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Quesito in tema di testimonianza
Il minore testimone Roma, 2 luglio 2012 Funzioni e limiti dell’esperto: la valutazione dell’idoneità a testimoniare Giovanni B. Camerini Ugo Sabatello Il Protocollo della Convenzione dei diritti del fanciullo New York, 6 settembre 2000 (L. 11 marzo 2002 n. 46) • I Principi (art. 8) 1) Coesistenza, ad ogni stato della procedura penale, delle necessarie misure di protezione dei diritti e degli interessi dei minori vittime con le misure dirette all’accertamento dei reati; 2) Riconoscimento dei particolari bisogni dei minori vittime dei reati e prevalenza, nel modo di trattarli, del loro interesse; 3) Diritto dell’accusato ad un processo equo o imparziale; 4) Adozione di misure per una formazione appropriata degli operatori. Quali sono gli ambiti di conoscenza dell’esperto?... • Quali sono i quesiti che si possono porre all’esperto, nel rispetto e nei limiti delle sue competenze? • Quali sono le evidenze scientifiche che possono o non possono sostenere le sue affermazioni? • Qual è il limite, il confine che separa gli ambiti di conoscenza dell’esperto da quelli di pertinenza del giudice? • Sino a che punto l’esperto si può spingere ad occuparsi dei fatti, i quali dovrebbero invece rimanere estranei all’indagine psicologica? • E’ proprio attorno al quesito che spesso si svolgono i dibattiti più accesi: molto diversamente rispetto alle “classiche” formulazioni della psichiatria forense criminologica, dove costrutti come “capacità di intendere e di volere” o“vizio di mente”,“capacità di stare in giudizio” o “pericolosità sociale” godono di un sufficiente consenso per essere tradotti in valutazioni cliniche ed in risposte pertinenti con le esigenze giudiziarie. Il ruolo dell’esperto • Quesito psichiatrico-forense: valutazione della capacità di intendere e di volere di un soggetto al momento del fatto “fatto” come elemento dato e certo - l’indagine psicopatologica si svolge solo sul soggetto che di quel fatto è l’agente. Definizione del danno psichico derivato da un evento l’evento è comunque avvenuto – indagine rivolta al nesso causale che ad esso lega il quadro clinico esaminato. • Quesito in tema di testimonianza: “fatto” ancora da stabilire - il lavoro dell’esperto dovrebbe contribuire alla sua individuazione posizione peculiare (psicologia investigativa) quesiti che rimandano ad un evento virtuale. • Si pone quindi, sempre più “drammaticamente”, il problema di stabilire quali siano i confini entro i quali l’esperto è tenuto ad offrire il proprio contributo al magistrato e, viceversa, in quale misura quest’ultimo possa fondarsi sulle conclusioni specialistiche nel suo processo decisorio. • Si assiste da tempo a situazioni che possono comprensibilmente risultare disorientanti: • esperti di chiara fama che propongono, a partire dagli stessi dati, considerazioni completamente diverse, oppure che adottano metodologie di osservazione e criteri di valutazione del tutto dissimili; • ovvero, magistrati operanti nello stesso ambito che ripongono la loro fiducia in esperti che si ispirano a scuole di pensiero divergenti e confliggenti sul piano scientifico, i quali “leggono” gli elementi a disposizione secondo prospettive apparentemente inconciliabili. • Questa situazione apre lo spazio ad accaniti dibattiti in ambito penale, dove le decisioni non possono prescindere, come sostiene la Suprema Corte, dai costrutti scientifici e dal rispetto delle c.d. “leggi scientifiche di copertura”. • Aspetti deontologici: verso la definizione di un’etica della consulenza specialistica Sentenza Daubert (1993) • Debbono accompagnarsi alla competenza decisionale del giudice alcuni elementari canoni di verifica epistemologica relativi al contributo dell’esperto ed ai suoi standard minimi di qualità: • la verificabilità e la falsificabilità della teoria, • il controllo della comunità scientifica • la generale accettazione della teoria stessa. Sentenza Cozzini (Cass. pen., Sez. IV, 17 settembre 2010-23 dicembre 2010) • «Si tratterà di appurare: • 1. se presso la comunità scientifica sia sufficientemente radicata, su solide ed obiettive basi una legge scientifica in ordine all’effetto (…); • 