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- Istituto Comprensivo di Rodengo Saiano
17 marzo 1861 – 17 marzo 2011 “Han giurato: non fia che quest’onda Scorra più tra due rive straniere: Non fia loco ove sorgan barriere Tra l’Italia e l’Italia mai più”. A.Manzoni, Marzo 1821 è il periodo storico in cui l'Italia ha riacquistato l’indipendenza e ha realizzato la sua unità nazionale. Il Risorgimento attraversa tutti gli avvenimenti che hanno segnato la costruzione territoriale dell'Italia, seguendo le tappe evolutive dell‘idea nazionale Come per la Francia la Rivoluzione del 1789, il Risorgimento segna la nascita dell'Italia contemporanea. E’ dunque un periodo di transizione e di sconvolgimenti politici e sociali corrispondenti ai movimenti principali e ai grandi eventi che hanno permesso all'Italia di realizzare nel XIX secolo la sua unificazione. Quando inizia e quando finisce il Risorgimento? Sono così possibili due ripartizioni cronologiche: -una periodizzazione che parte dagli sviluppi del congresso di Vienna (1815) e che per alcuni storici si concluderebbe verso il 1860-1861 con l'esordio ufficiale del Regno d'Italia. - e un'altra che va dal 1848 al 1870, escludendo una parte ragguardevole del periodo della Restaurazione. L’impresa delle mille “camicie rosse”(così chiamate per la loro caratteristica divisa), guidate da Garibaldi, è forse l’episodio più celebre del Risorgimento italiano. Salpati dal porto di Quarto(Genova), i Mille effettuarono un rifornimento a Talamone, in Toscana, prima di giungere in Sicilia, a Marsala. La vittoria nella battaglia di Calatafimi aprì loro la via per Palermo e per la successiva conquista del Meridione. La spedizione suscitò grande clamore nell’opinione pubblica di tutta Europa: era infatti un evento veramente eccezionale, dal punto di vista militare, che un manipolo di volontari fosse in grado di sconfiggere un esercito regolare come quello borbonico. Garibaldi era pronto a guidare personalmente gli assalti dei suoi uomini: questo comportamento aveva l’effetto di esaltare i combattenti. La camicia rossa divenne il simbolo dei Mille. Il colore non aveva, almeno inizialmente, alcun significato politico: i Mille avevano semplicemente avuto in dono una partita di camicie destinate ai lavoratori dei macelli. I Mille provenivano per la maggior parte dall’Italia del Nord. C’erano 250 avvocati, 100 medici, 50 ingegneri, 20 farmacisti. I rimanenti erano studenti e artigiani; non mancavano scrittori e poeti, mentre non c’era neanche un contadino. Il ritratto di Garibaldi nelle parole dello scrittore Aleksandr J. Herzen "Conobbi Garibaldi di persona nel 1854, a Londra. Garibaldi, con un pesante pastrano chiaro, una sciarpa al collo a colori vivaci e col berretto in testa, mi fece l'impressione del vero uomo di mare più che di quel glorioso condottiero dei volontari romani, le cui statuette, in costume di fantasia, si vendevano in tutto il mondo. La semplicità bonaria del tratto, l'assenza d'ogni pretesa, la cordialità con la quale mi accolse, disponevano in suo favore. Il suo equipaggio era formato quasi per intero di italiani, egli era il capo e un'autorità, un'autorità severa, ne sono convinto, ma tutti guardavano a lui lietamente e con affetto, erano fieri del loro capitano. Silvestro Lega, Ritratto di Giuseppe Garibaldi, 1861, 123 x 90 cm, Modigliana, Museo Civico “don Giovanni Verità”. IL RISORGIMENTO IN LOMBARDIA 1848-49 Insurrezione di Milano contro gli Austriaci (le Cinque giornate); fanno seguito all’occupazione della Lombardia da parte di Carlo Alberto, la sconfitta dei Piemontesi a Custoza, l’ulteriore sconfitta di Novara e l’insurrezione di Brescia (le Dieci giornate) soffocata il 30 marzo. 