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Poesie di Adrienne Rich

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Poesie di Adrienne Rich
Adrienne Rich
(Baltimore, Maryland 16-05-1929 / Santa Cruz, California 27/03/2012)
In Those Years
In those years, people will say, we lost track
of the meaning of we, of you
we found ourselves
reduced to I
and the whole thing became
silly, ironic, terrible:
we were trying to live a personal life
and yes, that was the only life
we could bear witness to
But the great dark birds of history screamed and plunged
into our personal weather
They were headed somewhere else but their beaks and pinions drove
along the shore, through the rags of fog
where we stood, saying I.
1991
In quegli anni
In quegli anni – diranno - perdemmo traccia
del significato di noi, voi
ci ritrovammo
ridotti all’io
e tutta la questione divenne
stupida, ironica, terribile:
stavamo cercando di vivere una vita personale
e sì quella era l’unica vita
che potevamo sopportare testimoniare
Ma i grandi uccelli neri della storia strillando si tuffarono
in picchiata nel nostro clima personale
Erano diretti altrove ma con ali e becchi spazzarono
la costa, attraverso i lembi di nebbia
dove stavamo intenti a dire io.
1991
Aunt Jennifer’s Tigers
Aunt Jennifer’s tigers prance across a screen,
Bright topaz denizens of a world of green.
They do not fear the men beneath the tree;
They pace in sleek chivalric certainty.
Aunt Jennifer’s fingers fluttering through her wool
Find even the ivory needle hard to pull.
The massive weight of Uncle’s wedding band
Sits heavily upon Aunt Jennifer’s hand.
When Aunt is dead, her terrified hands will lie
Still ringed with ordeals she was mastered by.
The tigers in the panel that she made
Will go on prancing, proud and unafraid.
1951
Le tigri di zia Jennifer
Le tigri di zia Jennifer incedono
con eleganti passi sul telaio,
luci topazio in un mondo di verde
e non temono gli uomini in agguato;
hanno morbide certezze cortesi.
Le dita di zia Jennifer volteggiano
attraverso la lana, si affaticano
a muovere anche l’ago più leggero.
La fede nuziale dello zio è un peso
opprimente che le schiaccia la mano.
Quelle mani alla morte della zia
giaceranno nel terrore anche allora
inanellate da ordalie perdute.
Le tigri dell’arazzo ricamato
fiere e impavide incederanno ancora.
1951
Istantanee di una nuora
1.
Tu, ai tuoi tempi una belle di Shreveport,
i capelli rossi di henné, la pelle bocciolo di pesco,
ti fai fare gli stessi vestiti di allora
e suoni un preludio di Chopin –
nelle parole di Cortot Dolci ricordi
aleggiano come essenze nella memoria.
Ora la tua mente, stantia come una torta nuziale,
oppressa da inutili esperienze, ricca
di sospetto, pettegolezzi, fantasie,
crolla sotto la lama tagliente
dei semplici fatti. Nel pieno della tua vita.
Sfacciata e torva, tua figlia
strofina cucchiaini, lei cresce diversamente.
2.
Scaraventando la caffettiera nell’acquaio,
sente gli angeli rimproverarla e guarda fuori
oltre i giardini ben tenuti, fino alla macchia sciatta del cielo.
Solo una settimana prima le dicevano Non avere pazienza.
E la volta dopo Sii insaziabile.
Poi Salva te stessa; gli altri non li puoi salvare.
A volte ha messo un braccio sotto l’acqua bollente
o tenuto l’unghia su un fiammifero,
oppure la mano sul beccuccio del bollitore, ferma
nel getto lanoso del vapore. Forse sono proprio angeli
visto che niente la ferisce piú, tranne
la sabbia di ogni mattina che le vola negli occhi.
3.
Una donna che pensa dorme insieme a mostri.
Diviene il becco che la afferra. E la Natura,
baule pieno di tempora e mores,
dal coperchio rotto, eppure ancora utilizzabile,
si riempie di tutte queste cose: i fiori di arancio ammuffiti,
le pillole contro i dolori mestruali, i terribili seni
di Boadicea sotto i musi piatti delle volpi e le orchidee.
