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Tesina multimediale
ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATO
PER L’INDUSTRIA E L’ARTIGIANATO
SAN BENEDETTO DEL TRONTO
TESINA MULTIMEDIALE
PLURIDISCIPLINARE
di
GIUGNO 2007
INGLESE
ITALIANO
GNATOLOGIA
STORIA
SCIENZE DEI
MATERIALI
Romanzo del novecento
Introduzione
L'esperienza della Grande Guerra aveva lasciato negli animi degli intellettuali un senso di
disperazione e di disorientamento: le opere di questo periodo, infatti, erano il segno evidente
del disagio storico ed esistenziale, vissuto negli ambienti di cultura, ed, inoltre, di una
concezione della vita segnata dalla precarietà delle cose e dalla costante presenza della
morte. Il modello intellettuale che operava, quindi, nell'età fra le due guerre, si faceva
portavoce di una fortissima eredità decadente, riscontrabile, questa, nella coscienza
lacerata e nello stato di perenne viaggio e ricerca; teso ad esplorare gli angoli più riposti
dell'"Io", destinato, però, a perdersi in un mondo estraneo ed indifferente alla sua sensibilità.
Freud parlava di un intellettuale " sempre meno padrone in casa propria ", alla ricerca
costante di un equilibrio tra la crisi esistenziale e l'esigenza di valori e ideologie cui fare
riferimento; rivolto, attraverso il ricordo, a riaffermare uno spazio e un tempo lontani da lui.
Si cominciò, quindi, a parlare di un passaggio dalla fase della "crisi", appartenente all'età
decadente e ai primissimi anni del ‘900, alla “coscienza della crisi”.
L'intellettuale, infatti, non si abbandonava più "alla malattia, alla follia, alla nevrosi, al delirio,
al sogno e all'incubo, all'allucinazione, come strumenti privilegiati del conoscere", ma, con
una maggiore consapevolezza critica, voleva indagare nella psiche umana, guardando
attentamente alla propria realtà interiore e alle sue intime lacerazioni. A questa coscienza
critica del proprio stato esistenziale corrisposero, dunque, notevoli innovazioni nell'arte e, in
particolare, nella narrativa. Attraverso l'uso del monologo interiore e del "flusso di
coscienza", infatti, scrittori, quali Italo Svevo, James Joyce e Virginia Woolf, attuarono un
passaggio dal cosiddetto ROMANZO ESTETIZZANTE al nuovo ROMANZO
PSICOLOGICO. In questi autori, quindi, non ritroviamo paesaggi e atmosfere, che erano
state proprie di Oscar Wilde o Gabriele D'Annunzio; il loro era un "romanzo della crisi": la
crisi e la frantumazione dell'"Io", della società, del narratore e del personaggio.
Il romanzo dell'800 era nato come espressione di una società e di una cultura dai valori ben definiti, affidandosi a
personaggi dall'identità ben precisa e collocando le vicende secondo un preciso ordine temporale e causale: si trattava,
quindi, di una narrazione di fatti e di ambienti sociali descritti con esattezza e collocabili in un dato momento storico. Fu,
invece, il romanzo decadente a ribaltare completamente questa concezione, introducendo, a sua volta, un'analisi più
attenta dei sentimenti interiori. Nel '900, così, la mutata situazione culturale, determinata dalla consapevolezza dei limiti
della conoscenza scientifica e dalla "relatività" dei concetti tradizionali di tempo e di spazio, generò un nuovo tipo di
romanzo, quello psicologico Esso presentava personaggi INQUIETI, in cerca di un'identità precisa, nei quali il tempo
era puramente interiore ed i fatti erano collegati secondo la soggettiva coscienza di ciascuno. In termini strutturali, a
tale innovazione corrispondeva la dissoluzione della trama romanzesca tradizionale: nasceva, infatti, una nuova tecnica
espressiva, il MONOLOGO INTERIORE, appunto, che univa le idee, non secondo un ordine logico e causale, ma
secondo la SOGGETTIVITA' del personaggio. Si trattava di un romanzo non di fatti, cose,
eventi, ma di riflessione, di analisi minuziosa degli stati d'animo e dei conflitti interiori. Per fare questo, naturalmente,
diventava difficile, o addirittura impossibile, raccontare attraverso un punto di vista esterno, osservando, vale a dire,
dall'alto i personaggi e la vicenda: ai fatti che si intersecavano in trame avvincenti ed entusiasmanti, si sostituivano, ora,
i flussi di coscienza, ciò che accadeva nella mente, gli impulsi dei personaggi. I protagonisti vivevano in una condizione
di normalità e le loro vicende erano più che altro interiori. Quando si raccontava con gli occhi dei personaggi, si dava
voce alla memoria, alle emozioni e alle idee, in altre parole a qualcosa che non aveva una dimensione temporale:
questo, quindi, comportava che il tempo della storia e quello della narrazione si allontanassero, a volte, a dismisura
(nell'Ulysses di Joyce, ad esempio, si raccontava, in circa mille pagine, una sola giornata). La cultura di inizio secolo
aveva fatto oramai comprendere come il tempo non fosse una realtà oggettiva, misurabile, ma una percezione
individuale, soggettiva: il tempo non esisteva all'esterno dell'individuo, ma era INTERIORIZZATO, e ciò non si esplicava
soltanto in "flashbacks" e in ricordi: i pensieri, i ricordi e gli affetti del cuore erano espressi attraverso la tecnica del
monologo interiore e del flusso di coscienza; tecnica, questa, utilizzata nelle opere letterarie di Svevo, Joyce e Virginia
Woolf.
James Joyce
•
Clongowes Wood College, frequentato da Joyce.
James Joyce nasce a Dublino nel 1882, è educato dai Gesuiti e si
laurea in lingue e letterature straniere all’University College di
Dublino.Non ancora ventenne, compie un viaggio a Londra, che lo porta
a contatto con realtà molto differenti da quella irlandese, e gli permette
di inquadrare con maggior chiarezza la "paralizzata" situazione politica e
sociale dell’Irlanda. Entra in contrasto con la maggior parte degli
intellettuali irlandesi dell’epoca, come Yeats, che esalta l’orgoglio
nazionale e la storia irlandese al fine di creare uno spirito nazionalistico
che possa supportare la lotta per l’indipendenza. Joyce, al contrario,
crede che l’unico modo per risvegliare l’Irlanda dal proprio torpore sia
analizzare la situazione presente e metterne in luce i punti deboli, ma i
suoi concittadini preferiscono le lusinghe alle critiche, così Joyce decide
di lasciare l’Irlanda. Vi ritorna un anno dopo, poiché la madre si ammala
gravemente, e nel 1904, a 22 anni, conosce e si innamora di Nora
Barnacle, che rimarrà la sua compagna per tutta la vita. Il 16 giugno, la
data del loro primo appuntamento, diventerà il "Bloomsday" dell’Ulisse.
In ottobre lasciano l’Irlanda per non farvi più ritorno, e si stabiliscono a
Trieste, dove rimarranno fino al 1915. Gli anni a Trieste sono travagliati
da problemi finanziari. Proprio in quel periodo stringe amicizia con
Svevo. Pubblica "Musica da camera", "Gente di Dublino" e "Ritratto
dell’artista da giovane". Allo scoppio della guerra è costretto a trasferirsi
con Nora e i due figli a Zurigo, e ritorna a Trieste solo alla fine del
conflitto. Scrive l’Ulisse, ma non trova editori disposti a pubblicarlo,
perché ritenuta un’opera pornografica. Finalmente, nel’34, il valore
artistico dell’opera viene riconosciuto e il libro esce negli USA. Joyce
comincia a scrivere la sua ultima opera, "La veglia di Finnegan", che
non avrà grande successo perché di difficile lettura. Muore in Svizzera
nel 1941.
James Joyce
•
Clongowes Wood College, frequentato da Joyce.
James Joyce nasce a Dublino nel 1882, è educato dai Gesuiti e si
laurea in lingue e letterature straniere all’University College di
Dublino.Non ancora ventenne, compie un viaggio a Londra, che lo porta
a contatto con realtà molto differenti da quella irlandese, e gli permette
di inquadrare con maggior chiarezza la "paralizzata" situazione politica e
sociale dell’Irlanda. Entra in contrasto con la maggior parte degli
intellettuali irlandesi dell’epoca, come Yeats, che esalta l’orgoglio
nazionale e la storia irlandese al fine di creare uno spirito nazionalistico
che possa supportare la lotta per l’indipendenza. Joyce, al contrario,
crede che l’unico modo per risvegliare l’Irlanda dal proprio torpore sia
analizzare la situazione presente e metterne in luce i punti deboli, ma i
suoi concittadini preferiscono le lusinghe alle critiche, così Joyce decide
di lasciare l’Irlanda. Vi ritorna un anno dopo, poiché la madre si ammala
gravemente, e nel 1904, a 22 anni, conosce e si innamora di Nora
Barnacle, che rimarrà la sua compagna per tutta la vita. Il 16 giugno, la
data del loro primo appuntamento, diventerà il "Bloomsday" dell’Ulisse.
In ottobre lasciano l’Irlanda per non farvi più ritorno, e si stabiliscono a
Trieste, dove rimarranno fino al 1915. Gli anni a Trieste sono travagliati
da problemi finanziari. Proprio in quel periodo stringe amicizia con
Svevo. Pubblica "Musica da camera", "Gente di Dublino" e "Ritratto
dell’artista da giovane". Allo scoppio della guerra è costretto a trasferirsi
con Nora e i due figli a Zurigo, e ritorna a Trieste solo alla fine del
conflitto. Scrive l’Ulisse, ma non trova editori disposti a pubblicarlo,
perché ritenuta un’opera pornografica. Finalmente, nel’34, il valore
artistico dell’opera viene riconosciuto e il libro esce negli USA. Joyce
comincia a scrivere la sua ultima opera, "La veglia di Finnegan", che
non avrà grande successo perché di difficile lettura. Muore in Svizzera
nel 1941.
TECNICHE E TEMI RICORRENTI
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PARALISI E OPPRESSIONE
ESILIO E FUGA
EPIFANIA
FLUSSO DI COSCIENZA
TEMPO E SPAZIO
DUBLINO
RICERCA
RIBELLIONE
IMPERSONALITA' E ALIENAZIONE DALLA SOCIETA'
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MITO
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Joyce, appena ventenne, fugge dal clima di paralisi morale, sociale, politica e culturale che aleggia sull’Irlanda, per
paura di non esserne totalmente immune. Egli crede che l’unico modo per risvegliare la coscienza nazionale sia
mostrare le debolezze, l’impoverimento e l’apatia morale che pervadono l’Irlanda; infatti il tema della paralisi, del
labirinto e del senso di oppressione ricorre in ogni sua opera.
•
La naturale reazione al senso di oppressione, alla paralisi, è la fuga, l’esilio, che quasi tutti i suoi personaggi
tentano, senza successo. Nessuno riesce a tagliare completamente i ponti col proprio mondo: né a cominciare
altrove una nuova vita, né a liberarsi dall’oppressione e dalla paralisi psicologica. Neppure l’artista ribelle, Stephen
Dedalus, riesce a partire; forse ritenterà con successo nel libro “Ulisse”, dopo l’incontro con Bloom.
•
Un’epifania è un’improvvisa rivelazione spirituale causata da un gesto, un oggetto, una situazione quotidiani,
banali; che di solito il protagonista sperimenta in un momento di crisi, e che si rivela di importanza fondamentale
nella sua vita. E’ una specie di punto di non-ritorno, dopo il soggetto non vede più le cose con gli occhi di prima.
Per Joyce, l’epifania svela significati più profondi dell’esistenza, ci porta oltre l’apparenza delle cose, ed è spesso il
punto centrale, la chjave del romanzo.
•
Il flusso di coscienza è la tecnica narrativa utilizzata da Joyce nei suoi romanzi. Nel primo (“Gente di Dublino”) è
utilizzato il discorso indiretto libero; nei seguenti questa scelta linguistica viene sempre più esasperata, fino ad
arrivare al flusso di coscienza estremo de “La veglia di Finnegan”, che rende la lettura molto difficoltosa. E’
utilizzato per rappresentare i pensieri dei personaggi liberamente, così come si presentano nella loro mente, prima
di essere selezionati e logicamente organizzati in frasi dalla coscienza, dalla parte consapevole e razionale della
mente. Non c’è mediazione del narratore. Joyce è influenzato dalle teorie psicanalitiche di Freud, che per primo
analizza razionalmente l’inconscio. Grammaticalmente, questo stile è caratterizzato da carenza di punteggiatura,
parole provenienti dai campi semantici più disparati, inventate, e variazioni di registri linguistici.
•
Il tempo è visto come una linea continua, ininterrotta, come dice Stephen Dedalus: “Il passato si consuma nel
presente, e il presente vive solo perché porta in se’ il seme del futuro.”. Le conseguenze del passato sono nel
presente, e a sua volta il presente determina il futuro. Il tempo e lo spazio sono rappresentati, visti,
soggettivamente, non più oggettivamente. Attraverso il flusso di coscienza, il personaggio può restare fisicamente
fermo, e muoversi con la mente a proprio piacimento nel tempo e nello spazio, le dimensioni spaziali e temporali
perdono consistenza materiale.Tutta la storia dell’Ulisse si svolge in meno di 24 ore, nella stessa città, benchè
narri una vita intera.
•
Tutte le opere di Joyce sono ambientate a Dublino, paradossalmente la città da cui egli è fuggito, ritenendola il
centro della paralisi irlandese. Il perché non è certo, ma è probabile che volesse dare alla sua città un’importanza
letteraria. Inoltre, la conosceva bene, così come conosceva bene le abitudini quotidiane dei suoi abitanti. Infine,nei
suoi libri, Joyce faceva sempre riferimento alla situazione irlandese, anche se ciò gli serviva da base di partenza
per allargare poi i propri orizzonti e descrivere emozioni, sentimenti, riflessioni umane a un livello più generale.
•
Spesso gli eroi di Joyce sono alla ricerca, più o meno consapevolmente, di qualcosa: la libertà dalla paralisi e
dall’oppressione, le relazioni con gli altri, la comprensione del mondo che li circonda, una guida, una figura
paterna, come nel caso si Stephen, che li sappia guidare, di cui essere orgogliosi e da prendere a modello.
•
Il tema della ribellione emerge con forza nel “Ritratto dell’artista da giovane”, dove Stephen passa dall’infantile
accettazione dell’autorità, alla ribellione adulta. La ribellione è rappresentata sia in conflitti familiari, sia nel conflitto
con la Chiesa, in particolare con quella Cattolica irlandese, vista come provinciale e filistea, che aveva acquistato
notevole potere sulle menti della gente. La ribellione sfocia anche in conflitti politici fra i vari personaggi.
•
Per Joyce, l’artista deve alienarsi dalla società, deve guardare la vita oggettivamente, per renderne un’immagine
vera. Questo porta necessariamente ad un distacco dell’artista dalla società, affinché egli possa osservarla
dall’esterno, senza coinvolgimenti e lucidamente. Questa idea si rispecchia anche nello stile, poiché la narrazione
è affidata direttamente ai personaggi, senza mediazione dell’autore, o di un narratore onnisciente.
•
Joyce era interessato alle verità universali e senza tempo contenute nei miti, e riferimenti mitologici sono presenti
in abbondanza nelle sue opere. Ad esempio, la similitudine tra Dedalo e Stephen Dedalus, nel “Ritratto..”, o la
struttura de “Ulisse”, che ricalca quella dell’Odissea, e i numerosi punti di contatto tra Leopold Bloom, il suo
girovagare, e l’ Ulisse omerico e il suo viaggio di ritorno a casa.
L’inconscio
Ossessioni, visioni, incubi, sogni esprimono la dimensione inconscia dell'animo umano.
"Secondo una definizione intuitiva, l'inconscio è l'insieme di quegli aspetti della mente che non sono accessibili alla
coscienza. In questo senso si può parlare di meccanismi inconsci, in quanto si suppone che esista una "fabbrica"
dei pensieri e delle idee che noi non conosciamo. Ma si può parlare anche di idee inconsce e di fantasie inconsce.
Si suppone che ci sia un mondo dietro lo specchio: da una parte il mondo che ci è accessibile, il mondo dei
fenomeni che è percepito dalla nostra coscienza; dall'altra parte dello specchio una specie di doppio, in cui
esistono altre idee, altri pensieri, altre immagini, altri ricordi " ( G. Jervis )
E' stato Sigmund Freud agli inizi del '900 a dare una definizione ed una configurazione scientifica al concetto,
precisandolo in senso psicologico e non filosofico. Oltre al legame che Freud vede tra le dinamiche dell'inconscio
e la sessualità, è importante l’analisi relativa all’idea di rimozione.
Con questo termine Freud intende una sorta di autocensura della psiche a riconoscere, far emergere, dare
significato a idee, ricordi, fantasie, desideri e pulsioni del nostro passato. Tali elementi continuano ad agire
profondamente e segretamente dentro di noi, ma restano preclusi alla nostra coscienza. Essi si manifestano nei
momenti di minor controllo della nostra ragione: ad esempio nei sogni, nelle visioni, ma anche attraverso gli atti
mancati, i lapsus, i caratteri originali dei nostri atteggiamenti e del nostro linguaggio.
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Nell'arte e nella letteratura l'esistenza più o meno esplicitamente riconosciuta di una dimensione inconscia
nell'animo umano, ha da sempre influenzato i linguaggi espressivi. In generale la scelta - apparentemente
inspiegabile a livello comunicativo - di immagini, contesti, intrecci particolarmente lontani dalla realtà esperibile,
si riconduce all'inconscio, che riproduce fertilmente - nell'abbandono dell'ispirazione artistica - ricchi repertori di
elementi dal valore analogico e simbolico. In particolare il linguaggio poetico - con i suoi continui scarti
semantici - sfrutta le potenzialità visionarie e talvolta allucinatorie del sogno e dell'immaginario in genere.
Anche alcuni narratori sperimentano le potenzialità dell'inconscio, ricreando situazioni fortemente segnate da
angosce, incubi, fobie, ansie persecutorie ( Poe, Kafka ) oppure dall'immagine conturbante del doppio che
alberga misteriosamente nella nostra personalità ( Shelley, Stevenson, Wilde). Al di là degli esiti narrativi molto
diversi, sarà interessante esaminare quali espedienti espressivi questi autori mettono in campo non solo per
rappresentare la loro esperienza allucinatoria, ma anche in qualche modo per farla rivivere al lettore.
Il grafo evidenzia quattro aree di analisi nella vastissima panoramica di ambiti e
prospettive che abbraccia la tematica dell’inconscio.
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In basso a sinistra la parola chiave follia richiama le degenerazioni, purtroppo stabili, della razionalità, che
subisce la forza devastante dell'inconscio, perenne produttore di realtà sostitutive, provocando il pericoloso
allontanamento dai rapporti comunicativi.
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In basso a sinistra si ricorda che il tema dell'inconscio è legato all'inscindibile legame della mente con il corpo,
con i suoi desideri, le sue pulsioni, i suoi istinti. Esso si configura in Freud, ad esempio, come strumento per dar
vita - in modalità simboliche e deviate - alla sessualità. Più generalmente la rimozione investe nel profondo la
nostra psiche ed attinge - misteriosamente - dall'io i materiali per creare le sue realtà sostitutive ( sogni e visioni ad
esempio).
In alto a destra si richiamano alcune modalità di manifestazione dell’inconscio che la letteratura ha valorizzato.
I concetti di memoria involontaria, di monologo interiore e di flusso di coscienza caratterizzano ogni recupero
istintivo ed apparentemente incontrollato del passato, un passato perlustrato attraverso approssimazioni
progressive, che fanno emergere sempre più nitidamente realtà ricomposte e rivisitate con gli occhi del presente.
La casualità delle situazioni che producono lo scatto della memoria involontaria - accanto alla
ricchezza delle elaborazioni mentali indotte – sono rintracciabili nell’opera di Proust Alla ricerca del tempo perduto
e nell’opera di Joyce e Svevo.
Tuttavia tale recupero del passato appare - in molti casi - profondamente ambiguo, in quanto filtrato dalle
esigenze della scrittura e dalle operazioni mentali che ne consentono il reinserimento nel reticolo narrativo.
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Il passato non è veramente enucleato come giacenza inesplorata dell'animo, ma piuttosto ricomposto grazie
alle
mediazioni
del
presente
e
ripresentato
con
tutti
i
compromessi
ed
i
condizionamenti
della
sua
nuova
collocazione.
In
tal
senso
la
scrittura
(
sotto
forma
di
autobiografia,
di
diario,
di
confessione
)
diventa
un
modo
per
rinnegare
alcuni procedimenti della cura psicanalitica e riportare il discorso sul sè sotto l’alveo del controllo razionale.
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Infine nello spazio in alto a sinistra si richiama il legame che unisce le forze inconsce dell’animo alla
caratterizzazione analogico-simbolica della poesia moderna. Come si è già accennato solo l'abbandono
dei legami comunicativi del linguaggio e l’assunzione dei suoi valori evocativi, associativi, correlativi,
simbolici e metaforici... può produrre un'arte profonda e sincera, che accetta la sfida
comunicativa con il lettore - ascoltatore, impegnandolo a penetrare in profondità l'individualità di ogni
artista.
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ESILI
EPIFANIE
MUSICA DA CAMERA, 1907
GENTE DI DUBLINO, 1914
RITRATTO DELL'ARTISTA DA GIOVANE, 1917
ULISSE, 1918
LA VEGLIA DI FINNEGAN, 1934
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Scorcio dell'odierna Dublino: Cattedrale di St. Patrick;
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“Gente di Dublino” è una raccolta di 15 brevi storie, scritte per il settimanale “The Irish Homestead”.
I protagonisti sono, come dice il titolo, dublinesi, ritratti in momenti di vita quotidiana. Proprio queste azioni comuni
e banali rispecchiano i temi principali della raccolta, che ricorrono in tutte le storie: la paralisi e la fuga.
La paralisi di cui parla Joyce è spirituale e morale, causa ed effetto della politica, religione e cultura irlandese del
tempo, ma viene rappresentata nei racconti, spesso, attraverso una paralisi fisica o psicologica dei protagonisti, o
tramite la descrizione di luoghi e oggetti vecchi e polverosi.
L’acquisizione, da parte dei protagonisti, della consapevolezza di questa paralisi è il punto culminante del
racconto, l’epifania.
E’ questa rivelazione che rende l’episodio banale centrale nella vita dei protagonisti.La reazione a questa presa di
coscienza è la fuga, che puntualmente fallisce. Nessun personaggio riesce a tagliare completamente i legami con
il proprio mondo, né materialmente, né psicologicamente.
Questa paralisi, questo senso di oppressione, impedisce loro anche di avere relazioni soddisfacenti con gli altri e
col mondo.
Attraverso l’abbondanza di banali dettagli, Joyce ci svela significati più profondi, e allo stesso tempo crea momenti
di grande intensità emotiva.
Ogni racconto è narrato dal punto di vista di un personaggio, con abbondante uso del discorso indiretto libero, e
limitatissima intromissione del narratore.
Il tipo di linguaggio utilizzato varia secondo l’età e la classe sociale del personaggio.
•
Dublino agli inizi del Novecento
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•
Molti hanno visto quest’opera come semiautobiografica, ed, in effetti, le somiglianze fra
Stephen Dedalus, il protagonista, e il giovane Joyce
sono molte: il college gesuita che Stephen
frequenta, la vista debole, l’intelligenza acuta e la
costituzione delicata. Ma la questione ha
un’importanza relativa.
In questo libro Joyce, come dice il titolo, offre “A
portrait”, cioè UN ritratto dell’artista, con molti degli
stereotipi che solitamente gli sono associati, primo
fra tutti, l’alienazione dalla società.
Il conflitto con la società si caratterizza nel conflitto
col padre, con numerosi compagni, con la Chiesa e
con l’istituzione politica, fino a sfociare nella
decisione di un volontario esilio.
Stephen passa dalla passiva accettazione
dell’autorità, da bambino, alla ribellione; il romanzo
si estende, infatti, dall’infanzia del protagonista alla
sua decisione di partire, quando è ormai uno
studente universitario.
•
Il punto centrale della vita di Stephen, e di tutto il
romanzo, è il momento in cui scopre la sua
vocazione di scrittore, l’epifania più importante.Temi
principali del libro, oltre all’oppressione e alla
conseguente fuga, sono: la ricerca del padre, o
meglio, di una figura paterna, poiché il vero padre di
Stephen è per lui solo fonte di umiliazione; e il mito,
come si può notare già dal nome del protagonista.
Stefano è, infatti, il primo martire cristiano, così
come Stephen è un martire dell’arte, e Dedalus
richiama alla mente Dedalo, il mitico personaggio
che deve “spiccare il volo” per fuggire dal labirinto. Il
labirinto, politico e sociale, per Stephen è Dublino,
dal quale deve “volare via”. Inoltre, Stephen scopre
la sua vocazione vedendo una ragazza, sulla
spiaggia, che egli paragona a un uccello marino,
venuto a chiamarlo, a portargli il messaggio. La
tecnica narrativa utilizzata è il flusso di coscienza.
Portrait of an artist as a young
man
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Trama
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1. Stephen Dedalus vive, bambino, nell'Irlanda cattolica: il padre, Simon, è un magistrato; in casa sua si riuniscono
i parenti e gli amici (lo zio Charles, la signora Dante, Riordan, Mr. John Casey) a discutere vivamente di politica
(Parnell è stato ucciso). Stephen viene mandato in collegio dai gesuiti: Il suo maestro è il comprensivo Padre
Arnall, ma il collegio è terrorizzato dal crudele padre Dolan, che picchia gli allievi sulle dita; quando questi lo
punisce ingiustamente (ha rotto gli occhiali e non può fare i compiti), Stephen (che è il migliore della classe, ed un
po' deriso dai compagni) va a chiedere giustizia dal rettore.
2. La vita collegiale è movimentata da alcuni episodi: una rappresentazione teatrale, l'amore platonico per una
ragazza, le zuffe verbali e corporali con Vincent Heron e gli altri compagni che lo scherniscono per la sua segreta
infatuazione, o lo stuzzicano criticando i suoi scrittori preferiti.
Suo padre, un orgoglioso irlandese ed un fedele cattolico, lo educa ai sani principi della sua gente, e lo trasferisce
nel collegio dove studiò lui stesso, ma Stephen, adesso padrone della propria vita, si dà alle spese folli e,
nonostante la coscienza l’accusi di peccato mortale, va a conoscere il sesso in un bordello.
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3. Durante il ritiro spirituale, suggestionato dalle severe prediche dei suoi insegnanti, Stephen viene colto dal
terrore della perdizione; in preda ad un delirio di visioni apocalittiche, vaga per le strade finché trova la forza
d'entrare in una chiesa e farsi confessare. Riconquista così la pace dell'anima, ed è ossessionato dall'idea di poter
peccare di nuovo. Il peccato lo tormenta: ogni volta che si confessa deve confessare di nuovo lo stesso peccato;
l'espiazione non ha fine. Lunghi deliri in un'atmosfera d'incubo descrivono i moti della coscienza di Dedalus, la sua
subconscia interpretazione dei fatti della vita.
4. Il direttore del collegio pensa invece che, sia per il carattere, sia per il profitto dei suoi studi, Stephen sia vocato
alla vita sacerdotale; ma Stephen non è attratto dalla grigia esistenza dei gesuiti: vuole vivere, "ricreare"
continuamente "vita dalla vita".
5. All'università, gli studenti (fra cui Stephen, che è uno dei meno loquaci, ma anche dei più acuti), discutono di
filosofia e politica; Stephen è ancora innamorato platonicamente della stessa ragazza che conobbe bambina,
anche se è affetto da un senso di colpa per le proprie crisi di lussuria. Il suo credo si fa sempre meno ecclesiastico
e più eretico, sempre meno patriottico e più universale.
Stephen decide di lasciare l'Irlanda per andare incontro alla propria missione, benché sappia di spezzare il cuore
di sua madre.
Autobiografismo con flusso di coscienza intriso di lirismo.
JAMES JOYCE E IL MONOLOGO
INTERIORE
•
La prima parte del XX secolo rappresenta un'epoca di sperimentazione in tutti i campi della cultura. Nella narrativa
la ricerca di nuove forme espressive conduce i romanzieri ad un interesse nuovo nell'interiorità dei personaggi, nel
contenuto e negli aspetti formali del romanzo. Sperimentando nuove forme i modernisti concentrano la loro
attenzione sui processi mentali che si sviluppano nella mente umana, cercando di esplorarli attraverso la tecnica
dello “strema of conscjousness”. Questa riguarda quell'area della mente umana che sta al di là della
comunicazione e che non è quindi controllata razionalmente né logicamente ordinata. Le tecniche usate per
esprimere il flusso di coscienza includono il " flash back ", la storia nella storia, l’uso di similitudini e metafore e di
una particolare punteggiatura. Il metodo utilizzato per tradurre in parole il flusso di coscienza è il monologo
interiore che disdegna spesso i passaggi logici, la sintassi formale e la punteggiatura convenzionale proprio per
riflettere la sequenza caotica dei pensieri. James Joyce andò oltre, con l'uso del monologo interiore diretto, nel
quale passa improvvisamente da un pensiero ad un altro senza alcun apparente rispetto delle regole grammaticali
e sintattiche della lingua. Ammiratore di Walter Pater, Joyce fu influenzato dall'estetismo, soprattutto nel suo
estremo interesse per la forma e nell'idea della totale indipendenza dell'arte dalla morale, sebbene dell'estetismo
non condividesse il credo dell' " Arte per l'Arte " poiché per lui l'arte era necessariamente uno strumento di
conoscenza.
•
Il ruolo dell'artista non era quello di insegnare ma di presentare la realtà in tutti i suoi aspetti nel modo più
impersonale ed oggettivo possibile e di lasciare al lettore la possibilità di comprenderla attraverso la sua personale
percezione. Gli aspetti formali del romanzo erano quindi per Joyce estremamente importanti. Nelle sue opere
adottò tecniche differenti, dalla narrazione in terza persona allo strema of conscjousness e differenti stili linguistici.
" Ulysses ", scritto nel 1922, è considerato il capolavoro di Joyce e il punto di arrivo della sua sperimentazione. E'
ambientato a Dublino e descrive gli eventi di un singolo giorno, il 16 giugno 1904, seguendo il percorso fisico e
psicologico dei tre personaggi principali: Lepold Bloom, un uomo comune, sua moglie Molly e l’artista Stephen
Dedalus. Il romanzo si apre con Dedalus che, rifiutato il padre, è alla ricerca di una figura che possa sostituirlo. La
seconda parte descrive le attività giornaliere di Leopold dal momento in cui esce da casa per recarsi al lavoro al
suo incontro con Dedalus. Leopold conduce quest''ultimo a casa dove sua moglie Molly è già a letto. Il romanzo,
che non ha un intreccio tradizionale, è basato sui dettagli insignificanti della vita di tutti i giorni e della vita interiore
dei personaggi. E' scritto con una varietà di stili e tecniche, è realistico ma anche altamente simbolico ed una
chiave per la sua interpretazione è data dal parallelo con l'odissea omerica. I suoi 18 capitoli, infatti, corrispondono
ad altrettanti episodi del poema omerico; Leopoldo Bloom rappresenta Ulisse, Molly Penelope e Stephen il figlio
Telemaco. Ma l'eroe di Joyce è un uomo comune e le sue avventure sono gli avvenimenti della vita di un giorno
qualunque in una città moderna. Alla fine della giornata egli fa ritorno a casa da una moglie infedele.
Il monologo di Molly appartiene all'ultima parte del romanzo, intitolata Penelope, e ne è la conclusione.
I pensieri e le impressioni di Molly sono presentati così come affiorano nella sua mente. L'autore non interviene
mai a spiegarli, commentarli e ordinarli, raggiungendo in tal modo il massimo dell'oggettività. Essi non seguono né
un ordine cronologico, passando dal presente al futuro immediato a specifici episodi del passato, né un ordine di
causa-effetto. Le caratteristiche più evidenti del monologo sono: l'assenza di punteggiatura e di connessioni
logiche, l’uso della prima persona, la ricorrenza di certe parole ed immagini.
“ULYSSES"
•
•
"Ulysses" è la chiave di volta della carriera artistica di James Joyce, e uno dei grandi successi della letteratura del
XX secolo.
Composto a Trieste e a Zurigo durante la I guerra mondiale e completato a Parigi dopo il conflitto, l'epica di Joyce
esprime pienamente il caos e il dramma di "un mondo in transizione".L'opera rappresenta il massimo approdo
artistico dello SPERIMENTALISMO linguistico e dell'analisi psicologica dell'autore che, rifacendosi alle
peregrinazioni dell'Ulisse omerico, trasforma quelle peripezie nei movimenti di Leopold Bloom e del giovane
Stephen Dedalus, per le strade di Dublino. I due personaggi sono destinati ad incontrarsi per una sorta di
reciproco richiamo: l'uno, Leopold (Ulisse), rappresenta il "padre" che va alla ricerca del figlio, essendogliene
morto uno in tenera età; l'altro, Stephen (Telemaco), raffigura il "figlio", che va alla ricerca di un padre che possa
compensarne le carenze affettive e gli squilibri mentali ed interiori. Tutto ciò accade nell'arco dell'intera giornata
del 16 giugno 1904 nella città di Dublino, dove avvengono l'incontro e la reciproca identificazione dell'uno nell'altro,
con il finale ricongiungimento a casa di Leopold e di sua moglie Molly (Penelope).
•
Joyce imposta l'opera su una suddivisione in tre momenti:
•
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la prima parte, "Telemachia", ovvero il figlio alla ricerca del padre;
la seconda parte, "Odissea", ovvero le peregrinazioni di Leopold alla ricerca del figlio;
la terza parte, "Nostos", cioè il ritorno dei due a casa.
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E proprio lo stesso Joyce, nel 1918, a proposito del romanzo, lo definirà come un' "Odissea moderna": si era
rifatto ad Omero per guidare gli inquieti vagabondaggi del suo eroe moderno, Leopold Bloom. L'opera, però, non
nasceva come un caso isolato, bensì si collocava come continuazione di due opere precedenti, "Dubliners" e "A
portrait of the artist as a young man". Ne ereditava gli spunti autobiografici e le vicende interiori di alcuni
personaggi, come Stephen Dedalus, ma, allo stesso tempo, ne approfondiva anche l'analisi psicologica,
allargando lo sguardo alla città e smascherando la realtà desolata che essa racchiudeva e i suoi effetti
sull'individualità.
•
E la singola giornata che Joyce descrive riassume in sé tutti i valori negativi della moderna società postbellica:
oramai non c'è più posto per l'autenticità dei rapporti umani, ma solo per le ipocrisie, per le volgarità, per le
alienazioni, per il rifugio nelle fantasticherie sessuali (come in Molly Bloom), capaci di compensarw la tristezza e la
mancanza d'amore. Ed è proprio in questo caso che si può parlare dell'"Ulysses" come "Odissea moderna": non
più l'eroe classico, risoluto nei propri intenti, fermo nelle certezze, uomo d'ingegno e di grande forza interiore; ma
l'uomo del '900, con la coscienza frantumata e i valori dissacrati, con le paure e le inquietudini; "l'uomo che ai mari
sterminati sostituisce l'opprimente città, che trasforma il mito nella caotica società urbana". Ed è su quest'uomo
che si posa l'occhio di Joyce, come testimone impietoso, ma anche sofferto, della crisi della nostra civiltà.
Analizzando l'intera opera, mi è piaciuto soffermarmi sul famosissimo "MONOLOGO INTERIORE DI MOLLY
BLOOM", nella parte finale del libro, rappresentante il disordinato e tumultuoso scorrere notturno dei flussi mentali
della donna. E' difficile dare una caratterizzazione logico-razionale ad un contenuto mentale che si presenta come
un "flusso di coscienza", come un'immediata registrazione del pensiero, colto nelle sue libere e analogiche
associazioni in uno stato di dormiveglia. Siamo nella parte terminale dell'opera: il personaggio è rappresentato in
un momento di insonnia alle due e un quarto di notte, nel pieno delle sue divagazioni sul sonno. Ed ecco, in un
susseguirsi simultaneo di immagini, i cinesi che già si stanno alzando, data la differenza di fuso orario tra Dublino
e la Cina; l'angelus dublinese che sta quasi per suonare; la "sveglia di quelli accanto" che "al primo chicchirichì si
fa uscire il cervello a forza di far fracasso" ed, infine, il tentativo di contare per addormentarsi. Dal nulla, poi, come
frutto dell'inconscio, sorgono nella mente di Molly simbolismi floreali, che si configurano nell'idea di "una bella
piantina" e nel desiderio di sentirsi circondata da rose. Tutto ciò nasconde la straordinarietà del personaggio,
amante della natura e sensibile verso "ogni specie di forme e odori e colori", segno, questi, della presenza
regolatrice di Dio, negato dagli "atei" che, comunque, non hanno alcun potere sulla natura da riuscire ad "impedire
che domani sorga il sole".
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Ed è a questo punto che la naturalità e la femminilità di Molly emergono, definendosi meglio come vera e propria
sensualità. La libera associazione di idee, infatti, si focalizza sull'immagine del sole che, prima è visto come fatto
astronomico, poi si trasforma nel simbolo del calore passionale, "e il sole splende per te disse lui". Affiora il ricordo
del primo bacio datole dal marito 16 anni prima, immersi nello scenario naturale dei rododendri, il cui colore rosso