2. nell’affermativa, occorrerà determinare se si sia in presenza di legge universale o solo probabilistica in senso statistico; • 3. nel caso in cui la generalizzazione esplicativa sia solo probabilistica occorrerà chiarire se l’effetto (…) si sia determinato nel caso concreto, alla luce di definite e significative acquisizioni fattuali». Linee Guida Nazionali – Consensus conference sul minore testimone (2010): Premesse • 1.1 Gli esperti chiamati a svolgere ruolo di perito/consulente devono mostrare di aver utilizzato metodologie e criteri in linea con le migliori e aggiornate evidenze scientifiche, così come attestate dalla più accreditata letteratura in argomento, distinguendoli da opinioni ed esperienze personali. • 1.2 E’ metodologicamente corretta una procedura che rispetti una criteriologia scientifica ben definita e confrontabile, basata su principi verificabili di acquisizione, analisi e interpretazione di dati e fondata – laddove possibile - su tecniche ripetibili e controllabili. Linee Guida in tema di abuso sul minore, SINPIA, 2007 Gli specialisti medici e psicologi possono offrire al Giudice un contributo positivo quando si verificano talune condizioni: • quando è possibile individuare con chiarezza la natura dei quesito e del mandato che viene loro posto; • quando questi sono pertinenti con la cultura psicologica e psichiatrica; • quando gli specialisti sanno essere trasparenti nell’indicare il tipo di cultura alla quale fanno riferimento; • quando gli specialisti sono consapevoli e sanno dichiarare il grado di "validità" scientifica del loro apporto e rifiutano l’assunto tacito per cui qualunque "cosa" esca dalla loro penna sia, per definizione, "scientifico“. Il dibattito • A partire da questi presupposti, è sorta nel nostro Paese una fuorviante contrapposizione tra “colpevolisti” ed “innocentisti”, come se il problema consistesse nel prendere posizione circa l’effettivo accadimento di un abuso. • Taluni si sono spinti ad adottare il termine di “negazionisti” rivolto a coloro che assumono posizioni critiche verso la ricerca dei “segnali indicatori” al fine di ricercare la verità storica. Esistono gli “indicatori”? • In realtà, non è su questo piano che si dovrebbe svolgere il confronto. Esso riguarda invece i limiti entro i quali si dispiega il contributo clinico. • Molti sono ancora gli esperti che ritengono che esistano tutta una serie di indici psicocomportamentali che possono aiutare loro, e di riflesso il magistrato, a valutare la fondatezza di una segnalazione o di una denuncia. Un abuso non corrisponde ad una “diagnosi” che possa identificarlo e riconoscerlo. Qual’è la validità scientifica della nozione di “indicatori”? • Si tratta di contributi spesso sollecitati dalla magistratura inquirente e che fanno soprattutto riferimento ai Centri pubblici o privati (“privato sociale”) che rivolgono la loro attività soprattutto alla “emersione” del fenomeno dell’abuso, all’insegna della convinzione che trattandosi di un fenomeno per definizione “nascosto” occorra individuare strumenti per facilitarne il riconoscimento e la scoperta: strumenti spesso basati sulla esperienza clinica dell’esperto, sui suoi convincimenti personali e sulle sue interpretazioni dei dati e dei fenomeni osservati. • Altri esperti, fondandosi su una letteratura molto ricca e più recente legata in primo luogo alla scienze cognitive e del comportamento, rilevano invece la sostanziale inadeguatezza della scienza psicologica in questo ambito, proponendo implicitamente una sua visione in termine di“pensiero debole” per potere orientare e suffragare le valutazioni e le decisioni in ambito giudiziario penale. • I risultati delle ricerche svolte nell’ambito della psicologia della testimonianza e della psicologia clinica e dello sviluppo sembrano univocamente rafforzare la seconda posizione, confermando l’assenza di “ evidenze ” che possano legittimamente fare confluire il giudizio dell ’ esperto verso la determinazione della verità storica e processuale. “Un bel tacer non fu mai scritto”… • Quali sono gli ambiti entro i quali l’esperto è in grado di fornire una risposta scientificamente fondata ai quesiti del giudice? • Quali sono i quesiti pertinenti con la scienza/con la