Comments
Transcript
Slides III parte - Università degli studi di Pavia
I COMPORTAMENTI A RISCHIO • Forte desiderio di “rischiare” e forte attrazione per comportamenti “spericolati” per: - soddisfare il desiderio di vivere sensazioni nuove ed eccitanti (sensation seeker - Zuckerman, 1971) - rafforzare la percezione della propria identità (Rosci, 2004) - esigenza di unicità e visibilità - reagire ai vissuti di insensibilità alle gratificazioni della quotidianità e di noia (es. Caldwell, Darling, Payne, Dowdy, 1999; Iso-Ahola & Crowley, 1991; Orcutt, 1985) • Sfida, impulsività, senso di invulnerabilità sono funzionali alla costruzione dell’identità (Tursz, 1989; Pellai e Boncinelli, 2002), ma se superano i limiti diventano un fattore di rischio. L’incremento dell’assunzione di rischio e l’acting out, appartengono al normale processo di sviluppo degli adolescenti (Benthin, Slovic, Severson, 1993), a patto che non sfocino nelle cosiddette condotte rischiose. Molte azioni rischiose e più o meno pericolose sono intraprese con gli altri perché in questo modo risulta più semplice per l’adolescente vivere in modo tangibile la propria identità, presentandola al gruppo per ottenerne riconoscimento, popolarità, ecc. Scopo: visibilità, legame sociale, rituali di appartenenza, accettazione pubblica e sostegno sociale... Esempi di condotte rischiose per la propria e l'altrui salute: bere, fumare, rapporti sessuali non protetti, cattive abitudini alimentari, guida pericolosa, ecc. Alcuni comportamenti sono messi in atto con lo scopo di “saggiare” le reazioni degli adulti (genitori e insegnanti), per vedere fino a che punto si può arrivare e fino a quanto valgono i limiti, i divieti… oltre che per osservare quanto l’adulto sia effettivamente interessato e attento al comportamento del ragazzo! Circa il 75% degli adolescenti si sviluppa mantenendo un buon adattamento e padroneggiando con limitato disagio il processo di riorganizzazione della personalità (De Vito e coll., 2004). Solo una minoranza di adolescenti è caratterizzata da una forte implicazione nel rischio (Bonino e coll., 2003) Funzioni dei comportamenti a rischio Legate all’identità Adultità Identificazione differenziazione Acquisizione di un’identità forte e indipendente (autonomia) Sicurezza in se stessi Percezione di controllo Esplorazione di sensazioni Trasgressione, desiderio di superare i limiti Strategie di coping o fuga Legate alle relazioni con i coetanei: Comunicazione Emulazione e superamento Condivisione di azioni ed emozioni Riti di legami e di passaggio Desiderio di superare i limiti con gli adulti: Esplorazione limiti e reazioni Differenziazione e opposizione Fuga ASPETTI COGNITIVI NELLA GESTIONE DEL RISCHIO • Gli adolescenti sono generalmente ben informati sui diversi tipi di rischio, spesso però sottovalutano le conseguenze di certi comportamenti (Tursz, 1991-1993), non per carenze cognitive, ma per una diversa rappresentazione e percezione della pericolosità dei vari eventi e comportamenti (Cicognani, Zani, 1999). • “OTTIMISMO IRREALISTICO”: gli adolescenti sottovalutano l’entità del rischio personale rispetto al rischio attribuito a un coetaneo (Cicognani, Zani, 1999) • COPING: capacità di attivare strategie “fronteggiamento” e risoluzione di un problema di • LOCUS OF CONTROL: modalità di rappresentazione degli eventi che accadono al soggetto; attribuzione di causa agli eventi che implica la percezione di poter esercitare un controllo sugli stessi pertanto porta a mettere in atto comportamenti più o meno funzionali al proprio benessere. Locus interno: credenza di poter agire un controllo sugli eventi della propria vita, sentendo che i propri sforzi, impegno e capacità possono determinare quanto accade Locus esterno: percezione di non aver alcun controllo sulla propria situazione di vita e credenza che gli eventi siano determinati da forze esterne come la fortuna, la sorte, l’influenza di altre persone. • AUTOEFFICACIA REGOLATORIA: convinzione circa la propria capacità di fornire una certa prestazione, organizzando ed eseguendo le sequenze di azioni necessarie per gestire adeguatamente le situazioni che si presenteranno “Sono capace di…” o “Riuscirò a ...” ESEMPI Uso di sostanze Significato nell'attuale contesto = mezzi aventi funzioni performative, utilizzate per sentirsi più efficienti, prestanti, disinibiti, sempre più aderenti agli imperativi sociali del successo, dell’iperattività e dll’efficienza (Ingrosso, 1999) Disturbi del comportamento alimentare I cambiamenti corporei fisiologici, dovuti alla crescita, sono valutati in primis attraverso il confronto con gli altri e provocano una serie di effetti psicologici che riguardano la mentalizzazione del nuovo corpo (attribuzione al corpo di un significato relazionale, sociale, sentimentale, erotico, etico, ecc.) e la nuova rappresentazione del sè. Oggi: esibizione del corpo I FATTORI DI RISCHIO FATTORI DI PROTEZIONE • Sono spesso inter-correlati e agiscono in sistemi multipli • Svolgono funzioni differenti a seconda della fase dello sviluppo • Maggiore è il numero di fattori di rischio presenti e più grande sarà l'entità del rischio stesso • Un unico fattore di rischio non può spiegare espressioni di disagio • Sono inter-correlati e agiscono in sistemi multipli • Possono svolgere funzioni differenti a seconda della fase dello sviluppo • La presenza di fattori di protezione da sola non può significare assenza di rischio, ma fattori di protezione possono “operare” in contesti di rischio • Maggiore è il numero di fattori di protezione presenti e più facilmente l'individuo potrà “usufruirne” FATTORI DI PROTEZIONE (Bonino et al., 2003) • dell’adolescente: esperienza scolastica, religione, convinzioni di efficacia personale, elevate attese di successo circa la scuola, disapprovazione della devianza, partecipazione a gruppi organizzati e ad attività strutturate; • in relazione alla famiglia: stile educativo autorevole, modelli positivi, disapprovazione esplicita dei comportamenti a rischio; • in relazione agli amici: condivisione di attività significative, modelli positivi, disapprovazione dei comportamenti a rischio; • in relazione alla scuola: benessere, soddisfazione e successo, ruolo educativo dell’insegnante e organizzazione scolastica. PREVENIRE E INTERVENIRE Prestare attenzione ai diversi tipi di rischio = SAPER ASCOLTARE Creare spazi di mentalizzazione per favorire la consapevolezza circa le conseguenze delle proprie azioni Lavorare sulle RISORSE Lavorare IN RETE: collaborazione tra famiglia, scuola, istituzioni, ecc. Non dimenticare il proprio ruolo Conoscere ed utilizzare le risorse del territorio (es. sportello di ascolto a scuola, favorire l'inserimento degli adolescenti in progetti educativi) IL CLIMA CLASSE E LA RELAZIONE ALUNNI - INSEGNANTI ”Il clima di classe è creato dalle rete delle relazioni affettive, dalle molteplici motivazioni a stare insieme, dalla collaborazione in vista di obiettivi comuni, dall’apprezzamento reciproco, dalle norme e modalità di funzionamento del gruppo.” (Polito, 2000, p. 50). “Il clima di classe è determinato principalmente dal tipo di interazione che viene a crearsi tra gli studenti e l’insegnante, oltre che da altre variabili più oggettive come l’ambiente fisico e sociale. Nella costruzione dell’interazione è ovviamente maggiore il peso attribuibile all’insegnante, il quale la influenza con la sua personalità, con lo stile di insegnamento e con la capacità di efficacia educativa […] Il clima classe è costituito dagli elementi affettivi e relazionali, oltre che dagli aspetti centrati sulla gestione della classe stessa.” (Fischer, 2003, pp. 265-6) • Le definizioni di clima-classe appena citate enfatizzano entrambe gli aspetti relazionali della vita scolastica • La seconda, in particolare, attribuisce alla figura del docente e ad alcune sue caratteristiche un ruolo preponderante, rispetto al gruppo dei discenti, nella costruzione della relazione interattiva che permea la pratica didattica quotidiana. • L’azione di promozione, da parte del docente, di un clima-classe positivo può essere esercitata a vari livelli, spesso sovrapposti; ad es.: stile educativo; interazione verbale; pedagogical caring. STILI EDUCATIVI (Vegetti Finzi & Battistin, 2000) • AUTORITARIO: il docente ritiene prioritaria la trasmissione di conoscenze; è poco interessato