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Breve storia dell`Iran
Breve storia dell'Iran A cura di: Ali B. Langroudi Università di Roma - la Sapienza Marzo - Aprile 2013 Docente: Francesco Gui Parte I Persia millenaria L’alba della civiltà L'Iran è un paese medio-orientale situato nel sud-ovest asiatico, "cerniera tra mondo arabo e mondo asiatico, pur non appartenendo a nessuno dei due". La civiltà in questo paese risale a 7000 anni fa: nella parte centrale del paese è stata scoperta la cosiddetta “civiltà di Jiroft”, divenuta ben presto assai famosa, e anche una testimonianza di scrittura precedente all’epoca dei Sumeri, che vengono considerati inventori della scrittura. La scoperta avvenne in modo fortuito, a seguito di un'alluvione del fiume Halil Roud, che portò alla luce nel 2001 gli oggetti custoditi in un'antica tomba, tra cui alcuni vasi in clorite, a volte con incrostazioni di pietre dure. La civiltà di Jiroft, o Giroft, era in precedenza sconosciuta, non essendo menzionata in alcun testo a noi noto (sebbene alcuni studiosi abbiano considerato la suggestiva ipotesi che possa essere identificata con il "paese di Aratta", dove, secondo i miti sumerici, era collocata una civiltà rivale di quella di Uruk). Peso in pietra del 3° millennio a.C. proveniente da Jiroft e conservato al Museo dell'Azerbaijan di Tabriz. Indoeuropei La diffusione degli Ari avvenne nel 1800-1700 a.C. Con il termine Indoari (anche Indoariani, Arii, Ariani) si indica un antico popolo nomade appartenente al gruppo indoiranico dei popoli indoeuropei, che penetrò nel Subcontinente indiano nel II millennio a.C. La popolazione Ari apparteneva al gruppo ario di ceppo indoeuropeo. Con il termine Indoeuropei si indica un insieme di popolazioni che, parlando un comune idioma, denominato proto-indoeuropeo, avrebbe popolato un'area geografica comune, posta fra India e Iran, tra la metà del V millennio a.C. e l'inizio del II millennio a.C. Tale etnia si sarebbe poi dispersa per l'Eurasia a causa di dinamiche complesse di diffusione, legate a linee di transumanza e commercio preistoriche, e a dinamiche di sovrapposizione militare, a partire da azioni "opportunistiche", originate forse da instabilità di carattere demografico, dando così origine a diversi popoli che conservano tuttora fortissime ed evidenti analogie linguistiche (lingue indoeuropee). Il popolo ario penetrò dal settentrione nell'Iran e l'antico nome del popolo dominatore si è conservato fino ad oggi nel nome IRAN. Sopra: Piatto con il segno della Svastica, Iran centrale, 3000 a.C. Sotto: Espansione indoeuropea, 4000 a.C. - 1000 a.C. Medi (impero medo) 728 a.C.-550 a.C. I Medi erano un antico popolo iranico che occupò gran parte dell'odierno Iran centrale e occidentale, a sud del Mar Caspio. Nel VI secolo a.C. fondarono un impero che si estendeva dall'attuale Azerbaigian all'Asia Centrale e che fu rivale dei regni di Lidia e Babilonia. I Medi vengono menzionati per la prima volta in un'iscrizione assira che risalirebbe all'835 a.C. insieme ai Persiani, ma è grazie all'archeologia che possiamo collocare il loro arrivo in Iran alla metà del II millennio a.C. A quel tempo essi formavano un raggruppamento di tribù seminomadi indoeuropei, ma di notevole forza militare, i cui re dimoravano dentro fortezze. Il primo regno medo unificato appare solo nell'ottavo secolo a.C., e secondo Erodoto fu fondato da Deioce, il quale in realtà non era che un piccolo capo tribù sottomesso, come i suoi più diretti successori, al re assiro Sargon II. La mancanza di unità culturale e l'eccessiva eterogeneità della popolazione resero l'impero dei Medi fragile e ciò non tardò a rivelarsi alla morte di Ciassare. Suo figlio Astiage, succedutogli sul trono, non ebbe la forza e le qualità necessarie a contrastare la crescita della potenza persiana sotto Ciro, che si ribellò e si impadronì dell'impero. Rhyton a forma di testa di montoni d'oro Iran occidentale, VII-VI a.C. Persiani (dinastia Achemenide) 550 a.C.-330 a.C. Sempre secondo Erodoto, gli Achemenidi erano la più audace delle dieci tribù persiane. L'impero fondato da Ciro II incorporava l'Iran attuale, la Mesopotamia, il Vicino Oriente, l'Egitto, l'India nord-occidentale e parti dell'Asia Centrale. La storia della dinastia achemenide (che da Ciro in poi diviene anche la storia dell'Impero persiano) è particolarmente conosciuta attraverso i resoconti degli autori greci, in particolare Erodoto, Ctesia e Senofonte; i frammentari accenni contenuti nell'Antico Testamento; le fonti iraniche, prevalentemente iscrizioni reali trilingui. L'Impero achemenide stabilì inediti principi di diritti umani nel sesto secolo a.C. sotto Ciro il Grande. Dopo la conquista di Babilonia nel 539 a.C., il re promulgò il cilindro di Ciro, scoperto nel 1878, e oggi riconosciuto da molti come il primo documento sui diritti umani. Il cilindro dichiarava che ai cittadini dell'impero sarebbe stato permesso di praticare la loro religione liberamente. Aboliva anche la schiavitù, così tutti i palazzi dei re di Persia erano costruiti da lavoratori pagati, pur in un'epoca di largo uso della manodopera servile. Tomba di Serse I segue >> Persiani (dinastia Achemenide); 550 a.C.