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Percorso per esame di stato
Percorso iniziale per l’esame di stato 2001/02 A cura di Costanzo Salvatore Liceo Scientifico “Ettore Majorana” Scordia Classe VB La crisi delle certezze… Prefazione Il mio percorso prende spunto dal tema predominante della filosofia di Nietzche. Quella di Nietzsche è una filosofia della crisi ed è espressione di una critica radicale della civiltà occidentale. Il suo obiettivo fu quello di eliminare quelle certezze che fino ad ora avevano illuso l’uomo e che dopo la scoperta delle grandi “menzogne millenarie” è costretto a rifugiarsi nell’angoscia delle paure della vita terrena. Mettere in dubbio ciò che è stata la base della sopravvivenza dell’uomo fin dalla sua comparsa sulla terra,ha provocato inevitabilmente una svolta nella storia e ha influenzato,anche se indirettamente,gran parte delle discipline del fine 800’ e inizio 900’. Così ho voluto evidenziare un’altra crisi che contraddistingueva una notevole corrente letteraria e artistica :Il decadentismo.Iniziando da Pascoli la cui letteratura rappresenta la crisi dell’ Io,la paura del mondo e l’angoscioso rifugio nel nido;ho analizzato le caratteristiche del decadentismo inglese con Joyce,senza dimenticare la figura di Wilde, mentre in storia dell’arte ho attenzionato la splendisa pittura di Gauguin. Qualsiasi tipo di crisi è destinata ha cambiare il mondo e così è stato nella prima grande guerra che l’intero pianeta ha dovuto affrontare nel 1915-1918. Un evento che ha radicalmente trasformato il modo di vivere dei popoli e che ha rappresentato una catastrofe per l’interà umanità. Non molto differente delle catastrofi naturali che rappresentano il muro verso cui ogni certezza cessa di esistere. E nella maggior parte dei casi è il terremoto ha sradicare al suolo le certezze e le speranze che un uomo acquista nell’arco della sua vita schema La filosofia di concettuale Nietzche Geografia Astronomica La paura dell’uomo Di fronte ai terremoti Storia: La Grande Guerra Crisi delle certezze E la cultura del Decadentismo Storia dell’Arte La pittura di Gauguin Letteratura Inglese: Letteratura Latina: James Joyce La letteratura della crisi Il Decadentismo: Pascoli Apuleio La crisi delle certezze della filosofia di Nietzche Quella di Nietzsche è una filosofia della crisi ed è espressione di una critica radicale della civiltà occidentale. Tre sono le fasi del pensiero nietzschiano: a)l'influenza di Schopenhauer b)la critica nella metafisica e della morale; la trasvalutazione di tutti i valori; l'affermazione della volontà di potenza; c)il nichilismo. Critica Della Morale La morte di Dio Il nichilismo L’eterno Ritorno Apollineo E Dionisiaco Menu principale Il superuomo E la volontà di potenza “Sono il primo uomo decente dopo la falsità che dura da millenni” La vita e le opere Nietzsche studiò filologia classica a Bonn e a Lipsia, dove lesse per la prima volta “Il mondo come volontà e rappresentazione” di Schopenhauer, e quando nel 1869 ottenne la cattedra dell'Università svizzera di Basilea diventò amico di Wagner, divenendo così un suo grande ammiratore. Le sue matrici culturali, le sue influenze sono caratterizzate dalla “Vita di Gesù” di Strauss, da Schopenhauer e Wagner, e dall'ambiente familiare oppressivo. Nel 1878 la pubblicazione di “Umano, troppo umano” segna il distacco del filosofo da Wagner e Schopenhauer, in quanto il musicista si era orientato verso il cristianesimo, definito dal filosofo religione della debolezza, religiosità tenera e bigotta. Intanto la sua salute si andava indebolendo. Tra il 1883 e il 1884 compose il poema “Così parlò Zarathustra”, pubblicato nel 1891, quando già il filosofo era pazzo. La pazzia lo accompagnò fino alla morte, nel 1900. Per opera della sorella Elisabeth, che manipolò i suoi testi, si è data degli scritti di Nietzsche un'interpretazione nazista, revisionata solo nel secondo dopoguerra. La filosofia di Nietzsche è un'incessante distruzione dei miti e delle credenze che gli uomini hanno costruito per sopravvivere al caos della vita. Per questo mette esplicitamente in discussione la civiltà occidentale. Il linguaggio della sua filosofia è la poetica del frammento, per cui il suo discorso è fatto di frasi o aforismi, di difficile comprensione. Apollineo e Dionisiaco L'influenza di Schopenhauer nella filosofia di Nietzsche non termina nella prima fase della sua vita, infatti, anche secondo lui la vita è dolore, lotta, distruzione, crudeltà, incertezza, errore. Di fronte alla vita ci sono due atteggiamenti: rinuncia e fuga (l'ascetismo), ed accettazione della vita (superamento dell'uomo). Il primo è l'atteggiamento di Schopenhauer e della morale cristiana, il secondo è quello di Nietzsche. Il simbolo di questa accettazione della vita è Dioniso. Ne “La nascita della tragedia” Nietzsche distingue tra il dionisiaco e l'apollineo. Queste due realtà caratterizzarono la civiltà greca: lo spirito apollineo rappresenta la razionalità, e scaturisce dall'atteggiamento di fuga e si esprime nell'arte plastica; lo spirito dionisiaco rappresenta l'accettazione integrale della vita – e non rassegnazione - e si esprime nell'esaltazione della musica. Lo spirito apollineo può essere paragonato al Velo di Maya di Schopenhauer poiché rappresenta l'uomo che si è creato delle false certezze, mentre il dionisiaco è paragonabile alla Volontà di Vivere, poiché nasce dalla perdita di quelle false certezze. In un primo tempo i due spiriti erano divisi ed opposti, mentre nell'età della tragedia attica, apollineo e dionisiaco si sintetizzarono tra di loro: infatti, la tragedia è la sintesi (ma non in senso dialettico) dei due spiriti. Quando la razionalità prevale si ha la morte della tragedia. CRITICA DELLA MORALE Nietzsche ritiene che la morale sia una proiezione di determinate tendenze umane: la moralità è «l'istinto del gregge nel singolo», cioè la presenza delle autorità sociali da cui siamo stati educati. Mentre nel mondo antico, la morale era costituita dai valori cavallereschi, quelli vitali della forza, della fierezza, della gioia, con l'avvento del cristianesimo, la morale appare basata sui valori anti-vitali del disinteresse, dell'abnegazione, del sacrificio di sé («la morale degli schiavi»), poiché, secondo Nietzsche, i sacerdoti provavano un certo risentimento, una sorta di invidia verso i cavalieri, e quindi elaborarono una tavola di valori antitetica alla loro: al corpo è opposto lo spirito, all'orgoglio l'umiltà, alla sessualità la castità, ... Questo rovesciamento dei valori è rappresentato dagli ebrei, il popolo sacerdotale per eccellenza. L'uomo cristiano, al di là della maschera di serenità, è, secondo Nietzsche, psichicamente un auto-tormentato che nasconde in sé un'aggressività rabbiosa contro la vita ed uno spirito di vendetta contro il prossimo. Di conseguenza, egli invita gli uomini a non credere in realtà sovrannaturali; quindi, quando Nietzsche si proclama immoralista, non intende abolire ogni criterio, ma proporre una trasvalutazione dei valori, una nuova tavola, basata sul carattere mondano dell'uomo. LA «MORTE DI DIO» La critica alla morale tradizionale e cristiana prosegue nel tema della «morte di Dio». Per Nietzsche, Dio è il simbolo di ogni prospettiva ultraterrena, e la personificazione di tutte le certezze dell'uomo, cioè tutte le credenze metafisiche e religiose elaborate attraverso i millenni. Infatti, secondo Nietzsche, Dio ha sempre rappresentato una fuga dalla vita, e come «la nostra più lunga menzogna», in quanto, egli ritiene che gli uomini, per sopravvivere di fronte ad un mondo crudele, caotico, disarmonico, e non-provvidenziale, si siano convinti dell'esistenza di un ordine razionale e provvidenziale. Quindi, l'affermazione «morte di Dio» simboleggia la fine di ogni certezza, la negazione di ogni realtà metafisica, non esiste più un punto di riferimento. Nietzsche, ne “La gaia scienza”, mette in scena la «morte di Dio», tramite il racconto dell'uomo folle, che fra le risa degli altri uomini va gridando “Dio è morto! Dio resta morto! E noi l'abbiamo ucciso!”, ma alla fine se ne va sconsolato, dicendo “Vengo troppo presto, non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini”. L'uomo folle simboleggia il filosofo, ed il fatto che egli venga troppo presto rappresenta la consapevolezza che la morte di Dio non è ancora percepita da tutti, ma ben presto, secondo Nietzsche, lo sarà. La morte di Dio segna, per il filosofo, la nascita del superuomo. IL NICHILISMO Nietzsche intende per nichilismo sia ogni atteggiamento di fuga e di disgusto verso il mondo (incarnato nel cristianesimo), sia la situazione dell'uomo che avverte la paura del «vuoto» e del «nulla», non credendo più in alcun senso o scopo metafisico delle cose. Il nichilismo è la mancanza di un fine e la percezione di tutto come un niente, e si origina quando l'uomo, dopo essersi immaginato fini e realtà trascendenti, è piombato nell'angoscia nichilistica. Nietzsche porta l'esempio dell'individuo post-cristiano, che dopo aver smesso di credere nell'aldilà, avverte un forte senso di vuoto; tanto più l'uomo si è illuso, tanto più rimarrà deluso. Il nichilismo è per Nietzsche uno stadio intermedio, un rifiuto della vita che prepara l'accettazione di essa. Egli distingue tra un nichilismo attivo ed uno passivo. Il nichilismo passivo è la critica di tutti i valori e segno di debolezza, mentre quello attivo è la premessa per il superamento del nichilismo stesso L'ETERNO RITORNO La teoria dell'eterno ritorno è «il più abissale dei pensieri» di Nietzsche, è lo spartiacque tra l'uomo e il superuomo, perché il terrore e il senso di peso che si prova di fronte alla prospettiva di un eterno ripetersi è proprio dell'uomo, mentre la gioia entusiastica, come totale accettazione della vita, è propria del superuomo. Nietzsche riprende la concezione pre-cristiana del tempo, considerato come una realtà ciclica e non più rettilinea. Ci sono principalmente tre interpretazioni sull'eterno ritorno: -una certezza cosmologica; -un'ipotesi sull'essere che funge da imperativo categorico ad amare la vita, poiché tutto ritorna; -un modo di essere dell'essere. Quindi, il tipo d'uomo capace di vivere come se tutto dovesse ritornare non può essere l'uomo comune, ma un oltre-uomo in grado di vivere la vita come un gioco. IL SUPERUOMO E LA VOLONTÀ DI POTENZA Il superuomo è, secondo Nietzsche, colui che è in grado di accettare la vita, di rifiutare la morale tradizionale e di operare una trasvalutazione dei valori, di sopportare la morte di Dio, di superare il nichilismo, di collocarsi nella prospettiva dell'eterno ritorno e di porsi come volontà di potenza. Questa si identifica con il modo di essere del superuomo, che impone alla vita i propri significati IL DECADENTISMO Il termine Decadentismo è difficile da definire… però, possiamo definire con un significato più ampio tutte quelle tendenze letterarie che sono solo un aspetto di tutta quella letteratura che viene definita "Letteratura della Crisi". La parola Decadentismo deriva da décadent, termine usato in Francia con significato dispregiativo nella seconda metà dell'800, contro i "poeti maledetti", che con la novità della loro arte e la loro vita irregolare e disordinata, apparivano