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cinema e audiovisivi - Terapia Occupazionale

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cinema e audiovisivi - Terapia Occupazionale
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Laura Palagini
Cinema, fotografia, televisione
I° Anno
Corso di Laurea in Terapia Occupazionale
Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Pisa
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia
“La fotografia ha dato all’uomo la possibilità di salvare
l’essere mediante l’apparenza..la possibilità cioè di trasportare
nello spazio e nel tempo l’immagine delle persone e delle cose”
Paul Valery 1934
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema e televisione
…il cinema rispetto alla fotografia ha aggiunto la capacità di produrre o imbalsamare
il movimento e il tempo…con la televisione tutto arriva gratuitamente a casa non
richiedendo particolari sforzi attivi...è una distribuzione della realtà sensibile a
domicilio…
Il linguaggio audiovisivo è molto seducente perché è insito in esso come proprietà
inalienabile un effetto di realtà che si esplica nella naturale propensione dello
spettatore ad assumere come “duplicato” della realtà ciò che le immagini mostrano..
R. Provenzano 2007 (La retorica del linguaggio)
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema, televisione e fotografia
Linguaggio audiovisivo
…un linguaggio è un sistema comunicativo meno strutturato di una lingua, costituito
da una pluralità di segni combinati, codici, in funzione di regole predeterminate per
significare qualcosa in virtù di certe regole socialmente condivise da tutti i membri
della comunità culturale…Il linguaggio audiovisivo si avvale di figure retoriche..
E’ stata definita comunicazione ogni processo mediante il quale una certa fonte fa
passare attraverso un canale una certa quantità di informazione, finché non
raggiunge il destinatario.
R. Provenzano 2007 (La retorica del linguaggio)
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dell’audiovisivo
…semeiotica è la scienza dei segni e il compito della semeiotica è lo studio
della
relazione
tra
segno
e
significato..
“segno “
immagine, suono etc che assume un significato comunicativo per chi lo fruisce
-significante: è la manifestazione fisica del segno, la rappresentazione mentale
dell’aspetto fisico del segno
-significato: “entità psichica” il valore semantico che ognuno di noi attribuisce
al segno, il concetto o idea cui il segno rimanda
R. Provenzano 2007 (La retorica del linguaggio)
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dell’audiovisivo
Il legame tra significato e significante può essere:
-arbitrario: non vi è alcun legame naturale bensì un legame convenzionale
-Iconico: vi è una relazione naturale di somiglianza, di analogia
come leggiamo un immagine è il risultato di ciò che si sa su ciò che si vede..il modo in
cui i segni vengono letti è sempre comunque il frutto di un modo culturale di vedere di
chi comunica e di un modello culturale di chi legge o guarda.
R. Provenzano 2007 (La retorica del linguaggio)
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dell’audiovisivo
Livelli di significazione
Per ogni segno è possibile distinguere.
-un significato primario:
denotazione
-vari significati secondari: connotazione
mito
metonimia
metafora
simbolo
R. Provenzano 2007 (La retorica del linguaggio)
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dell’audiovisivo
DENOTAZIONE
-E’ il significato universalmente riconosciuto ad un segno in una determinata cultura.
significazione oggettiva. Es: nel caso di un segno verbale il significato denotato è il
significato fornito dalla definizione del vocabolario
CONNOTAZIONE
-E’ una significazione soggettiva conferita ad un segno. Es. l’immagine di un cane evoca
in ognuno di noi emozioni diverse. Il livello connotativo differenzia il linguaggio
verbale dal linguaggio per immagini. E’ la forma assunta dalla denotazione. Utilizza
codici specifici e figure retoriche.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dell’audiovisivo
La connotazione:
MITO
-E’ un segno “culturale” una denotazione in continua evoluzione che nasce dal confronto
con la realtà e il mutare dei valori culturali della società. E’ un segno che viene spogliato
dei suoi significati denotati che porta con sé significati culturali.
METONIMIA
-In greco “scambio di nome”: uso del nome della causa per l’effetto (es vivere del
proprio lavoro), o di materia rispetto all’oggetto (una bella porcellana) o del simbolo per
la cosa designata (es:non tradire la bandiera), di concreto e astratto e viceversa (lo
scettro indica il re), di autore rispetto alla propria opera (leggere le opere di platone)
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dell’audiovisivo
La connotazione:
METAFORA
-Sostituzione di un termine proprio con uno figurato, in seguito ad una trasposizione
simbolica di immagini legati da relazione di somiglianza naturale, di analogia (es un
individuo veloce si dice che è una saetta)
SIMBOLO
-segno che agisce come sostituto di un altro segno con il quale non ha nessuna relazione
di somiglianza naturale, ma solo d’arbitrarietà e che si caratterizza per la sua funzione
psicologica e/o culturale. Un oggetto può diventare un simbolo quando acquisisce un
significato proprio ad un altro segno attraverso una convenzione arbitraria. Es. Rolls
Royce è simbolo di uno stato sociale elevato.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dell’audiovisivo
La metonimia e la metafora sono considerate le due forme principali attraverso cui opera
il pensiero per cui sono i modi principali con cui i segni comunicano.
Un immagine quindi non si legge mai per il significato mostrato bensì per un significato
ben più ampio per ciò che l’immagine metonimicamente suggerisce
La metafora indica uno spostamento del significato nel significante che sul paino
denotativo implicano una equivalenza culturale e convenzionale tra il segno e la realtà in
cui viviamo.
Nel linguaggio audiovisivo due inquadrature se pur di contenuto differente, se unite in
sequenza lineare fanno nascere un terzo significato in base ai processi di concatenazione
logica del pensiero non sembrerà mai un accostamento casuale ma sarà legato alle
connessioni sintattiche a livello metionimico, sia delle associazioni/esclusioni delle
metafore
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dell’audiovisivo
Nel linguaggio audiovisivo i processi di significazione si dividono in:
-primario:
il contenuto manifesto dell’immagine; prevale la funzione metionimica
-secondario: il contenuto latente dell’immagine; prevale la funzione metaforica che
spinge ad associazioni concettuali
Es: una mamma che dà da mangiare omogenizzati al suo bambino è
contemporaneamente una metonimia di tutte le attività materne (cucinare, pulire il
bambino etc..) e una metafora dell’amore della sicurezza e della felicità materna
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema
Il cinema racchiude in sé molte altre
arti; così come ha caratteristiche proprie
della letteratura, ugualmente ha
connotati propri del teatro, un aspetto
filosofico e attributi improntati alla
pittura, alla scultura, alla musica. »
(Akira Kurosawa,
maestro del
cinema
)
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
Il primo film fu "L'uscita dalle fabbriche Lumière" del 1895, appunto. Il cinema
dei Lumière però si limitava alla sola rappresentazione documentaristica della
realtà.
È con Georges Méliès, illusionista e prestigiatore francese introdusse per primo,
il teatro di posa, l'illuminazione e la regia: girò infatti per la prima volta film dove
le sequenze si susseguivano l'una all'altra come diversi quadri di una
rappresentazione teatrale; impiegò per la prima volta un sia pur rudimentale
montaggio, teso soltanto al collegamento meccanico dei diversi rulli.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
Dell’opera di Georges Méliès in gran parte andata
persa “il viaggio nella luna" del 1902, rimane una sola
famosa immagine patrimonio della memoria collettiva:
un'astronave a forma di proiettile conficcata
nell'occhio della luna.
È all'americano Edwin Stanton Porter che si deve la
prima forma di montaggio quale linguaggio
cinematografico; la sua opera più conosciuta è
"L'assalto al treno" del 1903, considerato anche uno
dei primi successi cinematografici era una sequenza di
13 inquadrature.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
Dopo il 1914 si impose prepotentemente la genialità dell'americano David Wark
Griffith che per primo costruì le fondamenta del linguaggio cinematografico e
nacque così la settima arte.
