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È un miscuglio omogeneo di gas…

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È un miscuglio omogeneo di gas…
LICEO LINGUISTICO
“A GENTILI” –SAN GINESIO
GRUPPO B
…è un miscuglio omogeneo di
gas…
•
azoto 78,08%,
•
ossigeno 20,95%,
•
argo 0,93%,
•
anidride carbonica 0,03%,
•
gas nobili (neon, cripto, elio), idrogeno,
ozono 0,01% fino alla concorrenza del 100%.
Inoltre sono presenti
•
vapor acqueo, che varia da luogo a luogo e
anche da istante a istante nello stesso luogo;
•
pulviscolo atmosferico, che diminuisce
con l'altitudine, dato che le particelle più pesanti
sono attratte maggiormente verso il basso dalla
forza gravitazionale.
Azoto
Altri gas
Ossigeno
…è indispensabile per gli esseri viventi perché rappresenta la
riserva degli elementi fondamentali: carbonio, ossigeno, azoto e
idrogeno che ricevono attraverso i cicli biogeochimici .
…è in grado di autopurificarsi perché in essa si verificano
moti convettivi che la rinnovano in continuazione…
…ma non è una pattumiera senza fondo.
… è senza frontiere, i venti possono spostarla anche a
livello planetario
.
… sta perdendo il suo equilibrio naturale a causa delle attività
antropiche. Il grado di alterazione è direttamente proporzionale
alla densità di popolazione e allo sviluppo economico della
stessa…
....è perciò inquinata!
Ecco alcuni segni della sua sofferenza
Effetto serra
Buco dell’ozono
Piogge acide
Inquinamento elettromagnetico
Inquinamento chimico
Smog fotochimico
Presenza di nuclidi radioattivi
…è un bene prezioso , una risorsa che va
rispettata e salvaguardata!!!
Inquinamento nucleare
L’inquinamento atmosferico chimico è la presenza nell’atmosfera di
sostanze che causano un effetto misurabile sull’uomo, sugli
animali, sulla vegetazione o sui diversi materiali; queste sostanze
sono: il monossido di carbonio, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di
azoto, l’ozono, il particolato, il radon, il benzene, l’asbesto, gli
idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e il cloruro di vinile. Esse di
solito non sono presenti nella normale composizione dell’aria;
I contaminanti atmosferici vengono distinti: quelli di origine antropica,
cioè prodotti dall’uomo, e quelli naturali. Inoltre possono anche essere
classificati in primari cioè liberati nell’ambiente come tali (es. il biossido
di zolfo e il monossido di azoto) e secondari (es. ozono) che si formano
successivamente in atmosfera attraverso reazioni chimico-fisiche.
L’inquinamento può essere autoctono o alloctono.
L’inquinamento negli ambienti aperti viene definito esterno (outdoor),
mentre l’inquinamento nei luoghi confinati, come gli edifici, è detto
interno (indoor).
La qualità dell’aria negli ambienti confinati viene indicata come Indoor
Air Quality.
I principali inquinanti chimici degli ambienti interni sono:
CO2
CO
NO2
Fumo di legna
Fumo di tabacco
Idrocarburi leggeri
Derivati degli idrocarburi
Composti organici volatili
Particolato aereodisperso
Metalli nel particolato
Compostici policiclici aromatici
Ammine aromatiche
Amianto
Fibre minerali sintetiche
Radon
Antiparassitari
La concentrazione degli inquinanti nell’aria è determinata da diversi fattori:
•Dalla quantità dei contaminanti presenti nelle emissioni;
•Dal numero e dal concentramento delle sorgenti inquinanti;
•Dalla distanza dai punti di emissione;
•Dalle trasformazioni chimico-fisiche, alle quali sono sottoposte le sostanze
emesse;
•Dalla eventuale velocità di ricaduta al suolo;
•Dalla situazione morfologica delle aree interessate all’inquinamento;
•Dalle condizioni meteorologiche locali e su grande scala.
Il fattore che più influenza il trasporto e la diffusione atmosferica degli
inquinanti è l’intensità del vento; inoltre un ruolo notevole è svolto dalle
precipitazioni atmosferiche che contribuiscono a dilavare l’aria dai
contaminanti presenti. Di solito le zone più soggette ai fenomeni di
inquinamento sono le zone urbane e industriali, soprattutto se si trovano in
aree dove sono presenti dei naturali impedimenti alla circolazione dell’aria: ad
esempio le valli chiuse da montagne che presentano sempre problemi di
ristagno per la ridotta ventilazione atmosferica.
Altri fattori di notevole importanza negli episodi da inquinamento sono
l’intensità della luce solare e l’alta temperatura, in determinate condizioni
possono portare al manifestarsi dello smog fotochimico
In genere le concentrazioni dei contaminanti
dell’aria sono minori quando il vento è almeno
moderato e l’atmosfera è instabile nei bassi
strati. Al contrario le concentrazioni degli
inquinanti sono elevate in presenza di nebbia
persistente oppure in assenza di vento o
quando si è in presenza di inversioni
termiche.
Le inversioni termiche sono dei fenomeni
atmosferici che impediscono il normale
rimescolamento delle masse d’aria, esse si
formano solitamente nelle notti limpide subito
dopo il tramonto, a causa del rapido
raffreddamento del terreno. Questo fenomeno
è detto inversione termica di tipo radiativo e in
genere termina con il riscaldamento mattutino
della superficie terrestre; se questo non
avviene gli inquinanti si possono accumulare
anche per più giorni consecutivi.
L’inquinamento atmosferico comporta spesso
numerose
conseguenze
nei
confronti
dell’ambiente e dell’uomo.
Conseguenze sull’ambiente
Il declino del patrimonio animale, forestale ed agricolo; la
degradazione degli ecosistemi; i danni provocati alle strutture
metalliche, alle opere d’arte ed in generale ai diversi materiali usati
dall’uomo; e per finire la riduzione della visibilità, sono tutti aspetti
del problema generato dall’inquinamento prodotto dall’uomo. Il
meccanismo di aggressione da parte degli inquinanti può essere
rapido o prolungato nel tempo. Gli inquinanti possono agire a livello
globale, interessando tutte le popolazioni della terra. Fenomeni come
l’insorgenza dello smog fotochimico interessano generalmente solo
le aree a grande urbanizzazione, mentre l’azione delle piogge acide è
di più vasta portata, interessando sia le zone più industrializzate che
le aree limitrofe. L’azione dell’effetto serra coinvolge tutte le nazioni,
mentre gli effetti di molti inquinanti industriali possono essere
localizzati semplicemente a ridosso dell’area di produzione.
CONSEGUENZE
SULL’UOMO Le
conseguenze a carico della salute dell’uomo si
verificano soprattutto nei casi in cui si registra un
innalzamento delle concentrazioni dei comuni contaminanti
dell’aria (inquinamento acuto). In questi casi, l’aumentata
esposizione a vari irritanti atmosferici provoca la riduzione
della funzionalità polmonare, l’aumento delle malattie
respiratorie nei bambini, gli attacchi acuti di bronchite e
l’aggravamento dei quadri di asma; il tutto comporta un
forte incremento nel numero dei decessi fra le persone più
sensibili a determinati inquinanti, come gli anziani o le
persone affette de malattie respiratorie e cardiovascolari. L’
effetto dell’inquinamento a bassi livelli e per lungo tempo
risulta invece più subdolo e difficile da individuare. Si
presume che provochi a breve termine disagio, irritazione,
tossicità specifica e affezioni respiratorie acute. Gli effetti a
lungo termine causati da un’esposizione ad inquinanti
presenti a concentrazioni relativamente basse non sono
ancora completamente chiari. In ogni caso si ritiene che fra
i vari effetti ci sia la comparsa di malattie polmonari
croniche, la formazione di varie neoplasie maligne (cancro
polmonare, leucemie) ed un aumento della mortalità per
malattie cardiovascolari e respiratorie.
..a San Ginesio è:
IPOTESI:
Non è inquinata ma di buona qualità in quanto San Ginesio è un Paese piccolo
di soli 3840 ab., non industrializzato , piuttosto ventilato, con una
circolazione di auto limitata;la principale fonte d’inquinamento è il
riscaldamento domestico.
VERIFICA DELL’IPOTESI:
1. Studio dei licheni come bioindicatori per rilevare la qualità dell’aria.
2. Monitoraggio degli idrocarburi aromatici con una centralina mobile posta in
via Matteotti (la più transitata di San Ginesio).
3. Misura del pH della pioggia e della neve.
4. Informazioni sulla presenza di fonti di inquinamento elettromagnetico.
QUALITA’ DELL’ARIA DI SAN GINESIO:
La qualità dell’aria di San Ginesio è risultata , come previsto, buona
infatti l’INDEX o meglio la BIODIVERSITA’ LICHENICA calcolata con
il metodo di Amman ha dato valori molto vicini a 20 (Alterazione
bassa), la presenza di idrocarburi aromatici , monitorati con la
centralina mobile in Via Matteotti e legati al traffico veicolare, è
risultata molto al di sotto del valore limite come si può vedere dai
dati rilevati dall’ARPAM; Il pH della neve e della pioggia in questi
primi mese dell’anno 2005, misurato nel nostro laboratorio, è
risultato sempre con valori vicini a 6; non sono presenti fonti di
inquinamento elettromagnetico preoccupanti(qualche centralina di
trasformazione-riduzione di alta tensione ENEL, un elettrodotto che
attraversa appena per un breve tratto il territorio di San Ginesio e
un ripetitore-antenna ricevente OMNITEL su una collina di fronte
San Ginesio oltre il fiume Fiastrella.
I licheni sono degli organismi viventi, ovvero una simbiosi tra funghi e alghe, usati come
bioindicatori per stimare la qualità complessiva dell’aria essendo sensibili all’effetto di
tutte le sostanze nocive contemporaneamente e non ad un singolo fattore. Essi sono
bioaccumulatori:
assorbono e accumulano varie sostanze presenti nell’atmosfera e sono particolarmente
sensibili ai gas fitotossici come anidride solforosa e ossidi di azoto in quanto il loro
metabolismo dipende completamente dall’atmosfera essendo sprovvisti di stomi o
cuticole; non sono in grado di proteggersi dall’esterno e di liberarsi delle parti vecchie
e/o intossicate;
hanno una crescita lenta e prolungata nel tempo, vivono in media 30-50 anni,
consentendo così di effettuare un monitoraggio per lunghi periodi;
resistono bene (sono organismi pionieri) agli stress ambientali (termici e idrici).
Per il monitoraggio abbiamo utilizzato il metodo floristico svizzero di Karl Amman,
basato sull’indicatore biologico, IPA, o Indice di Purezza Atmosferica calcolato
considerando la frequenza delle specie entro un reticolo (50x40 cm) di rilevamento
formato da 10 rettangoli di 10 cm di altezza e 15 cm di larghezza; questo reticolo viene
fissato con corde elastiche ad un albero(quercia o tiglio) avente circonferenza superiore
agli 80 cm, ad una altezza di circa 120-150 cm da terra ed una inclinazione non
superiore a 10°.
L’IPA viene calcolato come somma delle
frequenze, cioè del numero di specie
licheniche presenti nel reticolo di ogni
campione ( oggi si preferisce chiamarlo
BL= Biodiversità lichenica) delle varie
stazioni di rilevamento.
Dopo aver posto il reticolo di Amman sul
tronco dell’albero ed aver visto ogni
specie lichenica in quanti rettangoli è
presente ed aver calcolato il BL, si svolge
un rilevamento fotografico, con lo scopo di
documentare le eventuali variazioni
temporali ed effettuare così un controllo
fitosociologico
della
successione
vegetazionale. Nel corso degli anni si
possono verificare cambiamenti nella
grandezza
dei
talli,
a
causa
dell’inquinamento ma anche di altri fattori
vegetazionali.
Dai risultati dei rilievi è possibile ottenere i
valori di naturalità e alterazione
del
territorio indagato in maniera più
rappresentativa di quella offerta dalle
misure degli strumenti.
A San Ginesio sono state monitorate con questo metodo 3 stazioni di rilevamento:
1° Colle Ascarano = tre tigli;
2° Panoramica-Pincio= due querce;
3° Via Matteotti = tre tigli.
Da questo primo monitoraggio è risultato che San Ginesio presenta una media
alterazione (tendente al buono) dell’aria avendo BL molto vicini a 20 e precisamente:
1°Stazione = 18,3; 2°Stazione = 17 e 3° Stazione = 20
.
A settembre/ottobre 2005 e poi nei prossimi anni verranno ripetuti i rilevamenti per avere
dati più significativi, visto che questo metodo ha un maggior valore se riferito ad un
lungo periodo di osservazione.
STAZIONE DI RILEVAMENTO N° 1
Località di rilevamento: San Ginesio
Luogo: Colle Ascarano
Data: 28/04/05
Quota altimetrica: 690 m.slm
Specie di albero: 3 Tigli
Circonferenza: 1°-153cm; 2°-143cm;
3°-161cm.
Esposizione: 1°-ovest; 2°-sud; 3°-est.
Altezza: 1°-1,5m; 2°-1,5m; 3°-1,5m.
Calcolo della frequenza per ogni albero: 20(3+6
Xanthoria P.+10 Physcia+1Candelariella);19(5
Xanthoria P.+10 Physcia +4Candelariella);16(6
Xanthoria +10 Physcia );
BL della stazione: 20+19+16/3 = 18,3
Albero 1: primo tiglio a sinistra del viale verso il
bar
Copertura lichenica: abbondante. Stato: buono
Albero 2: secondo tiglio a sinistra del vialetto
Copertura lichenica: abbondante. Stato: buono
Albero 3: terzo tiglio verso la panoramica
Copertura lichenica: abbondante. Stato: buono
Stazione 1: Colle Ascarano
STAZIONE DI RILEVAMENTO N° 2
Località di rilevamento: San Ginesio
Luogo: Panoramica-Pincio
Data: 28/04/05
Quota altimetrica: 675m slm
Specie di albero: 2 Querce
Circonferenza: 1°-254cm; 2°-297.
Esposizione: 1°-sud/ovest;
2°-sud/sud-ovest.
Altezza: 1°-1,5m 2°-1,5m
Calcolo della frequenza per ogni
albero: 15(5 Xanthoria;10Physcia);
19( 9 Xanthoria; 10 Physcia )
BL della stazione: 15+19/2= 17
Albero 1: quercia sulla panoramica
Copertura lichenica: discreta. Stato:
buono
Albero 2: quercia del Pincio
Copertura lichenica: abbondante.
Stato: buono
STAZIONE DI RILEVAMENTO N° 3
Località di rilevamento: San Ginesio
Luogo: Giardino della scuola in Via Matteotti
Data: 28/04/05
Quota altimetrica: 680m slm
Specie di albero: 3 tigli
Circonferenza: 1°-160cm; 2°-210cm;
3° -110cm.
Esposizione: 1°est; 2°ovest; 3 nord.
Altezza: 1°-1,5m , 2°-1,5m ; 3°-1,50.
Calcolo della frequenza per ogni albero: 9 (4
Xanthoria+5 Physcia );12(2 Xanthoria+10
Physcia);39(10 Xanthoria+10 Physcia+10 Physcia +9
Candelariella)
BL della stazione: 9+12+ 39/3 = 20
Albero 1: sulla destra del vialetto che immette nel
parcheggio della scuola
Copertura lichenica: Discreta, stato discreto;
Albero 2: sulla sinistra del vialetto che immette nel
parcheggio della scuola
Copertura lichenica: abbondante ma con segni di
sofferenza( forse conseguenti ai lavori edili effettuati
lo scorso anno)
Albero 3: tiglio sotto il muro di cinta del parcheggio
Copertura lichenica abbondante, stato buono.
neve mese di
febbraio:PH 5.68
pioggia del 5 maggio
2005:PH 7.5/6.7
pioggia del 12 maggio
2005:PH 6.40
Lo smog fotochimico è la forma di inquinamento maggiormente diffusa nelle
grandi città del pianeta e soprattutto nelle aree industrializzate.
Il termine “smog” deriva dall’unione di smoke (fumo) e fog (nebbia), si riferiva
inizialmente allo smog industriale o smog classico che, di colore grigio-nerastro,
era prodotto dalla combinazione tra il fumo e il biossido di zolfo liberati nella
combustione del carbone con la nebbia. Esso era talmente tossico da provocare
decine di migliaia di morti ogni anno.
A partire dagli anni Cinquanta l’utilizzo di altri combustibili fossili e di altre fonti
energetiche (come la nucleare e la idroelettrica) hanno ridotto la frequenza e la
gravità dello smog industriale, lasciando però le città in mano allo smog
fotochimico.
Esso è un particolare tipo di inquinamento dell’aria che si produce nelle
giornate caratterizzate da condizioni meteorologiche di stabilità e di forte
insolazione. Gli ossidi di azoto (NOx) e i composti organici volatili (VOC)
emessi nell’atmosfera da molti processi naturali o antropogenici, vanno
incontro ad un complesso sistema di reazioni fitochimiche indotte dalla
luce ultravioletta presente nei raggi del sole; il tutto porta alla formazione di
ozono (O3), perossiacetil nitrato (PAN), perossibenzoilnitrato (PBN), aldeidi
e centinaia di altre sostanze. Tali inquinanti secondari vengono indicati col
nome collettivo di smog fotochimico perché sono generati da reazioni
chimiche catalizzate dalla luce e costituiscono la componente principale
dello smog. Questo particolare smog si può facilmente individuare per il
suo caratteristico colore che va dal giallo-arancio al marroncino,
colorazione dovuta alla presenza nell’aria di grandi quantità di biossido di
azoto. I composti che costituiscono lo smog fotochimico sono sostanze
tossiche per gli esseri umani, per gli animali e anche per i vegetali, inoltre
sono in grado di degradare molti materiali diversi per il loro forte potere
ossidante. I principali effetti dello smog fotochimico sull’uomo sono una
forte irritazione agli occhi e difficoltà nella respirazione.
RIMEDI ALLO SMOG
L’effetto serra consiste in un riscaldamento del pianeta per effetto dell’azione dei
gas serra e primo fra tutti l’anidride carbonica. La terra è colpita dalla radiazione
elettromagnetica emessa dal sole. Parte di questa radiazione viene assorbita
dall’atmosfera terrestre ma la grande maggioranza colpisce la crosta terrestre. Di
questa radiazione parte viene assorbita dalla superficie, parte viene riflessa come
radiazione luminosa di varia frequenza e parte viene riflessa come radiazione a
lunghezza d’onda maggiore cioè come raggi infrarossi responsabili del calore
terrestre.
L’atmosfera è quasi completamente trasparente alla luce visibile, ma è opaca alla
radiazione infrarossa, pertanto, gli infrarossi riflessi dalla superficie non ritornano
completamente nello spazio ma restano racchiusi tra la superficie e gli strati alti
dell’atmosfera determinando un ulteriore riscaldamento della terra.
