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Ministri della Comunione
Diocesi di Verona Ufficio Pastorale della Salute Ministri Straordinari della Comunione 7 novembre 2015 don Gianni Naletto Giubileo della Misericordia Convegno Ecclesiale Firenze 9 – 12 novembre 2015 Educare alla vita nella fragilità sfida e profezia Nel momento in cui la vita umana è attraversata dalla sofferenza, dalla povertà, dal disagio è ancora “vita buona”? Certo necessita di una attenzione particolare: diventa indispensabile educare ed educarsi al servizio e alla presenza accanto all’uomo nel tempo della fragilità Al termine di un servizio con collegamento sul risveglio dal coma di Max Tresoldi, il quale è riuscito anch'egli a riemergere dalla stessa condizione di sospensione dopo 10 anni, la D'Eusanio, la cui presenza era stata evidentemente richiesta proprio per la conoscenza di prima mano dell'argomento, se n'è uscita dal nulla con un commento ben poco televisivo: "Rivolgo un appello pubblico a mia madre, se dovesse accadermi quel che è accaduto a Max, non fare come sua mamma! Quella non è vita” Mistero della sofferenza “L’esperienza di chi ha attraversato la sofferenza si è fatto compagno di chi è nella malattia e nel dolore, è un tesoro di umanità e di verità che arricchisce tutti. Per questo, è assolutamente importante e urgente evitare che la malattia sia vissuta senza consolazione fino a diventare un’esperienza desolata e maledetta; per questo, anche, è necessario valorizzare e comunicare la straordinaria forza vitale che si sprigiona dalla vita fragile e da chi se ne prende cura, specie in un tempo segnato dall’utilitarismo e dall’individualismo”. Sofferenza, scomoda compagna “…la sofferenza è considerata scomoda compagna di cui l’uomo diventa silenzioso spettatore impotente; la malattia è vissuta come evento da cui liberarsi più che evento da liberare; il naturale processo di invecchiamento è rifiutato, dal momento che la vecchiaia viene considerata un tempo dopo la vita vera e non tempo della vita; la morte è vista come evento indicibile e inaudito; la disabilità è considerata più come ostacolo che non come provocazione, più come bisogno assistenziale che non come domanda di riconoscimento esistenziale” (CEI - n.11). La sofferenza attraversa tutte le fasi dell’esistenza vita che nasce e cresce adolescenza vecchiaia handicap disturbo psichico relazioni familiari difficili nella malattia nella vita che muore nel tempo del lutto San Giovanni Paolo II “La vitalità e lo spirito evangelico di una comunità parrocchiale si misurano dall’attenzione che essa offre agli infermi della Parrocchia stessa; la sollecitudine per i sofferenti costituisce per una Comunità cristiana una delle credenziali più convincenti per essere una comunità di fede, di carità e di fedeltà a Cristo” Perché parlarne…?!? Non è un di più, un optional, qualcosa da riservare ad una élite, «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite…». Papa Francesco – intervista «Civiltà Cattolica». Agosto 2013 ma è partecipazione alla grazia della guarigione e di cura di Cristo: questa partecipazione appartiene alla vita della Chiesa, alla sua natura profonda. “Non è senza significato che dei 3.779 versetti del Vangelo, 727 si riferiscano specificamente alla guarigione di malattie fisiche, mentali e alla risurrezione dei morti” Nei Vangeli non manca un discreto elenco di persone con malattie particolari: paralitici, lunatici, epilettici, lebbrosi, febbricitanti…. La prima è un lebbroso La mano inaridita La suocera di Pietro Il paralitico calato giù dal tetto La risurrezione di una bambina morta La donna che soffriva di emorragia Il cieco Bartimeo Il muto indemoniato Alla piscina di Siloe I 10 lebbrosi guariti Predicate il Vangelo e curate i malati Nota CEI – Giugno 2006 In riferimento ai ministri straordinari della Comunione: “Si tratta di una ministerialità da promuovere e da valorizzare come segno di una comunità che si fa vicina al malato e lo ha presente nel cuore della celebrazione eucaristica, come membro del Corpo di Cristo, a cui va offerta la cura più grande. Prezioso è il dono che si può offrire ai malati e ai loro familiari attraverso la visita sia a domicilio che nelle strutture ospedaliere presenti nell’ambito della parrocchia. La visita ai malati e ai familiari, fatta a nome della comunità, è sorgente di fraternità e di gioia, li fa sentire membri attivi della comunità ed è segno della vicinanza e dell’accoglienza di Dio. (n. 65) Importanza della formazione: