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Presentazione di PowerPoint
Giornalino mensile della Fisac/Cgil San Paolo Banco di Napoli
SPAZIO LIBERO
Numero 18 – Novembre 2005
RUBRICHE:
Editoriale
Mondo filiali
Attualità
C’era una volta
Cinema e
cultura
Flash
Anno II
EDITORIALE
PIANO TRIENNALE
IL GRUPPO SANPAOLO HA PRESENTATO IL PIANO TRIENNALE 2006/2008 ANCHE AI SINDACATI.
IN REALTA’ PUO’ DARSI UN GIUDIZIO COMPIUTO SOLO ALLORQUANDO VI SARA’ NELLE 20 AREE
L’ESPLICITAZIONE DEI SINGOLI PIANI, IN QUANTO – A DETTA AZIENDALE - IL DISEGNO COMPLESSIVO
E’ IL FRUTTO DEI 20 PIANI LOCALI.
MA NON POSSIAMO SOTTRARCI AD ALCUNE CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE.
INNANZITUTTO E’ AMBIZIONE AZIENDALE PRESENTARE I PROSSIMI ANNI COME DI SVOLTA RISPETTO AI
PRECEDENTI, CARATTERIZZATI DA ACQUISIZIONI DI NUOVE BANCHE, TAGLI AL PERSONALE, FUSIONI,
INTEGRAZIONI, CIOE’ DA PROFONDISSIME TRASFORMAZIONE RISPETTO AL SANPAOLO STORICO COSì
COME AL RESTO DELLE BANCHE DEL GRUPPO.
SE, DUNQUE, NON VI SONO TAGLI, MA - ANCORCHE’ NON SPECIFICATE PER SINGOLI TERRITORI - NUOVE
ASSUNZIONI (CHE INSIEME AI RECUPERI FINANZIERANNO IL SALDO POSITIVO DI 150 SPORTELLI TRA
NUOVE APERTURE E CHIUSURE) L’ENFASI O MEGLIO IL “FOCUS” DEL PIANO E’ SUI RICAVI.
ANCHE IN TERMINI PURAMENTE SINDACALI, RAGIONARE DI COME AMPLIARE I RICAVI, ANZICHE’ DI COME
TAGLIARE I COSTI CI APPARE SICURAMENTE UN PUNTO DI PARTENZA PIU’ CONFORTANTE.
COSI’ COME ETICHETTARE L’INSIEME DELLE BANCHE RETE DEL GRUPPO COME “BANCA ITALIANA DEI
TERRITORI” , SIGNIFICA CONTEMPORANEAMENTE RIBADIRE UNA VOCAZIONE DI “AUTONOMIA” LOCALE
SENZA CEDERE A TENTAZIONI “INDIPENDENTISTE” DELLE SINGOLE BANCHE, CONFERMANDOSI QUEL
CRITERIO DI PREVALENZA DEL MARCHIO TERRITORIALMENTE PIU’ DIFFUSO, ALL’INTERNO DI UN
MODELLO DI UNICITA’ COMMERCIALE E SOPRATTUTTO DI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO.
SI E’ SCELTA QUINDI, SULLA CARTA, UNA BANCA DELLE “AUTONOMIE LOCALI” E NON UNA BANCA “FEDERALE”
O PEGGIO DELLA “DEVOLUTION” : VEDREMO ALLA PROVA DEI FATTI COME VERRA’ ASSICURATA LA
GOVERNANCE DI GRUPPO.
SIAMO PERO’ GIA’ OGGI PERLESSI PER LA MANCANZA DEL “ PEZZO” ASSICURATIVO NEL PIANO TRIENNALE:
LA COSTITUZIONE DI UNA NUOVA SOCIETA’ – NEW STEP – CON DENTRO IL 73 % DI BANCA FIDEURAM E
IL 100% DI AIP, CI FA TEMERE UN “POTERE” INDIPENDENTE SU UN BUSINESS TANTO STRATEGICO E
FONDAMENTALE COME QUELLO ASSICURATIVO; L’AFFERMAZIONE AZIENDALE CHE VERRA’ REDATTO UN
PIANO A PARTE FA AUMENTARE ANZICHE’ DIMINUIRE I TIMORI DI UNA POSSIBILE MANCANZA DI
SINTESI TRA TUTTE LE COMPONENTI DEL GRUPPO.