si tinge di simbolismi sessuali, perché segno della passione. E di qui il pensiero corre verso il primo rapporto
amoroso con il marito, tra il profumo del suo petto femminile, i battiti impazziti del cuore del giovane e l'inno finale
alla vita e alla speranza, scandito dal cadere vorticoso di quei "sì", nei quali si condensa tutto l'impeto istintuale, la
fisicità travolgente e l'accettazione incondizionata del suo essere donna. La grande rivoluzione dell'"Ulysses" si ha,
proprio, nella particolare tecnica narrativa di cui si serve Joyce, lo "stream of consciousness", il "flusso di
coscienza", e di cui il monologo di Molly è il migliore esempio. Esso si risolve nell'adesione immediata dello
scrittore allo svolgersi dei pensieri, delle percezioni sensoriali, degli stati d'animo, delle emozioni, delle
associazioni di pensieri, colte in una zona della psiche in cui le parole scorrono fluide e libere, caotiche e
disordinate, prive di strutture causali e consequenziali. Ciò significa, quindi, disgregare sintatticamente la frase,
abolire la punteggiatura, sperimentare nuovi linguaggi e nuovi stili, deformare le parole ed eliminare ogni ordine
logico-grammaticale. Con il flusso di coscienza il narratore funge da "registratore del pensiero", riproducendolo allo
stato puro, nel suo attuarsi. E' questo un "viaggio all'interno della coscienza", dove l'autore "si è proposto non
soltanto di rendere, nei minimi particolari, con estrema precisione e bellezza, gli spettacoli e i suoni tra cui si
muovono i suoi personaggi, ma, rivelandoci il mondo come essi lo percepiscono, di scoprire quel vocabolario e
quel ritmo che, unici, possano rappresentare il pensiero di ognuno."
E l'arte di Joyce è pienamente riuscita nei suoi intenti.
Joyce a Trieste
•
Joyce arrivò a Trieste per la prima
volta il 20 ottobre 1904, attratto dalla
possibilità di ottenere un posto di
insegnante presso la locale Berlitz
School. Purtroppo, però, il posto che
gli era stato prospettato non era
disponibile ed egli fu indirizzato a
Pola - la principale base navale
austriaca sulla costa istriana - dove da
poco avevano aperto una nuova sede
della scuola. A Pola Joyce rimase fino
agli inizi di marzo del 1905 quando finalmente - potè rientrare a Trieste
in tempo per la nascita, il 27 luglio
1905, del primo figlio avuto dalla sua
compagna, Nora Barnacle, cui venne
dato il nome di Giorgio.
•
Ben presto, in ottobre, la famiglia si allargò a comprendere il fratello di James, Stanislaus, che a sua volta si
trasferì dall'Irlanda nella città adriatica e a sua volta ottenne un posto di insegnante alla Berlitz School. Nel giugno
del 1906 James e Nora si trasferirono a Roma, dove Joyce aveva trovato un impiego presso la Nast, Kolb &
Schumacher Bank, ma già nel marzo del 1907 fecero ritorno a Trieste. In aprile di quell'anno, Joyce ebbe
occasione di tenere delle conferenze per conto dell'Università Popolare e in maggio riuscì a far pubblicare
Chamber Music. Sempre in maggio, Joyce si ammalò gravemente di una “febbre reumatica”, che lo rese inabile
per molti mesi. Il 26 luglio nacque la figlia Lucia. Durante questo periodo Joyce iniziò a rimaneggiare Stephen
Hero e il Portrait, tentò di pubblicare Dubliners e, nel corso dell'autunno 1907, lasciò la Berlitz School per
insegnare privatamente a diversi allievi della buona borghesia, fra cui Italo Svevo. Nell’agosto 1908 Nora ebbe un
aborto e la coppia perse il terzo figlio. In questo terribile anno Joyce cominciò a prendere lezioni di canto al
Conservatorio di Musica di Trieste con il maestro triestino Romeo Bartoli e nel luglio 1909 prese parte al
quintetto dell’opera Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner. Nell’estate del 1909 Joyce si recò a Dublino per
presentare il figlio Giorgio alla sua famiglia, ritornandovi una seconda volta in autunno per sovrintendere
all’apertura del cinema "Volta": un'iniziativa imprenditoriale promossa dallo stesso Joyce e destinata a un
rapido fallimento. Rientrato a Trieste nel gennaio del 1910, trascorse i due anni successivi continuando a
insegnare privatamente in una scuola serale e tentando più volte di pubblicare Dubliners. Nel febbraio del '12
tenne altre conferenze all’ Università Popolare, occupandosi di Blake e Defoe. In aprile si recò a Padova per
sostenere gli esami di abilitazione che gli avrebbero permesso di insegnare nelle scuole statali italiane; superò la
prova in modo brillante, ma invano, perché il suo titolo di studio non fu riconosciuto in Italia. Nell’estate del 1912
ritornò in Irlanda con Nora e Lucia, facendo tappa anche a Galway.
•
In settembre, dopo il ritorno a Trieste, la
famiglia Joyce si trasferì in via Bramante,
4. Dal novembre 1912 fino al febbraio 1913,
Joyce diede una serie di conferenze su
Amleto, mentre nell'ottobre di quel 1913
iniziò ad insegnare alla Scuola Superiore
di Commercio Revoltella. È del dicembre
1913 il primo contatto con il poeta
americano Ezra Pound, che desiderava
pubblicare alcuni dei suoi versi e, a partire
da questo momento, la fortuna letteraria di
James Joyce ebbe una decisa impennata: il
suo Portrait of the Artist as a Young Man,
appena portato a termine, venne pubblicato
a puntate su "The Egoist" nel 1914
e Dubliners vide finalmente la luce nel
maggio di quell’anno. Inoltre, in quel
periodo, Joyce scrisse Exiles e iniziò a
progettare e a stendere alcune parti di
Ulysses. Allo scoppio della prima Guerra
Mondiale, tuttavia, la situazione della
famiglia Joyce si fece una
volta di più precaria: già nel dicembre del 1914 Stanislaus, in quanto suddito di un paese nemico, fu internato; il fratello
maggiore non subì la stessa sorte, ma la Scuola Revoltella chiuse nel 1915 per mancanza di studenti e insegnanti e i
Joyce dovette lasciare Trieste alla volta di Zurigo alcune settimane dopo. La famiglia potè fare ritorno a Trieste solo
nell’ottobre 1919, rimanendovi fino al giugno del 1920. Durante questo periodo Joyce riprese a insegnare alla Scuola
Revoltella. Scrisse Nausicaa e Oxen of the Sun, due episodi dell'Ulysses, e iniziò l’episodio intitolato Circe. Tuttavia
Joyce non si sentiva più a casa propria in questa sua città adottiva e, dopo aver incontrato Ezra Pound a Sirmione, si
lasciò convincere a trasferirsi a Parigi. Non sarebbe mai più ritornato a Trieste, ma avrebbe mantenuto i contatti con i
suoi amici triestini fino agli ultimi giorni della sua vita.
•
•
PANORAMA
Quando Joyce lasciò Trieste per l’ultima
volta nel luglio 1920, quasi 16 anni dopo il
suo primo arrivo nella città adriatica
nell’ottobre 1904, stava abbandonando il
luogo dove aveva scritto e aveva visto
pubblicate tutte le sue opere giovanili –
Chamber Music, Dubliners, Portrait of the
Artist as a Young Man, Exiles e Giacomo
Joyce e dove aveva steso i primi,
importantissimi episodi di Ulysses, il
romanzo che ha cambiato il corso della
letteratura moderna già prima del 1922,
data della sua pubblicazione. Non solo:
stava anche lasciando la città nella quale,
all’ età di 38 anni, aveva trascorso la
maggior parte della sua vita adulta.
•
Quando parliamo del rapporto fra lo scrittore James
Joyce e la città di Trieste, quindi, stiamo parlando di un
aspetto estremamente significativo non solo della sua
biografia ma anche della sua evoluzione in quanto
autore, oltre che di un dato essenziale per comprendere
a fondo alcune caratteristiche delle sue opere. Se
Dublino fu la città dove la personalità di Joyce venne
creata e plasmata, Trieste è quella dove si sviluppò e
maturò; il luogo in cui, per dirlo con le parole del noto
romanziere irlandese Colm Toibin, «Joyce crebbe».
Trieste fu il periplum di Joyce come il Mediterraneo era
stato quello di Ulisse; fu il luogo in cui navigò per più di
dieci anni, in cui conobbe molte persone che dovevano
avere un ruolo importante nella sua vita. Fu il luogo in
cui ebbe molte esperienze diverse e fondamentali: qui
divenne padre di due bambin,i perdendone però
un terzo in seguito ad un aborto; qui incontrò la
malattia, la dura povertà e una lunga serie di problemi
personali e letterari, ma conobbe anche un crescente
numero di successi. A Trieste fu insegnante,
conferenziere, giornalista, impiegato, studente di canto,
traduttore, aspirante imprenditore (oltre che "marito",
padre, fratello e amico - o conoscente - di molti
componenti dell’élite economica, politica e intellettuale
della città). A Trieste Joyce sviluppò e perfezionò la sua
arte, traendo molta della sua ispirazione da fatti,
persone e luoghi che vi vide ed elaborandone i caratteri
nelle sue rivoluzionarie opere.
La 1° guerra mondiale
Il 28 Giugno 1914 l’Arciduca d’Austria Francesco Ferdinando, erede al trono
asburgico era in visita ufficiale a Sarajevo, in Bosnia. Un gruppo di studenti
organizzò un attentato e uno di loro, Gavril Prinzip, mischiatosi nella folla
riuscì a uccidere l’Arciduca e a ferire gravemente la moglie.Gli attentatori
lottavano per l’indipendenza della Bosnia e dell’Erzegovina, due paesi
annessi all’Impero austro-ungarico pochi anni prima. Essi erano stati aiutati
da un regno slavo della penisola balcanica, la Serbia mirava a espellere
l’Austria dalla penisola balcanica ed assumere il ruolo di stato guida di
quell’area. Per questa ragione l’Austria ritenne la Serbia responsabile
dell’attentato e il 28 Luglio bombardò Belgrado, la sua capitale. In realtà
l’assassinio non fu che un semplice pretesto per scatenare una guerra che
era già nell’aria da tempo e che appariva come conseguenza quasi
inevitabile della scelte politiche ed economiche effettuate dalle grandi
potenze industriali nel trentennio precedente. Le cause politiche del conflitto
erano il contrasto tre Austria e Russia per il controllo dei Balcani e il
contrasto tra Germania e Francia per le regioni dell’Alsazia e la Lorena.A
queste ragioni politiche se ne aggiungevano altre di natura economica: ogni
potenza infatti desiderava accaparrarsi nuovi mercati per la vendita dei
prodotti e nuove regioni da cui trarre materie prime.
La guerra non rimase un conflitto circoscritto ai due contendenti ma si
estese rapidamente, coinvolgendo tutte le potenze europee. In pochi giorni
si verificò una catena di dichiarazioni di guerra: la Russia intervenne in
favore della Serbia dichiarando guerra all’Austria, la Germania in nome della
Triplice Alleanza entrò in guerra contro la Russia e contro la Francia.
L’entrata in guerra della Francia chiamò in causa l’Inghilterra.
In pochi mesi tutti gli Stati europei entrarono in guerra in conseguenza del
fatto che dagli inizi del secolo l’Europa era divisa in due blocchi contrapposti:
l’Intesa tra Francia, Inghilterra e Russia e la Triplice Alleanza tra Austria,
Germania, e Italia.
Ora, le possibilità erano due: o guerra o pace generale, ma le ostilità fra
Austria e Serbia sembravano favorire la prima prospettiva. Ma la guerra
generale uscì dai confini europei infatti il 23 agosto il Giappone scese in
guerra a fianco dell’Intesa . scoppiava cosi la prima guerra mondiale. La
situazione di tensione tra le grandi potenze portò ad una politica sempre più
aggressiva, che scatenò una corsa agli armamenti. L’esplosione della guerra
dipese anche dalla diffusione del nazionalismo che però di trasformò in
aggressività imperialistica e in spirito di potenza, in odio per lo straniero e il
razzismo ma soprattutto nell’esaltazione della guerra.
In un primo tempo il governo italiano dichiarò la sua neutralità perchè
sebbene fosse legata ad Austria e Germania nella Triplice alleanza gli accordi
prevedevano che ognuno dei tre stati sarebbero dovuti intervenire a fianco
degli altri soltanto in caso di guerra difensiva. Via via che il conflitto si
andava allargando l’Italia si divise tra neutralisti e interventisti. Facevano
parte del fronte interventista i liberali più conservatori guidati da Salandra e
da Sonnino e appoggiati dal re e quindi dai nazionalisti. Gli interventisti
democratici invece, vedevano nella guerra l’occasione per completare l’unità
d’Italia. Vi erano poi alcuni gruppi di socialisti rivoluzionari guidati da Benito
Mussolini che vedevano la guerra come l’inizio di un processo sociale
rivoluzionario. Mentre erano neutralisti i liberali Giolittiani i quali ritenevano
che l’Italia avrebbe potuto ottenere per via negoziale dall’Austria quelle
concessioni territoriali che gli interventisti si proponevano di conquistare con
una guerra. Infatti Giolitti era convinto che la guerra sarebbe stata molto
lunga. Gli interventisti svolsero un’intensa opera di propaganda. Il 26 Aprile
1915il ministro Sonnino si accordò con l’Intesa all’insaputa del parlamento,
firmando il Patto di Londra, in cui l’Italia si impegnava a entrare in guerra
entro un mese e avrebbe ottenuto, in caso di vittoria molte acquisizioni
territoriali. Il 24 Maggio 1915 l’Italia entrò in guerra a fianco dell’Intesa.
L’esercito italiano si schierò su un fronte di oltre 600 chilometri sul confine
nord-orientale.
Col passare del tempo appariva ormai chiaro che la guerra di trincea non
avrebbe mai portato a vittorie definite. La Francia e l’Inghilterra avevano
praticato un blocco del commercio marittimo ai danni dell’imperi centrali
sequestrando i prodotti di guerra.
Ogni tentativo della flotta tedesca di lasciare i porti del mare del Nord veniva
sistematicamente stroncato dalle corrazzate inglesi. Così la Germania diede
inizio alla guerra sottomarina, condotta con i piccoli ma micidiali sottomarini
U-Boote.
La caratteristica principale del conflitto del 1914-18 è che esso coinvolse non
soltanto eserciti e governi, ma anche le popolazioni civili. La guerra di
trincea, costosa e logorante , imponeva sacrifici non soltanto ai soldati: in
quasi tutti i paesi la popolazione soffrì gravi restrizioni. Nel 1917 la
situazione alimentare divenne particolarmente critica in Austria e in
Germania ma anche in Russia e in Italia le cose non andavano meglio. Alle
difficoltà per reperire i generi alimentari si aggiungeva un generale rialzo dei
prezzi. Si diffusero anche malattie come il tifo la tubercolosi e il colera.
All’inizio la guerra era stata accolta in ogni paese con entusiasmo, anche
grazie all’intensa opera di propaganda a favore del conflitto. Anche i partiti
socialisti europei malgrado la loro iniziale opposizione, avevano poi
appoggiato la scelta di entrare in guerra.
Nel frattempo però l’immobilismo della guerra di trincea sembrava allontanare la fine
del conflitto. In Francia, Inghilterra e Italia si formarono dei governi coalizione
nazionale, ma malgrado questi provvedimenti, l’opposizione alla guerra continuava a
crescere. I lavoratori entrarono in sciopero e dettero vita a manifestazioni spesso
violente. Anche l’atteggiamento dei soldati al fronte iniziò a cambiare e si diffuse un
clima di rassegnazione e di ribellione. Si incominciarono a vedere anche diversi
episodi di diserzione.
IL 1917 fu un anno molto difficile la rivoluzione russa e l’intervento degli stati uniti
nel conflitto furono eventi molto importanti per l’evoluzione della guerra. Il 3 marzo
del 1918 venne definitivamente firmata la pace tra russi e tedeschi la resa della
Russia andava a favore degli imperi centrali ma un peso maggiore ebbe la decisione
degli Stati Uniti di entrare in guerra a fianco dell’intesa. Fin dall’inizio del conflitto gli
aiuti economici degli americani erano stati fondamentali per gli eserciti anglofrancesi. Quando nel 1915 i sottomarini tedeschi affondarono per sbaglio la navepasseggeri inglese Lusitania il presidente Wilson aveva avvertito la Germania che se
fossero continuati gli attacchi sottomarini gli Stati Uniti sarebbero intervenuti. Nel
1917 per bloccare rifornimenti americani all’Inghilterra la Germania aveva annunciato
una guerra sottomarina totale,che prevedeva l’affondamento i tutte le navi di
qualunque tipo.Con questa guerra sottomarina gli Stati Uniti volevano salvaguardare
la libertà di commercio. Dopo il ritiro della Russia, Austria e Germania hanno
concentrato tutte le loro forze sul Fronte italiano; Il 24 ottobre fu sferrato un
attacco a Caporetto a cui L’esercito italiano affiancato da Cadorna non riuscì
a resistere.
La “rotta” di Caporetto testimoniò la disorganizzazione,l’incapacità strategica
e la mancanza di compattezza delle truppe italiane. Quando tutto sembrava
perduto il paese diede prova di un forte capacità di reazione e formò un
governo di solidarietà nazionale con a capo Vittorio Emanuele Orlando.
Cadorna fu destituito e il comando dell’esercito fu affidato al generale
Armando Diaz. Per ottenere di nuovo la fiducia dei soldati il governo
promise vantaggi economici per il dopo guerra, inclusa una distribuzione di
terre ai contadini. Grazie a questo progetto e ad una mobilitazione
eccezionale Diaz riuscì ad arginare la rotta delle truppe italiane.
Nella primavera del 1918 l’esercito tedesco sferrò una grande offensiva per
cercare dei piegare la Francia. Tra Marzo e Luglio il fronte occidentale venne
sfondato più volte e le truppe tedesche penetrarono nelle linee degli anglofrancesi; I quali sferrarono un violento e vittorioso contrattacco che sfondò
il fronte tedesco. L’imperatore tedesco propose un armistizio, ma il
comando dell’Intesa pretese una resa totale. Dopo aver resistito con
successo agli attacchi austriaci L’esercito italiano Riuscì a sconfiggerli
definitivamente a Vittorio Veneto il 24 ottobre 1918. L’Austria firmò
l’armistizio il 4 Novembre 1918 e la Germania l’11. La grande guerra era
finita ma si lasciava alle spalle una pesante eredità di distruzioni
economiche, di conflitti sociali e di tensioni politiche.
LE TAPPE DELLA PRIMA GUERRA
MONDIALE
Il periodo che precedette il primo
conflitto mondiale fu caratterizzato
da unperiodo relativamente stabile e
pacifico, che degenerò a partire dal
1914: il mondo intero fu
letteralmente
sconvolto
in
proporzioni fino allora ancora
sconosciute. Sono molte le ragioni
per cui la Prima Guerra Mondiale,
conosciuta anche con il nome di
“Grande Guerra” si differenziò
nettamente da tutte quelle che la
precedettero.
Per la prima volta furono coinvolte in un conflitto nato nel cuore dell'Europa
anche le potenze extra-europee, come Giappone e Stati Uniti. Inoltre la 1
Guerra Mondiale fu caratterizzata dall'utilizzo da parte di tutte le nazioni
coinvolte di uno spiegamento di forze senza precedenti e dall’utilizzo di
nuove armi: gli aerei, inventati pochi decenni prima, i carri armati e
sottomarini. Fu introdotto anche l’utilizzo delle più devastanti armi chimiche.
Ma il motivo principale che differenzio la Prima Guerra Mondiale da tutti gli
altri conflitti antecedenti furono gli effetti: si trattò proprio di una guerra
“totale”, che coinvolse tutta la compagine degli Stati belligeranti: non solo a
livello bellico, ma anche economico, amministrativo e politico. Notevole,
inoltre, l’utilizzo di mirate campagne propagandistiche. Le cause del conflitto
sono da ricercarsi, da una parte, nella crisi dei rapporti internazionali
europei, dall’altra, nella rapida e significativa ascesa della Germania a
potenza navale, con conseguenti ripercussioni sul mondo coloniale. Inoltre,
nei movimenti nazionalisti e irredentisti, specie nelle seguenti zone
strategiche dell’Europa: Balcani, Alsazia, Lorena, Trentino e Trieste. Il
pretesto fu dato dall’attentato a Sarajevo, ai danni dell’erede al trono
austriaco Francesco Ferdinando, da parte di un indipendentista slavo.
L’Austria mandò immediatamente un ultimatum alla Serbia, la quale,
rifiutandosi di scendere a patti, emise la dichiarazione di guerra il 28 luglio
del 1914.
Il sistema delle alleanze fu presto stabilito. Da una parte si schierarono
l’Austria e la Germania, dall’altra l’Inghilterra, la Francia e la Russia,
mobilitate in difesa della Serbia. La Germania invase quindi la Francia,
passando attraverso il Belgio e violandone così la neutralità, cosa che suscitò
molto scalpore soprattutto in Inghilterra, che per questo motivo scese in
campo al fianco delle truppe francesi. L’intenzione tedesca era di portare
avanti una “guerra di movimento”, rapida e veloce, ma il tentativo fallì: il
conflitto si rivelò lungo ed estenuante, in quel che fu definita una “Guerra
di Trincea”. Dopo l’avanzata tedesca in Francia ed il blocco continentale
operato dalla flotta inglese, nel 1915 anche l’Italia entra in guerra. In quel
periodo l’opinione pubblica era divisa i due fazioni, da una parte c’erano i
“neutralisti”, dall’altra gli “interventisti”. Il 26 aprile del 1915, il governo
italiano si alleò segretamente con la Triplice Intesa (Inghilterra, Francia,
Russia), stipulando il Patto di Londra. Attraverso tale accordo, l’Italia si
impegnava nella guerra contro l’Austria ed, in caso di vittoria, avrebbe
dovuto ottenere le terre irredente di Trentino, l’Alto Adige, Trieste, Istria e
della la città di Valona, in Albania. Il 23 maggio le truppe italiane
entrarono in guerra. Sul fronte italo-austriaco, il conflitto si presentò
subito estremamente lento, combattuto nelle trincee scavate nelle montagne
del Friuli da soldati reclutati tra le fasce più povere della popolazione.
Il sistema delle alleanze fu presto stabilito. Da una parte si schierarono
l’Austria e la Germania, dall’altra l’Inghilterra, la Francia e la Russia,
mobilitate in difesa della Serbia. La Germania invase quindi la Francia,
passando attraverso il Belgio e violandone così la neutralità, cosa che suscitò
molto scalpore soprattutto in Inghilterra, che per questo motivo scese in
campo al fianco delle truppe francesi. L’intenzione tedesca era di portare
avanti una “guerra di movimento”, rapida e veloce, ma il tentativo fallì: il
conflitto si rivelò lungo ed estenuante, in quel che fu definita una “Guerra
di Trincea”. Dopo l’avanzata tedesca in Francia ed il blocco continentale
operato dalla flotta inglese, nel 1915 anche l’Italia entra in guerra. In quel
periodo l’opinione pubblica era divisa i due fazioni, da una parte c’erano i
“neutralisti”, dall’altra gli “interventisti”. Il 26 aprile del 1915, il governo
italiano si alleò segretamente con la Triplice Intesa (Inghilterra, Francia,
Russia), stipulando il Patto di Londra. Attraverso tale accordo, l’Italia si
impegnava nella guerra contro l’Austria ed, in caso di vittoria, avrebbe
dovuto ottenere le terre irredente di Trentino, l’Alto Adige, Trieste, Istria e
della la città di Valona, in Albania. Il 23 maggio le truppe italiane
entrarono in guerra. Sul fronte italo-austriaco, il conflitto si presentò
subito estremamente lento, combattuto nelle trincee scavate nelle montagne
del Friuli da soldati reclutati tra le fasce più povere della popolazione.
Nel 1917, si ribaltò la situazione, con l’ingresso nel conflitto degli Stati
Uniti a fianco della Triplice Intesa ed il ritiro della Russia, impegnata entro i
propri confini con la Rivoluzione. L’offensiva austriaca divenne sempre più
pressante, finché l’esercito italiano subì la famosa sconfitta di Caporetto,
il 24 ottobre del 1917, con gravi ripercussioni anche sulla vita economica e
sociale del Paese. Ebbero infatti inizio una serie di scioperi e di
manifestazioni, tali da costringere il governo a fare grandi promesse ai
soldati, al fine di risollevarne il morale, evitando defezioni ed
ammutinamenti. Il 1918 fu l’anno decisivo del conflitto, che ne segnò anche
la conclusione della Prima Guerra Mondiale con la vittoria della Francia. Sul
fronte italo-austriaco, l’esercito italiano, guidato dal un nuovo generale
Armando Diaz, riuscì a conquistare Trento e Trieste, stipulando un armistizio
con l’Austria e giungendo finalmente alla pace. La Conferenza di Pace di
Parigi penalizzò duramente i paesi perdenti, in particolar modo la
Germania, facendo prevalere gli interessi delle due potenze europee: Francia
ed Inghilterra. All’Italia furono concessi i territori di Trentino, Alto Adige,
Trieste ed Istria. Dallo smembramento dell’impero austro-ungarico nacquero
quindi nuove realtà territoriali e politiche: l’Ungheria, la Cecoslovacchia e la
Jugoslavia. Rimase però sospesa la questione della città di Fiume,
poiché non ne venne prevista l’annessione all’Italia.
Fu così che, nel settembre del 1919, un gruppo di volontari guidato dal
poeta Gabriele D’Annunzio, prese possesso della città, instaurandovi un
governo definito “Reggenza del Carnaro”. In seguito, la città di Fiume venne
liberata con il trattato di Rapallo, stipulato tra Italia e Jugoslavia. A livello
internazionale, ad ogni modo, le soluzioni dei diversi trattati di pace si
dimostrarono poco rispettose nei confronti delle varie identità nazionali,
alimentando le cause che spinsero le potenze mondiali a scontrarsi in un
nuovo e devastante conflitto mondiale.
Concezione di Totalitarismo e Democrazia nel
XX° secolo
La manifestazione storica del Totalitarismo in quest’ultimo secolo ha
assorbito connotazioni completamente differenti rispetto al Totalitarismo
antico nella Grecia e Roma antica, anche se le analogie con esse non
mancano certamente. Il termine Totalitarismo venne utilizzato inizialmente
da Benito Mussolini per indicare quel regime volto all’unificazione della
società tramite anche la violenza e con basi l’antidemocrazia e antiliberalità.
Tuttavia nei corsi dei decenni si sono fatte lettura alquanto superficiali ed
errate riguardanti il fenomeno del totalitarismo. Dopo il secondo conflitto
mondiale, venne utilizzato durante la Guerra Fredda da parte dei Paesi
liberali per accomunare, in modo propagandistico, tutti quei Paesi facenti
parti al blocco sovietico.
Al contrario un regime totalitario ha delle caratteristiche piuttosto differenti
da quelle degli Stati sovietici. L’origine del blocco Sovietico e di quello
Occidentale, in particolare, fu dovuto alla spartizione dell’Europa da parte
dei vincitori del conflitto mondiale, fu quasi un Totalitarismo nato per
necessità di un ordine che era stato destabilizzato dalla guerra. Il
Totalitarismo sovietico post-stalinista era differente dal regime di Stalin già
per tipologia, non era un totalitarismo negativo assoluto, ma era un
totalitarismo negativo rappresentativo o oligarchico cioè presentava un
grandissimo apparato burocratico, e il potere esecutivo era effettivamente in
mano ad un partito unico. Il totalitarismo stalinista come quello hitleriano e
mussoliniano era ben differente da quei totalitarismi sviluppatosi nella
seconda metà del ‘900. Il termine totalitarismo, quindi, negli ultimi 50 anni è
stato altamente abusato e spropriato dei suoi effettivi valori. Il totalitarismo
divenne ciò che è negativo, o il male manifestato nella politica e nella
cultura; questa concezione venne ampliata soprattutto dagli Stati Uniti,
come già detto, dopo il conflitto mondiale. Si cercò, cioè, di dividere la sfera
politica mondiale, in due sfere caratteristiche e valori completamente
differenti: l’una doveva esse necessariamente la manifestazione del bene,
dell’unica speranza di giustizia, la “protettrice” della democrazia,
rappresentata dai Paesi liberali anglo-sassoni; l’altra, invece, doveva essere
l’essenza del bisogno, della povertà e miseria.
Quindi questa netta contraddizione fece nascere continue alleanze
internazionali di tipo militare per il reciproco timore; effettivamente il vero
senso del bene e del male era morto ed era nato il senso dell’opportuno
bene e dell’opportuno male. Non a caso prima della fine della II^ Guerra
Mondiale il termine totalitarismo era usato per associare i regimi nazisti e
fascisti, ritenuti il male manifestato sulla Terra; con la distruzione di questi
sistemi opportunamente il male è stato identificato in un altro sistema, cioè
quello comunista; d’altra parte anche il regime comunista identificò
nell’ottica ideologica il male negli Stati Uniti, come Paese volto verso
l’imperialismo. Dunque, lo scontro tra ideologia, quella dialettica continua,
ha deformato la vera essenza della Democrazia e del Totalitarismo,
trasformandoli in ciò che effettivamente non sono.
Le modalità di origine dei
Totalitarismi moderni
Data la difficoltà nell’interpretare i Totalitarismi moderni come essenze pure
dello stesso totalitarismo dovremmo, innanzi tutto, dividere sia
cronologicamente e categoricamente i vari tipi di totalitarismi nati e
sviluppati in questo secolo. Nella prima metà del ‘900 si verificò una
situazione di disordine politico, sociale ed economico causata dalla prima
guerra mondiale, ma anche dalla caduta della Borsa di Wall Street nel ’29 e
dello sviluppo dell’ideologia marxista. In un situazione così destabilizzante i
Totalitarismi trovarono terreno fertile in cui mettere radici. Il primo fu il
regime fascista di Mussolini in Italia, dopo la celeberrima Marcia su Roma nel
1922, Vittorio Emanuele II consegnò il mandato di formare il governo,
dunque nella totale legalità, a Mussolini.
Il regime fascista fu con molta probabilità un Totalitarismo negativo assoluto
anche se ci sono risvolti di tipo oligarchico, proprio perché si formò intorno
alla figura del Duce una elite di dirigenti che nella pratica amministravano la
politica interna italiana. Nei fatti, almeno inizialmente, il regime fascista fu
appoggiato solo da una piccola rappresentanza della massa costituita da
imprenditori, industriali, borghesia generale e coltivatori diretti, tuttavia, la
loro volontà di potere era manifestata da una violenza che sfociava nel
fenomeno dello squadrismo, in cui gruppi di fascisti sopprimevano i diffidenti
politici e culturali. Nel 1933 Adolf Hitler sale al potere, anch’egli come
Mussolini per vie legali. Quello di Hitler fu nei fatti il vero Totalitarismo
negativo assoluto, la figura del Fhurer acquistò lati divini, la sua forza
carismatica fece unire in un grande nazionalismo l’intera Germania umiliata
per le sovvenzioni contenute nel Patto di Versailles. Il potere di Hitler
gettava radici mistiche che lo facevano seguire ciecamente da un intero
popolo, la repressione della violenza e la voglia di vendetta era stata
oggettivata verso un capo carismatico spalleggiato da un ideologia che
inneggiava alla razza ariana come la unica degna di comandare sul mondo
intero. Per quanto riguarda il regime comunista di Stalin la situazione fu
differente. Infatti egli dovette fronteggiare già un contesto politico di tipo
oligarchico dopo la morte di Lenin nel 1921.
La strategia di Stalin non fu quella di premere sul popolo per entrare a pieni
titoli nel potere assoluto ma sull’oligarchia sovietica. Una volta entrato non
esitò ad eliminare i suoi oppositori sia per quanto riguarda il loro pensiero
che sia fisicamente, il “caso Trolskji” è emblematico. Una volta
consolidato il potere nel Partito, nella sua struttura infatti l’Unione Sovietica
era ancora un Totalitarismo negativo rappresentativo, cambiò strategia
affermandosi anche tra il popolo; imponendo la propria figura mitizzandola
quasi in modo divinatorio. A differenza degli altri regimi totalitari moderni, lo
stalinismo non si generò e consolidò nella massa (oclocrazia) ma in un
apparato politico già preesistente.
Il regime stalinista nell’Unione Sovietica
degli anni ’20 e ’30
Una differenza essenziale del regime stalinista verso gli altri regimi totalitari
del XX° secolo è soprattutto l’obiettivo sociale. Esso si poneva, infatti,
l’obiettivo di non mantenere la struttura sociale che si era instaurata nella
Russia degli Zar costituita da aristocratici, borghesi, operai e contadini, ma,
come nei più alti principi della Rivoluzione russa, di pianificare e riformare
del tutto il tessuto sociale, rendendolo un ammasso di cemento unico, con
cultura, idee politiche e culturali omogenee, e proprio questo fu l’obiettivo
essenziale di Josef Stalin. Dopo la morte di Lenin nel 1924 all’interno del
Partito Comunista si scatenò una lotta di successione conclusasi con
l’affermazione di Stalin. Infatti nel Partito erano emerse due figure di grande
spicco valorizzate dal fatto che erano grandi compagni e collaboratori di
Lenin; una era appunto quella di Stalin, l’altra quella di Trockji. I due si
scontrarono politicamente per le loro strategie diverse, Stalin voleva una
politica basata sulla risoluzione dei problemi interni sociali ed economici del
territorio russo, Trockji invece voleva continuare la Rivoluzione del
Proletariato espandendola in tutta Europa (Rivoluzione permanente).
Stalin, tuttavia, non trovò molti ostacoli per insediarsi al potere, per mezzo
dell’oppressione, anche fisica, di tutti i suoi oppositori politici all’interno del
Partito, a differenza degli altri regimi i dissidenti non erano all’esterno della
struttura statale ma all’interno. Lo stesso Trockji fu prima emarginato nella
vita politica, poi ucciso da un sicario di Stalin in Messico nel 1940. La
politica interna di Stalin si incentrò soprattutto sull’economia e sulla
pianificazione o statalizzazione della società. Il primo obiettivo fu la
collettivizzazione forzata delle campagne; nella società russa infatti si erano
affermati dei piccoli proprietari terrieri, i Kulaki, che vennero praticamente
travolti dalla rivoluzione russa prima e dalla politica di Stalin dopo. Tutti i
beni dei kulaki vennero confiscati e divisi tra la popolazione contadina,
mentre si cercò di eliminare la classe sociale dei kulaki in quanto classe.
Moltissimi vennero trasferiti in Siberia dove per fame o per freddo morivano
mentre lavoravano, in condizione di schiavitù, alla costruzione di opere
pubbliche come ferrovie, dighe, centrali elettriche e canali; molti altri invece
i più diffidenti vennero uccisi direttamente con fucilazioni di massa
sommarie. Il programma di collettivizzazione prevedeva che il contadino
doveva dare allo Stato dei quantitativi minimi di raccolti, chi li avesse
superati aveva diritto a premi; tuttavia si verificò un atteggiamento restio da
parte dei contadini che furono oggetto di campagne di punizione da parte di
funzionari statali ed operai.
Secondo punto del programma di sviluppo economico interno di Stalin fu
l’industrializzazione forzata dell’URSS che fu anche uno dei motivi per cui
l’Unione Sovietica non venne coinvolta nella crisi del ’29. Per giustificare
questa politica Stalin si rifece anche all’ideologia marxista, in quanto lo
stesso Marx affermava che per raggiungere la completa rivoluzione del
proletariato bisognava aver raggiunto un livello industriale alto. La scelta
economica fu pianificata dal partito e divisa in “piani quinquennali” in base ai
quali ogni 5 anni bisognava aver raggiunto un obiettivo prefissato di sviluppo
industriale. In 5 anni, cioè tra il 1928 e il 1933, la produzione industriale
doveva essere cresciuta del 180% mentre il reddito nazionale del 103%. Per
cui ogni tipo di risorsa venne riversata nell’industria pesante. Tuttavia si
assistette ad un fallimento relativo di questa programmazione, anche se gli
enormi sforzi avevano portato la Russia, tra le più grandi potenze mondiali,
perché riuscì a tenersi fuori dalla crisi del ’29 che coinvolse particolarmente i
regimi occidentali liberali. Il regime stalinista alla pari degli altri regimi
totalitari attuò una strategia di oppressione verso i dissidenti del regime e
costruì una grande struttura propagandistica. I sovietici alla pari dei nazisti,
possedevano dei campi di concentramento che prendevano il nome di Gulag
i quali rappresentavano in sé un strumento di terrore per reprimere nel
nascere ogni attività avversa al regime. Se l’essenza dei Gulag sovietici era
la stessa dei Lager nazisti, tuttavia, avevano obiettivi diversi.
La struttura dei Gulag era un mezzo utile al regime per pianificare del tutto
la società trasformandola nella “società del proletariato”. Infatti vennero
coinvolti tutti gli individui ritenuti non appartenenti al proletariato e quindi
estraneo alla nuova realtà socialista, in questa lista rientravano gli artigiani, i
commercianti, piccoli imprenditori e professionisti, si puntava alla distruzione
della società ritenuta vecchia e degradata per formarne una nuova fondata
sul proletariato, erano persone non oppositori del regime, ma ritenute non
adatte alla nuova realtà; inoltre vennero trasferiti nei gulag anche minoranze
etniche e religiose; mentre la persecuzione nazista si basava principalmente
sulla razza, quelle russa poneva le sue fondamenta su una persecuzione di
tipo sociale. Entrambi, tuttavia, si ponevano l’obiettivo, per mezzo dei campi
di concentramento, di arrivare ad una società, ritenuta a loro avviso, più
giusta. Per quanto riguarda la propaganda era fondata sul culto della figura
di Stalin, che venne di fatto divinizzata; fu riproposto come il “capo del
proletariato mondiale”, l’unico capace di portare la rivoluzione proletaria in
tutto il mondo. La cultura vene vista come una strumento propagandistico e
di regime. Nacque in questo modo il realismo socialista che si poneva
l’obiettivo di decantare le virtù del socialismo e della rivoluzione, e di istruire
in tal senso la popolazione, lodando gli obiettivi raggiunti dal regime. Tutto
ciò naturalmente sotto stretta osservanza del partito.
Ortodonzia < esempio di raddrizzamento dei denti>
L'Ortodonzia