Due donne, belle, avvinghiate nella lotta,
entrambe orgogliose, scaltre, sottili, odo urlare
attraverso i cristalli e le maioliche
come Furie allontanate dalla preda.
L’argomentazione ad feminam, tutti gli antichi pugnali
arrugginiti nella mia schiena, io li pianto nella tua,
ma semblable, ma sœur!
4.
Si riconoscono fin troppo l’una nell’altra:
i loro doni non pura fruizione, ma spina,
aculeo appuntito contro i cenni di disprezzo...
Legge mentre aspetta
che si scaldi il ferro, scrive La mia vita era rimasta – un fucile carico –
in quella dispensa ad Amherst mentre la marmellata bolle e schiuma
oppure, piú spesso,
con occhi e becco e propositi di ferro come un uccello,
spolvera tutto sulle mensole tutti i giorni della vita.
5.
Dulce ridens, dulce loquens,
si depila le gambe fino a farle brillare
come zanne pietrificate di mammuth.
6.
Quando Corinna canta accompagnandosi con la cetra
né parole né musica le appartengono;
solo i lunghi capelli a cascata
sulle guance, solo il canto
della seta contro le ginocchia
e anche questi
riordinati nei riflessi di un occhio.
Sospesa, tremante e insoddisfatta, davanti
a una porta aperta, gabbia di tutte le gabbie,
dicci uccello, tu tragico meccanismo –
è fertilisante douleur questo? Inchiodata
dall’amore, l’unico atto naturale per te,
sono le tue lame abbastanza affilate
da penetrare i segreti dei forzieri? Ha mostrato la Natura,
a te nuora, quei libri di famiglia
negati allo sguardo dei suoi figli?
9.
Non che sia fatto bene, ma
che già sia fatto? Certo, pensate
alle probabilità! O scrollatevele di dosso per sempre.
A questo lusso del bimbo prodigio,
prezioso invalido cronico del Tempo,
rinunceremmo, care, se potessimo?
La nostra disdetta è stata la nostra sinecura:
ci bastava il semplice talento –
un bagliore tra bozze e frammenti.
Donne, non val la pena a sospirare.
Il Tempo è maschio
e quando beve brinda alle belle.
Lusingate dalla galanteria, sentiamo
celebrare la nostra mediocrità,
l’indolenza interpretata come abnegazione,
il ragionamento sciatto è chiamato istinto,
ogni errore perdonato, la nostra unica colpa
proiettare ombre troppo nette
o d’improvviso rompere gli stampi.
Per questo, celle punitive,
gas lacrimogeni, guerre di logoramento.
Poche le aspiranti a tale onore.
10.
Cosí,
tarda a venire colei che deve essere
verso se stessa piú crudele della storia.
Mente al vento, la vedo immergersi
a seno nudo, un balenío tra le correnti,
attirando la luce su di sé
bella almeno quanto un ragazzo
o un elicottero,
sospesa, eppure in fermo arrivo,
le sue eliche sottili scuotono l’aria
ma il suo carico non è promessa allora:
sgravato
tangibile
nostro.
1958-1960
Trasparenze
Che la parola mite e la parola retta possano tiranneggiare
che un soldato israeliano intervistato anni
dopo la prima Intifada possa piangere davanti alla telecamera
per quanto obbedendo agli ordini ha compiuto, ha visto compiere, non ha rifiutato
che un altro lasciando Beit Jala possa scarabocchiare
su un muro: Ci dispiace sinceramente per il casino che abbiamo fatto
è pura routine
una parola che cancellerebbe un fatto
Che sia umano equiparare innocente e colpevole
Che ci aggrappiamo all’innocenza in ogni caso
è elementare Che le parole possano tradursi in ossa rotte
Che il potere di scagliare parole sia un’arma
Che il corpo possa essere un’arma
qualsiasi bambino in cortile lo sa
Che al gioco di dire la parola preferita
tu abbia sempre risposto una cosa, una qualità, libertà o fiume
(mai un pronome mai Dio o Guerra)
è dato per scontato Che parola e corpo
siano l’unica posta che abbiamo da rischiare
Che le parole siano finestre in una capanna saccheggiata, lordata
dalle piogge sporche del tempo, potremmo discuterne
o che le parole siano chiare come vetro finché il sole colpisce accecante
Ma che in una finestra buia tu abbia visto il tuo volto
Che quando ti pulisci gli occhiali il testo diventi piú chiaro
Che il rumore di bicchieri rotti arrivi al culmine delle nozze
Che io possa guardare attraverso una lente
nella casa del mio vicino
ma non nella vita del mio vicino
Che a volte si rompa il vetro per salvare vite
Che una parola possa essere schiacciata come un calice sotto i piedi
è solo ciò che appare, in parte domanda, in parte risposta:
come la vivi
2002
Calibrature
Lei accorda la chitarra per il Landstuhl
dove sederà sui letti a cantare
ballate dei tempi in cui i gitani
girovagavano per la Spagna
...