%
SEGUE: “PIANO TRIENNALE”
EDITORIALE
L’ACCENTO SUI RICAVI SI ESPLICITA NELLE CIFRE DA RAGGIUNGERE:
UTILE NETTO 2008 = € 2500/MIL; ROE 2008 = 18%; COST/ INCOME 2008 = 52%.
A DETTA AZIENDALE LE DIRETTRICI PER ARRIVARE AGLI OBIETTIVI, DEFINITI AMBIZIOSI, SONO
L’INCREMENTO DELLLE QUOTE DI MERCATO, LA MASSIMIZZAZIONE DEI BENEFICI DELLE RECENTI
INTEGRAZIONI, PROGETTI STRATEGICI PER SETTORI DI ELELVATO POTENZIALE DI CRESCITA E UN
NUOVO MODELLO PER TUTTI I SOTTOSEGMENTI DI CLIENTELA.
QUEL CHE INVECE CI APPARE CHIARO, E’ CHE IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI NON PUO’
TRADURSI IN UN ULTERIORE INASPRIMENTO DELLA PRESSIONE COMMERCIALE SUI COLLEGHI, COSI’
COME NON E’ POSSIBILI ESASPERARE I RITMI DI LAVORO, DOVENDO INVECE RICERCARSI AUMENTI
DI PRODUTTIVITA’ ATTRAVERSO UNA SOSTENUTA POLITICA DI INVESTIMENTI IN TECNOLOGIA.
NEL LEGGERE LE CIFRE, SI HA ANCORA UNA PREOCCUPAZIONE CONSIDERANDO LE PREVISIONI
DELL’INCREMENTO ANNUO PER SPESE DEL PERSONALE: 2,7%.
TALE PERCENTUALE APPARE INSUFFICIENTE GIA’ TENENDO CONTO DEI TRASCINAMENTI DEL CONTRATTO
COLLETTIVO NAZIONALE DI LAVORO, DIVIENE RISIBILE IN VISTA DEI RINNOVI DEI CONTRATTI
INTEGRATIVI AZIENDALI; MA ANCHE SENZA QUESTE SCADENZE ISTITUZIONALI NON SI PUO’
PENSARE DI RADDOPPIARE GLI UTILI SENZA DISTRIBUIRE PARTE IMPORTANTE DELLA RICCHEZZA
PRODOTTA A CHI PIU’ DIRETTAMENTE VI HA CONTRIBUITO: I LAVORATORI.
LA CONSIDERAZIONE SULLA QUALE PER ORA CI FERMIAMO E’ CHE ALCUNI INTERROGATIVI CHE PORTA IL
PIANO TROVERANNO LA RISPOSTA PIU’ ADEGUATA NELL’ACCOGLIMENTO DI PARTI SOSTANZIALI
DELLA PIATTAFORMA DI RINNOVO DEL CIA, COME:
L’OMOGENEIZZAZIONE DEI CONTRATTI CHE APPARE, PER UN UNICO MODELLO DI RETE E DI
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, INDISPENSABILE, OLTRE CHE PER I LAVORATORI, ANCHE PER
L’EFFICIENZA DELLE BANCHE RETE, PENA LA FINE DEL DISEGNO DI “BANCA ITALIANA DEI
TERRITORI”
VALORI E COMPORTAMENTI ETICAMENTE CONDIVISI IN RISPOSTA ALLE ECCESSIVE PRESSIONI
COMMERCIALI, A VOLTE VERO IMBARBARIMENTO DELLE RELAZIONI TRA I COLLEGHI E VERSO LA
CLIENTELA.