alla gente comune dei "decadenti", cioè corrotti e dissoluti. Ma loro non si offesero e usarono questo appellativo come vessillo di battaglia nella loro rivista "Le Décadent" uscita nel 1886. Oggi il termine Decadentismo non ha alcun significato dispregiativo: infatti la parola serve ad indicare sul piano storico-culturale la civiltà sorta dalla crisi del Positivismo. In Italia la parola ha finito per indicare tutta la letteratura del '900. Decadentismo in Italia Il Decadentismo penetra e si sviluppa in Italia molto lentamente, con il ritardo di circa un quarantennio rispetto alle più significative manifestazioni del Decadentismo europeo. Affiora confusamente nelle prime esperienze innovatrici degli Scapigliati, fra il 1860 e i11880; lo troviamo più o meno mescolato ad elementi culturali tradizionali nelle opere di Pascoli e D' Annunzio; si avverte più chiaramente in Pirandello, nei crepuscolari, nei futuristi e, in modo più deciso, nei poeti ermetici fioriti tra le due guerre mondiali. Inoltre esso assume aspetti diversi in rapporto alla personalità di ciascun artista. Nel Pascoli, assume l'aspetto simbolistico e vittimistico; in D'Annunzio l'aspetto estetizzante, superomistico e sensualistico; in Pirandello l'aspetto dialettico, polemico, demolitore delle ipocrisie e dei luoghi comuni; in Italo Svevo l' aspetto apatico e rinunciatario; nei poeti crepuscolari l'aspetto smarrito ed estenuato; nei poeti futuristi l'aspetto vitalistico ed attivistico; nei poeti ermetici l'aspetto simbolistico; negli scrittori neorealisti del secondo dopoguerra, infine, riscontriamo la contaminazione di elementi decadenti con elementi realistici. La lentezza con cui il Decadentismo fu fatto conoscere e diffondere in Italia -per merito de « La Voce », una rivista fiorentina dei primi anni del '900- è dovuta: 1) anzitutto alla tenacia della tradizione culturale italiana da poco rinverdita dal Carducci; 2) all'opposizione implacabile condotta dal Croce contro il Decadentismo, considerato come la fabbrica del vuoto ed espressione di quell'irrazionalità, istupidimento, bestialità e disumanità « che travagliano il mondo intero e che ha celebrato la sua orgia sanguinosa nell'ultima guerra »; 3) al senso di misura e di equilibrio dello spirito nazionale. « L'Italia -scrisse Eugenio Montale- è senza dubbio il paese nel quale hanno fatto minor guasto il culto dell'irrazionalità, l'esasperazione dell'io, le teorie dell'arte intesa come pura magia, in una parola tutto quanto si designa con l'abusato termine di Decadentismo. Ciò che è entrato di questa teoria in casa nostra, ha mutato volto, si è temperato, si è fatto più vero ». Elementi del La poetica Decadentismo Il senso del mistero Il rifiuto del positivismo Il mito del fanciullino Il linguaggio Rivoluzione del lessico Il Nido e l’infanzia Le opere “Myricae” Ricerca di musicalità Rifiuto Della retorica La vita 1855-1912 “Primi e nuovi Poemetti” “Canti di Castelvecchio” “Poemi conviviali” LA VITA Nasce a S.Mauro di Romagna nel 1955. Nel ’62 entra nel collegio dei padri Scolopi a Urbino, dove rimane fino al ’71. E’ il quarto di otto fratelli e il padre è l’amministratore della tenuta “La Torre” dei principi Torlonia. Nel ’67 accade l’episodio che segna indelebilmente la sensibilità del piccolo Pascoli: viene assassinato il padre da ignoti, mentre ritorna a casa . Non si seppe mai chi fu l’assassino, ma il Pascoli crede di individuarlo nell’amministratore che successe a suo padre nell’amministrazione della tenuta dei Torlonia e nella sua poesia lo rappresenta come il “cuculo”, uccello che non si crea il suo nido, ma che occupa quello degli altri. L’anno seguente muore una sorella, poi, di seguito, la madre e due fratelli. La morte della madre viene considerata dal Pascoli la tragedia maggiore, perché viene meno il nucleo familiare, il “nido”. D’ora in poi il suo proposito sarà sempre di riformare il nido originario. Questa precoce esperienza di dolore e di morte sconvolge profondamente l’anima del Pascoli; rimane una ferita non chiusa, che si traduce in un senso sgomento del destino tragico e inesplicabile dell’uomo, e segna il crollo di un mondo d’innocenza e di infanzia serena a cui sempre il poeta aspirerà con immutata nostalgia. Nel ’73 il Pascoli vince una borsa di studio all’università di Bologna, dove si iscrive alla facoltà di lettere. Il periodo bolognese lo mette in contatto con il movimento anarchico e si avvicina così agli ideali socialisti. Aderisce all’ Internazionale e inizia a frequentare Andrea Costa, capo dell’anarchismo romagnolo. Nel ’79, in seguito a dimostrazioni connesse all’ attentato dell’anarchico Passannante contro il re Umberto I, subisce alcuni mesi di carcere preventivo; quando vi esce riprende gli studi e da questo momento in poi non si occuperà più di politica, essendone rimasto evidentemente spaventato. Non è più un ribelle, ma un uomo che china il capo davanti all’oscuro destino. L’unico rimedio al male gli appare ora la pietà e l’amore fraterno fra gli uomini, solo conforto al mistero insondabile della vita. Nello stesso tempo, nasce in lui l’ideale di ricostruire il proprio focolare domestico, con le due sorelle superstiti, Ida e Maria, di ritrovare così nella quiete appartata e nell’intimità degli affetti la pace. Laureatosi nell’82, ottiene una cattedra presso il liceo di Matera, Massa e Livorno. Nel frattempo, per più anni, partecipa a concorsi di poesia latina ad Amsterdam, vincendoli. Lo troviamo presso varie università: a Bologna, dove inizialmente insegna latino e greco, a Messina ed infine, nel 1906, succede al Carducci nella cattedra di letteratura italiana