L'Ortodonzia è "la branca dell'Odontoiatria che tratta della
prevenzione, diagnosi e terapia delle anomalie di sviluppo
delle ossa mascellari e dei difetti di posizione dei denti al fine
di stabilire una normale occlusione dentaria ed un
soddisfacente profilo della faccia." Questa è la definizione che
da l'American Association of Orthodontics. In termini più
semplici, l'Ortodonzia si occupa delle malocclusioni, allo scopo
di:
correggere la posizione dei denti;
 migliorare le funzioni dell'apparato stomatognatico: respirazione, fonetica, masticazione,
deglutizione;
 correggere i disturbi dell'articolazione temporo-mandibolare;
 migliorare l'estetica.
L'ortodonzia è divisa in molti rami, classificati in base al mezzo terapeutico o al fine.
A seconda dello scopo ultimo, l'ortodonzia può essere divisa in tre rami:
Ortodonzia intercettiva: consiste nel correggere le malocclusioni precocemente,
eliminando abitudini viziate ed orientando le ossa mascellari verso una crescita corretta;
Ortodonzia classica: consiste nel correggere le malocclusioni che non sono state trattate
precocemente;
Ortodonzia preprotesica: consiste nel migliorare l'occlusione dentaria, al fine di ottimizzare
la riabilitazione protesica.