CREDIAMO, DUNQUE, CHE PER VERIFICARE LA BONTA’ DEL PIANO, E DEGLI INTENDIMENTI SOTTESI, LA
TRATTATIVA PER IL RINNOVO DEL CONTRATTO INTEGRATIVO AZIENDALE SIA UN BUON BANCO DI
PROVA.
MONDO FILIALI
Quali prospettive per i colleghi nei
piccoli sportelli?
Nel corso delle assemblee per la presentazione della piattaforma per il rinnovo del contratto integrativo, si
sono ripresentate le problematiche relative alle filiali con tre persone.
Si registra, innanzitutto, una stasi e in qualche caso un regresso nel processo che vedeva portare finalmente,
per oltre la metà dei casi esistenti, le agenzie da tre a quattro dipendenti: abbiamo quindi ancora in piedi
un primo problema di diritti delle persone (ferie, permessi, orari, formazione) non esigibili, e un secondo
problema di modello commerciale - che si è attuato e si sta attuando in tutto il Gruppo - ma che, con tre
addetti, non potrà mai decollare compiutamente.
Non basta, c’è un’ulteriore criticità: i percorsi professionali per quei colleghi.
Decine di lavoratori, che svolgono con impegno i propri compiti nelle filiali minimali, non hanno possibilità
concrete di entrare nei percorsi professionali riservati ai gestori privati, alla luce del limitato importo di
attività finanziarie che tali punti operativi possono sviluppare. D’altra parte le giuste aspirazioni di
questi colleghi non possono solo essere soddisfatte con il trasferimento in filiali più grandi, pena il
depauperamento motivazionale per chi rimane negli sportelli a 3-4 addetti.
E’ un problema sindacale ma anche un punto di caduta nell’organizzazione del lavoro aziendale,
considerando il contributo al conto economico generale di tali unità operative.
La soluzione da parte dell’azienda non può essere sicuramente, come sta avvenendo in alcuni casi, l’offerta,
come opportunità professionale, del “ruolo” di vicario, che, come è noto, non consente alcun
avanzamento contrattualizzato.
L’unico aggiustamento possibile deriva dalla possibilità di accesso ai percorsi professionali per i colleghi con
portafogli meno sostanziosi di quelli attualmente previsti, così come richiesto nella piattaforma del
contratto integrativo aziendale.
Pertanto una rivendicazione sindacale può servire a dare all’azienda uno strumento aggiuntivo per una
migliore gestione aziendale delle risorse, a conferma della ragionevolezza delle richieste del sindacato.
E poi, creando maggiori possibilità di avanzamenti di carriera normati nell’integrativo, si lasciano meno spazi
discrezionali.
I NUOVI POVERI
Sembra, in questo strano Paese, che se non partecipi almeno ad un reality show, se non vai da Bruno Vespa,
se non sei un neomelodico con alte(?) frequentazioni, se non ti separi da Al Bano, o se non sei difeso
dall’avvocato Taormina non esisti, sei un desaparecido.
Nella cronaca dell’attualità televisiva non compare quasi mai la ruvida realtà della gente in carne ed ossa, non
si rappresenta quasi mai la difficoltà del quotidiano di un Pase che arranca, quando non indietreggia.
Guai ad essere, per esempio, un metalmeccanico a 1100 euro al mese: dei tuoi bisogni, del bilancio che non
quadra, di un contratto che non si chiude da mesi non frega niente a nessuno.
Di queste figure dolenti, però, vogliamo rappresentarne una, riprendendo una cronaca, una volta tanto, reale
e asciutta, fatta da alcuni giornali.
Esiste a Roma la comunità di Sant’Egidio: lì due volte al mese nella sede dell’associazione c’è una massa di
gente in fila per un pacco di pasta, due scatole di tonno , un litro di latte, un capo d’abbigliamento usato,
una tachipirina, una visita odontoiatrica.