cultura psichiatricopsicologica? Quando si parla di“psicologia della testimonianza, occorre inevitabilmente partire dal codice di procedura penale. L’art. 196 cpp stabilisce che: • "1. Ogni persona ha la capacità di testimoniare. • 2. Qualora, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l'idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza, il giudice anche di ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge. • 3. I risultati degli accertamenti che, a norma del comma 2, siano stati disposti prima dell'esame testimoniale non precludono l'assunzione della testimonianza". Sul piano operativo, la formulazione dell’articolo 196 risulta piuttosto intricata ed apre il campo a diversi interrogativi. Si postula infatti che: • tutti siano in grado di testimoniare; • esistano casi in cui occorre verificare l’idoneità fisica o mentale a testimoniare; • i risultati di tale verifica non preclude l’assunzione della testimonianza. • In pratica a nessuno è preclusa la possibilità di testimoniare; l’accertamento è facoltativo ed i suoi risultati non rappresentano comunque un vincolo. Il giudice, in questi casi, potrà incaricare un esperto ai sensi dell’art. 196 cpp secondo comma. • Si pone quindi il problema dell’ambito all’interno del quale l’esperto dovrà esprimere il suo parere, ovvero sul rapporto tra esso ed il peso che il giudice dovrà attribuire alla prova dichiarativa. • Se l’idoneità testimoniale viene riconosciuta senza riserve a tutti, il giudizio dell’esperto potrebbe apparire superfluo, tanto più se un suo giudizio eventualmente negativo non è comunque da considerarsi vincolante circa l’assunzione della testimonianza stessa. Il quesito all’esperto: Cass. pen. sez. III 3 ottobre 1997, n. 8962-Ruggeri: • “La valutazione del contenuto della dichiarazione del minore parte offesa in materia di reati sessuali, in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame dell’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto; della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne. • L’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo (…) consiste nell’accertamento della sua capacità a recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle ed esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all’età, alle condizioni emozionali che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e natura dei rapporti familiari”. • “ Il secondo aspetto [la credibilità]… - da tenere distinto dall’attendibilità della prova che rientra nei compiti esclusivi del giudice - è diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto e rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna”. Dietro l’apparente eleganza ed esaustività di queste formulazioni si pongono però questioni di ardua risoluzione. Se l’articolo 196 cpp riconosce ad “ogni persona” il diritto e la capacità di testimoniare, qual è il senso che deve essere attribuito alla indagine rivolta alla “idoneità” a rendere la testimonianza? Si pone il problema di risolvere il rapporto tra questo principio, che non pone limiti alla capacità sino ad ammettere la presenza dell’idoneità anche per soggetti che in teoria (come avviene per i bambini sotto i tre anni o i soggetti disabili) dovrebbero non possederla, e la possibile richiesta di una valutazione volta a misurarla. La Ruggeri intende fornire un contributo per sciogliere questo nodo differenziando e definendo “idoneità” e “credibilità. Questo ultimo termine si colloca tuttavia in un alone semantico che presenta ampi margini di ambiguità. • Per gli anglosassoni il termine “ credibility ” possiede un significato diverso da quello italiano: credibility come truthfulness ( “ sincerità ” ) e accuracy ( “ accuratezza ” ) Significato psicologico (“credibility enhancer”: spontaneità linguaggio appropriato - storia raccontata dal punto di vista del soggetto - candid style - affettività appropriata - plausibilità della narrazione). • In italiano, significato giuridico “attendibilità” • L’esperto non potrà infatti esprimere alcun parere scientificamente fondato in merito al grado di probabilità che il racconto reso corrisponda o meno ad un’esperienza vissuta, ma solo riguardo il funzionamento psicologico del soggetto ed i margini di