La protesi di una mano calibra perfettamente
lo stelo di un bicchiere
il gesto per accarezzare un volto
tanta strada abbiamo fatto
per semplificare l’amore?
Spasmi di arti fantasma nella notte
Torni dalla guerra con il corpo che hai
...
Ciò che non riesci a sopportare
trasportare tollerare alzare
dovrai trascinarlo
ti seguirà l’arto fantasma
l’ombra cieca
eco del tuo corpo spettro della tua anima
...
Non parliamo ancora di fare l’amore
di apparecchi ingegnosi che sostituiscano il tatto
E questa non è teoria:
Una poesia con calibri
per reggere un cuore
cosí che voglia continuare a pulsare
2004
Questa non è la stanza
con tavoli lucidi illuminata da busti
pluridecorati chini su microfoni
dove orecchie si tendono mani trascrivono
―lavorando dal lato oscuro‖*
– occhio vitreo incontra occhio congelato –
Questa non è la stanza dove giú per guance
scavate rivoli di lacrime scorrono lungo le cicatrici
lasciate dalla sgorbia
dove anche il legno piange
dove l’antico occhio dipinto parla all’occhio vivente
Questa è la stanza
dove la verità strofina la base del water
getta lo straccio nel secchio
si alzasputa allo specchio
2005
* Dichiarazione del vicepresidente Richard Cheney (trasmissione Meet the Press della NBC, 16-09-2001): ―Spesso dobbiamo lavorare, diciamo cosí, dal
lato oscuro... usare ogni mezzo a nostra disposizione, insomma, per raggiungere il nostro obiettivo‖.
Bozza #2006
5.
In una strada rinomata per i negozi lei compra un taglio
di antica seta giapponese, un uovo di porcellana bianca.
Aveva abbandonato il suo bambino, piú tardi l’ha rintracciato
scoprendo che il bambino era fuggito.
Ferita e arrabbiata, si è unita a un gruppo per dissolvere
nei mantra il suo dolore. Le hanno detto: devi volerti bene, farti dei regali.
Qualsiasi cosa ti dia sollievo dice uno, ti conduca a perdonarti,
a lasciar perdere.
America, dice un altro.
Creano e rimangono orfani qui, senza nemmeno saperlo.
6.
Silenziose limousine vanno incontro a jet che atterrano
sulle Montagne Rocciose. Saune, spessi teli immacolati, vasi
di tuberosa e gelsomino, vini pregiati attendono dopo lo sci.
Stanze di mogano e pelle, conversazioni aperte in codice internazionale.
Cosce e natiche da aprire piú tardi a seconda degli accordi.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, lei combatte da sola
un grande piumino, rinfodera pesanti cuscini con nappe. Un letto dopo l’altro.
Di notte, nella sua stanza, rinfresca le braccia sfinite.
Riposa le gambe.
Altrove, nell’Andhra Pradesh, un altro agricoltore ingerisce pesticidi.
7.
Dopo la condanna, una clinica vomita i suoi detriti.
Uscita d’emergenza, barelle allineate in doppia fila, pietà
che scola per tubi esausti.
Trivelle e gru fanno spazio ai nuovi fabbricati.
