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8 gennaio 2012 - 11°Santità comunitaria, una comunità di santi e

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8 gennaio 2012 - 11°Santità comunitaria, una comunità di santi e
SANTITA’ COMUNITARIA,
UNA COMUNITA’ DI SANTI E PECCATORI
“Non giudicate per non essere
giudicati; perché col giudizio con
cui giudicate sarete giudicati, e con
la misura con la quale misurate
sarete misurati. Perché osservi la
pagliuzza nell’occhio del tuo
fratello, mentre non ti accorgi della
trave che è nel tuo occhio? O come
potrai dire al tuo fratello: permetti
che tolga la pagliuzza dal tuo
occhio, mentre nell’occhio tuo c’è
la trave? Ipocrita, togli prima la
trave del tuo occhio e poi ci vedrai
bene per togliere la pagliuzza
dall’occhio del tuo fratello”(Matteo
7, 1-5)
Parabola della pagliuzza e delle trave
Chiavassieu d’Haudebert Adèle (1788-1831)
Il brano evangelico ci
ricorda di non giudicare gli
altri se non vogliamo essere
giudicati da Dio.
“Chi sei tu che ti fai giudice
del tuo prossimo?” dice San
Giacomo,
perché
il
giudicare appartiene solo a
Dio che ordina la pratica
della legge, condensata
nella misericordia e “Il
giudizio
sarà
senza
misericordia contro chi non
avrà
usato
misericordia…”(Gc. 2,13)
Il discepolo di Cristo quindi, non ha il compito di condannare ma
di amare, non ha il compito di mettere in rilievo le miserie del
fratello, ma di servire il fratello nell’umile coscienza di non essere
meno difettoso di lui.
Un pericolo sempre
in
agguato
è
l’ipocrisia di chi
vuol far credere di
essere molto bravo
e
spietato
nel
combattere il male
negli altri, ma non
altrettanto in se
stesso.
I laici dell’Amore Misericordioso devono acquisire la coscienza di essere tutti
più o meno malati e ingiusti per accogliere la salvezza ed acclamare la verità di
Cristo, perché davanti a Lui diventa molto difficile nascondere la trave che
abbiamo negli occhi.
“Il figlio dell’uomo è venuto a cercare ciò che era perduto”
RIFLETTIAMO
Se ci fanno del male, non mettiamoci a giudicare e
condannare, ma rendiamoci disponibili alla riconciliazione
e alla ricostruzione della comunione.
Stiamo attenti a non dire
“Come stai, stai bene?”,
sapendo che il disagio
dell’altro è dovuto al
proprio atteggiamento di
disprezzo, di disistima o di
prevaricazione.
Non dobbiamo ricorrere
facilmente alla Croce
dicendo:
“Anche Gesù ha sofferto,
porta anche tu questo
chiodo” .
Piuttosto schieriamoci in
difesa della persona,
soprattutto se il povero
cristo è l’ultima ruota del
carro.
Occorre
programmare e
decidere
coinvolgendo
i fratelli
interessati per
non ritenersi
migliori
con un implicito
disprezzo
del contributo
dell’altro anche se
modesto.
Non possiamo dare giudizi sull’altro, non solo a parole ma
anche con messaggi non verbali, con gli atteggiamenti, con le
preferenze, con l’ignorare, con la fiducia non accordata,
lasciandosi condizionare dall’opinione comune.
Dobbiamo avere il coraggio di accostarci alle ferite
spirituali e morali degli altri anche se questo dovesse
provocare critiche e mormorazioni.
Non dobbiamo vantarci della nostra preparazione
teologica, culturale o delle nostre doti e virtù. Certe
esibizioni di “sublime santità” sono forme indirette di
giudizio dell’altro e magari di inconsapevole
comportamento farisaico.
PREGHIAMO DIO CHE
CI HA DONATO IN
CRISTO
UN MAESTRO E UN
MODELLO
PER LA NOSTRA VITA
SPIRITUALE
E COME MADRE
SPERANZA CHE È
DISPOSTA A FARE
SOLTANTO LA SUA
VOLONTÀ. RIPETIAMO
“ECCE ANCILLA
DOMINI”
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