non è sufficiente il cuore buono… Perché diminuiscono i preti? Me lo ha chiesto il parroco Ho pensato che potevo fare qualcosa Sono venuto per vedere di cosa si tratta Sono interessato al mondo della sofferenza Mi piacerebbe distribuire la comunione … Quale che sia la motivazione al cuore bisogna affiancare “competenza”: saper fare bene il bene Valorizzare la ministerialità Espressione di una comunità viva Dall’Eucaristia alle case dei malati La Cappellania Ospedaliera Il cieco di Gerico «In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gérico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.» (Mc 10,46-52) Gesù e Bartimeo “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ” “Chiamatelo!” “Cosa vuoi che ti faccia” “Rabbunì…” Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi Si mise a seguirlo per la strada Un ministero pasquale! L’esperienza della malattia La malattia come trauma Mette a repentaglio la continuità con l’immagine di sé che si aveva prima Interrompe il processo di sviluppo di personalità e di identità Rompe la progettazione del proprio futuro Obbliga a fare i conti con un corpo che cambia, che non funziona, che fa male, che può morire Obbliga a dipendere dagli altri proprio nel momento dello slancio verso l’indipendenza Genera senso di isolamento e chiusura in se stessi, chiusura al mondo E’ facile passare dalla persona ammalata alla famiglia ammalata Reazioni e interrogativi perché? come mai? da dove viene? a livello sociale : evitare di parlarne non far vedere o nascondere paura di dire “è morto” la morte come tabù la morte come gioco a livello individuale: perché proprio a me? cosa succede al mio corpo? punizione ingiusta: cosa ho fatto di male? Perché? Lungo le corsie degli ospedali, nei centri di riabilitazione, all’interno delle PARETI DOMESTICHE visitate o abitate dal dolore, riecheggiano costanti gli interrogativi: «Perché proprio a me? «Perché proprio questa malattia?» «Perché proprio ora?» Il credente di fronte alla malattia e alla morte Perché Dio permette questo? Perché proprio a me che non ho mai fatto nulla di male? Faccio solo del bene: perché questa punizione? Perché Dio non interviene a salvare: mio marito… mia moglie… mio figlio… i miei genitori… E sì che prego, ma… Dio è così stufo che non ascolta più La fede va in crisi Inizia un cammino il dolore si trasforma: un percorso a tappe Shock : “No, non può essere…” Ribellione – rivolta: “Perché io, a me?” Paura e ansietà – “Ma che cosa ho fatto?” Invocazione (trattativa) – “Se sono io ti prometto” Preghiera – “Sì, sono io… allora TU…” Silenzio - Accoglienza – “… sono pronto” Non soltanto la “Santa Comunione” ma stabilire una relazione A LIVELLO PSICOLOGICO – una relazione interpersonale con una persona che vive un momento difficile della sua vita. A LIVELLO SPIRITUALE – di realizzare un incontro profondo con una persona, ed è necessario crescere anche nella propria “umanità” per incontrarsi con l’ “umanità” dell’altro. A LIVELLO ASSISTENZIALE – di offrire al malato un servizio, a testimonianza di quell’amore di Dio, del quale l’operatore (professionale o volontario), se credente, vuol essere uno strumento. A LIVELLO RELIGIOSO - un rapporto di comunione e di condivisione di fede, con la vicinanza dell’operatore pastorale che si fa compagno di viaggio per un tratto di strada. “Una relazione che fa rinascere e alimenta la speranza” Le persone ammalate sentono aumentare la speranza nel momento in cui si vedono accompagnate Sentono di non essere sole o «abbandonate» Avvertono un beneficio quando altri pregano per loro Sempre o spesso le persone ammalate pregano per altre persone che vivono una condizione di malattia Sentono rafforzato il senso di speranza nel contatto con il personale che li assiste e cura (da un questionario sulla «Speranza» somministrato all’Istituto dei Tumori di Milano) solo «tenendosi per mano…» Viene così confermato che la speranza implica una dinamica relazionale: quanto più buone sono le relazioni, tanto più la persona sarà portata a sperare. Le relazioni diventano le piccole speranze che possono aiutare a credere nella Grande Speranza “Prendendoti cura” ti ritrovi a tua volta “curato” che perché accostando la persona malata prendo contatto con la mia sofferenza Sofferenza nel vedere un mio fratello nel dolore Difficoltà nel non sapere cosa fare e cosa dire Pensiero che anch’ io un domani potrei essere nella stessa condizione Voglia di dare coraggio, quando siamo consapevoli della difficoltà nel trovare