-330 a.C. Sotto Dario I l'impero achemenide raggiunse la massima estensione, infatti si spinse fino all'Indo ad est e fino alla Tracia ad ovest. Cercò di conquistare la Grecia ma fu sconfitto nella battaglia di Maratona. Suo figlio Serse I ritentò l'impresa, ma fu respinto dai greci, guidati da Temistocle, vittoriosi dopo la battaglia di Salamina (480 a.C.). Gli ultimi anni della dinastia achemenide furono segnati da debolezza e decadenza. Il potente e immenso impero collassò in soli otto anni sotto i colpi infertigli dal giovane re dei Macedoni, Alessandro Magno. I sovrani achemenidi erano devoti ad Ahura Mazda, il dio supremo, ma a questa religione ufficiale si aggiungevano (o opponevano) diverse religioni popolari, come quella legata alle pratiche misteriche della tribù dei Magi. A partire dal VI secolo a.C. si diffuse anche lo Zoroastrismo, che ebbe grande fortuna tra la popolazione della Persia. Molte delle caratteristiche dello Zoroastrismo (la tendenza monoteistica, la netta separazione del Bene e del Male, l'attesa di una apocalisse) si trovano anche nell'Ebraismo, e, di conseguenza, nel Cristianesimo e nell'Islam. Sopra: Simbolo religioso degli achemenidi Sotto: La dinastia achemenide all’epoca della sua massima estensione, 490 a.C. Seleucidi 330 a.C.-150 a.C. Dopo la morte di Alessandro Magno (323 a.C.), il potere effettivo passò nelle mani dei suoi generali, i diadochi, che si divisero le sue immense conquiste. La Persia fu suddivisa tra vari satrapi macedoni, tra i quali emerse presto la figura di Seleuco, satrapo di Babilonia. Seleuco si fece incoronare re di Babilonia e nel 306 a.C. impose la sua autorità su tutte le province orientali. Nel 301 a.C. Antigono Monoftalmo, che governava l'Asia Minore e la Siria, fu sconfitto da una coalizione degli altri diadochi: Seleuco si impossessò della Siria dove, sulle rive dell'Oronte, fondò Antiochia, in onore di suo padre. L'impero di Seleuco raggiunse la sua massima estensione nel 281 a.C., quando Lisimaco, signore di Tracia e Asia Minore, fu sconfitto e ucciso nella battaglia di Corupedio; Seleuco inglobò nei suoi possedimenti l'Anatolia e si apprestava a invadere le terre europee di Lisimaco, quando fu assassinato, ormai ottantenne, da un sicario dell'egiziano Tolomeo Cerauno La Partia era una regione a nord della Persia, nell'odierno Iran nord-orientale. I suoi regnanti, la dinastia Arsacide, appartenevano a una tribù iranica che vi si stabilì all'epoca di Alessandro Magno. Divennero indipendenti dai Seleucidi nel 238 a.C., ma i loro tentativi di espandersi verso la Persia furono infruttuosi fino all'avvento di Mitridate I al trono della Partia, nel 170 a.C. Circa. Statua di sovrano ellenistico, tradizionalmente identificata con un principe seleucide. Parti (dinastia Arsacide) 150 a.C.-226 La Partia era una regione a nord della Persia, nell'odierno Iran nord-orientale. I parti divennero indipendenti dai Seleucidi nel 238 a.C., ma i loro tentativi di espandersi verso la Persia furono infruttuosi fino all'avvento di Mitridate I al trono della Partia nel 170 a.C. circa. Durante il periodo partico, vi fu una risorgenza della cultura persiana a scapito di quella ellenistica o ellenizzata, ma l'impero rimaneva politicamente instabile. L‘impero partico che così si formò confinava con Roma lungo l'alto corso dell'Eufrate; i due imperi combatterono soprattutto per il controllo dell'Armenia. Le guerre furono frequenti e la Mesopotamia servì spesso da campo di battaglia. Nel I secolo a.C., la Partia era ormai organizzata secondo un sistema feudale e le continue guerre, con Roma ad ovest e l'impero Kushan ad est, drenavano le risorse dello stato. Fu l'inizio della decadenza, accelerata dalla struttura di tipo feudale dell’impero, con la nobiltà divenuta sempre più potente e recalcitrante, mentre il potere degli Arsacidi si indeboliva. Il conflitto con Roma si riaccese quando l'imperatore Marco Aurelio mandò in Oriente il fratellastro Lucio Vero. La causa della guerra fu ancora il controllo dell'Armenia, almeno sulla carta, poiché Roma aspettava da tempo un pretesto per condurre una nuova guerra contro il regno orientale. Scavi a Nisa, Iran Arsacide Persiani (dinastia Sassanide) 226 - 650 La storia della Persia sassanide iniziò con Ardashir I, che, dopo aver deposto l'ultimo arsacide, Artabano IV, diventò Šāhanšāh nel 226, e si concluse con Yazdgard III nel 651, quando la conquista araba mise fine all'indipendenza persiana. La Persia sassanide, a differenza della Partia, fu uno Stato fortemente centralizzato. La popolazione era organizzata in un rigido sistema di caste: sacerdoti, militari, scribi e plebei. Lo Zoroastrismo divenne la religione ufficiale dello Stato (poco praticata tuttavia dal popolo) e si diffuse in Persia e nelle province. Le altre religioni furono sporadicamente perseguitate. Ardashir proclamò la sua dinastia erede di quella achemenide e operò per annullare le influenze culturali ellenistiche e ristabilire le antiche tradizioni della cultura persiana. Ardashir rivendicò anche la sovranità su tutti i territori degli achemenidi, comprese Armenia e Mesopotamia. Il figlio Šāpūr (Sapore I) salì al trono nel 241 e continuò la politica estera del padre. Dopo aver espanso i suoi domini a oriente, penetrò in territorio romano conquistando Antiochia di Siria e sconfiggendo ripetutamente gli imperatori Gordiano III e Filippo l'Arabo. Nel 260 a Edessa sconfisse e fece prigioniero Valeriano. Odenato, Caro e Diocleziano riuscirono in seguito a riconquistare la gran parte dei territori perduti e una pace fu sancita nel 298 che ratificava il nuovo equilibrio. Scena di caccia su di un piatto d'argento dorato raffigurante l'imperatore Cosroe Persiani (dinastia Sassanide) 226 - 650 Le guerre e la religione che furono alla base della potenza sassanide furono anche tra i motivi del suo declino. Le regioni orientali furono conquistate da popolazioni nomadip provenienti dal territorio dell’attuale Afghanistan. Cosroe I nel sesto secolo riuscì comunque a salvare il suo impero e ad espanderlo verso occidente, occupando temporaneamente Antiochia e lo Yemen. All'inizio del VII secolo Cosroe II avviò una nuova guerra contro l'Impero romano d'Oriente, conquistando nel giro di vent'anni la Siria, la Palestina