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la crisi dei valori morali della società moderna

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la crisi dei valori morali della società moderna
La crisi dei valori morali nella società contemporanea
di Salvatore Federico
1. Una crisi etica evidente
In questi ultimi anni stiamo vivendo una preoccupante fenomenologia di devianza sociale e
culturale, al punto che i sociologi parlano di “crisi di civiltà”. I fenomeni di devianza a cui mi
riferisco sono davanti agli occhi di tutti:
- la denuzialità e la crisi preoccupante della famiglia; ogni dieci matrimoni che si celebrano, cinque
si sciolgono;
- la denatalità della vita: il Polesine è il fanalino di coda, per quanto riguarda la natalità, all’interno
dell’Italia che è fanalino di coda nel mondo;
- la facilità con cui si distrugge la vita: comportamenti delittuosi, violenze, omicidi sempre più
frequenti;
- la giustificazione di ogni atto, in nome di una malintesa concezione di “libertà”;
- la difficoltà di dare un senso alla vita: di qui forme di devianza giovanile, relazioni conflittuali,
mancanza di progettualità, vivere alla giornata;
- la conflittualità politica: sembra che il mondo della politica sia diventato un ring, dove si cerca
l’eliminazione dell’avversario.
2. La vera causa della crisi è l'ateismo
Qual è la causa di fondo di questa crisi etica? E’ la pretesa dell’uomo di poter decidere da
solo, di volta in volta, ciò che è bene e ciò che è male; in altre parole è il soggettivismo e il
relativismo morale. Oggi tutti siamo tentati di comportarci come quel navigatore solitario che si
trovava di notte con la sua imbarcazione in mare aperto. All’improvviso in quella zona si abbatté un
furioso temporale, che mise fuori uso tutti gli strumenti di bordo: radio, radar, bussole. E per giunta,
essendo il cielo coperto, non poteva vedere neppure la stella polare, con cui regolarsi nella
navigazione. Allora quel navigatore solitario disse: “Dal momento che non ho più né radio, né
radar, né bussole, guiderò la mia barca guardando dentro la stiva!”. Che fine può aver fatto quella
imbarcazione? E’ andata allo sbando, alla deriva.
Ebbene: nella nave della nostra società, che solca il mare della storia, sta avvenendo proprio
questo. Venuto meno il senso religioso, che riconosceva in Dio e nelle sue luminose parole la
segnaletica stradale della vita e il termine sicuro di riferimento dei valori, l'uomo cerca il punto di
riferimento dentro la stiva. Infatti oggi sono di moda i sondaggi di opinione: cosa pensa la gente.
Ma siccome l'opinione pubblica è mutevole, influenzabile, i valori della vita sono come i valori
della borsa: ora sono in rialzo, ora in ribasso.
Quali norme o leggi deve darsi la società? Quello che la gente decide di approvare. Così si
legalizza il costume, anche quando degrada nei fenomeni negativi del divorzio o dell'aborto. E
siccome per molti ciò che è legale diventa anche morale, la legge perde il suo valore di chiara e
sicura segnaletica del bene; diventa sovente un cartello stradale rovesciato. Così l'uomo non è più
un pellegrino, che va verso una meta sicura; ma un vagabondo, come l'ebreo errante, senza
orientamento e quindi senza futuro.
Dobbiamo riconoscere allora che la radice vera della profonda crisi etica della società
contemporanea è l’ateismo. Lo scrisse il papa Paolo VI ancora venticinque anni fa: “La causa della
crisi etica è l’ateismo pratico, ossia una concezione del mondo nella quale questo si spiega da sè,
senza che ci sia bisogno di ricorrere a Dio, divenuto in tal modo superfluo ed ingombrante... In
connessione con questo secolarismo ateo, ci vengono proposti tutti i giorni, sotto le forme più
svariate, la civiltà dei consumi, l'edonismo elevato a valore supremo, la volontà di potere” (EN
55).
Di fronte al degrado etico e al fenomeno della criminalità, dobbiamo riconoscere che,
usando le parole ammonitrici di Paolo VI: "Senza dubbio l'uomo può organizzare il pianeta Terra
senza Dio; ma, senza Dio, egli non può alla fine che organizzarlo contro l'uomo" (PP 42).
3. La persona non è più un valore assoluto
La conseguenza di tutto ciò è la negazione della persona come valore assoluto.
