Presentazione di PowerPoint - Dipartimento di Comunicazione e
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Presentazione di PowerPoint - Dipartimento di Comunicazione e
Facoltà di Scienze della Comunicazione Corso di Sistemi tecnologici e informazione online + Laboratorio sui nuovi contenuti online Anno accademico 2012/2013 La struttura del corso + laboratorio Parte teorica: Francesca Comunello, Elena Valentini Laboratorio: Ida Cortoni Le lezioni si terranno mercoledì dalle 14 alle 16, il giovedì dalle 12 alle 14 e il venerdì (laboratorio) dalle 10 alle 13. Prova d’esame La prova d'esame consiste di due momenti tra loro integrati, la parte teorica e quella laboratoriale. Il voto finale risulterà dalla media ponderata delle valutazioni ottenute nella parte teorica e laboratoriale, che orientativamente peseranno, rispettivamente, due terzi (parte teorica) e un terzo (parte laboratoriale). Teniamoci in contatto: @infoOnlineCoris PROGRAMMA PER STUDENTI FREQUENTANTI Per la parte teorica è previsto un esame orale sui seguenti testi 1) F. Comunello, Networked sociability. Riflessioni e analisi sulle relazioni sociali (anche) mediate dalle tecnologie, Guerini e Associati, Milano, 2010 2) E. Pedemonte, Morte e resurrezione dei giornali, Garzanti, Milano, 2010 3) E. Valentini, Dalle gazzette all'iPad. Il giornalismo al tempo dei tablet, Mondadori, Milano, 2012. Per la parte laboratoriale sono previste specifiche attività pratiche che saranno oggetto di valutazione da parte della prof.ssa Cortoni attraverso pratiche di peer evaluation durante lo svolgimento del laboratorio. PROGRAMMA PER STUDENTI NON FREQUENTANTI 1) F. Comunello, Networked sociability. Riflessioni e analisi sulle relazioni sociali (anche) mediate dalle tecnologie, Guerini e Associati, Milano, 2010 2) E. Pedemonte, Morte e resurrezione dei giornali, Garzanti, Milano, 2010 3) E. Valentini, Dalle gazzette all'iPad. Il giornalismo al tempo dei tablet, Mondadori, Milano, 2012. 4) Un testo a scelta tra H. Jenkins, Cultura convergente, Apogeo, Milano, 2006 L. Carrada, Lavoro dunque scrivo, Zanichelli, Bologna, 2012 V. Cosenza, Social media ROI, Apogeo, Milano, 2012 G. Di Fraia (a cura di), Social media marketing, Hoepli, Milano, 2011 Per la parte laboratoriale: I. Cortoni, Young digizen? New challenges in media education, Franco Angeli, Milano, 2011 G. Boccia Artieri, Stati di connessione, Franco Angeli, Milano, 2012 Calendario del corso 27-feb 14.00-16.00 Comunello-Valentini-Cortoni Intro corso 28-feb 12.00-14.00 Comunello Internet studies 01-mar 10.00-13.00 Cortoni 06-mar 14.00-16.00 Comunello Web 2.0 e UGC 07-mar 12.00-14.00 Comunello Culture convergenti e partecipative 08-mar 10.00-13.00 Cortoni 13-mar 14.00-16.00 Comunello Reti/network e networked sociability 14-mar 12.00-14.00 Valentini Web 2.0 e giornalismo - Intro su ruolo di Google 15-mar 10.00-13.00 Cortoni 20-mar 14.00-16.00 Comunello Networked sociability e intro SNS 21-mar 12.00-14.00 Valentini Web 2.0 e giornalismo 22-mar 10.00-13.00 Cortoni 27-mar 14.00-16.00 Valentini Il giornalismo nel nuovo ecosistema informativo Calendario (segue) (Interruzione vacanze di Pasqua) 04-apr 12.00-14.00 Comunello Social media 05-apr 10.00-13.00 Cortoni 10-apr 14.00-16.00 Valentini-seminario di Jesus Flores da confermare 11-apr 12.00-14.00 Comunello-seminario di Jesus Flores da confermare 12-apr 10.00-13.00 Cortoni-seminario di Jesus Flores da confermare 17-apr 14.00-16.00 Valentini Il giornalismo nel nuovo ecosistema informativo 18-apr 12.00-14.00 Valentini Nuove forme di negoziazione e relazione con il pubblico 19-apr 10.00-13.00 Cortoni 24-apr 14.00-16.00 Valentini Giornalismo e social network 25-apr 12.00-14.00 FESTA Calendario (segue) 26-apr 10.00-13.00 Cortoni 01-mag 14.00-16.00 FESTA 02-mag 12.00-14.00 Valentini Nuove piattaforme di distribuzione 03-mag 10.00-13.00 Cortoni 08-mag 14.00-16.00 Valentini Nuove piattaforme di distribuzione 09-mag 12.00-14.00 Valentini Nuove piattaforme di distribuzione 10-mag 10.00-13.00 Cortoni 15-mag 14.00-16.00 Valentini-seminario di Natalia Abuin da confermare 16-mag 12.00-14.00 Valentini-seminario di Natalia Abuin da confermare 17-mag 10.00-13.00 Cortoni 22-mag 14.00-16.00 Valentini Elementi di progettazione per tablet 23-mag 12.00-14.00 Valentini Elementi di progettazione per tablet 24-mag 10.00-13.00 Cortoni Una celebre vignetta del New Yorker di qualche anno fa (luglio 1993) Contenuti del corso – modulo di Francesca Comunello Introduzione al corso e al mondo digitale (27-28 feb feb) Web 2.0 e UGC (6 mar) Culture convergenti e partecipative (7 mar) Reti/network e networked sociability (13 e 21 mar) Social media e social network sites (21 mar e 4 aprile) Teniamoci in contatto: @infoOnlineCoris Con che sguardo osserviamo i fenomeni che analizziamo? Importa che l’osservatore partecipi all’oggetto della sua osservazione; occorre in un certo senso amare il cinema, avere piacere a introdurre una moneta in un juke-box […] Occorre conoscere il mondo senza sentirvisi estranei […] L’oggettività che va ricercata è quella che integra l’osservato nell’osservazione, e non l’oggettivismo che crede di raggiungere l’oggetto sopprimendo l’osservato (E. Morin, 1962, p. 38). Textual Poachers e molte delle mie opera successive sono state scritte dalla prospettiva di un Aca/Fan, ovvero di una creatura ibrida che è in parte fan e in parte accademico […]. Obiettivo del mio lavoro