Come se io fossi già alle loro finestre senza vetri, a osservare
l’area depressa da prospettive scheletriche.
Già inquilina dei progetti di deanimazione.
Avevo immaginato di non meritare niente di meglio di queste torri dure
battezzate con i nomi di multinazionali? – una linea di credito, promozioni?
8.
Mi hanno chiesto: questa epoca è peggiore di un’altra?
Ho detto: per chi?
Volevo mostrare una cosa.
Mentre scrivevo sulla lavagna
sono sgattaiolati via. Mi sono voltata verso un’aula vuota.
Forse non ho scritto abbastanza in fretta.
Forse era troppo presto.
9.
La pura massa dell’oggetto, il suo esserci, sconvolge il pensiero.
deve essere esistita. Esisterà. Cosí si dice qui.
Straziante disprezzo per l’amore.
Dal momento che esiste,
Per la fibra lisa degli affetti comuni, mutua assistenza
ripescati da discariche, gallerie chiuse, letti di fiumi in secca,
letti di strade perdute citate in vecchi registri del censimento, soffocati sotto la ferrovia.
Insegnanti che rappezzano scuole disperse di fiducia.
Radici innaffiate da profughi.
Pacchi di contrabbando, messaggi biascicati.
Sogni dei discendenti, affiorano.
Una mano tesa al suo simile mostra una cicatrice sul polso.
Cifre. Un bracciale di ruggine.
In un osservatorio deserto, sotto polvere d’intonaco, lenti
infrante lasciate dai bombardamenti,
mappe stellari si srotolano scricchiolando.
2006
The School Among the Ruins
Beirut. Baghdad. Sarajevo. Bethlehem. Kabul. Not of course here.
1.
Teaching the first lesson and the last —
great falling light of summer will you last
longer than schooltime?
When children flow
in columns at the doors
BOYS GIRLS and the busy teachers
open or close high windows
with hooked poles drawing darkgreen shades
closets unlocked, locked
questions unasked, asked, when
love of the fresh impeccable
sharp-pencilled yes
order without cruelty
a street on earth neither heaven nor hell
busy with commerce and worship
young teachers walking to school
fresh bread and early-open foodstalls
2.
When the offensive rocks the sky when nightglare
misconstrues day and night when lived-in
rooms from the upper city
tumble cratering lower streets
cornices of olden ornament
human debris
when fear vacuums out the streets
When the whole town flinches
blood on the undersole thickening to glass
Whoever crosses hunched
knees bent
a contested zone knows why she does this suicidal thing
4.
One: I don’t know where your mother
is
Two: I don’t know
why they are trying to hurt us
Three: or the latitude and longitude
of their hatred
Four: I don’t know if we
hate them as much I think there’s more toilet paper
in the supply closet
I’m going to break it open
Today this is your lesson:
write as clearly as you can
your name home street and number
down on this page
No you can’t go home yet
but you aren’t lost
this is our school
I’m not sure what we’ll eat
we’ll look for healthy roots and greens
searching for water though the pipes are broken
5.
There’s a young cat sticking
her head through window bars
she’s hungry like us
but can feed on mice
her bronze erupting fur
speaks of a life already wild
her golden eyes
don’t give quarter She’ll teach us
Let’s call her
Sister
when we get milk we’ll give her some
6.
I’ve told you, let’s try to sleep in this funny camp
School’s now in session day and night
children sleep in the classrooms
teachers rolled close All night pitiless pilotless things go shrieking
above us to somewhere
3.
Don’t let your faces turn to stone
How the good teacher loved
Don’t stop asking me why
his school the students
Let’s pay attention to our cat she needs us
the lunchroom with fresh sandwiches
lemonade and milk the classroom
and turale
teaching responsibility
glass cages of moss
A morning breaks without bread or fresh-poured milk
parents or lesson plans
diarrhea first question of the day
children shivering it’s September
Second question: where is my mother?
Maybe tomorrow the bakers can fix their ovens
7.
