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Scienza delle finanze
La finanza decentrata
Romilda Rizzo
Scienza delle finanze
1
Il settore pubblico è suddiviso in una pluralità di enti sulla base di due criteri di
organizzazione.
 Secondo il criterio funzionale, il settore pubblico è strutturato in Enti con
competenza sul territorio nazionale, dotati di una sola funzione (per es.,
l’offerta di uno specifico servizio – ministeri, agenzie nazionali) e che
possono disporre di una certa autonomia finanziaria.
 Secondo il criterio territoriale, il settore pubblico è articolato in Enti
aventi una o più funzioni, con competenza sull’intero territorio nazionale o
su parti di esso (per es., Regioni, Province, Comuni,…)
Spesso, tuttavia, abbiamo una combinazione dei due criteri.
Le giurisdizioni in cui si articola uno Stato rappresentano aree geografiche
definite dotate di un governo eletto e responsabile di funzioni stabilite da una
giurisdizione superiore, o tramite un patto costituzionale.
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Sulla base dell’origine dell’attribuzione delle funzioni, possiamo anche
distinguere tra:
Stato unitario: quando le funzioni degli enti di livello più
basso sono assegnate da un governo di livello superiore;
Stato federale: quando l’attribuzione delle funzioni è definita
dalla Costituzione e le modifiche avvengono con il consenso degli enti
coinvolti.
Vi possono essere, però, Stati unitari che attuano una sorta di
federalismo fiscale, con il decentramento, o la devoluzione di alcune
scelte pubbliche a livelli politico-amministrativi più bassi.
Una struttura federalista presenta un compromesso tra una struttura
centralizzata, con politiche applicate uniformemente sul territorio
nazionale, ed una struttura completamente decentrata con decisioni
totalmente autonome delle giurisdizioni.
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La teoria del federalismo fiscale ha come obiettivi principali:
(i) definire i vantaggi (soprattutto in termini di efficienza) di un sistema
decentrato rispetto ad un sistema centralizzato, tenendo conto dei possibili
interventi del governo centrale, diretti a correggere le eventuali inefficienze che
decisioni politiche decentrate possono causare ed a realizzare obiettivi
perequativi;
(ii) individuare quali funzioni attribuire al governo centrale e quali invece alle
giurisdizioni locali;
(iii) definire la dimensione ottimale delle giurisdizioni
(iv) esaminare gli effetti del decentramento sulla spesa pubblica.
Le prime tre categorie di analisi sono di tipo normativo, mentre
l’ultima è di tipo positivo.
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Alcuni dati comparati
• La ripartizione delle competenze tra i diversi
livelli di governo e le modalità di finanziamento di
tali funzioni variano nei diversi paesi.
• Il grado di decentramento/accentramento può
essere misurato sia con riferimento alla spesa
(proporzione della spesa finanziata da ciascun
livello di governo) sia con riferimento alle entrate
(quota di spesa finanziata con entrate proprie o
con trasferimenti dai livelli di governo superiore)
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Tabella 19.1: Indicatori del grado di decentramento (segue)
Cap. 19, p. 290 del libro di testo
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VANTAGGI DEL DECENTRAMENTO
1.
2.
3.
4.
5.
Il decentramento favorisce il coinvolgimento dei cittadini nell’attività politica, la
capacità di controllo sull’attività di governo, ed educa all’amministrazione pubblica
ed al perseguimento di obiettivi pubblici (Jefferson, Madison, Montesquieu, de
Tocqueville)
Migliora l’efficienza amministrativa, attraverso la divisione del lavoro e la
specializzazione.
Permette la realizzazione di programmi di spesa differenziati secondo le preferenze
locali con miglioramenti in termini di efficienza e di numero di persone soddisfatte
rispetto alla soluzione centralizzata (teorema del decentramento di Oates).
Permette la ‘sperimentazione’ di programmi diversi
Rappresenta uno strumento di disciplina del settore pubblico, in ragione:
(i) del confronto tra diverse amministrazioni locali;
(ii) della mobilità residenziale e degli investimenti (che può determinare uno
spostamento verso giurisdizioni più efficienti).
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SVANTAGGI DEL DECENTRAMENTO
1. Difficoltà di realizzazione di politiche
(necessario un intervento perequativo da
governo centrale).
distributive
parte del
2. Mancata tutela delle minoranze e dei gruppi più deboli, a
livello locale.
