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Diapositiva 1 - Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale

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Diapositiva 1 - Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale
Seconda Università degli Studi di Napoli “Luigi Vanvitelli”
Dipartimento di Architettura
CdL Design e Comunicazione - Design per la Moda
Corso di
Valutazione Economica del Prodotto
Docente_arch. Eleonora Giovene di Girasole
[email protected]
1. Città creative
2. Il modello produttivo italiano
3. L’economia della creatività in Italia
1. Città creative
2. Il modello produttivo italiano
3. L’economia della creatività in Italia
1. Città creative
L’approccio inglese: le “industrie creative”
In Europa la terminologia “industrie creative” è attribuita al Regno Unito, quando
alla fine degli anni ‘90 la prima amministrazione Blair istituì la sua Task Force delle
Industrie Creative per delineare la promozione delle industrie creative come
“promotori economici”.
1. Città creative
L’approccio inglese: le “industrie creative”
1. Città creative
Londra
L’“industria creativa”, è il secondo settore economico più grande, è la priorità della
politica londinese
Secondo vari rapporti, le industrie creative nel Regno Unito, sono cresciute con
una media del 6% all’anno tra il 1997 e il 2002 (in confronto al 3% dell’intera
economia)
Londra rappresenta il 40% del capitale creativo del Regno Unito.
Questa crescita ha attirato gli investitori internazionali, come Ford e Nissan, che
hanno deciso di aprire i più grandi centri di progettazione automobilistica a Soho,
Londra.
1. Città creative
Le capitali della moda
1. Città creative
The World's Leading Cities for Fashion
Richard Florida and Sara Johnson, Sep 07, 2012
The Global Language Monitor (GLM), a media-analytics company based in
Austin, Texas, released this year’s rankings for the top fashion capitals of the
world
Londra è al primo posto della graduatoria per il secondo anno consecutivo.
Anche al 2013
“Two rather extraordinary circumstances: the emergence of the former Kate
Middleton as a top fashion icon, and the recent completion of what have been
hailed as an extremely successful Summer Olympics.”
1. Città creative
The World's Leading Cities for Fashion
1.
London (1) – Competitors stymied by Kate Middleton and now the
hugely successful Summer Olympics.
2.
New York (2)– That toddling town is waiting in the wings for London to
stumble.
3.
Barcelona (7) — Iberia rules with two fashion capitals in the Top Five.
4.
Paris (3)– Topped ‘haute couture’ category, of course.
5.
Madrid (12)– Making a strong move toward the top.
6.
Rome (13)– Edging Milano this time out.
7.
Sao Paulo (25) — The Queen of Latin America, again.
8.
Milano (4) — Slipping a few spots, but never for long.
9.
Los Angeles (5) — The City of Angels strengthening its hold as a true
fashion capital.
10.
Berlin (10) — Remains among the elite — and deservedly so.
1. Città creative
The World's Leading Cities for Fashion
11. Antwerp (44) — A surprising large climb in a very short time (up 33
spots).
12. Hong Kong (6) — Tops in Asia, though down six year over year.
13. Buenos Aires (20) — Moving steadily upward.
14. Bali (21) — Steady climb attests to it being more than just swimwear.
15. Sydney (11) — Remains near the top, a few steps ahead of Melbourne, as
is its wont.
16. Florence (31) — A big move for Firenza (up 15).
17. Rio de Janeiro (23) — Building toward the 2016 Summer Games.
18. Johannesburg (41) — Jo-burg breaks into the Top Twenty.
19. Singapore (8) — Trailing Hong Kong but leading Tokyo and Shanghai.
20. Tokyo (9) — No longer the No, 5 to the Top Four, competition is aglow in
Asia.
1. Città creative
Top Fashion Capitals by Region
Europe (14): London, Barcelona, Paris, Madrid, Rome, Milano, Berlin,
Antwerp, Florence, Monaco, Amsterdam, Copenhagen, Stockholm, and
Frankfurt.
Middle and Eastern Europe (6): Krakow, Moscow, Vienna, Warsaw, Prague,
and St Petersburg.