e l'Egitto devastando l'Anatolia. Ma i bizantini, condotti dal fino ad allora passivo imperatore Eraclio, preparavano la riscossa: con una serie di campagne avviate nel 622 l'Imperatore di Bisanzio riuscì a devastare l'Armenia sassanide, riuscendo più volte a sconfiggere i persiani. Cosroe assediò Costantinopoli nel 626 ma l'assedio fallì e l'Imperatore, con una controffensiva in Assiria, riuscì a sconfiggere i persiani a Ninive costringendoli alla pace e alla restituzione della Siria, della Palestina e dell'Egitto. Questa sconfitta è ricordata dal Corano come una "vittoria dei credenti" (con riferimento ai bizantini, cristiani e quindi discendenti da Abramo, come i musulmani) sui pagani sassanidi. Nella primavera del 632, un nipote di Cosroe I, Yazdegerd III, salì al trono. Nello stesso anno gli arabi, nuovamente riuniti dall'Islam, fecero le prime incursioni nel territorio sassanide. In cinque anni la maggior parte del territorio sassanide venne annessa al califfato Islamico. Con l'assassinio di Yazdgard III nel 651 si concludeva la storia dei Sassanidi e iniziava quella della Persia islamica. Palazzo sassanide di Ctisefone, Iraq attuale Islam in Iran L'impero arabo, guidato dalla dinastia Omayyade, fu lo Stato più esteso mai visto fino ad allora. Occupava tutte le terre tra la Penisola Iberica e il fiume Indo, e tra il Lago d'Aral e la punta meridionale della Penisola Araba. Gli Omayyadi assorbirono molto dai sistemi amministrativi persiano e bizantino e governarono la Persia per poco meno di un secolo. La loro capitale fu Damasco. La conquista araba segnò una svolta determinante nella storia della Persia. La lingua araba divenne la nuova lingua franca e numerose moschee venivano erette, mentre lo zoroastrismo perdeva progressivamente terreno, senza tuttavia venire soppiantato dall'Islam. Le feste religiose d'età zoroastriana si rimodellarono in funzione della religione islamica predominante a partire dall'800 d.C. In questo periodo, attraversando la notevolissima estensione dell'impero arabo-islamico, parte non esigua delle influenze culturali persiane si propagò verso occidente. Nel 750 gli Omayyadi furono sostituiti dagli Abbasidi, che fondarono Baghdad, facendone la loro nuova capitale. Sotto gli Abbasidi, le grandi famiglie iraniche godettero di notevole influenza a corte e la Persia assunse un ruolo centrale nella storia dell'impero. Un particolare del Corano Dinastie locali iraniane Nel 819, l'Iran fu amministrato dal generale persiano Tāhir. Finito tuttavia il momento tahiride, durato peraltro abbastanza a lungo, nelle regioni iraniane orientali e nelle terre transoxiane il potere passò nelle mani dei Samanidi iraniani, che avevano avuto il governo delle regioni al di là dell'Oxus proprio dai loro signori tahiridi, i quali, tra l'altro, avevano a lungo ricoperto anche la carica di governatore militare di Baghdād, consentendo agli Abbasidi di superare indenni vari momenti di grave difficoltà. I Samanidi, una delle prime dinastie autonome di ceppo iranico dopo la conquista araba, elessero Bukhara a loro capitale, rivitalizzando altresì la lingua e la cultura persiane. Tra i primi prosatori in lingua neo-persiana (che usa l'alfabeto arabo e buona parte del suo lessico, ma conserva caratteristiche strutturali indo-europee) vi fu Ferdowsi, autore dello Shahnameh ("Il Libro dei Re"), un enorme poema epico a struttura annalistica che narra la storia e le imprese mitizzate degli antichi sovrani di Persia. Nel 913, l’Iran occidentale fu conquistato dai Buyidi, provenienti dalle montuose regioni del Daylam. Essi stabilirono la loro capitale a Shīrāz, in un momento di grave disintegrazione politica del Califfato, cui essi – che erano sciiti - imposero una stretta "tutela" a partire dalla conquista di Baghdad nel 945. Da ricordare anche la longeva dinastia degli Ziyaridi (930-1090 circa), inizialmente vassalli dei Samanidi. Frammento del tessuto Buyide, un esempio straordinario del tessile proto-islamico. Turchi (Ghaznavidi e Salgiuchidi); 1037-1219 Nel 999 emerse il turco Mahmud di Ghazna, un ex-schiavo, il quale, emancipatosi dai signori samanidi e alleatosi con i turchi Karakhanidi, ne distrusse la potenza, dando inizio a una lunga era di predominio turco sui territori iranici. La corte di Ghazna (in Afghanistan) divenne il centro del nuovo regno, ma Mahmud è noto soprattutto per le sue numerose campagne di conquista nell'India nordoccidentale, che ne faranno una sorta di "Alessandro Magno" del mondo musulmano. La dinastia fu soppiantata nel 1040 circa dai turchi Selgiuchidi, ma un suo ramo indiano continuò a regnare a Lahore fino al 1187. Il mondo iranico orientale conobbe in effetti nel 1037 una nuova invasione, condotta dai turchi Selgiuchidi a partire da nordest. Essi si spinsero sino a Baghdad, conquistandola nel 1055, soppiantando la dinastia dei sultani Buwayhidi e mettendo il califfo abbaside sotto la propria tutela: ricrearono così un vasto impero interetnico (arabo-turcopersiano). I Selgiuchidi erano educati al servizio delle corti musulmane come schiavi o mercenari. La dinastia portò nuova vita, energie e unione alla civiltà Islamica, fino ad allora dominata da arabi e persiani. Secondo i Selgiuchidi, essi portarono ai musulmani "spirito di combattimento ed aggressività fanatica". I Selgiuchidi erano anche mecenati di arte e letteratura. Sotto il dominio selgiuchide furono fondate delle università. Il loro regno è stato caratterizzato da astronomi e filosofi persiani. Tappeto persiano salgiuchido Mongoli 1219–1500 Nel 1218, Gengis Khan inviò ambasciatori e mercanti alla città di Otrar, al confine nord-orientale del regno del Khwārezm, ma qui essi furono giustiziati dal governatore. Gengis, per vendetta, saccheggiò