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La tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana è una

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La tenacità a frattura in condizioni di deformazione piana è una
Frattura
Ogni processo di rottura avviene in due stadi : la formazione e propagazione della cricca
Sono possibili due modi di rottura: duttile e fragile. Il modo di rottura dipende dal
meccanismo di propagazione della cricca.
La rottura duttile è caratterizzata da elevate deformazioni plastiche all’apice di cricca, la
propagazione della cricca è lenta e stabile (avanza solo se si incrementa il carico
applicato)
La rottura fragile è caratterizzata da deformazioni plastiche all’apice molto contenute e la
propagazione è rapida ed instabile (la propagazione una volta innescata continua
spontaneamente senza bisogno di aumentare il carico applicato)
Frattura
La resistenza a rottura valutata sperimentalmente è da 10 a 1000 volte inferiore a quella
calcolata per via teorica tenendo conto delle forze coesive tra gli atomi pari a E/10. Griffith
ipotizzò che tutti i materiali fragili contenessero una popolazione di piccole cricche e difetti.
Il carico applicato viene amplificato all’apice del difetto e l’intensità dell’amplificazione
dipende dalla orientazione e dalla geometria del difetto.

a
 m   0 1  2

 t



1/ 2



Fattore di concentrazione
degli sforzi
 a
m
Kt 
 2
0
 t



1/ 2
La rottura avviene quando sotto l’azione di un carico la resistenza teorica di coesione viene
superata all’apice di un difetto.
Frattura
Frattura: criterio di Griffith
L’energia elastica rilasciata durante la propagazione della cricca = energia necessaria
alla formazione di nuove superfici libere per effetto della propagazione stessa
(incremento dell’energia superficiale del sistema)
 2 E s 
c  


a


1/ 2
Nella relazione non compare t: si assume che t sia sufficientemente
piccolo da dar luogo a uno sforzo superiore alla resistenza di coesione
del materiale
 2 E  s   p 
c  

a


1/ 2
Gc  2 s   p   Gc 
 2 a
E
Velocità di rilascio dell’energia critica di
deformazione
Frattura
Ci sono tre tipi fondamentali o modi secondo i quali il carico può agire su di una cricca:
•Modo I, di apertura o tensile
•Modo II, di scorrimento
•Modo III, di lacerazione
Frattura
K è detto fattore di intensificazione degli sforzi
K  Y a ,
 ij 
K
f ij  
2r
K dimensiona lmente è
a
Y  Y 
W 
Y è un parametro adimensionale che dipende dalla
geometria e dal modo di applicazione del carico
F 1/ 2
F
L

L2
L3 / 2
Y  1 se
a
0
W
Frattura
Frattura
Si ha frattura fragile quando il carico applicato supera il valore critico c (criterio di Griffith).
In corrispondenza di tale carico esiste un valore critico del K è detto tenacità a frattura
Kc. Quando il K attinge tale valore si ha frattura fragile. La tenacità a frattura è una
proprietà che misura la resistenza del materiale a rompersi in modo fragile in presenza di
una cricca.
K Ic  Y c a ,
a
Y  Y 
W 
 K Ic 

B  2.5
 
 y 
2
La tenacità a frattura in
condizioni di deformazione
piana è una costante del
materiale!!
Frattura per Fatica
La fatica è un tipo di rottura che avviene in
strutture sottoposte a carichi variabili e
periodici nel tempo. In queste circostanze
è possibile che la rottura avvenga a livelli
di carico considerevolmente inferiori ai
carichi di snervamento o di rottura in
condizioni statiche.
Le rotture per fatica avvengono in modo
simile
alle
rotture
fragili:
poca
deformazione
plastica
e
superficie
perpendicolare
alla
direzione
di
applicazione del carico.
   m   a sent   
Sforzo medio
Ampiezza
Rapporto di carico
m 
, T
2