all’università di Bologna, dove muore nel 1912. Viene sepolto a Castelvecchio, in una casa di campagna che dal ’95 era stata il suo rifugio più caro insieme alle sorelle. LA POETICA Il carattere dominante della poesia del Pascoli è costituito dall’evasione della realtà per rifugiarsi nel mondo dell’infanzia, un mondo rassicurante, dove l’individuo si sente isolato ma tranquillo rispetto ad una realtà che non capisce e quindi teme. Il Pascoli esprime questa sua poetica in uno scritto che intitola “Il fanciullino”. Egli afferma che in tutti noi c’è un fanciullo che durante l’infanzia fa sentire la sua voce, che si confonde con la nostra, mentre in età adulta la lotta per la vita impedisce di sentire la voce del fanciullo, per cui il momento veramente poetico è in definitiva quello dell’infanzia. Di fatti il fanciullo vede tutto per la prima volta, quindi con meraviglia; scopre la poesia che c’è nelle cose, queste stesse gli rivelano il loro sorriso, le loro lacrime, per cui il poeta non ha bisogno di creare nulla di nuovo, ma scopre quello che già c'è in natura. Il fanciullino è quello che parla alle bestie, agli alberi, alle nuvole e scopre le relazioni più ingegnose che vi sono tra le cose, ride e piange per ciò che sfugge ai nostri sensi, al nostro intelletto. La poesia si presenta quindi con un carattere non razionale, ma intuitivo e alogico. L’atteggiamento del fanciullo gli permette di penetrare nel mistero della realtà, mistero colto non attraverso la logica, ma attraverso l’intuizione ed espresso con linguaggio non razionale ma fondato sull’analogia e sul simbolo. La funzione del simbolo è proprio quella di far comprendere il senso riposto nella realtà, per mezzo di collegamenti apparentemente logici fra oggetti diversi, attraverso l’associazione di colori, profumi, suoni di cui si può percepire la misteriosa affinità, attraverso la scelta delle parole non per il loro significato concreto ed oggettivo, ma per le suggestioni che sono in grado di evocare. La poesia quindi può avere una grande utilità morale e sociale; il sentimento poetico che è in tutti gli uomini gli fa sentire fratelli nel comune dolore, pronti a deporre gli odi e le guerre, a corrersi incontro ed abbracciarsi. Da un lato egli concepisce la poesia come ispiratrice di amore umano, le assegna il compito di rendere gli uomini più buoni, ma il poeta non deve proporselo come fine, perché non è un oratore o un predicatore, ma ha unicamente il dono di pronunciare la parola nella quale tutti gli altri uomini si riconoscono. In definitiva il poeta è l’individuo abbastanza eccezionale che, pur essendo cresciuto, riesce ancora a dare voce al quel fanciullo che c’è in ogni uomo. La situazione tipica della poesia pascoliana è quella del poeta solitario, immerso nella campagna vasta e silenziosa ed inteso a descrivere le rivelazioni delle cose. Di fatti gli eventi tragici della vita del Pascoli ne condizionano la vita stessa ed anche la poesia, creando vari miti; tra questi vediamo il “nido”, che rappresenta la famiglia , che lo preserva dalla vita violenta e difficile da affrontare, solo nel nido può trovare tranquillità e serenità. Al di là del nido troviamo la “siepe”, che recinge uno spazio che dà autarchia. Con il mito della siepe il Pascoli rappresenta la situazione o il desiderio della piccola borghesia contadina che mira ad una vita indipendente dall’esterno e quindi autarchica. Oltre la siepe vi troviamo il “campo santo”: una strada dritta porta dal podere al campo santo, ove giacciono i morti, presenze costanti nella vita del Pascoli e che ritornano continuamente confondendosi con i vivi. A questi tre elementi di fondo il Pascoli circoscrive tutta quanta la sua esistenza. IL LINGUAGGIO Fu completamente nuovo, soprattutto per la letteratura italiana, in cui persiste ancora la tradizione classica. Qui la frase si spezza; il soggetto è spesso da solo, senza bisogno di un verbo che lo specifichi. Il tutto è affidato a parole che riproducono suoni (frequentissime sono le onomatopee) oppure a immagini che evocano sentimenti. Possiamo quindi definirlo un linguaggio completamente innovativo nella letteratura italiana, che nel Pascoli forse è più intuitivo che non una semplice imitazione del Decadentismo; è qualcosa di istintivo, che risponde perfettamente al suo modo di esprimersi e alla sua visione della vita. Possiamo definirlo inoltre un linguaggio pittorico: si affida molto al colore, come anche alla musicalità e unendo queste due componenti realizza spesso delle sinestesie (mescolando sensazioni che provengono da sensi diversi). Il Pascoli influisce fortemente sulla letteratura italiana proprio per la particolare innovazione del linguaggio. Mentre D’Annunzio influisce molto con la sua esperienza personale, quindi sul costume italiano, il Pascoli è un importante innovatore del linguaggio poetico. LE OPERE PRINCIPALI I libri migliori del Pascoli sono “Myricae” e i “Canti di Castelvecchio”. Myricae è la prima raccolta di poesie; il titolo spiega già in parte il contenuto: Myricae in latino significa tamerici, piante umili che crescono al livello del terreno e che nessuno considera. Sono il simbolo della poesia umile che il Pascoli intende comporre, una poesia fatta di piccole cose osservate con la meraviglia del fanciullo. La poesia del Pascoli è estremamente semplice e ridotta al solo soggetto, verbo e complemento, ma riesce comunque a creare un seguito di suggestioni visive e uditive. Tra le poesie raccolte in Myricae ricordiamo: Arano Orfano Dall’argine Novembre Patria Lavandare Temporale Il lampo X Agosto L’assiuolo A Castelvecchio di Barga , nella casa di