A provocare l'effetto serra sono l'anidride
carbonica, i clorofluorocarburi, il metano,
l'ossido di azoto, l'ozono troposferico: gas la
cui concentrazione aumenta sempre di più per
una serie di cause tutte legate ad attività
umane. Gran parte della responsabilità per il
progressivo riscaldamento del nostro pianeta
va
addebitata
al
modello
energetico
dominante: l'80% delle emissioni di anidride
carbonica, il principale "gas serra", proviene
dalla combustione del carbone, del petrolio e
del metano, dunque dall'attività delle centrali
termoelettriche, dai fumi delle industrie, dagli
scarichi delle automobili. Ma sotto accusa ci
sono anche i fertilizzanti azotati usati in
agricoltura, che oltre ad alimentare il
fenomeno
dell'eutrofizzazione
che
sta
uccidendo decine di laghi e mari, tra cui
l'Adriatico, sono anche responsabili di buona
parte delle emissioni di ossido di azoto.
Infine altri due "imputati" di primo piano sono i clorofluorocarburi
responsabili della distruzione della fascia di ozono, la cui produzione per
fortuna è in rapida diminuzione, e la deforestazione, che nelle foreste
tropicali procede al ritmo di un campo di calcio al secondo.
Quanto alla parte di "colpa" delle varie aree geo-politiche del mondo, il dato
che salta subito agli occhi e che oltre la metà delle emissioni di anidride
carbonica e degli altri "gas serra" viene dai Paesi industrializzati - Stati Uniti,
Unione europea, Canada, Giappone, Australia - dove vive appena un quinto
della popolazione mondiale.
EFFETTI SULL’AMBIENTE: Se le emissioni dei "gas di serra" in atmosfera
proseguiranno ai ritmi attuali, dovremo attenderci nei prossimi decenni un
riscaldamento globale del pianeta compreso tra 1 e 3,5 gradi centigradi. Le
conseguenze di questo aumento della temperatura sarebbero catastrofiche a
vari livelli. Il riscaldamento provocherebbe il parziale scioglimento dei ghiacci
e un'espansione termica degli oceani, con un innalzamento prevedibile del
livello dei mari di 15-95 centimetri.
Al tempo stesso ci sarà anche l'aumento della temperatura che
produrrebbe un'intensificazione e una maggiore estensione di
eventi meteorologici estremi come alluvioni, inondazioni, cicloni
tropicali. Inoltre, in molte zone tropicali già si assiste ad una
riduzione dell’umidità del suolo che comporta una diminuzione
nella resa agricola; molte aree, anche in Europa, sono a rischio
di desertificazione. Tutti questi effetti sono scientificamente
evidenti per i molti dati ottenuti a riguardo e si ipotizza un
inasprimento della situazione attuale nel caso in cui le
concentrazioni dei gas serra aumentassero. Lo scenario che si
può ipotizzare è impressionante: i deserti potrebbero
espandersi in terre ora semiaride; le foreste, polmoni della terra,
diminuirebbero ulteriormente nella loro estensione; intere
popolazioni, ora in regime di sussistenza, non avrebbero più
risorse idriche a disposizione; città costiere e numerose isole
scomparirebbero nel mare.
EFFETTI SULL’UOMO: l’aumento delle temperature a causa del
riscaldamento globale provocato dall’incremento della concentrazione
dei gas serra nell’atmosfera può comportare sia effetti diretti che
indiretti per la salute dell’uomo. Le temperature estremamente calde
aumentano i rischi fisici a carico delle persone che presentano problemi
cardiaci, perché in condizioni termiche più elevate il sistema
cardiovascolare deve lavorare in modo maggiore per mantenere la
temperatura corporea stabile. Il clima più caldo inoltre comporterebbe
un aumento della diffusione dei problemi respiratori. In ogni luogo della
Terra, la presenza e la diffusione delle malattie sono fortemente
influenzate dal clima locale. In effetti molte malattie infettive
potenzialmente mortali sono diffuse solamente nelle aree più calde del
pianeta. Le temperature più elevate possono anche favorire l’aumento
dell’inquinamento biologico delle acque, favorendo la proliferazione dei
vari organismi infestanti. Molti ricercatori ritengono anche che
l’inasprirsi dell’effetto serra comporterebbe un aumento del fenomeno
dell’eutrofizzazione delle acque,con tutti i danni biologici, economici e
sanitari che questo comporterebbe.
L’ozono è un gas costituito da
tre atomi di ossigeno ed è in
grado
di
proteggerci
da
pericolose
radiazioni
ultraviolette UV.
Lo strato di ozono si è formato
in milioni di anni a causa anche
dell’attività delle alghe verdiazzurre. A queste alghe si deve
la produzione dell’ossigeno
presente sulla terra e da cui
dipende la nostra stessa vita.
Questo “tetto” di ozono ha
consentito alla vita marina di
estendersi dal mare alla terra,
dando
inizio
all’evoluzione
dell’uomo .
Un numero molto consistente di scienziati ritiene che il fenomeno del buco
dell’ozono sia di origine umana, ossia causato da sostanze inquinanti
immesse nell’atmosfera dall’uomo.
Altri scienziati ritengono che il buco dell’ozono sia un fenomeno del tutto
naturale legato alle particolari condizioni meteorologiche delle zone polari.
Questo convincimento , deriva dall’osservazione che la diminuzione della
quantità di questo gas nella stratosfera non è stata costante nel tempo, ma
ha subito mutamenti negli anni senza che fosse preso alcun provvedimento
sugli elementi che potrebbero essere la causa del suo assottigliamento.
In realtà si è scoperto che sopra l’Antartide la circolazione atmosferica è
organizzata come un gigantesco vortice: vi è cioè una massa d’aria isolata
dal resto dell’atmosfera che circola, per gran parte dell’anno, intorno al polo
australe.
Nella tarda primavera, però, il vortice si rompe permettendo un rapido
afflusso di aria ricca di ozono proveniente dalle zone tropicali. Quest’ aria
che viene da nord è più ricca di ozono perché nelle zone calde la formazione
di questo gas è favorita dalla radiazione solare più intensa.
Lo spostamento si verifica quindi in conseguenza del fatto che l’aria
stratosferica tende a migrare spontaneamente dalle grandi altezze sopra i
tropici, dove si forma abbondante ozono, verso altezze minori delle regioni
polari dove si va accumulando il gas di recente formazione.
Prima di questo salutare arricchimento di ozono nella zona mediana della
stratosfera antartica la sua quantità era diminuita per l’arrivo di aria
proveniente dal basso.
Con il ritorno del sole al Polo Sud, il suolo si riscalda e con esso si riscalda
anche l’aria sovrastante. Quest’ aria è povera di ozono e, divenuta meno
densa in seguito al riscaldamento, comincia a salire fino a raggiungere la
stratosfera dove, non solo va a diluire lo strato ricco di ozono presente in
quel luogo, ma lo sposta anche lateralmente. Fenomeni simili in cui correnti
d’aria, provocate da variazioni termiche, salgono e scendono all’interno
dell’atmosfera sono normali e avvengono a tutte le latitudini.
I processi dinamici che spostano masse d’aria da una zona all’altra del globo
non distruggono l’ozono, ma semplicemente lo ridistribuiscono e quindi è
naturale che questa teoria sia più rassicurante di quella che concerne alcune
sostanze prodotte dall’uomo.
La teoria dello spostamento delle masse d’aria tuttavia ha un difetto: non
riesce a spiegare la causa del progressivo aggravamento del fenomeno e il
sempre più faticoso recupero dei livelli normali dell’ozono stratosferico
Le sostanze inquinanti che minano la
presenza dell’ozono nella stratosfera sono
dette ODS. Questi composti chimici si
degradano per effetto dei raggi ultravioletti
nella stratosfera rilasciando atomi di
bromo e di cloro che danneggiano quelli di
ozono. Le sostanze inquinanti che
causano
l’assottigliamento
dell’ozono
sono i Clorofluorocarburi (CFC).
Altre
sostanze
inquinanti
sono
gli
Idroclorofluorocarburi (HCFC). Entrambe
le sostanze contengono il cloro e tramite
questo sono in grado di deteriorare la
fascia di ozono nella stratosfera. L’impatto
sull’ozono dei HCFC è comunque minore
rispetto a quello dei CFC. Anche i
composti che contengono bromo sono
pericolosi per l’ozono. In particolare i gas
Bromofluorocarburi come l’Halon.
Questo è usato per estinguere il fuoco e ha
un impatto maggiore rispetto agli CFC nel
distruggere l’ozono stratosferico.
•EFFETTI SULL’UOMO
Il buco dell’ozono e la diminuzione dell’ozono stratosferico non
rappresentano al momento un rischio immediato per la salute
dell’uomo. La situazione potrebbe diventare drammatica nel caso
in cui le dimensioni del fenomeno crescessero ulteriormente.
L’ozono agisce infatti facendo da barriera alla maggior parte delle
pericolose radiazioni UV-B provenienti dal sole.
Alcuni studi teorizzano che una diminuzione dell’1% dell’ozono
colonnare possa comportare un aumento delle radiazioni
ultraviolette pari all’1,2%.
I raggi UV-B sono in grado di attaccare e danneggiare molecole come
il DNA e l’RNA, così se l’esposizione a questi raggi diviene
eccessiva, si possono sviluppare sia dei melanomi che altri tipi di
cancro della pelle.
Un altro possibile effetto consiste nell’indebolimento delle difese
immunitarie; il tutto contribuisce all’aumento delle malattie.
L’effetto più evidente e diretto è invece legato all’azione che i raggi
UV esercitano sulla retina dell’occhio, dove provocano danni che
possono rapidamente portare alla cecità.
•EFFETTI SULL’AMBIENTE
La presenza di una graduale diminuzione dell’ozono stratosferico
comporta inevitabili danni anche a carico della fauna e della flora.
Dato che la riduzione maggiore è presente in aree pressoché
disabitate, gli effetti non sono ancora particolarmente gravi.
Diversi organismi viventi hanno sviluppato particolari meccanismi di
protezione dall’azione dei raggi UV-B: limitano la loro esposizione;
alcuni si proteggono con dei pigmenti; altri possiedono dei
meccanismi di riparazione del DNA o riparano i tessuti
danneggiati(dalle scottature).
In ogni caso, per la maggior parte degli organismi, questi
meccanismi diventano insufficienti quando aumentano i livelli di
irradiazione UV-B.
Dato che queste radiazioni vengono assorbite dagli strati di cellule
più superficiali, gli organismi di dimensioni maggiori sono più
protetti degli esseri più piccoli.
Anche un piccolo aumento nei livelli UV-B potrebbe comportare un
cambiamento estremamente negativo nella varietà e nella
quantità degli organismi presenti nelle acque superficiali e di
conseguenza avere ripercussioni su tutta la comunità delle acque.
Sulle piante le radiazioni UV comportano in genere un
rallentamento della crescita a causa di un effetto limitante
nella crescita della superficie fogliare e quindi dell’area per la
cattura dell’energia solare.
In piante irradiate dai raggi UV si verifica sempre un
decadimento generale e una riduzione nel peso secco.
•NORMATIVE ODIERNE
Il trattato di Montreal
Sotto la spinta degli ambientalisti, nel 1987, 35 paesi aderenti
alle Nazioni Unite sottoscrivono a Montreal un trattato
internazionale per la protezione dello strato di ozono.
Nel 1989 la Comunità Europea (ora Unione Europea), propone
la messa al bando totale dei CFC ed il blocco totale entro la
fine degli anni ’90.
Grazie a ulteriori pressioni degli ambientalisti nel ’94 sono
state avanzate proposte ancora più restrittive
sull’eliminazione dei CFC, costringendo tutte le aziende
europee ad accelerare la sostituzione dei fluidi frigoriferi
con altri a basso potenziale di impoverimento dell’ozono.
Grazie a queste misure l’emissioni di CFC sono calate dell’87%
dal 1987, e si stima che intorno al 2040 il buco dell’ozono si
sarà richiuso.
FENOMENO:E’ un’alterazione
dello stato dell’ambiente causata da Campi
Elettromagnetici che sono irradiati dagli apparecchi elettronici quando sono in
funzione. Le preoccupazioni maggiori sono associate ai campi che si trovano
ai due estremi dello spettro di frequenza. I campi a bassissima frequenza
possono influenzare il metabolismo cellulare e produrre danni gravi agli
organismi viventi .
CAUSE
CONSEGUENZE
RIMEDI
Campi Elettromagnetici
Campo elettrico:subisce
Campo Magnetico:non
Attenuazioni ( mura
subisce attenuazioni
domestiche)
Le onde elettromagnetiche sono suddivise a seconda delle frequenze(
numero di cicli o periodi nell’unità di tempo) in RADIAZIONI IONIZZANTI, che
per l’elevata frequenza sono in grado di ionizzare direttamente la materia
cedendo direttamente energia all’elettrone che abbandona il suo atomo e
RADIAZIONI NON IONIZZANTI(NIR) come le onde radio AM e FM, i canali
televisivi in banda VHF ed UHF, la telefonia cellulare con tutto il settore delle
comunicazioni, i forni a microonde, il radar e cosi via., che non provocano
tumori ma riscaldamento dei tessuti. L’effetto termico è tanto più intenso
quanto maggiore è l’intensità della radiazione incidente sul corpo. Si
misurano in hertz e sono prodotte da sorgenti in ambito:
Industriale
e
medico:
riscaldamento
a
microonde,
sistemi
radiolocalizzazione;
Domestico ed uffici: elettrodotti, telefonia cordless, schermi televisivi;
Ambiente esterno: elettrodotti, sistemi radio e telecomunicazioni, ponte
radio
CONSEGUENZE
A lungo termine:
campi elettromagnetici
ad alta frequenza (antenne
per cellulari.)
Effetti riscontrati:
tachicardia, dolor
agli occhi, vertigini
depressione, perdita di
memoria,caduta
di capelli,leucemie e
malattie
neurovegetative,
variazione del
numero di linfociti
e granulociti.
A breve termine:
possono generare
nell’uomo un effetto
termico cioè un
riscaldamento del
corpo.
Effetti riscontrati:
variazione del
metabolismo
variazioni delle
funzioni ghiandolari,
del sistema
immunitario,del
sistema nervoso
Centrale e del
comportamento.
Il decreto interministeriale 381/’98 fissa
il limite di 6 volt/metro per esposizioni
superiori a quattro ore al giorno. Le
regole per l’installazione delle antenne
devono essere scritte dalle Regioni.
Con l’avvento di più gestori e il
moltiplicarsi delle antenne è aumentata
l’attenzione di alcuni comuni.
Le antenne fuori legge:
In Italia ci sono 50.000 antenne(12.500
per le radio, 21.000 per le TV e circa
13.500 per la telefonia mobile).
Secondo le prime verifiche sul
territorio da parte degli enti
competenti, molte di loro hanno
emissioni al di sopra dei limiti fissati
nel 1998 per i dispositivi ad alta
frequenza( 6 volt per metro per le zone
abitate). Per l’esattezza, sono 152 i siti
fuori norma.
NEL TERRITORIO DI
SAN
GINESIO PASSA SOLO UN
ELETTRODOTTO
E SOLO
PER UN TRATTO BREVISSIMO
NEL TERRITORIO DI SAN
GINESIO
SONO
PRESENTI
RIPETITORI
PER
LA
TELEFONIA
MOBILE
(WIND
ED
OMNITEL)
A
COLLE
MAESTRELLO, OLTRE IL
FIUME FIASTRELLA.
L’aria a
San Ginesio
<
Dal 4 Aprile al 1 Maggio una centralina istallata, in Via Matteotti,dall’ARPAM ha
prelevato campioni di aria per monitorare la presnza in essa di idrocarburi
aromatici: benzene, toluene, etilbenzene e xilene. Essi sono liberati durante la
combustione dei derivati del petrolio, sono perciò indice dell’inquinamento da
veicoli. La loro presenza nell’Aria unita alla loro elevata stabilità li rende molto
pericolosi per la salute dell’uomo in quanto giungono inalterati fino alla vie
respiratorie dove possono provocare danni alle cellule anche per il loro alto
potere mutageno.
Ecco i dati rilevati:
Il benzene è una sostanza chimica liquida ed incolore dal caratteristico odore
aromatico pungente. A temperatura ambiente volatilizza assai, cioè passa dalla
fase liquida a quella gassosa.
La molecola di benzene è costituita da 6 atomi di idrogeno e la sua e la sua
formula chimica è C6H6.
Il benzene in aria è presente praticamente ovunque, derivando da processi di
combustione sia naturali ( incendi boschivi, emissioni vulcaniche ) che
artificiali ( emissioni industriali, gas di scarico di veicoli a motore, ecc. ).
Nell’aria dei centri urbani la sua presenza è dovuta quasi esclusivamente alle
attività di origine umana, con oltre il 90% delle emissioni attribuibili alle
produzioni legate al ciclo della benzina: raffinazione, distribuzione dei
carburanti e soprattutto traffico veicolare, che da solo incide per circa l’ 80%
sul totale.
Questo inquinante viene rilasciato dagli autoveicoli in misura prevalente
attraverso i gas di scarico e più limitatamente tramite l’evaporazione
della benzina dalle vetture nelle fasi di trasporto, stoccaggio e
rifornimento nonché nei momenti di marcia e arresto, compresa la sosta
prolungata in un parcheggio.
Il benzene è uno dei composti organici più utilizzati nel mondo.
I livelli ambientali di benzene sono abbastanza bassi da non far temere la
comparsa delle patologie denunciare in passato nei luoghi di lavoro, ma
le informazioni a disposizione non sono ancora sufficienti per
concludere che l’effetto complessivo sia trascurabile. L’ esposizione
prolungata a bassi livelli di benzene è infatti correlata ad un aumento
nella frequenza di insorgenza del cancro negli uomini.
Al fine di approfondire la ricerca su questo tema e ottenere una più
attendibile documentazione sul livello reale di esposizione della
popolazione, i principali centri urbani italiani e del Veneto si sono dotati
di strumenti di rilevazione del benzene in diversi punti della città.
Quali sono le sorgenti di emissione del benzene?
Il benzene viene prodotto su scala industriale principalmente attraverso
processi di raffinazione del petrolio.
In passato il benzene è stato ampiamente utilizzato come solvente nelle
molteplici attività industriali e artigianali.
La maggior parte del benzene oggi prodotto trova impiego nella chimica
come materia prima per numerosi composti secondari, a loro volta utilizzati
per produrre plastica, resine, detergenti, pesticidi, intermedi per l’industria
farmaceutica, vernici, collanti, inchiostri, adesivi e prodotti per la pulizia.
Il benzene è inoltre contenuto nelle benzine in cui viene aggiunto, insieme ad
altri composti aromatici, per conferire le volute proprietà antidetonanti e per
aumentarne il “numero di ottano” in sostituzione totale o parziale dei
composti del Piombo.