3. Concorrenza fiscale con conseguente possibile riduzione
della spesa pubblica.
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Quali funzioni ai diversi livelli di governo?
Un tema centrale nella letteratura sul federalismo fiscale è quello
dell’attribuzione delle funzioni:
quali funzioni possono essere svolte efficientemente dal governo
centrale e quali invece dovrebbero essere assegnate ai livelli di governo
più bassi?
In Fiscal Federalism (1972), Oates afferma che un sistema federalista
potrebbe rappresentare la forma di governo ottimale, che accomuna i
vantaggi di una struttura di governo decentrata e di una struttura
centralizzata, qualora sia in grado di assegnare in maniera ottimale le
funzioni pubbliche ai governi di diverso livello.
Il decentramento decisionale permetterebbe un spesa coerente con le
preferenze locali, mentre la mobilità residenziale garantirebbe un
sistema competitivo di allocazione delle risorse.
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Criterio guida: ottima corrispondenza (criterio dell’equivalenza)
Perché una funzione sia svolta a livello efficiente, l’area geografica
entro la quale un’attività svolta da una giurisdizione manifesta i
suoi effetti deve coincidere con i confini territoriali della
giurisdizione stessa.
Seguendo la classificazione tradizionale di Musgrave, le funzioni
della finanza pubblica sono:
1. Funzione allocativa
2. Funzione redistributiva
3. Funzione stabilizzatrice
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La funzione redistributiva può essere realizzata in maniera più efficiente dal
governo centrale. La ragione principale risiede nella mobilità dei soggetti tra le varie
giurisdizioni locali:
se una giurisdizione proverà ad attuare una politica redistributiva, essa attrarrà
beneficiari (soggetti a basso reddito) da altre giurisdizioni; ciò rende la politica
potenzialmente insostenibile e potrebbe anche favorire la fuoriuscita dei soggetti ad
alto reddito.
La funzione stabilizzatrice sarà esercitata efficientemente a livello centrale poiché,
se esercitata da un governo locale, è prevedibile che i suoi effetti si manifesteranno,
almeno in parte, al di fuori della giurisdizione indebolendo l’efficacia della politica
di stabilizzazione.
Sulla base del criterio del criterio dell’ottima corrispondenza, Oates mette in luce
che solo la funzione allocativa, indirizzata principalmente alla fornitura di beni e
servizi, dovrebbe essere svolta in maniera decentrata.
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Il Teorema del decentramento di Oates dimostra che, in
una decisione relativa all’ammontare di bene pubblico
locale (bene pubblico i cui benefici dal consumo si
manifestano entro i confini di un territorio), la soluzione
decentrata sarà superiore alla soluzione centralizzata.
Ipotizziamo, assenza di effetti di traboccamento,
rendimenti di scala costanti nella produzione e
preferenze omogenee nelle singole giurisdizioni (a e b),
ma differenti tra loro. La soluzione centralizzata è
inferiore a quella decentrata.
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1. La perdita di efficienza causata dalla soluzione centralizzata
diminuisce con l’elasticità della domanda (e vi è solida evidenza
empirica che la domanda per beni pubblici locali sia tipicamente in
elastica rispetto al prezzo).
2. La perdita di efficienza causata dalla soluzione centralizzata aumenta
con la eterogeneità tra le giurisdizioni.
3. Se le preferenze nelle giurisdizioni sono sufficientemente eterogenee
la soluzione centralizzata potrebbe essere superiore a quella
decentrata, anche se quest’ultima garantisce la soddisfazione di un
maggior numero di individui .
…ma se le preferenze sono eterogenee in una giurisdizione, allora ci si
può chiedere perché i residenti non cambino giurisdizione, scegliendo la
comunità che offre la migliore combinazione di imposte e servizi.
La mobilità residenziale è il modo in cui gli individui esprimono le proprie
preferenze nel modello di Tiebout (1956): votando con i piedi.
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Il modello di Tiebout
•
Tiebout costruisce un modello dove molteplici giurisdizioni con governi indipendenti offrono
combinazioni di beni/servizi pubblici ed imposte.
•
Tiebout evidenzia come la mobilità residenziale produca una situazione di ‘quasi-mercato’
dove i residenti scelgono la giurisdizione che offre la migliore combinazione di imposte e
servizi, come se questi fossero negozi che offrono diversi prodotti a diverso prezzo.