la strada giusta per farlo Rabbia nel constatare che la sofferenza è parte della nostra vita PRESA DI CONTATTO CON LA PROPRIA FRAGILITA’ E VULNERABILITA’ Insieme per riformulare la domanda Dove trovare senso? Dove trovare speranza? Che senso ha la vita? Che cosa le dà realmente valore? Che cosa conta per me: affetti, impegni, relazioni, esperienze… E mi metto in sintonia con Gesù Che ha conosciuto il soffrire E ha vissuto il dolore In modo profondamente umano La preghiera di Gesù Gesù non affronta il dolore con disinvoltura e sembra fare resistenza: prega gridando. Padre ti prego, se possibile Passi da me questo calice“ Dalla resistenza alla resa: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta” ma proprio perché mi sei Padre, ho fiducia che… La pastorale della Salute La pastorale della salute può pertanto essere intesa come un aiuto alla “ricostruzione” o alla “riparazione” della capacità di ascolto di Dio, capacità disturbata o annullata dalla malattia. L’operatore pastorale che “accompagna” aiuta a scoprire che Dio non è il committente della nostra sofferenza Dio è il compagno di viaggio nella nostra sofferenza “Come” Gesù il Ministro Straordinario della Comunione si fa “compagno di viaggio” La suocera di Pietro Mc 1, 29-38 “E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e d’Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli”. Lo stile di Gesù Nei luoghi dell’esistenza avvicinarsi svegliare prendere per mano Uno stile orientato all’ascolto vedere ascoltare fare spazio Ridestare il dinamismo della vita e delle relazioni "Si alzò“ "E serviva a loro" Come la Comunità Cristiana presta ascolto e accoglienza? L’Eucaristia, Sacramenti, Unzione dei malati Nelle strutture: ospedali, case di riposo… Gruppi dell’ammalato, Unitalsi, San Vincenzo... Ministri Straordinari della Comunione Tutti chiamati alla solidarietà: • non si tratta solo di dare farmaci ma di farsi farmaco! La visita periodica ai malati Evitare tentativi di spiegazione a tutti i costi Rassegnazione passiva Comprendere più che rispondere ASCOLTARE PIU’ Il non prendere sul serio… certe battute La fretta di dover andare da altri… La paura del silenzio L’idea della malattia come punizione CHE PARLARE Comprendere più che spiegare «ESSERCI» non solo fisicamente, ma anche con la mente e con il cuore (SOSTARE = SO STARE ?). SAPER ASCOLTARE per decifrare non solo le parole, ma anche i silenzi, i vari tipidi linguaggi, anche quello non verbale. CERCARE DI SINTONIZZARSI con i pensieri e il mondo esperienziale dell’altro. L’aiuto più prezioso che si può dare agli altri è la vicinanza… prossimità…” La persona amica, capace di stare in silenzio, insieme in un momento di confusione o di disperazione, in un’ora di lutto o di pena, senza pretendere di sapere, di curare, di guarire, ma capace di una vicinanza a testimonianza dell’amore di Dio, è colui che davvero si prende cura. La purificazione del linguaggio Parole che non consolano C’è un “deposito” di frasi fatte che non consolano, che mettono in luce i nostri meccanismi di difesa del nostro approccio al malato. Frasi di circostanza che spesso siamo tentati di usare che non sono necessariamente di aiuto o conforto a chi soffre. Ne vediamo alcune… È volontà di Dio… E’ un commento frequente: forse troviamo difficile affrontare la nostra inadeguatezza davanti al dolore e così finiamo per incolpare Dio. Piuttosto che riversare su Dio il nostro disagio forse è meglio riconoscere che neppure noi comprendiamo sempre il perché delle cose. Dio ci manda solo quello che possiamo sopportare Magari Dio ha a portata di mano un misuratore per vedere l’indice di “sopportazione”… Questa espressione nasconde l’immagine di un dio che cerca di estrarre da noi ogni riserva di tolleranza. Probabilmente il malato non trova conforto da questa affermazione… Ogni cosa ha il suo scopo, non è facile capire i disegni di Dio A volte questa spiegazione può far pensare che Dio infligge la malattia come punizione o metodo educativo. Tale convinzione è spesso espressa da persone, magari familiari che osservano anche: “Te l’avevo detto io…” Sì, in fondo ci può essere “una ragione per tutto”: ma non in senso punitivo. Potrebbe far insorgere rabbia, incredulità, autodifesa. Ti raccomando: Sii forte! Questa espressione è basata sulla logica che il credente, grazie alla sua fede, non ha nulla da temere, niente che lo dovrebbe rattristare, turbare o deprimere. “Devi essere forte” per te e per la tua famiglia, e anche loro devono essere forti