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[ IUS SIT www.iussit.eu ] ww w. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI - SEZIONE DISTACCATA DI FRATTAMAGGIORE nella persona del Giudice Monocratico dott. Francesco Graziano, al termine dell’udienza di discussione orale del 27 maggio 2010 ha pronunziato, mediante lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, ai sensi dell’art. 281-sexies cod. proc. civ., la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 406/AC/2004 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2004, avente ad oggetto risarcimento danni e promossa DA Meviox Ax, nata a ….. ed ivi residente, a … (Codice Fiscale non indicato in citazione, né nella nota di iscrizione a ruolo, né in alcuno degli altri atti di causa), elettivamente domiciliata in …… presso lo studio dell’avv. del Ex, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine all’atto di citazione introduttivo del presente giudizio Attrice CONTRO Azienda Unità Sanitaria Locale NAPOLI 3, in persona del Direttore Generale legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio, dall’avv. Dx, funzionario dell’ente, e con questi elettivamente domiciliato in …. presso la sede dell’azienda Convenuta NONCHÉ Gruppo Servizi BB CC S. r. l., con sede in …. ed in …., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore sig.ra Fx, elettivamente domiciliata in ……, presso lo studio dell’avv. Gx, che rappresenta e difende la società stessa, giusta procura a margine della comparsa di risposta depositata in Cancelleria in data 8 aprile 2005 Chiamata in causa E CONTRO Kkkk Assicurazioni, con sede in …., in persona del dott. Mx, procuratore speciale del rappresentante generale pro tempore per l’Italia, rappresentato e difeso dall’avv. Nx con studio in ………., giusta procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione per chiamata in causa e con il predetto difensore elettivamente domiciliato in ….. , presso lo studio dell’avv. Ox Chiamata in causa NONCHÉ XXX S. p. A. (già XXX COOP. a r. l.), con sede in Napoli, …., in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Tx, elettivamente domiciliato in Napoli, alla Via Ponte di Tappia n. 47, presso lo studio dell’avv. Sx, che rappresenta e difende la società stessa, giusta procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione per chiamata in causa Chiamata in causa MOTIVI DELLA DECISIONE Come evidenziato nel verbale di udienza che precede, la presente decisione viene u .e it ss iu - eu . it ss iu w. ww 1 ww w. adottata ai sensi dell’art. 281-sexies del Codice di Procedura Civile e, dunque, prescindendo dalle indicazioni contenute nell’art. 132 stesso Codice (cfr., in tal senso, Cass. 19 ottobre 2006, n. 22409, la quale, al riguardo, ha avuto modo di chiarire come, essendo l’art. 281-sexies cod. proc. civ., norma di accelerazione ai fini della produzione della sentenza, esso consenta al giudice di pronunciare quest’ultima in udienza, al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, senza dover premettere le indicazioni richieste dal comma secondo dell'art. 132 cod. proc. civ. perché esse si ricavano dal verbale dell'udienza di discussione sottoscritto dal giudice stesso, sottolineando altresì come non sia, pertanto, affetta da nullità la sentenza, resa nella forma predetta, che non contenga le indicazioni riguardanti il giudice e le parti, le eventuali conclusioni del Pubblico Ministero e dei difensori di queste ultime, nonché la concisa esposizione dei fatti e, dunque, dello svolgimento del processo). Infine, priva di rilevanza deve ritenersi la mancata precisazione delle conclusioni, all’odierna udienza, da parte delle chiamate in causa Gruppo Servizi BB CC S. r. l. ed XXX S. p. A., i cui difensori non sono oggi comparsi, atteso che, com’è noto, tale mancanza non implica rinuncia alle domande ed eccezioni, bensì conferma delle conclusioni già in precedenza formulate, operando una presunzione per la quale il giudice deve esaminare le conclusioni del primo atto della parte o quelle successivamente modificate o integrate, le quali deve ritenersi siano rimaste ferme (cfr., in tal senso, Tribunale di Torino, 5 marzo 2001). Sempre in limine litis, non può