•
Ipotesi:
–
–
–
–
–
completa mobilità;
conoscenza perfetta dell’offerta delle giurisdizioni;
numero sufficientemente elevato di giurisdizioni;
nessun effetto di traboccamento;
produzione a rendimenti di scala costanti;
– l’offerta può adeguarsi rapidamente alla domanda
•
Risultato:
–
La mobilità residenziale garantirà un efficiente livello di beni/servizi pubblici locali.
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Pro e contra del modello di Tiebout
Le ipotesi di base del modello sono considerate troppo specifiche ed irrealistiche.
L’ipotesi che la mobilità degli individui sia completa e non influenzata dalla ricerca del
lavoro sembra irrealistica a meno che non si tratti di piccoli spostamenti tra aree urbane.
Il modello presuppone che vi sia un gran numero di giurisdizioni locali con una gran
varietà di beni pubblici locali e che ciascuna famiglia possa trovarne una che risponde
esattamente alle sue preferenze
La mobilità residenziale rappresenta un importante fenomeno economico che influenza il
valore di beni patrimoniali e le scelte pubbliche (imposte e spesa).
La mobilità residenziale è sottovalutata in Europa, dove è bassa. Tuttavia, negli Stati Uniti, dove
la mobilità è elevata vi sono riscontri empirici a favore della tesi di Tiebout che i residenti si
spostano sulla base del mix servizi-imposte offerto dalle diverse giurisdizioni.
Il modello mette in luce uno strumento di rivelazione delle preferenze diverso dal voto: la
mobilità residenziale collegata all’offerta di servizi pubblici locali e, eventualmente, al carico
tributario locale.
Questo fenomeno ha una rilevanza notevole per la teoria delle scelte collettive, in quanto
introduce nuovi vincoli per l’amministrazione pubblica collegati alla mobilità degli elettori.
Il modello di Tiebout può essere utile per studiare le aree metropolitane
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Dimensioni ottimali dei livelli di governo
 L’analisi di Tiebout indica quale è il livello efficiente di
servizi o beni pubblici offerto dall’Ente locale.
 Quel modello non dice nulla riguardo alla dimensione
dell’Ente.
 Buchanan considera una giurisdizione locale simile ad
un club (An economic theory of clubs) che fornisce
servizi di tipo collettivo ai suoi membri, che hanno
preferenze omogenee.
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Ipotesi
• I servizi offerti sono soggetti a congestione nel consumo che, quindi, cresce
con l’ingresso di nuovi membri i quali, tuttavia, si addossano parte dei costi:
quindi i nuovi arrivati provocheranno benefici e costi.
• Servizi pubblici locali (ristretti solo ai membri della comunità)
•Produzione con rendimenti di scala costanti.
Due obiettivi:
a. definire il livello di produzione dell’attività (cioè di offerta del servizio)
b. definire la dimensione del club (cioè il no. di membri)
Il livello di attività ottimale si ha quando il contributo individuale eguaglia i
benefici individuali derivanti dal consumo del servizio, cioè quando beneficio
marginale e costo marginale di ciascun membro sono uguali
Al crescere della dimensione, i membri esistenti subiscono un costo di
congestione (beneficio marginale decrescente) e un guadagno pari alla riduzione
di costo pro-capite. La dimensione ottimale si raggiunge quando il beneficio
marginale è uguale al costo marginale.
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Problemi
La presenza di un numero elevato di club può portare ad un eccessivo
frazionamento, tale che la dimensione ottima del club non verrà
raggiunta, allora gli equilibri che si ottengono possono essere
instabili.
Instabilità può anche derivare dall’ingresso di soggetti a basso
reddito.
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In definitiva, alla base del decentramento fiscale esiste un fondamentale trade-off:
il decentramento delle decisioni produce vantaggi derivanti dalla realizzazione di
politiche ‘vicine’ alle preferenze dei cittadini e dalla responsabilizzazione delle
Amministrazioni locali (attraverso la concorrenza fiscale e la mobilità di residenti
ed investimenti); ma indebolisce i sistemi redistributivi di ricchezza e può
introdurre condizioni di ineguaglianza nell’offerta di servizi pubblici.
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Il finanziamento degli enti territoriali sub-centrali
Tre fonti di finanziamento:
- Tariffe pubbliche e tasse
- imposte
- trasferimenti da enti di livello superiore
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Il finanziamento con i tributi locali
Alcune volte i servizi pubblici possono essere finanziati attraverso un pagamento di un
corrispettivo collegato alla fruizione del servizio.