Traffico veicolare
Circa l’ 80% delle emissioni di benzene sono legate alla combustione di
benzina, risultando quindi direttamente riconducibili al traffico
autoveicolare.
La guida di autoveicoli comporta un’ esposizione proporzionale al tempo
di guida, che risulta di circa 3-4 volte superiore a quella ambientale
generale.
L’importanza del traffico autoveicolare come fonte di inquinamento è
testimoniata dal fatto che in popolazioni rurali la concentrazione di
benzene nel sangue risulta significativamente più bassa rispetto a quella
di chi vive in città. Va comunque segnalata l’importanza delle fonti
domestiche, in grado, secondo alcuni autori, di condizionare i livelli
biologici dell’inquinante più di quelle ambientali generali e autoveicolari in
particolare.
Fumo di tabacco
Il fumo di tabacco rappresenta la maggiore fonte individuale di benzene per
la popolazione generale non esposta professionalmente.
Esso è presente nel fumo di una sigaretta in una concentrazione madia
piuttosto rilevante: tanto che chi fuma 20 sigarette al giorno inala una
quantità di benzene molto più elevata anche rispetto a chi si trova esposto a
questa sostanza lungo strade molto trafficate per diverse ore al giorno. Nelle
abitazioni di soggetti fumatori la concentrazione ambientale di benzene è del
30-35% superire a quella delle abitazioni dei non fumatori.
Nell’organismo dei soggetti fumatori sono state individuate, inoltre,
concentrazioni di benzene nel sangue circa doppie rispetto a quelle dei non
fumatori.
Il 99% circa del benzene viene assunto attraverso la via respiratoria. L’attività
fisica è uno dei principali fattori che influenzano l’assorbimento del benzene.
Come incide il benzene sulla salute?
Il benzene è facilmente assorbito per inalazione, contatto cutaneo,
ingestione, sia per esposizione acuta che cronica. Gli effetti tossici,
tuttavia,
hanno
caratteristiche
differenti
e
colpiscono
organi
sostanzialmente differenti in base alla durata dell’esposizione.
Si possono distinguere effetti tossici acuti, associati a brevi esposizioni a
livelli elevati di benzene, poco frequenti nell’ambiente di vita, ed effetti
tossici cronici, associati a periodi di esposizione solare di maggiore durata
e a basse dosi d’inquinante.
L’intossicazione acuta accidentale da benzene fa seguito generalmente ad
esposizione per via inalatoria e/o cutanea. Per esposizione acuta, gli organi
bersaglio sono il sistema nervoso centrale ed il miocardio.
L’effetto più noto dell’esposizione cronica riguarda la potenziale
cancerogenicità del benzene sul sangue.
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro classifica il benzene
come sostanza cancerogena di classe 1, in grado di produrre varie forme di
leucemia. La classe 1 corrisponde ad una evidenza di cancerogenicità per
l’uomo di livello “sufficiente”.
Idrocarburi
San Ginesio
<
Inquinamento
chimico
<
FENOMENO
RIMEDI
CAUSE
EFFETTI:
• SUI MATERIALI
• SULLE PIANTE
• SULL’ECOSISTEMA
• SULL’UOMO
• SULLA VISIBILITA’
Con il termine “piogge acide” si intende il processo di ricaduta
dall’atmosfera delle sostanze tossiche presenti nell’aria.
La combustione del carbone, del petrolio e degli altri idrocarburi, oltre a
produrre anidride carbonica, produce altri agenti inquinanti quali il
piombo, l’anidride solforosa, il biossido di azoto e vari ossidi di azoto. I
combustibili fossili sono i più dannosi, perché bruciando, liberano
anidridi acide che, venendo a contatto con l’acqua presente
nell’atmosfera, producono l’acido solforoso(H2SO3), l’acido
solforico(H2SO4), l’acido nitroso(HNO2) e nitrico(HNO3), l’acido
carbonico(H2CO3), l’acido cloridrico(HCI).
Queste sostanze, unendosi all’acqua, provocano l’abbassamento del
PH e ricadono a terra sottoforma di precipitazioni (deposizioni umide).
Gli acidi, invece di sciogliersi in acqua, possono essere trascinati dai
venti e cadere sottoforma di deposizioni secche.
Dalla Rivoluzione industriale, il fenomeno delle piogge acide è in continuo
aumento a causa della grande quantità di anidride solforosa e di ossidi di
azoto prodotti dal crescente consumo di combustibili fossili.
Le maggiori deposizioni di piogge acide avvengono nelle regioni più
industrializzate e in quelle caratterizzate da elevate precipitazioni, come le
aree costiere e montuose.
Di solito, la maggior parte dei composti di zolfo si depositano entro 2-4
giorni dall’emissione. Gli ossidi di azoto, invece, tendono a restare più a
lungo nell’atmosfera per cui vicino alle fonti di emissioni si depositano
quantità relativamente inferiori.
A livello globale, le Nazioni più colpite sono il Canada, che per effetto dei
venti riceve le piogge acide statunitensi, i Paesi Scandinavi e la Germania.
In Italia, la costituzione geologica del terreno attenua in gran parte l’effetto
di queste piogge; il fenomeno, infatti, interessa quasi esclusivamente la
zona della Pianura Padana.
Il meccanismo cosiddetto di ACIDIFICAZIONE è causato dagli ossidi di zolfo e dagli ossidi di azoto che
entrano in contatto con l’acqua. Questo elemento è presente sottoforma di vapore nell’atmosfera e
determina la formazione delle gocce, le quali, costituite da sola acqua, hanno un PH pari a 7,0 circa.
A causa della dissoluzione dell’anidride carbonica, si produce l’acido carbonico; attraverso ciò, si
ottiene un abbassamento del PH delle gocce a valori considerati naturali, ovvero circa 5,5.
Il pH delle gocce si abbassa ancora di più in presenza di anidride solforica e di biossido di azoto, poiché
reagisce formando acido solforico e nitrico.
L’anidride solforosa si forma nell’atmosfera a partire dal biossido di zolfo.
Gli ossidi metallici con i quali l’anidride solforica reagisce, anche grazie al contributo delle radiazioni
luminose, portano alla catalizzazione e sono in prevalenza manganese e ferro. Questi, riescono a
rigenerare la reazione del triossido di zolfo, con lo steso meccanismo con tutti i metalli. L’anidride
solforosa, così prodotta, a contatto con l’acqua, dà luogo all’acido solforico.
Tra le reazioni di ossidazione si possono distinguere 4 reazioni principali, le quali convergono tutte
verso la formazione di acido solforico che solubilizza nel vapore acqueo.
Gli ossidi di azoto a contatto con il vapore acqueo, portano invece, alla formazione dell’acido nitrico,
secondo tre reazioni distinte.
Grazie alla reazione per cui NO2 + O3
O2 + NO3 si arriva paradossalmente, ad un
miglioramento della qualità dell’aria, per abbassamento di ozono nelle aree urbane, dove la
concentrazione di questo, è solitamente elevata per la presenza di traffico veicolare.
Per quanto riguarda gli effetti sui materiali prodotti
dalle piogge acide, queste attaccano
quotidianamente le strutture edili, provocando dei
seri danni al patrimonio culturale del nostro
Paese.
Sono di due tipologie i danni che le piogge acide
provocano:
·
I danni causati da un’azione di tipo corrosivo
·
I danni causati da un’azione di tipo metallico,
attraverso la quale il materiale interessato, è reso
sempre più friabile.
Attraverso il processo di condensazione del vapore
acqueo, gli inquinanti presenti nell’aria, vengono a
diretto contatto con i materiali e si sciolgono
nell’acqua.
Maggiori danni sui materiali si possono verificare nel
caso in cui un aumento di temperatura, favorisca
l’evaporazione dell’acqua di condensa: i
contaminanti dell’aria si troverebbero, infatti, a
contatto delle superfici ad una concentrazione
molto più elevata.
(l’azione delle piogge acide risulta particolarmente evidente su
questa statua realizzata in Westphalia; la foto a sinistra è stata
scattata nel 1908, mentre la foto a destra è stata scattata nel
1968; sono passati solo 60 anni)
Le piogge acide danneggiano il patrimonio vegetale del Pianeta. Ad
esempio le foreste sono esposte in modo continuo alle piogge acide e
risultano particolarmente danneggiate, possono manifestare una
riduzione dell’attività di fotosintesi, con un rallentamento della crescita ed
erosione della cuticola che riveste l’epidermide con necrosi dei tessuti
fogliari. Anche i terreni agricoli possono subire effetti dannosi; alterando
la composizione chimica del suolo, le piogge acide lo acidificano
rendendolo inospitale per molte piante e determinando la selezione di
microrganismi acidofili.
Se non interverranno le INVERSIONI di TENDENZA, molte foreste saranno
distrutte e questo provocherà l’ESPANSIONE DEL FENOMENO CARSICO
(penetrazione dell’acqua nel sottosuolo) e quindi il terreno tenderà ad
inaridirsi, provocando così il fenomeno della SICCITA’ e l’ARIDITA’ DEI
SUOLI. Senza la presenza delle piante il CLIMA tenderà a cambiare
favorendo l’avanzata della desertificazione e la gravità di fenomeni come
le inondazioni, le tempeste e gli uragani.
Le foglie sono la sede degli scambi gassosi. Attraverso gli stomi i gas
penetrano all’interno delle foglie dove si sciolgono, poi, diffondesi, si
accumulano in concentrazioni tossiche.
Gli effetti più dannosi sono dovuti a:
·
ANIDRIDE SOLFOROSA: provoca effetti
acuti caratterizzati da zone di necrosi sulle foglie
che prima si seccano, poi si scoloriscono
assumendo una colorazione avorio-marrone;
effetti cronici caratterizzati da un graduale
ingiallimento delle foglie, dovuto ad un
impedimento del meccanismo di formazione
della clorofilla. In particolare l’anidride solforosa
colpisce anche muschi e licheni.
·
PIOMBO
·
OZONO: l’azione nociva sulle piante si
rivela sottoforma di macchie bianche o puntini
sulla superficie delle foglie, appaiono bruciature
all’estremità dei germogli, una malattia del pino
bianco e si scoprì che questa è in relazione con
la presenza di ozono
·
OSSIDO DI CARBONIO
Gli effetti degli inquinanti acidi sull’ecosistema variano a seconda
delle caratteristiche delle aree interessate.
· I suoli con rocce calcaree sono in grado di neutralizzare l’acidità
per la presenza dei carboidrati che permettono di mantenere costante
il pH.
· I terreni più sensibili sono quelli derivati da rocce cristalline come il
granito e le quarziti. I suoli poveri o privi di calcare, subiscono
l’impoverimento del terreno a causa degli inquinanti acidi. Nel suolo
avviene lo scambio digli ioni idrogeno, liberati dagli acidi con i cationi.
Il processo comporta la liberazione nel terreno degli ioni metallici che
sono tossici per le piante. L’abbassamento del pH nel terreno, inoltre,
può anche causare la compromissione di molto processi
microbiologici come l’azotofissazione.
Anche i corpi idrici sono soggetti ai fenomeni di acidificazione e le
conseguenze sugli organismi acquatici possono essere sia dovute
alla tossicità delle acque, che alla scomparsa dei vegetali o delle
prede.
(come si può chiaramente vedere dal grafico, al diminuire del pH
scompaiono diverse specie presenti nei corpi idrici)
Le precipitazioni acide non rappresentano un pericolo diretto per la salute
umana. Invece possono insorgere dei danni alla salute, nel caso in cui si
nutra di alimenti provenienti da acque acide, per esempio pesci che abbiano
accumulato nel loro corpo grandi quantità di metalli tossici liberati dai suoli e
dilavati nelle acque per effetto di acidificazione.
I danni più gravi sono provocati dagli inquinanti che causano le piogge
acide. Questi gas interagiscono nell’atmosfera formando delle particelle di
solfati e nitrato che possono essere trasportate anche a grandi distanze dai
venti; queste particelle possono essere inspirate e penetrare nei polmoni.
Le particelle più fini possono anche penetrare all’interno degli edifici e
contribuire in questo modo al peggioramento della qualità dell’aria
Le emissioni di ossidi di azoto reagiscono con i composti organici volatili
causando la formazione dell’ozono.
Uno dei maggiori danni provocati è il restringimento temporaneo dei bronchi:
la respirazione diventa difficoltosa e aumenta l’irritazione agli occhi; tali
disturbi colpiscono soprattutto gli anziani, gli affetti da malattie cardiache e i
soggetti con problemi polmonari.
La visibilità, fenomeno anche denominato “range visivo”, è ridotta
dall’assorbimento e dalla riflessione della luce, dovuta sia alla presenza dei gas
che delle particelle dell’aria. Comunque, è la riflessione della luce causata dalle
particelle, il fenomeno più importante.
Le capacità ottiche dell’uomo, specialmente in ambiti industrializzati, si riducono
vertiginosamente a causa delle emissioni di biossido d’azoto e ossidi d’azoto
presenti nell’atmosfera.
La causa principale è ricondotta all’acido solforico che forma particelle fini di
solfato d’ammonio o calcio; altre aggravanti sono rappresentate dall’umidità e dal
particolato carbonioso.
Liceo Linguistico “A.GENTILI”
SAN GINESIO
Gruppo B
• Marziali Fabrizio
• Alzapiedi Laura
• Pettinari Lucia
• Bernabei Sebastiano
• Pettinari Sonia
• Boncagni Giulia
• Porfiri Lorenza
• Carucci Alice
• Quassinti Chiara
• Cruciani Filippo
• Rossi Sofia
• Cupillari Francesca
• Rozzi Sara
• Fabiani Aurora
•Taccari Alessandra
• Frolloni Marco
• Ventura Rossella
• Mariotti Marta
• Verdicchio Susanna
• Mariotti Sara
• Perez Mariela
Coordinato da: Prof.sse Angela Maria Bolici e Maria Pandolfo
Si stabilisce che i Paesi industrializzati (responsabili di oltre il 70% delle
emissioni globali di gas serra) entro il 2008-2012 riducano le proprie
emissioni nella misura del 5,2% rispetto ai livelli del 1990. Si tratta di
un compito particolarmente gravoso, anche dal punto di vista
economico, perché richiede un cambiamento nei sistemi energetici e
in altri settori (minore consumo di combustibili fossili, maggior
utilizzo di fonti energetiche rinnovabili o meno inquinanti come il gas
naturale) con ingenti investimenti per lo sviluppo di nuove tecnologie
ad alta efficienza e basso impatto ambientale. Indubbiamente, è
opportuno che la comunità internazionale sia concorde nel definire
che anche se oggi le emissioni di gas serra dovessero ridursi a zero,
passerebbero ancora molti anni prima che le concentrazioni di questi
gas vengano riportate ai livelli precedenti allo sviluppo industriale, a
causa dei lunghi periodi di permanenza nell’atmosfera di questo tipo
di emissioni.
L’ecodiplomazia dopo questa conferenza firmò l’accordo di Copenaghen,
che perfezionando il Protocollo di Montreal sui CFC, ne stabilì il
bando totale entro il 1996 e date più distanziate nel tempo per
eliminare altri composti chimici dannosi all’ozonosfera.

CONVENZIONE DELLE NAZIONI UNITE , 1994, per combattere la
desertificazione (UNCCD).
• PROTOCOLLO DI KYOTO, 1997, sui cambiamenti climatici. Gli stati
industrializzati firmatari si impegnano a ridurre entro il 2010-2012 le emissioni
di gas serra a un livello inferiore a quello raggiunto nel 1990.
•
VERTICE MONDIALE DI JOHANNESBURG, 2002, dove si rinnovano gli
impegni presi a Rio in materia di tutela dell’ambiente e aiuto allo sviluppo,
ma senza alcuna cornice legale o normativa che ne obbligasse l’attuazione.
I successi dell’ecodiplomazia si sono ottenuti in un numero limitato di casi,
come negli accordi riguardanti la difesa dell’ozonosfera, la tutela
dell’integrità dell’Antartide, l’inquinamento atmosferico transfrontaliero. Gli
ostacoli incontrati sono stati gravi e spesso insormontabili nella vaghezza
degli impegni fissati dai trattati, nella inadempienza dei paesi più ricchi a
fornire aiuti finanziari e tecnici promessi, nell’inesistenza di strumenti atti a
imporre anche coattivamente agli stati contraenti il rispetto degli impegni
assunti.
Dopo il deludente risultato di Joannesburg, il primo buon risultato ottenuto
dall’ecodiplomazia è stato, nel febbraio 2005, quello dell’entrata in vigore
del Protocollo di Kyoto: sebbene continuasse a mancare a esso l’adesione
del paese maggiormente responsabile dell’inquinamento atmosferico da
gas serra, ossia gli Stati Uniti, e sebbene l’obiettivo fissato nel 1997 fosse
in sè modesto, il perseguimento di esso parve offrire un terreno di
iniziativa comune alle politiche ambientali degli stati e all’azione dei
movimenti ecologisti, che nei primi anni del nuovo secolo non ha cessato
di manifestarsi e intensificarsi.
Il sistema energetico italiano versa
ormai da decenni in condizioni critiche.
Il bilancio energetico complessivo, in
seguito
alla
rinuncia
dell’energia
nucleare, dipende dall’importazione di
fonti energetiche per l’82% del
fabbisogno, con una spesa annua che
nel 2003 ha superato i 30 miliardi di
euro. Il fabbisogno nazionale è coperto
per il 65% attraverso il ricorso agli
idrocarburi. La situazione è ancora più
grave nel sistema elettrico, dove la
dipendenza dall’estero raggiunge l’84%
e la dipendenza dagli idrocarburi il
75(L’Italia brucia più petrolio per
produrre energia elettrica di quello
impiegato per lo stesso scopo in tutti gli
altri paesi europei messi assieme). Tutto
ciò
condiziona
pesantemente
la
capacità dell’Italia di competere sui
mercati internazionali perchè il costo
dell’energia è troppo alto per le industrie
Inoltre pone all’Italia rilevanti problemi di salvaguardia dell’ambiente e rende
di fatto irraggiungibili gli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti dal
Protocollo di Kyoto. Secondo le valutazioni del Ministero dell’Ambiente,
attuare il Protocollo di Kyoto costerebbe all’Italia 360 dollari per abitante,
contro i 5 della Germania(33% nucleare) e i 3 della Francia(78% nucleare). In
assenza dell’unica alternativa valida, il nucleare, ai combustibili fossili, la
politica energetica italiana si avviò all’incentivazione delle fonti rinnovabili:
quelle classiche(idroelettrica, geotermica) e quelle nuove( solare termico,
fotovoltaico, eolico, biomasse, biocombustibili, combustibile derivato dai rifiuti).
Si stima in circa 99.000 miliardi di lire l’impegno complessivo sostenuto dallo
Stato nel periodo 1981-2002 per l’incentivazione delle fonti rinnovabili
(provvedimento CIP 6/92).
