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La configurazione elettronica

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La configurazione elettronica
La
configurazione
elettronica
1
Protagonisti e idee
2
U D1 Configurazione elettronica
De Broglie: i corpuscoli sono onde
Nel 1924 il fisico francese Louis-Victor de Broglie intuì che come le onde
avevano caratteristiche corpuscolari, così le particelle in movimento
dovevano presentare anche un comportamento ondulatorio. A tutta la
materia si poteva attribuire una duplice natura tale che:
Le onde cui De Broglie fa riferimento non sono le onde
elettromagnetiche che conosciamo. Vengono chiamate “onde di
materia”: un corpuscolo, considerato sotto questa forma, è una specie di
vibrazione che si diffonde in maniera regolare.
Onda/corpuscolo
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U D1 Configurazione elettronica
Abbiamo una certa familiarità con le onde progressive come un’onda del
mare o la “ola” delle persone allo stadio. Le onde di De Broglie invece sono
onde stazionarie, cioè presentano oscillazioni che non si propagano nello
spazio. L'oscillazione nel tempo si ha tra punti fissi detti nodi che
comprendono gli estremi dell'onda. Una tipica onda stazionaria è quella che
si può indurre in una corda fissata a un estremo.
onda progressiva
Onda/corpuscolo
onda stazionaria
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U D1 Configurazione elettronica
Come tutte le onde, però, le onde di materia si manifestano come tali solo
quando interagiscono con oggetti di dimensioni confrontabili con la loro
λ. In base alla relazione di De Broglie, quando la massa aumenta, λ
diminuisce tanto che i picchi successivi dell’onda si avvicinano al punto da
risultare indistinguibili.
Per questo motivo i corpi in movimento le cui dimensioni sono
rilevabili dai nostri sensi non manifestano la loro natura ondulatoria,
che diviene invece evidente a una scala uguale o inferiore a quella
degli atomi.
Onda/corpuscolo
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U D1 Configurazione elettronica
Un esempio...
Clicca per vedere la soluzione
Onda/corpuscolo
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U D1 Configurazione elettronica
La formula trovata da De Broglie consentì di dare una base teorica al
primo postulato di Bohr . La relazione:
da lui utilizzata per ricavare i raggi delle possibili orbite elettroniche
permetteva infatti di prevedere i valori delle energie degli spettri in
perfetto accordo con i risultati sperimentali, ma non aveva alcuna
giustificazione teorica.
Per seguire la spiegazione di De Broglie, ricordiamo che le onde
associate agli elettroni devono essere stazionarie.
Onda/corpuscolo
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U D1 Configurazione elettronica
In altre parole l’elettrone, quando
viene considerato sotto forma di onda,
si presenta come un’oscillazione
diffusa con le stesse caratteristiche
della vibrazione di una corda tesa che
venga pizzicata: l’ampiezza della
vibrazione rimane costante nel
tempo e varia solo con lo spazio.
Se dunque l’elettrone va considerato come un’onda stazionaria, questa
deve riproporsi costantemente nella stessa forma in ogni punto dell’orbita
descritta. Perché ciò accada occorre che tale orbita contenga un numero
intero di onde ciascuna di lunghezza d’onda λ. Poiché l’orbita è circolare, la
sua lunghezza è 2πr, per cui la situazione, in termini matematici, diviene:
Onda/corpuscolo
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U D1 Configurazione elettronica
Poiché la lunghezza d’onda dell’elettrone è costante, soltanto
determinate coppie di valori n e r possono soddisfare l’equazione. Le
orbite che ne derivano non possono dunque essere qualsiasi. Infatti i
raggi con valori diversi da quelli indicati dalla formula costringerebbero
l’onda a non essere stazionaria, ovvero ad accavallarsi e a
distruggersi.
Onda/corpuscolo
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U D1 Configurazione elettronica
La relazione appena ricavata può
essere scritta, grazie alla formula di
De Broglie, come:
che, scritta diversamente, è proprio il
primo postulato di Bohr:
Il numero intero n che determina la
lunghezza dell’orbita
nell’impostazione di De Broglie viene
pertanto a coincidere con il numero
quantico principale di Bohr.
Le prime verifiche sperimentali della teoria di De Broglie giunsero nel 1927,
quando alcuni comportamenti degli elettroni poterono essere spiegati (con
Davisson e Germer) solo considerandoli come fenomeni ondulatori. In seguito,
tali comportamenti vennero riscontrati anche per singoli atomi.