Griffith intuì e ne mise in pratica tutti gli elementi basilari: montaggio delle singole
immagini, primo piano, piano americano, montaggio alternato, dissolvenza e
flashback, l'uso di più cineprese contemporaneamente, il movimento delle stesse per
seguire l'azione e non per ultima mise in atto una complessa ricerca sulla luce;
"Nascita di una nazione", 1914, "Intolerance", 1916, "Giglio infranto", 1919,
"Agonia sui ghiacci", 1920.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
Il montaggio nel cinema classico americano (John Ford e Frank Capra) diventa poi
funzionale alla trasparenza della storia e la macchina non rivela mai la presenza del
montaggio a vantaggio della fluidità visiva e della narrazione, più continua ed omogenea.
Nel cinema europeo e in quello d'avanguardia, invece, il cineasta solitamente lascia il
segno della propria personalità con un montaggio che si discosta da norme e convenzioni,
imponendo il suo ritmo con continui cambi d'inquadrature sia nelle angolazioni che nei
piani. La macchina da presa allora diventa parte attiva della narrazione.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
In Europa prende vita un cinema d'avanguardia che sfocia in due correnti principali,
l'impressionismo francese e l'espressionismo tedesco che conferisce più valore alle
inquadrature rispetto al montaggio:
All'impressionismo, che metteva in primo piano la fotogenia, la bellezza pittorica delle
immagini e l'indagine psicologica, facevano capo Louis Delluc, "Febbre", 1921, e più tardi
René Clair,"Entr'acte", 1924 e Jean Renoir, "La grande illusione", 1937.
All'espressionismo, che descriveva la realtà con una visione fortemente distorta e cupa del
mondo, appartenevano soprattutto Robert Wiene e il suo "Il gabinetto del dottor Caligari"
del 1919, Friedrich Wilhelm Murnau, con "Nosferatu il vampiro", 1922, George Wilhelm
Pabst, "Il tesoro", 1923, e Fritz Lang, "Metropolis"
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
Nel 1925 con il formalismo sovietico le singole inquadrature non avevano vita e
significato proprie ma le assumevano solo in virtù di un montaggio espressivo: Lev V.
Kulesov, "Dura lex", 1926, Dziga Vertov,"L'uomo con la macchina da presa", 1929,
Sergej M. Ejzenstejn, "La corazzata Potëmkin", 1925, che per la stupefacente forza
espressiva delle immagini e il rigoroso montaggio, è considerato uno dei film cardine
della storia del cinematografo.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
L'avvento del sonoro, inaugurato nel 1927 con "Il cantante di Jazz" di Alan
Crosland, portò ad un impoverimento iniziale del linguaggio, dovuto sia
all'euforia per la nuova scoperta che all'audio di presa diretta che irrigidiva gli
attori in precisi schemi.
Dopo un periodo di crisi seguì una ripresa soprattutto merito del cinema
americano iniziò così, e si spinse fino agli anni cinquanta, il periodo del cosiddetto
cinema classico americano, caratterizzato dalla trasparenza della messa in scena e
dalla mitizzazione dei personaggi, tutto a vantaggio della comprensibilità
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
Con il danese Carl Theodor Dreyer nasce il realismo d'atmosfera ricca di primi piani e
di particolari, e realizzata con elaborate tecniche di regia; ricordiamo soprattutto "La
passione di Giovanna D'Arco" del 1927-28 e "Il vampiro", 1931.
Un'altra corrente importante fu il surrealismo di quel trasgressivo narratore di ossessioni
che è stato lo spagnolo Luis Buñuel, "Un chien andalou", 1928; la sua carriera, tutta
controcorrente, ha profondamente influenzato il corso della storia del cinema.
In America contemporaneamente al genio melodrammatico e tecnico di Griffith si
impose soprattutto il cinema comico di Harold Lloyd, Buster Keaton e Charlie
Chaplin. Quest'ultimo, nel 1925, con "La febbre dell'oro" fu autore di un'opera d'arte
stupefacente nonostante nel 1920 avesse già girato lo straordinario "Il monello".
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
Si deve a Orson Welles nel 1941 con quarto potere l’introduzione di tecniche
cinematografiche più moderne:elaboratissime profondità di fuoco, movimenti di
macchina straordinari e narrazione dalla forte complessità per quei tempi, sia nelle
immagini che nel sonoro, tanto da scatenare una battaglia tra Welles stesso e i
produttori che non gradivano opere tanto tecnocratiche e poco trasparenti quanto a
scorrevolezza e comprensibilità.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
Anche in Francia, alla fine degli anni cinquanta, ci fu una forte ripresa con il nuovo
movimento de la nouvelle vague di François Truffaut, "I quattrocento colpi", 1959,
Jean-Luc Godard, "Fino all'ultimo respiro", 1959, Alan Resnais, "Hiroshima mon
amour", 1959, per ricordarne solo i principali esponenti.
I francesi intendevano rivoluzionare il cinema favorendo l'intervento critico dello
spettatore; ripudiavano il cinema narrativamente lineare in cui il film stesso indicava
la strada suggerendo in modo inequivocabile il bene ed il male e chi amare o odiare;
in definitiva si voleva evitare che il cinema stesso controllasse, come era avvenuto
fino ad allora soprattutto con il cinema classico americano, il giudizio dello
spettatore, con una narrazione costretta su binari definiti. A tal proposito dichiarò
Godard: "La mia originalità, e il mio fardello, sta nel credere che il cinema è fatto
più per pensare che per raccontare storie".
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: cenni storici
Grazie al perfezionamento della computer-graphic cinematografica che oggi permette di
filmare qualsiasi idea, George Lucas dal 1977, con "Guerre stellari", trasforma ed
evolve genialmente l'artigianalità degli effetti speciali in un processo industriale
rivoluzionario, capace d'influire pesantemente sul linguaggio cinematografico.
Ciò porterà alla realizzazione di "Titanic", 1997 di James Cameron ed alla trilogia de "Il
Signore Degli Anelli", 2001, 02, 03 di Peter Jackson. La computer-graphic e più in
generale il cinema digitale nel terzo millennio non vengono applicati ai soli effetti
speciali ma anche alla fotografia e al montaggio. Il digitale è al servizio diretto del
linguaggio cinematografico che è quindi nuovamente in evoluzione. Straordinari i
risultati dell'utilizzo nella fotografia di "Collateral", 2004 di Michael Mann e "The
Aviator", 2004 di Martin Scorsese, ma anche nei piani sequenza e nel montaggio di
"Panic
Room",
2002
di
David
Fincher.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: il linguaggio
Il linguaggio cinematografico quel livello specifico di codificazione costituito
dalle organizzazioni significanti proprie al film e comuni a tutti i film.
L’enunciazione filmica è costituita da più livelli significanti:
-enunciazione visiva
-enunciazione linguistica
-enunciazione musicale
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
Un film è fatto da fotogrammi, da immagini, suoni, musica, da parole dette, non
dette, espresse con la mimica, con atteggiamenti e sguardi. E' un fenomeno
comunicativo che ha molteplici sfaccettature.
Nella lettura di un film lo spettatore deve riconoscere i meccanismi del suo
funzionamento, deve cercare di individuare gli elementi specifici che stanno alla
base della sua costruzione. Bisogna dunque che analizzi gli elementi del suo
linguaggio, per comprendere come si realizza un racconto per immagini.
I codici che compongono il linguaggio cinematografico sono di tipo visivo e
sonoro, in generale, oltre a quelli specifici del cinema...
Manfucci 2000
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
LE INQUADRATURE sono composte da vari elementi, i tipi di campo usati, l'angolo di
ripresa del soggetto, la distanza dalla macchina da ripresa, la profondità di campo,
l'obiettivo utilizzato (normale, grandangolo o tele), i movimenti della macchina (in
avvicinamento, allontanamento, dall'alto o dal basso,..), la durata, l'uso delle regole di
composizione pittorica (che troviamo negli argomenti dell'educazione artistica), ...
IL MONTAGGIO: è il momento fondante del cinema perché è in questa fase che le
inquadrature assumono un significato. Il montaggio assolve vari compiti comunicativi e
la sequenza delle inquadrature ha una funzione informativa-descrittiva, narrativa,
metaforico concettuale, ritmica.