non essere disattesa l’eccezione, sollevata dalla difesa della chiamata in causa Kkkk Assicurazioni in ordine alla carenza di procura ad litem da parte del difensore dell’ Azienda Unità Sanitaria Locale Napoli 3, al fine della proposizione della domanda di garanzia impropria. Ed invero, l’orientamento giurisprudenziale richiamato, in comparsa di risposta, dalla predetta compagnia assicuratrice a sostegno del proprio assunto non risulta affatto applicabile alla fattispecie in esame nella quale, com’è agevole desumere da un’attenta lettura degli atti e documenti di causa, il difensore della Pubblica Amministrazione convenuta doveva considerarsi abilitato alla chiamata in causa nei confronti della suddetta società assicuratrice, in forza di procura rilasciata a margine dello stesso atto di citazione per chiamata in causa. Del resto, il suddetto orientamento giurisprudenziale di legittimità, chiarendo come nelle ipotesi in cui il difensore di una parte intenda promuovere giudizio di garanzia contro un terzo e chiamare in causa quest'ultimo, non occorra il rilascio di una nuova e diversa procura in calce o a margine della citazione per chiamata in garanzia, se nell'atto contenente la procura originaria risulti la chiara espressione di volontà della parte di autorizzazione anche la proposizione del giudizio di garanzia (cfr., in tal senso, Cass. 21 maggio 1998, n. 5083, nonché Cass. 17 marzo 2005, n. 5768), implicitamente, ed a contrario, intende porre in rilievo come laddove tale espressione di volontà non risulti desumibile con chiarezza dall’atto contenente la procura originaria, la chiamata in causa a titolo di garanzia impropria possa comunque validamente compiersi in forza di una nuova e diversa procura rilasciata in calce o a margine dello stesso atto di citazione con cui la predetta vocatio in ius si realizzi. Ciò premesso e passando, quindi, al merito della res controversa, la domanda giudiziale è infondata e non può, pertanto, trovare accoglimento. Seguendo l'ordine logico di cui all'art. 276, comma secondo, del Codice di Procedura Civile, occorre preliminarmente stabilire se alla fattispecie concreta in esame sia applicabile la presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ. In caso affermativo, infatti, questo giudice non dovrà accertare se l'attrice abbia provato la colpa della convenuta. u .e it ss iu - eu . it ss iu w. ww 2 ww w. Affinché sia applicabile la presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ. occorrono, com’è noto, due presupposti, e cioè: a) che la domanda di risarcimento sia rivolta contro il "custode" della cosa; b) che il danno lamentato sia stato cagionato "dalla cosa". È necessario, pertanto, esaminare questi elementi, onde accertare se essi ricorrano nel caso di specie. A) Custode della cosa è non solo il proprietario, ma chiunque eserciti un potere di fatto sulla cosa stessa. Non vi è dubbio quindi che l’ Azienda Unità Sanitaria Locale Napoli 3 sia "custode", ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., dei locali all’interno dei quali si svolge l’attività ospedaliera, nonché del pavimento e delle scale rientranti negli stessi. Sussiste dunque nel caso di specie il primo dei tre requisiti sopra indicati. B) Occorre in secondo luogo stabilire se l'evento dannoso sia stato cagionato esclusivamente dal fatto del danneggiato o dal fatto del terzo. Deve premettersi che, in materia di responsabilità civile, il criterio della immediatezza e diretta discendenza della conseguenza dannosa dal fatto illecito (fissato dall'art. 1223 cod. civ.) è diretto a disciplinare il problema della rapporto di causalità tra fatto di danno e conseguenze di cui l'autore deve rispondere, ma non riguarda il diverso problema del nesso causale tra condotta illecita ed evento dannoso. In altri termini, mentre l'art. 1223 cod. civ. disciplina l'entità del risarcimento dovuto dal danneggiante, limitando il principio della condicio sine qua non, il problema della sussistenza di un nesso eziologico tra condotta illecita ed eventus damni è disciplinato, anche in materia civile, dagli artt. 40 e, soprattutto, 41 comma primo, del Codice Penale. Pertanto, procedendo col metodo della cosiddetta condotta