North America (13): New York, Los Angeles, Las Vegas, Vancouver, San
Francisco, Austin, Boston, Dallas, Houston, Chicago, Montreal, Toronto, and
Atlanta.
1. Città creative
Top Fashion Capitals by Region
Asia (6): Hong Kong, Singapore, Tokyo, Shanghai, Bangkok, and Seoul.
Subcontinent (2): Mumbai, New Delhi,
Oceania (3): Bali, Sydney, and Melbourne.
Latin America (6): Sao Paulo, Buenos Aires, Rio de Janeiro, Caracas, Santiago,
and Mexico City.
Middle East and Africa (4): Dubai, Johannesburg, Abu Dhabi, and Cape Town.
The world fashion trade is estimated to be over three trillion USD
1. Città creative
2. Il modello produttivo italiano
3. L’economia della creatività in Italia
2. Il modello produttivo italiano
Il modello produttivo italiano
Più di 20 milioni di piccole e medie imprese dell'UE rappresentano il 99% delle
aziende e sono un motore chiave per la crescita economica, l'innovazione,
l'occupazione e l'integrazione sociale
Media impresa
•occupa meno di 250 effettivi;
•ha un fatturato annuo non superiore a 50 milioni €, oppure ha un totale di
bilancio annuo non superiore a 43 milioni € (si considera il dato più favorevole).
Piccola impresa
•occupa meno di 50 effettivi;
•ha un fatturato oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni €
Microimpresa
•occupa meno di 10 effettivi;
•ha un fatturato oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni €
Il modello produttivo italiano
Nel 2010, in Italia oltre 3 milioni di addetti su un totale di 4 opera all’interno di quelle che
sono definite PMI, intendendo con tale acronimo tutte quelle imprese – piccole e medie - le
cui dimensioni rientrano entro certi limiti occupazionali e finanziari
2. Il modello produttivo italiano
*NB
Fatturato (conto economico) si intende l'importo netto del volume d'affari che
comprende gli importi provenienti dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di
servizi dedotti gli sconti concessi sulle vendite, l'IVA e le altre imposte
direttamente connesse con il volume d’affari.
Per totale di bilancio si intende il totale dell’attivo di stato patrimoniale.
L’indice di specializzazione, la quota di addetti del settore in Italia rapportata
all’analoga quota per il complesso delle cinque grandi economie comunitarie.
Valore aggiunto (VA), o plusvalore, è la misura dell'incremento di valore che si
verifica nell'ambito della produzione e distribuzione di beni e servizi finali grazie
all'intervento dei fattori produttivi (capitale e lavoro) a partire da beni e risorse
primarie iniziali.
2. Il modello produttivo italiano
Il modello produttivo italiano: il sistema moda
L’indice di specializzazione, in Italia, mostra con chiarezza la centralità relativa
del sistema moda.
2. Il modello produttivo italiano
Addetti
2. Il modello produttivo italiano
Il modello produttivo italiano: il sistema moda
Il sistema moda preserva la propria competitività, riuscendo ancora a incidere
notevolmente sul valore aggiunto manifatturiero.
Tra tessile, abbigliamento, calzature e prodotti in pelle, infatti, la ricchezza
prodotta incide per quasi un decimo settoriale, con indici di specializzazione
che oscillano dal 176,4 del tessile al 280.7 delle calzature e dei prodotti in
pelle.
2. Il modello produttivo italiano
Valore
aggiunto
2. Il modello produttivo italiano
In molti dei prodotti in cui l’Italia detiene il primato per surplus commerciale con
l’estero il nostro Paese si colloca nelle fasce di più elevato valore aggiunto, in
cui i produttori emergenti, come la Cina, faticano ad entrare e dove le
caratteristiche distintive del made in Italy in termini di qualità, design,
innovazione e servizio al cliente continuano a fare la differenza.