Manfucci 2000
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
LA FOTOGRAFIA ovvero l'illuminazione degli attori e della location influenza le
caratteristiche del film, la luce può essere calda o fredda, l'illuminazione può essere
diretta, indiretta, di taglio, controluce, ogni situazione ripresa ha bisogno del suo tipo di
luce...
I COLORI: i colori che un film possiede sono i colori del mondo spesso impiegato con
intenti realistici e anche con funzioni espressive. Spesso sono associazioni tra un
personaggio e un colore che inducono meccanismi di richiamo nelle scene successive.
Alcuni colori possono indurre stati emotivi
LA COLONNA SONORA deve sapersi adeguare ai vari momenti della ripresa, deve
passare da musica di sottofondo ad elemento rafforzativo di quanto espresso visivamente,
l'immagine per quanto importante può essere accentuata da uno stato d'animo espresso
dalla musica idonea. La musica induce e facilita lo svilupparsi di stati emotivi. Quindi
andiamo dalle voci dei dialoghi, ai rumori di sottofondo, alla musica vera e propria.
Manfucci 2000
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
LA STRUTTURA NARRATIVA deve enfatizzare la storia, i tempi narrativi, con colpi
di scena al momento giusto, quando il racconto sta scendendo di tono. In film più
complessi, che possono talvolta sembrare disordinati, può essere necessario ricorrere
alla scoperta temporale di elementi necessari.
L’ANALISI DEL TESTO non può essere fatta se non con un'attenta lettura del
copione. Quindi la letteratura può aiutare ad analizzare meglio un film attraverso la
lettura e l'analisi dei codici narrativi (come l'incastro della storia, la descrizione dei
personaggi, gli elementi dell'ambiente, i vari punti di vista, ecc.).
Manfucci 2000
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: analisi dei film
Analizzare un film implica:
-scomposizione
-analisi delle parti
-ricomposizione
Rondolino e Tomasi 1995
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
Leggere l’inquadratura, la composizione dell’immagine, le caratteristiche del
montaggio, il ritmo, la struttura delle sequenze e dello sviluppo narrativo e
drammatico; comprendere elementi linguistici non verbali come la dissolvenza
incrociata e lo stacco, le scelte di carattere metonimico (allusione e/o analogia
realizzate attraverso la contiguità di immagini o di scene), o di carattere
metaforico (allusione e/o analogia realizzate attraverso la sostituzione di
un’immagine con un’altra o la condensazione di due e più immagini, ecc.); come
anche elementi quali i rapporti tra immagini e musica, ed altri; così come
analizzare la sceneggiatura di un film, conoscere la storia artistica dell’autore e
come si inserisce nella storia dell’arte cinematografica: tutto ciò fornisce indizi,
spunti e suggestioni indispensabili per una migliore comprensione del senso
dell’opera filmica e del discordo dell’artista che l’ha creata.
Manfucci 2000
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
Fate che ridano, che piangano, che aspettino"
David Wark Griffith
Il significato di un film è l'unione tra il suo contenuto (la storia), e la sua espressione (il
modo di raccontare la storia). Raccontare in modo differente può ragionevolmente
cambiare il senso della stessa storia.
storia + modo = significato
Dunque, un film di per se è così complesso da richiedere una lettura stratificata in
quanto evento artistico e tecnico: da una prima analisi sostenuta soprattutto dalle
emozioni e/o dalle doti culturali insite in ogni spettatore, si passa ad una critica degli
strati più profondi, possibile soltanto con l'ausilio di strumenti specifici frutto di studi e
visioni
dell'intero
panorama
cinematografico.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
Il potere evocativo e trasformativo del cinema rispetto allo spettatore-fruitore deriva
da un insieme di fattori, che sono stati in vario modo individuati dalla psicologia e
dagli studiosi della settima arte.
Alcuni di essi riguardano specificamente il cinema e il suo linguaggio:
1. Le caratteristiche della fruizione cinematografica, determinate dalla sala buia,
dalla relativa immobilità del corpo, dalla fruizione collettiva e nello stesso tempo
individuale, dalla sensazione di immersione totale nel flusso audiovisivo, dal
coinvolgimento dei sensi più incisivi come la vista e l’udito, ecc., favoriscono un
rapporto più diretto tra spettatore e schermo.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
2. Vedere un film facilita un processo di identificazione che agisce a due livelli:
-primario:
riguarda l’identificazione dello spettatore con la macchina da presa o con il
proprio sguardo
- secondario: riguarda l’identificazione ai personaggi (a tutti, sia positivi che negativi, sia
"buoni" che "cattivi", sia vincenti che perdenti, ecc.), alle situazioni
drammatiche, dall’esito in parte imprevedibile ed in parte del tutto atteso,
allo svolgimento del racconto.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
3. Accostamento con il pensiero onirico:
C’è una forte analogia tra le immagini in movimento del film e la produzione fantastica,
conscia ed inconscia, dell’essere umano. Sia per riguarda la vividezza delle immagini e la
forte impressione di realtà che esse trasmettono, tanto nel cinema quanto nel sogno che il
linguaggio cinematografico, e in particolare il montaggio, con le sue "metafore"
(dissolvenze incrociate, accostamenti simbolici per contiguità, ecc.) che ricorda la forma
onirica e il linguaggio dell’inconscio (spostamento, condensazione, figurazione,
associazioni
per
contiguità
e
non
per
somiglianza,
ecc.)
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
3. Accostamento con il pensiero onirico:
il rapporto tra spazio e tempo è analogo a quello dell’inconscio e della fantasia. il
tempo diventa spazio e lo spazio diventa tempo.
Infatti, una durata può essere espressa soltanto attraverso una certa lunghezza di
pellicola e, viceversa, una forma spaziale attraverso una certa durata delle immagini
sullo schermo. Inoltre, sia il tempo che lo spazio possono essere dilatati o contratti,
come nel sogno, o subire salti improvvisi, avanti e indietro, nel futuro e nel passato e in
ogni direzione.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
3. Accostamento con il pensiero onirico:
rapporto con il reale, di cui le immagini cinematografiche sono una rappresentazione
analogica, un doppio, che, per quanto imperfetto, dà una forte impressione di realtà.
Una impressione di presenza pur con la consapevolezza di un’assenza: ciò che è
rappresentato appare reale e presente, mentre per definizione è assente (perché si sa che
è stato girato in altro tempo e in altro luogo); e irreale, perché è costruito dal nostro
cervello unificando in un’impressione di movimento fluido fotogrammi separati e
immobili. Il cinema, anche in questo simile al sogno, può parlare soltanto nel qui e ora,
anche se parla del passato.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
4. Il racconto:
Gli stacchi tra le sequenze e i piani, i punti di vista continuamente diversi, i limiti
stessi dell’inquadratura che escludono gran parte della realtà circostante, costringono
lo spettatore ad una ricostruzione continua del reale con la sua fantasia e ad
un’aspettativa continuamente "in sospeso". Ciò determina passaggi inevitabili di
emotività intensa, strutturalmente connessi alla visione cinematografica, anche
indipendentemente dai contenuti della storia.