alternativa corretta, ovvero della prognosi postuma, imposto dalla norma suddetta, è agevole accertare che la condotta della danneggiata - in tesi - non ha avuto efficacia causale esclusiva nella determinazione dell'evento dannoso. Infatti non la caduta in sé è stata causa delle lesioni, ma il fatto che essa sia stata a sua volta determinata (nella prospettazione attorea) da una pavimentazione scivolosa ed insidiosa, in ragione della presenza di acqua e residui di frutta (tra cui anche una buccia di banana). C) Occorre ora stabilire se il danno sia stato arrecato non già "con la cosa", bensì "dalla cosa". Sussiste questo requisito, quando la cosa in custodia non entra come mera occasione nel processo produttivo del danno, ma è essa stessa causa o concausa del danno, vuoi perché arrecato dalla cosa direttamente, in ragione del suo intrinseco potere (cosiddetto dinamismo intrinseco della cosa), vuoi perché arrecato da un agente o processo dannoso insorto od eccitato nella cosa medesima (Cass. 12 giugno 1973 n. 1698; Cass. 28 marzo 2001, n. 4480). Così, ad esempio, è danno arrecato "con la cosa", risarcibile ex art. 2043 cod. civ., la lesione cagionata dolosamente con un corpo contundente; è danno arrecato "dalla cosa" la lesione cagionata dall'esplosione di una bombola di gas liquido. Deve, al riguardo, premettersi come l'art. 2051 cod. civ. non contempli distinzioni di sorta, cosicché la relativa disciplina concerne il danno arrecato da qualsiasi tipo di cosa, sia essa dinamica, inerte, pericolosa per natura od innocua (Cass. 23 ottobre 1990 n. 10277; Cass. 15 novembre 1996 n. 10015). Nel caso in esame, tuttavia, è da escludersi che il danno sia stato arrecato direttamente dalla cosa, ovvero da un agente dannoso insorto in essa. Infatti la pavimentazione e le scale dell’ospedale hanno comunque avuto un ruolo meramente passivo nella codeterminazione del sinistro, la cui cause in senso tecnico (secondo quanto espresso sopra, alla lettera B), sono state in realtà altre due: la perdita di equilibrio dell'attrice, e l'allegata scivolosità della superficie di calpestio (circostanza, quest'ultima, la quale potrebbe in teoria far sorgere una responsabilità del custode per colpa omissiva ex art. 2043 cod. civ. consistente nell'omessa manutenzione e pulizia dei locali, ma non già ex art. 2051 cod. civ.). u .e it ss iu - eu . it ss iu w. ww 3 ww w. Come noto, la giurisprudenza non ha fornito risposte sempre univoche al tormentato tema dei danni derivati direttamente o indirettamente da cose inerti (come ad esempio, nel caso di cadute, scivolate od inciampi su pavimenti bagnati od irregolari, scale, gradini, rampe, moquette con lembi sollevati, urti contro vetrate non visibili, e più in generale tutte le ipotesi di lesioni personali derivanti dall'uso delle altrui proprietà immobiliari, siano esse pubbliche o private). In particolare, è controverso se in questi casi il danno possa ritenersi arrecato "dalla cosa", e quindi se ad essi sia applicabile l'art. 2051 cod. civ. A tale problema un primo e prevalente orientamento dà soluzione negativa. Si ritiene, infatti, che nel caso di cadute o scivolate su un pavimento o sulle scale, o comunque nell'altrui proprietà, quest'ultima non può ritenersi "causa" del danno, perché l'immobile riveste un ruolo del tutto passivo nella produzione dell'evento, e dunque la fattispecie può essere disciplinata unicamente - ricorrendone i presupposti - dall'art. 2043 cod. civ. Ha osservato, in particolare, la giurisprudenza di legittimità, che "quando la cosa svolge solo il ruolo di occasione dell'evento, ed è svilita a mero tramite del danno in effetti provocato da una causa ad essa estranea, che ben può essere integrata dallo stesso comportamento del danneggiato, si verifica il cosiddetto fortuito incidentale, idoneo ad interrompere il collegamento causale tra la cosa ed il danno". In questi casi, il giudizio sull'autonoma idoneità causale del fattore esterno, estraneo alla cosa, va tuttavia adeguato alla natura della cosa ed alla sua pericolosità, nel senso che tanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo (Cass. 9 febbraio 2004, n. 2430). Così, in applicazione di tale principio: Cass. 9 