Otrar nel 1219 e continuò verso Samarcanda e le altre città del nordest. Hulagu Khan completò la conquista della Persia e prese Baghdad (1258), ponendo termine alla esistenza del lungo califfato abbaside, e avanzò verso il Mediterraneo. La Persia divenne un khanato, una parte del vasto Impero mongolo, ossia un dominio infeudato all'impero mongolo. Nel 1295, il khan Ghazan, che regnava da Tabriz, si convertì all'Islam e rinunciò al giuramento di fedeltà al Gran Khan. Nel 1335, la morte dell'ultimo khan significò la fine dell'epoca mongola. Emersero presto dinastie locali, tra cui la dinastia dei Muzaffaridi che regnò a Shiraz fino al 1393, dove visse il più grande poeta persiano d'ogni tempo Hafez (m. 1390); e, a nord, la dinastia di origini mongole dei Jalayridi, che regnò nell'Iran nord-occidentale (e a Baghdad almeno fino al 1410). Quindi comparvero sulla scena alcune confederazioni di tribù turcomanne: i Kara Koyunlu, che si emanciparono dai Jalayridi verso il 1375, e, dopo una interruzione determinata dall'invasione Timuride e alterne vicende, regnarono grosso modo sugli stessi territori fino al 1467; dopodiché fu la volta della confederazione rivale degli Aq Qoyunlu, che succedettero ai primi governando tra il 1468 e la fine del secolo. I mongoli e il castello Alamut (Iran settentrionale) Safavidi La dinastia safavide era originaria dell'Azerbaigian, a quel tempo considerato parte della regione persiana. Lo scià safavide Ismāʿīl I rovesciò il trono di Ak Koyunlu (la confederazione turkmena dei "Montoni bianchi") e fondò un nuovo impero persiano, che includeva gli odierni Azerbaigian, Iran e Iraq, più gran parte dell'Afghanistan. Le conquiste di Ismāʿīl furono interrotte dagli Ottomani alla battaglia di Cialdiran nel 1514, dopo la quale la guerra tra Persia e Turchia divenne endemica. La Persia safavide fu all'inizio uno Stato violento e caotico, ma nel 1588 salì al trono lo scià ʿAbbās I, detto Abbas il Grande, che dette inizio a un rinascimento culturale e politico. Spostò la capitale a Iṣfahān (che divenne in breve tempo uno dei più importanti centri culturali del mondo islamico), siglò la pace con gli Ottomani, riformò l'esercito, cacciò gli uzbeki dalla Persia e catturò la base portoghese sull'isola di Hormuz. Con i Safavidi, che erano sciiti, la Persia fu rapidamente e profondamente sciitizzata e divenne anzi la più grande nazione sciita del mondo musulmano (posizione mantenuta dall'Iran moderno), e visse il suo ultimo periodo come potenza internazionale. L'elemento sciita divenne in breve tempo parte sostanziale della identità iranica, anche se contribuì a distanziare il mondo iranico dal resto della comunità musulmana (sunnita). All'inizio del XVII secolo, fu concordato un confine definitivo con l'impero ottomano, che è quello che ancora oggi divide Turchia e Iran. Un dipinto safavide 1500–1722 Russi, Afsharidi e Zand 1722-1794 Nel 1722 la Persia subì la prima invasione dall'Europa dal tempo di Alessandro: Pietro il Grande, zar dell'impero russo, che progettava di impadronirsi dell'Asia centrale, penetrò da nord-ovest, mentre gli Ottomani assediavano Isfahan. L'impero persiano visse un'altra breve stagione di indipendenza con Nader Shah negli anni 1730 e 1740. Figura di sovrano energico e ambizioso, egli respinse i russi, sottomise gli afghani e sconfisse molte delle tribù nomadi dell'Asia centrale, nemiche tradizionali dei persiani. Si lanciò quindi, emulo di Mahmud di Ghazna, in una grande campagna di conquista dell'Afghanistan e dell'India settentrionale, giungendo sino a Delhi e riportandone come trofeo il celebre "trono del pavone"; riuscì nel miracolo di conciliarsi le sconfitte tribù afghane, arruolandole nel suo esercito e portando avanti una controversa politica di conciliazione tra sciiti e sunniti. Assassinato nel 1747, il suo impero non gli sopravvisse. Il paese ricadde nell'anarchia e nella guerra civile. La Persia, nella seconda metà del secolo, si divise tra varie dinastie locali, tra cui emerse nel nord la dinastia turca degli Afsharidi, della stessa tribù di Nader Shah, che ebbe il suo centro a Mashad; nel sud, quella degli Zand, sotto la quale Shiraz conobbe forse l'apogeo del suo splendore. Il particolare di una moschea - Shiraz Qajar 1795-1925 Alla fine del secolo la Persia trovò relativa stabilità e riconquistò la sua unità sotto la dinastia Qajar turca (17951925), che spostò la capitale a Teheran, ma si trovò presto schiacciata tra l'impero russo, che si espandeva in Asia centrale, e l'impero britannico, che si espandeva in India. Sempre negli stessi anni, la Persia conobbe i suoi primi "moti costituzionali“, che culminarono nella Rivoluzione costituzionale iraniana del 1906. Con l'iniziale sostegno britannico, la borghesia dei bazar, l'intellighenzia urbana e il clero sciita più illuminato si allearono per strappare allo scià il riconoscimento di un libero parlamento e di più ampie libertà politiche. Il Parlamento si oppose più volte alla politica arrendevole della corona nei confronti degli interessi occidentali. Abbandonato dagli inglesi dopo la Convenzione anglo-russa del 1907, il movimento costituzionalista fu soppresso dalle truppe russe nel 1908. Ritornati al potere a Teheran nel 1909, i costituzionalisti furono definitivamente sconfitti dall'intervento militare zarista nel 1911, che restaurarono la dinastia Qajar. A causa della sua posizione strategica tra l'Impero ottomano e i possedimenti coloniali russi e britannici nella regione, la Persia fu coinvolta nelle operazioni militari durante la prima guerra mondiale. Nel febbraio 1921 Reza Khan, a capo della Brigata Cosacca, marcia su Teheran ed impone il governo di Zia Tabatabai. Lo stesso mese, il nuovo governo firma un Trattato