In base al mezzo terapeutico, l'ortodonzia può essere distinta in:


Ortodonzia mobile: utilizza apparecchi rimovibili dal paziente. Spesso
l'ortodonzia mobile rappresenta la prima fase del trattamento e viene
utilizzata, ad esempio, allo scopo di allargare o restringere il palato, correggere
il morso;
Ortodonzia fissa: utilizza apparecchi fissi che vengono cementati o incollati sui
denti. L'Ortodonzia fissa ha lo scopo di correggere i rapporti tra i denti e
sempre più spesso, a questi trattamenti ricorrono pazienti adulti per migliorare
l'estetica.
La NORMOCCLUSIONE
Il fine dell'Ortognatodonzia è la NORMOCCLUSIONE.
Come molti possono pensare, il concetto di normocclusine, non è limitato al
semplice raggiungimento di una buona estetica e di un buon ingranaggio
dentale, ma va oltre. Secondo molti Autori, "raggiungere la normocclusione
significa ottenere l'armonia statica e dinamica tra le strutture basalineuromuscolari dentali e i tessuti molli." Ciò significa, quindi, rispettare non
solo la funzionalità dei denti, ma anche quella di tutti i muscolo tra loro
concatenati. Quando si parla di malocclusione, quindi, s'intende letteralmente
una "cattiva occlusione", ma il termine oggi giorno, non è limitato a quelle
anomalie dentali che riguardano l'ingranaggio degli elementi superiori con gli
inferiori, ma anche semplici disallineamenti o affollamenti dentali che
compromettono l'estetica.
Le malocclusioni dentali, se non diagnosticate e corrette in tempo, possono
avere ripercussione sui muscoli dell'apparato odontostomatognatico, e, vista
la complessità del sistema muscolare umano, può modificare anche la
postura (scoliosi, lordosi, dolori di schiena, etc.) o produrre sintomi patologici
(cefalea, dolori cervicali, etc.). Nella storia dell'odontoiatria, molti specialisti
hanno cercato di standardizzare le malocclusioni, tanto che oggi esistono
innumerevoli classificazioni delle malocclusioni, basati su altrettanti criteri.
Per la nostra argomentazione, ne analizzeremo due, tra le più importanti e
conosciute:

la classificazione di Angle e la classificazione di Benangiano.
Classificazione di Angle
Nei primi anni del '900, il dr. Edward H. Angle, propose la classificazione che
porta il suo nome. Lo studio più conosciuto per quanto riguarda lo standard
di riferimento delle posizioni, si basa sul fatto che, in una dentatura decidua
perfetta, il primo molare superiore, erompe a 6 anni in una posizione
definita e stabile, stabilendo così la posizione degli altri denti posteriore, e
determinando così la chiave di occlusione posteriore. In base al rapporto
che intercorre quindi tra la cuspide mesio-vestibolare del primo molare
superiore, e il solco mesio-vestibolare del primo molare inferiore, Angle,
classificò i tipi di occlusione in tre classi:

I CLASSE:detta anche Normocclusione, si ha un rapporto di prima classe
quando la cuspide mesio-vestibolare del primo molare superiore, ingrana con il
solco mesio-vestibolare del primo molare inferiore.



II CLASSE:o Disto-occlusione, si ha quando la cuspide mesiovestibolare del primo molare superiore, occlude mesialmente al
solco mesio-vestibolare del primo molare inferiore. Questa classe, a
seconda della posizione degli anteriori, è divisa in due sottoclassi
dette divisioni:
II CLASSE - I DIVISIONE: si ha una seconda classe, a livello
posteriore, ed un aumento dell'overjet negli anteriori.
II CLASSE - II DIVISIONE: si ha sempre, a livello posteriore, una
seconda classe, ma si presenta un'assenza di overjet a livello
anteriore, determinata dalla palatoversione dei frontali superiori.

III CLASSE: detta anche mesio-occlusione, si ha quando la cuspide mesiovestibolare del primo molare superiore ingrana distalmente al solco mesiovestibolare del primo molare inferiore.
Classificazione di Benangiano

Le anomalie del complesso dento-maxillo-facciale, sono state divise dal
Benangiano, in base alle variazioni dimensionali di esso, rispetto alla
norma ed alla conseguente variazione del loro rapporto spaziale. Le tre
classi sono suddivise in: anomalie sagittali, trasversali e verticale.

1. ANOMALIE SAGITTALI
Si è in presenza di anomalie sagittali quando si ha una diminuzione o un aumento del
diametro longitudinale di una o di tutte le arcate dentali. Quando la variazione interessa
solo l'arcata superiore, l'aumento può essere prodotto da un prognatismo, dovuto cioè ad
un avanzamento del mascellare, o una vestibolarizzazione degli anteriori superiori. la
diminuzione può essere dovuta ad una palatizzazione dei denti superiori, o una
retrusione del mascellare. Se l'aumento dimensionale riguarda solo l'arcata inferiore,
l'aumento può essere dovuto ad un progenismo, cioè ad un avanzamento della
mandibola o ad una vestibolarizzazione dei denti anteriori inferiori. La diminuzione
dimensionale, può essere causata invece da una retrusione della mandibola o una
lingualizzazione degli anteriori inferiori. Quando la variazione riguarda entrambe le arcate,
si parla in genere di biprotrusione.