febbraio 2004, n. 2430 ha escluso l'applicabilità dell'articolo 2051 cod. civ. con riferimento ai danni riportati da una persona che era caduta in una botola aperta, ben visibile; Cass. 4 novembre 2003, n. 16527 ha escluso l'applicabilità dell'articolo 2051 cod. civ. con riferimento ai danni riportati da una persona che aveva urtato contro un ramo d'albero collocato sul ciglio di una strada, in condizioni di visibilità; Cass. 17 gennaio 2001, n. 584 ha escluso l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. al caso del cliente di un supermercato che, spingendo il carrello nel piazzale antistante l'esercizio commerciale, non si avvedeva della presenza di una buca sul manto stradale, nella quale si incastrava una ruota del carrello, determinando la caduta del cliente; Cass. 24 novembre 1979, n. 6148 e Cass. 24 gennaio 1975, n. 280 hanno escluso l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. ai danni subiti dal cliente di una banca scivolato sul pavimento bagnato, affermando che tale norma non può trovare applicazione nell'ipotesi di danni che non derivino dalla cosa in sé, ma da comportamenti dolosi o colposi di chi la detiene; con la stessa motivazione, Cass. 23 marzo 1992, n. 3594 ha escluso l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. ai danni subiti da un avvocato nel discendere da una pedana in un'aula di giustizia; Cass. 27 marzo 1972, n. 987 ha escluso l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. in materia di danni subiti dal cliente di un negozio scivolato sul pavimento umido; Cass. 16 febbraio 1976, n. 506 ha escluso l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. ai proprietari di alberghi per i danni subiti da clienti caduti nella hall; Cass. 6 luglio 1978, n. 3364, inedita, ha escluso l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. ai proprietari di alberghi per i danni subiti da clienti caduti su un tappeto; Cass. 1° giugno 1995, n. 6125, ha escluso l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. ai proprietari di alberghi per i danni subiti da clienti caduti nella doccia. Nello stesso senso è orientata la giurisprudenza di merito del tutto prevalente. Si vedano, al riguardo: Tribunale di Roma 16 aprile 2003, la quale ha escluso u .e it ss iu - eu . it ss iu w. ww 4 ww w. l'applicabilità dell'articolo 2051 cod. civ. nel caso di un passeggero scivolato sul pavimento bagnato della toilette di un aeroporto; Tribunale di Roma 27 marzo 2001, la quale ha escluso l'applicabilità dell'articolo 2051 cod. civ. nel caso di danni subiti da una persona scivolata mentre percorreva la rampa di acceso ad un ospedale, resa sdrucciolevole dalla pioggia; Tribunale di Roma 22 febbraio 1997, in nel caso di danni patiti dal giocatore di calcetto che, disputando una partita, era finito per la foga del gioco contro una inadeguata recinzione del campo stesso; Pretura di Roma, 20 marzo 1997, la quale ha escluso l'applicabilità dell'articolo 2051 cod. civ. nel caso di una persona caduta nel percorrere le scale condominiali; Tribunale di Cassino 6 agosto 1997, la quale ha escluso l'applicabilità dell'articolo 2051 cod. civ. nel caso di danni provocati da una caduta determinata dallo stato di degrado del pubblico marciapiede; Tribunale di Roma 12 novembre 1997 la quale ha ritenuto applicabile l'art. 2043 cod. civ., e non l'art. 2051 cod. civ., ai danni subiti da un tennista, inciampato in una buca presente sul campo di gioco; Tribunale di Roma 23 febbraio 2003, la quale ha ritenuto l'articolo 2051 cod. civ. inapplicabile all'ipotesi di danni subiti dal cliente di un albergo, scivolato nel box doccia. Questo giudice, ovviamente, non sconosce come la giurisprudenza di legittimità, in altre ipotesi, si sia discostata dall'orientamento tradizionale suddetto, ritenendo applicabile la presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ. anche alle ipotesi in cui la cosa abbia avuto un ruolo meramente passivo nell'eziogenesi del danno. In particolare: Cass. 20 maggio 1998, n. 5031 ha ammesso l'applicabilità della presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ. nel caso di una insegnante, scivolata su un chicco d'uva presente sul pavimento dell'aula scolastica; Cass. 