di Amicizia con Mosca. Ragazza con specchio – arte Qajar Pahlavi 1925-1979 Nel 1925 il generale Reza Khan, comandante dell'esercito e uomo forte del Paese fin dal 1921, s'impadronì del potere, autonominandosi scià al posto del deposto sovrano Qajar e stabilendo la dinastia Pahlavi. Nel 1935 egli consegnò definitivamente alla storia l'antico nome della Persia, imponendo alla comunità internazionale il nome di Iran. Il nuovo sovrano diede inizio a un'energica politica di modernizzazione del paese, potenziando le sue strutture amministrative e militari, attuando un programma di sedentarizzazione forzata delle numerose tribù nomadi, e dando inizio a una politica culturale dai toni filo-occidentali e marcatamente anticlericali. Il Paese rimaneva comunque soggetto all'influenza dei britannici e dei sovietici e la situazione non mutò fino alla seconda guerra mondiale. Nel 1941 il sovrano fu costretto dai britannici ad abdicare e il figlio Mohammad Reza Pahlavi divenne il secondo scià della dinastia, avviando dopo la guerra una stagione politica ed economica in stretta alleanza d'interessi con gli Stati Uniti d'America, per conto dei quali si disse più volte che egli fungesse da "guardiano" della vitale area strategica del Golfo Persico. La politica interna conobbe una stretta repressiva e antidemocratica, che portò ancora una volta le forze più vive della società - intellighenzia urbana, partiti di sinistra, borghesia del bazar, clero sciita militante - ad allearsi contro il potere costituito. A seguito di una inarrestabile spirale di pubbliche manifestazioni d'opposizione represse nel sangue e di ulteriori strette repressive, il potere della dinastia Pahlavi giungeva alla fine nel febbraio del 1979. Mohammad Reza Pahlavi con la regina e il principe La Rivoluzione Iraniana 1979 A seguito di una inarrestabile spirale di pubbliche manifestazioni d'opposizione represse nel sangue e di ulteriori strette repressive (in cui si distingueva la Savak, ovvero la famigerata polizia segreta), il potere della dinastia Pahlavi giungeva alla fine nel febbraio del 1979. Lo Scià, nominato il moderato Shapur Bakhtyar del Fronte Nazionale nuovo primo ministro, partì per l'esilio nel gennaio del 1979, morendo poi in Egitto nel 1980. Nel febbraio del 1979, giungeva invece all'aeroporto di Teheran, provenendo dal suo esilio a Parigi, l'ayatollah Ruhollah Khomeini, il protagonista della rivoluzione islamica, che prendeva subito il potere sull'onda dell'entusiasmo popolare. Poco dopo il rientro dell‘ayatollah Khomeini e la vittoria del movimento rivoluzionario (11 febbraio 1979), veniva votata una nuova costituzione islamica, basata sul principio del "governo dei dotti (dell'Islam)". Nell'aprile 1979 viene proclamata la Repubblica Islamica ed i partiti di sinistra vengono progressivamente messi fuori legge e la stampa sotto rigido controllo. La rivoluzione compie una svolta radicale con la presa dell‘ambasciata americana, che origina la crisi degli ostaggi e la caduta del governo islamico-liberale moderato di Mehdi Bazargan, che aveva tentato una sorta di esperimento costituzionale in cui si cercava di coniugare elementi della tradizione politicoistituzionale occidentale con la tradizione islamica. Iniziava così la vicenda della nuova Repubblica Islamica d'Iran, di tendenza radicale e più integralista, sotto la guida religiosa dell’ayatollah Khomeini. Un rivoluzionario iraniano - 1979 Governo Islamico 1979-2009 Gli anni Ottanta conobbero un lungo e devastante conflitto con l'Iraq di Saddam Hussein (1980-87), conclusosi senza vincitori né vinti. Saddam Hussein attacca a sorpresa nel settembre del 1980 pensando che l'Iran sconvolto dalla Rivoluzione sia troppo debole per resistere, ma l'esercito e l'aviazione iraniana fermano l'offensiva irachena. Per fermare gli attacchi Saddam Hussein utilizza anche le armi chimiche. Nel 1989 muore l'Imam Khomeini ed ai suoi funerali partecipano due milioni di persone in delirio. Al suo posto diventa Guida della Rivoluzione l'Ayatollah Ali Khamenei. Agli inizi del nuovo secolo l'Iran ha imboccato la strada della ricerca nucleare e, con l'aiuto della tecnologia (e il supporto politico-diplomatico) dei russi, si appresta a costruire una serie di centrali per la produzione di energia. Quest'ultimo sviluppo ha portato il paese in rotta di collisione con Israele e con l'Occidente e, a partire dalla nuova presidenza di Mahmud Ahmadinejad, un conservatore uscito dalla milizia nel corpo dei Pasdaran, si è accentuato il clima di sospetto e di ostilità soprattutto con gli USA dell'amministrazione Bush, che, dopo l'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq, mantengono truppe consistenti e in pieno assetto di guerra in paesi confinanti con l'Iran. Nell'estate del 2009 è avvenuta la rielezione del presidente Ahmadinejad. Imam Khomeini La bibliografia della parte I . Axworthy Michael. Breve storia dell’Iran, Torino, Giulio Einaudi, 2010 . Abrahamian Ervand. Storia dell’Iran, Roma, Donzelli, 2009 . Petrillo Pier Luigi. Iran, Bologna, Mulino, 2008 Parte II Iran today Agriculture Industry Oil Industry Religion Literature International Map . Agriculture The rural economy, for millennia the economic and social basis for all Persian governments, is characterized by a series of ecological and economic restraints that have hampered its development. While the natural limitations of the country have effects on the extent of agriculturally usable land and the kinds of crops grown, the socioeconomic structure of Iran and its historical foundations are important for the organization of agricultural production and for economic development. The agriculturally usable lands of Iran can be divided into four categories: 1. Areas of intensive