A fronte di questo impegno , secondo i dati del 2003, le fonti rinnovabili (
prevalentemente classiche, quelle nuove solo 0,2%) contribuiscono per il
6,5% alla copertura del fabbisogno energetico complessivo dell’Italia. In
riferimento alla produzione di energia elettrica, le fonti rinnovabili hanno fornito
complessivamente il 17,9%( 15,6% idroelettrico,1,8% geotermico, nuove fonti
rinnovabili 0,5%).
Il mancato decollo delle nuove fonti rinnovabili è legato ai limiti fisici che le
caratterizzano:
-la bassa densità di potenza, che vincola all’impiego di superfici molto estese e
impedisce il conseguimento di significative economie di scala;
-i problemi di affidabilità, che comportano costosi interventi di manutenzione e di
sostituzione;
-spiccata aleatorietà, che rende comunque necessaria la realizzazione di impianti
convenzionali sostitutivi per i periodi di indisponibilità.
Le nuove fonti rinnovabili possono certamente fornire un contributo importante in
un’ottica di razionalizzazione dei consumi energetici, ma sono destinate dalla
termodinamica ad avere un ruolo “integrativo”, non “sostitutivo”, rispetto alle fonti
fossili e al nucleare.
La scelta fatta dall’Italia è rispettabile ma si potrà continuare a rinunciare al
nucleare? Il prezzo del petrolio aumenta , le riserve si assottigliano, la domanda di
energia cresce e l’Italia si fa luce con il nucleare degli altri. E’ ora che il problema
energetico venga affrontato non solo sul piano ideologico ma seriamente sul piano
tecnico ed economico.
Nelle Marche la produzione di energia in loco è una necessità impellente e
non un optional, quindi, bisogna sfruttare tutte le fonti nella misura in cui sono
disponibili, installando le centrali in luoghi dove è garantita una redditività
accettabile e dove sono compatibili con l’ambiente circostante. Per questo il
governo regionale dovrà farsene carico al più presto, studiando soluzioni
basate sui dati relativi all’effettivo fabbisogno di energia elettrica, nonchè,
cercando di:
-installare le centrali in luoghi dov’e’ garantita una redditività accettabile e dove
siano compatibili con l’ambiente circostante;
-promuovere campagne informative sui vantaggi e sugli svantaggi di ognuna
delle soluzioni possibili dirette verso i comuni e le province, ma soprattutto
verso i cittadini stessi.
Le centrali eoliche esistenti in Italia sono circa 1200,
ma si pensa già di costruirne delle nuove,
specialmente nei territori montani (sopra i 1200 s.l.m.)
di Sicilia, Basilicata, Puglia e Abruzzo.
Nelle Marche i progetti finora presenti prevedono la
realizzazione di 303 aereogeneratori dei quali 294
riguardano i rilievi dell’Alto Maceratese, anche al
confine con il Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
L’energia eolica anche se risulta al momento essere
quella economicamente più conveniente, non
risparmia danni ambientali.
Gli aereogeneratori dell’ultima generazione superano i
100 m d’altezza, con le pale di 40m, le quali, quando
girano, producono un rumore avvertibile fino a 3km di
distanza. Nei dintorni, per questo, non vola nessun
uccello.
Le pale pesano più di 200 tonnellate e richiedono, per
stare in piedi, fondamenta di grandi dimensioni,
nonché la realizzazione di strade assai larghe per
rendere possibile il traffico da parte degli autotreni e
delle macchine per effettuare i lavori.
Gli sbancamenti sono poderosi e
devastano pascoli prati e boschi con
lo stravolgimento tra l’ altro della
circolazione delle acque.
Gli impianti eolici hanno una potenza
complessiva di oltre 14000 megawatt.
Nel nostro Paese il paesaggio
montano
risulterà
quindi
irrimediabilmente
compromesso,senza
raggiungere
risultati efficienti e positivi poiché
l’energia prodotta in questo modo non
soddisfa comunque il fabbisogno, non
essendoci venti costanti come nei
paesi del nord.
In conclusione occorre che le Regioni
varino piani energetici nel pieno
rispetto dei valori ambientali e, nel
frattempo, si imponga una moratoria
alla realizzazione di nuovi impianti
eolici.
C’è chi ritiene che il fabbisogno di energia elettrica si può soddisfare con la
diffusione capillare dei pannelli solari. Il solare termico è già abbastanza usato ma
non si può dimenticare che il costo di tali impianti è piuttosto elevato, l’impatto visivo
che creano non è affatto trascurabile e tutt’altro che facile è lo smaltimento dei
pannelli solari una volta giunti alla fine del loro ciclo di vita.
Secondo noi va rivolta l’attenzione sulla legge, varata dal governo Berlusconi,
ancora poco conosciuta, sull’ incentivazione dell’energia prodotta da sistemi
fotovoltaici. Come avviene ormai da anni in Germania , Spagna ed altri Paesi
europei, anche in Italia si potrà vendere, alla rete elettrica locale, energia elettrica
prodotta da sistemi fotovoltaici.
Chiunque, pubblico , privato o azienda, produca energia elettrica fotovoltaica, sia
che la consumi o che la convogli in rete, riceverà un corrispettivo circa triplo di
quello pagato finora. Infatti, tutta l’energia elettrica prodotta dai sistemi fotovoltaici
verrà pagata , d’ora in poi e per 20 anni, o,45 euro/KWh per gli impianti da 1 a 20
KWp e 0,47 euro /KWh per gli impianti da 20 a 50 KWp( finora era pagata 0,18
euro/KWh). La stessa energia elettrica da fonte fotovoltaica potrà essere usata per
alimentare le utenze di casa, mentre l’energia prodotta in eccedenza verrà
immessa nella rete elettrica locale,ed il corrispettivo sarà scalato dalla bolletta della
corrente. La grande novità è che non sono più previsti contributi a fondo perduto
per gli impianti, poichè l’incentivo si sposta sull’energia.
Quindi, più energia pulita si produce più si guadagna. I contributi saranno prelevati
da un fondo(A3) che già paghiamo in bolletta, indipendentemente dal consumo di
elettricità, destinato a finanziare le fonti rinnovabili e usato invece fino ad oggi per
la cogenerazionene e il carbone nucleare.
Un sistema fotovoltaico da 2KWp(16 metri quadrati di moduli) sufficiente per un
nucleo familiare, produce nel Centro Italia circa 2.600KWh/anno di energia
elettrica pulita. Il vantaggio economico è di 1.640 euro/anno e dato che il prezzo di
un impianto da 2KWp è di circa 15.000 euro, dopo 9 anni si rientrerà
nell’investimento e si comincerà a guadagnare.
Inoltre, le abitazioni dotate di questi impianti saranno certificate, ed avranno un
valore superiore sul mercato. Il solare/fotovoltaico può risolvere il problema del
futuro dell’energia mondiale perchè è un energia sicura, pulita, praticamente
inesauribile e soprattutto “democratica”( il sole appartiene a tutti e la sua energia è
maggiore nei paesi più poveri del pianeta). E’ anche un’energia “rivoluzionaria”,
perchè chiunque potrà riceverla e produrla a sua volta, senza bisogno di
“mediazioni”da parte delle multinazionali dell’energia.
I pannelli solari termici catturano l'energia del Sole e la utilizzano per produrre
acqua calda (fino a 60-70 gradi centigradi) che, accumulata in un apposito serbatoio,
può essere utilizzata sia per gli usi domestici (per esempio per il riscaldamento delle
abitazioni e dell'acqua) sia per quelli industriali sia per la produzione di energia
elettrica su vasta scala attraverso le centrali termoelettriche solari.
Il sistema a pannelli solari è composto da due elementi: il pannello solare vero e
proprio e il serbatoio d'accumulo. Il primo è composto da un assorbitore di calore
solare, ossia da una lastra d'acciaio o di rame, all'interno della quale passano i tubi
in cui scorre il fluido che deve essere riscaldato dal Sole: in genere si tratta di
acqua addizionata con antigelo per tollerare il freddo invernale. Sopra l'assorbitore
è posta una lastra di vetro che fa passare i raggi solari in entrata, ma non li fa
uscire, in modo che l'ambiente sottostante si mantenga caldo. Il serbatoio contiene
uno scambiatore di calore che permette di trasmettere il calore dal liquido
riscaldato nell'assorbitore all'acqua dell'impianto idraulico di casa.
I pannelli solari termici vengono installati in posizione fissa, se possibile orientati
verso sud, in modo da ricevere la massima quantità di radiazioni. Un metro quadrato
di collettore solare può scaldare da 40 a 300 litri di acqua al giorno a 45-60 gradi
centigradi. L’ efficienza varia a seconda delle condizioni climatiche e della tipologia
del collettore dal 30% all’ 80%. Il rendimento dei pannelli solari è aumentato negli
ultimi dieci anni di circa 30%.
I collettori a concentrazione sono pannelli solari termici che utilizzano un sistema
di specchi che riflette i raggi del Sole facendoli convergere su un ricevitore.
L'energia termica così prodotta può essere direttamente inviata agli utilizzatori.
Oppure il calore prodotto dai vari concentratori solari può azionare i motori che
sono attivati dal calore a medie e alte temperature (per esempio per pompare
acqua o altre applicazioni meccaniche). L'energia termica può anche essere
trasformata in energia elettrica grazie a centrali termoelettriche solari. In questi
impianti l'energia termica catturata dai collettori viene impiegata per trasformare
l'acqua in vapore che, a sua volta, aziona una turbina accoppiata ad un generatore
di energia elettrica .
Esistono anche pannelli solari termici detti collettori a tubi sottovuoto che sono
composti da tubi di vetro speciale sottovuoto, ricoperti da uno strato che
trasforma la luce solare in calore.
A differenza dei pannelli a piastra, questa tipologia di collettori sottovuoto non
conduce calore (essendo l'aria il migliore isolamento), per cui non si verificano
perdite e pertanto il loro rendimento è superiore. Quindi questi collettori
richiedono una minore superficie espositiva rispetto alle altre tipologie di
pannelli e sono capaci di trattenere il calore accumulato anche in condizioni
atmosferiche molto rigide, garantendo prestazioni elevate e costanti durante
l'intero arco dell'anno. Per questi motivi possono essere utilizzati anche in zone
con un'insolazione medio-bassa o con condizioni climatiche particolarmente
rigide durante l'inverno, come in alta montagna o nei paesi nordici.
Gli impianti per la produzione di energia
idroelettrica a livello locale esistono già e
sono produttivi ed efficienti. Speriamo che
l’Enel, per risparmiare, non trasformi queste
centrali idroelettriche con quelle a carbone,
molto più inquinanti ed obsolete , come ha
già fatto in altri luoghi. L’idroelettrica è una
forma di energia pulita. Gli impianti
idroelettrici sfruttano l’energia potenziale
posseduta nell’acqua che si trova a quote più
alte e poi si muove verso valle come piccoli
fiumi, canali o corsi d’acqua, in energia
elettrica. Ogni impianto idroelettrico è
formato essenzialmente da: un sistema di
raccolta dell’acqua, costituito da una diga o
da una traversa; da un canale o una galleria
di derivazione, per il convogliamento
dell’acqua; da un pozzo piezometrico; da una
condotta forzata, per l’adduzione dell’acqua;
da una turbina che trasforma l’energia
potenziale dell’acqua in energia meccanica;
da un alternatore che converte l’energia
meccanica della turbina in energia elettrica.
Questi impianti non inquinano come quelli termoelettrici, che immettono
nell’atmosfera 600 grammi di CO2 per ogni KW/h prodotto, e anche se hanno
un certo impatto ambientale sul territorio con la costruzione di laghi
artificiali possono anche valorizzare lo stesso territorio favorendo lo
sviluppo di attività turistiche, sportive e produttive che possono coesistere
con lo sfruttamento idroelettrico. Altri vantaggi sono legati alla possibilità di
accumulare l’acqua e di modularne la restituzione sull’alveo del fiume a
valle, evitando così fenomeni alluvionali oltre alla prospettiva di poter
ottimizzare l’impiego della risorsa idrica realizzando una gestione integrata
dell’acqua per gli usi: potabile, irriguo, idroelettrico ed industriale.
Nel bacino imbrifero del Chienti-Fiastrone, che ha una superficie di 1.256kmq
ed i cui corsi hanno un regime torrentizio , breve percorso e forti pendenze,
a partire dagli anni 20( Bolognola) e poi 50-60 (Valcimarra, Belforte 1 e 2,
Macerata, Civitanova) sono state realizzate delle centrali idroelettriche
tuttora funzionanti. Esse producono energia elettrica sufficiente a rifornire
completamente la città di Macerata ,67.000.000 KW/h .
Quella di Valcimarra risulta essere la più produttiva delle Marche
(28.000KW/h) e del Centro Italia dopo quella di San Giacomo che è anche la
più grande di tutta Europa, ed è posta sotto il Massiccio del Gran Sasso. Si
accede ad essa tramite 2km di galleria ed è dotata di gruppi reversibili che di
giorno turbinano e producono corrente e di notte ripompano l’acqua nel
bacino quando il costo della corrente è praticamente nullo) Esse attualmente
sono gestite dall’ENEL PRODUZIONE, nucleo idroelettrico di Ascoli, e sono
controllate da Montorio al Vomano- Teramo, come tutte le centrali
idroelettriche del Centro Italia.
Esse attualmente sono gestite dall’ENEL PRODUZIONE, nucleo idroelettrico di
Ascoli, e sono controllate da Montorio al Vomano- Teramo, come tutte le centrali
idroelettriche del Centro Italia.
Le opere di presa che alimentano le centrali sono così strutturate:
Nel comune di Bolognola c’è uno sbarramento di tipo fluviale costituito da
una traversa in calcestruzzo della lunghezza di m 4,98 e dell’altezza di m
3. In sponda destra è realizzato un canale lungo m 25 che raccoglie le
acque di alcune sorgenti e le convoglia verso lo sbarramento. La bocca di
presa, ricavata in sponda sinistra, è costituita da una luce delle
dimensioni di m 1,55 x 0,75 ed è intercettata da una paratoia piana in legno
delle stesse dimensioni. A valle della bocca di presa è situata una vasca di
calma, cui si raccorda la galleria di derivazione protetta all’imbocco, da
una griglia metallica inclinata trapezoidale. Sul fianco destro della vasca è
ricavata un’opera di scarico e di sghiaiamento, costituita da un’unica
paratoia piana in legno da m 1,22 x 0,65 dalla quale le acque scaricate
vengono fatte defluire nel fiume Fiastrone attraverso un canaletto lungo m
9,50. Nel fosso Acquasanta c’è un’altro sbarramento di tipo fluviale,
costituito da una traversa in calcestruzzo della lunghezza di m 15 e
dell’altezza di m 12. A valle della traversa è realizzato un manufatto ad
arco in calcestruzzo in seno al quale è ricavata una luce da m 1,00 x 2,00
per scaricare eventualmente le acque in eccesso. Sulla sponda sinistra è
ricavata un’opera di presa costituita da una luce da m 1,00 x 1,00 protetta
da una griglia metallica inclinata delle medesime dimensioni. Dalla luce si
diparte un breve cunicolo che si congiunge con la galleria di derivazione
ricavata nel corpo della traversa dello sbarramento e proveniente dalla
presa sul fiume Fiastrone.
Nel comune di Fiastra il fiume Fiastrone è stato sbarrato da una diga ad
arco gravità con struttura in calcestruzzo cementizio pressochè simmetrica,
con pulvino perimetrale e tampone con breve spalla in destra ( altezza del
piano di coronamento sul punto più depresso della fondazione 87m;
spessore al centro del coronamento 3,35m; spessore al centro nel punto
massimo alla fondazione 31m; sviluppo al coronamento 254m; quota di
massimo invaso 640m; quota di massimo svaso 598m; capacità utile circa
20.000.000 metri cubi con coefficiente energetico pari a 0,838kWh/metri
cubi). L’opera di presa è ricavata in sponda sinistra; l’imbocco, protetto da
una griglia a sacco sollevabile a mezzo argani disposti in cabina a m 652,00
è costituito da una luce a sezione rettangolare delle dimensioni di m 4,80 x
3,20 a cui si raccorda la galleria di presa del diametro di m 3,70. A circa m
46 dall’imbocco sono situati gli organi d’intercettazione della galleria di
derivazione costituiti da una paratoia a saracinesca da m 1,40 x 1,60 con
comando oleodinamico e da una valvola a farfalla da m 1,60 di diametro
dotata di comando oleodinamico e automatico a mezzo palmola. Tra
l’imbocco della presa e gli organi di chiusura è ricavata una luce dalla quale
ha origine la galleria dello scarico intermedio.
Sempre sul fiume Fiastrone nei comuni di Camerino e Pievebovigliana c’è
lo sbarramento di Polverina, costituito da una diga in terra completata in
sponda sinistra da un’opera di smaltimento delle piene.
La diga presenta uno sviluppo longitudinale rettilineo ed è realizzata in
materiale sciolto, con fondazione su materiale alluvionale che ricopre il fondo
della valle (quota 375 circa). Realizza la impermeabilità della diga un nucleo
centrale in materiale limo-argilloso largo m 3 alla sommità e m 9 alla base,
mentre la tenuta è assicurata da un diaframma di calcestruzzo parzialmente
armato, dello spessore di m 0,50 che si incastra fra il nucleo suddetto e le
marni sottostanti (altezza del piano di coronamento sul punto più depresso
della fondazione 27,50m; sviluppo totale del coronamento 362,40m; volume
totale del rilevato 321.000 metri cubi; quota di massimo invaso 400 m; quota di
massimo svaso 392 m; capacità totale 5.811.000 metri cubi; capacità utile
4.22100 mc, coefficiente energetico pari a 0,308KWh/mc).
L’opera di presa è ricavata in sponda sinistra, in fregio all’opera per lo
smaltimento delle piene; costituita da un’unica luce delle dimensioni di 5,00 x
5,00 m protetta da una griglia metallica con soglia a quota 387,56. Dalla bocca
di presa si diparte la galleria di derivazione subito intercettata da una paratoia
piana da m 2,60 x 3,30 dotata di comando oleodinamico e manuale. Lo scarico
di superficie è ricavato in sponda sinistra (n.2 luci con soglia a q.395,00
ciascuna intercettata da una paratoia piana automatica da m 7,00 x 3,20 nella
parte inferiore e da una paratoia a ventola automatica da m 6,56 x 1,80 nella
parte superiore. Subito dopo le luci è disposto uno scivolo di calcestruzzo
lungo m 73,30 in proiezione orizzontale, terminante in vasca di calma a q.
373,00 a sezione trapezoidale di m 28,30 di base superiore, di m 16 di base
inferiore e di m10 d’altezza. La portata massima complessiva di scarico è
346mc/sec.
Lo scarico di fondo è
disposto
nella
parte
centrale
del
manufatto
murario dello scarico di
superficie; costituito da una
galleria di m 3 di diametro,
lunghezza m 30 con soglia
d’imbocco e sbocco a q.
