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Venti di guerra, l`11 marzo 1387 ebbe inizio la cruenta battaglia del
STORIA E DINTORNI
Venti di guerra,
l’11 marzo 1387
ebbe inizio la cruenta
battaglia del Castagnaro
L’ultima grande battaglia del Medioevo, venne combattuta tra le due
potentissime signorie venete degli Scaligeri e dei Carraresi su un lembo
di terra a margine dell’Adige tra le “basse” padovana e veronese, tra
Castelbaldo e Villa D’Adige. Fu un evento che segnò la fine di un’epoca,
il modo di concepire la politica e di combattere le guerre. Vinse l’esercito
carrarese ma fu una vittoria di Pirro, dopo qualche anno Venezia fece
definitivamente tramontare la stagione delle signorie, imponendo il leone
alato per i successivi quattrocento anni su tutta la Repubblica, che divenne
Serenissima.
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STORIA E DINTORNI
N
elle prime ore del mattino dell’11 marzo 1387,
il sonnolento discendere verso il mare dell’Adige a la tranquillità della campagna imbrunita dalle ultime rigidità dell’inverno, vennero lacerate
“da grida altissime: Scala-Scala, carne-carne”, ritmate
dal martellante frastuono delle spade picchiate sugli
scudi.
Quello in riva all’Adige era ancora il Veneto delle signorie, saldamente in mano a potentissime famiglie e
ai loro eserciti. Quelli di Francesco il Vecchio da Carrara, signore di Padova, e Antonio dalla Scala, signore di Verona, si erano rincorsi per mesi e ora erano
l’uno di fronte all’altro perché l’uno per l’altro costituiva l’ostacolo sulla via del dominio del territorio. Entrambe le famiglie avevano nel grande fiume la strada dei loro interessi, entrambe volevano espandere il
proprio dominio, ovviamente l’uno a spese dell’altro.
Chi avesse vinto avrebbe vinto tutto, chi avesse perso avrebbe perso tutto, ad avere la peggio furono i
Dalla Scala che, infatti, da Castagnaro non rientrarono mai più in Verona, sconfitti da un fuori classe della
guerra, uno stratega e capitano di ventura inglese, la
cui memoria è perpetuata dal cenotafio eseguito ad
affresco da Paolo Uccello in Santa Maria del Fiore a
Firenze con il nome di Giovanni Acuto. Quel campo
di battaglia, che prese il nome dal diversivo dell’Adige e non dal comune di Castagnaro, è rimasto un
campo e sulla terra imbevuta del sangue di migliaia
di armati oggi cresce ad anni alterni il mais oppure
il frumento, ma Andrea Gatari, uomo di corte dei Da
Carrara, ne scrisse una cronaca riportandone la fasi
salienti arrivate intatte fino ai giorni nostri così da poter immaginare fin nel dettaglio una delle battaglie
più sanguinose del Medioevo, che vide annientarsi i
dodici squadroni di armati veronesi contro gli otto padovani. Dire dodici o dire otto squadroni non significa
granché ma dire che quella mattina in riva all’Adige
c’erano quindicimila soldati a cavallo e migliaia di arcieri, fanti e balestrieri pronti ad uccidersi l’un l’altro,
da l’idea dell’entità dello scontro
Il cenotafio eseguito da Paolo Uccello
a John Hawkwood. Il capitano inglese,
italianizzato in Giovanni Acuto
da Macchiavelli, era nato a Sible
Hedingham nel 1320 e morì a Firenze
il 14 marzo del 1394. All’epoca della
battaglia del Castagnaro era già quasi
settantenne ma il suo valore come
stratega è condottiero era di assoluto
primo piano. Combatté per il suo re
Edoardo III d’Inghilterra durante la
guerra dei Cent’anni, per Papa Gregorio XI prese parte alla
guerra degli Otto Santi, combattè per la Repubblica di Pisa
e fu al servizio anche degli Angioini di Napoli.
La famiglia dei Carraresi,
origina da un ceppo di uomini d’arme e feudatari di campagna di origine longobarda, iniziarono la loro ascesa
nel territorio padovano dopo
la stagione comunale della città del Santo. Signori di
Pernumia, duchi di Anguillara arrivarono ad essere
signori di molte città venete.
A loro si devono le fortificazioni di Este, Montagnana e il
castello di Lozzo Atestino. Regnarono a Padova dal 1318
al 1405, la loro fine venne per mano veneziana anche se
non è chiaro come, alcune fonti parlano dell’esecuzione
di Francesco Novello altre parlano di un cambio di cognome in Papafava, cognome ancora esistente.