è stato superare il gap tra questi due mondi. Per me è una sfida personale riuscire a trovare un modo per far uscire la teoria culturale dal ghetto delle librerie universitarie per aprire un più ampio spazio in cui parlare dei media che sono importanti per noi dal punto di vista del consumatore (H. Jenkins) Internet Studies? • “Internet studies is a field of academia dealing with the interaction between the Internet and modern society, and the sociological and technological implications on one another” (intro voce Internet Studies, Wikipedia, 2010) • “Internet Studies is an interdisciplinary field studying the social, psychological, pedagogical, political, technical, cultural, artistic, and other dimensions of the internet and associated information and communication technologies. While studies of the internet are now widespread across academic disciplines, there is a growing collaboration among these investigations. In recent years, "internet studies" have become institutionalized as courses of study at several institutions of higher learning...” (intro voce Internet Studies, Wikipedia, 28 settembre 2011) • Internet Studies: a “meta-field” (D. Silver) • The changing role of disciplinarity (Markham e Baym) Un tentativo di definizione (bozza provvisoria) è un campo di studi multidisciplinare (...) internet e alle tecnologie digitali. (>Wellman) suddivide gli I.S. in tre età (...) Se nei primi anni la riflessione si concentrava su pochi temi (tra cui CMC, comunità virtuali e digital divide), oggi gli I.S. analizzano argomenti che spaziano dalle proiezioni identitarie online ai videogiochi, dai (>SNS) alle (>culture convergenti e partecipative), dall'(>internet governance) all'attivismo in rete, dal rapporto tra internet e giovani alle applicazioni della comunicazione online in ambito politico, istituzionale, di mercato. Tra i protagonisti della riflessione disciplinare, metodologica e di etica della ricerca va menzionata l'(>AoIR ). Tra le riviste di riferimento si annoverano: New Media and Society, Information Society, Information Communication and Society, Jounal of Computer-mediated communication, Convergence, First Monday. Come si scrive “internet”? • “Internet” is often spelled with a capital “I”. In keeping with current trends in internet studies, we prefer the lower case “i”. Capitalizing suggests that “internet” is a proper noun and implies either that it is a being, like Nancy or Annette, or that it is a specific place, like Madison or Lawrence. Both metaphors lead to granting the internet agency and power that are better granted to those who develop and use it” • (Baym e Markham, Internet Inquiry. Conversations about method, Sage, 2009) The changing role of disciplinarity • “While most disciplines have awakened to an understanding of the importance of the internet in their fields, most do not have a richly developed core of scholars who agree on methodological approaches or standards. This absence of disciplinary boundaries keeps internet studies both desirable and frustrating” (Baym e Markham, p. xiv) • Absence of canonical texts, few key journals, such as: new media and society; Information Society; Journal of Computer-Mediated-Communication; Information Community and Society Verso una prima sistematizzazione Con l’evoluzione registrata nel corso degli ultimi due decenni sia da internet, sia dalla ricerca accademica su internet, sono emersi con chiarezza due aspetti. Innanzitutto, studiare una tecnologia così complessa e articolata richiede il contributo di numerose discipline e la loro cooperazione interdisciplinare. In secondo luogo, ciò che inizialmente era una serie sporadica di primi tentativi di cogliere un fenomeno nuovo, oggi ha raggiunto la maturità di un corpus di letteratura che rappresenta non solo un ampio spettro di risultati, sempre più raffinati, ma anche un set sempre più sofisticato di riflessioni teoriche sui metodi di ricerca più appropriati, oltre che sull’etica della ricerca (Burnett, Consalvo, Ess, 2010, p. 2) The three ages of Internet Studies • B. Wellman (2004): “The tree ages of Internet Studies: ten, five and zero years ago”, in New media and society • La preistoria (1992-1994): Computer Supported Cooperative Work (CSCW); esperimenti in laboratorio (vedi Sproull e Kiesler Connections, 1991) • “I remember standing lonely at the microphone during a comments period at the CSCW 1992 conference. Feeling extremely frustrated, I exclaimed: You don’t understand! The future is not writing stand alone applications for small groups. It is in understanding that computer networks support the kinds of social networks in which people usually live and often work (…) They are sparsely-knit (…) People don’t just relate to each other online, they incorporate thei computer-mediated communication into their full range of interaction: in-person, phone, fax, ad even writing” The first age of Internet Studies • The Internet became dot.com-ed (metà anni ’90) • Utopians: “The most transforming technological event since the capture of fire” (John Perry Barlow, 1995); presentism e parochialism; guardavano ai fenomeni online come se fossero isolati • Dystopians: “it disconnects us from each other” • “Pundits and computer scientists alike were still trying to get a handle of what was happening without taking much account of social science knowledge” • “Computer supported social networks”: Internet vista come nuova tecnologia che segue la via tracciata da altri promotori di connettività The second age of Internet Studies (1998-2003) • Crescente attenzione da parte del mercato e dei policymakers • Crescita continua dell’uso di Internet: “We have moved from a world of internet wizards to a world of ordinary people routinely using the internet” (internet diventa una cosa importante, ma non una cosa speciale) • Ricerca empirica su larga scala (università, governi, aziende – Pew Internet & American Life Project e World Internet Project) • “Neither the utopians hopes… nor the dystopians fears…” • Dalle ricerche emerge che a un uso crescente di Internet si accompagnano maggiori contatti anche con altri mezzi (face to face, telefono, ecc.) Verso la terza età degli internet studies Le prime due età degli internet studies sono state semplici. Nella prima età, non c’era bisogno di ricorrere ai dati: bastava un’eloquente euforia o un’altrettanto eloquente disperazione. Nella seconda età, i ricercatori potevano cogliere frutti facilmente raggiungibili, utilizzando metodi standard della ricerca sociale – questionari e lavoro sul campo – per documentare la natura di internet (Wellman, 2010, p. 21) La terza fase: dalla documentazione all’analisi (2004- … ) • Progetti di ricerca più focalizzati, supportati dalla teoria (tipologie di relazioni sociali supportate, sviluppo di individualized networks: personalizzazione, portabilità, connettività ubiqua) • “The Internet is helping each person to become a communication and information switchboard (quadro comandi) between persons, networks, and insititutions” • “Groups have clearly become individualized networks” • “The person has become the portal” I convegni dell'AoIR 2012 – IR 13.0: “Technologies” (London) 2011 – IR 10: “Performance and participation” (Seattle) 2010 IR 11.0: Sustainability, Participation, Action 2008 – IR 9.0: Rethinking Communities, Rethinking Place (Copenhagen) 2007 – IR 8.0: Let’s Play! (Vancouver) 2006 – IR 7.0: Internet Convergences (Brisbane) 2005 – IR 6.0: Internet Generations (Chicago) 2004 – IR 5.0: Ubiquity? (Brighton) 2003 – IR 4.0: Broadening the Band (Toronto) 2002 – IR 3.0: Net/Work/Theory (Maastricht) 2001 – IR 2.0: InterConnections (Minneapolis) 2000 – IR 1.0: The State of the Discipline (Lawrence) Verso una quarta fase degli internet studies? Sistematizzazione (manuali, associazioni, riviste) Campo autonomo Integrazione mainstream discipline Integrazioni con network studies e audience studies Gli antecedenti: CMC • Licklider e Taylor “The computer as a Communication Device”, 1968 • Hiltz e Turoff, “The Network Nation: Human Communication via Computer”, 1978 • Il primo filone sistematico di ricerca sulla CMC si sviluppa a partire dagli anni ’80 nell’ambito della psicologia sociale: • Impatto in ambito organizzativo, implementazione reti di comunicazione nelle aziende • Ottenere il massimo dalle nuove tecnologie in gruppi di utilizzatori molto “task oriented” • Valutare questi strumenti non solo sul piano tecnologico, ma anche per i loro effetti sociopsicologici (gerarchie, controllo decisioni, codici non verbali, ecc.) L’approccio RCS: reduced social cues (Kiesler, Sproull, Dubrovsky) – indicatori sociali ridotti • Domande: • quali sono gli effetti di una comunicazione semplice e rapida, in grado di raggiungere qualunque ufficio decentrato? • esistono strategie per compensare la mancanza di codici non verbali? • Le persone avvertono le differenze di status o di prestigio? • Si sentono più anonime? Approccio RSC - segue • Scarsità di informazioni relative al contesto della comunicazione • Scarsità di norme condivise per orientare comunicazione • La cmc è ritenuta povera dal punto di vista sociale • La mancanza di feedback sociale rende difficile il coordinamento degli attori e la comprensione dei messaggi • Le capacità di influenza sociale degli attori si livellano • Stile comunicativo più libero e impersonale • Anonimato e deindividuazione • Sul piano organizzativo, dunque, la Cmc avrebbe due effetti contrastanti: • Livella differenze di status partecipazione più libera da condizionamenti sociali • Crea situazioni di deindividuazione e sottrae gli attori dai vincoli normativi • Un gruppo che interagisce via cmc, dunque, sarà più democratico ma anche più lento nelle decisioni • “Status equalization” (esperimenti): in interazioni FtF i partecipanti di status più elevato dominano la discussione, nell’interazione via computer la relazione è più equilibrata (ridotta ansia da valutazione, aumento disattenzione sociale) • Informazioni relative al contesto sociale: • statiche: aspetto delle persone, arredamento dell’ufficio ecc. • dinamiche: comportamento non verbale • Per costruire il contesto: variabili di tipo geografico (collocazione), organizzativo (posizione gerarchica), contingente (tipo di relazione tra gli interlocutori) • Sproull e Kiesler (1986), ricerca sugli effetti della posta elettronica in una grande azienda: • Cmc veicola poche informazioni sul contesto sociale • Le persone tendono a sopravvalutare la propria importanza • Posta elettronica preferibilmente utilizzata per comunicare con i superiori gerarchici • Posta elettronica preferita per comunicare cattive notizie • Durante l’orario di lavoro la posta elettronica è utilizzata spesso per comunicazioni non inerenti al lavoro • Status equalization • Limitazione