15 novembre 1996, n. 10015, ha ammesso l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. in una fattispecie in cui il cliente di un supermercato era scivolato sul pavimento sporco del magazzino; Cass. 28 ottobre 1995, n. 11264, ha cassato la decisione di merito con la quale il giudice di merito aveva escluso l'applicabilità dell'articolo 2051 cod. civ. all'ipotesi di un giocatore di tennis, inciampato durante una partita in una buca esistente sul campo; Cass. 23 ottobre 1990, n. 10277, ha ritenuto applicabile la presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ. nel caso di un arbitro di calcio che, mentre faceva la doccia dopo la partita, si era ferito con la scheggia di un lavabo rotto, rimasta infissa nel muro). In tutte queste sentenze, in sintesi, la giurisprudenza di legittimità ha fondato la propria decisione sulle seguenti argomentazioni: a) la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. non presuppone l'accertamento di una violazione degli obblighi gravanti sul custode, ma esige unicamente l'accertamento del nesso causale tra la cosa ed il danno; b) alcuna rilevanza assume, ai fini dell'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ., che la cosa in custodia abbia o meno natura pericolosa; c) pertanto, una volta stabilito che il convenuto sia effettivamente il custode della cosa, e che il danno sia stato cagionato da questa (vuoi perché pericolosa ex se, vuoi perché in essa si è innestato ab externo un agente dannoso) diventa onere del custode stesso fornire la prova del caso fortuito, e cioè della assoluta imprevedibilità dell'evento dannoso. Tuttavia, lo scrivente magistrato, nel perdurare del contrasto giurisprudenziale sopra delineato, ha aderito ed aderisce all'orientamento tradizionale. E ciò per i diversi ordini di motivi che, di seguito, si vanno ad esporre. In primo luogo, infatti, se pure è indubitabile che la presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ. trovi applicazione anche con riferimento ai danni causati da cose in sé non pericolose, il problema della applicabilità della presunzione alle cose non pericolose non può essere confuso col diverso problema della sussistenza di un valido nesso causale tra la cosa ed il danno. Detto altrimenti, una volta accertato che la cosa alla u .e it ss iu - eu . it ss iu w. ww 5 ww w. quale viene ricondotta la genesi del danno abbia natura pericolosa, non può dirsi che, per ciò solo, essa sia stata la causa del danno. In secondo luogo, l'orientamento qui in contestazione trascura di considerare un aspetto essenziale, e cioè che nel caso di cadute od urti contro cose di proprietà altrui, queste hanno un ruolo meramente passivo nella produzione causale del danno, e dunque esse costituiscono semplicemente "occasione", e non "causa", di quest'ultimo. In terzo luogo, la tesi sostenuta dal secondo degli orientamenti sopra riassunti sembra provare troppo: ove, infatti, si ammettesse l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. anche con riferimento ai danni arrecati da cose inerti suscitate dall'uomo, l'art. 2051 cod. civ. diverrebbe norma di applicazione generalissima e costante, con esclusione dei soli casi di danni corpore corporibus illata (così, ad esempio, chi è stato picchiato con un bastone altrui potrebbe invocare l'art. 2051 cod. civ. nei confronti del proprietario del bastone: l'evidente reductio ad absurdum suscita serie perplessità sul principio affermato nelle sentenze di legittimità che precedono). Infine, è opportuno aggiungere che ritenere applicabile l'art. 2051 cod. civ. ad ipotesi come quelle di specie produrrebbe una inammissibile conseguenza: tutti coloro che, a qualsiasi titolo, entrino in contatto con cose altrui, potrebbero omettere di usare qualsiasi prudenza od attenzione nell'usarne, invocando poi la presunzione di legge (difficilissima da superare, in quanto richiede la prova positiva del caso fortuito o del fatto del terzo) per ottenere il risarcimento dei danni eventualmente subiti. Così, come chiarito dalla recente giurisprudenza di merito (cfr. Tribunale di Roma, 4 giugno 2005), ove si condividesse la tesi sostenuta dall’orientamento di legittimità sopra indicato, la presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ. potrebbe essere invocata: a) da colui che, ioci causa, decida di salire di corsa ad occhi chiusi una rampa di scale; b) da colui che decida di estrarre a mani nude un oggetto dal fuoco dell'altrui caminetto; c) da colui che si diverta a congiungere tra indice e pollice i poli positivo e negativo del circuito elettrico dell'altrui abitazione. Anche in questi casi, dunque, l'evidente reductio ad absurdum, palesando la non condivisibilità della conseguenza, dimostra senza dubbio la fallacia della premessa. Pertanto, non è possibile concludere se non ribadendo che, secondo l'orientamento prevalente del giudice di legittimità e della giurisprudenza di merito, l'art. 2051 cod. civ. può trovare applicazione soltanto quando il danno sia stato arrecato o dal dinamismo intrinseco della cosa stessa, ovvero da un agente dannoso in essa insorto. Deve, invece, escludersi l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. nelle ipotesi in cui la res abbia avuto un ruolo del tutto inerte e passivo nella causazione del danno, come appunto nel caso di cadute o scivolate sull'altrui pavimento, sulle altrui scale, nell'altrui esercizio commerciale, eccetera (in questo senso si vedano, ex permultis e per quanto concerne la giurisprudenza di legittimità, Cass. 3408/1969; Cass. 2020/1970; Cass. 987/1972; Cass. 280/1975; Cass. 506/1976; Cass. 3364/1978; Cass. 9 novembre 1978, n. 5133; Cass. 24 novembre 1979, n. 6148; Cass. 25 maggio 1994, n. 5083; Cass. 1° giugno 1995, n. 6125; per quanto riguarda, invece, la giurisprudenza di merito, cfr. Tribunale di Roma 20 aprile 2002, Lauro c. Condominio p.za Sanmicheli 3; Tribunale di Roma 27 marzo 2001; Tribunale di Roma 28 ottobre 1998, Lonigro c. S. I., inedita; Tribunale di Roma 24 ottobre 1996, Ricci c. De Fazio, inedita; Tribunale di Roma 7 gennaio 1997, Mazzotta c. condominio v. Teano 247, inedita; Tribunale di Roma 3 febbraio 1997, Sabatini c. condominio v. suor C. Donati 15/A, inedita; Tribunale di Roma 5 giugno 1997, Ripani c. condominio v. L. Maroi 31, inedita; Tribunale di Roma 30 giugno 1998, Giagu c. Condominio Via Foster 121, inedita; Pretura di Roma 20 marzo 1997; Tribunale di Cassino 6 agosto 1997, alcune delle quali già sopra citate). u .e it ss iu - eu . it ss iu w. ww 6 ww w. Da ultimo, occorre porre in rilievo come la recente giurisprudenza di merito, con riguardo fattispecie del tutto analoghe a quella presa in esame ai fini della presente controversia, abbia avuto modo di chiarire come l'art. 2051 cod. civ. possa trovare applicazione soltanto quando il danno sia stato arrecato o dal dinamismo intrinseco della cosa stessa, ovvero da un agente dannoso in essa insorto. Deve invece escludersi l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. nelle ipotesi in cui la res abbia avuto un ruolo del tutto inerte e passivo nella produzione causale del danno, come appunto nel caso di cadute o scivolate sull'altrui pavimento, sulle altrui scale, nell'altrui esercizio commerciale (cfr., in tal senso, Tribunale di Roma, 7 novembre 2004). Orbene, alla luce delle testimonianze assunte nel corso del giudizio, l’accaduto può essere ricostruito nei seguenti termini: una sera del mese di settembre dell’anno 2002, l’attrice sig.ra Meviox Ax si trovava all’interno dei locali relativi al Presidio Ospedaliero “Zzzo” di ….. (NA) quando, mentre si stava scendendo le scale, scivolava a causa della presenza di alcuni residui di acqua e di frutta presenti sulla pavimentazione delle scale (tra cui anche una buccia di banana) e cadeva riportando lesioni. Esclusa, dunque, l'applicabilità al caso di specie della presunzione di cui all'art. 2051 cod. civ., resta da esaminare se sia stata dimostrata la illiceità dell'operato di alcuno dei convenuti, sotto il profilo di cui all'art. 2043 cod. civ. È opportuno ricordare, al riguardo, che il risarcimento del danno cagionato da insidia o trabocchetto si inquadra nell'ambito di operatività dell'art. 2043 cod. civ., e postula, com’è noto, l'esistenza di una situazione di pericolo occulto connotata dal carattere obbiettivo della non visibilità e da quello soggettivo della sua imprevedibilità. Oggettività del pericolo ed