alle caratteristiche individuali dell’allievo in quanto persona e a valorizzare le capacità di pensiero creativo del ragazzo. • TOLLERANTE: tipico del docente permissivo che si sottrae all’esercizio della funzione di autorità connessa al suo ruolo (“proibito proibire”), lasciando sovente che in classe regni la confusione; un insegnante così contraddistinto può essere amato, ma non considerato figura adulta di riferimento. • AUTOREVOLE: il docente ricerca l’equilibrio tra permissivismo ed autoritarismo, stabilendo poche regole fondamentali che vengono spiegate agli allievi e con essi concordate; è consapevole della necessità di comprendere le dinamiche relazionali e le componenti affettive del gruppo-classe. • Analogo allo stile autorevole è lo stile DEMOCRATICO, che “implica la definizione concordata degli obiettivi in questo modo condivisi, e la fermezza del controllo delle procedure per il loro conseguimento” (Fischer, 2003, p. 266). IL COMPORTAMENTO VERBALE DELL’INSEGNANTE Le interazioni verbali che l’insegnante stimola influenzano notevolmente il clima-classe (Flanders, 1967) • Influenza diretta: è quella esercitata dal docente che - fa lezione ex cathedra; - impartisce ordini; - critica e biasima il comportamento dell’allievo. Tale influenza tende a generare nei discenti un comportamento dipendente. • Influenza indiretta, esercitata dal docente autorevole il quale - pone domande per verificare l’andamento del processo di apprendimento; - sa lodare ed incoraggiare l’allievo; - accetta che l’allievo esprima sensazioni e sentimenti. Favorisce l’autonomia e la creatività del gruppo-classe. IL PEDAGOGICAL CARING (“prendersi cura” dell’allievo) E’ un costrutto nel quale si intrecciano aspetti didattici e fattori affettivo-relazionali QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DI UN DOCENTE CARING? K. R. Wentzel, 1997: - indagine volta ad individuare, dal punto di vista degli allievi, le caratteristiche di un docente capace di motivare al conseguimento degli obiettivi ed al rispetto delle regole vigenti in classe; - studenti statunitensi di scuola media invitati a definire le qualità motivanti dei loro insegnanti QUATTRO DIMENSIONI EMERSE 1) modeling, cioè coinvolgimento positivo dell’insegnante nell’esercizio della propria professione (si sforza di rendere le lezioni interessanti, si dimostra entusiasta verso la propria disciplina, modifica la pratica didattica se si accorge di annoiare, coglie il feedback attentivo del gruppo-classe); 2) aspettative basate sull’individualità: il docente caring rispetta ed apprezza l’individualità dello studente -in quanto discente (peculiarità cognitive: doti, limiti, possibilità di apportare contributi originali); - in quanto persona (benessere generale), dimostra cioè interesse anche per il “nonacademic functioning” (Wentzel, 1997) dell’allievo Un approfondimento del ruolo delle aspettative compare in un successivo studio di K. R. Wentzel (2002): aspettative di livello elevato nutrite dal docente correlano positivamente con l’interesse degli allievi nei confronti dell’attività didattica “Si individua come elemento cruciale del clima di classe positivo il livello di aspettative elevato che gli insegnanti hanno nei confronti degli allievi e di se stessi.” (Fischer, 2003, p. 265) 3) democraticità delle interazioni a due livelli distinti e complementari: • stile comunicativo (il docente caring sa ascoltare, non si sottrae allo scambio comunicativo, non ignora i messaggi né li interrompe); • equità/rispetto (dice la verità, mantiene le promesse, non mette in imbarazzo, non fa dell’ironia cattiva, non insulta) 4) nurturance: l’insegnante caring è un attento valutatore poiché - fornisce adeguati feedbacks alle performances dell’allievo; - è puntuale nella correzione degli elaborati; - sa valorizzare l’errore come occasione di apprendimento Nel pedagogical caring descritto da Wentzel assume particolare rilievo la valorizzazione dell’individualità dell’allievo, sia quale (co)protagonista dell’apprendimento, sia come essere umano la cui vita esula dai confini dell’istituzione scolastica. Ma quali ostacoli possono opporsi a tale valorizzazione e, di conseguenza, alla