La famiglia della Scala o
famiglia scaligera fu una
dinastia che governò sulla
città di Verona per centoventicinque anni, dal 1262
al 1387. Con Mastino la città
veneta passò da Comune a
Signoria. Con Cangrande
raggiunse l’apice della sua
importanza e fama.
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STORIA E DINTORNI
ESERCITO CARRARESE
• Giovanni Acuto
500 cavalieri
600 arcieri
(tutti inglesi)
ESERCITO SCALIGERO
• Giovanni degli Ordelaffi
1000 cavalieri
• Ostasio da Polenta
1500 cavalieri
• Ugolino dal Verme
500 cavalieri
• Benetto da Marcesana
800 cavalieri
• ll conte di Erre
800 cavalieri
• Martino da Besizuolo
400 cavalieri
• Messer Francesco Sassuolo
800 cavalieri
• Marcoardo dalla Rocca
400 cavalieri
• Giovanni D’Azzo
1000 cavalieri
• Giovanni da Pietramala
1000 cavalieri
• Messer Ugolotto Biancardo
800 cavalieri
• Messer Francesco Novello da
Carrara, figlio di Francesco il
Vecchio signore di Padova
1500 cavalieri
• Messer Broglia Brandolino
500 cavalieri
• Messer Francesco Visconte
300 cavalieri
• Biordo e messer Antonio Balestruzzo
600 cavalieri
• Messer Taddeo dal Verme
600 cavalieri
• Filippo da Pisa
1000 fanti
• Giovanni dal Garzo e
Ludovico Cantello
500 cavalieri
• Raimondo Resta e Frignano da Sesso
1800 cavalieri
• Giovanni da Isola
1000 fanti
1600 arcieri e
balestrieri
IL CAMPO DI BATTAGLIA E LA STRATEGIA
“Finite et ordinate le schiere, messer Giovanni Acuto,
messer Giovanni D’azzo e messer Ugolotto Biancardo andarono insieme a sopravvedere e speculare il
luogo alla campagna, e massime dalla parte in cui venivano i nemici, e dove si poteva offendere, e dove
bisognava offendere. E considerata a vista la natura
del luogo, onde venivano i nemici, trovarono questo
essere largo, e che veniva stingendosi verso levante in quella parte, ove si veniva a passare l’Adese, e
dall’altra parte di detta campagna era una fossa larga
6 piedi (2 metri) fatta apposta per iscolare le acque
di campagna, e con un capo cominciava all’argine e
andava finire allo paludo. Il sapiente messer Giovanni
Acuto, fece passare il campo oltre la detta fossa spianata per gli gustatori del campo carrarese, e diede
la detta spianata in guardia a Cermisone da Parma,
il quale li fece forte in quel luogo, e prese l’argine
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per la sua sicurezza. Mise i suoi provvisionati al passo
(ossia alla spianata appena ottenuta con l’interramento della fossa) e sopra l’argine aveva messa una pavesata (alti scudi a protezione dalle frecce) con circa
600 balestrieri, i quali difendevano, ovvero avevano
da difendere quel passo”.
In questo modo il capitano inglese tolse ai veronesi
la possibilità di un attacco frontale che sarebbe stato
STORIA E DINTORNI
deleterio per le sue truppe, vista la forza d’urto imponente dalla cavalleria avversaria che da sola contava 9400 armati. I veronesi dunque furono costretti a
cambiare strategia.
PROMESSE RICCHEZZE PER ESORTARE
I SOLDATI ALLA BATTAGLIA
“Il signor Giovanni degli Ordelaffi
(dell’esercito scaligero) ordinò che
tutte le sue schiere smontassero
da cavallo e che ognuno si sforzasse di passare quel fosso, dicendo
con grandissime esortazioni quello essere il giorno, che ognuno
doveva acqustar honore e gloria
immortale, aumentando e facendo maggiore la gloria e Stato del
signore Antonio della Scala, e tutti
farsi ricchi, perché la maggior parte dell’esercito carrarese erano
cittadini padovani de’ più ricchi,
e che erano assai manco di loro,
stanchi, e lassi per fame; et eglino
essere freschi e potenti”. (Per esortare i suoi alla battaglia Giovanni
degli Ordelaffi fa notare le minori
dimensioni per numero dell’esercito padovano composto, per lo più,
da ricchi cittadini. Dietro tali affermazioni si nasconde la possibilità
di una facile vittoria e l’incameramento dei beni dei
possidenti soldati padovani).