Onda/corpuscolo
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U D1 Configurazione elettronica
Heisenberg: entra in scena l’incertezza
Nel 1927, il fisico tedesco Werner Heisenberg osservò che mentre nel
mondo macroscopico si è in grado di misurare con notevole precisione
tutte le grandezze necessarie alla descrizione del moto di un corpo, nel
mondo microscopico esiste un margine di imprecisione dovuto alla
perturbazione che il sistema subisce a causa della misura stessa.
In termini di particelle subatomiche usiamo l’ esempio fornito dallo stesso
Heisenberg.
Immaginiamo di voler determinare
la posizione di un elettrone
mediante irraggiamento con
fotoni. Affinché l’elettrone possa
essere individuato deve essere
colpito da un fotone che venga
così deviato verso l’osservatore. Il
fotone però, interagendo con
l’elettrone, trasmette a esso
energia, modificandone velocità
e direzione.
Indeterminazione
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U D1 Configurazione elettronica
Se, per evitare questo
problema, scegliamo di
usare un fotone a bassa
energia, la lunghezza
dell’onda a esso associata
è così grande che non
riuscirà a intercettare
l’elettrone o, nel migliore
dei casi, non ne darà
un’immagine ‘nitida’,
rendendo impossibile
determinarne la
posizione.
Indeterminazione
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U D1 Configurazione elettronica
La situazione viene riassunta da Heisenberg nel principio di
indeterminazione:
Heisenberg dimostra infatti che le incertezze delle due grandezze devono
soddisfare la relazione:
Indeterminazione
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U D1 Configurazione elettronica
Per meglio comprendere il
significato del principio di
indeterminazione possiamo fare
un paragone con la fotografia.
Quando si fotografa un oggetto in
movimento è difficile fare
un’istantanea che renda il senso
della velocità e allo stesso tempo
rappresenti bene l’oggetto. Infatti
se scegliamo tempi d’esposizione
bassi, otterremo un’immagine
ben definita ma ‘ferma’, mentre
con tempi alti otterremo immagini
mosse, che rendono bene il
senso della velocità ma non
danno una rappresentazione
fedele dell’oggetto.
Indeterminazione
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U D1 Configurazione elettronica
È bene sottolineare che il principio di indeterminazione non è causato dalla
nostra incapacità di osservare i fenomeni, ma dalla natura ondulatoria delle
particelle. Per ciò non ha alcuna rilevanza quando si ha a che fare con corpi
macroscopici, mentre esiste un limite, legato alla costante di Planck, al di sotto
del quale il principio di indeterminazione non ci consente di osservare la
realtà. Qualcosa di simile succede con lo schermo di un televisore: fino a una
certa distanza, più ci avviciniamo più l’immagine ci appare nitida; oltre un certo
limite, tuttavia, i dettagli diventano sempre più confusi, fino a dissolversi in un
ammasso di pixel privo di significato.
Indeterminazione
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U D1 Configurazione elettronica
Il principio di indeterminazione, che sancisce l’impossibilità di dare
una completa descrizione dei sistemi di dimensioni atomiche, si
presta anche a scherzose interpretazioni!
Indeterminazione
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U D1 Configurazione elettronica
Il modello atomico di Bohr,
avvalorato dalla natura ondulatoria
dell’elettrone, viene fatto
naufragare proprio da quest’ultima:
le orbite definite sulle quali
viaggiava l’elettrone e nelle quali in
ogni istante velocità e posizione
potevano essere esattamente
calcolate devono essere
abbandonate.
Da questo momento purtroppo la rappresentazione
dell’atomo non può più essere fatta ricorrendo a
esempi tratti dalla realtà macroscopica. Un elettrone
che, assieme agli altri costituenti della materia, è a
volte onda e a volte corpuscolo non è più
compatibile con il rassicurante modello atomico
planetario, caro alla fisica classica. Heisenberg, cui
fu chiesto come ci si doveva immaginare allora un
atomo, rispose ironicamente: “Lasciamo perdere”.
Indeterminazione
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U D1 Configurazione elettronica
Clicca per vedere la soluzione
Indeterminazione
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U D1 Configurazione elettronica
Il nuovo modello atomico: meccanica
ondulatoria e probabilità
L’impossibilità per la meccanica classica di descrivere il comportamento di
sistemi di dimensioni atomiche rese necessaria un’interpretazione nuova
dei fenomeni studiati, seguendo la strada aperta da De Broglie e da
Heisenberg. Come per il fotone, si pensò che anche il comportamento
dell’elettrone si potesse descrivere matematicamente come un’onda.