• Più in generale, si può ricorre all’introduzione di tributi che coprono totalmente o
parzialmente i costi della prestazione di un servizio pubblico ad un gruppo definito di
beneficiari (come nel caso di alcuni servizi pubblici locali: raccolta di rifiuti).
•Tuttavia, non è sempre possibile applicare delle tasse basate sul criterio del beneficio e,
quindi, sulla domanda individuale, per esempio a causa dei costi di gestione che
implicherebbero, o per problemi di informazione, o perché non sufficientemente eque.
•Inoltre alcuni servizi possono avere effetti esterni (sono almeno parzialmente a consumo
collettivo) che non rendono efficienti tasse basate sul costo.
•Altri beni/servizi pubblici, poi, non sono escludibili e quindi devono essere finanziati con
sistemi generali di entrata.
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N.B. Si può parlare di imposte locali solo quando
gli Enti locali hanno il potere di decidere il tipo
d’imposta e/o l’aliquota (il carico d’imposta). In
questo caso, gli Enti locali godono di autonomia
tributaria.
Spesso, però, i governi locali non hanno
un’autonomia tributaria piena.
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Con le imposte in sovrapposizione, la base
imponibile è determinata a livello nazionale, mentre
le aliquote sono determinate dal livello di governo
inferiore e si applicano all’imponibile, nel caso delle
sovrimposte, o al gettito, nel caso delle
addizionali.
Con la compartecipazione alle imposte, la base e le
aliquote sono decise a livello nazionale; si verifica
semplicemente una devoluzione di una quota di
gettito da un governo di livello superiore ad uno di
livello inferiore.
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Vantaggi e svantaggi della autonomia impositiva locale
Vantaggi
Imposte basate sul criterio del beneficio: desiderabili, qualora
la loro applicazione sia possibile.
Disciplina finanziaria: il finanziamento dei servizi locali da
parte del governo centrale non fornisce incentivi ad un utilizzo
efficiente delle risorse e può avere effetti esplosivi sulla spesa
pubblica (free-riding): l’utilizzo di imposte locali limita la
‘tendenza’ ad inefficienze e spese eccessive.
Maggiore capacità
programmi locali.
di
realizzazione
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in
autonomia
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di
Svantaggi
Concorrenza fiscale
Gli Enti locali possono avere un incentivo a ridurre le
imposte locali per attirare base imponibile, ottenendo un
effetto netto positivo sul gettito.
Comportamenti concorrenziali da parte degli Enti locali,
senza coordinamento, possono provocare una ‘corsa al
ribasso’ delle spese sociali a favore delle spese a
servizio del capitale, imposte elevate sui contribuenti
“immobili” (per es. proprietari di beni immobili) ed
imposte basse sui contribuenti mobili (per es. imprese
produttive).
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Esportazione delle imposte
Le imposte locali potrebbero essere ‘esportate’, cioè
pagate da residenti di giurisdizioni diverse da quelle che
le applicano senza che questi ricevano dei servizi in
cambio.
In questo modo, si possono creare delle inefficienze: la
differenza tra costi e benefici per i servizi locali potrebbe,
per esempio, provocare una spesa eccessiva da parte
delle giurisdizioni che esportano le imposte.
N.B. Ovviamente questi problemi si riducono d’intensità
man mano che cresce il territorio della giurisdizione.
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Questi argomenti sollevano il problema dell’attribuzione
delle imposte. Secondo Musgrave:
• Alla responsabilità del governo centrale vanno attribuite
le imposte con fini di stabilizzazione o con elevato
impatto distributivo, o quelle su beni e fattori
caratterizzati da forte mobilità (imposta personale sul
reddito; imposta sui profitti delle società; imposte
specifiche, di consumo e produzione; imposta sulle
vendite, se pagate alla fase di produzione)
• Al governo locale sono attribuite le imposte su fattori
immobili o le imposte basate sul criterio del beneficio
(imposta sulle vendite, se al dettaglio e se le giurisdizioni
non sono eccessivamente frazionate; imposta sulla terra
e sugli immobili, specialmente se ad uso residenziale;
tariffe/prezzi pubblici).
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Tabella 19.2: Il Finanziamento dei diversi livelli di governo
Cap. 19, p. 297 del libro di testo
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Categorie di imposte locali
 Le tasse su servizi sono piuttosto rare. Hanno i
vantaggi di poter essere commisurate sulla base
del beneficio, di favorire il controllo dell’elettorato
sulla spesa pubblica, di evitare che residenti
paghino per servizi di cui usufruiscono anche i non
residenti.