Mentre diminuisce, negli anni, la percentuale dei lavoratori extracomunitari, aumenta la presenza degli italiani,
soprattutto pensionati ultrasessantaciquenni, ma anche impiegati e di una impiegata in fila leggiamo
quanto segue…
“…Lucrezia indossa occhiali scuri, ma non bastano a nascondere l’imbarazzo. Cammina nervosamente su e
giù…tirandosi dietro un carrello per la spesa. Spera di poterlo riempire di viveri e indumenti e tornare a
casa in tempo per apparecchiare la tavola. Perché lei, impiegata, tailleur verde acqua, borsa in tinta con
le scarpe, fa tutto di nascosto: - Mia figlia va al liceo e non posso di certo dirle che deve
scegliere tra la merenda con le amiche e la cena -, dice sottovoce…..Quando arriva il suo turno
sono quasi el 11. Si avvicina al banco dei poveri ed esce dal portone più serena. Dentro un sacchetto c’è
una busta di latte a lunga conservazione, due scatolette di tonno, e una di cannellini, un provolone, un
bacco di biscotti: - Ho risparmiato almeno 15 euro, con qualche sacrificio forse riuscirò a dare
la paghetta a mia figlia..Se mischio I fagioli con il tonno, posso evitare di cucinare anche la
pasta. Certo se ci fosse stato anche un frutto o l’olio…. Per visitare il guardaroba c’è un’altra fila
da fare: - Vado a vedere se trovo qualcosa….”.
E’ purtroppo quest’umanità minore che sta divenendo la vera attualità: il tailleur verde acqua nasconde
sempre più un’emergenza sociale….
C’era una volta…Pasolini
Trent’anni fa moriva Pier Paolo Pasolini, ucciso in maniera violenta sul lido di Ostia, ammazzato non si sa ancora se da uno o
più assassini, in un epilogo comunque tragicamente coerente con tutta la sua vita: una morte violenta arrivata al culmine
di una vita complessa e mai facile.
Come diceva con la sua fulminante semplicità Alberto Moravia, Pasolini è stato l’unico poeta civile italiano venuto dopo Ugo
Foscolo, e uno dei più grandi del secolo scorso. Molti di voi avranno senz’altro avuto modo di conoscere la sua opera, che
spazia dalla poesia alla prosa, sino al teatro; dalla regia cinematografica a quella teatrale.
Altri, i più giovani, lo conoscono probabilmente solo in maniera indiretta, per quanto detto in passato e se ne dice tuttora.
Ebbene, esistono ormai purtroppo, ben presenti entrambi, due diversi Pasolini: Pasolini e “ Pasolini”. Il primo è il poeta e
l’artista di cui abbiamo accennato all’inizio, il secondo è nato su tutto cio’ che del primo è stato detto, corrispondente
grosso modo a quel che si voleva che il primo fosse e non era.
“Pasolini” è nato, conseguentemente, quando Pasolini è morto e quindi non è più stato in grado di difendersi.
Intellettuale scomodo, letteralmente perseguitato ,in un’Italia, quella degli anni ’50-60, non ancora affrancata dalla rozza
ipocrisia e dal moralismo clerico-fascista, egli assume come punto di riferimento il pensiero marxista, ma alla fine è
scomodo anche per la sinistra, non più organico al PCI e critico nei confronti dello sviluppo industriale.
Fu relegato per una sorta di dinamica perversa della nostra cultura, nell’immenso paradiso-ghetto dei poeti maledetti, geniali ma
inattendibili, sublimi ma inoffensivi . E’ un vecchio vizio della cultura idealista, che guarda ai poeti come ad anime che tanto
sentono e poco pensano, e che liquida come poetica ogni verità poco ortodossa rispetto ai valori più affermati.