2. ANOMALIE TRASVERSALI
Le anomalie trasversali riguardano l'aumento o la diminuzione del diametro trasversale
delle arcate. L'aumento del diametro trasversale porta ad un'espansione che può essere
unilaterale o bilaterale. la diminuzione del diametro, produce una contrazione che, come
l'espansione, può essere unilaterale o bilaterale. Per l'arcata superiore, il risultato della
contrazione bilaterale è la micrognazia. tale contrazione può essere associata ad un
prognatismo, dando luogo al cosiddetto palato ogivale. Quando la variazione interessa
solo l'arcata inferiore, si può avere sia un aumento che una diminuzione del diametro,
con conseguenti espansioni e contrazioni, che possono essere unilaterali o bilaterali. In
caso di contrazione bilaterale, si è in presenza di microgenismo. Quando la variazione
dimensionale interessa entrambe le arcate, si ha una contrazione bimascellare, che può
essere uni o bilaterale.

3. ANOMALIE VERTICALI
Le anomalie verticale interessano l'aumento o la diminuzione dell'overbite, cioè
della sovrocclusione dei dei denti anteriori. Nel caso di un aumento di tale
dimensione, si ha un morso profondo o deep-bite. Nel caso, invece, di una
diminuzione di tale dimensione, fino a valori negativi si ha un morso aperto o
open-bite.
EZIOLOGIA delle MALOCCLUSIONI
Con il termine EZIOLOGIA, s'intende la scienza che studia le cause
delle malattie.
Le cause delle disarmonie cranio-facciali, o malposizioni dentali,
possono essere di due tipi:


Congenite
Acquisite


Le cause congenite sono presenti già alla nascita e risultano quindi delle
predisposizioni genetiche. Tra le cause congenite molti Autori sono concordi
nell'annoverare alcune influenze meccaniche, presenti nella vita intrauterina,
tali da ripercuotersi sulla formazione di anomalie dentali. la pressione del
liquido amniotico influisce sullo sviluppo del cervello e dell'asse trasversale del
corpo. un'aderenza amniotica o un'interposizione dei tessuti possono dar luogo
a fessure nel palato o nel labbro poiché ne viene compromessa la fusione
facciale e del palato. Oltre a queste fessure possono presentarsi delle anomalie
a livello dentale o dell'occlusione, poiché queste fessure solitamente si formano
fra laterali e canini, e si presenteranno così delle anomalie che colpiscono
proprio l'incisivo laterale che può mancare o risultare deformato.
Le cause acquisite insorgono durante i primi mesi, o anni di vita. le cause
acquisite, possono essere principalmente di tre tipi:
1.
2.
3.
Patologiche
Funzionali
Locali



Le cause patologiche sono rappresentate dalla presenza di malattie specifiche.
Ad esempio, l'iperfunzione ipofisaria dà luogo ad una crescita longitudinale del
mascellare inferiore (acromegalia) o provocare una crescita generalizzata che
porta al gigantismo. Un'altro esempio di causa patologica e l'osteomielite,
un'infiammazione del tessuto osseo, che se si manifesta nell'infanzia, può
compromettere lo sviluppo dei denti.
Le cause funzionali sono rintracciabili in abitudini viziate come il vizio di
succhiare il dito o il succhiotto. Queste due abitudini, aumentando la pressione
sugli incisivi superiore, possono portare ad una inclinazione vestibolare degli
incisivi. Spesso, nei bimbi, e comune la persistenza della deglutizione infantile,
cioè l'interposizione della lingua tra le arcate durante la deglutizione, che può
causare un morso aperto.
Alle cause locali, sono riconducibili la perdita precoce dei denti, o la perdita dei
denti, non seguiti da un trattamento protesico.
Le malocclusioni più frequenti
Diastema
Linea mediana deviata
Morso aperto
Sovragetto (Overjet)
Morso incrociato laterale
Affollamento (Mancanza di
spazio)
Sovramorso (Overbite,
progenismo)
Sovramorso (Overbite,
progenismo)
Morso profondo
LA PREVENZIONE DELLE MALOCCLUSIONI



Abitudini viziate - succhiamento del dito – succhiotto
L'attività di suzione è per il neonato non solo funzionale alla
nutrizione ma, più in generale, al suo totale benessere psicoorganismico. Essa gli conferisce tranquillità e sicurezza. In
quest'epoca di vita può essere considerata fisiologica, dato che il
succhiamento del pollice avviene anche durante la gravidanza,
presentandosi nell'embrione già a quattordici settimane di vita
intrauterina. Se però nel corso dello sviluppo non viene ridotta al
minimo, fino alla sua interruzione definitiva, può agire come agente
deformante delle arcate dentarie e dei mascellari in crescita.
Per capire il perché esiste la necessità d'interrompere l'attività di
suzione nel passaggio dall'età neonatale a quella infantile, vanno
conosciuti i cambiamenti che intervengono in questo periodo di
sviluppo sul meccanismo nutritivo.
Nutrizione neonatale: poppamento

La fase orale della nutrizione neonatale si compie in maniera totalmente
inconscia, con i caratteri del riflesso neuromotorio incondizionato. Il
neonato poco dopo la nascita inizia un comportamento esplorativo nel cui
corso, rispondendo a precisi stimoli, si orienta con il viso verso il seno
materno, afferra con la bocca il capezzolo e inizia a nutrirsi "poppando", una
modalità di estrazione e deglutizione del latte materno simile a quella che
indichiamo come suzione: dopo aver sigillato il capezzolo tra lingua e palato
aspira il latte con azione di pompaggio ritmico, eseguita abbassando e
rialzando la mandibola. Presiede a ciò un meccanismo nervoso
geneticamente programmato che contiene tutte le informazioni necessarie
al comportamento nutritivo del bambino appena nato, funzionale alla
sopravvivenza.
Nutrizione tipo adulto:
masticazione e deglutizione


A differenza della fase orale della nutrizione neonatale la cui componente
neuromotoria riflessa è già matura alla nascita, quella di tipo adulto, invece,
matura nel corso dello svezzamento attraverso un lungo e complesso processo a
cui partecipano i recettori propriocettivi della lingua stimolati dai denti da latte in
eruzione: nel momento in cui erompono i denti incisivi da latte gli stimoli tattili
che la lingua riceve dal loro contatto la portano a ritirarsi dalla precedente
posizione tra le arcate mascellari edentule, funzionale al poppamento, e a
portarsi all’interno delle arcate dentarie decidue.
Anche il progressivo aumento di consistenza dei cibi durante lo svezzamento
contribuisce alla maturazione dei meccanismi neuromotori della nutrizione
adulta (essendo quella infantile più adatta all'ingestione di liquidi), la quale si
compone, a maturazione ultimata, di due processi distinti e sequenziali, che
sono “masticazione e deglutizione”. In molti bambini questo passaggio è quasi
completato tra i 12 e i 15 mesi.
Nutrizione di tipo adulto come
processo di apprendimento

Va sottolineato che la nutrizione adulta, a differenza di quella infantile che è
già adattata alla nascita, necessita di un lungo periodo di apprendimento
affinché diventi adatta, il cui corso può essere ostacolato da svariati fattori
avversi
ambientali.
Tale cambiamento può compiersi in quanto il meccanismo neuromotorio
che presiede al comportamento nutritivo del neonato è geneticamente
programmato ad aprirsi alle modifiche adattative causate dai naturali
cambiamenti dell'ambiente orale che avvengono nel periodo postnatale eruzione
dei
denti
e
cambio
di
consistenza
dei
cibi.
Qualora sopraggiungano condizioni ostacolanti che impediscono le
modifiche funzionali adattative del meccanismo nutritivo si realizza la
disfunzione, che a sua volta agirà sulla predisposizione alla malocclusione.

Uno studio americano su 2.000 bambini in età prescolare ha riscontrato
che il 54% dei soggetti senza malocclusioni aveva comunque un'abitudine
viziata. Si deve da ciò dedurre che la malfunzione periorale non determina
costantemente un danno ma agisce come fenomeno deformante solo
quando c'è una predisposizione verso un modello anormale di crescita
sagittale, verticale o trasversa.
Conclusioni

Nel tempo in cui avviene il passaggio dalla nutrizione di tipo infantile, con
la lingua tra le arcate mascellari edentule, a quella di tipo adulto, con la
lingua all'interno delle arcate dentarie decidue, cioè nel corso dello
svezzamento, devono cessare i comportamenti che tendono a mantenere e
a rafforzare nel bambino gli atteggiamenti succhianti tipici del periodo
neonatale: il succhiamento del dito o della lingua, l'uso del succhiotto e
l'alimentazione prevalente al biberon. Il loro mantenimento ad oltranza
ostacola il processo di maturazione del meccanismo nutritivo di tipo
adulto, composto di masticazione e deglutizione dei cibi. Il protrarsi degli
atteggiamenti succhianti esercita la lingua a funzionare tra le arcate
dentarie decidue anziché al loro interno, e i muscoli facciali, in particolare
il muscolo orbicolare delle labbra, il mentale e il buccinatore, diventano
iperattivi nel tentativo di raggiungere e sigillare i bordi e la punta della
lingua , così come necessario al neonato per eseguire il poppamento. Le
alterazioni che in tal caso vengono a determinarsi nel tono dei muscoli
facciali si ripercuotono sulle arcate dentarie decidue in formazione e sui
mascellari in crescita, potendo portare a diversi e a volte severi quadri
malocclusivi.
DEGLUTIZIONE INFANTILE

Con "deglutizione infantile" s'intende una disfunzione della
muscolatura periorale che partecipa all'atto deglutitorio. Le
modalità in cui avviene la deglutizione infantile somigliano più
a quelle del neonato che all'adulto, con la lingua che
s'interpone tra le arcate. La pemanenza del riflesso di
deglutizione infantile ha un azione deformante sulle arcate
dentarie in via di sviluppo e sui mascellari in crescita, anche se
non sempre si esplica con la stessa intensità e forma. In
bambini predisposti il mantenimento del riflesso di deglutizione
infantile può esercitare un notevole effetto deformante,
portando a importanti malocclusioni scheletrico dentali, sia
sotto l'aspetto estetico che funzionale.

La prevenzione delle malocclusioni dovrebbe prendere in considerazione il
controllo dei fattori che possono influenzare negativamente la maturazione
del riflesso di deglutizione tipico dell'adulto, che inizia all'epoca dello
svezzamento, nel momento in cui erompono i primi denti da latte, e si
completa, in alcuni casi, già a 15 mesi di vita. Gli autori anglosassoni
parlano più in generale di "atteggiamento succhiante", per porre l'accento
sulla presenza, anche al di fuori dell'atto deglutitorio, di atteggiamenti
funzionali della muscolatura periorale tipici del succhiamento. La
permanenza del riflesso di deglutizione infantile può essere facilitata da
abitudini viziate come il succhiamento del dito e del succhiotto, ma anche
da patologie respiratorie che provocano ostruzione al passaggio del flusso
d'aria per via nasale, frequenti e spesso trascurate in età infantile.
ABITUDINI VIZIATE

Si definiscono abitudini viziate alcuni stili di comportamento normali in un
determinato periodo di vita nel momento in cui si protraggono nel tempo. Si
usa chiamarle abitudini viziate in quanto possono comportare danni alla
crescita dento-scheletrica. Sono abitudini viziate, in questo senso, il
succhiamento del dito, l'utilizzo del succhiotto, la nutrizione al biberon oltre
il periodo normale di svezzamento.Vengono definite abitudini viziate,
sempre in riferimento all'influenza negativa che esercitano sulla crescita dei
mascellari e sullo sviluppo della dentizione, anche la permanenza del
riflesso di deglutizione atipica, il morsicamento del labbro inferiore,
l'onicofagia (morsicamento delle unghie). Attraverso l'abitudine viziata
vengono esercitate pressioni abnormi e prolungate sulle arcate dentarie in
via di sviluppo e sui mascellari in crescita, tanto che si possono
determinare modifiche nelle posizioni dentali, alterazioni nella forma di
arcata e nella crescita dei mascellari.

L'abitudine viziata non sempre determina danni consistenti di
crescita scheletrica. Uno studio americano su 2.000 bambini in
età prescolare ha riscontrato che il 54% dei soggetti senza
malocclusioni aveva comunque un'abitudine viziata. Si deve da
ciò dedurre che la malfunzione periorale determinata dalle
abitudini viziate non determina costantemente un danno ma
agisce come fenomeno deformante solo quando c'è una
predisposizione verso un modello anormale di crescita
scheletrica sagittale (Malocclusioni di prima, seconda e terza
classe), verticale (Malocclusioni con morso aperto o profondo)
o trasversa Malocclusioni con morso contratto).
L’apparecchio mobile
L'Apparecchio
I componenti di base di una placca ortodontica sono:
la placca base in resina;
i ganci di stabilizzazione;
gli archi vestibolari;
le molle;
le viti ;
Gli ausiliari.
GANCIO DI
ADAMS
GANCIO A SFERA
TERMINALE
ARCO
VESTIBOLARE
VITE
ORTODONTICA
MOLLA

La placca base in resina autopolimerizzabile ha lo spessore di circa 2-3mm.
La placca può essere attiva o passiva, a seconda del ruolo che deve rivestire.
Nella zona posteriore, occorre che la placca, compatibilmente con le necessità
richieste, sia la più corta possibile, onde disturbare al minimo funzione e
fonazione. I bordi della placca devono seguire i colletti dei denti, entrando in
contatto per circa 2-2,5mm con gli elementi dentali. La progettazione della
placca è funzione delle forze da sviluppare, degli ancoraggi e di tutti gli altri
componenti. Nell'inferiore va posta attenzione al limite d'azione dei muscoli
miloioidei e nella zona dei premolari e molari.



I ganci ortodontici (o di stabilizzazione) sono i componenti che
permettono all'apparecchio di rimanere stabile e quindi di poter
rilasciare le forze desiderate. I ganci ortodontici vengono suddivisi
in:
primari, sono ganci che possono essere utilizzati da soli quali
mezzi di stabilizzazione di un apparecchio ortodontico;
accessori, sono mezzi di ritenzione che, da soli, non sono in grado
di stabilizzare sufficientemente l'apparecchio.
I principali mezzi di ritenzione comunemente utilizzati nella pratica quotidiana:
GANCIO DI ADAMS: rappresenta il mezzo di ritenzione più utilizzato
comunemente. E' composto da due passanti, uno mesiale e uno distale, che
uscendo dal lato linguale si adagiano negli spazi interdentali, scendendo infine
vestibolarmente a formare i peduncoli di ritenzione. I peduncoli devono
ingaggiare i sottosquadri esistenti mesialmente e distalmente al dente, e sono
collegati tra loro da un segmento di filo, detto ponte, che rappresenta la zona in
cui il paziente deve appoggiare il dito indice per rimuovere l'apparecchio. per
l'esecuzione di questo gancio, si utilizza filo da 0,7mm.
Gli archi vestibolari sono in grado di svolgere di svolgere varie funzioni. Possono
essere usati, a seconda dell'impiego cui sono destinati, quali mezzi di ritenzione
accessori, componenti attivi allo spostamento dentale, appoggi per guidare
l'eruzione dentale dei denti permanenti, ausiliari atti a sostenere trazioni
elastiche. tutti gli archi vestibolari possono essere saldati agli altri componenti
tramite brasatura, o essere bloccati all'interno della placca in resina.


L'arco vestibolare semplice detto anche arco di Schwarz è costruto piegando il
filo distalmente ai canini, in direzione palato-vestibolare, quindi, scendendo
verso il fornice. Da qui, formando un ansa 2mm al di sotto del colletto dentale, si
risale fino al centro della corona clinica, per poi correre orizzontalmente, grazie
ad un angolo di 90° per tutto il gruppo frontale, fino al canino controlaterale,
terminando nella zona palatale con un'ansa. Nelle parti che dovranno essere
inglobate nella resina, vengono realizzate delle ritenzioni meccaniche. Per la
sua ritenzione, si utilizza del filo da 0,8mm.
Le molle sono componenti in filo, utilizzati per spostare gruppi di denti o singoli
elementi. Sono modellate in varie forme e possono essere inglobate nella resina
o brasate ad altri componenti metallici facenti parte dell'apparecchio. Questi
ausiliari sono costruiti in filo duro-elastico o in filo da Crozat del diametro
variabile da 0,5 a 0,9 mm. La differenza di diametro del filo utilizzato è data dal
lavoro che le singole molle dovranno sviluppare e dalla forma che dovranno
assumere; maggiore sarà la lunghezza del segmento di filo utilizzato per la
costruzione della molla, maggiore sarà l'elasticità.