impercettibilità dello stesso costituiscono i due elementi essenziali della nozione di insidia, che debbono essere necessariamente compresenti perché insorga una responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2043 cod. civ. (cfr., in tal senso, Cass. 8 aprile 1997, n. 3041). Ciò premesso in punto di diritto, si rileva, in fatto, come nel caso di specie l'infortunio, asseritamente dovuto alla scivolosità del pavimento delle scale, è avvenuto in un luogo senza dubbio sufficientemente illuminato (cfr., al riguardo, le deposizioni fornite da ambedue le testimoni escusse nel corso del presente giudizio, a conoscenza dei fatti di causa per avere assistito direttamente agli stessi, in quanto amiche dell’attrice che, al momento dell’evento dannoso, erano in compagnia di queste ultime). In simili condizioni di tempo e di luogo, una responsabilità per colpa della A. S. L. convenuta potrebbe essere affermata soltanto laddove potesse ritenersi dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che i residui di acqua e di frutta si sottraessero, se del caso con una sorta di effetto illusionistico, ad una normale visibilità e percezione. Tuttavia, dalle deposizioni fornite dalle testimoni escusse nell’ambito del presente giudizio alcun elemento di certezza risulta essere emerso in ordine alla non visibilità oggettiva dei rifiuti sopra menzionati, atteso che: 1) la teste sig.ra Qx , escussa all’udienza del 3 dicembre 2007, oltre a riferire circa la presenza di “acqua e residui di frutta” (tra cui anche una buccia di banana rinvenuta, subito dopo l’infortunio, al di sotto di una delle scarpe che erano indossate dall’attrice sig.ra Meviox Ax) in cima alla rampa di scale che l’attrice si trovava a scendere, ha altresì evidenziato come le scale fossero sufficientemente illuminate; 2) la teste sig.ra Rx, escussa anch’ella all’udienza del 3 dicembre 2007, ha sostanzialmente confermato, mediante la propria deposizione, le circostanze di fatto già emerse a seguito delle dichiarazioni rese dalla teste sig.ra Qx, evidenziando, però, come, al momento dell’infortunio verificatosi a carico dell’attrice, l’illuminazione delle scale “... era buona perché c’era ancora la luce del sole. Era infatti il mese di settembre.”. u .e it ss iu - eu . it ss iu w. ww 7 ww w. Pertanto, dovendo ritenersi, in ragione delle considerazioni già sopra svolte, che l’ambiente era sufficientemente illuminato, deve certamente escludersi che i rifiuti di cui si tratta non fossero visibili, così come, con espresso riguardo ai residui di acqua, per quanto quest’ultima fosse trasparente, quantomeno avrebbe dovuto tranquillamente notarsi una inusuale differenza di colorazione - cosiddetto effetto bagnato – di tutta o parte della pavimentazione del locale, valevole ad escludere in radice la non visibilità del pericolo. In definitiva, le prove testimoniali assunte non permettono affatto di ritenere provato, al di là di ogni ragionevole dubbio (ed anzi, consentono in realtà di escludere), che i residui di acqua e di frutta menzionati dai testi ed, in particolare, la buccia di banana indicata nell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio, non potessero essere avvistati e percepiti con l'uso dell'ordinaria diligenza. In ogni caso, quel che più rileva, manca del tutto la prova della colpa della Pubblica Amministrazione sanitaria convenuta, ovvero di alcuna delle chiamate in causa Gruppo SERVIZI BB CC S. r. l. ed XXX S. p. A. (già XXX COOP. a r. l.). È opportuno premettere, al riguardo, che il risarcimento del danno cagionato da insidia o trabocchetto si inquadra nell'ambito di operatività dell'art. 2043 cod. civ., e postula l'esistenza di una condotta colposa imputabile al danneggiante. Il proprietario della cosa che ha costituito insidia, ovvero il soggetto qualificabile come custode della stessa, è tenuto, cioè, a rispondere del danno cagionato da quest'ultima soltanto se essa, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, gli sia in qualche modo ascrivibile. Ciò vuol dire che la condotta del responsabile deve collegarsi ad un evento dannoso non soltanto prevedibile, alla stregua di criteri di normalità media, ma anche evitabile mediante l'adozione