383. La galleria si immette
nella vasca di calma situata
a valle dello scarico di
superficie. A circa m 5
dall’imbocco la galleria è
intercettata da 2 paratoie
piane, in serie, da m 2,50 x
2,00 ciascuna con comando
oleodinamico da una cabina
di manovra situata a q. 402.
La portata massima dello
scarico è 75 mc/sec.
Nei comuni di Serrapetrona e Caldarola c’è lo sbarramento di Borgiano,
costituito da una diga a gravità in calcestruzzo, occupante la gola
fluviale dalla quota di fondazione in alveo 267,00 alla quota di cresta
298,40, affiancata da due muri laterali, pure a gravità di calcestruzzo con
la stessa quota di sommità; quello di sinistra termina direttamente
contro il terreno, quello di destra dopo ampia curva di raggio 43,66mt si
innesta contro l’argine che costituisce la seconda parte dello
sbarramento. L’opera di presa è ricavata in sponda sinistra del bacino, a
mt 70 a monte della diga; l’imbocco, protetto da una griglia metallica
inclinata delle dimensioni di mt 4,50 x 4,50 è costituito da una luce del
diametro di mt 3,24 cui si raccorda un breve tratto della galleria di presa
intercettato da una griglia a sacco da mt 2,80 x 3,80 sollevabile mediante
argano idrodinamico, e da n.2 paratoie piane, in serie, da mt 1,80 x 2’80
cad., con comando idraulico la prima e automatico a mezzo palmola,
oltre che idraulico, la seconda. I dispositivi di comando degli organi di
intercettazione sono situati in una cabina di manovra sistemata in
prossimità della strada statale n.77 “Val di Chienti” , delle dimensioni di
mt4,35 x 4,00. Lo scarico di superficie è ricavato sul corpo della diga;
costituito da una paratoia a ventola a funzionamento e a comando
automatico, delle dimensioni di mt 9,00 x 3,50 con soglia a q. 293,40. La
paratoia scarica in uno scivolo che si raccorda con la platea, delimitata
lateralmente da due muri di contenimento.
La portata massima di scarico è di 99 mc/sec con invaso a q 297,00. Gli scarichi
di fondo sono situati simmmetricamente ai due lati dello scarico di superficie;
Essi sono costutuiti da due condotti gemelli a sezione quadrata delle
dimensioni di mt. 3,00 x 3,00 cad., che attraversano il corpo della diga con
soglia d’imbocco a quota 275,00. Ogni condotto è intercettato da una paratoia
piana da mt. 3,50 x 3,00 a manovra oleodinamica con asta e pistone,
quest’ultimo collocato sul coronamento della diga. A monte delle paratoie sono
disposti i gargami per i panconi, anch’essi manovrabili dal coronamento. La
portata massima di ciascuno scarico
è 149,50 mc/sec.. Lo scarico di
esaurimento è costituito dalla galleria di derivazione provvisoria del diametro di
mt. 2,50 che attraversa lo sperone roccioso della sponda destra per una
lunghezza di mt 109’54 pendenza 1% e sbocco a circa mt. 66 a valle della diga
con soglia a q. 273,00. Alla progressiva 43,50 mt a q. 273,75 sono disposte n.2
paratoie piane , in serie, da mt 1,50 x 1,50 cad. a funzionamento oleodinamico
con cabina di manovra a q. 277,72 alla quale si accede mediante pozzo
verticale, situato subito a valle della diga. La portata massima di scarico è 50
mc/sec.. Nel comune di Belforte del Chienti c’è lo sbarramento S. Maria,
costituito , in corrispondenza dell’alveo fluviale, da una traversa mobile e in
sponda destra da un argine in terra. La traversa , con parte fissa in calcestruzzo
, è corredata da n.2 paratoie a settore da mt. 12,00 x 6,00 cad., con soglia a q
232,50, dotate di comando manuale ed elettrico in loco e aventi il duplice scopo
di scarico di superficie e di fondo per una portata complessiva di 600 mc/sec..
L’argine, con quota al coronamento 240,50, presenta un nucleo centrale in
miscela di marna e calcare largo mt.2 in sommità e mt.4,50 alla base, in
L’opera di presa è ricavata in sponda sinistra del bacino; l’imbocco è
costituito da n.3 luci da mt. 4,60 x 4,40 cad., con soglia a q. 234,50 , protette
da altrettante griglie mewtalliche delle medesime dimensioni. Dalla bocca
di presa si diparte la galleria di derivazione intercettata da una paratoia
piana da mt. 2,50 x 3,00 dotata di comando manuale.
Nel comune di Pollenza c’è uno sbarramento di tipo fluviale costituito da
una traversa in legno della lunghezza di mt. 105,50 e dell’altezza di mt. 5’63
e in sponda sinistra da da un’opera per lo smaltimento delle piene. Lungo il
canale derivatore , a circa 78 mt. dalla presa, è situata una griglia delle
dimensioni di mt 8,00 x 3,00; a monte di questa , sulla sponda destra del
canale, è ricavata una soglia sfiorante lunga mt. 32, alle cui estremità sono
situati due scarichi di fondo, costituiti da n.2 paratoie delle dimensioni
rispettivamente di mt.1,90 x1,60 per quella a monte e mt. 1,25 x 1,40 per
quella a valle. Sia la soglia che i due scarichi immettono in un cunicolo
lungo mt. 96 attraverso il quale l’acqua sfiorata e scaricata si riversa nel
fiume Chienti ( portata 26 mc/sec.). Descriviamo ora la centrale di
Valcimarra essendo essa la principale dell’asta Fiastrone-Chienti.
L’acqua che proviene dal Chienti, e precisamente dal lago di Polverina, e
quella proveniente dal Fiastrone, e precisamente dal lago di Fiastra, tramite
condotte forzate giunge alle turbine ( 1 e 2 ) dove viene trasformata in
energia meccanica, poi successivamente nei rispettivi alternatori in energia
elettrica. L’acqua che esce dalle turbine torna nuovamente all’esterno e
viene immessa nel fiume.
La corrente alternata prodotta viene trasformata in corrente ad alta tensione da
quattro trasformatori posti all’aperto, che poi la distribuisce tramite quattro linnee di
alta tensione a Camerino, Cappuccini, Abbadia 1 e Abbadia 2.
La tutela dell’ambiente è una delle attività di organismi internazionali come
l’Unione Europea e l’ONU . Dal 1984 l’ONU ha organizzato una commissione
mondiale per l’ambiente e lo sviluppo con il fine di provvedere alla tutela
dell’ambiente insieme allo sviluppo delle industrie. Questo problema
riguarda tutti gli Stati del mondo nel loro complesso. In passato alcuni
eventi,come la distruzione della foresta Amazzonica o la fuga di sostanze
radioattive dalla centrale nucleare di Chernobyl, hanno evidenziato il
bisogno di una politica globale in materia di ambiente, poiché esso
costituisce il patrimonio comune di tutta l’umanità. L’ONU ha contribuito alla
realizzazione di alcuni importanti trattati internazionali dedicati proprio
all’ambiente. La tutela dell’inquinamento atmosferico, per il quale sono state
stipulate numerose convenzioni come quella di Ginevra nel 1979, cercano di
limitare l’uso di sostanze che provocano l’assottigliamento dello strato di
ozono e di limitare gli effetti nocivi che le fonti di energia oggi più utilizzate
provocano all’aria. L’Unione Europea, ormai da molti anni, cerca di
salvaguardare, proteggere,migliorare la qualità dell’ambiente al fine di
proteggere la salute dell’uomo e a garantire un uso intelligente e razionale
delle risorse disponibili, anche attraverso il miglioramento e
l’armonizzazione delle normative ambientali presenti nei diversi Stati che la
compongono. Da molti anni si svolgono conferenze internazionali
sull’ambiente, alle quali partecipano i rappresentanti di quasi tutti gli Stati.
Le conferenze cercano di trovare accordi che impegnano i singoli Stati al
raggiungimento di determinati obiettivi.
CONFERENZA DI STOCCOLMA , 1972, sull’ uomo e sul suo ambiente propone
un piano di lotta per un’attenta protezione della natura e suggerisce la nuova
strategia dell’ecosviluppo, basato sull’utilizzazione razionale delle risorse
umane e naturali.
Con essa nasce l’ecologia politica su scala
internazionale.
CONVENZIONE DI VIENNA , 1985, sullo strato dell’ozono.
PROTOCOLLO DI MONTREAL, 1987, sui CFC: è stata avviata una strategia
globale per la protezione della fascia di ozono. Ai Paesi industrializzati, e dal
2004 anche ai Paesi in via di sviluppo, è vietata la produzione e il consumo delle
sostanze ritenute responsabili della distruzione dell’ozono stratosferico.
CONVENZIONE DI BAIE, 1989, sui rifiuti.
PROTOCOLLO DI RIO, 1992, sulla biodiversità: oltre cento capi di stato e di
governo si sono impegnati a ridurre i fattori di inquinamento che possono
determinare conseguenze gravissime per l’Ecosistema. Gli Stati partecipanti si
sono impegnati a ridurre gli elementi inquinanti nell’aria e nell’acqua ed a evitare
forme di disboscamento selvaggio che determinano alterazioni irreversibili
sull’ambiente. I rappresentanti di 150 Paesi hanno stabilito, in modo particolare,
un accordo sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e degli altri gas
serra che provocano il cosiddetto “effetto serra”, responsabili dei cambiamenti
climatici, dell’innalzamento della temperatura terrestre, di problemi ambientali e
socio-sanitari.
La tutela dell’ambiente in Italia è regolata da un numero
elevatissimo di leggi, circa 3000, spesso mal coordinate tra loro
ed emanate sia dal Parlamento sia dalle Regioni.
Dal 1986 esiste uno specifico ministero per l’ambiente che dal
2001(legge 317/2001) è stato inserito tra i 14 ministeri con
portafoglio come “ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio”, che ha compiti organizzativi, normativi e di
coordinamento in materia di prevenzione e tutela dell’ambiente.
Le moltissime leggi sono raggruppate in settori in relazione al
bene ambientale oggetto di tutela. Per l’aria, essendo il suo
inquinamento collegato a diverse cause, esistono differenti
normative dirette a limitare gli effetti dei più importanti inquinanti
presenti nell’aria. Per quanto riguarda l’inquinamento derivante
dalla circolazione dei mezzi di trasporto, privati e pubblici, che
costituisce una forma di inquinamento particolarmente forte in
Italia(nel nostro Paese infatti vi è un’alta concentrazione di auto
per persona e il trasporto pubblico è, in molti casi, carente) gli
interventi normativi sono stati diretti al controllo delle sostanze
inquinanti presenti nelle benzine mediante l’uso di marmitte
catalitiche, al monitoraggio dell’aria nelle città( attraverso
centraline che analizzano la qualità dell’aria e la presenza di
sostanze inquinanti) e a provvedimenti di sospensione del
traffico per ridurre lo smog, che vengono adottati dai sindaci,
quando i livelli di inquinamento superano determinate soglie.
Quando viene bruciata benzina o qualsiasi altro combustibile
all’aria aperta, la combustione è pressoché completa. Al contrario,
in un recipiente chiuso, come la camera di combustione di un
motore, la combustione non è mai completa. Prima di tutto perché
i gas prodotti non possono disperdersi nell’atmosfera quindi
creano una situazione analoga a una soluzione nella quale
aumenta il volume di solvente cioè la concentrazione della
soluzione (aria e benzina) diminuisce e così la probabilità che le
molecole di ossigeno dell’aria e quelle di benzina “collidano” e
reagiscano. Inoltre, a causa dell’elevata temperatura che si
raggiunge durante la combustione, le molecole dei gas combusti
tendono a dissociarsi. Per esempio l’anidride carbonica si
dissocia in monossido di carbonio e ossigeno e ciò avviene tanto
più facilmente quanto più è alta la temperatura. E’ per questo che
aumentando il rendimento termico dei motori inevitabilmente
diminuisce il rendimento chimico con formazione di agenti
inquinanti come gli ossidi di azoto (si formano alle temperature di
1500-2000°C).
Teoricamente si ha una combustione perfetta quando il rapporto
stechiometrico aria/benzina è uguale a 14,7 , cioè lambda è pari a 1 ,e gli
unici gas combusti sono anidride carbonica ed acqua.
Analizzando le curve che indicano la percentuale dei vari gas di scarico
prodotti da un motore in funzione di lambda, si constata che si ha una minima
formazione di monossido (CO) e i idrocarburi (HC) quando lambda è
leggermente superiore a 1. Si può notare anche che gli ossidi di azoto (NOx)
sono molto elevati quando lambda è uguale ad 1. Di conseguenza è
impossibile costruire motori in grado di funzionare senza emettere alcun tipo
di agente inquinante. E’ quindi indispensabile ricorrere a sistemi esterni al
motore , le marmitte catalitiche, per trasformare i gas inquinanti in gas
innocui. Nelle reazioni chimiche tra sostanze gassose i migliori catalizzatori
sono i metalli pesanti e nobili come il platino, il rodio, l’iridio, il palladio ed
altri comunque sempre piuttosto costosi. Essi devono essere estremamente
puri, bastano piccole quantità di piombo, cromo o rame per “avvelenarli”e
quindi disattivarli. Inoltre per essere attivi hanno bisogno di temperature di
poco superiori a 800°C ( se sono inferiori non funzionano, se si raggiunge i
1000°C invecchiano facilmente e se si superano i 1400°C si inattivano). I
catalizzatori hanno la funzione di trasformare i principali agenti inquinanti
emessi dal motore, come CO, idrocarburi, ossidi di azoto, in anidride
carbonica, acqua e azoto molecolare mediante reazioni di riduzione. Essi
sono costituiti da una struttura a nido d’ape realizzata in materiale ceramico
rivestito da un sottilissimo strato di platino e rodio e mantengono la loro
efficienza per 80.000Km, ma può diminuire anche con l’invecchiamento
temporale, in genere 5-6 anni.
Essi non raggiungono , neppure nel periodo della massima efficienza
e nelle condizioni di perfetta combustione , un rendimento superiore
all’85%.
Prima che fossero entrate in vigore le attuali norme antinquinamento
e gli autoveicoli erano sprovvisti di marmitta catalitica, il 90% del
piombo, il 25% di polveri o particolato e il 25%di anidride carbonica.
. Tutte queste sostanze hanno effetti deleteri sull’ambiente e sull’uomo.
Attualmente le vetture devono avere delle emissioni allo scarico che
rispettano le normative europee vigenti per il controllo dell’inquinamento .
All’immatricolazione le vetture devono superare positivamente una prova
detta ciclo ECE/CEE, che si svolge nel seguente modo: si mette la vettura su
appositi rulli e se ne simula il funzionamento in una zona cittadina ad alta
densità di traffico, caratteristica he accomuna gran parte delle città europee.
Nel ciclo sono previsti una partenza a freddo e un periodo di riscaldamento di
circa 13 minuti da effettuare su un percorso urbano di circa 4 Km suddiviso in
4 cicli di 195 secondi l’uno( velocità compresa tra 19 e 50 Km/h),
comprendenti 15 fasi d’accellerazione e decelerazione e 15 soste al minuto.
Attualmente è stato aggiunto anche un ciclo extraurbano di 6,955Km,
percorso alla velocità compresa tra 62,6 e 120 Km/h. I gas di scarico vengono
prelevati e introdotti in un refrigeratore che ne elimina l’acqua facendola
condensare , successivamente viene determinato il peso delle varie sostanze
inquinanti e questo viene suddiviso per il chilometraggio totale del ciclo. Le
vetture per essere immatricolate dovranno emettere quantità delle varie
sostanze inquinanti inferiori a quelle stabilite per legge.
emesse durante la stessa sosta di un ora dopo naver percorso il ciclo di prova
per le emissioni visto prima. Attualmente una vettura non deve superare i 2
grammi d’emissioni in tali prove. Per poter ridurre tali emissioni dal
serbatoio, le vetture ecologiche devono essere dotate di u8n impianto di
recupero che immagazzina i vapori di benzina in un rparticolare contenitore
per poi immetterli al momento più opportuno nel collettore di aspirazione,
permettendo la loro eliminazione per combustione e realizzando di fatto un
risparmio di carburante anche se quasi irrisorio.
Vi è un apposito ciclo di prova che serve a determinare le massime emissioni
dal serbatoio, esse simulano l’emissione di una vettura in sosta per un ora
in pieno giorno col sole e col caldo senza essere stata utilizzata, poi si
aggiunge quelle Col passare degli anni tali norme si sono fatte sempre più
severe e restrittive, inoltre sapendo che col chilometraggio della vettura
aumenta
la
quantità
di
agenti
inquinanti
emessi,
all’atto
dell’immatricolazione la vettura deve emettere quantità di inquinanti inferiore
al 20% rispetto a quella prevista dalle norme, altrimenti dovrà sottoporsi ad
un’ulteriore verifica arrivata a 80000 chilometri di percorrenza.
Anche i motori diesel non sono esenti da emissioni inquinanti, quindi non è
facile stabilire se essi sono più o meno ecologici rispetto ai motori a ciclo
Otto, a causa delle diverse percentuali dei vari inquinanti nei gas di scarico,
alcuni dei quali quasi del tutto assenti nei motori a benzina. Analizziamoli
singolarmente:
• Ossido di carbonio(CO)
Il motore diesel , essendo un motore ad eccesso d’aria, ne emette circa 1/20 di
quello a benzina. Un diesel moderno ne emette circa lo 0,05% contro l’1%
Idrocarburi(HC)
• Le emissioni di HC sono circa la metà del motore a ciclo Otto: 0,03% contro
circa 0,05%.circa del motore a benzina senza catalizzatore.
•
Ossidi di azoto: l’eccesso di aria influisce negativamente sulla formazione
degli ossidi di azoto, le cui concentrazioni sono superiori a quelle prodotte
dal motore a benzina: 0,15% c0ntro 0,085%.
• Particolato(PM 10 o polveri sottili): Si tratta di particelle di dimensioni
inferiori al decimillesimo di millimetro, composte dai più disparati elementi,
dal carbonio a elementi solforati, ma anche acqua e idrocarburi
incombusti,acidi, ecc. La percentuale delle varie sostanze nel particolato
dipende dal carico del motore. Questo tipo di emissioni è quasi esclusiva
del motore diesel, in quello a benzina è trascurabile se la carburazione è
corretta. Da alcuni anni molte città hanno allestito centraline per il
rilevamento delle polveri sottilipoichè esse sono emanate anche dagli
impianti di riscaldamento e industriali e sono dannose per la salute , in
particolare delle persone deboli. Se il particolato contiene idrocarburi
aromatici come il benzopirene può divenire anche cancerogeno; inoltre
provoca l’oscuramento dell’atmosfera.
L’abbassamento per legge della soglia massima di PM ammesso nell’aria ha
già fatto scattare in diverse città e per più volte in poco tempo, il blocco
totale o parziale del traffico.