probabilità che alcuni fattori possano comportare un rischio in merito alla genuinità dei suoi racconti. • In italiano, la parola “credibilità” richiama invece un concetto legato alla “veridicità” di quanto il soggetto ha affermato, legandosi strettamente al concetto di “attendibilità”. Il campo è confuso, i termini tendono a sovrapporsi senza una delimitazione più precisa dei compiti che spettano all’esperto e di quelli di pertinenza del giudice, né le formule utilizzate dalla Ruggeri sembrano contribuire significativamente ad introdurre elementi di maggiore chiarezza. Attenzione al concetto di “credibilità clinica”: Fallacia dell’indagine della “personalità” del soggetto - Equazioni fuorvianti: Sogg. senza disturbi della personalità “credibile” Sogg. “credibile” narrazione “credibile” e “valida/veritiera” Attraverso il quesito sulla“credibilità” si rischia di ottenere indirettamente dal Perito un giudizio in tema di “veridicità”, ovvero in merito ai FATTI. I quali non riguardano e che non possono riguardare l’indagine psicologica (sentenza Cass.121/2007). La tesi della parte civile supportata dal parere della CTP: “Molti disegni presentano un chiaro contenuto sessuale (….) Il disegno “il balletto” che raffigura le due bambine e il maestro è assolutamente sintomatico e allarmante. Tale disegno mostra infatti le due bambine con un “cuore” in evidenza di colore scuro, non al suo posto, ma nell’esatta posizione dei genitali femminili, che risalta rispetto al diverso colore delle gonnelline (…) e dunque conferma pienamente (…) che “durante l’ora di ginnastica… si spogliavano, si toglievano mutande e canottiera, però le bambine, se avevano la gonnellina, quella potevano tenerla”. • Necessità di ricondurre il ruolo dell’esperto entro un alveo coerente con le indicazioni e con le evidenze che il patrimonio di conoscenze della comunità scientifica mette a disposizione. • Evitare le “fughe in avanti”: - da parte dell’esperto, il quale dovrebbe resistere alla tentazione di pronunciarsi su ambiti che non lo coinvolgono; - da parte del giudice, per il quale la tentazione consiste nel delegare indirettamente e surrettiziamente all’esperto una risposta a questioni che dovrebbero invece rimanere di sua esclusiva competenza. Esempio: • E’ lecito che sia l’esperto ad occuparsi dell’esame qualitativa del portato dichiarativo? del testo?... • Strumenti come la CBCA o il Reality Monitoring sono in grado di “validare” una testimonianza?... Si tratta di strumenti non validati sulla base di ricerche e di dati statistici, sul cui valore discriminativo si sono ottenuti riscontri contraddittori e non definitivi, in grado unicamente di offrire una valutazione generica riguardo la qualità del portato dichiarativo. Verso una riformulazione del quesito? Quesito in tema di capacità testimoniale Capacità generica (competenze di base del soggetto) Esame delle competenze (aspetti funzionali) Capacità specifica (relativa al fatto per cui si procede) Esame delle influenze suggestive (aspetti motivazionali) Linee Guida Nazionali – Consensus conference sul minore testimone (2010): Obiettivi e procedure metodologiche • 3.1 Il ruolo dell’esperto riguarda, in primo luogo, la valutazione della capacità di testimoniare del bambino. Per questo motivo non vanno utilizzate dall’esperto espressioni come “attendibilità” e “credibilità” perché potenzialmente fuorvianti. • 3.2 All’esperto non può essere demandato il compito - non delegabile perché di esclusiva competenza del Giudice - di accertare la veridicità di quanto raccontato dal bambino. Non possono essere egualmente formulati pareri per “validare” scientificamente contenuti della testimonianza (o parti di essa). Non esistono, difatti, “indicatori” psicologici, testologici o comportamentali in tal senso. • 3.3 La capacità di testimoniare comprende abilità “generiche” e “specifiche”. Le prime corrispondono alle “competenze” cognitive come memoria, attenzione, capacità di comprensione e di espressione linguistica, source monitoring, capacità di discriminare realtà e fantasia, verosimile da non verosimile, etc, oltre al livello di maturità psicoaffettiva. Le “specifiche” corrispondono alle abilità di organizzare e riferire un ricordo in relazione