E’ stato ampiamente analizzato che la struttura di ogni racconto segue alcune leggi. lo
spettatore è catturato proprio dallo scarto iniziale tra un soggetto desiderante e un
oggetto del desiderio e l’arte della narrazione consiste nel regolare la realizzazione del
desiderio, sempre differita e ostacolata, fino alla fine del racconto.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
4. Il racconto:
Nella struttura del racconto c’è sempre una situazione di conflitto che fa uscire
dalla condizione abituale, per ritornare alla stessa situazione, "ristabilita o
trasformata" attraverso la soluzione del conflitto iniziale. La soluzione che,
anche quando è estrema (morte o sconfitta dell’antagonista) e conclude una
storia "manichea", in cui il bene e il male sono nettamente separati, è
rappresentata sempre da una sintesi di opposti. Il protagonista, o la situazione
iniziale, hanno perso qualcosa che avevano e conquistato qualcos’altro, di
solito una qualità, una caratteristica, o un oggetto che apparteneva all’opposto
sconfitto.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema: considerazioni sul linguaggio
4. Il racconto:
Ogni storia, nei film d’arte evoca il progetto personale profondo dello
spettatore. Ciò favorisce l’incontro e il dialogo profondo tra la sua umanità e
quella dell’autore, sui temi fondamentali della vita, che stanno sempre dietro e
dentro l’opera d’arte, anche se essa non li affronta esplicitamente e sembra
raccontare piccole storie e aspetti minori dell’esistenza. Un dialogo che
trasforma e arricchisce continuamente sia il fruitore che l’opera stessa.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema e psichiatria
Cinema e didattica in psichiatria:
Nel cinema sono molto spesso rappresentate situazioni o personaggi che in un’ottica
psichiatrica possono essere visti come “casi clinici”. Questi casi ben si prestano ad una
discussione didattica che riguarda problemi di diagnosi e di terapia. Il cinema diventa
così un efficace strumento di insegnamento in psichiatria sia nei corsi universitari che
post-universitari.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema e psichiatria
Cinema e clinica:
Il cinema puo' diventare sia uno strumento diagnostico che terapeutico in particolari
contesti. L’interpretazione di una sequenza filmica puo' avere il ruolo di un “test
dinamico proiettivo”. Ma puo' essere utilizzato per il suo significato di stimolazione
emotiva anche in un contesto terapeutico.
Cinema e comunicazione:
Il cinema e' un potente mezzo di trasmissione di “modelli interpretativi” di fenomeni
psicologici e sociali. Come tale trasmette con particolare efficacia “stereotipi” dei
disturbi psichiatrici e di chi e' deputato alla loro cura.
Un’analisi sistematica di questi stereotipi cinematografici e' utile per comprendere il
rapporto tra mass-media e psichiatria, continuamente cangiante attraverso i tempi e
attraverso le culture.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema e psichiatria
Funzioni del cinema
Il cinema è un reale e valido stimolatore dell’immaginario e testimonianza di uno
stile di vita comune alla cultura del nostro tempo…Trasmette modelli interpretativi,
favorisce processi di identificazione in un percorso psicoemotivo che va a stimolare
la sfera affettiva e cognitiva dello spettatore.
Ba 2000
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema
e
riabilitazione psichiatrica
Nel gruppo “cineforum” i film aiutano i pazienti ad osservare, riconoscere ed
elaborare i propri comportamenti rendendoli maggiormente consapevoli.
Ba 2000
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema e psichiatria
Caratteristica procedurale del cineforum
-la scelta del gruppo che dovrebbe essere costituito da circa 10-15 soggetti
-scelta di un film non conosciuto che coniughi metafora e realtà
-presenza di un conduttore esperto nelle dinamiche dei gruppi
-stimolo alla discussione con constante riferimento al film e alle sue comunicazioni
espressive (luci, inquadrature, piani sequenza etc..)
-stimolo alla discussione per l’esplicitazione di processi di identificazione e
proiezione
Ba 2000
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema e psichiatria
Per fruire di un film è necessario “mettere in atto delle abilità che ci consentano di
comprendere i propri e gli altrui stati mentali, di compiere operazioni cognitive su
di essi, padroneggiarli e utilizzare la conoscenza psicologica per risolvere problemi
o per fronteggiare stati fonti di sofferenza soggettiva (Carcione 2001)
Le funzioni metacongitive utilizzate sono:
-funzioni di monitoraggio degli stati interni propri e altrui
-funzioni di differenziazione tra rappresentazione e realtà, cioè la capacità di
distinguere tra finzione e realtà
-funzione di integrazione tra diversi stati mentali e modalità di funzionamento
propri e altrui
-capacità di analizzare e risolver i problemi
Carcione 2001
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema e psichiatria
Mostrare un film adeguatamente selezionato per i pazienti serve a sperimentare a
cosa servono e come sono le varie funzioni mentali, aiutare a riconoscere e
descrivere le proprie emozioni, fare ipotesi sugli stati mentali altrui, e a fare
previsioni sulle azioni dei personaggi dei film, discutere su come padroneggiare gli
stati mentali…
Carcione 2001
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema e psichiatria
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
Cinema e psichiatria
Cos'è la CINEMATERAPIA®
La Cinematerapia® propone il film non più soltanto come intrattenimento, ma come
strumento, come mezzo di trasporto per giungere nell’intimità delle persone e sciogliere
nodi strutturali anche complessi. La Cinematerapia® tuttavia non è una psicoterapia,
non è una metodologia clinica o psicologica e non assomiglia neppure lontanamente
alla psicoanalisi.: lo scopo non è quello di curare patologie, ma semmai quello di
agevolare processi trasformativi, di migliorare la consapevolezza e di aiutare le
persone a prendere decisioni importanti.
La Cinematerapia® utilizza solo alcune parti dell'opera cinematografica, concentrandosi
sull'evolversi emotivo della vicenda ed escludendo tutti gli elementi sociologici, culturali
e legati alla tecnica cinematografica.
Mercurio A 2001
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Obiettivi della Cinematerapia:
stimolare la riflessione e l’auto-conoscenza
stimolare la motivazione al cambiamento
favorire i punti di forza
facilitare la crescita nelle cosiddette ‘aree di migliorabilità’.
Mercurio A 2001
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Allo scopo di valutare almeno approssimativamente le modificazioni che vengono
realizzate con la Cinematerapia®, è stato messo a punto uno Studio pilota, basato
sulle categorizzazioni proposte da Salovey e Mayer (Salovey P., Mayer J.D.,
“Emotional intelligence”, pubbl. su ‘Imagination, Cognition and Personality’, 9,
1990). Lo studio a ragione della vastità delle misure e delle variabili in gioco non ha
pretese di esaustività, ma si è posto l'obiettivo di fornire informazioni misurabili sulle
variazioni dello stato umorale dei partecipanti ai Seminari di Cinematerapia®.
Mercurio A 2001
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Metodologia. E’ stata utilizzata una scala di auto-valutazioni e autopercezioni del proprio umore su una scala a 5 punti. Il punteggio 1
corrisponde a valori quali: bassa, poca, minima, nulla. Il punteggio
[5] corrisponde invece a valori quali: alta, molto, massima, totale.
Ai partecipanti è stato quindi chiesto di riempire un questionario
anonimo composto da 5 macroaree sviluppate lungo 38 item. Il
medesimo Questionario viene somministrato 2 volte: la prima
volta all'inizio dei Seminari e successivamente - circa 24 ore dopo al termine degli stessi, con l'indicazione di fornire risposte rapide e
spontanee.
Mercurio A 2001
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Le macroaree previste nello studio erano:
Conoscenza profonda delle proprie emozioni
Percezione di sentimenti negativi
Percezione di sentimenti positivi
Capacità di entrare in contatto con l'Altro
Mercurio A 2001
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Macroarea
1ma misurazione (prima del Seminario)
2da misurazione (dopo il Seminario)
Variazio
ne Perc.
Conoscenza profonda
delle proprie emozioni
11,00
11,55
+ 5%
Percezione di
sentimenti negativi
30,19
23,05
- 24%
Percezione di
sentimenti positivi
45,33
48,91
+ 8%
Capacità di entrare in
contatto con l'Altro
18,86
20,41
+ 9%
Elucubrazione mentale
16,48
13,69
- 17%
Mercurio A 2001
Mercurio A 2001
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Considerazioni. Sebbene si tratti di risultati ancora parziali e su un
campione ridotto è già possibile rilevare che le variazioni più evidenti si
hanno negli item che compongono le macroaree "Percezione dei sentimenti
negativi"
e
"Elucubrazione
mentale".
