.
La pelvi è di solito poco formata: le teste femorali sono piccole, ed è presente coxa
valga.Le clavicole sono corte, ispessite e irregolari. Le costole sono descritte a forma
di remo, assottigliate all'estremità vertebrale, e piatte e larghe all'estremità
sternale.
Le falangi sono raccorciate e trapezoidali, con ampiamento delle diafisi.
Il trapianto di midollo osseo rappresenta un trattamento efficace nei pazienti affetti
da sindrome di Hurler, in modo particolare in uno stadio precoce di malattia.
Tuttavia, le sostanziali morbilità e mortalità connesse alla procedura e la necessità di
reperire un donatore di midollo compatibile limitano i vantaggi di questo approccio.
La terapia di sostituzione enzimatica rappresenta un potenziale trattamento per i
pazienti affetti da Mucopolisaccaridosi tipo I. Dieci pazienti affetti da
Mucopolisaccaridosi tipo I sono stati trattati con alfa-L-iduronidasi umana
ricombinante. Si è notato che l'epatosplenomegalia si è ridotta significativamente in
tutti i pazienti, che il tasso di crescita è aumentato sia per l'altezza che per il peso,
che sono migliorati i range di movimenti per la flessione della spalla e per
l'estensione del gomito, che è diminuito del 61% il numero di episodi di apnea e di
ipopnea durante il sonno, che l'escrezione di glicosaminoglicani si è ridotta dopo 3-4
settimane di trattamento. Cinque pazienti hanno sviluppato una lieve orticaria
transitoria durante le infusioni. In quattro pazienti sono stati rilevati anticorpi anti
alfa-L-iduronidasi
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