campagna dove soggiornò frequentemente a partire dal ’95, il Pascoli scrisse queste nuove myricae, che egli chiamò “autunnali”, alludendo alla declinante stagione del suo vivere. Comuni alle due raccolte sono l’amore per la vita della campagna e per le cose umili; ma c’è, qui nei Canti, accanto alla rappresentazione realistica dell’ambiente contadino, una visione simbolistica più decisa e le cose umili divengono come un rifugio dall’ansia della morte, presenza continua nella vita del Pascoli. Tra le poesie raccolte nei Canti di Castelvecchio ricordiamo: •Il gelsomino notturno Il bolide Nebbia Nella nebbia L’elemento irrazionale in Apuleio La vita di colui che può a buon diritto essere considerato la personalità più notevole della letteratura latina del II secolo, Apuleio di Madauro, è a noi nota solamente per alcuni fatti illuminati dalla viva luce che vi proiettano le parole dell'autore stesso; al di fuori di essi ci sono pervenuti pochissimi dati. Un elemento fondamentale nella biografia di Apuleio è la magia: la fama di mago gli fu rinfacciata in un momento cruciale della sua vita e lo seguì anche dopo la morte, come attestano gli scrittori cristiani Lattanzio e Agostino. Appunto l'episodio dell'autodifesa dall'accusa di magia (nel 158-159) ci illumina e ci informa sulle vicende precedenti il processo. Apuleio nacque a Madauro (nell'odierna Algeria). Studiò a Cartagine e perfezionò poi la sua istruzione ad Atene. Viaggiò molto, e quasi sicuramente fu anche a Roma, di cui sembra conoscere alcuni luoghi; ci informa inoltre di essere stato a numerosi riti misterici. Presso la corte imperiale Apuleio si trova a suo agio: brillante oratore, si procura, per mezzo della sua eloquenza, rispettabilità fama e prestigio. All'inizio delle vicende che portarono al processo per magia, lo troviamo in viaggio per Alessandria, proveniente non si sa da dove; stanco del viaggio, si ferma ad Oea, dove ritrova Ponziano, che, più giovane di lui, era stato suo compagno di studi ad Atene e che lo persuade a trasferirsi in casa sua. Poco dopo Apuleio sposa Pudentilla, madre di Ponziano, vedova già da 14 anni e molto più anziana dello scrittore. Dopo la morte improvvisa di Ponziano, i parenti di Pudentilla intentarono contro Apuleio una causa per magia, accusandolo di averla sedotta con filtri e fomule magiche, per costringerla alle nozze al fine di carpirne le ricchezze. Il processo fu celebrato nel 158 o 159, tre anni dopo l'arrivo di Apuleio ad Oea, nella città di Sàbrata, dove il proconsole Claudio Massimo amministrava la giustizia. Gli avversari di Apuleio non riuscirono a provare le accuse, e l'imputato si difese brillantemente dispiegando la sua consumata abilità oratoria. Si presume che abbia scritto la sua opera principale, le Metamorfosi, dopo il De magia, e che sia morto dopo il 170 e prima del 190. Il De magia I Florĭda e le opere filosofiche Le Metamorfosi English JAMES JOYCE LIFE James Joyce was born in Dublin in 1882; he was educated at Jesuit schools, and he graduated in modern languages in 1902. His interest in European literatures led him to begin to think of himself as an European rather than Irishman. He spent some time in Paris, but his mother's fatal illness in 1903 brought him back to Dublin. In June 1904 he met and fell in love with Nora Barnacle. They had their first date on 16th June, which was to become the “Blooms day” of Ulysses. Thinking of Dublin as “mental paralyzed”, he proposed to Nora that they should leave Ireland. Therefore, they moved to Italy, settling in Trieste, where Joyce began teaching English and made friends with Italo Svevo. In 1914 he published Dubliners, a collection of 15 short stories about Dublin and Dublin's life. The following year, he moved to Zurich with his family, since his position as a British national in Austrian-occupied Trieste left him no alternative. Dubliners and A Portrait of the Artist as a Young Man had done little to alleviate his financial difficulties, in 1917 he received the first of several anonymous donations which enabled him to continue writing Ulysses. Joyce returned to Trieste after the war, but in 1920 he settled in Paris. In 1922, in Paris, he eventually published Ulysses in book form. Because it was censored for obscenity, he was published in England in 1936 only. Because of Hitler's advances in Europe, he was obliged to flee from France to neutral Switzerland, where he died in January 1941. DUBLIN He gave a realistic portrait of the life of ordinary people doing ordinary things and living ordinary lives. By portraying this ordinary Dubliners, he succeeded in representing the whole of man's mental, emotional and biological reality. JOYCE AND MODERNISM Joyce is considered the father of modernist fiction. Modernism is a cultural movement that spread at the beginning of XX century. Modernist artists wanted to break up with the past and to experiment with new forms and techniques. In England Modernism is mainly a literary movement, and it expresses in prose and novels. Modernist artists shifted interests of the author from social to individual, from objectivity to subjectivity, and the relativity of experience. Therefore they need new techniques, new instruments, that were influenced by the new theories of psychoanalysis, psychology, introduced by Sigmund Freud. The most important techniques used, especially in Ulysses, are Stream of consciousness and Interior monologue. Stream of consciousnessis based on new idea of time, first introduced by the French philosopher Henri Bergson, and on the idea of consciousness, first introduced by the philosopher William James. Time is