Si può quindi concludere - almeno per gli aspetti misurabili - che la
Cinematerapia® :
riduce drasticamente le fantasie spiacevoli e pessimiste
riduce la cosiddetta 'ruminazione' mentale'
aumenta la Conoscenza profonda delle proprie emozioni
aumenta la Capacità di entrare in contatto con l'Altro
aumenta la Percezione dei pensieri positivi
Mercurio A 2001
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Un forte potere evocativo che, nelle mani di uno psicoterapeuta, può diventare uno
strumento - la cinematerapia - da affiancare agli altri della cura, un momento di stimolo
per superare più semplicemente momenti difficili della vita prendendo consapevolezza
delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti quando dolori e paura ce li confondono.
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C’è poi chi analizza e cataloga i film in base alle problematiche ed alle
particolari fasi della vita come Vincenzo Mastronardi, docente di
Psichiatria all’università La Sapienza di Roma. Il professore ha stilato
degli elenchi in base ai contenuti emotivi, una guida per chi voglia
sfruttare il cinema come strumento di riflessione e autocoscienza.
L’utilizzo dei film, la loro proiezione è altresì un nuovo modo per
esplorare le tematiche più profonde suscitate dalla malattie oncologiche.
La cinematerapia viene così utilizzata dagli operatori sanitari al
Policlinico Gemelli di Roma, coordinata dal dottor Domenico Nesci che
insegna e coordina i corsi in Psico-Oncologia all’Università Cattolica di
Roma.
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Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dell’audiovisivo
…semeiotica è la scienza dei segni e il compito della semeiotica è lo studio
della
relazione
tra
segno
e
significato..
“segno “
immagine, suono etc che assume un significato comunicativo per chi lo fruisce
-significante: è la manifestazione fisica del segno, la rappresentazione mentale
dell’aspetto fisico del segno
-significato: “entità psichica” il valore semantico che ognuno di noi attribuisce
al segno, il concetto o idea cui il segno rimanda
R. Provenzano 2007 (La retorica del linguaggio)
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Semeiotica dell’audiovisivo
Il legame tra significato e significante può essere:
-arbitrario: non vi è alcun legame naturale bensì un legame convenzionale
-Iconico: vi è una relazione naturale di somiglianza, di analogia
come leggiamo un immagine è il risultato di ciò che si sa su ciò che si vede..il modo in
cui i segni vengono letti è sempre comunque il frutto di un modo culturale di vedere di
chi comunica e di un modello culturale di chi legge o guarda.
R. Provenzano 2007 (La retorica del linguaggio)
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Semeiotica dell’audiovisivo
Livelli di significazione
Per ogni segno è possibile distinguere.
-un significato primario:
denotazione
-vari significati secondari: connotazione
mito
metonimia
metafora
simbolo
R. Provenzano 2007 (La retorica del linguaggio)
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Linguaggio audiovisivo
…un linguaggio è un sistema comunicativo meno strutturato di una lingua, costituito
da una pluralità di segni combinati, codici, in funzione di regole predeterminate per
significare qualcosa in virtù di certe regole socialmente condivise da tutti i membri
della comunità culturale…Il linguaggio audiovisivo si avvale di figure retoriche..
E’ stata definita comunicazione ogni processo mediante il quale una certa fonte fa
passare attraverso un canale una certa quantità di informazione, finché non
raggiunge il destinatario.
R. Provenzano 2007 (La retorica del linguaggio)
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Semeiotica dell’audiovisivo
La comunicazione si basa su 5 elementi fondamentali:
-mittente
-destinatario
-messaggio
-il canale
-il codice
R. Jakobson 1989
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Semeiotica dell’audiovisivo
Dal punto di vista del mittente i segni si dividono in:
-volontario o involontario
-intenzionale o non intenzionale
-espressivi o comunicativi
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Semeiotica dell’audiovisivo
Dal punto di vista del destinatario i segni si dividono in:
-”felici”
- “infelici”
-”concorrenti”
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Canale della comunicazione
I mass media
Il termine latino “medium” indica il mezzo attraverso cui avviene la
comunicazione, ciò che consente il trasporto di informazione dal mittente al
destinatario
Il termina “mass” massa indica il destinatario come un entità multipla, non ad
un singolo bensì ad un pubblico nella sua globalità. Destinatario come entità
omogenea. Comunicazione “uno a molti” con perdita del feed-back offerto dalla
presenza del destinatario che in una conversazione “uno a uno” modella e
condiziona l’intero processo
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Tappe dello sviluppo dei mass media
-3500 a.C. documenti manoscritti
-1456 d.C. invenzione della stampa a caratteri mobili: meccanizzò l’arte degli
emanuensi: promosse l’alfabetizzazione, promosse la cultura
-metà del 1600: stampa quotidiana e periodica
1665: london gazette
1690: pubblic occurrences di boston
1840: invenzione del telegrafo: comunicazione per lunghe distanze
1850: invenzione della fotografia: riproduzione della realtà, riproduzione degli
spazi, trasformazione del modo di porgere notizie.
1870: invenzione della cellula fotoelettrica
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Tappe dello sviluppo dei mass media
-1895 invenzione del cinema: tentativo di eliminare lo scarto tra immagine e
realtà, non riproduzione del reale ma riproduzione di un mondo immaginario
-1897 invenzione del tubo catodico
1906: trasmissione radio di parole e suoni
1906: primo televisore (tubo catodico e cellula fotoelettrica)
1939: nasce NBC
1954: nasce la RAI
1960: primi elementi di computer graphic
1980: nasce digitalizzazione del segnale: era della comunicazione elettronica:
“molti a molti”
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Semeiotica dei mass media
Con i mezzi di comunicazione di massa, radio, cinema e televisione il rapporto
tra mittente e destinatario cambia:
-non c’è più un legame istantaneo
-la comunicazione risponde al sistema “uno a moltissimi”
-poiché rivolto a moltissimi l’informativa tende ad abbassarsi
I nuovi mezzi offrono la possibilità di rappresentare la realtà come di creare
nuovi mezzi immaginari
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Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dei mass media
televisione
Televisione si può presentare come:
- medium trasparente: specchio fedele del mondo: televisione-verità,
-medium opaco: testimone “degno di fede” della realtà
“Un punto di vista” nel presentare i fatti è inevitabile e si riflette:
-nelle scelte linguistiche
-nelle scelte di ripresa (inquadrature, punti di vista, zoom)
-nelle scelte delle immagini da presentare
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Semeiotica dei mass media
televisione
Teorie degli effetti sociali dei media:
- immediati:
teoria dell’ago ipodermico
-a lungo termine:
spirale del silenzio, coltivazione,
dipendenza, agenda setting
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televisione
Teorie degli effetti sociali dei media:
teoria dell’ago ipodermico
-il mezzo di comunicazione è come un sottilissimo ago in grado di inoculare
“sottopelle” al pubblico opinioni e simpatie.
Si parla anche di “proiettile magico” che penetra nel “corpo” dell’ascoltatore
senza ferirlo facendogli “esplodere dentro” il messaggio che porta con sé.
Si basa sulle teorie comportamentiste di stimolo risposta: la comunicazione
trasmette un opinione che si trasforma in una azione. Se lo stimolo è corretto
l’azione che ne segue è quella attesa
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Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dei mass media
televisione
Teorie degli effetti sociali dei media:
teoria della spirale del silenzio
-il medium è pervasivo e tale da poter costruire delle vere e proprie “illusioni
ottiche” creando un proprio mondo di riferimento e spacciandolo per reale.
es.: un idea che appartiene ad una minoranza diventa grazie allo spazio che i
media gli conferiscono. L’idea diventa “opinione pubblica” . Gli spettatori sono
portati ad uniformarsi a quel pensiero “si viene a credere ciò che si pensa che gli
altri credano”.
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Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dei mass media
televisione
Teorie degli effetti sociali dei media:
dipendenza dai media
-cognitiva: necessità di riferirsi ai media per la conoscenza della maggior parte
della realtà sociale
-d’orientamento: i media tendono a considerare ritmi di vita del pubblico: Così i
ritmi della televisione sono condizionati da quelli del pubblico e sua volta la
televisione tende a codificare l’orario di inizio dei film
-di svago: studi sociologici dimostrano che guardare la televisione abbassa la
soglia di conflittualità. L’altro aspetto è quello ludico: sindrome di “sherazade”
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Cinema, televisione e fotografia
Semeiotica dei mass media
televisione
Teorie degli effetti sociali dei media:
teoria della coltivazione
-in alcuni soggetti i media hanno il potere di determinare effetti di sfasamento
tra realtà esperita effettivamente e l’immagine culturale della realtà trasmessa
dai media.