Nel 1926, in effetti, il fisico austriaco
Erwin Schrödinger elaborò
un’equazione matematica in grado di
rappresentare l’elettrone come un’onda
stazionaria: si affermava
definitivamente la meccanica
ondulatoria, introdotta da De Broglie.
Heisenberg/Schrödinger
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U D1 Configurazione elettronica
L’onda stazionaria che rappresenta l’elettrone è il risultato del suo
intrappolamento nell’atomo dovuto all’attrazione del nucleo e la soluzione
dell’equazione matematica di Erwin Schrödinger che ne descrive il
comportamento si chiama funzione d’onda Ψ (psi).
Heisenberg/Schrödinger
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U D1 Configurazione elettronica
Contemporaneamente, da un’idea di
Heisenberg, con i contributi di Born e
Jordan, venne sviluppata una teoria che
descriveva le relazioni esistenti tra le
frequenze e le intensità delle righe spettrali
emesse dai sistemi eccitati. I risultati
ottenuti, in accordo con quelli di Schrödinger,
dettero origine alla meccanica quantistica,
termine che viene ora usato
impropriamente come sinonimo di
meccanica ondulatoria: sono in realtà
teorie diverse anche se coincidenti nei
risultati. Per questi motivi l’ultimo modello
atomico che considereremo, il modello
quanto-meccanico attualmente utilizzato, è
da attribuirsi a entrambi gli scienziati.
Heisenberg/Schrödinger
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U D1 Configurazione elettronica
Le funzioni d’onda, indicate con Ψ(psi),
permettono di calcolare le energie
quantizzate degli stati elettronici, che sono
il punto di partenza per descrivere il
comportamento degli elettroni. Infatti anche
se la funzione d’onda Ψ non rappresenta
nessuna delle orbite viste nel modello di Bohr,
il suo quadrato, Ψ2, calcolato per una
determinata porzione di spazio, è legato alla
probabilità che l’elettrone sia presente in
essa.
Heisenberg/Schrödinger
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U D1 Configurazione elettronica
Proprio il concetto di “probabilità di trovare l’elettrone” ci consente
di dare una rappresentazione dell’atomo non rigorosa ma
facilmente comprensibile.
Mentre il modello atomico “planetario” di Bohr considerava che gli
elettroni si muovessero intorno al nucleo secondo orbite circolari, il
modello di Schrödinger-Heisenberg definisce solo le regioni
dello spazio in cui il quadrato della funzione d’onda, cioè la
probabilità che vi si trovi l’elettrone, raggiunge i valori più alti.
Tali regioni furono chiamate orbitali, nel 1932, dal chimico
statunitense Robert Sanderson Mulliken.
Heisenberg/Schrödinger
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U D1 Configurazione elettronica
Un buon modo per rappresentare un orbitale è immaginare di fotografare
molte volte l’elettrone “corpuscolo” attorno al nucleo. Sovrapponendo tutte
le fotografie otterremmo un risultato rappresentabile con tanti puntini, uno
per ogni istantanea dell’elettrone. La “nuvola elettronica” che viene così a
formarsi rappresenta la distribuzione della probabilità di trovare l’elettrone.
L’insieme delle zone dove i punti sono più fitti è l’orbitale.
superficie
immaginaria
dell’orbitale
nucleo
Heisenberg/Schrödinger
singole
“istantanee”
dell’elettrone
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U D1 Configurazione elettronica
Questo modo nuovo di vedere il comportamento dell’elettrone nell’atomo
conferma, da un altro punto di vista, i risultati che già erano stati raggiunti
da Bohr.
La prima orbita dell’atomo di idrogeno aveva, nel modello di Bohr, raggio
53 pm. Proprio a questa distanza l’equazione di Schrödinger presenta un
massimo di probabilità di trovare l’elettrone!
Heisenberg/Schrödinger
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U D1 Configurazione elettronica
I numeri quantici nel modello ondulatorio: n,
l, m, s
L’equazione di Schrödinger, pur partendo da considerazioni teoriche, fa
apparire automaticamente nelle sue soluzioni, che descrivono gli orbitali, i
quattro numeri quantici introdotti nel modello atomico precedente per risolvere
i problemi spettroscopici. Il significato fisico dei numeri quantici è molto simile
in entrambi i modelli, come viene riportato di seguito.
All’aumentare di n aumenta l’energia del livello e la distanza degli orbitali dal
nucleo. Il numero totale di orbitali presenti nel livello n è n2.