an inner time, different by conventional (and objective) clock time, and is the time of the mind, where past, present and future may coexist. Consciousness is different by intelligence, memory, reason, mind, because it doesn't follow rational processes, but instinct and sub-conscious, so artists need a technique able to express something (consciousness) that continuously flows; now plot is not important, what really means is feelings, emotions, sensations, ... Stream of consciousness is characterized by the absence of punctuation, because thought is free, there are just associations of ideas, that doesn't depend on logical or chronological links. In modernist fiction all tradition of novels is refused. Nothing really happens, there are few characters that do nothing, just think; there's not a happy-end, but an open-end, so that the reader can image the possible end of the story La pittura di Gauguin Donne sulla spiaggia (1891) Il dipinto è una delle immagini più note e diffuse dell’arte di Gauguin: due ragazze, accoccolate in riva al mare nelle tipiche pose “primitive” delle tahitiane, chiuse in un pensoso silenzio. Spesso, in questo felice periodo del suo primo soggiorno tahitiano, Gauguin rappresentò coppie di giovani donne immerse in una muta e malinconica immobilità (Nafea faa ipoipo): lo stesso Due donne tahitiane sulla spiaggia venne replicato, con poche varianti, l’anno successivo in Parau api.Ma al di là del soggetto, il fascino tutto particolare di questo e di altri dipinti coevi quali Arearea o Vahine no te miti è nell’inedita stesura pittorica in cui, ridotto all’essenziale l’uso del chiaroscuro, le forme appiattite si accostano le une alle altre ignorando i piani prospettici e obbedendo a un superiore principio di armonia cromatica e compositiva. Come ha scritto il grande storico dell’arte Henri Focillon, «vivendo sempre nella luce, Gauguin non è ossessionato dal desiderio di rivaleggiare con essa e di catturarne l’illusione. Dispone i colori con calma, in larghe zone ben definite, come se fabbricasse vetrate o lavorasse a intarsio [Tahitiane sulla spiaggia]: le sue grandi figure, che sembrano ritagliate nel legno di una piroga, si commettono in un universo in cui tutto resta, dove niente passa, né la forma né il tono. Questa stabilità, questa assenza di equivoco danno al colore una straordinaria potenza poetica. Sotto la cera di cui talvolta è ricoperto, il colore resta intenso, ma possiede sempre le ragioni armoniche della vista e dello spirito». Se Van Gogh ha cercato la risposta ai suoi assillanti interrogativi esistenziali nel suicidio, Paul Gauguin (Parigi, 1848 -Isole Marchesi, 1903) lo ha fatto consegnandosi volontariamente ad una sorta di «morte civile». Agiato funzionario di borsa fino all'età di trentacinque anni, d'improvviso decide di gettarsi alle spalle lavoro e famiglia per correre un'avventura che lo porterà sempre più lontano nello spazio e nel tempo, sul filo di ricerca di una libertà espressiva che è anche - e innanzi tutto - ricerca delle proprie radici in un mitico «primordio» . Dopo un timido avvio da pittore «della domenica» - come si direbbe oggi -, alla metà degli anni '70 Gauguin entra in contatto con Pissarro, frequenta gli impressionisti, si applica con diligenza alla loro lezione e, dal '79 in poi, partecipa a tutte le mostre del gruppo. Alla sesta, una sua opera, Susanne che cuce (1880), ottiene un lusinghiero Commento dallo Huysmans che, non avendo ancora abiurato il naturalismo zoliano, apprezzava in quel nudo femminile la «veemente nota di realtà» . Ma non è questa la strada che Gauguin intende seguire e, mentre la pittura lo prende sempre più, sempre più netta appare anche la divaricazione dall'impressionismo. Lasciata Parigi nel 1886, dà inizio al suo irrequieto vagabondare: la Bretagna, Panama, Arles; poi - dopo lo sfortunato sodalizio con Van Gogh - ancora la Bretagna. Qui, tra Pont-Aven e Le Pouldu, vanno rapidamente maturando, nel sodalizio con il giovane Emile Bernard, nuove scelte poetiche e formali. Nella visione dopo il sermone (1888) già si registra lo scavalcamento dei puri dati di realtà fenomenica: le donne bretoni, che hanno ascoltato in chiesa la narrazione di un fatto biblico, lo rivivono nella loro fantasia come accadimento reale e pieno di forza drammatica. La lotta fra Giacobbe e l'angelo, cui le donne assistono mentre sono ancora in preghiera, è infatti carica di sottintesi morali: chiama in causa il bene e il male, la concessione del favore divino. Gauguin unifica due momenti temporali (prima/dopo) e due livelli (naturale/sovrannaturale) normalmente distinti, con l'espediente formale dell'albero - specie di boccascena teatrale al quale le donne s'affacciano per assistere alla «sacra rappresentazione» in atto - e, saturando di rosso lo spiazzo dove si svolge la lotta, carica di tensione emotiva e di valori simbolici l'immagine. Immagine che, nella misura in cui assegna alle forme e ai colori contenuti di natura soggettiva e spirituale, non ha più solo carattere illusivo, ma allusivo. A differenza di quella impressionista, essa dovrà pertanto scartare gli effetti mimetico-atmosferici per accentuare quelli evocativi e «di memoria» .Così, le gamme frazionate, la pennellata multiforme, finalizzate ad una resa «illusionistica», vengono da Gauguin ridotte a campiture uniformi, stese à plat e marginate da contorni netti, segnati in nero (cloisons ) . Sono elementi, tutti, che concorrono a trasformare gli oggetti reali in «cifre» stilizzate e fanno pensare alle caratteristiche «sintetiste» e decorative degli smalti medievali o delle vetrate gotiche, ma anche alloro