creazione di un clima-classe positivo? Maggiolini (2002) osserva che, nella scuola italiana • la classe intesa come organismo compatto mantiene una forte posizione di centralità; • il docente che ricerca un contatto individuale con l’allievo può temere di essere accusato di parzialità; • vi è altresì il timore di perdita di autorevolezza: secondo molti insegnanti, approfondire l’interesse verso gli aspetti relazionali equivarrebbe ad un aumento di atteggiamenti giustificazionisti ed eccessivamente “materni”. “In realtà, assumere un atteggiamento di ascolto nelle relazioni educative non significa di per sé essere più materni, ma rendersi conto delle dimensioni affettive nelle relazioni di lavoro per poterle vivere in modo più consapevole invece di esserne dominati.” (Maggiolini, 2002, p. 153). L’insegnante che si apre alla dimensione affettiva dell’interrelazione educativa, dunque, non corre il rischio di perdere l’autorevolezza connessa al ruolo, anzi: una chiusura nei confronti di tale dimensione può avere ripercussioni negative sul processo di apprendimento dell’allievo adolescente. “Una buona relazione affettiva è per l’adolescente la condizione essenziale, il tramite indispensabile attraverso il quale egli può accostarsi con interesse e appassionarsi a una materia di insegnamento; infatti non ci può essere apprendimento senza una gratificazione emotiva.” (Freddi, 2005, p. 106). Consideriamo ora un aspetto complementare a quello appena esaminato: l’individualità del docente E’ opportuno che l’insegnante “sveli” la propria individualità rendendo i discenti consapevoli delle emozioni che attraversano la sua attività professionale? “[L’]insegnante non è una testa che parla a un’altra testa, ma un adulto che comunica con un giovane e gli trasmette tutta la sua esperienza professionale e vitale.” (Ciucci Giuliani, 2005, p. 36) Una delle modalità che il docente può adottare per svelare il proprio universo emotivo in funzione del rasserenamento del clima-classe è il cosiddetto MESSAGGIO-IO (Gordon, 1981) Si tratta di una tecnica mediante la quale il docente, di fronte a comportamenti inaccettabili attuati dall’allievo, palesa il proprio vissuto emotivo, mettendo i propri sentimenti e bisogni a confronto con la condotta dell’interlocutore Un esempio (l’insegnante alla classe distratta o chiassosa): In questo momento mi sento amareggiato perché sento che la disponibilità all’ascolto che io cerco sempre di avere nei vostri confronti non è reciproca; inoltre mi preoccupa il fatto che vi priviate della possibilità di apprendere serenamente cose nuove. “Chi teme di mettersi a nudo, rivelando i propri sentimenti, si rassicuri: l’autenticità non danneggia[…] Molti insegnanti potrebbero vedere in ciò un rischio: non lo è, ma se lo fosse varrebbe la pena correrlo, considerando che la posta in gioco è rappresentata da una maggiore serenità ed efficacia nel proprio lavoro e dal benessere psicofisico degli allievi.” (Francescato, Putton e Cudini, 2004, p. 50). Il docente caring e la sua potenziale influenza sul processo di sviluppo Alcuni studi hanno evidenziato come la relazione fra un adolescente ed insegnanti caring possa determinare esiti evolutivi peculiari Wentzel (1998) ha confrontato l’influenza sulla motivazione adolescenziale da parte di genitori, gruppo dei pari ed insegnanti: • la percezione di sostegno da parte dei pari correla con la prosocialità; • ad un parenting adeguato si associa il perseguimento di obiettivi di padronanza; • ma soltanto il percepire sostegno da parte dei propri docenti correla con l’interesse verso le attività svolte in classe Ricerca di Lapointe e Legault (2004): • 210 adolescenti canadesi (12-14 aa); • contributo di tre tipi di relazione (con la madre, con i pari e con gli insegnanti) all’adattamento psicosociale (insieme di caratteristiche che predispongono a beneficiare di ciò che la comunità educativa offre: autostima, competenza sociale, senso di appartenenza alla scuola) • senso di appartenenza alla scuola (school belonging o school membership): sentirsi accettati, rispettati, integrati e sostenuti nell’ambito dell’istituzione scolastica; correla negativamente con