Numeri quantici
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U D1 Configurazione elettronica
In un dato livello energetico, l può assumere tutti i valori interi compresi tra 0
e n - 1. A seconda del valore che assume, la forma dell’orbitale è:
• sferica (orbitali s), per l = 0;
• a due lobi (orbitali p), per l = 1;
• a quattro lobi (orbitali d), per l = 2;
• a otto lobi (orbitali f), per l = 3;
• molto più complessi, ma utilizzati solo da atomi eccitati (orbitali g, h),
per l = 4 e l = 5.
Il gruppo di orbitali che condividono lo stesso valore di l è chiamato
sottolivello.
Numeri quantici
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U D1 Configurazione elettronica
Anche il valore di l influenza l’energia di un orbitale. I sottolivelli di uno
stesso livello hanno energie che aumentano all’aumentare di l: l’orbitale s è
sempre quello a energia più bassa, seguito nell’ordine dagli orbitali p, d ed
f, se possono esistere per quel livello.
Nel secondo livello, per esempio, esistono solo i sottolivelli 2s e 2p, mentre
nel quarto si trovano nell’ordine 4s, 4p, 4d e 4f.
Numeri quantici
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U D1 Configurazione elettronica
Per un dato valore di l, e quindi per un certo sottolivello, il numero
quantico m può assumere tutti i valori interi tra -l e +l, zero
compreso, il che significa che i suoi valori possibili sono in tutto 2 l +
1.
•La forma sferica degli orbitali s consente un’unica orientazione, per cui,
in ogni livello, ve n’è uno solo;
•gli orbitali p sono tre, orientati secondo le direzioni dello spazio;
•gli orbitali d sono 5 e hanno orientazioni più complesse;
•ancora più complessi sono i 7 orbitali f.
Numeri quantici
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U D1 Configurazione elettronica
Per chiarezza, manterremo per questo numero quantico il significato già visto,
quello cioè di indicare il senso di rotazione dell’elettrone intorno al proprio
asse (spin). Esso può assumere soltanto i valori +1/2 e -1/2 e determina il
numero di elettroni che possono condividere un’orbitale. Poiché i campi
magnetici generati dalla rotazione consentono di occupare lo stesso orbitale
solo a elettroni con spin opposto, al massimo ce ne possono stare due.
Questa considerazione deriva dal principio di esclusione di Pauli in base al
quale:
Numeri quantici
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U D1 Configurazione elettronica
Due elettroni che si trovano nello stesso orbitale hanno già uguali n, l e m e
poiché i possibili valori del numero di spin sono soltanto due (+1/2 e -1/2),
due soli potranno essere gli elettroni in esso contenuti.
Elettroni dello stesso orbitale con spin
opposto si attraggono
Elettroni dello stesso orbitale con spin
uguale si respingono
Grazie a quanto appena visto il numero massimo di elettroni che possono
stare nel livello n è pari al doppio degli orbitali possibili, cioè 2n2.
Numeri quantici
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U D1 Configurazione elettronica
32
Numeri quantici
U D1 Configurazione elettronica
Le caratteristiche
degli orbitali: livelli,
sottolivelli e
orientazione
Abbiamo visto che gli orbitali si differenziano per energia, forma e
orientazione.
Gli orbitali sono infatti disposti in livelli energetici all’interno dei quali, escluso
il primo, esistono dei sottolivelli che si differenziano leggermente per la loro
energia. Gli orbitali appartenenti allo stesso sottolivello hanno uguale energia,
ma diversa orientazione. Essi si dicono degeneri.
Orbitali
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U D1 Configurazione elettronica
Nel primo livello di energia (n = 1), l può assuere
solo il valore 0. Vi è dunque un solo sottolivello
possibile, s, a cui corrisponde un solo orbitale, che è
di tipo sferico e viene indicato con 1s. Il numero
massimo di elettroni che possono essere ospitati
nel primo livello è 2.
Nel secondo livello di energia (n = 2), i valori ammessi per l sono 0 e 1.
Questo significa che i tipi possibili di orbitali sono s e p. Troviamo l’orbitale 2s
e, a energia leggermente più elevata, i tre orbitali 2p che si differenziano per
i diversi valori di m: 2px (m = -1), 2py (m = 0) e 2pz (m = 1). Poiché in ogni
orbitale possono trovarsi al massimo 2 elettroni, nel secondo livello
possono stare in totale otto elettroni.