innegabile potere di suggestione mistica. Sono anche scelte indicative di una decisa volontà di rivalutare la dimensione «sacrale», legata ad una intuizione religiosa schietta, magari primitiva ma profondamente sentita, del vivere. LA 1915storia Grande Guerra Cause belliche L’evento L’Italia 1918 Cause Culturali Trattati di pace L’evento: 1ª GUERRA MONDIALE La guerra del 1914-18 ebbe proporzioni ed effetti tali da porsi come uno spartiacque tra due epoche storiche; fu combattuta per la maggior parte in Europa, ma coinvolse anche i più potenti stati extraeuropei, il Giappone e gli Stati Uniti d'America. Era la prima volta nella storia dell'umanità che un conflitto assumeva dimensioni davvero mondiali. Di portata mondiale si rivelarono anche gli effetti di questo conflitto. In primo luogo, esso provocò la scomparsa di quattro grandi imperi, quello russo, quello asburgico, quello tedesco, e quello ottomano. In secondo luogo, fu da quel momento che gli Stati Uniti soppiantarono la Gran Bretagna nel ruolo di superpotenza planetaria. Da questa stessa guerra avrebbero tratto un forte impulso i movimenti nazionalisti di liberazione dei popoli coloniali, del cosiddetto Terzo Mondo. Il fatto che scatenò il conflitto è l'attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914, in cui l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria-Ungheria, e la moglie persero la vita. Il gesto terroristico era opera di un gruppo irredentista slavo, e il governo austro-ungarico reagì, incolpando la Serbia di essere corresponsabile dell'attentato. L'attentato fu preso a pretesto per “dare una lezione” alla Serbia, considerata una minaccia dal governo di Vienna, per ridimensionarne l'influenza nell'area balcanica. Ottenuto il 6 luglio l'appoggio della Germania, il 23 l'Austria diede a Belgrado un ultimatum con la richiesta far cessare, tramite una serie di misure, ogni attività anti-austriaca in quel paese. Di fronte al rifiuto della Serbia, il 28 luglio 1914 l'Austria-Ungheria le dichiarò guerra. La Russia reagì, correndo in sostegno della Serbia, mentre la Germania dapprima chiese alla potenza sovietica di revocare il provvedimento e a quella francese di impegnarsi alla neutralità, poi, a causa del loro rifiuto, dichiarò guerra alla Francia, e poi alla Russia. Il 4 agosto la Germania invase il Belgio, che si era dichiarato neutrale e si rifiutava di far attraversare il proprio territorio dalle truppe tedesche. Nel frattempo, la Gran Bretagna si era schierata a fianco della Francia, e l'Italia si era dichiarata neutrale, poiché la Triplice Alleanza, di cui faceva parte, era un patto difensivo, e quindi non si riteneva obbligata a schierarsi in guerra. Il 23 agosto entrò in scena il Giappone, che dichiarò guerra alla Germania, per le mire dell'imperialismo tedesco in Estremo Oriente. Successivamente sarebbero entrate in guerra anche la Bulgaria, a fianco della Triplice Alleanza, e, schierati con la Triplice Intesa, gli Stati Uniti, la Romania, la Grecia e l'Italia; quest'ultima aveva compiuto un voltafaccia, poiché lo riteneva più conveniente. CAUSE BELLICHE Strategia di rischi e politica coercitiva: politica coercitiva da parte dell'Austria e della Germania (es. il “piano Schlieffen”, la strategia tedesca che prevedeva una campagna veloce e risolutiva contro la Francia, che contemplava l'attraversamento del Belgio); troppo decisa opposizione da parte della Francia e della Russia; tentativo di negoziato troppo incerto della Gran Bretagna; Dilemma della sicurezza: rafforzamento della Serbia, che fece preoccupare l'Austria, che a sua volta preoccupò la Russia; crescita della Germania, che incuteva timore alla Gran Bretagna, ed a tutti gli stati confinanti; esaurirsi della corsa alle colonie; polarizzazione degli stati attorno ai due sistemi della Triplice Alleanza e della Triplice Intesa; Cause culturali: pensatori come Nietzsche, filosofie irrazionaliste, che avevano affiancato la crescita di movimenti antidemocratici che declinavano l'amor di patria in un aggressivo nazionalismo; i due principali mezzi di socializzazione, la scuola e l'esercito, avevano non solo trasmesso valori e sentimenti nazionali, ma sparso una retorica patriottica e imperialista intrisa di ostilità per l'”altro”; prevalere all'interno del partito socialista del senso di appartenenza nazionale rispetto all'internazionalismo; interventisti: -di destra: nazionalisti, irredentisti, giolittiani conservatori, contro l'Austria, i cattolici conservatori, contro la Francia e la Gran Bretagna; di sinistra (democratici): intesi a sconfiggere l'autoritarismo e il militarismo degli imperi centrali; Nonostante alcuni successi iniziali, l'offensiva tedesca venne arrestata a settembre dalla Francia, ma ad uscire sconfitta da quella battaglia fu l'idea di una guerra-lampo di annientamento; già alla fine del 1914, il conflitto si era trasformato in una guerra di posizione. Tra il marzo e il luglio 1918, le linee franco-inglesi vennero sfondate più volte, ma le truppe tedesche erano ormai sfinite, e respinte oltre la Marna, il 4 agosto 1918 si risolsero a chiedere l'armistizio. La Grande guerra era finita. Nel gennaio 1918, il presidente americano Wilson espresse in 14 punti il suo programma per la pace e per un ordine mondiale che scongiurasse nuovi conflitti, che doveva essere fatto rispettare dalla Società delle Nazioni, fondata nel 1919 a Ginevra. L'ITALIA L'Italia, allo scoppio della guerra, era in una fase di transizione, dovuta alla crisi del sistema giolittiano, perciò la neutralità subito dichiarata era scontata. Mentre per Giolitti si poteva ottenere parecchio restando