and widespread natural irrigation agriculture are characterized by adequate precipitation and natural water potential. In Iran, only the Caspian lowlands can be considered of this type. Gīlān and western and central Māzandarān receive extensive precipitation (up to 2,000 mm) and are covered by such a dense network of brooks, ravines, and rivers that the whole strip between Āstārā east to the great delta fans of the Bābol, Harāz, Taǰan, and Tālār rivers in central Māzandarān are characterized by intensive agricultural land use. 2. Areas of dry farming are the most characteristic and can be found in most parts of the country. Grains are grown on the basis of winter rains without additional irrigation; such lands are found especially along the mountainous fringes of the central Iranian plateau between Azerbaijan, Khorasan, and Fārs (cf. Bobek 1951). The plateaus of central Iran, as well as the eastern and southeastern parts of the country, are so arid that agriculture can only be carried out by irrigation. 3. Areas of artificial irrigation, typical for much of the central Iranian plateau, are characterized by relatively small patches of intensive agricultural land use amid unused or little used environments. There are different forms of artificial irrigation. The oldest form, still common, is to divert river water; equally common is the canalization of springs and brooks, especially along the foot of high-rising mountains. Most famous and ingenious of all forms of artificial irrigation in Iran is the capture of circulating ground water by means of qanāts (water channels). Dam-regulated irrigation, although known since Achaemenid and especially Sasanian times, has grown in significance in recent years. So has the large-scale construction of wells, due to which many qanāts have dried up. 4. Pasture and rangeland, in terms of spatial distribution, represent the most common form of land use; animal husbandry is carried out both by the farming and the tribal population. Areas of animal husbandry cover, horizontally as well as vertically, the fringe areas of dry farming and include the dry farmed lands themselves. The fallow fields serve as stubble pasture, thus receiving a natural manuring. Of special importance is the animal husbandry in the high mountains beyond the limits of agriculture. Here grazing occurs not only on slopes too steep for agriculture but even more in those parts which, due to long snow cover or short vegetation period (i.e., at approximately 2,400 to 2,600 m altitude), can not otherwise be used. Industry Iran is generally characterized as an oil economy, with a relatively rich history of industrialization going back to the early part of the 20th century. Perhaps understandably, much of this history is intertwined with the history of the development of the oil industry. This connection derives, on the one hand, from the role of oil as one of the earliest and largest industries in Iran (and the Middle East). On the other hand, the growing importance of oil income and resources generated by this sector over time have had an impact on the country’s industrialization drive in ways that have received much attention in the literature (see, e.g., Karshenas, 1990). As to the evolution of the industrial sector (and of the manufacturing industry as a sub-sector), it has evolved over time in distinct ways. Of special interest is a discussion of industrial policy and performance under three different political administrations since the 1920s. Where possible, each phase should be considered in relevant sub-periods to indicate variations in industrial policy and performance in each of the following three main periods covered. Industrial development in the post-Revolutionary period can be divided into two distinct phases. The first phase spans the 1980s covering the period from the 1979 Revolution to the end of the 1980s (including the war with Iraq during 1980-88). This period was influenced by external and internal shocks and beset by policy-induced distortions relating to the Revolution and war. In general. This phase was characterized by an ideologically oriented set of economic policies and, associated with them, the uncertainty surrounding the legitimacy of private property and the extent of permissible wealth accumulation in the Iranian economy. In the second phase, which covers the period after the death of Ayatollah Khomeini in 1989, industrial policies aimed at rectifying imbalances that were created in the first phase. The three five-year development plans, which were formulated after the end of the Iran-Iraq war, have been concerned, inter alia, with the regeneration of the industrial sector. The success of these plans, however, has to be judged by the extent to which they have been able to address the endemic problems of the manufacturing industries in terms of low productivity, fragmentation, and international competitiveness. Oil Industry Petroleum has been known throughout historical time. It was used in mortar, for coating walls and boat hulls, and as a fire weapon in defensive warfare. By the middle of the 19th century, the Industrial Revolution had brought about a search for new fuels in order to power the wheels of industry. Moreover, due to the social changes, people in the industrial countries wished to be able to work and read after dark and, therefore, needed cheap oil for lamps to replace the expensive whale oil or the malodorous tallow candles. Some believed that rock oil from surface seepages would be a suitable raw material for good quality illuminating oil. The Iranian oil industry is the oldest in the Middle East. Although the occurrence of numerous seeps in many parts of Iran had been known since