1859 Durante la seconda guerra d’indipendenza i FrancoPiemontesi entrano l’8 giugno a Milano; tra il 26 maggio e il 12 giugno Garibaldi occupa Varese, Bergamo, Como, Brescia; l’Austria sconfitta, con il trattato di Villafranca (11 luglio), cede la Lombardia a Napoleone III che ne “fa dono” a Vittorio Emanuele II di Savoia. 1861 Proclamazione, da parte del parlamento di Torino, del Regno d’ Italia con Vittorio Emanuele II di Savoia quale sovrano; la Lombardia è tra le regioni più progredite del nuovo stato. Anche se una notevole distanza separava, ancor più per quei tempi, la nostra terra da terre lontane, ciò non impedì che, in nome dell’unità della patria, schiere dei nostri paesani prendessero parte, con tutto il loro entusiasmo, all’impresa garibaldina. La Barricata di S. Barnaba durante le X Giornate, 1849, olio su tela cm 32,5 x 40,5 LE X GIORNATE DI BRESCIA Brescia fu tra le protagoniste della lotta per l’Unificazione nazionale come dimostrano i dipinti e gli scritti ottocenteschi 23 marzo1849 1° giorno dell’insurrezione Brescia, insorta confidando nell’aiuto piemontese, scelse di non arrendersi agli austriaci nuovamente vincitori, ingaggiando una resistenza per dieci, lunghissimi giorni, con il coinvolgimento della gente, che lottò strenuamente casa per casa e dietro le barricate allestite nei punti chiave della città, mentre gli austriaci, arroccati in Castello, bombardavano il perimetro urbano. Sabato 24 marzo, 1849 “Brescia finalmente è sicura di poter resistere. Abbiamo dei capi risoluti a difenderla con l’aiuto di tutti i cittadini. Li hanno nominati oggi, in Municipio, e la gente dice che sono proprio quelli che ci vogliono. Sento fare i nomi di Cassola, Contratti, Tito Speri, Bosio, Broglia, Pozzi, Martinengo, Borghetti ed altri, tutta gente che ha coraggio, e che darà molto filo da torcere ai Tedeschi, se vorranno venire a misurarsi con noi” Da Eugenio Paroli, Le dieci giornate d Brescia narrate ai ragazzi da un tamburino, Milano, Libreria Editrice scolastica E. Trevisini, 1899. TITO SPERI Speri Tito (Brescia 1825 - Belfiore, Mantova 1853), patriota italiano. Volontario nella prima guerra d'indipendenza, partecipò nella sua città natale all'insurrezione antiaustriaca nota come le "dieci giornate di Brescia" (marzo 1849). Ritornati gli austriaci, andò esule prima a Lugano e poi a Torino. Amnistiato, fece ritorno a Brescia unendosi ai gruppi clandestini di mazziniani guidati da don Enrico Tazzoli, la cui cospirazione venne scoperta dalla polizia austriaca. Condannato a morte, fu impiccato il 3 marzo 1853 nel Forte di Belfiore a Mantova insieme con Carlo Montanari e don Bartolomeo Grazioli, secondo gruppo dei "martiri di Belfiore". Faustino Joli, Il combattimento del 31 marzo 1849 in Via della Consolazione, 1849 circa, 32,5 x 41 cm, Brescia, Musei civici d’Arte e di Storia Faustino Joli: Il popolo radunato in Piazza Vecchia 1º aprile 1849 10º giorno dell'insurrezione Si sviluppa l'assalto decisivo a tutte le porte della città. Il terzo corpo d'armata, di ritorno dalla vittoriosa guerra sul Ticino, si avvicina rapidamente a Brescia. Gli imperiali penetrano progressivamente in città, combattendo, incendiando e saccheggiando casa per casa. La resistenza si riduce verso le barricate più interne, con scontri accaniti ancora a piazzetta dell'Albera e alla contrada Bruttanome (attuale corso Magenta). Il generale Nugent è ferito; morirà dopo la conclusione della rivolta. I responsabili del Municipio decidono di inviare una delegazione guidata da padre Maurizio Malvestiti per trattare la resa con Haynau, che promette solo: "... ai tranquilli abitanti non verrà fatto nulla di ostile." La Cansù dei Bressà Tajacantù nel 1849 LÉ DÉS ZORNADE DEL QUARANTANÖF - Çento Sonècc en dialèt bressà" di Eugenio Paroli (Ed. Apollonio 1902) Sóm Bressà, cosé dècc Tajacantù, Svelcc de lengua, de gamba