Teoria dell’agenda setting
I grandi mezzi di comunicazione determinano di cosa si parla e anche qual’è
l’importanza relativa degli argomenti
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La fotografia
“Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre
facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge:
in quell’istante la cattura dell’immagine si rivela un grande
piacere fisico e intellettuale…fotografare è mettere sulla stessa
linea di mira la testa, l’occhio, il cuore..è un modo di capire
che non differisce dalle altre forme di espressione visuale”
Henri Cartier-Bresson
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La fotografia: Cenni storici
La parola fotografia ha origine da due parole greche: φως (photos) e γραφίς
(graphia). Letteralmente quindi fotografia significa scrivere (grafia) con la luce
(fotos).
Ebbe origine dalla convergenza dei risultati ottenuti da numerosi sperimentatori sia
nel campo dell'ottica, con lo sviluppo della camera oscura, sia in quello della chimica,
con lo studio delle sostanze fotosensibili. La prima camera oscura fu realizzata molto
tempo prima che si trovassero dei procedimenti per fissare con mezzi chimici
l'immagine ottica da essa prodotta
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La fotografia: Cenni storici
Cardinale Georges d'Amboise
A sinistra l'incisione originale del
1650, a destra la copia in eliografia
del 1826 di Niepce
Nel 1822 J Niepce scoprì che il bitume di
Giudea era sensibile alla luce e lo utilizzò
per produrre delle copie di una incisione del
cardinale di Reims, Georges d'Amboise. Il
bitume di Giudea è un tipo di asfalto che una
volta esposto alla luce indurisce. Niepce
cosparse una lastra di peltro con questa
sostanza e vi sovrappose l'incisione del
cardinale. Dove la luce riuscì a raggiungere
la lastra di peltro attraverso le zone chiare
dell'incisione, sensibilizzò il bitume, che
indurendosi non poté essere eliminato dal
successivo lavaggio con olio di lavanda. La
superficie rimasta scoperta venne scavata
con dell'acquaforte e la lastra finale poté
essere utilizzata per la stampa.
Nacque l’ eliografia
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La fotografia: Cenni storici
Natura morta, dagherrotipo del
1837, ad opera di Louis Daguerre
Nel 1827, Claude Niepce incontrò a Parigi Louis
Jacques Mandé Daguerre: che era un pittore parigino
conosciuto per aver realizzato il diorama, un teatro che
presentava grandi quadri e giochi di luce, per cui
Daguerre utilizzava la camera oscura. A Londra
Niepce presentò l'eliografia alla Royal Society, che
non accettò la comunicazione perché Niepce non volle
rivelare tutto il procedimento. Tornò a Parigi e si mise
in contatto con Daguerre, con il quale concluse nel
dicembre 1829 un contratto valido dieci anni per
continuare le ricerche in comune. Dopo quattro anni,
nel 1833, Niepce morì senza aver potuto pubblicare il
suo procedimento che nel frattempo si era
perfezionato con l’uso del rame, del ioduro d’argento
e la camera oscura. Daguerre modificò il contratto e
impose il nome dell'invenzione in dagherrotipia, anche
se mantenne il contributo di Joseph Niepce.
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La fotografia: Cenni storici
Le prime fotografie destarono subito l'interesse e la
meraviglia per la fedeltà dell'immagine e di come si potesse
distinguere ogni minimo particolare, così che alcuni
pensarono al fallimento della pittura o una drastica
riduzione della sua pratica.
Le foto della fine del XIX secolo sono dei veri e propri
ritratti in posa in cui ogni persona è lievemente voltata di tre
quarti ed è totalmente rigida. Nelle foto più antiche lo
scenario della foto è sempre accuratamente costruito. Ogni
scatto, non certamente molto frequente, costituiva una
importante documentazione e pertanto meritava grande cura
nell'impostazione.
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La fotografia: Cenni storici
Secondo la concezione dell'epoca, i ritratti dagherrotipici in una famiglia
aristocratica venivano associati alla figura femminile, perché di basso costo e più
veloci nell'esecuzione, mentre i ritratti a olio andavano al figlio maschio
primogenito, che aveva il compito di proseguire la stirpe con il proprio cognome.
Fotografia: come “specchio della realta”
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La fotografia: Cenni storici
Dal 1890 fino al 1910 le pose delle foto in studio sono ancora statiche ma la
fotografia, nei primi del '900, comincia anche ad affermarsi come innovativo
mezzo di comunicazione. Contemporaneamente ai ritratti vengono infatti
scattate fotografie di paesaggi, di guerre e scene di vita quotidiana. Si sviluppa
il concetto di documentazione fotografica degli oggetti di pregio artistico e
storico e nascono gli archivi di documentazione fotografica dei beni.
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La fotografia: Cenni storici
La fotografia si proponeva allora vari ruoli:
-riprodurre immagini esistenti
-sostitutivo ritrattistica domestica con valenza sociale
-”congelamento” di un tempo, e delle attività dell’uomo
-catalogare luoghi, razze, fenomeni sociali
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La fotografia: Cenni storici
Come forma di arte
La fotografia cominciò ad acquistare autonomia come forma di arte agli inizi del
sec. XX. Diventa un nuovo mezzo espressivo e comunicativo
Si può distinguere:
-fotografia strumento: possibilità di riproduzione meccanica, fedele della realtà
-fotografia come linguaggio: possibilità di riproduzione della realtà a fini
documentaristici ed espressivi.
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La fotografia: Cenni storici
Nel 1858 l'immagine Fading away di Henry Peach
Robinson, raffigurante una giovane ragazza sul letto di
morte circondata dai suoi parenti, venne criticata a
causa del soggetto drammatico, ritenuto non opportuno
per un'immagine fotografica, considerata ancora solo
uno strumento per documentare la realtà e non per
interpretarla artisticamente. Se da un lato la fotografia
si adoperò per imitare la pittura, quest'ultima utilizzò
sempre più frequentemente il dettaglio prodotto dalle
fotografie come studio per la realizzazione dei quadri.
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La fotografia: Cenni storici
Nel 1866 Peter Henry Emerson dichiarò la fotografia arte
pittorica, anche se in seguito ritrattò dichiarando che la
fotografia era inferiore alla pittura. Nonostante questo, la
fotografia pittorica o pittorialismo conquistò diversi circoli
fotografici.
Stairway di Aleksandr
Rodchenko, 1930
L'inizio del nuovo secolo vide la negazione della
fotografia come imitazione della pittura. Il nuovo corso
propendeva verso la fotografia pura, diretta, come
strumento estetico fine a se stesso. I fotografi scesero in
strada e le nuove immagini ritraevano cantieri, metropoli,
cieli drammatici, alla ricerca della forma pura o ripetuta,
astratta, estetica comune al cubismo e ai nuovi movimenti
artistici derivati.
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La fotografia: Cenni storici
Dadaisti, surrealisti e costruttivisti scopriranno che la fotografia non era solo un
occhio preciso costituito da un obiettivo e diaframma, ma anche camera oscura e
schermo sensibile. Ciò significava poter manipolare le immagini dando largo spazio
al caso e quindi all'imprevisto all'inconscio e al non senso.
Con la sperimentazione essi contribuirono a rivoluzionare il concetto di arte che
arriverà alle estreme conseguenze con l’arte concettuale degli anni sessanta e settanta
in cui il rapporto tra rappresentazione iconica della realtà e realtà viene ridotto ai
minimi termini.