per te. Ma non è “umano”, nella malattia sentirsi “deboli”: pianto, depressione, collera, rammarico … ? Ma Gesù, non ha forse conosciuto questi stati d’animo? Non cade foglia che Dio non voglia Questo modo di dire suggerisce che Dio decide personalmente (capricciosamente?) il momento specifico della malattia o della morte di ogni individuo. Può sembrare strano, ma sovente si può avere l’impressione che siano gli ammalati stessi a decidere da loro il momento della “partenza”. Dio se l’è preso Dio me l’ha rubato Questo commento, con risvolti emotivi intensi, dà limmagine di un dio sequestratore di persone, un dio ladro che deruba i viventi dei propri cari. Più “dolce”: se l’è preso perché aveva bisogno di lui, aveva bisogno di quel fiore per il suo giardino … Si prende sempre i più buoni … Come se Dio fosse solo, carente di amici e di affetti, che se ne prende qualcuno tra di noi, per colmare un suo bisogno di compagnia … Vedrai: Il tempo sana ogni ferita Espressione usata per incoraggiare il malato ad avere fiducia nella guarigione, oppure colui che è in lutto ad essere paziente in vista di un futuro recupero di serenità. In realtà purtroppo non è sempre così, il tempo non guarisce tutte le ferite. Anzi il passare del tempo può intensificare la paura o il dolore . Ciò che guarisce piuttosto è la riconciliazione, il perdono, l’accettazione, l’amore, la fede. Il Buon Samaritano Lc 10 Quali atteggiamenti allora? Consapevolezza Compassione Vicinanza Condivisione Accompagnamento Collaborazione La “locanda…” Fermarsi Dove vai, amico, sempre di fretta? Non t'accorgi che cosi facendo non hai nemmeno il tempo per pensare a te stesso? Fermati un attimo, guardati attorno. Non sei il solo a lamentarti. Quante persone attorno a te stanno vivendo il dramma del dolore e della solitudine. Ascoltare Ascoltare è mettersi in atteggiamento di disponibilità interiore, di apertura d’animo, col desiderio di vivere come propri i sentimenti dell'altro. E' arte difficile l'ascolto! Non è solo un gesto fisico ma capacità di capire e di “accogliere” l’altro così com’è. L’ascolto incomincia con il fare silenzio dentro di noi, dimenticando l’importanza del nostro io Vedere "Lo vide e…. passò oltre". Anche noi, come il levita del vangelo spesso vediamo tante situazioni di disagio e di emarginazione nel mondo della salute. E facciamo finta di non vedere! Non è solo disinteresse: è una questione di cuore. Perché "il vedere" implica un movimento dell'anima e del cuore. Solo il cuore che è capace di vedere al di là delle apparenze è in grado di scorgere le vere necessità di un malato, di uja famiglia in difficoltà, di una persona che vive in solitudine. Farsi vicino Farsi vicino a chi soffre significa essere solidali con lui. Uscire da se stessi, dai propri pensieri, dalle proprie preoccupazioni, e andare verso l'altro come disarmati per poterlo cogliere nella sua vera intimità e originalità Farsi vicino presuppone un esodo e un abbraccio. Non è facile dimenticare se stessi per immedesimarsi nell'altro. Non è facile andare oltre il muro delle apparenze per trovare la verità spesso nascosta nel groviglio delle cose e delle parole. Aiutare Mi rivolgo a voi, cari parroci, famiglie, volontari, gruppi spontanei di fedeli. Spetta a voi aiutare oggi i nostri malati. Nella mutata realtà socio-sanitaria la vostra presenza diventa indispensabile. Il vostro è un dovere e una responsabilità: un dovere che nasce dal mandato di Cristo di prendersi cura di ogni persona malata; una responsabilità frutto della solidarietà e fratellanza umana. A voi, il compito di riempire solitudini e di portare aiuto concreto dove le istituzioni non potranno mai arrivare. Valorizzare Il malato ti costringe a interrogarti su Dio, sul senso della tua vita, dei tuoi limiti sulla realtà della vecchiaia e della morte della vecchiaia e della morte. Il malato ti invita a riesaminare la scala dei valori, a far crescere in te una nuova libertà interiore, che si manifesta nel distacco dalle cose effimere E nel coraggio di assumere atteggiamenti costruttivi di fronte alle prove della vita. Prefazio - Riscrivere la Parabola di Gesù Buon Samaritano Nella sua vita mortale egli passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. Ancor oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite L’olio della consolazione e il vino della speranza. Per questo dono della tua grazia, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del tuo Figlio crocifisso e risorto. Va’ e anche tu fa’ lo stesso grazie