Riflettiamo, la nascita di un bambino da sempre è stato un elemento di gioia e di benedizione per i
suoi genitori; la vita nuova che arriva ha sempre avuto uno straordinario significato rigenerante nei
confronti della vita stessa perché portatore di speranza; le coppie delle nuove generazioni, invece,
non vedono più la nascita di un figlio come un dono o un modo di esprimere il proprio progetto di
vita, ma lo considerano in termini quantitativi ragionando in questi termini: "mi conviene fare un
figlio?". Quando sorge questa domanda significa che si è dimenticato che la nascita di un nuovo
individuo è collegata ad un ideale di vita che è inteso come un fatto positivo e ci si riduce piuttosto
a ragionare in termini commerciali di convenienza, valutando se la nascita di un figlio darà
soddisfazioni a sufficienza, se i sacrifici che questo comporta saranno più o meno compensati, ecc.
Dunque il valore della persona non è più considerato come valore assoluto, ma in base al fatto se
conviene che ci sia oppure no. Non è un caso che oggi la maggior parte delle preoccupazioni di due
genitori sia infatti quello di verificare se il proprio figlio sia sano prima che venga alla luce, in
maniera tale da decidere di ricorrere o meno all'aborto terapeutico nel caso ci fossero dei problemi.
La stessa cosa accade per la morte: la persona, quando è debole e senza possibilità di
guarigione, è considerata come inutile per la società e quindi viene legittimato il ricorso
all'eutanasia. Questo declino della valorialità della persona umana finisce per ridurre tutte le
espressioni della vita umana al rango della pratica e della utilità, dimenticando che tutto ciò
dovrebbe invece servire a far vivere meglio l'uomo essendo l'uomo stesso il valore assoluto di tutte
le cose. Oggi, invece, tutto viene portato avanti come se l'uomo fosse un perfetto sconosciuto e
con l'idea di raggiungere obiettivi sempre più alienanti e fini a se stessi, tanto è vero che siamo
sempre affannati e oppressi, quando invece ciò che facciamo dovrebbe portarci a vivere meglio.
4. Il declino della valorialità
Tutto questo ci porta ad un declino della valorialità. Questo discorso, ad es., può essere
fatto per quanto riguarda l'amore interpersonale, che oggi è appiattito in maniera tragica sul sesso,
dimenticando così che la comunione interpersonale e che il rapporto uomo-donna ha il suo centro
nella donazione di sé, in cui il sesso è soltanto una forma di espressione che comporta anche la
tenerezza, il pudore, la castità, la fedeltà. Tutti questi ideali, che facevano parte della persona umana
come valore assoluto, oggi non vengono affatto considerati, quasi non esistessero affatto,
preferendo piuttosto il venire al sodo. Se però manca l'interscambio personale allora ci si riduce al
rango di oggetti.
Lo stesso discorso può essere fatto per il lavoro, al quale oggi la maggior parte delle persone
guardano come una possibilità di carriera e non come vocazione. Basterebbe chiedere agli studenti
di medicina perché hanno scelto questi studi: per la maggior parte di costoro l'idealità del servizio
all'uomo sofferente non esiste neppure, mentre si mira soprattutto ad avere una posizione di
prestigio.
Questa perdita del legame dell'attività al valore della persona umana riguarda anche il
sapere stesso, basti pensare a quante persone intendono la conoscenza non come cultura personale e
quindi come coltivazione dell'animo, bensì piuttosto ad un qualcosa che utilitaristicamente fa
diventare esperti nel svolgere determinate funzioni. In questo modo la scuola e le università
vengono snaturate della loro formazione spirituale e morale, perdendo così il ruolo di incontro delle
persone e di discepolato in cui il maestro non ha da dire solo un qualcosa di tecnico o di filosofico
ma anche di umano. Per questo non è raro incontrare persone che sanno tutto di come funziona un
computer ma che sono assolutamente incapaci di formulare un giudizio morale o di capire quali
sono i veri bisogni della società, le ingiustizie e le grandi questioni politiche.
5. Il regresso delle facoltà mentali
Anche dal punto di vista delle capacità di espressione mentale dell'uomo si sta verificando
un preoccupante degrado, in particolare nell'uso del linguaggio. Il linguaggio adoperato oggi,
invece di essere una espressione di una ricerca di senso, spesso è molto povero e banale. Non è raro
imbattersi in persone che dinnanzi a forme di espressione artistica altro non sanno dire che "mi
piace" o "non mi piace", senza riuscire a formulare sentimenti o altre forme di giudizio di valore.
Questo accade anche in persone che dovrebbero avere una buona cultura ma che si esprimono con
povertà di vocabolario ed in maniera rozza perché hanno completamente perso la capacità di usare
l'elemento linguistico adatto ad esprimere pensieri di qualità. Un tale fatto è l'inevitabile riflesso di
una forma di ottundimento del pensiero in cui si ragiona poco e male.