Pasolini marxista, dunque: la distinzione di classe non si limita al solo fatto economico, ma comprende anche una componente
antropologica, di differenza culturale.. quindi da una parte c’era la borghesia, dall’altra il popolo, il quale era la parte sociale
detentrice di un sapere antico, anti- borghese perché pre-borghese.
Pasolini sempre contro corrente: come non ricordare che in pieno ’68, con la polizia che carica gli studenti, egli si schiera
apertamente dalla parte dei poliziotti, attenzione non della Polizia, ma di quei poliziotti presi come singoli individui, figli di
quell’Italia contadina da lui sempre considerata in modo mitologico il fulcro di un antico sapere, e non si schieri dalla parte
degli studenti, comunque considerati figli di una borghesia priva di ideali.
Pasolini che comunque mai abdica alla sua passione civile: ricordiamo i suoi “scritti corsari”, apparsi sul Corriere della Sera,
ricchi di intensa partecipazione ai problemi civili e politici del nostro paese.
Sua è la famosa espressione “Il Palazzo”, che anticipa di almeno un quindicennnio il pensiero del distacco del Potere
politico/economico, per l’appunto “il Palazzo” dalla cosiddetta “ società civile”.
Nell’Italia del 2005 ci manca la figura di quest’uomo, di questo intellettuale” scomodo” che sicuramente avrebbe detto la sua
sull’imbarbarimento della società, anche di quella cosidetta “ civile” di questi anni, iniziato per l’appunto tra la metà degli
anni 60 e gli anni 70 e che lui aveva cosi profeticamente evidenziato.
CRASH – CONTATO FISICO di Paul Haggins
Paul Haggins, lo sceneggiatore di “Million Dollar Baby” – l’ultimo film di Clint Eastwood,
magnifica storia di “perdenti”, pluripremiato agli ultimi Oscar e di cui abbiamo scritto - dirige
in proprio il primo film: CRASH – Contatto Fisico)
A differenza del film del vecchio ma sempre bravissimo Clint, nel quale raccontava storie umane
con lo stile del più puro cinema classico americano (personaggi immediatamente riconoscibili,
verosimiglianza del contesto nel quale le storie si dipanano, semplicità e linearità di racconto),
Paul Haggins in questo suo film racconta uno scenario metropolitano “corale” nel quale
uomini della più diversa estrazione sociale, collocazione, cultura e tradizione, attraverso un
montaggio “alternato” fra le diverse storie, mostrano inizialmente le loro paure, le loro piccole
e grandi violenze messe in atto per difesa, sulle quali operano i loro pregiudizi, in una città
dove praticamente NON ESISTE vita sociale ma esiste vita appartata, dove cioè non esiste
possibilità di inter-azione/relazione tra le diverse compagini sociali in gioco.
In questo contesto Haggins lascia allo spettatore “giudicare” i personaggi, stabilire chi sono i
“buoni” e chi sono i “cattivi”, per intenderci.
Ma ad un certo punto, per tutti i personaggi in gioco, attraverso accadimenti tipici di questa realtà
metropolitana, succede un fatto che è sempre, emotivamente, psicologicamente e
umanamente, un trauma e rispetto al quale poi, per ogni personaggio, avviene un
“ribaltamento” rispetto alla propria condizione e quindi rispetto alla coscienza di sé
dentro la propria realtà.
Il fatto interessante è che il ribaltamento avviene durante l’attraversamento del trauma, che diventa
così attraversamento psicologico, attraversamento della propria identità sociale, delle proprie
paure, dei propri pregiudizi e anche delle propria condizione umana.
Alla fine risultano così ribaltati anche i giudizi di valore iniziali dati ad ogni personaggio del film.
Haggins costringe così anche lo spettatore ad un proprio ribaltamento.
Quindi, dopo due film, l’uno scritto per Clint Eastwood e l’altro girato in proprio, pensiamo che
Paul Haggins si dimostri un autore da seguire per il futuro con molta attenzione.
FLASH
La Redazione
Giorgio Campo
Alfredo Conte
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Antonio D’Antonio
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