 max   min
2
   min
 a  max
2
R
 min
 max
Frattura per Fatica
Le proprietà di fatica di un materiale vengono determinate con prove di laboratorio, un
esempio è la prova di flessione rotante. Si applica un carico sinusoidale di una certa
ampiezza e si misura quanti cicli di carico sono necessari per portare il provino a
rottura. Si ripete la prova per vari valore dell’ampiezza del carico applicato.
Frattura per Fatica
Curve S-N
S è il carico applicato mentre N è il numero di
cicli a rottura.
Si possono osservare due andamenti distinto
delle curve S-N:
•Per alcune leghe ferrose e di titanio la curva
S-N diviene orizzontale per alti valori di N: vi è
quindi un valore dello sforzo limite, detto limite
di fatica, al di sotto del quale la rottura per
fatica non avviene. Per molti acciai il limite di
fatica è il 35-65% della resistenza a trazione.
•Molte leghe non ferrose non presentano un
limite di fatica. Si ha rottura per fatica sempre
indipendentemente dal valore dello sforzo.
Si definisce resistenza a fatica il livello di sforzo
a cui si ha rottura per un numero definito di
cicli.
Si definisce vita a fatica il numero di cicli che
provoca rottura ad uno specifico livello di carico
Frattura per Fatica
Esiste una dispersione considerevole nei dati di fatica che provoca una variazione nella
misura di N per le stesse condizioni di prova e di carico. Lo scarto nei risultati è dovuto ai
parametri di prova. Una via conveniente per rappresentare i dati è quella di tracciare delle
curve a probabilità costante di rottura. Il valore di P associato ad ogni curva rappresenta la
probabilità a rottura.
Frattura per Fatica
Il processo di rottura per fatica è caratterizzato da 3 fasi distinte:
1.
Innesco della cricca;
2.
Propagazione della cricca;
3.
Rottura finale (rapida una volte cha la cricca ha raggiunto le dimensioni critiche)
Siti di nucleazione della cricca possono essere scalfiture superficiali, scalanature, filetti, etc. La
cricca si propaga in un I stadio lentamente lungo i piani in cui è massimo lo sforzo di taglio, poi in
un II stadio la velocità di propagazione aumenta.
II stadio: affinamenti e arrotamenti successivi
Frattura per Fatica
Linee di spiaggia: macroscopiche
Striature: microscopiche
Frattura per Fatica
I principi della meccanica della frattura possono
essere utilizzati per stabilire una lunghezza
critica della cricca che può essere tollerata
senza che vi sia rottura. La velocità di
propagazione della cricca, nello stadio II è
fornita dalla legge del Paris:
da
m
 AK 
dN
(1)
A e m sono costanti che dipendono dal
materiale (m è circa 3 per gli acciai).
K  Kmax  Kmin  Y a  Y  max   min  a
N. B. : se min è di compressione allora Kmin e
smin sono posti uguali a zero, cioè ΔK=max
Dalla (1) si ha:
 da 
log 
  log A  m log K
dN


Frattura per Fatica
Uno degli scopi della meccanica della frattura è quello di poter prevedere la vita a fatica Nf di
un componente. Integrando la legge del Paris è possibile ottenere un’espressione analitica
di Nf
da
da
m
 AK   dN 
 Nf 
m
dN
AK 
Nf

dN 
0
ac

a0
da
m
AK 
a0 è la lunghezza iniziale del difetto che può essere misurata attraverso tecniche di indagine
non distruttiva ed ac è la lunghezza critica di cricca determinata attraverso prove di tenacità
(cioè tramite K1C).
Sostituendo l’espressione del ΔK si ha:
Nf 
ac
da
 AY
a0
a

m

A m / 2  
Se Y non dipende da a si ha:
Nf 
m
 1
2
ac
1
m
 1
2
ac
 a0
1
m m
m/ 2
m


A



Y
 1
2
m
da
 Y mam / 2
a0
2m
2m

2
2 ac
 a0 2 



2  mA m / 2  m Y m
Frattura per Fatica
Frattura per Fatica
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