Dall’atra parte del campo il benigno et honorato Francesco Novello da Carrara urlava alle sue genti paga
doppia e mese compiuto.
INIZIA LA BATTAGLIA.
“SCALA-SCALA, CARNE-CARNE”
“Si levarono allora, tra i veronesi, gridi altissimi di
“Scala-Scala, carne-carne”. E già il sole aveva trapassato le due parti del viaggio suo del giorno (due ore
dopo l’alba) quando il sollecito capitano signor Giovanni degli Ordelaffi spinse al fosso sei delle sue battaglie contro tre delle carraresi, ove si diede principio
ad un crudelissimo assalto, urtando e facendo uno
contro l’altro con crudelissimo impeto rumori, e gridi
alti e spaventevoli in ogni parte si sentivano. Dipoi
il conte d’Erre (alleato ai dalla Scala), il quale aveva
odio grande et antico con messer Giovanni D’Azzo
(tra le forze Carraresi), insieme con messere Taddeo
del Verme (alleato ai dalla Scala) s’attaccarono con
sue genti a battaglia, facendo di sua persona meravigliose pruove per passare il fosso.
Era Messer Giovanni D’Azzo smontato a piedi alla
difesa, e faceva provisioni grosse, tendo i nemici al
largo e valorosamente combattendo. Et all’incontro
del magnifico signore messer Francesco novello da
Carrara s’erano presentati Ostasio da Polenta e Benedetto Marcesana e con grandissima furia et impeto
l’assaltarono, credendo di averlo prigione; e Francesco Buzzacarino con una lancia fu ferito in un fianco,
di modo che fu forzato per tal colpo a cadere nel fosso. E tanto era furiosa e stretta la battaglia, che di una
ghiavarina (era un tipo di lancia introdotta dai barbari
Germani durante il periodo romano. Montata su un’asta relativamente corta e pesante, presentava una
punta metallica a losanga, caratterizzata dai “lug”, altrimenti dette ali, atti a bloccare la lama tra le carni) fu
ferito nella spalla Giacomo da Carrara, di modo che
si reculò due passi indietro, ma subito
dal conte da Carrara suo fratello fu
soccorso, e cavata la ghiavarina dalla
spalla, si fecero gagliardamente all’incontro de’ nemici, ove era la maggior
furia, che tentava di passare il fosso
per avere messer Francesco Novello co’ i suoi fratelli. Nel terzo luogo
a difesa del fosso era l’animoso Giovanni da Pietramala (esercito carrarese), ove si era presentato messer
Francesco da Sassuolo
(esercito scaligero) il
quale era stato ributtato dalla battaglia (spinto
indietro) dalle valorose
genti del Pietrmala. Ma
il capitano della Scala al
suo soccorso mandò Ludovico Cantello, e messer
Giovanni dal Garzo; e così in tre parti era crudelissima
battaglia; ma maggiore, e con maggiore furia si faceva all’incontro del signor Francesco Novello e molto
la sua schiera era affannata; onde messer Giovanni
Acuto mandò in soccorso messer Ugoletto Biancardo con la sua potente et animosa squadra, la quale
messe gran spavento a i nemici; e con suo mezzo si
cavò messer Francesco Buzacarino del fosso quasi
morto, e fu portato alle bandiere del campo”.
FRANCESCO NOVELLO E QUASI IN TRAPPOLA,
VICINA LA VITTORIA DEI VERONESI
“Mancò poco che messer Francesco Novello non andasse prigione, perché molti de’ nemici si buttarono
con fassine al fosso, di modo che egli non potea fuggire”. Se Francesco Novello fosse caduto prigioniero dei veronesi la battaglia per i padovani sarebbe
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STORIA E DINTORNI
stata persa, in quanto figlio del signore di Padova e
comandante di un esercito costituito in larga parte da
mercenari che immediatamente avrebbe disertato.
“Ma messer Ugolotto Biancardo, Conte e Giacomo
da Carrara, Pattaro Buzzacarino, e molti altri cittadini padovani con azze (mazze) in mano ammazzavano quelli, che dal fosso volevano salir sulla ripa. La
qual cosa vedendo Bernardo de gli Scolari, andò da
messer Giovanni Acuto, e da messer Giovanni D’Azzo, e lor disse, come messer Francesco Novello era
in grandissimo pericolo, perché tutto il campo dei
nemici gli era all’incontro e che meglio saria stato
farlo levare di quel luogo e mandarlo a Castelbaldo.