alla complessità narrativa e semantica delle tematiche in discussione ed all’eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne, che possono avere agito. Idoneità generica e specifica • Idoneità generica • Idoneità specifica • Può essere in parte misurata. • Tale misura rappresenta un “fattore di rischio” (in senso clinico) per l’intervento di eventuali influenze suggestive di origine interna o esterna. • Il giudizio si limiterà a descrivere (senza ovviamente potere effettuare alcuna “misurazione”) l’eventuale presenza di fattori potenzialmente suggestivi esterni (conversazioni con altre persone dotate di una specifica influenza, interviste in ambito giudiziario condotte secondo modalità insistenti, invasive o comunque scorrette) o interni, attinenti il piano motivazionale (vantaggi secondari connessi all’accusa). Scheda rilevazione idoneità testimoniale (Camerini, Sabatello e Volpini, 2012) ESAME COMPETENZE TESTIMONIALI SPECIFICHE • A. Complessità narrativa e semantica dell’evento (come ricavato dagli atti processuali) • A.1 Distanza temporale • A.2 Impegno cognitivo richiesto, quantità di dettagli periferici o centrali da ricordare • A.3 Qualità/caratteristiche dell’evento in termini di impatto traumatico • A.4 Evento ripetuto o isolato • B. Influenze suggestive • B.1 Numero di ripetizioni del racconto (come riferito dal minore) • In famiglia • Fuori dalla famiglia • B.2 Numero di ripetizioni del racconto (riferite dal familiare - quale) • In famiglia (eventuali differenze e contraddizioni fra le dichiarazioni del minore e quelle del familiare) • Fuori dalla famiglia (eventuali differenze e contraddizioni fra le dichiarazioni del minore e quelle del familiare o del soggetto esterno alla famiglia) • B.3 Qualità e quantità delle sollecitazioni portate dal contesto per ottenere dal minore la rivelazione degli eventi (come riferito dal minore) • In famiglia • Fuori dalla famiglia • B.4 Qualità e quantità delle sollecitazioni portate dal contesto per ottenere dal minore la rivelazione degli eventi (come riferito dal familiare - quale) • In famiglia • Fuori dalla famiglia • B.5 Modalità di rivelazione del fatto (come riferito dal minore) • Spontanea • Sollecitata (da chi) • Riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative • B.6 Modalità di rivelazione del fatto (riferite dal familiare – quale; eventuali differenze e contraddizioni tra dichiarazioni del minore e quelle del familiare) • Spontanea (resa a chi ed in quali circostanze/contesti) • Sollecitata (da chi ed in quali circostanze/contesti) • Riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative (a chi ed in quali circostanze/contesti) • C. Contesto ambientale familiare (separazione dei genitori, conflitti tra i genitori, conflitti genitore-figlio/a) (cfr. Memorandum di Ney) Suggestionabilità vs. suggestione = Circonvenibilità vs. circonvenzione Suggestionabilità Influenze sugg. (tratto psicologico) interne/esterne valutata dall’esperto indicate dall’esp. Circonvenibilità (infermità o deficienza) valutata dall’esp. SUGGESTIONE CIRCONVENZIONE (contesto dipendente) valutata dal giudice valutata dal giudice • L’altro aspetto che qualifica l’idoneità “specifica” consiste nella capacità di riferire in relazione alla complessità dell’evento. • La “complessità” consiste nella mole di informazioni a partire dalle quali il soggetto, in relazione alle proprie capacità, è in grado di selezionare ed individuare quelle richieste: è in questo ambito che il contributo specialistico può risultare utile e pertinente. La ricerca in psicologia della testimonianza ci dice che: Lamb M.E., Hershkowitz I., Orbach Y., Esplin P.W.: Tell Me What Happened, Wiley, 2008: • «A partire dalle attuali conoscenze, probabilmente il più importante di questi fattori coincide con l’abilità dell’intervistatore di elicitare informazioni e con l’abilità del bambino di esprimerli, piuttosto che con l’abilità del bambino di ricordarli». Importanza di adottare e di rispettare protocolli corretti per la raccolta delle informazioni testimoniali. Guidelines on memory and the law. A report of research board. British of Psychological Society, 2008. Quando si valuta l’accuratezza di ricordi dei bambini richiamati grazie