―We sang them to naps told stories made
shadow-animals with our hands
wiped human debris off boots and coats
sat learning by heart the names
some were too young to write
some had forgotten how‖
2001
A scuola fra le macerie (traduzione di Loredana
Magazzeni)
Beirut. Bagdad. Sarajevo. Betlemme. Kabul. Certo non qui.
1.
In servizio dalla prima all’ultima ora –
grande luce dell’estate che declini durerai
oltre l’orario di scuola?
Quando i bambini sciamano
in fila alle entrate
MASCHI FEMMINE e i maestri indaffarati
aprono o chiudono le alte vetrate
con aste a uncino tracciando ombre ramate
armadietti spalancati, serrati
questioni irrisolte, risolte, quando
amore di un sí tracciato di fresco
con la matita
perfettamente temperata
ordine senza crudeltà
una strada sulla terra
né in paradiso né all’inferno
gremita di commercio e devozione
giovani maestri in marcia verso scuola
Seconda domanda: dov’è la mia mamma?
4.
Uno: non so la tua mamma
dov’è Due: non so
perché stanno cercando di colpirci
Tre: né la latitudine e la longitudine
del loro odio
Quattro: non so se noi
li odiamo altrettanto
Credo ci sia ancora carta igienica
nell’armadietto delle scorte
Vado a forzarlo
Oggi questa è la vostra lezione:
scrivete piú chiaro che potete
nome indirizzo
e numero civico
in fondo a questa pagina
No non potete ancora tornare a casa
ma non vi siete perduti
questa è la nostra scuola
pane fresco e bancarelle aperte all’alba
Non so cosa mangeremo
andremo in cerca di erbe e radici commestibili
in cerca d’acqua benché le condutture siano rotte
2.
5.
confondono la notte e la giornata quando da stanze
tra le sbarre della finestra
ha fame come noi
ma può cibarsi di topini
il suo pelo fulvo che spunta
di una esistenza già selvatica racconta
Quando l’attacco squassa la volta stellata quando i bagliori notturniC’è una gattina che ha infilato la testa
dei quartieri alti abitate
franano nei crateri di strade dissestate
cornicioni di antichi decori
membra smembrate
quando il terrore vuota le strade
Quando l’intera città si rapprende
sotto le suole in sangue cristallizzato
Chiunque attraversi acquattata in ginocchio le zone occupate
sa perché compie quest’azione suicida
La scuola funziona ora notte e giorno
dormono i bambini
nelle aule i maestri rannicchiati vicino
3.
Fino a che punto il bravo maestro ha amato
la sua scuola
gli studenti
il refettorio coi panini preparati di fresco
limonata e latte l’aula
tartarughe
i terrari di vetro col muschio e le
insegnando responsabilità
Un mattino irrompe senza pane o latte fresco
genitori o programmi
la diarrea è la prima domanda del giorno
i bambini tremano è settembre
Stanotte nessuna poesia servirà
i suoi occhi dorati
non accettano resaCi insegnerà
Chiamiamola Sorella
quando avremo il latte gliene daremo un po’
6.
Ve l’ho detto, cerchiamo di dormire in questo buffo
accampamento
Tutta la notte cattive cose radiocomandate sfrecciano
fischiando
sopra di noi da qualche parte
Non diventate di sasso
Non smettete di chiedermi perché
Occupiamoci della nostra gatta ha bisogno di noi
Forse domani i fornai ripareranno i forni
7.
―Abbiamo cantato ninnenanne raccontato storie fatto
ombre d’animali con le mani
strofinato brandelli umani da stivaletti e cappotti
imparato a memoria i nomi
che alcuni erano troppo piccoli per scrivere
che altri avevano disimparato‖
Ti ho visto camminare scalza
dare un lungo sguardo
alla palpebra della luna nuova
più tardi distesa
addormentata, nuda con i tuoi capelli scuri
nel sonno ma non dimentica
degli insonni senza sonno
altrove
Stanotte credo
che nessuna poesia
servirà
Sintassi della traduzione:
il verbo pilota l’aereo
l’avverbio modifica l’azione
il verbo alimenta artificialmente il nome
annega il soggetto
il nome soffoca
il verbo disgrazia
insiste
ora disegna il grafico della frase
2007
Fly UP