Oggi c'è anche un regresso della volontà: quali sono oggi le persone che hanno la forza di
volontà di raggiungere degli ideali? Le uniche cose che si è capaci di raggiungere sono gli obiettivi
di carattere pratico. Magari verrà curato un bel fisico in palestra, ma ben pochi sono coloro che
hanno la buona volontà di coltivare la propria coscienza morale. In questo senso la volontà di essere
un uomo vero, sincero e che si esprime con verità è una volontà sempre più debole. Si verifica
dunque il fatto che le personalità che possiedono la capacità di un giudizio e di scelte autonome
sono sempre di meno mentre si diffondono i comportamenti gregari e di massa. Sono pochi coloro
che hanno una forte volontà che permette loro di avere dei cammini personali e di andare
controcorrente per perseguire dei valori che si è compreso essere importanti.
6. Il vuoto dei talk-show
E’ la stagione dei talk-show. Il linguaggio usato in televisione, e in particolare nei talkshow, non è semplice ma banale. Si tratta di due cose ben diverse: la semplicità è infatti una qualità
importante dal momento che dobbiamo essere in grado di comunicare con tutti, inoltre la cultura, se
non viene usata per sfoggio, può essere utile per arricchire le altre persone. Spesso parlare in
maniera semplice non è affatto facile perché presuppone che una persona padroneggi le difficoltà di
una questione dopo averle studiate ed approfondite, e solo così riesce a dire in maniera adeguata al
pubblico che lo ascolta gli aspetti essenziali di un problema. Ciò però è ben diverso dalla semplicità
di chi invece non esprime nulla e perché non sa nulla dei problemi. In questo caso domina la
banalità di chi non sa esprimere un pensiero o un ragionamento. I talk show televisivi riflettono
esattamente questa cosa: non si vuole arrivare da nessuna parte perché l'idea di fondo è quella che
non esiste nessuna verità, non esiste nessun bene, ognuno dice la sua opinione, e il risultato che si
ottiene è che il giudizio oscilla continuamente a seconda di ciò che uno dice e a seconda delle
lacrime che versa. Se invece ci fosse un vero ragionamento si vedrebbe chiaramente che ci sono
delle ragioni e dei torti, e si rivelerebbe con chiarezza come ognuno dovrebbe fare un cammino di
rinnovamento della sua coscienza. In queste trasmissioni, invece, anche se uno ha sbagliato, ci si
finisce per riabbracciarsi senza rendersi conto dove stia lo sbaglio e senza promettere ciò che una
persona seria dovrebbe promettere, cioè la decisione morale di impegnarsi a non commettere più lo
stesso sbaglio. Si finisce invece nel convincere l'altro dicendo che lo si vuole ancora bene, senza
però che ci sia l'impegno a cambiare. Si tratta di un modo banale, avaloriale e amorale di vivere, per
cui una persona, in base ai bisogni affettivi che ha, cerca di ottenerli, magari con la lacrimuccia e
facendo compassione all'altro, senza che però ci sia un serio impegno.
7. Conclusione
In questa situazione è necessario che riconosciamo i valori che danno senso alla vita, la
fanno crescere e rendono vivibile questa società.
7.1 Il valore della vita
Il primo valore da salvaguardare è il valore della vita. Se cade questo valore, crollano tutti
gli altri. Noi cristiani affermiamo che la vita umana è e rimane comunque un “dono di Dio”, il quale
si è riservato il diritto esclusivo sulla vita: "Non uccidere". I genitori non creano la vita; soltanto la
accendono come collaboratori di Dio creatore. Ed è vita eterna. La vita eterna non comincia quando
l'uomo muore, ma quando l'uomo nasce; anzi quando viene concepito e comincia a pulsare sotto il
cuore della madre.
7.2 Il valore della persona
Connesso al valore della vita è il valore della dignità inviolabile della persona umana: di
ogni persona, di ogni uomo e donna, a qualsiasi razza, etnia, cultura, lingua, religione appartenga.
L'essere umano non deve essere valutato tanto in base al suo livello culturale, economico,
produttivo, ma per quello che è. L’essere umano è un valore in sé e per sé:
- perché creato a immagine e somiglianza di Dio;
- perché è amato da Dio, “Padre di tutti, che agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti”;
- perché con l’incarnazione Dio si è unito, in qualche modo, a ogni uomo, facendo di lui un “ben di
Dio”, arricchendolo con i suoi doni, carismi, attitudini;
- perché è tempio dello Spirito Santo e membro del Corpo mistico di Cristo;
- perché è destinato alla comunione piena con Dio.
Per questo dobbiamo accogliere, rispettare, difendere, valorizzare la vita in ogni stagione
della sua esistenza e in ogni sua condizione: giovane o carica di anni; sana o malata; forte o debole.
Essa vale per se stessa e non per quello che fa o per il successo che ha. La dignità della persona
umana è anche il fondamento della responsabilità e della solidarietà degli uomini tra loro.