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La fotografia
la fotografia è una rappresentazione ridotta, approssimata, circoscritta
e simbolica della realtà
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia
ridotta: la riduzione in scala della realtà rimane una caratteristica peculiare della
fotografia, anche se il gusto per la gigantografia e per la macro possono avere attenuato
quest’aspetto;
approssimata: nata come fortemente approssimata, sia per l’iniziale caratteristica del
bianco e nero sia per le deformazioni prospettiche e dello sfuocato, gradualmente ha perso
molto di questa caratteristica fino a divenire quasi uno specchio fedele del dato visivo, in
virtù dell’evoluzione tecnologica che ha sempre teso alla massima definizione ed alla
mimesi con il mondo reale;
circoscritta: nel senso che, rispetto alla visuale umana, lo spazio di realtà prescelto per la
sua rappresentazione, è rigorosamente racchiuso nei limiti di un parallelogramma.
simbolica: con questo termine s’indica l’attitudine e l’orientamento dei fotografi della
prima ora a ricalcare gli stilemi delle arti figurative legati all’idealizzazione simbolica
della realtà.
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La fotografia:
Considerazioni sul linguaggio
Si parla di linguaggio fotografico, cioè l’insieme di scelte “grafiche”
usate come mezzi espressivi e comunicativi che un fotografo mette in
uso
per
far
“parlare”
le
proprie
fotografie.
perchè la fotografia riesca a “parlare”, è necessario che i destinatari del
messaggio iconografico intendano la stessa lingua, possiedano e
sappiano usare i “codici” indispensabili alla decifrazione del linguaggio
fotografico.
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La fotografia:
Considerazioni sul linguaggio
La fotografia utilizza i codici di comunicazione e di significazione, che opera
mediante dei segni che sono visivi in cui segno-significante e segno-iconico
coincidono.
Si può distinguere anche in questa forma di arte il processo di significazione primaria:
per ciò che rappresenta l'immagine (livello denotativo) e il processo di significazione
secondaria nell'immagine fotografica: per quello che l'immagine significa (livello
connotativo).
L’universalità dell'immagine fotografica è tale solo entro lo stretto rapporto che lega il
significante al significato nel momento della percezione a livello neurologico. Quando
però si passa a dei processi più complessi di significazione, l'universalità del segno
fotografico viene a mancare.
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La fotografia:
Considerazioni sul linguaggio
Lettura di una fotografia
La percezione fotografica impiega alcune fondamentali convenzioni che derivano
dalla nostra esperienza di osservatori della realtà. Tali convenzioni tendono a
stabilire relazioni tra i fenomeni abituali della visione e le reazioni che proviamo
davanti alla fotografia.
La lettura dell'immagine è anche condizionata da convenzioni sociali e culturali
(prospettiva, educazione della percezione...), dalla personalità e dalle esperienze
individuali di chi osserva.
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La fotografia:
Considerazioni sul linguaggio
Con il progredire delle tecniche fotografiche è possibile individuare per mezzo
dell'apparecchio fotografico, fenomeni che sfuggono alla percezione o alla ricezione
del nostro strumento ottico, l'occhio. L'apparecchio fotografico è perciò in grado di
perfezionare e in particolare di integrare il nostro strumento visivo
Il segreto delle immagini "scorrette" : viste dall'alto, dal basso, di scorcio, risiede nel
fatto che l'apparecchio fotografico riproduce la pura immagine ottica, mostrando così
le distinzioni, le deformazioni, gli scorci ecc. otticamente reali, mentre il nostro
occhio integra l'immagine ottica con la nostra esperienza intellettuale, mediante
legami associativi formali e spaziali, in un immagine concettuale.
G. Chiesa 1980
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Vi sono molte ragioni per ritenere la fotografia, insieme alle altre forme di
espressione artistica già ampiamente utilizzate in contesti terapeutici o educativi,
possa essere un valido strumento per approfondire la conoscenza del sè…
D. Ronchi 1998
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La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Anni 1940. J.L.Moreno e C.Rogers si sono interessati all’impiego terapeutico della
fotografia
Bisogna però aspettare gli anni 1960 perché appaiano studi sistematici sulla sua
applicazione in terapia. Cornelison e Arsenian pubblicano i primi risultati di uno
studio su 16 pazienti schizofrenici.
Il metodo terapeutico fu chiamato “esperienza di sé”, ed hanno proceduto
scattando con la polaroid una foto ai pazienti, mostrandogliela e discutendone con
loro. Gli autori registrarono una forte partecipazione emotiva dei soggetti nella
discussione di ciò che vedevano di loro stessi e un miglioramento del quadro
psicotico in metà dei soggetti
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Applicazioni in ambito psichiatrico
L’utilizzo della fotografia in psicoterapia da allora:
- 1967. Von Gerhild Staabs
- Anni '70. Kohut
- 1973. S.Jennings
- 1974. Fryrear, Nuell, & Ridley
- 1976. Wolkan
- 1977.Ziller, & Smith
- 1977. Kaslow e Friedman
- 1977, Fryrear
- 1978 Rober
- Anni '80. Fryrear e Corbit
- 1980. Ehrlich & Tomkiewic
- 1981. Hogan
- 1984. Hunsberger
- 1985. D.T.Wessels
- 1986 Walker
- 1987 Paniagua & Saee
- 1989 L.Hall e S.Lloyd
- 1995.Arntzen & Westa
- 1996. Castelnuovo-Tedesco
- 1999. Novey
- 1999. L.Milligan
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La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Le fotografie: una tecnica micropsicoanalitica applicata in psicoterapia.
Nella pratica micropsicoanalitica, il lavoro in profondità, cioè quello che raggiunge le
basi energetiche e pulsionali dell'uomo, si ottiene con la tecnica della seduta giornaliera,
di molte ore consecutive, e con i seguenti supporti tecnici:
--studio delle fotografie;
- studio della corrispondenza;
- studio dei disegni dei luoghi di abitazione;
- studio dell'albero genealogico;
- studio delle registrazioni di alcune sedute.
Peluffo 1984
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La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Le fotografie: una tecnica micropsicoanalitica applicata in psicoterapia.
E’ l'insieme di queste rappresentazioni-affetti e delle loro interazioni filogenetiche e
ontogenetiche che definisce l'Immagine, così come la si intende in
micropsicoanalisi.
La descrizione dettagliata, per mezzo di lenti elettriche ad ingrandimenti
progressivi, delle fotografie personali e di famiglia, recenti e passate, permette di
assimilare e di ri-introiettare la propria persona, dalla nascita.
Inoltre dà la possibilità di assimilare e di ri-introiettare i personaggi della propria
vita madre, padre, fratelli, sorelle, nonni, avi, etc .... Questo lavoro di
impregnazione fotografica favorisce il rivissuto delle rappresentazioni-affetti della
vita infantile
Peluffo 1984
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La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Le fotografie: una tecnica micropsicoanalitica applicata in psicoterapia.
Nel periodo 1989-1994 questa tecnica è stata applicata presso il
Dipartimento
di
Salute
Mentale
di
Frosinone.
Le sedute si svolgevano con cadenza bisettimanale della durata di circa 1 ora. I
soggetti inclusi nello studio furono
-soggetti che, nel corso dei primi incontri, avevano fatto spontaneo riferimento
a materiale fotografico indipendentemente dall’orientamento diagnostico;
-soggetti che avevano già effettuato trattamenti psicoterapeutici e che
presentavano
una
ripresa
della
sintomatologia;
-situazioni
borderline
o
psicosi
emergenti;
-casi in cui il materiale evocativo è scarso e la prepotenza dell’immagine può
rappresentare
un
aggancio
percettivo
al
dato
di
realtà.
Marzi 2004
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Le fotografie: una tecnica micropsicoanalitica applicata in psicoterapia.
7 pazienti che hanno seguito il trattamento hanno raggiunto una buona stabilizzazione
rispetto ai sintomi portati al momento dell’accoglienza e migliore compliance con la
struttura.
In particolare i due pazienti con diagnosi di psicosi non hanno subito ospedalizzazioni
nei 5 anni successivi e, pur avendo presentato nuove crisi, si sono avvalsi del
trattamento ambulatoriale avendo raggiunto una buona critica delle loro condizioni.