• Anidride solforosa( SO2): Anche questo inquinante è emesso quasi
esclusivamente dal motore diesel a causa della presenza di zolfo nella
nafta. Tali emissioni allo scarico sono circa lo 0,025%.
Per il motore diesel i catalizzatori sono del tipo ossidante ed eliminano del
tutto il poco CO che si trova nei gas in uscita dal collettore di scarico,
riducono fortemente gli HC, anche quelli che si trovano all’interno dei
particolati, rendendo così questi ultimi meno pericolosi. Tali dispositivi
sono poco efficienti a bassi regimi a causa della non elevata temperatura
dei gas di scarico e ciò può penalizzare la riduzione delle emissioni
inquinanti nei percorsi urbani.
Un dispositivo in grado di ridurre gli NOx anche fino al 505 è il cosiddetto
EGR(Exhaust Gas Recirculation), il quale riammette nel collettore d’aspirazione
una certa quantità di gas di scarico grazie ad una valvola EGR.
.Un sempre crescente successo sta avendo il gas naturale come combustibile
per autoveicoli in quanto presente un certo numero di vantaggi rispetto agli altri
combustibili per autotrazione: brucia in modo pulito,costa meno, ha un indice
di sicurezza provato, è una fonte di energia abbondante e sicura.
L’Italia è dotata della rete di rifornimento di metano per autotrazione più vasta di
tutta l’Unione Europea. I veicoli sono solitamente costruiti per essere alimentati
sia a metano che a benzina. Il metano viene caricato allo stato gassoso
“compresso” ad alta pressione(200barr) in bombole. Un dispositivo in grado di
ridurre gli NOx anche fino al 505 è il cosiddetto EGR(Exhaust Gas
Recirculation), il quale riammette nel collettore d’aspirazione una certa quantità
di gas di scarico grazie ad una valvola EGR.
Per assicurare il massimo beneficio di riduzione delle emissioni allo scarico, i
veicoli a metano devono impiegare un catalizzatore sviluppato appositamente
per abbattere gli idrocarburi residui della combustione del metano. Infatti, il
metano si ossida con maggiore difficoltà rispetto agli altri idrocarburi ed è
pertanto necessario adottare un catalizzatore caratterizzato da una quantità di
metalli nobili più elevata rispetto ai comuni standard. . Oggi nel mondo
circolano oltre un milione di vetture a gas naturale e le case automobilistiche
investono sempre maggiori risorse nella progettazione di nuovi modelli con
questo tipo di alimentazione.
•
•
•
•
•
Uso del metano ad uso
domestico.
Utilizzo di energie pulite e
rinnovabili:
Idroelettrica
Solare
Eolica
Biomassa
Scarso inquinamento
elettromagnetico e chimico.
Abbondante verde urbano ed
extraurbano.
Raccolta differenziata e
riciclaggio dei rifiuti:
Nel 2005 ha ricevuto il 1° premio
dal COSMARI per la raccolta
della carta.
• Scegliere combustibili puliti per le nostre case e per
le nostre auto.
• Costruire case con accorgimenti di isolamento
termico.
• Effettuare la raccolta differenziata indispensabile al
riciclaggio.
• Usare macchine di piccola cilindrata e di nuova
produzione, più rispettose dell’atmosfera.
• Usare mezzi pubblici per gli spostamenti di routine.
• Andare a piedi o in bici quando è possibile.
• Scegliere prodotti senza CFC
• Essere informati e sensibili alle problematiche
ambientali.
• Abituarsi al risparmio energetico
COME RISPARMIARE ENERGIA
• spegnere le luci quando se ne può fare a meno.
• non tenere il frigorifero vicino alle fonti di calore.
• spegnere la spia della TV quando non si usa il
televisore.
• non tenere il termostato del termosifone a più di
20°C.
• usare il più possibile gli elettrodomestici di notte
o nelle fasce orarie in cui la corrente viene
prodotta a costo zero.
• usare lampade a basso consumo energetico.
• usare elettrodomestici di classe A .
• non mettere davanti ai termosifoni tende o mobili
• mettere vetri termici alle finestre, chiudere le
tapparelle di notte ed isolare termicamente
l’abitazione anche nelle strutture.
Esistono vari modi per riciclare:

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la carta può essere riciclata in giornali, tovaglioli, materiale da isolamento, cartoni e
molti altri prodotti.
Anche il vetro può essere riciclato in mattoni, lana di vetro e materiale per la
costruzione di strade.
Mentre le bottiglie di plastica possono essere riutilizzate per ottenere fibre per
indumenti, sacchi e tappeti, piastrelle per pareti e pavimenti.
I copertoni di gomma possono essere trattati di nuovo e usati come tali, oppure
servire per pavimentare strade, o, bruciati mediante un processo detto pirolisi, per
produrre energia utilizzabile; a causa del peso, bruciando gomma si ottiene più
calore che non bruciando carbone.
Anche i componenti organici dei rifiuti possono essere riutilizzati, bruciandoli
direttamente per produrre energia termica oppure ricavandone biogas e concime.
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

Per contenere l’impatto ambientale e in parte per garantire una concreta riduzione
dell’inquinamento le direttive comunitarie(Unione Europea) si sono orientate
sull’uso:
delle marmitte catalitiche(dal 1° Ottobre ’89 per le vetture di cilindrata >2000 e
dal’inizio del ’93 tutte le altre)
delle benzine verdi( senza piombo ma contenenti ancora benzene e idrocarburi
aromatici).
decreti per i blocchi del traffico nelle città quando si superano certe
concentrazioni degli inquinanti nell’aria Per le vetture sprovviste di marmitta
catalitica ( che sono alimentate con benzina super, contenenti Pb) 91/441, 93/59
per le catalitiche di prima generazione o in perfetta efficienza ; 94/12 , 98/69 per le
vetture non catalitiche e in parte a gasolio, retrofit . * Decreto RONCHI-BINDI
l’incentivazione per la rottamazione di vetture sprovviste di marmitta
alimentate con benzina super (queste vetture sono circa 16 milioni ma ciò non
significa che devono essere tutte rottamate perché tecnicamente la maggior parte
delle vetture non catalizzate può funzionare anche con la benzina verde, purchè si
aggiungano degli additivi che innalzino gli ottani da 95 a 98. Questi additivi sono
però pericolosi per la salute in quanto aumentano l’emissione di benzene e
composti aromatici(Il Ministro dell’ambiente Ronchi insorge contro di essi ).
Questi additivi non sono necessari a tutte le vetture con problemi di battito in
testa, nella maggior parte dei casi è sufficiente ritardare l’anticipo. C’è anche un
altro tipo di additivi, meno inquinanti, che sostituiscono il Pb indispensabile per
alcuni motori per il suo potere lubrificante sulle valvole, evitando così attriti
quando esse si chiudono. Questi additivi possono essere usati anche con ritardo
di anni dopo l’ultimo rifornimento di super perché il piombo contenuto nel
carburante resta a lubrificare le sedi delle valvole per 20-30.000 chilometri a
seconda di come viene utilizzato il motore.
Per sapere quale benzina mettere nella nostra macchina basta guardare il
libretto di uso e manutenzione e precisamente la scheda che riassume le
caratteristiche tecniche del veicolo oppure sotto la voce carburante . A volte si
può usare la benzina verde anche quando il libretto non ne fa cenno( modelli
concepiti molto prima dell’avvento di questo carburante , e precisamente a metà
degli anni ’80 in Europa, 1988-89 in Italia, che hanno caratteristiche tecniche
compatibili con esso , come la Fiat127, la Panda 903, la 850 ed alcune 128 con
propulsore 1.100cc, la Lancia Prisma 1.300, le Volkswagen Polo, gran parte
delle Golf e delle BMW 318prodotte dall’estate ’75 all’estate ‘80
*
Il decreto “Ronchi-Bindi”, entrato in vigore nel ’99, impone
all’amministrazione comunale di 23 città maggiormente a rischio
ambientale di tenere sotto controllo la qualità dell’aria e misurarla con
appositi indici annuali. Il monitoraggio, in queste città, riguarda in
particolare il benzene, gli idrocarburi aromatici. Se le concentrazioni medie
superano una certa soglia, i sindaci devono ordinare il blocco del traffico,
decidendo il blocco parziale, solo alcune ore, oppure giornaliero,
settimanale, riservato ad alcune categorie di veicoli. In alcune città come
Napoli e Firenze le auto sprovviste di marmitta catalitica sono state bandite
dal centro storico. Solo le automobili sprovviste di questa marmitta ma con
alimentazione a gas possono circolare anche senza rispettare queste
direttive, dato che il gas è un’energia pulita.
In alcuni casi non è stato consentito il transito neppure ai veicoli che
montano il “retrofit”; questo tipo di marmitta catalitica è semplificata e meno
efficace rispetto agli altri tipi di marmitta catalitica.
PROVVEDIMENTI FINALIZZATI ALL’ARRESTO
DELL’INCREMENTO DELL’EFFETTO SERRA
I rimedi ai guasti causati dall’inquinamento dell’aria richiedono accordi
internazionali e impegni da parte di tutti i governi.
Innanzitutto occorre trovare strade alternative all’uso massiccio di petrolio e
altri combustibili fossili o di ritornare a sfruttare l’energia idroelettrica, solare
ed eolica, nonché limitare il disboscamento.
Nel 1983 le nazioni unite hanno creato una “Commissione mondiale per
l’ambiente e lo sviluppo” (Wced) che si proponeva di favorire uno sviluppo
sostenibile. Dagli anni Novanta sono state organizzate grandi conferenze
mondiali sui temi ambientali al termine delle quali vengono predisposti dei
protocolli.
Anche la Lega per l’Ambiente nel 1991 aveva prodotto per conto del
Ministero dell’Ambiente uno studio per la riduzione dei gas-serra. Per il
settore dei trasporti prendeva in considerazione tre tipi di azione:
aumento dell’efficienza dei mezzi di trasporto;
spostamento del traffico verso la ferrovia, il cabotaggio e i mezzi pubblici;
riduzione del traffico.
Avrebbero dovuto portare dal 1990 al 2005 a una minor emissione pari a circa il
4%.
Nel 1992 si è svolta la prima conferenza, a Rio de Janeiro. Gli Stati partecipanti
si sono impegnati a ridurre le immissioni di elementi inquinanti nell’aria e
nell’acqua e ad evitare forme di disboscamento selvaggio.
Invece, durante il Protocollo di Kyoto del 1997 i Paesi industrializzati e quelli
ad economia in transizione hanno deciso di ridurre del 5% nel periodo 20082012 le emissioni dei gas capaci di alterare il naturale effetto serra. Per i Paesi
in via di sviluppo il Protocollo aveva previsto finanziamenti per progetti a basso
impatto ambientale.
Nel campo dei consumi elettrici l’introduzione di apparecchiature e tecnologie
già presenti sul mercato (come lampadine fluorescenti, elettrodomestici ad alto
rendimento) potrebbe abbassare di 25,7 milioni di tonnellate le emissioni
annuali di anidride carbonica.
Per quanto riguarda le emissioni inquinanti derivanti dai riscaldamenti si è
deciso di limitare la durata del riscaldamento e la temperatura massima e di
emanare leggi per cui le case più recenti devono essere costruite in modo da
assicurare una coibentazione dei locali.
Infine, in tutti i Paesi Europei è stata introdotta la procedura di Valutazione di
Impatto Ambientale (VIA) per cui chi fa un progetto deve descrivere in anticipo
gli effetti che potrà procurare sul patrimonio ambientale.
Qui nella nostra zona
c’è un consorzio dei
comuni della provincia
di Macerata
“COSMARI”, che
provvede alla raccolta
differenziata e allo
smaltimento dei rifiuti.
Parte dei rifiuti
vengono utilizzati per
preparare Compost e
parte vengono
inceneriti. Da
quest’ultimo processo
si ricava anche energia
elettrica.
A partire dagli anni Settanta ha
cominciato a diffondersi il concetto
di riciclaggio, effettuato
prevalentemente recuperando
materiali, ed eventualmente energia,
“a valle” della raccolta degli RSU
indifferenziati. Cominciarono a
fiorire iniziative, spesso non
supportate da idonee basi
scientifiche e tecnologiche, di
recupero dei materiali e dell’energia
contenuti nei rifiuti. Per esempio
sono stati sottoposti a
compostaggio gli RSU
indifferenziati: il compost risultante
era molto contaminato da sostanze
nocive per l’agricoltura (soprattutto
metalli pesanti) e da quantità
eccessive di materiali non idonei
(vetro, altri inerti, plastiche) che,
progressivamente, si sarebbero
accumulati nei terreni agricoli.
Negli anni Ottanta si cominciò a capire che un efficace recupero di materiali è
possibile solo se si opera una separazione “alla fonte” delle sostanze da
recuperare (raccolta differenziata), prima del loro ingresso nella massa dei
rifiuti indifferenziati.
Negli anni Novanta ha cominciato poi a farsi strada l’idea che bisogna
passare a forme di raccolta differenziata integrata, basate sostanzialmente
sulla separazione a livello domestico della frazione “umida”dalla frazione
“secca”.
Il decreto legislativo n. 22, più conosciuto come "decreto Ronchi", è stato
emanato il 5 febbraio del 1997 e ad oggi ha già subito diverse modifiche.
Quello che però più conta è che questo Decreto, che porta il nome del
Ministro dell'ambiente che l'ha voluta, ha rappresentato una svolta nella
regolamentazione di tutta la normativa riguardante i rifiuti.
In sostanza la filosofia del decreto è basata sulla convinzione che
l'inquinamento prodotto dai rifiuti deve essere fronteggiato diminuendo la
quantità totale di rifiuti prodotti e non solo attraverso il semplice smaltimento
in discarica. Pertanto mira a favorire tutte le tecnologie che portano al
recupero, riutilizzo e riciclo dell'immondizia.
La raccolta differenziata e il
riciclaggio
L'uomo, ormai , ha compreso la necessità di
differenziare i trattamenti in funzione delle
diverse tipologie di rifiuti e delle possibili
destinazioni finali dei materiali derivanti da
tali trattamenti. A parte la riduzione a monte e
il riuso (sistema dei vuoti a rendere), che
sono senza dubbio le scelte più economiche
ed ecologiche ma non sempre le più
praticabili, il trattamento che il Decreto
Ronchi mette al primo posto è la raccolta
differenziata delle diverse componenti degli
rifiuti solidi urbani. In molti paesi del mondo,
prevalentemente in quelli più sviluppati (nei
paesi poveri dove nulla può essere sprecato,
la raccolta differenziata non hanno mai
smesso di farla) sono stati avviati, infatti, dei
sistemi di raccolta finalizzati al recupero di
crescenti quantità di materie prime da
reimmettere nei processi produttivi
(principalmente carta, vetro, plastica e
alluminio).
Le raccolte che si stanno dimostrando più efficienti ed
economicamente sostenibili sono quelle relative alle materie prime
di cui sono fatti gli imballaggi (carta, vetro, plastica, alluminio e
legno). Tra i probabili motivi di questo successo, c'è sicuramente il
fatto che tali materiali riciclati hanno un loro valore di mercato e,
probabilmente, conta molto anche l'impegno che i privati (i
produttori d'imballaggi, i produttori di beni di consumo, i distributori
e i consumatori) stanno mettendo per il successo di questa
iniziativa. In questo modo, l'Italia nel 2001 è riuscita a portare la
propria quota di raccolta differenziata al 17%, diminuendo, di
conseguenza, quella relativa al deposito indifferenziato in discarica
(67%). Un'altra raccolta differenziata che, però, sta incontrando
notevoli difficoltà soprattutto a livello delle grandi città è quella dei
rifiuti organici, troppo costosa in rapporto allo scarso valore e alla
scarsa qualità del terriccio fertilizzante (il cosiddetto compost)
prodotto
con
gli
scarti
organici
cittadini.
Una volta separati i materiali che possono essere recuperati, resta il
problema di fondo: come e dove sistemare definitivamente tutto quel
che resta, cioè i rifiuti che non possono essere riutilizzati.
Un sistema per smaltirli è quello del confinamento in discariche
controllate.
La discarica
Un sistema per smaltirli è quello del
confinamento in discariche controllate.
La discarica controllata è un’area di
terreno, appositamente attrezzata, dove
vengono sistemati i rifiuti in modo tale
da rendere minimi i loro effetti negativi
sull’ambiente e sulle persone. Si
provvede, cioè, perché i rifiuti:
• non inquinino le acque sotterranee e
superficiali
• non degradino il paesaggio
• non siano fonte di polveri, rumori,
cattivi odori
• non sviluppino colonie di insetti e di
topi
I rifiuti così sistemati possono essere
ancora utili: decomponendosi, infatti,
producono un gas combustibile, il
biogas, il quale, incanalato in un
sistema di tubazioni e depurato,
produce energia termica.
L’incenerimento
Un altro sistema per smaltire la "frazione secca" dei rifiuti, non altrimenti
riutilizzabile come materia prima, consiste nell'incenerimento con recupero di
energia o "termovalorizzazione". Questo è un sistema di per sé semplice: basta
bruciare i rifiuti in un forno. In realtà il processo è molto più complesso perché è
necessario raggiungere alte temperature di combustione (anche superiori ai 1.000
gradi centigradi) e perché dai rifiuti bruciati possono uscire inquinanti pericolosi.
Per questo motivo occorre depurare tutti i fumi prodotti dalla combustione prima
di liberarli nell’atmosfera. Inoltre, il calore prodotto durante la combustione viene
recuperato per ottenere vapore ed energia elettrica.
Energia dai rifiuti inceneriti
I rifiuti destinati alla termodistruzione (oggi circa il 10% del totale) vengono
convogliati in un forno inceneritore e bruciati a più di 950 gradi centigradi. Tale
processo permette di ridurre drasticamente il volume dei rifiuti (circa del 90%) e di
recuperare, attraverso la combustione, parte dell'energia in essi contenuta.
L’energia termica viene poi convertita in elettricità grazie a un cogeneratore
(impianto finalizzato alla produzione combinata di energia elettrica e calore che
garantisce un notevole contenimento dei consumi rispetto a una produzione
indipendente di energia elettrica e termica) così da poter essere utilizzata in parte
per il funzionamento dell’impianto stesso e in massima parte immessa nella rete
elettrica nazionale. L’energia termica può anche essere immessa in un impianto di
teleriscaldamento (sistema per il riscaldamento di un quartiere o di una città che
utilizza a distanza il calore prodotto da un impianto di cogenerazione o da una
sorgente geotermica, e dove il calore viene distribuito agli edifici tramite una rete
di tubazioni in cui fluisce l'acqua calda o il vapore).
L’impianto di termovalorizzazione
Un impianto di termovalorizzazione è sostanzialmente costituito da un forno, da
una camera di post-combustione, da una caldaia per il recupero del calore
generato dalla combustione e da sistemi per l'abbattimento delle emissioni.