agli adulti e dei bambini più grandi di 10 anni, sono raccomandate le seguenti regole guida: • ricordi dettagliati e ben organizzati che riguardano eventi accaduti tra i i 7 e i 5 anni andrebbero considerati con cautela; • ricordi dettagliati e ben organizzati riguardanti eventi accaduti tra i 3 e i 5 anni andrebbero considerati con considerevole cautela; • tutti i ricordi riguardanti l'età dai 3 anni in giù andrebbero considerati con grande cautela e non dovrebbero essere accettati come ricordi in mancanza di evidenti e indipendenti prove che li confermino. • In generale l’accuratezza dei ricordi che riguardano un'età inferiore ai 7 anni non può essere stabilita in assenza di indipendenti prove che li confermino. • La misura in cui un ricordo corrisponde alla realtà è difficile da stabilire. Normalmente questo può essere raggiunto, con ogni grado di certezza, attraverso indipendenti prove che lo confermino. Rilevanti elementi probatori possono includere: •i) Report indipendenti in cui una persona era presente e può effettivamente testimoniare su aspetti rilevanti dell’evento; •ii) coerenza del richiamo di ricordi fondamentali oltre lunghi periodi di ritenzione. Mentre ii) rappresentano deboli prove probatorie rispetto ad i), questo può essere visto come un prerequisito per un giudizio di testimonianza attendibile. • Necessità di procedere sempre, laddove possibile, ad indagini ambientali rivolte a corroborare la “testimonianza debole”, per evitare che il bambino si trovi “schiacciato” sotto il suo peso. La giurisprudenza CEDU definisce la testimonianza infantile come “ORDEAL”… La segnalazione: Gilbert et al., Recognising and responding to child maltratment. The Lancet, january 2009 Svantaggi della “segnalazione estensiva”: - Sovraccarico di protezione da parte dei Servizi - Inibizione del self-referral da parte di genitori e bambini per timore della perdita di controllo - Discriminazione nei confronti delle popolazioni più vulnerabili ed esposte - Favorisce risposte reattive piuttosto che proattive, il che impedisce la possibilità di sviluppare sistemi di supporto - Le risorse sono assorbite dalla necessità di indagare a svantaggio dell’intervento - Incoraggia gli operatori allo scarico di responsabilità - I criteri di segnalazione offrono un elevato margine interpretativo Rischio che il peso del processo si appoggi interamente sulle spalle del minore… Conseguenze e costi psicosociali: • Stress da interrogatorio • “Dichiarazioni a reticolo” • Modificazioni nelle relazioni familiari (Alienazione Parentale, etc.) • Danni iatrogeni derivanti da interventi psicosociali (“helping hand strikes again”) • Iper-responsabilizzazione Sentimenti di colpa Ricerca (Camerini et al., Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, 2009) • 35 casi di denunce confermate (CSA) vs. 35 casi di denunce non confermate (nonCSA). • Gli indicatori di disagio risultano equivalenti nei due gruppi prima dell’inizio del procedimento penale • Dopo l’inizio del proc. pen. gli indicatori aumentano in misura statisticamente significativa nel due gruppi, > nei nonCSA. Punti fermi per uno statuto della testimonianza del minore • Occorre che il patrimonio conoscitivo del minore sia tutelato da interventi diretti inadeguati che lo possono disperdere o adulterare; • Il fanciullo troppo piccolo (sotto i 3-4 anni) forse dovrebbe essere tenuto fuori dal contesto giudiziario; • Le esigenze di report (legate all’iter processuale) non dovrebbero prevalere sull’interesse del minore; • Si dovrebbe considerare l’ascolto del minore, in quanto soggetto in continua evoluzione, comunque tra le attività irripetibili; • L’ascolto giudiziario deve essere svolto secondo modalità rispettose dei protocolli esistenti in letteratura; 52 • Si dovrebbe precludere la reiterazione delle interviste; • L’ascolto del bambino non dovrebbe essere troppo lontano dal fatto, per ridurre i fenomeni di rielaborazione e di contaminazione; • Occorrerebbe procedere sempre alla ricerca di una corroborazione estrinseca delle dichiarazioni rese; • La valutazione peritale dovrebbe essere dichiarata nulla qualora si esprima in merito ai fatti per cui si procede. Grazie per l’attenzione [email protected] [email protected]