the ancient times, the systematic exploration and drilling for oil began in the first years of the 20th century. Since the 1960s, exploration in the southern and southwestern regions of the country as well as the coastal and offshore areas of the Persian Gulf has resulted in the discovery of sizeable gas and gas condensate deposits that have made Iran the repository of the second largest gas reserves in the world. In the year 2002, Iran produced a gross quantity of 117.6 billion cubic meters of gas from which nearly 30% or 34.3 billion cubic meters were re-injected into oilfields and 60% or 70.5 billion cubic meters were marketed. The remaining 10% was lost in shrinkage or flared. Iran’s share of the world’s marketed production of natural gas has been steadily rising from around 0.20% to 2.7% in the last 40 years. Religion A narrower definition of “Iranian religions before Islam” includes the Indo-Iranian tradition, Zoroastrianism (including the movement of Mazdak), and the preZoroastrian religion of western Iran; in what follows this page will concentrate on these traditions. (For Manicheism, which, although not an originally ‘Iranian’ religion, still played an important role in Iranian history. The religions of the Sogdians and the early Kushans have been too little researched to admit of a fuller discussion. Persian acquaintance with Islam began already in the time of the Prophet. Well known is the case of Salmān-e Fārsi, the Persian companion of the Prophet around whom many legends have been spun. In addition, the Persian colony in the Yemen sent a delegation to the Prophet in Medina, and some of its members embraced Islam (Moḥammadi, pp. 430-33). Widespread conversion began, however, after his demise, with the Muslim military campaigns that resulted in the destruction of the Sasanian empire. The cataclysm of the Mongol invasion resulted not only in Persia coming under nonMuslim rule for the first time since the Arab conquest; it also caused vast devastation and demographic dislocation. Its consequences for the religious configuration of the Perso-Islamic world were less immediately apparent. Rule by sultans professing Islam was restored a mere thirty-seven years after the sacking of Baghdad, when in 694/1295 the Il-khanid ruler Maḥmud Ḡāzān Khan embraced Islam and required of all the Mongols in his realm that they do likewise or depart. Although traces of Mongol custom remained embedded in royal practice for several centuries, Islam had been restored to unchallenged supremacy in a fairly short time. It is sometimes assumed that the general predominance of Sunnism in Persia was significantly weakened by the destruction of the ʿAbbasid caliphate by the Mongols in 1258, starting a drift toward Shiʿism that found its natural conclusion in the changes wrought by the Safavids. There is little to recommend this theory; no new territory was won for Shiʿism in the period of Mongol domination, and the main center of Shiʿite learning was the city of Ḥella in Iraq. It is true that the Ilkhanid ruler Öljeitü (r. 1304-17), repelled by an unseemly wrangle between Hanafites and Shafeʿites, was persuaded by Ebn Moṭahhar al-Ḥelli to embrace Imami Shiʿism and tried in 710/1310 to have at least some of his subjects follow him. However, his envoys were met with strong resistance in Shiraz and probably elsewhere as well, and Öljeitü himself appears to have reverted to Sunnism before his death. Literature Until the late Sasanian period, pre-Islamic Iran was mainly an oral society. As a result, Iranian “literature” was for a long time essentially of oral nature as far as composition, performance, and transmission are concerned. Many products of this oral type of literature (whether in verse or in prose) have thus not survived to the present day or were committed to writing only many centuries after their original composition. In these circumstances, the art of the court singers flourished from the first bards (Greek ōidoí ) who exalted the courage of Cyrus the Great at the Median court of Astyages (Dinon, apud Athenaios, Deipnosophistai XIV 633c-d) until the gōsān of the Parthian and Sasanian periods. A change of literary taste and a preference for the work of writing poets was brought about at the time of the Arab conquest. Middle Persian literature. Other than legends on coins and seals, as well as private and business letters, economic documents, and administrative records on ostraca and papyri, Middle Persian literature encompasses fragments of a manuscript of the Psalter and a number of inscriptions up to the 11th century, but above all an important corpus of writings in Book Pahlavi script (mostly of religious content) and of Manichean texts. Reviewing the origins of a specific literary history helps us find our bearings and provides us with reference points to chart its subsequent developments. This approach will be adopted here in our overview of classical Persian literature, a daunting task in itself given the range and abundance of the material on the one hand, and the need for brevity and conciseness in a survey on the other. In our study of the development of this literature over ten centuries, we will pay special attention to the early formation and origins of different literary genres in Persian works, even though the very notion of literary genres is somewhat arbitrary and a subject of continuing debate and shifting delineation (Fowler; Perkins). After the medieval period, several types of brief narrative in maṯnawī form emerged both in Persia and India. They often bear stereotyped titles, such as qażā wa qadar, stories about the workings of fate, or sūz o godāz, containing descriptions of painful experiences in love. Under the