della “larghezza di banda” (quantità di informazioni veicolabili nell’unità di tempo). Dunque: • CMC efficace per trasmettere informazioni precise, ma povera in relazione agli aspetti sociali della relazione • Livellamento di status e maggiore visibilità soggetti normalmente esclusi • Ambiente sociale debolmente normato, incline al litigio (flaming), a comportamenti antisociali e a posizioni polarizzate • Limiti approccio RSC: contraddizioni (cmc poco adatta per dimensione sociale, ma mail spesso personali anche dal lavoro); aspetti sociali trattati in termini informazionali; determinismo; non spiega uso cmc per scopi personali o con comportamenti normati. SIDE: Social Identity De-individuation • Inizio anni ’90, psicologia sociale (Lea, Spears) • La larghezza di banda di un mezzo di comunicazione non ha nulla a che fare con la sua capacità di trasmettere indici sociali (intestazioni e firme, conoscenze precedenti, ecc.) • La cmc limita solo alcuni codici usati nella comunicazione interpersonale (codici non verbali) • Distinzione tra l’identità personale e le diverse identità sociali di un individuo: questo spiega perché la deindividuazione può condurre a comportamenti ipersociali o più rigidamente normati di altri • E’ il contesto che coinvolge gli attori come singoli individui o enfatizzando l’identità sociale SIDE - segue • (Esperimenti): in una situazione di deindividuazione si realizzano due tipi opposti di comportamento: asociale o ipersociale (in funzione del tipo di identità di riferimento) • Questo contraddice teorie ingenue dell’influenza sociale; modello SIDE ha concezione dei processi sociali di tipo cognitivo • La cmc si presta ad essere utilizzata come strumento di controllo sociale • Ma la condizione di deindividuazione può distogliere le persone dalle conseguenze che le loro azioni hanno sugli altri (decisioni spiacevoli o impopolari) Teoria “Hyperpersonal” • Social Information Processing – SIP (Walther, Burgoon) • Cmc non solo non è “fredda”, ma tende a sovraccaricarsi di contenuti sociali (“iperpersonale”) • Cmc è generalmente più lenta della comunicazione FtF (questo spiega discrepanze con esperimenti in lab): cmc può veicolare la stessa socialità della comunicazione FtF, se si lascia agli attori il tempo di svilupparla (in laboratorio: limitazione temporale e assenza di aspettative su interazioni future) • Al di fuori delle condizioni di laboratorio, gli esseri umani non comunicano quasi mai esclusivamente con un mezzo (cmc o FtF) • Selective self presentation; scelta dei tempi; feedback più mediato e behavioural confirmation • “Like ordinary behaviour, only more so” (Spears, Lea) Il contesto sociale • Passaggio verso comprensione più completa della cmc: • Superamento teoria “matematica” dell’informazione • Critica a concezione ingenua dell’informazione (che è un prodotto sociale, non un bene che esiste in natura) • Concezione non riduzionistica della dimensione sociale (codici, universi simbolici ci accompagnano come parte integrante nostra esistenza) • Realtà sociale come costrutto e non come dato ontologico • Il contesto sociale: relazione circolare con l’azione • Si pone in discussione il determinismo, ad esempio la presunzione di “intrinseca democraticità” delle tecnologie • Dall’esperimento in lab all’approccio etnografico: l’attenzione si sposta dagli “effetti” della cmc comparata con FtF a processi di costruzione simbolica dei significati e dell’azione online (N. Baym, S.Turkle, ecc.) La CMC oggi: alcuni ambiti di ricerca • http://jcmc.indiana.edu (Journal of Computer Mediated Communication) • Alcuni Special Themes tratti dal jcmc: • War Coverage in Cyberspace (gennaio 2007) • The Social, Political, Economic, and Cultural Dimensions of Search Engines (aprile 2007) • Cross-Cultural Perspectives on Religion and ComputerMediated Communication (aprile 2007) • Blogging (luglio2007) • Social Network Sites (ottobre 2007) Il Jcmc nel 2009 e nel 2010 - special issue: Ehealth (gennaio- luglio 2010) Blog Functions as Risk and Crisis Communication During Hurricane Katrina (pages 1–31)Wendy Macias, Karen Hilyard and Vicki Freimuth Article first published online: 17 NOV 2009 | DOI: 10.1111/j.1083-6101.2009.01490.x The Diffusion of a Task Recommendation System to Facilitate Contributions to an Online Community (pages 32–59)Y. Connie Yuan, Dan Cosley, Howards T. Welser, Ling Xia and Geri Gay Article first published online: 17 NOV 2009 | DOI: 10.1111/j.10836101.2009.01491.x Communication Communities or “CyberGhettos?”: A Path Analysis Model Examining Factors that Explain Selective Exposure to Blogs (pages 60–82)Thomas J. Johnson, Shannon L. Bichard and Weiwu Zhang Article first published online: 17 NOV 2009 | DOI: 10.1111/j.1083-6101.2009.01492. Facebook and Online Privacy: Attitudes, Behaviors, and Unintended Consequences (pages 83–108)Bernhard Debatin, Jennette P. Lovejoy, Ann-Kathrin Horn and Brittany N. Hughes Article first published online: 17 NOV 2009 | DOI: 10.1111/j.1083-6101.2009.01494.x Gratifications and Seeding Behavior of Online Adolescents (pages 109–137)C. Courtois, P. Mechant, L. De Marez and G. Verleye Article first published online: 17 NOV 2009 | DOI: 10.1111/j.1083-6101.2009.01496.x Internet in the Daily Life of Journalists: Explaining the use of the Internet by Work-Related Characteristics and Professional Opinions (pages 138–157)Liesbeth Hermans, Maurice Vergeer and