L'individuo è assolutamente irriducibile a tutto ciò che lo vorrebbe schiacciare e annullare
nell'anonimato della collettività, dell'istituzione, della struttura e del sistema.
7.3 Il valore della libertà
Connesso con la dignità della persona umana è il valore della libertà e, in particolare della
libertà di coscienza. Il riconoscimento effettivo di questo diritto è tra i beni più alti e tra i doveri più
gravi di ogni popolo che voglia assicurare il bene della persona e della società. Ma anche questo
valore oggi è messo in crisi. C'è infatti un diffuso concetto errato di libertà, secondo il quale si
ritiene che "essere liberi voglia dire poter fare quello che si vuole".
Per noi cristiani la libertà consiste nel "poter fare quel bene che in coscienza si deve fare".
Ma chi ci indica qual è il vero bene? Come fa a sapere l'uomo ciò che è bene e ciò che è male? In
base a quali criteri? Chi stabilisce questi criteri? “Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una
legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce lo chiama sempre ad
amare e a fare il bene e a fuggire il male". Dio garantisce la mia libertà mediante la sua parola e in
particolare mediante le Dieci Parole o Decalogo. Il Decalogo è il codice della vita. E’ come il
codice stradale per chi deve viaggiare. Il codice stradale è un aiuto alla libertà. Quanti incidenti
verrebbero evitati se tutti rispettassero le norme del suddetto codice. Quanti crimini verrebbero
evitati se ognuno usasse la propria libertà rispettando il “codice della vita”, che vieta di invadere
indebitamente il campo della libertà altrui. Osservando ogni delitto, di cui è così ricca la cronaca
quotidiana, si può leggere in controluce una educazione sbagliata al valore della libertà.
7.4 Il valore dell’amore
Nelle nostre relazioni, nel nostro linguaggio abituale, nelle canzoni, una delle parole usate
con più frequenza è il termine “amore”. Ma ci rendiamo conto che esso è usato spesso con
significati diversi e perfino contrastanti: una cosa è l’amore che porta la persona a “dare la vita” e
un’altra cosa è “fare l’amore” con una donna di strada. Una cosa è l’innamoramento di due
adolescenti e un’altra è l’amore maturo di una coppia di sposi. Il rischio che spesso corriamo è
quello di contrabbandare come “amore” quello che forse è solo un bisogno di gratificazione o di
compensazione affettiva o un ricatto affettivo.
7.5 Il valore della famiglia
Un altro valore messo in crisi dalla cultura attuale è la famiglia fondata sul matrimonio.
Basti pensare alla diminuzione dei matrimoni, all’aumento delle libere convivenze, delle
separazioni e dei divorzi. E certamente non giova alla famiglia, formata da un uomo e una donna,
fondata sul matrimonio, l’essere equiparata per legge ad ogni sorta di altra unione di fatto.
Di fronte a una cultura che tende privatizzare, a svalutare e a destabilizzare sempre di più la
famiglia, è necessario aiutare la famiglia a riscoprire quello che essa è: crocevia obbligato di molti
problemi umani. Da esse infatti dipende in buona parte il futuro della persona e della società umana.
La famiglia è cellula fondamentale della società: se muoiono le famiglie, muore il popolo da esse
costituito.
7.6 Il valore della solidarietà
Un altro valore a cui è urgente educarci, soprattutto di fronte alla cultura del profitto e
dell’arrivismo è quello della solidarietà. Tutta la cultura capitalista si basa su questi due principi:
- "Avere sempre di più": la ricchezza deve produrre sempre ricchezza;
- "Massimizzare i profitti": tendere sempre al massimo profitto possibile.
Sono questi i meccanismi perversi che provocano un fossato sempre più profondo tra il Nord
e il Sud del mondo; una diversa velocità di accelerazione che rende i popoli ricchi sempre più ricchi
e i popoli poveri sempre più poveri.
Una cultura del genere fa del vicino un potenziale nemico o, comunque, un concorrente da
battere; e trasforma la società in una giungla dove ci si sbrana a vicenda e dove vince il più forte, a
spese naturalmente dei più deboli.
Alla luce del magistero sociale della Chiesa, siamo invitati tutti a ringiovanire l'esame di
coscienza, ad interrogarci sull'uso individualistico dei beni, sull’evasione fiscale, sulle
rivendicazioni corporative, sul tenore di vita, sulla esigenza di essere solidali con chi vive situazioni
di ingiustizia, sull’apertura verso immigrati, bambini orfani o abbandonati. Oggi l’adozione e
l'affidamento sono espressioni tipiche di saper accogliere il Signore, che considera fatto a sé quello
che è fatto ad un fratello povero od abbandonato. E' questo che rende significativa la fede dentro la
vita, la cultura e la storia di un popolo.
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