neutrali, il primo ministro Salandra trattò invece con ambedue le parti le condizioni dell'intervento. L'entrata in guerra dell'Italia il 24 maggio 1915 fu dunque decisa da Salandra e dal ministro degli esteri Sonnino, firmando segretamente il “patto di Londra”, reso noto solo nel 1917. La partecipazione italiana al conflitto era stata presentata come “quarta guerra d'indipendenza”, soprattutto dagli irredentisti (tra i quali il poeta D'Annunzio) che vogliono annettere ai confini Italiani i territori di Trento e Trieste. TRATTATI DI PACE Nel gennaio vincitori si riunirono a 1919, i delegati dei paesi Parigi per ridisegnare l'assetto dell'Europa. Gli Stati Uniti erano rappresentati dal presidente Wilson, la Francia dal presidente del consiglio Clemenceau, la Gran Bretagna dal primo ministro Lloyd George, e l'Italia dal capo del governo Orlando. Per i paesi vinti non vi fu possibilitdiscussione. I princìpi del presidente à di americano si scontrarono però con la volontà della Francia di annientare anche economicamente la Germania, per assumere il ruolo di stato egemone in Europa. La Gran Bretagna assecondò la Francia, e l'Italia si vide relegata in ruolo di inferiorità. Occorsero permesi di discussioni perché si arrivasse ad un ò molti compromessotrattato più importante è quello firmato a . Il Versailles il 1919. La Francia ottiene l'Alsazia e la 28 giugno Lorena, la Polonia ottiene uno sbocco sul mare, tramite il “dichiarata città libera. corridoio” sulla città di Danzica, L'Inghilterra e la Francia si spartiscono le colonie tedesche, ed infine la Germania fu costretta a riparare integralmente i danni di guerra delle potenze vincitricialtri . Tramite altri trattati, stipulati tra il settembre 1919 e l'agosto 1920, si decisero le sorti degli altri paesi sconfitti. L'Italia ottenne dall'Austria il Trentino, il Sud Tirolo, Trieste e l'Istria. La pace imposta alla Germania, tuttavia, era umiliante e punitiva, nel 1923 : di fronte al ritardo dei pagamenti, la Francia occupò il bacino industriale della Ruhr, accrescendo ulteriormente la crisi finanziaria tedesca, ed aggravando pericolosamente la tensione sul piano internazionale. Scienze la paura dell’uomo di fronte ai terremoti Che cos’è un terremoto Le onde sismiche La registrazione delle onde sismiche La misura di intensità di un terremoto La distruzione dei terremoti sulla superficie terrestre La difesa dai terremoti I terremoti sono la testimonianza della presenza di immani forza all’interno della terra capaci di frantumare e spostare rocce. Quando si verificano, parte dell’energia che ha prodotto il fenomeno viene liberato sottoforma di onde(→in sup. terremoti). . Il terreno può vibrare sia in senso verticale che orizzontale. Il punto o meglio l'area di perturbazione in cui hanno origine le onde sismiche si chiama ipocentro del t., o fuoco sismico, la cui profondità, variabile da pochi km a un massimo di 700 km, viene ottenuta calcolando il ritardo tra l'arrivo al ricevitore sismico dell'onda diretta e quello di un'onda che ha subito una riflessione verso l'alto. Il punto o la corrispondente area posta in superficie sulla verticale dell'ipocentro è detto epicentro. Quando si genera un sisma Nelle zone in cui vi sono faglie le rocce sono sottoposte a tensioni che tendono a farle muovere; con il perdurare delle tensioni si accumula energia elastica. Quando la tensione è > alla resistenza per attrito i blocchi tendono a spostarsi.Quando i due blocchi si muovono(spostamento = rigetto) l’area viene chiamata FUOCO o IPOCENTRO. Vinta la forza d’attrito l’energia elastica viene liberata sottoforma di vibrazione → ONDE SISMICHE (in tutte le direzioni); esse quando raggiungono la sup. terrestre danno origine al terremoto. Le onde sismiche Onde P Onde S onde di Rayleigh Onde di Love La registrazione delle onde sismiche Il Sismografo Un sismografo è un pendolo metallico collegato ad una penna. La penna può scrivere su un nastro di carta che scorre lentamente; quando c'è un terremoto il pendolo oscilla e la penna traccia delle linee ondulate. Dalla forma e dall'ampiezza delle linee si può dedurre l'intensità del terremoto. La misura dell’intensità dei terremoti Pericolosità sismica in Italia Distribuzione dei terremoti sulla superficie terrestre Scala Mercalli: +precisa e +descrittiva, comprendeva 10 gradi ed era basata sulla percezione soggettiva e sull’entità dei danni degli edifici. Venne modificata da Wood e Neumann per adattarla alle abitazioni della California: Scala Mercalli Modificata, comprende 12 gradi ed è poco precisa. In Europa ci sono: MCS = Europa Occidentale, MKS = Europa Orientale. Scala Richter:si basa sulla misura delle ampiezze delle onde sismiche registrate sui sismogrammi Magnitudo: logaritmo in base dieci della massima ampiezza d’onda sismica registrata sul sismografo standard, posto a una distanza di 100 km dall’epicentro. Ci sono diversi tipi di terremoti in base alla profondità dell’ipocentro: ·Terremoti Superficiali: Da 0 a 70 km ·Terremoti di profondità intermedia: da 70 a 300 km ·Terremoti profondi: da 300 a 700 km Non si conoscono terremoti con ipocentro più profondo poiché le rocce a causa delle temperature e pressioni hanno un comportamento classico. Aree maggiormente colpite dai terremoti: v v Dorsali Medio-Oceaniche: fasce rilevate rispetto ai fondali oceanici che corrono circa a metà degli oceani v v Archi Insulari del Pacifico Orientale: dall’Alaska all’Indonesia verso il Pacifico Meridionale v v Costa Occidentale delle Americhe: sismi catastrofici v Sistema Alpino-Hymalaiano + Aree da recenti corrugamenti o complessi sistemi di fratture. Fine del percorso