I dati di quell’esperienza, dunque, permettevano di sostenere che la psicoterapia con lo
specifico supporto tecnico dello studio del materiale fotografico secondo la
micropsicoanalisi, per quanto applicato su scala ridotta, può consentire anche in
istituzione degli assestamenti soddisfacenti e costituire uno strumento di intervento.
Marzi 2004
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Le fotografie: una tecnica micropsicoanalitica applicata in psicoterapia.
La fotografia rappresenta una via di accesso privilegiata alle narrazioni del paz. e questo
perché in grado di essere, allo stesso tempo, mezzo espressivo e linguaggio specifico dotato
di un proprio codice.
Le foto rappresentano sempre il risultato di un momento percettivo in quanto metafora del
modo che il paz. ha di percepire il mondo: del suo modo di essere, di relazionarsi, di vedere
quello che gli è intorno (ciò che il mondo crede si aspetti da lui, ciò che crede di poter
offrire, ciò che ritiene avere il diritto di ottenere o di dovere fare…).
Le immagini, infatti, non ritraggono una riproduzione fedele della realtà, in quanto la
percezione di quest’ultima è soggetta all’interpretazione dell’osservatore. Ciò che
ritraggono è una selezione interpretativa di essa, una reinvenzione.
Rossi 1997
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Tale processo percettivo, di tipo visivo, avviene sia nel caso in cui è il paziente a scattare la
foto, sia in fotografie in cui il pz viene fotografato, sia lavorando su foto scelte da lui stesso per
descriversi o per descrivere la propria famiglia, i parenti, gli amici…E’ anche il criterio che il
pz adotta nella scelta delle immagini da portare o da scattare all’interno del setting stesso.
Permette di lavorare sui livelli di consapevolezza di sè, di esplicitazione dei rapporti di figura
sfondo tra gli elementi che la foto ritrae.
Compito del terapeuta: Il terapeuta entra nell’universo razionale del racconto del paz e ne mette
in evidenza le incongruenze ponendo accenti e domande. All’interno di questo percorso, il
terapeuta compie un’operazione di facilitazione, di fiorire della memoria, del racconto di sé da
parte del paz.. Ad interessare è ciò che la fotografia evoca nel paziente. La fotografia diventa
come un diario che viene letto e verbalizzato dalla persona.
Rossi 1997
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Il lavoro si sviluppa in più fasi:
-in un primo momento, viene chiesto alla persona di disporre le foto sul pavimento in
modo casuale. Questo tipo di disposizione consente una maggiore plasticità sia perché il
pavimento rappresenta un’area ampia che offre la possibilità di posizionare le immagini
aldilà dei limiti ristretti di un tavolo, sia perché permette al cliente di creare dei percorsi,
di muoversi tra le fotografie dando vita a forme.
-Una volta disposte le fotografie, ha inizio tra cliente e terapeuta un’operazione di
ricostruzione di senso che passa attraverso una serie di domande che in qualche modo
esplicitino il motivo per cui sono state disposte in quella particolare posizione e quello
che evocano il lui.
Rossi 1997
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Sono vari i livelli che posseggono una loro valenza terapeutica:
-il soggetto:
- l’evento:
è un momento, ma intorno a quel momento sicuramente c’è stato un
evento, un accadimento, un processo relazionale. Può essere una modalità di lavoro
anche andare a ricostruire il movimento che non c’è più nella foto, quello precedente e
quello successivo all’istantanea.
Sono associazioni, fantasie, in quanto non sappiamo cosa è successo veramente nella
realtà storica, tuttavia, questo giocare con la propria storia è molto probabile smuova il
cliente e lo porti a prendere in considerazione nuove cose, alcune delle quali anche
disconfermanti ciò che le immagini rappresentano
Rossi 1997
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Studio condotto presso SEATT (Sezione
Tossicodipendenti) del carcere di Rimini.
Aperta
per
il
Trattamento
Obiettivo
Può un sistema simbolico di rappresentazione del reale quale è la fotografia fungere
da mezzo per operare su vari livelli di consapevolezza, farsi tramite per delle
esperienze sull’autopercezione, sull’orientamento spaziale e temporale, sul vissuto
autobiografico? La fotografia è stata usata in psicoterapia esclusivamente come
strumento narrativo autobiografico, mentre in questa esperienza le immagini
vengono costruite nel corso di un laboratorio con contenuti anche tecnici (l’uso
della macchina fotografica) per giungere, manipolando materiali, alla reificazione
di contenuti spesso astratti, inerenti alla psiche dell’individuo.
Ronchi 1998
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Gli esercizi
Ecco ora alcuni degli esercizi proposti per approfondire e sperimentare la funzione
sociale della fotografia in quanto reiterazione della memoria affettiva e sostituto
oggettuale di realtà.
l) Analizzare le immagini ritraenti i membri della propria famiglia o delle persone con
cui sussiste un rapporto affettivo; chiedere il confronto tra l’allora ed il presente emotivo
ed affettivo, chiedere di ricostruire in sala pose la postura e l’atteggiamento mentale che
si aveva nell’istante in cui è stato eseguito il ritratto.
2) Nelle foto di gruppo, immaginare ciascun membro come un punto di forza che attrae e
respinge gli altri, modificare le dinamiche di gruppo ritraendo i partecipanti in diverse
configurazioni.
Sin dai suoi albori la fotografia ha assunto la funzione sociale di reiterazione della
memoria affettiva e di mantenimento della identità familiare attraverso il tramandarsi
delle icone di famiglia.
Ronchi 1998
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Foto di famiglia
Il percorso del tossicodipendente è spesso caratterizzato dalla rottura con il
legame familiare e la ricerca di una nuova identità sociale. Quando viene inserito
all’interno del contesto carcerario le foto che ritraggono i momenti felici, le
vacanze, rappresentano, testimonianze di un determinato status sociale, sintesi del
proprio vissuto che aiutano a ritrovare un legame con il proprio nucleo di origine.
La foto di gruppo congela gerarchie del gruppo stesso, ti posiziona all’interno di
un contesto strutturato e ti fornisce l’identità relazionale; difficilmente nel classico
ritratto di famiglia patriarcale il nonno non posa al centro. Si tratta semplicemente
di giocare con questi elementi creando consapevolezza, in maniera che le scelte di
stile di vita, di appartenenza ad un gruppo, di ritualità inerenti ai vari gruppi sia
una scelta meditata e consapevole.
Il gioco delle maschere, fotografia come conflitto tra ciò che si è e ciò che si
vorrebbe apparire, rapporta tra realtà e sistemi di rappresentazione.
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
Altri esercizi: il ritratto
1) Interpretare liberamente se stessi in sala pose, con la macchina fotografica azionata da un
timer e quindi in assenza di fotografo.
2) Stampare un ingrandimento del proprio viso e sviluppare una ulteriore seduta di sala pose
dove al posto della propria faccia si utilizzerà la propria immagine o l’immagine di altri
membri del gruppo.
3) Tramite l’utilizzo di oggetti di scena e o didascalie, operare dei salti di contesto o di
significato, modificando il significato o l’uso di un oggetto o di una immagine.
Il ritratto è uno specchio temporalmente sfalsato di fronte al quale sorge immediata la
riflessione su ciò che si era al momento dello scatto e ciò che si è (o meglio, come ci si
percepisce). si pone quindi come elemento per una vasta serie di riflessioni: l’io idealizzato,
la propria maschera, il tempo come dimensione che separa l’allora fotografico dal presente,
e quindi il cambiamento, l’analisi della postura, l’analisi del processo fotografico e di come
questo, ben lungi dal documentare, interpreti il reale secondo gli specifici del mezzo
L’Arte nella riabilitazione psichiatrica
La fotografia:
Applicazioni in ambito psichiatrico
La fotografia aiuta a pensare, intrecciare storie, mettere in
relazione indizi e trovare nuovi significati alle cose. La
fotografia aiuta a ricordare, collegare eventi lontani, a guardare
oltre l'apparenza, a districarsi nel labirinto dei segni.
Anna D'Elia,
critica e storica dell'arte, insegna Pedagogia dell'Arte presso
l'Accademia di Belle Arti di Bari.
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