e piö de mà; Intoleráncc de spressi e d'opressiù: Som Bressà, cosé dècc Tajacantù! Sóm piötost séri, ma ridóm del bù, Quand gh'è de rider: per chi pò nol sa. Góm el cör töt dispost a cumpassiù Da vér Bressà, sebé Tajacantù. Ne piaç i fiùr, la müsica, el vi bù, I spetàcoi, el stüdio, 'l laurà: Ma piö de töt ne piaç ön s'ciupitù, A nó alter Bressà Tajacantù. Col s'ciop copóm i osèi - (iè cosé bù!...) Ma se 'l nemico 'l ne vol scalcagnà, El s'ciop el pól socórer la risù Per nó àlter Bressà Tajacantù! Coi ümei, dolç; teribii coi birbù, Volóm pei galantòm la libertà: " Guera ai Tartöf, ai Dèspoti, ai Sücù! " L'è 'l grido dei Bressà Tajacantù. " Giustizia - Libertà - Valor - Virtù " Per st' ideài el sang vorèssem dà. Goërném bë, Goèrni, e saróm bù Nó alter töcc, Bressà Tajacantù! Elenco dei 1072 che sbarcarono a Marsala col Generale Garibaldi il giorno 11 Marzo 1860, nella eroica spedizione dei Mille, riconosciuto ufficialmente dal Ministero della Guerra come dal Bollettino JY.° 21 del 6 Aprile 1864, autenticalo colla segnatura del Ministro della Rovere. Garibaldi l' Eroe dei due Mondi. 1 Abba Giuseppe Cesare, di Giuseppe, da Cairo (Savona). 2 Abbagnole Giuseppe, di Melchiorre, da Casola (Napoli). 3 Abbondanza Domenico, di Giuseppe, da Genova. 4 Acerbi Gioanni, di Gioanni, da Castel Goffredo (Mantova). 5 Adamoli Carlo, di Francesco, da Milano. 6 Agazzi Luigi Isaia, di Alessandro, da Bergamo. 7 Agri Vincenzo 8 Ajello Giuseppe, di Giusto, da Palermo. 9 AirentaGerolamo,di Gioanni Battista,da Rossiglione(Genova). 10 Alberti Clemente, di Arcangelo, da Carugate (Monza). 11 Alessio Giuseppe 12 Alfieri Benigno, di Luigi, da Bergamo. 13 Alpron Giacomo 14 Amati Fermo Ferdinando Federico, di Gioanni, da Bergamo. 15 Ammistani Giovanni, di Angelo, da Brescia. 16 Andreotti Luigi, di Francesco, da Sani' Arenzo al Mare Sarzana (Lerici). 17 Andreetta Domenico, di Benedetto, da Porto Buffoli (Treviso). 18 Antognoli Federico 19 Antongini Carlo, di Gaetano, da Milano. 20 Antongini Alessandro, di Gaetano, da Milano 21 Antonelli Giovanni, di Arcangelo, da Pedona (Lucca). 22 Antonini Marco, di Pietro, da Friuli. 23 Antonelli Stefano, di Francesco, da Saiano (Brescia). Anche la città di Rodengo Saiano è stata protagonista del nostro Risorgimento, grazie al garibaldino Stefano Antonelli… Stefano Antonelli Il garibaldino Stefano Antonelli, nacque a Saiano (che allora faceva comune) il 2 settembre 1841 , da Francesco Antonelli e Carolina Bracchi. Di famiglia modesta, da ragazzo fu inviato a lavorare come garzone di panetteria e all’età di 18 anni era tra i mille di Garibaldi, nello storico sbarco di Marsala, del 1860. Le fonti storiche ricordano che Antonelli fu ferito una prima volta già durante la battaglia di Calatafimi, ma ne guarì. Battaglia di Calatafimi Stefano Antonelli prese parte alla battaglia combattuta il 15 maggio 1860 a Calatafimi, nei pressi di Trapani, tra i volontari comandati da Giuseppe Garibaldi e le truppe borboniche guidate dal generale Landi. Le camicie rosse garibaldine sconfissero i borbonici aprendosi così la via verso Palermo, che fu liberata il 30 maggio successivo. Sei anni più tardi, nel 1866, Giuseppe Garibaldi era impegnato con i suoi fedelissimi nella Terza Guerra d’Indipendenza, battendosi contro gli Austriaci in Trentino. Anche in questa occasione , Stefano Antonelli - che nel frattempo aveva raggiunto i venticinque anni d’età, s’era sposato con Amalia Vergani di Nave, e aveva avuto un figlio, battezzato Francesco – partì al seguito del generale e durante la battaglia di Monte Suello fu nuovamente ferito, ma stavolta in maniera seria. Morì nella sua Saiano, in seguito alle ferite riportate, il 24 aprile 1867 La battaglia di Monte Suello Fu un episodio della terza guerra di indipendenza italiana, e fu combattuta