Leen D'Haenens Article first published online: 17 NOV 2009 | DOI: 10.1111/j.1083-6101.2009.01497.x Ethno-Racial Identity Displays on Facebook (pages 158–188)Sherri Grasmuck, Jason Martin and Shanyang Zhao Article first published online: 17 NOV 2009 | DOI: 10.1111/j.1083-6101.2009.0149Consequences of media and Internet use for offline and online network capital and well-being. A causal model approach (pages 189–210)Maurice Vergeer and Ben Pelzer Article first published online: 17 NOV 2009 | DOI: 10.1 Il JCMC nel 2011 e nel 2012 - - - - - - Alcuni temi: - mondi virtuali - SNS - mobile geotagging - selective posting uso dell'email nelle comunicazioni docente/studente, - strategie di comunicazione e pratiche partecipative - blogging - Self-presentation negli ambienti online - Informazione online (e relativa credibilità) - ecc. Riferimenti per eventuali approfondimenti • R. Scalisi, “Users”, Guerini e Associati, Milano, 2001 • L. Paccagnella, “La comunicazione al computer”, Il Mulino, Bologna, 2000 (in particolare cap. 1 e 2) • http://courses.ischool.berkeley.edu/i290-12/f07/airl_cmc.php (discussione su AIR on CMC) • www.jcmc.indiana.edu • Licklider e Taylor, “The computer as a communication device” (1968), disponibile in webcattedra Quando gli utenti non erano utenti • “Negli anni Sessanta una tipica azione di introduzione di informazioni in un computer prevedeva tre attori, che potremmo definire tre tipi di utenti: l’esperto che codificava su fogli di carta le sue specificazioni, il perforatore (o la perforatrice) che perforava le schede riproducendo in forma diversa l’identica informazione passatagli, l’operatore che forniva le schede al computer attraverso un lettore di schede. Da un lato, inoltre, c’era questo gruppo di esperti che avevano la competenza di agire sul calcolatore, dall’altro c’erano tutti coloro che ricevevano i risultati dell’elaborazione informatica, sulla base dei quali dovevano prendere decisioni, senza in realtà avere alcuna conoscenza delle procedure che li avevano prodotti” (Scalisi 2001: 51). Utenti • È solo quando il computer diviene uno strumento personale - e nello stesso tempo strumento per raggiungere una grande varietà di obiettivi, non necessariamente connessi al calcolo o all’informatica – che inizia ad emergere un’elaborazione teorica che considera l’utente come una delle variabili in gioco. È dunque con la nascita del personal computer, e della GUI (Grafical User Interface), che si può parlare di nascita dell’utente. • La nozione di utente, dunque, è espressione caratteristica di un modello che vede un soggetto interagire con un dispositivo informatico; l’incontro tra i due elementi dell’interazione avviene al livello dell’interfaccia (utente), che rappresenta il punto di contatto e di scambio tra il dispositivo ed il corpo dell’utente, concepito sia come porta percettiva, che conduce all’attività di elaborazione condotta a livello cognitivo, sia come ponte ergonomico per l’azione. • Nasce la riflessione sulla Human Computer Interaction Scomparsa degli utenti? • Progressivamente il modello della HCI è stato affiancato e ridefinito da modelli concorrenti, tanto che si è giunti a parlare di scomparsa dell’utente (Scalisi 2001: 145 sgg.). Possiamo individuare due filoni principali che hanno condotto alla scomparsa dell’utente, o meglio, ad una sua ridefinizione: • il modello della Computer Mediated Communication (CMC) • la progressiva affermazione di tecnologie invisibili e onnipresenti. With o through the Net? • Diversamente dalla HCI, la CMC non si concentra tanto sull’interazione tra utente e sistema, quanto sulle interazioni tra soggetti supportate dalla tecnologia. • Ma la CMC non sostituisce totalmente la HCI: anche in contesti di CMC, infatti, l’interfaccia non cessa di avere un ruolo nel determinare la maggiore o minore facilità di utilizzo dei dispositivi, che a sua volta ha ricadute spesso rilevanti sulle modalità di interazione adottate dai soggetti. • I soggetti dell’interazione non cessano totalmente di essere interpretati come utenti ma quello dell’utente diviene solo uno dei livelli di analisi pertinenti quando riflettiamo sulla CMC. In quest’ambito divengono centrali le dinamiche di interazione tra soggetti, mentre i dispositivi tecnologici costituiscono l’ambiente, il contesto dell’interazione stessa. Comunicazione tra macchine? Tra uomini? Tra macchine e uomini? • La società può essere compresa soltanto attraverso lo studio dei messaggi e dei mezzi di comunicazione relativi ad essi; e (…) nello sviluppo futuro di questi messaggi e mezzi di comunicazione, i messaggi fra l’uomo e le macchine, fra le macchine e l’uomo, e fra macchine e macchine sono destinati ad avere una parte sempre più importante (Wiener 1950: 23-24). • Il linguaggio non è un attributo esclusivo dell’uomo, bensì un carattere che egli può condividere fino a un certo grado con le macchine da lui costruite (…) Generalmente noi crediamo che la comunicazione e il linguaggio siano diretti da persona a persona. È possibile tuttavia che una persona parli a una macchina, una macchina a una persona e una macchina a una macchina (…). C’è un linguaggio emesso dall’uomo e diretto alle macchine e c’è un linguaggio emesso dalle macchine e diretto all’uomo (Wiener 1950: 101 - 102) Internet (la rete Tcp-Ip) non è solo il web VoIP Skyp e Web http Explorer OnLine gaming Messaggi stica MSN p2p download and