Le
viti ortodontiche possono essere considerate il vero "motore"
dell'apparecchio ortodontico. Le viti vengono fabbricate in varie forme e
dimensioni; le differenze di progettazione e costruzione derivano dalle diverse
azioni terapeutiche che esse dovranno effettuare. L'azione richiesta alle viti
ortodontiche è in genere quella di effettuare movimenti di espansione,
contrazione, distalizzazione, mesializzazione, derotazione e inclinazione. Esse
sono realizzate in acciaio inossidabile o in lega metallica. Ogni vite ortodontica è
costruita per svolgere determinate funzioni.
Vari tipi di apparecchi
ORTODONZIA FISSA

S'intende per ortodonzia fissa l'utilizzo
di apparecchi per la correzione dei
disallineamenti
dentali
che
l'ortodonzista incolla o cementa ai
denti, lasciandoceli per tutto il tempo
del trattamento.
Apparecchio fisso


L'apparecchio ortodontico fisso più
popolare è composto di attacchi
metallici o ceramici che fissati ai denti
vengono agganciati da strumenti
meccanici: fili, elastici, molle e trazioni
extraorali, in grado di portarli nelle
posizioni corrette.
Per mezzo dell'apparecchio fisso di
ortodonzia il dente può essere
spostato per grandi distanze, in tutte
le direzioni e con ogni tipo di
movimento, incluso quello corporeo,
tanto che il suo uso permette la
correzione
di
malposizionamenti
dentali non trattabili con altri
apparecchi.
L'attacco ortodontico


È l'elemento principale dell'apparecchio
fisso. Esso presenta una base trattata in
maniera tale da permettere l'adesione al
dente, e un corpo nel quale sono ricavate
due
componenti
fondamentali:
la
scanalatura a sezione rettangolare (slot)
per l'inserimento di fili metallici e le alette
per il trattenimento delle legature
necessarie a bloccare i fili nell'attacco.
L'attacco ortodontico è definito in inglese
Twin Bracket Edgewise che tradotto è
attacco gemellare di costa. Gemellare
perché formato da una doppia coppia di
alette, mentre "di costa" o "di taglio" fa
riferimento alla possibilità di inserire nella
sua scanalatura fili rettangolari dal lato
più corto, essendo l'altezza di questa
inferiore rispetto alla profondità.
Ortodonzia linguale


L'ortodonzia linguale è una
metodica di ortodonzia fissa.
Vengono utilizzati attacchi
incollati sulla superficie dei
denti che da verso la lingua,
anziché, come nell'ortodonzia
fissa
tradizionale,
sulla
superficie esposta al sorriso. E'
una tecnica di allineamento
dei denti estetica.
Alcune fasi del trattamento ortodontico
Retrazione del premolare
in ancoraggio massimo
Retrazione del canino
Allineamento
Retrazione del gruppo frontale
Ottimizzazione finale
Prima del trattamento
Occlusione finale
Al termine del trattamento
PROGETTAZIONE
Come per la realizzazione di altri dispositivi protesici, quali protesi parziali e totali mobili,
protesi su impianti, etc. l'odontoiatra, prima di decidere quale via terapeutica
intraprendere, procede a degli esami a scopo diagnostico, cioè atti a valutare la
situazione di partenza del paziente. Quando il paziente si presenta in studio, il clinico
procederà ad un ESAME CLINICO, quindi valuterà visivamente, esternamente ed
internamente al cavo orale del paziente, lo stato di tessuti ed elementi dentali, per
definirne non solo classi di appartenenza delle arcate e del morso, ma anche eventuale
presenza di sintomi o manifestazioni patologiche, affollamenti dentari, processi cariosi,
stato dei tessuti e degli elementi che devono svolgere funzioni di rilevante importanza.
Dopo il rilievo dell'impronta per il laboratorio e il successivo sviluppo dei modelli in gesso,
l'odontoiatra passerà ad un esame di questi ultimi, allo scopo di definire e stabilire in
modo più dettagliato i rapporti delle arcate. (ESAME DEI MODELLI). Successivamente, il
medico prescriverà degli ESAMI RADIOGRAFICI, allo scopo di verificare la presenza di
eventuali malformazioni osse.
I I principali esami radiografici sono:
 ORTOPANTOMOGRAFIA: conosciuta comunemente come "panoramica", è una
radiografia che permette di ottenere, su un'unica pellicola, in vista frontale, una
visualizzazione di entrambe le ossa mascellari e delle strutture circostanti.
Fornisce informazione generiche sulle strutture osse.
 TELERADIOGRAFIA: è chiamata "tele" perché la sorgente dei raggi si trova alla
distanza di circa un metro, di modo che i raggi giungono sulle strutture ossee
pressoché paralleli tra loro. è un esame preciso e fornisce una visualizzazione,
in vista laterale, sulla quale il clinico effettua il tracciato cefalometrico.
 RADIOGRAFIA ENDORALE: il radiografo endorale è impiegato in combinazione
con delle piccole lastre e fornisce una visione precisa di due elementi dentali al
massimo.
ORTOPANTOMOGRAFIA
TELERADIOGRAFIA
TRACCIATO
CEFALOMETRICO


Effettuati gli esami radiografici richiesti, il clinico può procedere ad un ESAME
STRUMENTALE, che può avere scopo diagnostico e/o terapeutico. I principali
esami strumentali sono:
ELETTROMIOGRAFIA: questo esame serve a valutare lo stato fisiologico dei
muscoli. è costituito da alcuni elettrodi che vengono posizionati sui muscoli
digastrico, massetere, temporale e trapezio (quest'ultimo per verificare
indirettamente lo pterigoideo interno). Il risultato è un quadro dell'attività
muscolare del paziente, dal quale si possono determinare eventuali
ipertonicità o ipotonicità e la simmetria destra e sinistra dei toni muscolari.
CHINESIOGRAFIA: è costituito da una magnete che, fissato sul mento, produce
un campo magnetico che viene rilevato da alcuni sensori che lo trasformano in
grafico. Il medico fa aprire e chiudere la bocca al paziente, permettendo cosi ai
sensori di captare diversi campi magnetici.

TENS: la sigla significa "ElettroNeuroStimolazione Transcutanea", ed è
costituita da due elettrodi posizionati sull'incisura sigmoidea, i quali,
producendo piccoli impulsi ciclici a bassa intensità, stimolano la produzione di
endorfine, rilassando così i muscoli ipertonici e ristabilendo il giusto tono
fisiologico. Questo esame ha scopo sia diagnostico che terapeutico in quanto
può essere utilizzato per curare eventuali stati di stress muscolare deli
muscoli masticatori.
Materiali per ortodonzia mobile







Gli apparecchi mobili devono produrre delle forze sui denti o sulle ossa. Tali
forze agiscono in un ambiente complesso, quale è il cavo orale.
I materiali utilizzati, devono quindi avere determinate proprietà, quali:
buona resistenza meccanica;
buona resistenza agli ambienti corrosivi;
buona resistenza agli sbalzi termici;
inalterabilità chimica;
costo relativamente contenuto;
bassa conducibilità termica ed elettrica;
minime variazioni dimensionali durante i processi di lavorazione.
Per rispondere adeguatamente a questi requisiti,
ottenendo i risultati desiderati, i materiali comunemente
utilizzati nel campo dell'ortodonzia mobile sono:












1.
1.2.
1.3.
1.4.
1.5.
1.6.
2.
2.1.
2.2.
2.3.
2.4.
Fili in acciaio inossidabile
Classificazione
Ferro e carbonio
Trattamenti termici
Acciai inossidabili
Acciai inossidabili austenitici
Resina per ortodonzia
Strutture dei polimeri
Polimerizzazione
Stato amorfo e stato cristallino
Resine acriliche autopolimerizzabili a base di
polimetilmetacrilato
2.5. Manipolazione e proprietà
Fili in acciaio inossidabile





1.2 Classificazione
Esistono vari tipi di acciai, classificabili in base ad altrettanti criteri. Una
classificazione comune degli acciai è quella che li divide, in base alla loro
composizione chimica, in:
Acciai semplici
Acciai speciali
Gli acciai semplici (o acciai comuni) oltre al ferro e al carbonio, contengono
piccole percentuali di zolfo, fosforo, manganese (0,3 – 0,7%) e silicio (0,2 –
0,4%). Vengono classificati in base al contenuto di carbonio in: extradolci
(da tracce a 0,15% di carbonio); dolci (da 0,16 a 0,25% di carbonio);
semiduri (da 0,25 a 0,50% di carbonio); duri (0,51 – 0,75%) ed extraduri
(oltre 0,75%).







Gli acciai speciali, oltre al ferro, carbonio, silicio, manganese, zolfo (≤0,03%)
e fosforo (≤0,03%), contengono, a seconda dell’impiego cui sono adibiti,
opportuni elementi addizionati intenzionalmente in lega (Ni, Cr, W, Mo, V,…)
in modo da presentare idonee caratteristiche a carico di rottura, resilienza,
durezza, plasticità, resistenza a fatica.ecc…
in base ai diversi usi, gli acciai speciali vengono classificati in:
o
Acciai da costruzione di uso generale
o
Acciai speciali da costruzione
o
Acciai da utensili
o
Acciai inossidabili
o
Acciai per usi particolari

Ferro e carbonio

La solubilità tra ferro e carbonio non ha una percentuale fissa, ma dipende
dalla forma allotropica del ferro. Il ferro presenta delle forme allotropiche che
sono importanti in quanto gli acciai sono caratterizzati da una serie di
temperature, dette punti critici in cui subisce delle trasformazione allo stato
solido.
Analizziamo le modificazioni allotropiche:
Ferro α che cristallizza nel sistema cubico a corpo centrato, risulta stabile
dalla temperatura ambiente a 911°C. Ha un comportamento magnetico, che
diventa paramagnetico dai 169°C ai 911°C;
Ferro γ che cristallizza nel sistema cubico a facce centrate ed è stabile fra i
911°C e i 1392°C;
Ferro σ che cristallizza nel sistema cubico a corpo centrato e risulta stabile dai
1392°C fino alla temperatura di fusione (1536°C).


Tali forme allotropiche, come detto precedentemente, presentano
diverse solubilità, allo stato solido, con il carbonio. Le forme
allotropiche del ferro che presentano interesse nel campo
tecnologico, sono:

Ferro α: presenta un massimo di solubilità verso il carbonio di
0,04% a 123°C. La relativa soluzione solida è chiamata ferrite.

Ferro γ: solubilizza un massimo di carbonio del 2,06% a 1140°C.
La relativa soluzione solida prende il nome di austenite.
Fili in acciaio inossidabile
Trattamenti termici
L’acciaio può essere sottoposto a svariati trattamenti termici, viste le
molteplici finalità che può avere. La presenza o meno di specifici elementi in
lega, può variare i risultati.
I principali trattamenti termici effettuati sull’acciaio sono:

Tempra (di durezza)
Tale trattamento termico, consiste nel riscaldare l’acciaio fino a portarlo in
campo austenitico, nel mantenerlo a tale temperatura per il tempo
sufficiente a garantire in tutte le parti del pezzo la struttura austenitica,e nel
seguente brusco raffreddamento in acqua. Il brusco raffreddamento ha lo
scopo di fissare a temperatura ambiente la struttura tetragonale a corpo
centrato.
Tale struttura, che prende il nome di martensite, è caratterizzata da
elevatissime durezza e fragilità, dovute alla distorsione reticolare dovuta
all’eccessiva quantità di carbonio rispetto a quella ordinaria. Il grado di
durezza varia in funzione del tenore di carbonio.

Rinvenimento.
L’eccessiva durezza della struttura martensitica richiede,in alcuni
casi, un altrettanto trattamento che serve a favorire la diffusione
degli atomi di carbonio con conseguente diminuzione delle tensioni
e aumento della tenacità. Il trattamento termico di rinvenimento
consiste in un riscaldamento del materiale ad una temperatura di
circa 700°C (inferiore a quella della tempra di durezza), nella
permanenza a tale temperatura per il tempo necessario a favorire
la diffusione atomica del carbonio in eccesso, e in un
raffreddamento più o meno rapido fino a temperatura ambiente.
L’insieme dei trattamenti di tempra e rinvenimento è detto bonifica
e conferisce all’acciaio un ottimo complesso di caratteristiche
meccaniche.


Ricottura. Ha la funzione di attenuare le tensioni interne dovute a
deformazione plastiche (a freddo) e alle eterogeneità della composizione
chimica. È eseguito riscaldando il materiale fino a portarlo in campo
austenitico, nel mantenerlo a tale temperatura per il tempo necessario a
permettere il passaggio alla forma γ di tutto il pezzo e nel raffreddarlo
lentamente in forno.
Normalizzazione. Ha lo scopo di ottenere una grana fine e regolare, tramite
un riscaldamento del pezzo metallico fino al campo austenitico, nella
permanenza a tale temperatura per il tempo strettamente necessario a
permettere il passaggio dalla fase α alla fase γ e nel raffreddamento in aria.
Acciai inossidabili

Tra gli acciai speciali, quelli inossidabili sono quelli che trovano più largo uso
in campo dentale, sia nelle lavorazioni allo stato solido, sia nella costruzione
di parti di apparecchiature.
Per acciai inossidabili s’intendono, in generale, quelle leghe ferro-cromo e
ferro-cromo-nichel con contenuti di cromo dal 12 al 30% e di nichel dallo 0%
al 35%. La loro principale caratteristica è l’elevata resistenza alla
corrosione, dovuta alla capacità di tali acciai di passivarsi, cioè di creare
una pellicola, sottile e aderente, di ossidi che proteggono il pezzo da
ulteriori corrosioni. Tale comportamento è dovuto alla presenza del cromo
che forma una pellicola di Cr2O3.
In base alla loro struttura, gli acciai inossidabili possono essere
divisi in:
•
Acciai inossidabili a struttura ferritica
•
Acciai inossidabili a struttura martensitica
•
Acciai inossidabili a struttura austenitica
Solo la terza categoria di acciai inossidabili trova largo uso in
campo dentale; i primi due gruppi di acciai inossidabili trovano
soprattutto applicazione nella realizzazione di strumenti e parti di
apparecchiature. Di particolare interesse sono gli acciai
inossidabili a struttura austenitica nella realizzazione di ganci per
apparecchi ortodontici.
•Acciai inossidabili austenitici
Sono definiti acciai inossidabili austenitici, quelle leghe ferro-cromo-nichel con
contenuti di cromo dal 12 al 30% e di nichel dal 6 al 35% con struttura
completamente austenitica. La costante presenza del nichel, che aumenta il
campo di esistenza del ferro y (911- 1392°C), determinando un
abbassamento dei punti critici, permette di portare l’austenite stabile a
temperatura ordinaria anche con raffreddamenti lenti. La struttura austenitica
è ottenuta industrialmente con un brusco raffreddamento dell’acciaio portato
precedentemente alla temperatura di 1000°C e nello stazionamento a tale
temperatura per il tempo necessario per assicurare in tutte le parti la struttura
austenitica. Il brusco raffreddamento ha lo scopo di evitare la segregazione
dei carburi di cromo lungo i bordi dei grani. Ciò determinerebbe una
diminuzione di cromo nel grano, dovuta alla diffusione degli atomi di questo
elemento verso il bordo. Se in tali zone la concentrazione di cromo scende
sotto il 12%, la lega sarebbe soggetta, in ambienti opportuni, a corrosione
intergranulare. Il 12% è quindi la percentuale minima che assicura la
passivazione del cromo.
La precipitazione dei carburi di cromo produce una diminuzione della tenacità e
della plasticità della lega. Un acciaio che presenta alti tenori di carburi di
cromo lungo i bordi dei grani è detto sensibilizzato.
Allo scopo di attenuare il pericolo di formazione di carburi di cromo, e quindi
della corrosione intergranulare, si può procedere in due modi:
Riduzione del tenore di carbonio (< 0,03%);
Introduzione in lega di elementi come titanio e niobio, che presentando
maggior affinità chimica col carbonio rispetto al cromo, formano i rispettivi
carburi che, distribuendosi uniformemente nella matrice, lasciano inalterata la
percentuale di cromo.
 Gli acciai inossidabili austenitici al titanio o al niobio sono detti acciai
stabilizzati.
Resina per ortodonzia



Strutture dei polimeri
Gli alto polimeri possono presentare principalmente tre
strutture:
Struttura lineare. I monomeri sono legati tra loro come le
maglie di una catena, quindi ogni unità monometrica è
legata a una che la precede e a una che la segue. La
disposizione finale di un polimero a struttura lineare è
paragonabile ad una matassa disordinata di lunghi fili.
Sono un esempio di polimero a struttura lineare il
polietilene (PET) e il cloruro di polivinile (PVC). I polimeri
a struttura lineare sono facilmente foggiabili sotto
l’azione del calore e della pressione e presentano buona
solubilità nei soventi di analoga struttura chimica.