Orbitali
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U D1 Configurazione elettronica
Il terzo livello (n = 3) consente tre diversi valori di l: 0, 1 e 2. Esso si
differenzia, dunque, nei sottolivelli s, p e d. Oltre all’orbitale 3s e agli orbitali
3px, 3py e 3pz incontriamo, a energia leggermente più alta, i cinque orbitali
d con diverse orientazioni, contraddistinti dai valori di m: -2, -1, 0, 1, 2.
Globalmente nel terzo livello di energia si possono avere fino a
2 + 3·2 + 5·2 = 18 elettroni.
Orbitali
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U D1 Configurazione elettronica
Nel quarto livello di energia, poiché l può assumere i valori 0, 1, 2 e 3, vi si
possono trovare l’orbitale 4s, i tre orbitali 4p, i cinque orbitali 4d e sette orbitali
4f, questi ultimi contraddistinti dai valori di m: -3, -2, -1, 0, 1, 2 e 3. Grazie a
questi nuovi orbitali il quarto livello può contenere fino a 32 elettroni.
Orbitali
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U D1 Configurazione elettronica
Nei successivi livelli sono possibili, oltre ai sottolivelli s, p, d ed f, anche
ulteriori tipi di orbitali che però, in condizioni non eccitate, non sono occupati,
per cui non verranno qui considerati.
Le raffigurazioni date degli orbitali sono semplificate. Rappresentazioni più
fedeli si possono trovare per esempio su http://winter.group.shef.ac.uk/orbitron
Orbitali
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U D1 Configurazione elettronica
Un quadro
riassuntivo
che evidenzia
le piccole
diversità nella
struttura dei
più comuni
orbitali è
riportato qui a
fianco. Si nota
come anche
orbitali dello
stesso tipo
sono diversi a
seconda del
livello a cui
appartengono.
Orbitali
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U D1 Configurazione elettronica
Se è vero che nell’ambito di uno
stesso livello i sottolivelli s, p, d ed
f hanno energia crescente, non
sempre è vero che un orbitale di
un dato livello corrisponda a
un’energia più bassa di quella di
tutti gli orbitali del livello
immediatamente superiore. Il
numero quantico secondario l può
infatti dare un contributo
significativo all’energia
dell’orbitale. L’energia degli
orbitali aumenta secondo l’ordine
indicato dalla regola della
diagonale, che è lo stesso nel
quale si riempiono.
Orbitali
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U D1 Configurazione elettronica
Risulta evidente dallo
schema che le
complicazioni iniziano
quando entrano in gioco gli
orbitali
d ed f.
A puro titolo di esempio si
può osservare come
l’orbitale 6s abbia
un’energia più bassa sia dei
sottolivelli 5d e 5f, sia
addirittura del 4f.
Orbitali
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U D1 Configurazione elettronica
Se provassimo adesso a
rappresentare un atomo,
dovremmo ricorrere a una
nuvola dai contorni indistinti
che delimita i confini oltre i
quali gli elettroni si spingono
molto di rado. Con un po’ di
fantasia lo potremmo
immaginare come una palla
da tennis molto lanuginosa,
più che come la sfera
compatta concepita dai
primi
filosofi atomisti.
Orbitali
In realtà sappiamo bene che
nessuna di queste, o di altre forme
immaginabili è perfettamente
adeguata per descrivere la realtà
della meccanica quantistica:
quest’ultimo è un mondo troppo
diverso da quello di cui abbiamo
esperienza ogni giorno.
41
U D1 Configurazione elettronica
La configurazione elettronica
La tabella appena vista suggerisce un modo sintetico per rappresentare
quali orbitali di un atomo sono occupati e da quanti elettroni.
La configurazione elettronica di un atomo viene
rappresentata graficamente indicando gli
elettroni con delle freccette. Se invece la si
vuole esprimere simbolicamente, si indica il
numero del livello di energia seguito dal
simbolo del sottolivello e si pone a esponente
di quest’ultimo il numero totale di elettroni
contenuti (per esempio la notazione 1s2
significa due elettroni nell’orbitale 1s e si
legge “uno esse due”).
Configurazione
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U D1 Configurazione elettronica
L’atomo di un dato elemento possiede tanti elettroni quanti sono i suoi
protoni. Noto quindi il numero atomico Z, sappiamo quanti elettroni
dobbiamo collocare negli orbitali.