sharing Streaming AV Media Player VoD IpTV E-mail Web 2.0 – L'utente guida il cambiamento (?) Did you know? Web 2.0 is a set of economic, social and technology trends that collectively form the basis for the next generation of the Internet: a more mature and distinctive medium characterized by user participation, openness and network effects. Tim O’Reilly • Il web 2.0 visto da SlideShare O'Reilly, Web 2.0: “web as a platform” Google Maps mashups (Google Maps API) Critical perspectives on web 2.0 • Critical perspectives on Web 2.0 First Monday, vol. 13, march 2008 • “Web 2.0 represents not a socio–technological advance in the World Wide Web, but rather a powerful “framing device of professional elites that define what enters the public discourse about the impact of the Web on society.” Scholz deflates the claims of revolutionary technical innovation and social empowerment held dear by many Web 2.0 evangelists, revealing instead that the technologies and communities underlying Web 2.0 have existed, in one form or another, long before Tim O’Reilly first uttered the phrase” (M. Zimmer) • “There’s something quite brilliant, from a corporate–consumer– marketing perspective, about the term Web 2.0. Its very name – Web 2.0 – embodies new–and–improvedness: a new version, a new stage, a new paradigm, a new Web, a new way of living. Attached to any old noun, 2.0 makes the noun new: Library 2.0, Scholarship 2.0, Culture 2.0, Politics 2.0. Hyping new media is nothing new, but lately the marketing meme machine behind Web 2.0 appears to be set on overdrive” (D. Silver) Quante visite partecipative? Pur in assenza di dati affidabili sulla totalità degli ambienti che supportano user generated content (molti dei quali aggregano, sotto l’etichetta ugc, anche attività che necessitano un minor coinvolgimento degli utenti, quali le comuni pratiche che si accompagnano all’utilizzo di un social network site), un riferimento comunemente citato in proposito è la ricerca Hitwise, 2007, secondo cui la quota di visite produttive è, rispettivamente, dello 0,18% per You Tube, 0,12% per Flickr e 4,38% per Wikipedia. Il dato, evidentemente, non si riferisce al numero degli utenti, ma all’insieme delle attività da questi condotte nei singoli ambienti. In ogni caso, può essere utile per rendere conto dell’entità del tasso di attivismo in differenti ambienti del web 2.0 Quanti UGC in Youtube? (fine 2010) J. Nielsen: piramidi degli UGC Crowdsourcing • Il termine deriva da crowd (folla) e outsourcing e fa riferimento all’esternalizzazione di porzioni del processo produttivo, in questo caso affidato a comunità distribuite, dando luogo a forme di problem solving distribuito. Generalmente, l’azienda ricorre al web per proporre il problema da risolvere (o il compito da eseguire) e per valutarne i risultati, spesso ricorrendo anche in questo caso a forme distribuite (concorsi, valutazione tra pari, ecc.). • Esempio: Mechanical Turk, un’applicazione promossa da Amazon che mira a rappresentare un punto di incontro tra le aziende e un’estesa «comunità virtuale di lavoratori» qualificati, fungendo da mediatore e da garante e supportando sistemi di (micro) pagamento (https://www.mturk.com/mturk/welcome). • “l’ambiente di rete rende possibile una nuova modalità di organizzare la produzione: radicalmente decentrata, collaborativa e non proprietaria; basata sulla condivisione delle risorse e degli output tra individui dispersi nello spazio e variabilmente connessi, che cooperano senza dipendere né dal mercato né dagli ordini dei manager. È quanto io chiamo ‘produzione orizzontale basata sui beni comuni’ (commons-based peer production)” (Benkler, 2006, p. 76). • Radici: commons, cooperazione distribuita, sistemi di reputation Voci critiche • Petersen (2008): looser generated content (contenuti generati da perdenti). L’idea di fondo è che lo user produttore di contenuti sarebbe sostanzialmente un perdente, sfruttato da aziende sempre pronte a trarre profitti dal suo lavoro. • Le forme più prossime al mondo del business, come appunto il crowdsourcing, possono effettivamente finire per confondere la cooperazione distribuita con forme di sfruttamento diffuso di manodopera qualificata a basso costo Riflessioni critiche sul ruolo dei dilettanti • Lovink: con il pretesto dell’elogio del dilettante, un'intera generazione sarebbe di fatto privata degli strumenti per diventare professionista, soprattutto nell’ambito dell’industria culturale), • Inoltre, ampie porzioni dei contenuti presenti sul web sono in realtà sostanzialmente prive di fruitori (o di commentatori, come efficacemente riassunto nel titolo del libro di G. Lovink, Zero Comments). • Keen (Dilettanti.com): gli UGC «distruggono la nostra economia, la nostra cultura e i nostri valori». Il culto del dilettante (Keen) • L’autore contrappone l’accuratezza e la professionalità a suo avviso garantite dai media tradizionali all’improvvisazione e alla scarsa qualità dei contenuti creati dagli utenti, rivendicando, anche per l’informazione e l’intrattenimento, il livello di preparazione professionale che cerchiamo, ad esempio, in un medico o in un avvocato. • Per una analisi critica del lavoro di Keen, realizzata in stile collaborativo e animata principalmente da Lawrence Lessig (duramente attaccato nel testo citato), si veda il Keen Reader, http://wiki.lessig.org/index.php?title=TheKeenReader. Un caso recente: Huffington post Italia Giovanni Boccia Artieri ricostruisce parte del dibattito: “Ci troviamo oggi di fronte alle tracce di una crescita di processi complessi di negoziazione simbolica e di significato tra produzioni e pubblici nella costruzione di una piattaforma narrativa comune in cui auto ed etero riferimenti ai vissuti (concreti ed immaginati) convergono. Dal punto di vista dei singoli portatori di interesse (giornalisti, ad esempio, o autori dei blog) diventa facile dire “chi usa chi”: “L’Huffington Post è un cancro che sta diffondendo la sua malattia del “lavora gratis” in tutto il mondo. Produce benefici solo per i suoi proprietari.” – come dichiara Jonathan Tasini – oppure “I blogger. […] si tratta di voci importanti, che provengono da campi diversi, con sensibilità politiche e culturali diverse, che salgono sulla piattaforma della Annunziata perché da lì possono farsi sentire meglio. Ha molto senso.” – come scrive Riccardo Luna”. Un (altro) caso recente: le mappe iOS6 (basate anche su Openstreetmaps) Le nuove mappe di iOS6: #epicfail? Contenuti grassroots e disintermediazione • Trasversale al dibattito sull’amateur è il tema della dissoluzione – o della persistente validità – della mediazione professionale. Settori sempre più ampi dell’industria culturale, ad esempio, paiono muoversi rapidamente verso un’eliminazione – o quanto meno un ridimensionamento – del ruolo dei mediatori tradizionali. • Ad esempio, giornalismo e musica, settori in cui nelle pratiche d’uso e nella vulgata del web 2.0, il ruolo della mediazione professionale pare essere in fase di superamento, sotto l’effetto congiunto delle pratiche di file sharing, UGC e dei sistemi di peer reccomendation. • Componenti di disintermediazione evocate nella produzione e gestione della conoscenza (Wikipedia vs enciclopedie) o agli entusiasmi suscitati dalle forme di disintermediazione osservate in ambito politico. Un modello di lettura: cattedrale vs bazaar • Raymond: cattedrale vs bazaar • Se vogliamo evitare le semplificazioni della retorica della cooperazione a tutti i costi, così come la miopia di alcune difese di retroguardia dell’intrinseca necessità di mediazione e gerarchie, una volta individuati e descritti i due macro-modelli sopra richiamati, è opportuno procedere ad un’analitica ricognizione delle differenti forme di attualizzazione che se ne registrano nei diversi contesti applicativi. • Nessun osservatore accorto nega che una qualche forma di mediazione resti fondamentale, pur con proporzioni e con declinazioni differenti a seconda dell’oggetto di analisi (innegabilmente, l’attendibilità di una notizia, la validità di un gruppo musicale, l’accuratezza di una voce enciclopedica, ecc. vanno in qualche modo appurate). Forme di filtraggio e di mediazione • Ciò su cui divergono le opinioni sono le forme e le modalità di un simile processo di filtraggio e mediazione: per i sostenitori dei modelli cooperativi, emergerebbe nell’autoorganizzazione risultante dalla somma dei micro comportamenti – non coordinati da alcuna autorità centrale – dei soggetti coinvolti • Dimensione temporale è rilevante: se riteniamo ancora valido il modello di informazione quotidiana (o ancor più di un'informazione aways on), è probabile che una qualche forma di filtraggio più o meno professionale possa garantire in modo più efficace (e più veloce) il vaglio, la verifica e la selezione delle notizie, pur lasciando spazio alle opportune forme di integrazione con la produzione dal basso. La dimensione temporale • Portata ai suoi estremi, la disintermediazione finirebbe per richiede all’utente di trasformarsi egli stesso in agente di selezione e filtraggio. Una totale assenza di mediazione (professionale) porterebbe sugli schermi dei nostri computer, potenzialmente, l’intera mole di notizie prodotte quotidianamente. L’impegno richiesto al singolo per vagliare individualmente una tale quantità di dati (anche, semplicemente, per scorrerne tutti i titoli), o a soggetti distribuiti per attivare efficaci sistemi di selezione cooperativa, travalicano l’orizzonte temporale dell’informazione quotidiana. • Esempio: il caso Wikileaks e la mediazione dei media broadcast Quando la mediazione non funziona. Modelli di disintermediazione • In alcuni casi, invece, la mediazione (intesa come presenza di un soggetto, individuale o collettivo, responsabile della progettazione della struttura e dei contenuti di un sistema complesso), è parsa addirittura condurre all’impossibilità – teorica prima ancora che pratica – di portare a termine la realizzazione di specifici progetti. Un esempio: lo Xanadu di Ted Nelson • Modelli di disintermediazione: comunità open source; culture partecipative • Peer review (sistemi di reputazione, stabilizzati dalla conoscenza del contesto di ciascun peer) • Tentare di offrire una risposta univoca alla contrapposizione tra cooperazione e sistemi gerarchici, tra presenza e assenza di mediazione, appare non solo complicato, ma tendenzialmente poco utile. • Andranno piuttosto analizzate le specificità di ciascun ambito di riferimento, in termini di sistemi di gestione della reputazione, possibilità di integrare nel processo strumenti automatizzati, quantità e omogeneità dei soggetti coinvolti, struttura dei sistemi di feedback supportati, orizzonte temporale di riferimento, livello di specializzazione dei contenuti, ecc. Media grassroots e media