All'interno del forno la combustione avviene, a temperature superiori a 1000 gradi
centigradi, in tre fasi:
• essiccamento del prodotto e pre-combustione
• combustione delle sostanze volatili
• combustione dei residui solidi e loro trasformazione in scorie
La combustione attuata con queste caratteristiche consente già di per sé la
distruzione delle sostanze tossiche sprigionatesi durante il processo, con una
efficienza che è pari o superiore al 99,9%, fugando ogni possibile dubbio in tema
di sicurezza per le popolazioni. I fumi prodotti vengono trasferiti in una camera di
post-combustione per completare i processi di combustione, condizione
indispensabile a garantire l'assenza di composti organici nei fumi in uscita
dall'impianto. Attraversata la camera di post-combustione si svolge la fase
cruciale del ciclo energetico: i fumi entrano nella caldaia, dove cedono il proprio
calore trasformando acqua in vapore. L'energia contenuta nel vapore può essere
utilizzata come energia termica, ovvero energia elettrica impiegabile anche per
autoalimentare l'impianto.
All'uscita dalla caldaia i fumi raffreddati vengono immessi nel circuito dei diversi
sistemi di depurazione che consentono l'abbattimento delle diverse tipologie di
sostanze inquinanti. Della combustione dei rifiuti alla fine restano, come residui,
scorie che rappresentano il 10-12% in volume ed il 15-20% in peso dei rifiuti stessi
La vegetazione che copre il nostro pianeta è un magazzino naturale di energia
solare. La materia organica di cui è composta si chiama biomassa.
Le biomasse si producono nel processo di fotosintesi, durante il quale l'anidride
carbonica atmosferica e l'acqua del suolo si combinano per produrre zuccheri,
amido, cellulosa, lignina, sostanze proteiche, grassi, ecc. Nei legami chimici di
queste sostanze è immagazzinata la stessa energia solare che ha attivato la
fotosintesi. In questo modo vengono fissate complessivamente circa 2 x 1011
tonnellate di carbonio all’anno, con un contenuto energetico dell’ordine di 70 x
103 megatonnellate equivalenti di petrolio.
Bruciando le biomasse, l'ossigeno atmosferico si combina con il carbonio in
esse contenuto, mentre si liberano anidride carbonica e acqua e si produce
calore. L'anidride carbonica torna nell'atmosfera e da qui è nuovamente
disponibile ad essere re-immessa nel processo fotosintetico per produrre nuove
biomasse. Le biomasse, dunque, sono una risorsa rinnovabile.
Il termine biomassa indica, però, diverse tipologie di prodotti: residui agricoli e
forestali, scarti dell’industria di trasformazione del legno (trucioli, segatura, ecc.)
scarti delle aziende zootecniche, residui agro-alimentari (residui delle
coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale (paglia)), "coltivazioni
energetiche" , ovvero piante espressamente coltivate per scopi energetici,e
biomasse organiche di altra provenienza, quali la frazione verde dei rifiuti solidi
urbani e altri tipi di rifiuti industriali di composizione eterogenea.
Le principali applicazioni della biomassa sono: produzione di energia
(biopower), sintesi di carburanti (biofuel) e sintesi di prodotti (bioproduct). In
ambito energetico vengono utilizzate soprattutto le biomasse ligneocellulosiche (legname e sottoprodotti di colture erbacee, arboree e forestali),
utilizzate come combustibile per diversi scopi: il riscaldamento domestico, la
produzione di energia elettrica e gli usi industriali.
Altri settori interessati alla lavorazione di questa materia prima sono:
l'industria della carta, della cellulosa, dei pannelli di truciolato, dei materiali
compositi, dei mangimi e della chimica.
Le "coltivazione energetiche", cioè coltivazioni di specie vegetali a rapido
accrescimento, sono generalmente impiegate nella produzione di
biocombustibili (biofuel). Ad esempio, da processi di trasformazione della
materia organica di piante produttrici di oli vegetali e zuccheri (il girasole, il
sorgo zuccherino e la barbabietola), si ricavano il bioetanolo, utilizzabile come
additivo nelle benzine e il biodiesel, una miscela dalle caratteristiche simili a
quelle del gasolio. I biocarburanti, oltre a prestarsi per produrre calore e/o
energia elettrica, possono essere utilizzati per autotrazione, sia miscelati con
altri combustibili fossili sia, in alcuni casi, usati puri. Le biomasse sono una
delle fonti rinnovabili maggiormente disponibili sul nostro Pianeta. Ad oggi
esse soddisfano il 15% circa degli usi energetici primari del mondo, con 55
milioni di terajoule all’anno (1230 megatonnellate equivalenti di petrolio, o
Mtep). Il loro impiego, però, non è diffuso in maniera omogenea
La produzione di energia
Le tecnologie per ottenere energia (biopower) dai vari tipi di biomasse sono
naturalmente diversi e diversi sono anche i prodotti energetici che si
ottengono.
Le tecnologie del biopower convertono i fonti d'energia alternativedella
biomassa in calore ed elettricità usando apparecchiature simili a quelle usate
con combustibili fossili.
Una vantaggiosa caratteristica della biomassa è la sua disponibilità rispetto
alla domanda, in quanto essa è in grado di conservare intatta la sua energia
fino al suo utilizzo.
In sintesi, i processi di conversione in energia delle biomasse possono
essere ricondotti a due grandi categorie: processi termochimici e processi
biochimici.
Processi termochimici: i processi di conversione termochimica sono basati
sull'azione del calore che permette le reazioni chimiche necessarie a
trasformare la materia in energia e sono utilizzabili per i prodotti ed i residui
cellulosici e legnosi in cui il rapporto carbonio (C) su azoto (N) abbia valori
superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30%. Le biomasse più
adatte a subire processi di conversione termochimica sono la legna e tutti i
suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di
tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei
fruttiferi, ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, ecc.).
Processi biochimici: i processi di conversione biochimica permettono di ricavare
energia per reazione chimica dovuta al contributo di enzimi, funghi e
microrganismi, che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni, e
vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto carbonio (C) su azoto (N)
sia inferiore a 30 e l'umidità alla raccolta superiore al 30%. Risultano idonei alla
conversione biochimica le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie
e steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.), i residui liquidi dell’industria
zootecnica e alcuni scarti di lavorazione (borlande (residui della lavorazione
dell’alcool fatto con granaglie, acqua di vegetazione), ecc.), nonché alcune
tipologie di reflui urbani ed industriali.
Qui nella nostra zona, ricca di boschi ed aree
verdi, la biomassa potrebbe essere utilizzata
come fonte di energia termica ed elettrica come
sta già avvenendo a Camerino. Essa nel
territorio di San Ginesio viene utilizzata per
produrre pellet, la nuova forma di combustibile
naturale e rinnovabile.
San Ginesio è tra i paesi della Comunità Montana” Monti Azzurri” quello che
registra il maggior numero di utenti e di consumi annui. Utilizzo prevalente è
quello domestico (T1, T2), anche se non mancano altri usi , come quello
industriale,terziario ed Enti pubblici (T3).
Il gas metano è un combustibile pratico, sicuro,ecologico ed anche il più
economico.
GAS PRELEVATO AREA COMUNITA' MONTANA MONTI AZZURRI
6.000.000
5.000.000
4.000.000
3.000.000
2.000.000
1.000.000
0
1.991
1.992
1.993
1.994
1.995
1.996
1.997
1.998
1.999
2.000
2.001
2.002
2.003
2.004
CLIENTI AL 31 DICEMBRE 2005 SUDDIVISI PER TIPOLOGIA D'USO
Serie1
T1
T2
T3
83
2376
289
•CHE COSA E’
•DOVE SI TROVA
•UTILIZZI
•PRODUZIONE DI ENERGIA
•ESTRAZIONE
•TRATTAMENTO
•TRASPORTO
•DISTRIBUZIONE
Che cos’è
E’ uno dei componenti del gas naturale che è un idrocarburo fossile, come il petrolio e il
carbone.
Prima di essere avviato all'utilizzo, il gas naturale viene trattato in modo da eliminare
l'anidride carbonica e l'azoto che lo rendono poco infiammabile, e l'idrogeno solforato che è
un gas tossico e corrosivo. Ciò che resta è prevalentemente metano. Il metano è
l'idrocarburo gassoso più semplice e quello con la molecola più piccola, formata da un
atomo di carbonio e quattro di idrogeno (CH4). E' più leggero dell'aria (alla temperatura di 15
gradi centigradi e alla pressione di 1013,25 millibar, ha un peso specifico di 0,678
chilogrammi al metro cubo), non ha colore né odore e non è tossico.
Diffusissimo nell'atmosfera primordiale della Terra, il metano ha probabilmente contribuito
alla sintesi dei primi amminoacidi e alla nascita della vita sul nostro pianeta.
Miscelato con l'aria, il metano è infiammabile solo se la sua concentrazione è compresa tra il
5% e il 15%. Sotto il 5%, la quantità di gas naturale non è sufficiente ad alimentare la
combustione, mentre sopra il 15% non c'è abbastanza ossigeno. Alla temperatura di 15 gradi
centigradi e alla pressione atmosferica, 1 metro cubo di metano sviluppa oltre 8.000
chilocalorie. A queste condizioni, 1 metro cubo di metano ha perciò un contenuto energetico
pari a quello di 1,2 chilogrammi di carbone e di 0,83 chilogrammi di petrolio.
Il metano diventa liquido a una temperatura critica di -83 gradi centigradi, quando è
sottoposto a una pressione di 45 atmosfere. Il passaggio allo stato liquido può avvenire
diminuendo la temperatura o aumentando la pressione. Ad esempio, a -161 gradi centigradi
il
metano
diventa
liquido
anche
a
pressione
ambiente.
I gas naturali umidi, come il propano e il butano, invece, rispettivamente con 3 e 4 atomi di
carbonio, hanno una temperatura critica superiore alla temperatura ambiente e, quindi,
diventano liquidi per effetto di un semplice aumento di pressione.
Dove si trova
La localizzazione geografica delle riserve
di gas, rispecchia, per ovvi motivi, quella
del petrolio: Medio Oriente e Paesi dell'ex
Unione Sovietica ne possiedono circa il
73% (e il 71% di petrolio).
Come per il petrolio, lo sfruttamento dei
giacimenti avviene in maniera diseguale. Il
Medio Oriente, ad esempio, estrae poco
gas, in rapporto alle riserve disponibili
(possiede il 39% delle riserve mondiali e
produce solo l'9% del gas consumato in un
anno da tutto il mondo) mentre Stati Uniti
ed Europa occidentale estraggono gas a
ritmi elevati (in rapporto alle riserve
disponibili). Questo significa che,
mantenendo l'attuale livello di produzione
e in assenza di scoperte di nuovi
giacimenti, questi Paesi nel giro di pochi
anni (9 per il Nord America e circa 24 per
l'Europa) termineranno le loro riserve e
dovranno utilizzare solo il gas importato.
UTILIZZI
Utilizzi nel settore residenziale
L’uso più comune del gas naturale è quello residenziale (cucine a gas, riscaldamento,
acqua calda), in
quanto non soltanto è il più pulito di tutti i combustibili fossili, ma anche quello più
conveniente grazie a costi di gestione delle apparecchiature significativamente più
bassi.
Le previsioni future indicano un incremento del 30% del consumo residenziale di gas nel
2020. Il principale uso residenziale del gas naturale riguarda il riscaldamento di
ambienti.
Il 35% delle famiglie italiane usufruisce di sistemi di riscaldamento centralizzato che
forniscono calore a più unità immobiliari
Utilizzi nell’autotrazione
Il gas naturale conosce un sempre crescente successo anche come combustibile per
gli autoveicoli. Oggi nel mondo circolano oltre un milione di vetture a gas naturale e le
case automobilistiche investono sempre maggiori risorse nella progettazione di nuovi
modelli con questo tipo di alimentazione. Il gas naturale presenta un certo numero di
vantaggi rispetto agli altri combustibili per autotrazione: brucia in modo pulito, costa
meno, ha un indice di sicurezza provato, è una fonte di energia abbondante e sicura.
L’Italia è dotata della rete di rifornimento di metano per autotrazione più vasta di tutta
l’Unione Europea.
Utilizzi nel settore commerciale
Il consumo commerciale del gas riguarda il raffreddamento (condizionamento e
refrigerazione), i servizi di ristorazione (nella cucina), i motel e gli hotel (riscaldamento di
ambienti), gli ospedali, i cantieri edili pubblici e le vendite al dettaglio.
In virtù dei loro elevati standard di efficienza energetica, i condizionatori a gas naturale
costituiscono l’alternativa più valida ai tradizionali sistemi elettrici e vengono impiegati
tanto per garantire alti livelli di comfort negli edifici civili (abitazioni, ospedali, alberghi,
palazzi-uffici) quanto per assolvere alle diverse necessità del settore industriale
(condizionamento degli ambienti di lavoro, processi produttivi, conservazione degli
alimenti, ecc.).Le cucine a gas sono molto diffuse nei servizi di ristorazione; con esse è
possibile dosare in modo ottimale il calore variando l’intensità della fiamma; inoltre,
durante la cottura in forno la combustione del metano libera vapore acqueo, che
ammorbidisce gli alimenti evitandone l’essiccazione. Tali caratteristiche, oltre alla
garanzia di continuità della fornitura, fanno del metano il combustibile più apprezzato sia
nell’uso domestico sia in quello professionale.
Utilizzi nel settore industriale
Le industrie fanno ricorso al gas naturale non solo per scaldare o rinfrescare gli
ambienti, ma anche per rendere più efficienti, economici ed ecologici i processi di
produzione.I più importanti impieghi produttivi sono:
• industria alimentare: tostatura del malto e del caffè, lavorazione della carne (cottura,
stagionatura dei salumi), cottura di prodotti da forno (pane, grissini, dolciumi)
• industria metallurgica: le applicazioni più frequenti riguardano il comparto del ferro e
delle sue leghe, ghisa e acciaio; viene utilizzato nei forni per trattamenti termici, nelle
lavorazioni in cui vengono richieste atmosfere controllate,ecc.
• laterizi e ceramica: il gas è diffuso soprattutto nella produzione di piastrelle da
rivestimento e da pavimento nonché di vasellame e ceramica artistica; nell’ambito
dei laterizi (mattoni, tegole) i forni di essiccazione e di cottura a gas naturale
consentono di conferire ai prodotti un aspetto estetico più gradevole di quello
ottenibile con altre tecniche; l’impiego del gas ha reso possibile lo sviluppo del ciclo
“a cottura rapida”, che consente una notevole riduzione dei tempi produttivi
• vetro: l’assenza dei residui di combustione e la facilità di regolazione della
temperatura rendono il gas particolarmente adatto all’alimentazione dei forni a
ciclo continuo per la produzione vetraia sia “a lastre” sia “cava”
• oreficeria: in virtù della sua flessibilità di utilizzo e purezza di fiamma, il gas
naturale è ampiamente utilizzato per la costruzione e la saldatura di oggetti preziosi
• tessitura:il gas naturale fornisce l’energia necessaria alla rasatura del pelo o
delle pezze e al termofissaggio
• carta: si ricorre al metano per l’essiccamento veloce degli inchiostri
La produzione di energia elettrica
Grazie ai suoi numerosi benefici economici e ambientali, negli ultimi anni il gas naturale
si è trasformato nel combustibile fossile preferito per la produzione di elettricità. Negli
anni Settanta e Ottanta la produzione energetica era orientata verso il carbone e le
centrali nucleari, ma una combinazione di fattori economici, ambientali e tecnologici ha
provocato uno spostamento verso il gas.
Centrali a vapore
Il gas naturale può essere utilizzato come combustibile nelle centrali elettriche a vapore
per produrre il vapore che, ad alta pressione, mette in moto la turbina che a sua volta fa
girare l’alternatore. Per creare vapore ad alta pressione si surriscalda l’acqua in una
caldaia: chiudendo ermeticamente il recipiente, il vapore aumenta di pressione per poi
fuoriuscire con violenza diretto verso la turbina. Per quanto riguarda il rendimento di tali
centrali, circa il 40% dell’energia contenuta nel combustibile viene trasformato in
elettricità; il restante 60% viene perso nelle conversioni di energia da chimica a termica,
a meccanica, a elettrica.
Centrali a turbogas
Il gas naturale può essere utilizzato anche nelle centrali elettriche a turbogas. Queste
sono centrali termoelettriche in cui si sfrutta direttamente l’energia prodotta dalla
combustione di metano (o gasolio) e funzionano senza la caldaia per trasformare acqua
in vapore e senza condensatore per ritrasformare il vapore in acqua. Le parti che
compongono una centrale a turbogas sono:
• compressore: aspira l’aria dall’atmosfera, la comprime e la invia alla camera di
combustione
• camera di combustione: dove avviene la combustione tra l’aria e il combustibile
(metano o gasolio)
• turbina a gas: la miscela di aria e gas ad alta temperatura entra in una turbina dove
l’espansione dei gas combusti mette in rotazione le pale del rotore che a sua volta
mette in rotazione l’alternatore generando elettricità
I vantaggi delle centrali a turbogas sono i costi ridotti dell’impianto, la rapidità di
avviamento anche in caso di mancanza di energia dalla rete e il fatto che non
necessitano di acqua di raffreddamento: è quindi possibile costruire in qualsiasi zona,
anche lontano da fiumi e dal mare. Lo svantaggio è il bassissimo rendimento (circa il
30%) e quindi l’altissimo costo dell’energia.
Centrali a ciclo combinato
I sistemi a ciclo combinato e quelli di cogenerazione sono le tecnologie più efficienti
per produrre l’elettricità da gas naturale. Entrambi utilizzano il calore che normalmente
viene perso. Le centrali a ciclo combinato sfruttano il calore generato per produrre
elettricità. In tali sistemi vengono associate una centrale a turbogas e un gruppo a
vapore: il calore residuo dei fumi in uscita del gruppo turbogas viene utilizzato per
produrre vapore, facendo così aumentare il rendimento fino al 56%. Inoltre le centrali a
ciclo combinato hanno minori costi di costruzione e manutenzione, e hanno
un’affidabilità di funzionamento maggiore.
La cogenerazione
Tra gli utilizzi innovativi del gas naturale un ruolo di primo piano spetta alla
cogenerazione, ovvero la produzione combinata di energia elettrica e calore. La
cogenerazione è l’uso combinato di un’energia primaria, come il gas naturale, per
produrre in sequenza il calore e l’elettricità. Il concetto è basato sul recupero e sull’uso
dei residui di calore prodotti durante la generazione di elettricità che nelle altre centrali
elettriche sarebbero perse, con conseguente riduzione dell’efficienza rispetto alla
cogenerazione.
Ad esempio, un motore alimentato a metano produce elettricità e i fumi di scarico sono
poi impiegati come fonte termica, ad esempio per riscaldare l’acqua. Vengono così
prodotte in modo combinato energia elettrica ed energia termica che, se invece
venissero prodotte da processi di produzione separati, richiederebbero quantità ben
maggiori di energia primaria. Si tratta quindi di un processo che ottimizza l’impiego delle
risorse energetiche con notevoli benefici economici e ambientali.