 D’altra parte è difficile attuare una perfetta
discriminazione che tenga conto dei benefici e di
aspetti perequativi, la presenza di esternalità
complica la fissazione del prezzo, i costi
amministrativi sono molto alti.
Scienza delle finanze
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 Le imposte sul reddito sono meno adatte ad essere
gestite
localmente
perché
possono
causare
ineguaglianze e concorrenza fiscale. Quest’ultimo
problema esiste anche per le imposte sulle vendite al
dettaglio, le quali potrebbero anche essere esportate.
 Le imposte locali più diffuse sono generalmente quelle
sulla proprietà immobiliare. “Difficili” da esportare,
esse hanno il pregio di poter essere commisurate ai
benefici derivanti dai servizi finanziati e, allo stesso
tempo, di tenere conto anche della capacità contributiva.
Scienza delle finanze
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Il finanziamento degli enti locali in Italia
Nella
prospettiva
di
una
sempre
maggiore
razionalizzazione delle scelte e responsabilizzazione dei
governi locali, èimportante analizzare gli effetti delle
imposte
locali
(intese
come
strumenti
di
programmazione), dal punto di vista dell’efficienza e della
distribuzione del reddito.
La progressiva devoluzione di competenze e funzioni
amministrative e l’assegnazione di fonti autonome di
entrate addossa ai vari livelli di Governo nuove
responsabilità di politica economica fiscale.
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In Italia, I tributi diretti locali sono: IRAP, ICI e addizionale IRPEF.
L’IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive) è stata introdotta dal 1°
gennaio 1998, contestualmente all’abolizione dei contributi sanitari. E’ un’imposta
diretta avente come base imponibile il valore aggiunto netto (ottenuto come
differenza tra valore della produzione e costo delle materie prime e dei beni
intermedi). Presenta una larga base imponibile, anche se questa è erosa da recenti
esenzioni.
Il gettito è attribuito alle regioni. L’aliquota è pari al 4,25%. Alle regioni è
attribuito il potere di maggiorare l’aliquota per un massimo di un punto
percentuale (potere sospeso dalla Finanziaria 2005).
Può essere in qualche modo intesa come un’imposta coerente con il principio del
beneficio.
Altri tributi regionali: tasse sulle concessioni regionali (tra cui la tassa di
circolazione automobilistica); tassa per il diritto allo studio universitario;
compartecipazione all’accisa sulla benzina
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Tabella 19.3: Regioni: conto consolidato di cassa
degli anni 1999-2001 (in milioni di euro)
Cap. 19, p. 299 del libro di testo
Scienza delle finanze
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L’ICI è un’imposta comunale sugli immobili, in vigore dal
1993.
- La base imponibile è il valore degli immobili.
- L’aliquota è compresa tra il 4 ed il 7 per mille.
- Ha il vantaggio di essere basata sul criterio del
beneficio e di avere un imponibile ‘immobile’.
Altre entrate per i Comuni: imposte di registro, ipotecarie
e catastali, tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani
(Tarsu), diritto sulle pubbliche affissioni, tassa per
l’occupazione di spazi e aree pubbliche (Tosap).
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Tabella 19.4: Gettito ICI per area geografica in valori assoluti,
valori medi pro capite e aliquote medie ponderate
Anno 1997 (in euro)
Cap. 19, p. 301 del libro di testo
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Sovrimposte/addizionali e
compartecipazioni
Le leggi ‘Bassanini’ del 1997 hanno introdotto
addizionali e compartecipazioni.
Sovrimposta
(detta
addizionale)
all’imponibile
dell’IRPEF; per le Regioni fissata tra lo 0,9% e un
massimo dell’ 1,4%.
Le Regioni hanno anche una compartecipazione al
gettito IVA, nella misura del 25,7%
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Per i Comuni, per l’anno 2005, la quota di
compartecipazione al gettito dell’IRPEF è stabilita nella
misura di 6,5%.
Per le Province, per l’anno 2005, è istituita una
compartecipazione al gettito dell’IRPEF nella misura
dell’1% del riscosso.
La Legge Finanziaria 2005-07 ha sospeso gli aumenti
delle addizionali IRPEF per Regioni (tranne se
finalizzate alla copertura di disavanzi della spesa
sanitaria) e Comuni.