Il riempimento degli orbitali avviene seguendo alcune regole:
1. principio dell’aufbau: gli orbitali vengono riempiti in ordine di energia
crescente (ossia seguendo l’ordine dato dalla regola della diagonale);
2. principio di esclusione di Pauli: in ogni orbitale possono stare al
massimo due elettroni, nel qual caso hanno spin opposti (antiparalleli);
3. regola di Hund, o della massima molteplicità: quando gli elettroni hanno
a disposizione più orbitali con la stessa energia (degeneri) tendono
sempre a occuparne quanti più è possibile, dando luogo a orbitali
semioccupati in cui si dispongono con spin paralleli. Ciò consente agli
elettroni di trovarsi alla massima distanza possibile, minimizzando la
repulsione reciproca.
Configurazione
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U D1 Configurazione elettronica
Come esempio di applicazione delle regole
esposte costruiamo la configurazione
elettronica dei primi 10 elementi.
L’idrogeno ha un solo elettrone, che si trova
nell’orbitale a più bassa energia e cioè
nell’1s. La sua configurazione elettronica è
pertanto 1s1.
L’elio ha due elettroni, che si collocano nello
stesso orbitale (1s), ma con spin opposto.
Con l’elio, il primo livello energetico è pieno,
cioè completamente occupato; la
configurazione elettronica è 1s2.
Il litio ha tre elettroni, che non possono stare
tutti nello stesso orbitale: due si sistemano
nell’1s e uno nell’orbitale del secondo livello a
più bassa energia, ovvero nel 2s. La
configurazione è quindi 1s22s1.
Il berillio ha quattro elettroni, due nell’1s e
due nel 2s: la sua configurazione è 1s22s2.
Configurazione
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U D1 Configurazione elettronica
Il boro ha cinque elettroni. I primi quattro sono disposti come nel berillio,
mentre il quinto è posto nel sottolivello 2px; la configurazione elettronica è
1s22s22p1.
Il carbonio ha sei elettroni: due nell’1s, due nel 2s, uno nel 2px e uno nel
2py. Per la regola di Hund, infatti, gli ultimi due elettroni non si concentrano
in un solo orbitale, ma occupano ciascuno un orbitale diverso con uguale
energia. La sua configurazione elettronica è dunque 1s22s22p2. Si ricordi
che gli spin dei due elettroni del sottolivello 2p sono paralleli.
Configurazione
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U D1 Configurazione elettronica
L’azoto ha sette elettroni, due nell’1s, due nel
2s e uno in ciascuno dei tre orbitali 2p, con
configurazione elettronica 1s22s22p3. Per lo
stesso motivo ricordato a proposito del
carbonio, gli ultimi tre elettroni hanno spin
paralleli.
L’ossigeno ha otto elettroni e quindi ha un
elettrone in più rispetto alla configurazione
dell’azoto. Il nuovo elettrone andrà a saturare
l’orbitale 2px, per cui la configurazione risulta
1s22s22p4.
Il fluoro ha nove elettroni: l’elettrone in più
rispetto all’ossigeno andrà ad appaiarsi
all’altro già presente nel 2py, completandolo.
La configurazione elettronica è: 1s22s22p5.
Nel neon gli elettroni presenti saranno tutti
appaiati: due nell’1s, due nel 2s e due
ciascuno nei tre orbitali 2p. Il secondo livello di
energia è completo e la configurazione
elettronica dell’elemento è 1s22s22p6.
Configurazione
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U D1 Configurazione elettronica
L’ordine di riempimento degli orbitali procede poi regolarmente
seguendo le priorità indicate dalla regola della diagonale.
Quando si devono utilizzare gli orbitali d ed f, la situazione viene
complicata dal fatto che alcuni sottolivelli di differenti livelli hanno un
contenuto energetico simile. Questo genera il passaggio di un
elettrone verso la situazione energeticamente più favorita.
Nel cromo, per esempio, gli elettroni dei livelli più esterni sono nella
configurazione 3d54s1, invece che 3d44s2 come potremmo attenderci
dalla regola della diagonale.
Ciò si spiega con il fatto che un sottolivello occupato
completamente o occupato esattamente a metà (semioccupato)
rappresenta una situazione energeticamente più favorevole
rispetto a quella in cui nel sottolivello è presente un numero di
elettroni che non permette nessuna di tali configurazioni.
Configurazione
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U D1 Configurazione elettronica
Analogamente l’argento ha configurazione esterna 4d105s1 con il
sottolivello s riempito a metà e il d completamente occupato,
invece della prevista 4d95s2, nella quale il sottolivello s sarebbe
completamente occupato, ma i 9 elettroni del d non sarebbero in
una configurazione energeticamente favorevole.
4d
4d
5s
5s
Configurazione
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Protagonisti e idee
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Protagonisti e idee
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Protagonisti e idee
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