Struttura ramificata.
Sono strutture lineari sulla cui catena macromolecolare sono
aggiunte catene laterali di lunghezza variabile. Il comportamento di
un polimero ramificato dipende dalla lunghezza della catena e dal
“grado di ramificazione”: quanto più elevato è l’intreccio, tanto più
risulterà compatta la struttura e minori solubilità, lavorabilità e
sensibilità all’azione del calore.


Struttura reticolata.
Le varie macromolecole sono unite fra di loro da legami trasversali. Il
movimento delle singole molecole risulterà limitato. Quanto maggiore è il
numero di legami trasversali, ovvero quanto più elevato è il “grado di
reticolazione”, tanto maggiori risultano densità, durezza e rigidità della
struttura e minori la lavorabilità, la solubilità e la sensibilità al calore. Un
esempio di resine a struttura reticolata è la resina fenolo-formaldeide, più
nota come bakelite. La formazione di ponti trasversali può essere un
processo maturale o artificiale. La vulcanizzazione della gomma è un
processo di reticolazione indotto volutamente. Il deterioramento della
gomma esposta all’atmosfera per lungo tempo è un processo di
reticolazione spontaneo.
Polimerizzazione



La polimerizzazione, cioè il processo tramite cui si formano le
macromolecole, può essere di due tipi:
Polimerizzazione per addizione (o poliaddizione).
Polimerizzazione per condensazione
(o policondensazione).

Nel processo di poliaddizione, le catene macromolecolari si
accrescono per continua addizione di sempre nuove unità
monometriche alle loro estremità, senza eliminazione di altre
sostanze. Un esempio ci è fornito dal polietilene che si forma dal
monomero etilene in opportune condizioni di temperatura e
pressione con un’adatta sostanza iniziatrice. I polimeri che si
formano per poliaddizione presentano sempre la stessa formula
base e peso molecolare multiplo del composto di partenza. Nella
polimerizzazione per addizione, l’attivazione iniziale delle molecole
di monomero è ottenuta grazie alla presenza di opportune
sostanze. A seconda della sostanza iniziatrice, i processi di
poliaddizione si possono dividere in:


Polimerizzazione radicalica. Estesamente impiegata in campo dentale
sfrutta radicali liberi (particelle che hanno un elettrone spaiato nell’orbitale
esterno). Tali radicali, rappresentati in genere da perossidi, possono essere
attivati per via termica, cioè per azione del calore, per assorbimento di
radiazioni (fotochimica, radiochimica) o per la presenza di iniziatori capaci
di fornire radicali liberi. I perossidi si attivano a determinate temperature,
ma possono essere attivati a temperatura ambiente con opportuni attivatori
che, in campo dentale, sono rappresentati in genere dalle ammine.
Polimerizzazione ionica. Sono processi di poliaddizione in cui adatte
sostanze, reagendo con il monomero lo attivano generando composti di
carattere ionico in grado di addizionare altri monomeri. Il processo si divide
in anionico e cationico.

Nel processo di policondensazione, l’unione delle unità monometriche è
accompagnata dalla formazione e dall’eliminazione di piccole altre
molecole (in genere H2O, HCl, NH3…). Perché si verifichi la
policondensazione occorre che ogni molecola possegga almeno due gruppi
funzionali capaci di reagire con altre molecole. Presentano tale forma di
polimerizzazione le gomme da impronta al polisolfuro, le resine epossidiche.
La reazione è in genere lenta e s’interrompe prima che le molecole abbiano
raggiunto notevoli dimensioni.
Stato amorfo e stato cristallino


I polimeri con catene trasversali si presentano in genere allo
stato amorfo (disordinato). In quelli a struttura lineare le catene
macromolecolari possono non essere contorte, in uno stato,
cioè, di completo disordine, ma essere per certi tratti ordinati,
disposti le une parallele alle altre.
Nei polimeri non si ha un ordinamento totale delle catene e
quindi degli atomi, ma si hanno zone amorfe e zone cristalline,
dette cristallini, fra loro alternate. La possibilità di ottenere
cristallini dipende dalla struttura del polimero, dalle modalità di
raffreddamento e da eventuali “trattamenti termici”.




Il “grado di cristallinità”, ovvero la percentuale in peso di
materiale che si trova allo stato cristallino, ha notevole
influenza su alcune proprietà del polimero. In un polimero a
struttura lineare, all’aumentare del grado di cristallinità, si ha
in genere un certo aumento della fragilità, rigidità, durezza e
resistenza al calore; mentre, all’aumentare delle zone amorfe,
si ottiene un prodotto più flessibile e solubile, capace di
assorbire energia meccanica, sottoforma di deformazioni
plastiche. Le proprietà dei polimeri dipendono quindi:
Dalla natura del monomero di partenza;
Dal grado di polimerizzazione;
Dalla struttura del polimero.
Resine acriliche autopolimerizzabili
a base di polimetilmetacrilato




Le resine utilizzate in campo dentale per la realizzazione di
basi per apparecchi mobili sono resine sintetiche. Più
precisamente, si tratta di resine acriliche autopolimerizzabili a
base di polimetilmetacrilato.
Dette anche resine “a freddo”, le resine acriliche
autopolimerizzabili vengono fornite sotto forma di polvere e
liquido.
Il liquido è costituito da metilmetacrilato, un composto organico
che si presenta, a temperatura ambiente, incolore, trasparente,
dall’odore penetrante e solubile in parecchi solventi organici.
Presenta una temperatura di ebollizione di circa 100°C e una
densità (a 25°C) di 0,939 – 0,950 g/cm3.
Oltre al monomero, il liquido contiene anche:
 Un inibitore, in genere rappresentato dall’idrochinone, che ha
la funzione di evitare la polimerizzazione accidentale del
monomero durante la conservazione, a causa della luce
ultravioletta o per azione del calore. Per tale motivo, il liquido
viene fornito in boccette di vetro marrone scuro che, filtrando la
luce, schermano quella ultravioletta. Di norma, inoltre, il
monomero va conservato in frigorifero a circa 10°C;
 delle sostanze reticolanti, ovvero atte a generare legami
trasversali fra le varie catene. La sostanza reticolante utilizzata
principalmente in campo dentale è il glicoldimetilmetacrilato. Il
polimero finale, grazie ai legami trasversali, presenterà maggior
durezza e minor tendenza all’assorbimento dei liquidi. Il
metilmetacrilato, reagendo con il glicoldimetilmetacrilato,
tramite una reazione di copolimerizzazione (in quanto sono due
monomeri diversi), da origine ad una resina termoindurente;
• Sostanze plastificanti (dibutilftalato), con concentrazione ben regolata per
•

non abbassare eccessivamente le proprietà meccaniche e la temperature di
transizione vetrosa;
Un’attivatore chimico che ha il compito di attivare, a temperatura ambiente,
il perossido presente nella polvere. In campo dentale, come attivatori, sono
in genere utilizzate le ammine terziarie come le dimetil-paratoluidina.
La polvere è costituita da polimetilmetacrilato (PMMA), ridotto in granuli, un
polimero di poliaddizione a struttura lineare. Si presenta amorfo, incolore e
trasparente, con una buona resistenza a molti reagenti in soluzione
acquosa ed elevata resistenza agli agenti atmosferici. Il polimetilmetacrilato
non resiste bene alle alte temperature e, a circa 300°C, subisce una
“depolimerizzazione”, ridando il monomero di partenza; a 450°C circa 90%
della sostanza si trasforma in monomero gassoso.

Oltre al polimero, la polvere contiene:
• Un iniziatore, rappresentato in genere da perossido di benzoile,
la cui funzione è quella di produrre radicali liberi e attivare
quindi, dopo la miscelazione, la polimerizzazione del
metacrilato;
• Degli opacizzanti (ossido di zinco, ossido di titanio,…) allo
scopo di conferire adeguata opacità alla massa;
• Dei pigmenti inorganici (solfuro di mercurio, ossido ferrino,…)
per impartire una colorazione simile a quella dei tessuti orali;
• Delle fibre (di nylon, acriliche,…) di colore rosso, per simulare i
vasi sanguigni presenti nelle mucose orali.
Manipolazione e proprietà
Dopo la miscelazione e la zappatura, questo tipo di resine no
richiedono cicli termici, in quanto la loro polimerizzazione
avviene a temperatura ambiente e sotto pressione per 120 –
150 minuti.
Per accelerare i tempi di realizzazione e per ottenere un
prodotto privo di porosità, il manufatto in resina viene fatto
polimerizzare in un recipiente a pressione d’aria, contenete
acqua alla temperatura di 40 -50°C, per 10 – 30 minuti alla
pressione di 2 bar.
Le resine acriliche autopolimerizzabili presentano un tempo più
breve di lavorazione allo stato plastico, bisogna perciò porre
attenzione ai tempi di manipolazione.

La polimerizzazione a temperatura ambiente presenta dei vantaggi, tra cui:
• Assenza di porosità da ebollizione di monomero;
• Contrazione di polimerizzazione minore rispetto alle resine acriliche a caldo;
• Minori tensioni interne.
Presentano inoltre un’espansione dovuta all’assorbimento di acqua, di poco
superiore a quella delle resine polimerizzabili a caldo, mentre la solubilità in
acqua è notevolmente superiore. La presenza dell’ammina terziaria
comporta, nel tempo, un’alterazione del colore più marcata. La durezza e la
resistenza delle resine polimerizzabili a freddo, che risulta inizialmente
minore, diventa pressoché uguale a quelle delle resine polimerizzabili a
caldo dopo quindici giorni circa, in quanto, alla temperatura orale, la
polimerizzazione continua.
OCCLUSIONE E POSTURA
Correlazioni tra problemi gnatologici e postura
Quando si parla di postura, s'intende la corretta successione articolare
scheletrica indipendentemente dalla posizione del corpo nello spazio.
Fisiologicamente, non dovrebbe esserci connessione tra atm e postura, se
però la dentatura è posizionata patologicamente, questa connessione avrà
luogo. Gli eventi più comunemente riscontrabili sono:

Differenza di lunghezza tra i denti (pre-contatto).
Se in una bocca ci sono dei pre-contatti, durante il movimento di chiusura, i
muscoli masticatori agiranno asimmetricamente e con intensità superiore a
quella richiesta fisiologicamente. L'attivazione muscolare asimmetrica ed in
eccesso d'intensità, determinerà il coinvolgimento degli altri distretti, a partire
dai muscoli del collo. Questo vuol dire che altre articolazioni subiranno le
conseguenze delle forze traenti, le vertebre cervicali perderanno la loro
posizione simmetrica, si potrà elevare una spalla e, se il processo durerà nel
tempo, produrrà una serie di complesse alterazioni scheletriche della postura
corporea.

Eccessivo spazio libero tra i denti.
In condizione di riposo i denti non dovrebbero essere a contatto ma
presentare uno "spazio libero" di circa 2mm. Questa è la condizione ritenuta di
riposo e fisiologica. Nel caso in cui lo spazio libero sia eccessivo, per
mantenere uno spazio libero corretto, i muscoli dovranno essere
perennemente in tensione. Per ovviare a questo sforzo continuo, il sistema
muscolare, e soprattutto i muscoli posti al davanti della colonna cervicale,
sposteranno il corpo in avanti. portare il capo in avanti, significa però spostare
il baricentro corporeo. Per evitare la perdita di equilibrio, i muscoli sottostanti
dovranno attivarsi modificando la sinusoide vertebrale, accentuando o
diminuendo le lordosi fisiologiche. Anche in questo caso si avrà come
conseguenza un'alterazione posturale.

Diminuzione o assenza dello spazio libero.
E' la situazione opposta a quella vista precedentemente. In questo caso si
attiveranno i muscoli posti posteriormente alla colonna cervicale in modo da
arretrare il capo. In questo modo le arcate si distanziano, scaricando lo sforzo
sui muscoli ioidei. Anche qui, il baricentro si sposterà, stavolta posteriormente;
i muscoli dei distretti sottostanti, si attiveranno anche in questo caso per
mantenere l'equilibrio agendo sull'intera colonna vertebrale e alterando la
verticalità dei segmenti corporei. La conseguenza sarà un'alterazione
posturale.
Tutti gli squilibri posturali visti possono a loro volta generare l'insorgenza di
patologie ortopediche (scoliosi, lombalgie, cervicalgie, ecc) che potremmo
definire secondarie ad un primario coinvolgimento patologico dell'apparato
buccale.

Connessione tra postura e atm.
I meccanismi visti finora possono anche agire al contrario, potrebbe cioè
verificarsi il caso in cui uno squilibrio muscolare proveniente da altri distretti
corporei determini per i meccanismi di interconnessione muscolare problemi
all’atm.
Squilibri ortopedici più comuni
SCOLIOSI
È un incurvamento laterale della colonna vertebrale. Viene definita destroo sinistro-convessa a seconda del lato verso cui è rivolta la convessità della
curva principale. Le scoliosi vengono suddivise in funzionali ed organiche.
Le forme funzionali sono transitorie e possono essere curate intervenendo
sulla causa. Sono evidenti quando il soggetto è in posizione eretta. Le forme
organiche, permanenti, possono avere una causa ignota (forma idiopatica),
o essere conseguenti a malformazioni congenite (vertebre a cuneo), a
traumi (frattura di uno o più corpi vertebrali), a forme neoplastiche (cioè alla
formazione di focolai cancerosi), a paralisi della muscolatura (poliomielite).
La principale tra le forme organiche è quella idiopatica.
LOMBALGIA
Detta anche "lombaggine", è un dolore, acuto o cronico della zona bassa
(cioè lombare) della schiena, accompagnato da rigidità, difficoltà di
movimenti e contrattura dei muscoli. Si presenta come un dolore improvviso
e lancinante quando il soggetto si china e impedisce il ritorno alla posizione
eretta. Può interessa muscoli, tendini e dischi intervertebrali della regione
lombare. Può essere dovuta a sollevamento di pesi, flessioni o esposizione
improvvisa a calore, freddo o umidità.
CEFALEA
È il termine generico con il quale si indica il dolore localizzato in una parte
qualsiasi della testa. Sebbene sia un sintomo comune, l'occasionale
comparsa di cefalee, solo in una minima percentuale è indice di patologie
più gravi, quali: commozione cerebrale, meningite, encefalite, tumore. Altre
cause di cefalee possono essere disfunzioni del sistema neurovegetativo,
tensione emotiva, un non corretto allineamento dei denti e delle arcate.
LORDOSI
Un modesto grado di lordosi è fisiologico nel tratto lombare della colonna
vertebrale. La condizione patologica provoca un'esagerata incurvatura del
dorso: le natiche sono prominenti, le spalle spinte verso l'indietro, la regione
dorsale e quella lombare formano una curva pronunciata. La lordosi, di rado
primitiva, può essere dovuta a paralisi dei muscoli sacrolombari, ma più
spesso è un tentativo di compenso a una cifosi dorsale; può anche
accompagnarsi ad affezioni croniche dell’anca.
CIFOSI
Utilizzato in medicina al posto di "ipercifosi", questo termine indica una
condizione patologica di eccessiva curvatura della colonna vertebrale.
Questa curvatura però, se non eccessivamente accentuata, è normalmente
presente nella colonna vertebrale.
Orthodontic appliances.
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Orthodontic appliances are mechanical structures ,in different
shapes, studied to operate on the two maxillary bony
structures(orthopaedic appliance) and/or dental units.
These appliances can be classified according to the developed
stresses and according to their structure.
In the first case they are divided in active (mechanical or
functional) and passive.
The active mechanical appliances, fixed or removable, operate
through external forces which interact with the natural forces to
stimulate the planned action.
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The functional ones instead, operate modifying the direction of
natural muscular stresses.
Passive appliances, also called containment, are used as a
consequence of a dental drawing or of an orthodontic
treatment, as they do not develop stresses but only keep the
pre-existing situation.
Appliances belonging to the second group are divided into
fixed, which are cemented on the teeth and can be removed
only by the dentist, removable, which can be removed also by
the patient, and mixed which are formed both by cemented and
removable parts.
Angle’s classification of malocclusion.

Angle’s classification takes as a reference the relationship
between upper and lower first molars or, if they are missing,
between upper and lower canines, so that the former are
defined as “key to malocclusion”. According to it, malocclusion
can be divided into the following three classes.

Class
I:

Class
II:
normocclusion,i.e mesio-distal first molar
relationship normal.
postnormal occlusion (inferior retrusion): this
class presents two divisions.
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
Division 1: lower first molar distal to upper first molar,
causing a pronounced overjet of the upper
central teeth.
Division 2: lower first molar distal to upper first molar, but
the upper central teeth are inclined inwards
causing a deep overbite.
Class III: prenormal occlusion (inferior protrusion), i.e
lower first molar mesial to upper first molar.
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