Esempio: nelle calzature e negli stivali interamente in pelle e cuoio, l’Italia resta
leader incontrastata nell’export mondiale davanti a Spagna e Portogallo,
essendo questo un tipo di calzature in cui i produttori cinesi sono frenati da
difficoltà tecniche (la lavorazione delle suole in cuoio) e di prezzo (il costo
stesso del cuoio). Polo Fiorentino del lusso
2. Il modello produttivo italiano
Polo Fiorentino del lusso
dove sono basate alcune delle principali griffe della moda, da Ferragamo a
Gucci, e dove producono tutti i grandi marchi italiani e stranieri della pelletteria,
da Louis Vuitton a Dior, da Tod's a Dolce&Gabbana, operano:
• un migliaio d'imprese (soprattutto artigiane)
• 8mila addetti
• 2 miliardi di giro d'affari
Il polo fiorentino della pelletteria di alta qualità, ormai considerato un vero e
proprio distretto del lusso, si estende tra Scandicci e Firenze dove viene
prodotto circa il 30% degli accessori in pelle e il 40% del fatturato nazionale del
settore.
2. Il modello produttivo italiano
Export in Italia
sui mercati
globali
2. Il modello produttivo italiano
Il modello produttivo italiano: l’industria del mobile
L’industria del mobile, punta di diamante del design italiano, sta affrontando
coraggiosamente in questi anni una delle crisi più profonde della sua storia
dovuta:
> crescente concorrenza dei Paesi emergenti asiatici e di quelli dell’Est Europa
> 2008 scoppia la bolla mondiale dell’edilizia e dell’immobiliare e si sono di
conseguenza "sgonfiati“ all’improvviso e per un lungo tempo (purtroppo non
ancora terminato) molti mercati importanti per il mobile italiano (America, UK,
Spagna, Portogallo, etc.)
> la “grande recessione” italiana ha letteralmente portato al collasso l’industria
nazionale delle costruzioni e il settore immobiliare, nonché il mercato
domestico dei beni durevoli, tra cui quello dei mobili.
2. Il modello produttivo italiano
Il modello produttivo italiano: l’industria del mobile
Il calo del fatturato interno dell’industria italiana dell’arredo è inequivocabile:
secondo l’Istat è stato addirittura del 33% dall’ottobre 2008 al dicembre 2012
Le imprese si sono rimboccate le maniche ed hanno cercato di reagire
nell’unico modo possibile: intercettando la domanda estera dei mercati in
crescita, anche quelli più remoti o non scontati (Azerbaigian o la Nigeria)
Ciò non ha consentito di recuperare tutto il fatturato estero pre-crisi, ma almeno
ha permesso di mitigare le perdite e di “seminare” in Paesi dove la crescita
della richiesta di arredo made in Italy nei prossimi anni potrebbe dare
abbondanti raccolti.
Sicché dal 2009 l’export italiano di mobili è in costante ripresa. Ancora una
volta, i fattori vincenti del made in Italy sui mercati esteri si sono rivelati la
qualità dei prodotti, il design, la flessibilità e la prontezza delle imprese nel
reagire al mutato quadro della domanda mondiale.
2. Il modello produttivo italiano
Il modello produttivo italiano: l’industria del mobile
Nella progettazione di mobili iniziano a trovare spazio i principi dell’eco-design,
grazie ai quali è possibile concepire mobili che durino nel tempo, che siano
costituiti da componenti identificabile separabili, in modo da poter essere
facilmente disassemblati e riciclati, e la cui realizzazione richieda meno energia
e materie prime, grazie all’introduzione di tecnologie produttive più efficienti.
2. Il modello produttivo italiano
Un caso esemplificativo di questa filosofia è Valcucine, diventata celebre per le
sue cucine ecologiche prodotte con materiali 100% riciclabili (alluminio e vetro),
il più possibile dematerializzate, ad emissione zero di formaldeide, che
garantiscono
una
lunga
durata
tecnica
ed
estetica
http://www.valcucine.it/linee_guida/view/economia-circolare
1. Città creative
2. Il modello produttivo italiano
3. L’economia della creatività in Italia
3. L’economia della creatività in Italia
Economia della creatività
Lo studio condotto dalla Commissione Santagata per conto del MiBAC (2007)
ha adottato un approccio che lega aspetti sia di carattere tecnologico-innovativo
che artistico-culturale, riconducendo la creatività a tre sfere meritevoli di essere
considerate come terreno in cui si espletano i suoi effetti:
3. L’economia della creatività in Italia
Tratti distintivi del territorio e della sua comunità
La creatività è il principale input
Fonte: Libro Bianco sulla Creatività (2007)
Inteso come il
prodotto della
creatività delle
generazioni
passate e presenti
3. L’economia della creatività in Italia
Economia della creatività
> la creatività è associata al Patrimonio storico ed artistico di un paese, che è
sia il capitale culturale frutto della creatività delle generazioni passate, ma
anche la produzione artistica delle generazioni presenti.