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Tabella 19.5: Comuni e Province: Conto consolidato di cassa
degli anni 1999-2001 (in milioni di euro)
Cap. 19, p. 302 del libro di testo
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Trasferimenti
Nel caso dei trasferimenti, bisogna distinguere tra diversi tipi con effetti potenzialmente
diversi
Motivazioni dei trasferimenti
1. Garanzia di un certo livello minimo di spesa, controbilanciando gli effetti della
concorrenza fiscale.
2. Redistribuzione territoriale
I trasferimenti più adatti in questi due casi sono trasferimenti generali o non vincolati
3. Correzione di inefficienza dovuta, per es., ad esternalità di vario tipo, come quelle legate
all’offerta di beni e servizi pubblici locali.
4. Definizione di priorità o di livelli minimi nella prestazione dei servizi da parte dei livelli
inferiori di governo.
I trasferimenti più adatti in questi due casi sono trasferimenti specifici o vincolati
Scienza delle finanze
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Trasferimenti
I trasferimenti non vincolati, sono utilizzabili dal destinatario
in piena autonomia
I trasferimenti vincolati sono utilizzabili solo per i fini decisi
dall’ente finanziatore.
I trasferimenti vincolati possono essere di cofinanziamento
(compartecipati), cioè l’ente locale deve spendere nella
medesima attività finanziata dal trasferimento una propria
quota di risorse.
I trasferimenti compartecipati possono essere con o senza
un ammontare massimo prefissato
Scienza delle finanze
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Trasferimenti vincolati
In somma fissa: il governo di livello superiore trasferisce
una somma fissa con il vincolo di destinazione.
Effetti simili a quelli dei trasferimenti non vincolati (effetto
reddito) a meno che non si avesse una ‘soluzione
d’angolo’ prima del trasferimento.
Figura 19.5 pag. 309 del libro di testo
Scienza delle finanze
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Trasferimenti di cofinanziamento (compartecipati) senza
ammontare massimo prefissato: il governo di livello superiore
partecipa pro quota alla spesa del governo di livello inferiore.
Effetti di prezzo e di reddito.
Il trasferimento può essere utilizzato in parte per acquistare
una maggiore quantità di bene pubblico e in parte per ridurre
l’onere fiscale: il risultato dipende dalla elasticità della
domanda locale rispetto al prezzo.
Fig. 19.3, pag. 307 del libro di testo
Scienza delle finanze
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Trasferimenti di cofinanziamento’ (compartecipati) con
ammontare massimo prefissato: oltre un certo livello il
governo di livello superiore non partecipa più alla spesa.
Gli effetti sono una combinazione dei precedenti.
Figura 19.4, pag. 308 del libro di
testo
Scienza delle finanze
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•
Alcune analisi empiriche condotte negli USA (Gramlich, 1977) hanno rivelato che
trasferimenti in somma fissa stimolano la spesa locale più di un’equivalente riduzione
nelle imposte: mentre un incremento di reddito individuale disponibile di 1$ provoca
un aumento della spesa locale di 0,05/0,1 cent., invece, per ogni dollaro di
trasferimento, circa 0,43 cent. sono spesi.
Questo fenomeno è chiamato effetto ‘carta moschicida’ (flypaper effect) perché il
denaro si ‘attacca’ là dove arriva. L’evidenza empirica è discordante a questo
proposito.
Se i burocrati tendono a massimizzare il proprio bilancio, allora essi possono spendere
una quantità eccessiva per l’offerta dei servizi.
Gli elettori potrebbero essere vittima di un’illusione fiscale. Essi osservano solo il
livello di produzione G e gli oneri fiscali T. Quindi il prezzo medio è T/G. Se vi è una
riduzione delle imposte la domanda cresce perché cresce il reddito mentre, se vi è un
trasferimento, le autorità di governo locale offrono il servizio ad un prezzo ‘sussidiato’
più basso.
•
1.
2.
•
Quindi, l’effetto ‘carta moschicida’ si verifica quando l’elasticità della domanda rispetto al
reddito (che varia per la riduzione delle imposte) è inferiore alla elasticità della domanda
rispetto al prezzo (variato con il trasferimento). Empiricamente si sono trovati valori
dell’elasticità della domanda per servizi rispetto al reddito pari a circa 0,1 ed una elasticità
rispetto al prezzo vicina a 0,4.
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