Il gas naturale è il combustibile economicamente preferibile nelle applicazioni di
cogenerazione industriale e commerciale, soprattutto a causa dei costi fissi e di gestione
più bassi e perché è il combustibile fossile più pulito.
Una varietà di tecnologie di cogenerazione del gas naturale sono attualmente in uso,
compreso le piccole unità preimballate che comprendono tutti i componenti necessari
per un sistema di cogenerazione. Questi sistemi sono disponibili nei formati che variano
da 2,2 chilowatt a diverse centinaia di megawatt. In questi casi si parla di
microgenerazione, intendendo la produzione contemporanea e localizzata di energia
termica e di energia elettrica.
Grazie allo sviluppo tecnologico di nuove e più efficienti turbine e macchine alimentate a
gas naturale, la cogenerazione, un tempo sfruttata solo nella grande industria, sta oggi
diffondendosi anche nella piccola e media industria e nel terziario. In particolare, i
sistemi di cogenerazione rappresentano una soluzione efficace per ridurre i costi di
energia elettrica e di riscaldamento nell’industria cartiera, farmaceutica, alimentare,
tessile, nella raffinazione del petrolio, ed in alcune industrie petrolchimiche, così
come negli ospedali, nelle università, negli hotel, nei centri di calcolo e nei centri
commerciali.
L’estrazione
Spesso, anche se non sempre, il gas naturale si estrae dagli stessi giacimenti di
petrolio. Come il petrolio, infatti, il gas naturale è il risultato delle trasformazioni subite
dalla sostanza organica depositatasi sul fondo di antichi mari e laghi (bacini
sedimentari). Non vi è dunque una ricerca di gas naturale distinta da quella del petrolio,
ma un'unica attività di ricerca degli idrocarburi: solo dopo la perforazione di pozzi
esplorativi è possibile accertare la natura del deposito. Si parla di "gas associato"
quando il gas naturale è disciolto nel petrolio o costituisce lo strato di copertura del
giacimento petrolifero; e di "gas non associato", quando il giacimento è costituito quasi
esclusivamente da gas naturale (ad esempio, i grandi giacimenti del Mare del Nord e
dell'Olanda).
Estrarre il gas naturale dal sottosuolo è abbastanza facile. Quasi sempre si trova
intrappolato insieme al petrolio sotto uno strato di roccia. Date le grandi pressioni, non
appena si finisce di trivellare il gas schizza fuori da solo e occorre solamente “infilarlo” in
un tubo e indirizzarlo verso le sue destinazioni finali o nei centri di stoccaggio. Questi
ultimi non sono serbatoi come quelli che si costruiscono per contenere il petrolio, ma
giacimenti naturali esauriti dove un tempo c’era gas naturale, olio o acqua e che
vengono oggi riutilizzati come veri e propri “magazzini” per il gas.
Il trattamento
Se il gas che esce dal giacimento è umido, lo si sottopone a un trattamento
preliminare per separare il metano dagli altri idrocarburi gassosi come propano,
butano ed etano. La separazione viene agevolata dal fatto che il metano ha una
temperatura critica (al di sopra della quale un gas non può passare allo stato liquido)
molto più bassa. La quantità di gas umidi disponibili sul mercato è molto elevata
perché il gas che esce insieme al petrolio è sempre umido. Una volta resi liquidi, i gas
umidi vengono immessi in bombole per uso domestico da 10-15 chilogrammi o più
grandi per uso industriale. Il metano, invece, viene distribuito attraverso la rete dei
metanodotti.
Anche se raramente, in alcuni giacimenti il metano ha bisogno di essere depurato. La
più dannosa tra le impurità è senz'altro lo zolfo, che bruciando produce anidride
solforosa e in presenza di umidità provoca il fenomeno delle piogge acide, responsabili
di malattie polmonari, della rovina delle piante e del deterioramento di qualsiasi cosa
sia esposto all'aria aperta. Talvolta il gas estratto contiene anche sostanze preziose,
come l'elio, utilizzato per far volare gli aerostati ed elemento indispensabile da
mischiare all'ossigeno nelle bombole per subacquei.
Nonostante la facilità d'estrazione e le qualità (anche ambientali) di questo
combustibile, fino alla fine della seconda guerra mondiale l'impiego del metano è stato
molto limitato.
Il trasporto
Il trasporto del metano su grandi distanze è iniziato nel 1958 con l'importazione di
gas naturale canadese negli Stati Uniti. Attualmente il metano viene trasportato allo
stato gassoso per mezzo di metanodotti, oppure con navi metaniere sulle quali
viene caricato allo stato liquido (GNL o Gas Naturale Liquefatto).
I metanodotti permettono il trasporto di ingenti quantità di metano direttamente dal
luogo di produzione a quello di consumo, senza bisogno di alcuna operazione di
carico e immagazzinamento.
Individuato il tracciato più comodo e più sicuro, si scava una trincea, dove vengono
calati i tubi d'acciaio del condotto precedentemente saldati tra loro. Per prevenire
eventuali perdite, su ogni saldatura viene effettuata una radiografia, controllando
che sia ben fatta. Contro la corrosione del metallo, la tubatura viene rivestita con
bitumi, catrami e resine sintetiche e protetta con apposite apparecchiature
elettriche. Infine il metanodotto viene interrato e il terreno viene riportato alle
condizioni originarie. La presenza del condotto viene segnalata da una speciale
segnaletica. Ogni 100-200 chilometri vengono installate stazioni di compressione
che ristabiliscono la pressione sufficiente a far muovere il metano a una velocità di
20-30 chilometri all’ora. Le reti dei metanodotti comprendono anche stazioni di
stoccaggio, nelle quali parte del metano viene tenuto a disposizione per eventuali
situazioni di emergenza. Come depositi vengono usati preferibilmente i giacimenti
esauriti situati presso le aree di maggior consumo. Le loro stesse caratteristiche
geologiche garantiscono la massima sicurezza contro eventuali perdite.
Tutta l’Europa è attraversata da lunghi gasdotti di cui non si
nota la presenza perché il loro tragitto è sotterraneo, e in
questo modo il paesaggio non viene deturpato.
Quando non è possibile effettuare il trasporto tramite
metanodotto (perché le distanze da superare sono
eccessive o bisogna attraversare un tratto di mare troppo
lungo) il metano viene liquefatto e trasportato con navi
metaniere. Attualmente il 25% del metano viene trasportato
con questo mezzo. Il metano, liquefatto a -161 gradi
centigradi, ha un volume circa 600 volte minore del gas
naturale originario. Una metaniera trasporta mediamente
130.000 metri cubi di metano liquefatto che corrispondono
a 78 milioni di metri cubi allo stato gassoso. I costi di
trasporto con le metaniere sono più elevati perché occorre
effettuare diversi trasbordi. Il primo consiste nel trasporto
dal giacimento alla costa con un metanodotto. Poi il gas
viene liquefatto e caricato su una metaniera dotata di
serbatoi isolati termicamente. Infine, una volta scaricato
dalla nave, esso viene nuovamente gassificato e immesso
in un metanodotto. Durante il trasporto per mare una parte
del metano evapora contribuendo a mantenere bassa la
temperatura; in parte quest’ultimo viene utilizzato come
combustibile dalla nave stessa.
La distribuzione
Dai tubi di grande diametro della rete di trasporto nazionale si diramano migliaia di
chilometri di tubazioni più piccole dette "di allacciamento", che trasportano il metano alle
industrie e alle abitazioni. Nelle reti cittadine, gestite dalle aziende distributrici, la
pressione del metano viene mantenuta a livelli più bassi rispetto alle grandi reti di
trasporto per motivi tecnici e di sicurezza. Attualmente, più del 30% del metano
distribuito in Italia viene utilizzato nel settore civile.
Prima di essere immesso nella rete di distribuzione, il metano viene "odorizzato", cioè
mescolato con una sostanza dall'odore molto forte denominata "mercaptani". In questo
modo, l'utente si accorge subito anche di una minima perdita. Infatti, in ambienti
confinati (ad esempio in una stanza) il metano, miscelandosi con l'aria e in presenza di
un innesco (una fiamma o una scintilla provocata dall'accensione di una luce) si incendia
provocando pericolose esplosioni. Per questo, se entrando in casa o in un altro
ambiente chiuso sentiamo "puzza" di gas non dobbiamo accendere le luci e tanto meno
fuochi, ma aprire porte e finestre (il metano non è un gas tossico) e lasciare che si
disperda all'esterno.
Per coloro che non sentono gli odori, sono stati studiati apparecchi in grado di segnalare
le eventuali perdite con segnali ottici o acustici. Poiché il metano è più leggero dell'aria,
questi apparecchi devono essere collocati sempre in alto, vicino al soffitto.
Per catturare l’energia solare sono state sviluppate strumentazioni
capaci di trasformare la luce in energia elettrica sfruttando le
caratteristiche di alcuni materiali semi-conduttori. Tale energia può
essere utilizzata sia da impianti industriali sia da utenze private. Gli
impianti fotovoltaici inoltre non producono scorie, non sono esauribili e
consentono di risparmiare.
Gli impianti fotovoltaici sono classificabili in:
Isolati (stand-alone): in essi l’energia prodotta alimenta direttamente
un carico elettrico; quando è in eccedenza essa viene stoccata in
appositi accumulatori, pronta per essere impiegata in assenza di sole;
Connessi ad una rete elettrica di distribuzione (grid-connected):
l’energia è convertita in corrente elettrica alternata per alimentare il
carico e/o immessa nella rete stradale, il regime di interscambio.
Un impianto fotovoltaici è costituito da un insieme di componenti
meccanici, elettrici ed elettronici che captano l’energia solare, la
trasformano in energia elettrica, sino a renderla disponibile
all’utilizzazione da parte dell’utenza. Esso sarà quindi costituito dal
generatore, da un sistema di controllo e condizionamento della potenza e,
per gli impianti isolati, da un sistema di accumulo.
Il pannello fotovoltaico, chiamato
anche modulo fotovoltaico è un
particolare tipo di pannello solare
che ha la capacità di generare
corrente elettrica quando viene
esposto alla luce del sole. Questa
è anche la principale
caratteristica che lo differenzia
dal pannello solare termico che
serve invece per produrre acqua
calda a scopo sanitario o per il
riscaldamento. Purtroppo la
tecnologia attuale permette di
convertire in energia elettrica
solo il 6-15% dell’energia solare
che colpisce il pannello
fotovoltaico, mentre i pannelli
solari termici riescono a
convertire l’energia del sole in
acqua calda con rendimenti
superiori all’80%.
L’energia elettrica prodotta è normalmente a bassa tensione e a
corrente continua, quindi per essere utilizzata nelle abitazioni va
trasformata in corrente alternata a 220 Volt: questo processo è
realizzato attraverso l’uso di uno strumento chiamato inverter.
Dunque, un impianto a moduli fotovoltaici si compone di una serie di
pannelli adagiati sul tetto, di un inverter e di un contatore fornito
dall’Enel, necessario per immettere l’energia prodotta direttamente
nella rete elettrica della nostra città. Questo contatore funziona
però al contrario di quello normalmente installato nelle abitazioni :
quantifica l’energia prodotta dai moduli fotovoltaici e ne dà
notifica all’Enel. L’energia prodotta viene decurtata da quella
consumata durante la notte o durante le giornate particolarmente
nuvolose: all’Enel verrà corrisposta la sola differenza tra il prodotto
e il consumato, oppure sarà richiesto un rimborso, ma questa
possibilità è ancora in fase di definizione. All’interno delle
abitazioni figureranno perciò due contatori: il primo che calcola i
consumi ed il secondo preposto al calcolo dell’energia prodotta dai
moduli fotovoltaici. L’allacciamento diretto alla rete elettrica,
modulato dal contatore che segnala la produzione effettiva,
permette di non dovere investire in costose batterie, necessarie
per conservare, come nel caso delle utenze isolate, l’energia
prodotta dai moduli fotovoltaici.
La cella è il componente elementare del sistema fotovoltaico ed è
costituito da un sottile strato di materiale semiconduttore. Può
essere rotonda o quadrata e può avere una superficie compresa tra i
100 e i 225 cm2. Per aumentare la conducibilità in un semiconduttore,
che risulta altrimenti troppo contenuta, si introducono nella matrice
delle sostanze “droganti”. Il procedimento seguito prende così il
nome di drogaggio. I materiale che vengono generalmente introdotti
nel semiconduttore sono di tipo trivalente o pentavalente, a seconda
delle necessità, e danno risultati differenti. I drogaggi effettuati
prendono così due nomi diversi: di “tipo p” nel caso in cui si utilizzino
elementi trivalenti e di “tipo n“ quando si impiegano elementi
pentavalenti. La conducibilità estrinseca introdotta con il drogaggio
risulta essere sempre dominante su quella intrinseca. Il Silicio viene
“drogato” su di un lato dello strato mediante l’inserimento di atomi di
Boro e sull’altra faccia con piccole quantità di Fosforo. Nella zona di
contratto tra i due strati a diverso drogaggio si determina un campo
elettrico: quando la cella è esposta alla luce, per effetto
fotovoltaico, si generano delle cariche elettriche. Se le due facce
della cella sono collegate ad un utilizzatore si avrà un flusso di
elettroni sotto forma di corrente elettrica continua.
Attualmente il Silicio mono e policristallino impiegato nella costruzione delle
celle è lo stesso utilizzato dall’industria elettronica, che richiede materiali
molto puri e quindi costosi. Tra i due tipi il silicio policristallino è il meno
costoso, pur avendo rendimenti leggermente inferiori. Per ridurre
ulteriormente il costo della cella sono in studio nuove tecnologie che
utilizzano il silicio amorfo e altri materiali policristallini.
Il pannello al silicio amorfo risulta essere il più economico, ma anche quello
con il minor rendimento ed è soggetto ad un decremento del rendimento nel
tempo. Il rendimento di questi pannelli fotovoltaici varia dal 6 al 10% circa,
ma nei primi due mesi di vita diminuisce sensibilmente per poi rimanere
stabile con un decremento lento e progressivo delle prestazioni nel corso
degli anni. La potenza di questi moduli la si calcola proprio considerando
immediatamente la perdita iniziale del 20%, quindi, durante i primi mesi di
vita, la resa di un pannello venduto con potenza di 40 Watt, in realtà è di 48
Watt, fino a stabilizzarsi effettivamente sui 40 Watt dopo i primi mesi di
funzionamento.
Avendo il silicio amorfo un basso rendimento, occorre installare un
numero di pannelli fotovoltaici abbastanza alto su di un tetto ampio.
Tuttavia questo non pregiudica il costo energetico appena menzionato e
in definitiva risulta essere economicamente conveniente, poiché il costo
per ogni Watt producibile con questa tecnologia è del 25-40% inferiore
rispetto alle altre tecnologie fotovoltaiche. Un altro vantaggio molto
importante dei moduli al silicio amorfo, è legato al fatto che durante le
giornate nuvolose, ombreggiate, o nelle ore serali e mattutine, si
ottengono dei rendimenti superiori fino all’8-15% rispetto alle tecnologie
mono e poli cristalline. Ciò accade perché questa tecnologia riesce
sfruttare molto bene anche la luce filtrata. Se ne deduce quindi che i
pannelli solari a silicio amorfo sono particolarmente indicati per le zone
dove spesso c’è la presenza di nuvole o ostacoli fisici che generano
ombre. Il rendimento globale di un pannello solare in silicio
monocristallino è di circa il 13-17%, mentre quello di un pannello solare in
silicio multicristllino, è di circa il 12-14%. A parità di spazio, rispetto al
modulo solare in silicio amorfo, questi pannelli offrono rendimenti doppi,
o quasi tripli, con un costo, per ogni Watt producibile, superiore. I
rendimenti purtroppo diminuiscono se non si abbattono in caso di ombre
particolari che coprono anche una piccola porzione del modulo, o con
cielo coperto da nubi, o ancora durante le ore serali e della mattina.
Una cella fotovoltaica di dimensioni
10X10 cm si comporta come una
minuscola batteria, e nelle condizioni
di soleggiamento tipiche dell’Italia
fornisce una corrente di 3’. L’energia
elettrica prodotta sarà proporzionale
all’energia solare incidente che varia
nel corso della giornata.
Tuttavia tra 20 anni la tecnologia del
solare fotovoltaico sarà molto più
avanzata e soprattutto molto più
economica: nel momento in cui
l’impianto diminuirà il suo rendimento,
avremo delle alternative economiche
che lo sostituiranno con rendimenti
maggiori. Inoltre se l’impianto renderà
il 20% in meno tra 20 anni, sarà anche
vero che i nostri elettrodomestici
consumeranno anch’essi molto meno di
ora, e quindi si riuscirà a coprire
comunque il fabbisogno elettrico.
VERDE PRIVATO:
Orti
Giardini
VERDE PUBBLICO:
Aree sportive
Parchi e giardini
Viali alberati
Vegetazione delle mura
Vegetazione di rispetto
Campi coltivati
Incolti
Boschi misti
Vegetazione ripariale
Come per altre fonti rinnovabili anche per l'energia solare uno dei limiti da
superare è l'irregolarità dell'energia disponibile, per cui i sistemi di accumulo
sono un aspetto importante per l'evoluzione e la diffusione delle tecnologie
sviluppate.
L’energia prodotta dagli impianti termosolari non deve essere limitata alle sole
ore di insolazione né trovano ostacolo nelle fluttuazioni dei passaggi nuvolosi. A
tale scopo, due tecniche sono state già largamente collaudate. Esse offrono
anche un migliore fattore di utilizzo dell’installazione e quindi un costo minore
per la produzione di energia elettrica:
• accumulo dell’energia termica
• sistemi ibridi solare-metano
QUALITA’ DELL’ARIA DI SAN GINESIO:
La qualità dell’aria di San Ginesio è risultata , come previsto, buona
infatti l’INDEX o meglio la BIODIVERSITA’ LICHENICA calcolata con il
metodo di Amman ha dato valori molto vicini a 20 (Alterazione bassa),
la presenza di idrocarburi aromatici , monitorati con la centralina
mobile in Via Matteotti e legati al traffico veicolare, è risultata molto al
di sotto del valore limite come si può vedere dai dati rilevati
dall’ARPAM; Il pH della neve e della pioggia in questi primi mese
dell’anno 2005, misurato nel nostro laboratorio, è risultato sempre con
valori vicini a 6; non sono presenti fonti di inquinamento
elettromagnetico preoccupanti(qualche centralina di trasformazioneriduzione di alta tensione ENEL, un elettrodotto che attraversa appena
per un breve tratto il territorio di San Ginesio e un antenna ricevente
WIND e OMNITEL su una collina di fronte San Ginesio oltre il fiume
Fiastrella
Fly UP