il 3 luglio 1866 nel Comune di Bagolino, dal primo pomeriggio alla sera per un totale di cinque ore, tra il 1º e il 3º reggimento del Corpo Volontari italiani di Garibaldi e gli austriaci dell'8ª Divisione del generale Von Kuhn. Vinta dai garibaldini costrinse gli austriaci a ritirarsi dalla piana della Valle del Chiese a ripararsi oltre i forti di Lardaro e d’Ampola. Nel combattimento rimase ferito anche Giuseppe Garibaldi che per spronare i suoi uomini in difficoltà per l’attacco nemico, si spinse fin sotto le linee austriache. LA BANDIERA ITALIANA Come ogni bandiera del mondo, la bandiera italiana non è nata per caso. Il verde simboleggia la speranza, a lungo coltivata e spesso delusa durante l'Ottocento, in un'Italia unita e libera, e la macchia mediterranea, fondamentale elemento del paesaggio italiano; il bianco simboleggia la fede cattolica, professata dalla stragrande maggioranza degli Italiani, e le Alpi, famose per i loro ghiacciai; il rosso ricorda il sangue sparso per l'Unità d'Italia; questi tre colori, inoltre, erano già noti ai tempi di Dante Alighieri, e lo si vede nella sua Commedia, come simboli delle tre virtù teologali: verdesperanza; bianco-fede; rosso-carità (Purg. canto XXX, v.30-33); i tre colori sono stati disposti a bande verticali di eguale spessore perché tale motivo ricorda la Rivoluzione Francese e di conseguenza gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità . “… così dentro una nuvola di fiori che da le mani angeliche saliva e ricadeva in giù dentro e di fori, sovra candido vel cinta d'uliva donna m'apparve, sotto verde manto vestita di color di fiamma viva. “ Dante Alighieri. Purgatorio canto XXX IL CANTO DEGLI ITALIANI Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli o Fratelli d'Italia, è l'inno nazionale della Repubblica Italiana, adottato dal 12 ottobre 1946. L'inno, però, nacque nell'autunno del 1847. Il testo di Goffredo Mameli fu musicato da Michele Novaro e presentato ai cittadini genovesi e a vari patrioti italiani . Dopo pochi giorni, tutti lo conoscevano e durante le Cinque giornate di Milano, gli insorti lo intonavano a squarciagola: il canto degli italiani era già diventato un simbolo del Risorgimento. Gli inni patriottici, come l'inno di Mameli, furono un importante strumento di propaganda degli ideali del Risorgimento e di incitamento all'insurrezione Quando l'inno si diffuse, le autorità cercarono di vietarlo, considerandolo eversivo. In seguito fu proprio intonando l'inno di Mameli che Garibaldi, con i "Mille", intraprese la conquista dell'Italia meridionale e la riunificazione nazionale. Mameli era già morto, ma le parole del suo inno, che invocava un'Italia unita, erano più vive che mai. Anche l'ultima tappa di questo processo, la presa di Roma del 1870, fu accompagnata da cori che lo cantavano accompagnati dagli ottoni dei bersaglieri. "Celebrando il 150° dell'Unità d'Italia guardiamo avanti, traendo dalle nostre radici fresca linfa per rinnovare tutto quello che c'è da rinnovare nella società e nello Stato" . G. Napolitano, Presidente della Repubblica BIBLIOGRAFIA •Da Forio Giuseppe, Vita di Giuseppe Garibaldi Vol. II, Napoli, Stabilimento tipografico Perrotti, 1862. •Paroli Eugenio, LÉ DÉS ZORNADE DEL QUARANTANÖF Çento Sonècc en dialèt bressà" di, Ed. Apollonio, 1902. •Paroli Eugenio, Le dieci giornate d Brescia narrate ai ragazzi da un tamburino, Milano, Libreria Editrice scolastica E. Trevisini, 1899. SITOGRAFIA •www.brescialeonessa.it • www.cronologia.it FONTI CONSULTATE •Documenti dell’archivio comunale di Rodengo Saiano. Grazie per l’attenzione dedicataci. A cura delle studentesse della 3aA della Scuola Media “Benedetto da Norcia”: Elodia Bulgarini, Maura Peli, Lara Vivaldi, con la supervisione della prof.ssa Maria Elicia Paladino.