> la creatività è un input per produzione e comunicazione di contenuti delle
industrie culturali che forniscono beni e servizi ad alto contenuto simbolico.
> il processo creativo è fortemente presente nella sfera della cultura materiale,
espressione del territorio e delle comunità. In questo caso la creatività è frutto
principalmente di un processo collettivo, locale e cumulativo, dove l’elemento
culturale è inserito inestricabilmente da beni artigianali e di uso quotidiano.
3. L’economia della creatività in Italia
Economia della creatività
In base a questa classificazione è possibile individuare 12 settori economici
caratterizzati da creatività e produzione di cultura
Fonte: Libro Bianco sulla Creatività (2007)
3. L’economia della creatività in Italia
Economia della creatività
I settori connessi alla cultura materiale in Italia sono la Moda, il Design
Industriale e Artigianato e l’Industria del Gusto.
I settori della Moda e del Design Industriale e Artigianato si fondano su una
esperienza storica, su accumulazione di saperi attraverso diverse generazioni di
creativi e su sistemi industriali distrettuali.
Per questi settori non si considera solo il ruolo dei designer e degli stilisti ma
anche l’apporto creativo della cultura materiale tramandata attraverso le
generazioni e che costituisce un fondamentale input intangibile di gran parte
della produzione manifatturiera e artigianale di qualità in Italia.
3. L’economia della creatività in Italia
Economia della creatività
Mentre la definizione del settore della Moda prende in considerazione il settore
tessile e dell’abbigliamento, il settore del Design Industriale e Artigianato è di
più difficile definizione.
Sottolineando il valore della cultura materiale, in questo settore vengono
incluse le attività economiche che riguardano soprattutto ai prodotti in legno,
strumenti musicali, giocattoli, vetro artistico, ceramica, oreficeria e per la casa.
3. L’economia della creatività in Italia
Economia della creatività
Nella tabella si può notare come i settori vengono o no considerati nei rapporti
Fonte: Libro Bianco sulla Creatività (2007)
1. Introduzione alla Microeconomia e
Macroeconomia
Introduzione
Macroeconomia e Microeconomia
Macroeconomia e Microeconomia
Due sono i punti di vista dai quali possono essere osservati i fenomeni economici:
> Uno oggettivo generale, ossia riguardante la collettività: Macroeconomia
> Uno individuale che concerne i singoli soggetti economici: Microeconomia
Introduzione
Macroeconomia e Microeconomia
P.I.L. - Prodotto Interno Lordo
Il PIL è il dato più chiaro dell’economia di una nazione, e rappresenta il valore di
mercato totale di tutti i beni e servizi prodotti in una nazione in un anno. Esso in
pratica misura la produzione di nuova ricchezza.
Introduzione
Macroeconomia e Microeconomia
P.I.L. - Prodotto Interno Lordo
Dal lato della
Produzione
Il PIL è il valore dei beni finali prodotti
Dal lato dei
Redditi
Il PIL è la somma dei redditi percepiti all’interno
del sistema economico in un dato periodo di
tempo (salari, stipendi, profitti, rendite, interessi)
Reddito Nazionale
Dal lato della
Spesa
Il PIL è la somma della spesa nazionale in un dato
periodo di tempo
(rappresenta l’impiego del reddito)
Spesa Finale
Introduzione
Macroeconomia e Microeconomia
I dati sull’economia italiana sono raccolti da:
> Istituto italiano di statistica: ISTAT
> Banca d’Italia: Bankitalia
> Eurostat
> Commissione Europea
> Banca Centrale Europea: BCE
> OCSE
> Organizzazione delle Nazioni Unite: ONU
> Fondo Monetario Internazionale: FMI
> Banca Mondiale (World Bank): WB
Introduzione
Macroeconomia e Microeconomia
Valore aggiunto (cfr. Lezione 7)
In economia il valore aggiunto o plusvalore, è la misura dell'incremento di
valore che si verifica nell'ambito della produzione e distribuzione di beni e
servizi finali grazie all'intervento dei fattori produttivi (capitale e lavoro) a
partire da beni e risorse primarie iniziali.