della doverosa cura del bene, non potendosi certo reputare che il detentore di un immobile versi in colpa per il solo fatto di non aver evitato l'evento dannoso, ancorché non evitabile con l'adozione di tutte le possibili cautele. A tale riguardo, deve osservarsi come certamente non può ritenersi esigibile dal convenuto una condotta diretta a presidiare costantemente un locale aperto al pubblico, onde impedire l'insorgenza di anomalie che possano costituire pericolo occulto per gli utenti. É, invece, esigibile dal detentore una condotta diretta a far sì che simili pericoli vengano rimossi nel più breve tempo possibile, dotandosi di un adeguato servizio di manutenzione. Ne consegue che, in linea di principio, non può essere posto a carico del detentore il danno cagionato dall'insidia che, per essere insorta pochissimo tempo prima, non poteva ragionevolmente essere eliminata dal convenuto, neppure con l'utilizzo della massima diligenza. Può essere, invece, posto a carico del detentore di un immobile il danno causato da quella insidia che, insorta da tempo, sia stata colpevolmente lasciata in situ, per negligenza. Ciò posto in diritto, deve osservarsi, in punto di fatto, come, nella specie, se è rimasto accertato, con ragionevole chiarezza, come l’acqua ed i rifiuti a causa dei quali l’attrice ebbe a scivolare e cadere fossero suscettibili di essere avvistati dai soggetti che, a vario titolo, si trovavano a frequentare i locali relativi al Presidio Ospedaliero “Zzz” di …. , non è, invece, dato sapere: 1) da quanto tempo i residui di frutta (tra cui la buccia di banana menzionata nell’atto di citazione introduttivo della controversia) fossero - in tesi - insidiosamente presenti sul pavimento; 2) se la Pubblica Amministrazione sanitaria convenuta o alcuno dei suoi ausiliari (tra cui anche le società chiamate in causa Gruppo S. r. l. ed XXX S. p. A.) fossero state avvisate del pericolo. u .e it ss iu - eu . it ss iu w. ww 8 ww w. Da tali elementi deriva che, nella specie, non solo non è stata provata l'esistenza dell'insidia, ma neppure può ritenersi provata la colpa della convenuta o di alcuna delle suddette società chiamate in causa, perché da nessun elemento può inferirsi che uno di tali soggetti abbia colposamente omesso di prevenire o di rimuovere l'insidia stessa. In conclusione, alla luce delle molteplici considerazioni finora svolte, la domanda risarcitoria proposta dall’attrice sig.ra Meviox Ax è da ritenersi non soltanto priva di fondamento, fattuale e giuridico, ma altresì sfornita di prova e, come tale, deve essere senza dubbio rigettata, con conseguente l’assorbimento di quella di garanzia impropria avanzata dall’ente locale convenuto nei riguardi della compagnia assicuratrice chiamata in causa (Kkkk Assicurazioni). La complessità delle questioni, fattuali e giuridiche affrontate dalla presente decisione, unitamente alla natura della presente controversia ed all’esito della stessa costituiscono, complessivamente considerati, motivi idonei a giustificare l’integrale compensazione, tra tutte le parti, delle spese di lite, ai sensi di quanto disposto dall’art. 92, comma secondo, cod. proc. civ., con l’unica eccezione di quelle relative al compenso già liquidato in atti in favore del Consulente Tecnico d’Ufficio e che, già provvisoriamente poste a carico dell’attrice, devono essere fatte gravare, in via definitiva, su quest’ultima. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli - Sezione Distaccata di Frattamaggiore -, definitivamente pronunziando nella causa civile promossa come in epigrafe, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede: rigetta la domanda giudiziale; dichiara l’assorbimento della domanda di garanzia impropria proposta dalla convenuta Azienda Unità Sanitaria Locale Napoli 3 nei confronti della chiamata in causa Kkkk Assicurazioni; dichiara interamente compensate, tra tutte le parti, le spese del presente giudizio; pone definitivamente a carico dell’attrice sig.ra Meviox Ax, le spese relative alla consulenza tecnica d’ufficio, come liquidate in atti. Così deciso in Frattamaggiore, lì 27 maggio 2010. IL GIUDICE MONOCRATICO dott. Francesco Graziano u .e it ss iu - eu . it ss iu w. ww 9