Allora i due capitani andarono a vedere, e fecero addimandare il signore messer Francesco Novello, e il
fecero mettere a cavallo, pregandolo strettamente,
che andasse a Castelbaldo; ma furono le preghiere
vane, che egli rispose, che essendo stato al principio,
voleva ancora stare alla fine del ballo. E subito torno
alla battaglia e andò dove era Cermisone da Parma (il
comandante dei fanti a presidio del passo sul fosso) e
da lui tolse 200 de’ suoi fanti, 100 balestre, et alcune
bombardelle, e con quelle tornò al suo primo luogo
per respingere li nemici”.
LA SVOLTA, SCATTA LA SECONDA PARTE
DEL PIANO ACUTO
Il comandante inglese, a questo punto della battaglia, confida al suo comandante in seconda Giovanni
D’Azzo la seconda parte del suo piano, ossia l’intenzione di far sfilare il suo personalissimo esercito di
inglesi dietro le truppe carraresi a presidio del fosso,
di risalire lo stesso oltre le linee nemiche e prenderle
alle spalle, eseguendo un accerchiamento completo
e mettendo l’intero esercito scaligero nel “sacco”. “E
finite le parole lasciò il comando del campo a Giovanni D’Azzo, passò con la sua schiera il fosso, ove
era la spianata con 500 de’ suoi cavalieri, 500 arcieri
e 500 balestre di Cermisone e con quelle si cacciò
alle spalle dei nemici e comandò a messer Broglia, a
messer Antonio Balestrazzo e a Biordo che con Cremisone (capitano della fanteria) andassero alle bandiere scaligere, e quelle per forza rompessero”. (Le
squadre padovane dopo aver condotto tutta la battaglia sulla difensiva a presidio del passaggio sul fosso,
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dunque, ora vanno alla carica, spingendo indietro i
nemici verso il loro campo, già accerchiato dai soldati dell’Acuto, per chiuderli in un sacco. L’azione dei
carraresi si fa incalzante: attaccano le linee frontali di
Giovanni D’azzo, attaccano le linee laterali dei fratelli
da Carrara con i fanti di Cermisone oltrepassando il
fosso, attacca il capitano John Hawkwood (Giovanni
Acuto) con i suoi soldati inglesi da dietro alle spalle
del campo scaligero. Il fronte di Giovanni D’azzo spinge indietro i soldati scaligeri che trovano sul fianco
l’assalto dei fratelli Carraresi, assalto spinto tanto in
profondità da tagliare in due la ritirata veronese che
tuttavia rimane senza scampo in quanto la sua parte
più avanzata è comunque destinata ad incappare nelle squadre inglesi che avevano già iniziato l’avanzata
verso il centro del campo).
L’EPILOGO, CADONO LE
INSEGNE CON LA SCALA
“Il sole avendo già fornito il suo
corso del lume allora il signore
messer Francesco novello cavalcando in quel luogo (dove
ancora resisteva Giovanni D’Isola), et amorevolmente fattogli dire che si volessero rendere (arrendere)
come avevano fatto gli altri, e di non voler mettersi
egli e tutte quelle genti (i 4 mila villani della fanteria,
le truppe degli appiedati venivano fornite dalla campagna) al pericolo; e dal detto Giovanni da Isola fu
risposto di volersi difendere fino alla morte; allora il
signore da Carrara disse di voler dare fine alla spedizione a que’ fanti restati de’ nemici; e così la sua
dolcezza quasi rivolse in crudele operazione”.
Il Virgolettato è tratto da “Cronaca di una battaglia” articolo
pubblicato sul periodico a cura del Gruppo Bassa Padovana
“l’Adese” N.2 del dicembre 2004.
Le immagini sono state fornite da Roberto Ghedini e Giulia
Grigoli, oltre che di Gabriele Gaino e sono state scattate
lo scorso 9 marzo, durante la rievocazione storica della
celebre battaglia alla quale hanno partecipato circa
250 figuranti appartenenti a diverse compagnie d’arme
provenienti da: Veneto, Emilia, Lombardia, Friuli, Marche
e Alto Adige. Ideatore dell’iniziativa è stato Giorgio
Gaino, della compagnia li Squarzacoje di Saletto (PD), ma
fondamentali per la riuscita dell’evento sono stati i ragazzi
della compagnia Doppiosoldo di Verona.
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