title Čāh-e weṣāl, some poets dealt with a meeting of Majnūn and Laylī at the bottom of a well (Monzawī, Nosḵahā IV, p. 2754). Piazzale Ferdowsi, Villa Borghese, Roma La fonte della parte II Encyclopædia Iranica è un progetto che ha come obiettivo la creazione di una enciclopedia in lingua inglese autorevole e completa concernente la storia, la cultura e la civilizzazione delle popolazioni iraniche dalla preistoria ai tempi moderni. L'iniziativa è nata presso la Columbia University nel 1973, per iniziativa del suo Centro di Studi Iranici. L'opera è considerata l'enciclopedia standard per lo studio accademico dell‘Iranistica. Parte III Le tre componenti fondamentali della identità iraniana e la crisi di oggi. Una riflessione riassuntiva 1° - Gli Achemenidi e l’inizio dell’impero persiano Il concetto di identità iraniana risale alla nascita dell'impero degli Achemenidi, il primo impero persiano, che includeva in linea di massimo l'Iran attuale e i paesi vicini, e che fu instaurato da ariani indoeuropei conosciuti come persiani. L'eredità di questa dinastia esprimeva l’aspirazione ad un impero potentissimo in grado di conquistare tutto il mondo. I resti dei palazzi achemenidi testimoniano questa ambizione, mentre diverse fonti storiche ci narrano la storia dei Re dei re. I capolavori magnifici dell'arte achemenide, che i loro successori, Arsacidi e Sassanidi, non riuscirono mai ad imitare, rappresentano tesori straordinari che ricordano agli iraniani di oggi un periodo d'oro. Alessandro Magno chiude l’epoca degli Achemenidi e stabilisce un governo straniero (Seleucidi), ma poco più tardi un altro ramo degli iraniani (non persiani, anzi, parti) estromette i Seleucidi, dando vita ad un’altra dinastia, quella degli Arsacidi. Dopo di loro, i Sassanidi ristabiliscono l’impero di identità propriamente persiana e impongono la religione di Zoroastro come unica religione ufficiale dell’impero. I Sassanidi si sforzano di perpetuare l’arte degli Achemenidi ma non arrivano a quella eleganza stilistica e a quella grandezza di realizzazioni architettoniche. 2° - Gli iraniani nell’impero islamico Gli iraniani acquisiscono una nuova identità dopo invasione degli arabi musulmani. L’Iran passa dal mondo pagano al mondo musulmano ed entra a far parte dell’impero islamico. La nuova religione cambia l’alfabeto e piano piano gli altri aspetti della vita intellettuale e quotidiana dei popoli iraniani. La maggior parte degli iraniani si assimila alla maggioranza del mondo musulmano, i musulmani “classici” che chiamiamo sunniti, i quali seguono le tradizioni dell’Islam originario e dei quattro successori del profeta. La minoranza che viveva ai confini settentrionali, meridionali e orientali, aderisce invece ai movimenti sciiti, che condividono una diversa interpretazione dell’Islam. All’interno del nuovo impero gli iraniani vivono una rinnovata esistenza, realizzando splendide opere artistiche, scientifiche, letterarie, culturali, ecc. 3° - Lo sciismo come l’ultima identità I Safavidi (1501-1736) unificando tutte le regioni iraniane, stabiliscono un governo potente e quasi un nuovo impero persiano. Questa dinastia impose con un decreto la conversione della popolazione persiana allo sciismo. Tale conversione, inizialmente superficiale, divenne tuttavia profonda e radicata nel corso dei secoli successivi. Per la prima volta nella storia islamica, lo sciismo si organizza in Stato autonomo ed egemone su tutto il popolo iraniano, spezzando l'unità politica del mondo musulmano. L'Iran diviene una teocrazia, con lo scià come capo politico e religioso. Sempre in questo periodo, tanti riti pagani che ancora erano rimasti nella cultura iraniana riescono a risorgere come riti e feste nazionali, entrando nelle cerimonie sacre della vita quotidiana. In questa epoca, grandi autori religiosi sciiti si dedicano a costruire una nuova cultura utilizzando delle fonti orali e scritte che ancora non conosciamo completamente. Tra questi autori, quello più famoso, Allame Majlesi, scrisse moltissimi volumi di ispirazione religiosa come Bahar-ul-anvar (I mari delle luci) che posero le basi dello sciismo iranico, ancora oggi utilizzate dal governo attuale come manuali sacri e testi fondamentali della cultura religiosa e politica dell’Iran. E oggi Si può considerare la situazione dell’identità in Iran attuale come una condizione di crisi. Prima della rivoluzione islamica nel 1979, il dittatore-scià Pahlavi, tornando alla gloria del’impero persiano antico, voleva eliminare ogni traccia dell’Islam dalla faccia dell’Iran. Tuttavia il suo tentativo di imposizione forzata del proprio potere e delle proprie convinzioni suscitò la reazione popolare, che lo costrinse ad abbandonare il potere. Per parte sua, il governo rivoluzionario avrebbe potuto essere un governo democratico ma dopo pochi mesi divenne una nuova dittatura, intenzionata ad imporre un governo sciita di tipo medievale. Un governo che non rispondeva alle esigenze dei milioni di giovani che vivono nelle metropoli come Teheran. Benché la maggior parte delle famiglie resti di tradizione sciita, tuttavia tanti giovani vorrebbero la fine della dittatura e la nascita di un nuovo sistema di governo. Un’aspirazione che presenta però degli aspetti di ambiguità: una parte dei giovani, forse maggioritaria, coltiva aspirazioni nazionalistiche, nel sogno di un ritorno alla gloria della Persia antica, correndo il pericolo di perdere l’appuntamento con la modernità e la società dei diritti civili e politici. Un’altra parte spera invece di instaurare un regime pienamente democratico. In questa incertezza l’Iran corre il rischio di disperdere il potenziale di rinnovamento che i giovani potrebbero introdurre nella storia del proprio paese.