broadcast • “Il potere dei media grassroots sta nella diversificazione, quello dei media broadcast nell'amplificazione. Ecco perché dovremmo occuparci più che altro della loro interazione” (Jenkins, Cultura convergente, p. 282) The long tail, C. Anderson http://www.wired.com/wired/images.html?issue=12.10&topic=tail&im g=2 What's next? Web 3.0? Eric Schmidt, CEO google, sul web 3.0 Web semantico: trasformazione del World Wide Web in un ambiente dove i documenti pubblicati (pagine HTML, file, immagini, e così via) siano associati ad informazioni e dati (metadati) che ne specifichino il contesto semantico in un formato adatto all'interrogazione, all'interpretazione e, più in generale, all'elaborazione automatica. The Semantic Web A new form of Web content that is meaningful to computers will unleash a revolution of new possibilities By Tim Berners-Lee, James Hendler and Ora Lassila May 17, 2001 What's next Web 3.0 e internet of things Cloud computing è un modello ibrido di sfruttamento delle risorse offerte dalle reti di computer, Internet principalmente, che supera il vecchio schema client/server che lo ha caratterizzato ed in parte dominato sino ad oggi. La premessa basilare consiste nell’assumere che in questa nuova architettura i data service (servizi hardware) e le funzionalità offerte (servizi software) dovrebbero risiedere prevalentemente sui server web (le ‘nuvole’) piuttosto che ‘diffusi’ sui singoli computer connessi in rete: ‘dovrebbero essere in qualche nuvola da qualche parte ' (E. Schmidt) “The computing revolution was about digitizing information. The wirelesscommunication revolution is about making digital information about anything, available anywhere, at almost no cost (…) Huge amounts of data that were once impossible or too expensive to collect will become the backbone of entirely new services. (…) A disruptive change is occurring in the digital environment thanks to physical computing, pervasive networks and abundant digital storage” (Aprile 2007) Ubiquitous computing e “calm” computing • • • • Ubiquitous computing e “calm” computing Interfacce e manipolazione diretta Un video (ubiquitous computing by Michio Kaku) I-Phone e Ubiquitous computing Il web è morto(?) C. Anderson, M. Wolff, Wired US, estate 2010 Anderson “Negli ultimi anni uno dei cambiamenti più significativi nel mondo digitale è stato il passaggio dal web aperto a piattaforme che utilizzano internet come mezzo di trasporto, ma non il browser come display (ad es. le apps)” La transizione è stata innescata dall'avvento dell'Iphone: mondo che i consumatori scelgono sempre più spesso perché queste piattaforme dedicate funzionano meglio o sono più adatte alla vita quotidiana “Produttori e consumatori sono concordi: il web non è il culmine della rivoluzione digitale” Il web come strumento prezioso, ma non come l'intera cassetta degli attrezzi (Anderson contrappone la sua visione a chi parla di “webtop”) Il web è morto? - segue Push vs pull (Wired, 1997). “proprio come il web 2.0 è soltanto un web 1.0 che funziona, l'idea (del futuro predominio dei media push) è rinata” “Il web in fondo è solo una delle tante applicazioni che esistono in internet, e utilizza protocolli IP e TCP per muovere i pacchetti. La rivoluzione è questa architettura, non le applicazioni specifiche che ci sono costruite sopra”. “Oggi il contenuto che vedi sul tuo browser ammonta a meno di un quarto del traffico internet” Applicazioni responsabili del maggior traffico internet: email, p2p, reti aziendali, comunicazioni da macchina a macchina delle API (application programming interface), le chiamate skype, i giochi online, Itunes, film in streaming (netflix, ecc.) Un'era post-web? Mobile: fruizione resa più semplice dalle applicazioni “E' vero, apprezziamo l'ambiente aperto, ma preferiamo la strada più facile, anche a pagamento” (dal modello free al modello freemium) “Oggi internet ospita una grande quantità di giardinetti privati (walled gardens), in un certo senso il web è l'eccezione, non la regola” “Il web aperto della peer production (…) continua a prosperare, sprinto da incentivi non monetizzabili come la voglia di espressione (…) Ma il concetto del web come mercat per la distribuzione digitale è in crisi (…) La vera rivoluzione è internet (…)” “La natura della rete è cambiata, passando dalla scrivania alle tasche” (C. Anderson, in italiano su Wired, ottobre 2010) Sistemi chiusi e business Allontanamento dall'open web dipende anche dal crescente dominio di uomini d'affari più inclini a pensare nei termini di “tutto o nulla” dei media tradizionali (…) frutto di un'idea che rifiuta l'etica, la tecnologia e il business model del web. Esempio: Facebook, sistema chiuso, che “è diventato un mondo parallelo al web, un'esperienza assai diversa e certamente più appagante e allettante, che divorava il tempo prima passato a passare pigramente da un sito all'altro” applicazioni Integrazione logica tecnologica e media; ci si sposta verso mercato in cui il contenuto domina la tecnologia Apple (Itunes) sposa logica media tradizionali (controlla i contenuti) M. Wolff, in italiano su Wired, ottobre 2010 Gli smartphone e il mercato delle app 13% traffico internet globale è da mobile USA: cittadini trascorrono più tempo con le app che navigando su web da Pc 45% adulti e 2/3 giovani Adulti possiede uno Smartphone. Il 55% di questi va online Da smartphone (USA – Fonte: Pew)