L'impresa acquista beni e servizi necessari a produrre altri beni e servizi.
La differenza tra il valore finale dei beni e servizi prodotti e il valore dei beni e
servizi acquistati per essere impiegati nel processo produttivo è il valore
aggiunto.
Introduzione
Macroeconomia e Microeconomia
Valore del Economico del
Macrosettore Cultura Materiale
La tabella offre una stima del valore
economico delle industrie culturali e
creative in Italia.
Il Macrosettore vale il 9,31% del PIL
italiano e impiega più di 2,8 milioni di
lavoratori.
NB
Moda e Design sono i settori
economicamente più rilevante delle
industrie culturali e creative.
Tutta la sfera della cultura materiale
(Moda, Design Industriale e Artigianato,
Industria del Gusto) contribuisce per più
del 50% al valore dell’intero Macrosettore
Catena di Produzione del Valore:
Moda
La tabella mostra il dato sul valore
aggiunto dei singoli settori, decomposto
per le differenti fasi della creazione del
valore.
Per ogni settore o gruppo di settori, la
catena di produzione del valore possiede
delle caratteristiche proprie.
Nei settori legati alla sfera della cultura
materiale, e in particolare per Moda e
Design Industriale e Artigianato, la
distribuzione
ricopre
un
ruolo
fondamentale, principalmente dovuto ai
modelli di consumo e al sistema di
distribuzione dei beni che vengono prodotti
in
questi
settori
(ad
esempio
abbigliamento, mobili, oreficeria).
Catena di Produzione del Valore:
Design
La tabella mostra il dato sul valore aggiunto
dei singoli settori, decomposto per le
differenti fasi della creazione del valore.
Per ogni settore o gruppo di settori, la catena
di produzione del valore possiede delle
caratteristiche proprie.
Nei settori legati alla sfera della cultura
materiale, e in particolare per Moda e Design
Industriale e Artigianato, la distribuzione
ricopre
un
ruolo
fondamentale,
principalmente dovuto ai modelli di consumo
e al sistema di distribuzione dei beni che
vengono prodotti in questi settori (ad esempio
abbigliamento, mobili, oreficeria).
Introduzione
Macroeconomia e Microeconomia
Il settore che conta il maggior numero di
imprese attive è quello
dell’abbigliamento (49&), seguito dal
tessile (18%), gioielleria (12%), calzature
(12%), pelletteria (7%) e concia (3%).
Introduzione
Macroeconomia e Microeconomia
La filiera tessile‐abbigliamento ricopre appr
ossimativamente poco più dei due terzi del
totale, con il 37,8% del tessile ed il 33,8%
dell’abbigliamento
La filiera della concia‐pelletteria‐calzatura
copre l’altro terzo, con un peso rilevante del
comparto calzaturiero (pari al 16,7% del
Sistema Moda totale)”.
Introduzione
Macroeconomia e Microeconomia
Occupazione nel sistema Moda
“Sul fronte occupazionale il Sistema
Moda ricopre un ruolo primario
all’interno dell’economia nazionale”.
Secondo una stima di Italian Textile
Fashion, Unioncamere e European
House‐Ambrosetti su dati Istat e
Eurostat, gli occupati all’interno del
settore moda sarebbero circa
1.080.000, di cui 620.000 all’interno
dell’industria e 460.000 all’interno del
commercio
Bibliografia
Lettura consigliata
> MIBAC, Libro Bianco sulla Creatività, 2007
(http://www.beniculturali.it/mibac/export/UfficioStudi/sitoUfficioStudi/Contenuti/Pubblicazioni/Volumi/Volumipubblicati/visualizza_asset.html_1410871104.html)
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