l’abbandono scolastico; • la percezione di sostegno da parte dei docenti rappresenta il miglior predittore del senso di appartenenza alla scuola (mentre l’autovalutazione delle competenze sociali dipenderebbe dalla relazione con i pari e l’autostima dalla relazione con le figure adulte - specialmente attaccamento alla madre) Anderman (2002) ha rilevato che il senso di appartenenza alla scuola correla: • positivamente con esiti evolutivi adattivi, sia di tipo psicologico (ottimismo, concetto di sé positivo), sia didattico (elevata media dei voti); • negativamente con esiti disadattivi (depressione, insuccesso scolastico) DINAMICHE DI GRUPPO ED ESERCITAZIONI IL VISSUTO EMOTIVO DEGLI INSEGNANTI IN UNA CLASSE “DIFFICILE” • Classe terza della Scuola Secondaria di Primo Grado, poco numerosa (16 alunni, di cui 11 maschi e 5 femmine), ma contraddistinta da un’elevata proporzione di studenti con difficoltà di apprendimento (non ultime quelle derivanti da un’incerta padronanza della lingua italiana: il gruppo, infatti, comprendeva cinque alunni stranieri, difficoltà palesi che sembravano influire – fungendo, per così dire, da alibi - sul livello motivazionale degli studenti più dotati sul piano cognitivo, sovente approssimativi, superficiali, oppositivi nei confronti dei docenti. Presenza di problematiche relazionali, emotive e motivazionali che aggravavano le difficoltà cognitive e metacognitive di alcuni allievi ed ostacolavano il sereno processo di apprendimento di altri, ingenerando un disagio sovente manifestato attraverso la ribellione nei confronti delle regole fondamentali ed un non trascurabile disimpegno morale. In sintesi, si erano riscontrati: • la mancanza di un’adeguata dimensione cooperativa; • vari fenomeni di esclusione dal gruppo di allievi/e caratterizzati da bassa autostima ed autoefficacia, scarsa assertività, autoconsapevolezza non acquisita, strategie di coping disfunzionali; • tensioni originate dall’esigenza dei ragazzi di poter disporre di “spazi” destinati all’espressione di emozioni, sentimenti, opinioni; • un diffuso clima di insofferenza nei confronti dei docenti, della loro didattica, di alcune fondamentali norme di convivenza civile; in particolare, alcuni insegnanti venivano ripetutamente – ed assai esplicitamente – screditati in quanto accusati di mancare di competenze relazionali e di disponibilità all’ascolto, mentre altri erano in un certo qual modo “esaltati” per le loro doti di apertura al dialogo RILEVAZIONE DEL DISAGIO DEI DOCENTI, domande aperte: 1. Tratteggia un ritratto della classe basandoti sulla tua percezione di essa 2. Come descriveresti lo stile con cui entri in relazione con gli allievi della classe? 3. Quali sono le emozioni che provi prima di entrare in classe, durante la lezione e dopo aver concluso la lezione? 4. Che tipo di interventi hai adottato per migliorare la relazione e la pratica didattica con il gruppo-classe? 5. Quanto ti ritieni disponibile a cambiare il tuo stile relazionale ed il tuo approccio didattico? Le risposte fornite da alcuni fra i docenti della classe evidenziano alcuni comportamenti ed atteggiamenti poco funzionali all’instaurarsi di un clima-classe adeguato. • Docente di Arte e immagine (domanda 1): Gli alunni mi accolgono sempre con molta noncuranza. Entrando mi sembra quasi sempre necessario fare un gran respiro e avvicinandomi alla cattedra, mi viene quasi istintivo rivolgermi a loro per un saluto e poi osservo la finestra che si apre verso un infinito paesaggio sulla valle. Conosco gli alunni dall’anno scorso; percepisco uno strano approccio nei miei confronti e sembra quasi che loro da me non si aspettino nulla di nuovo. Ciò che colpisce, in queste parole, è il bisogno di rifugiarsi temporaneamente nella contemplazione del paesaggio a causa di un senso di impotenza di fronte ad un gruppo-classe caotico, quindi l’adozione di uno stile laissez-faire confermato dalla risposta della stessa docente alla domanda 4: Il gruppo non interviene mai nella mia pratica didattica sottoponendo domande, ma spesso continua a fare ciò che faceva prima che entrassi in aula. Sono stata spesso costretta a richiamarli ad alta voce, al punto di avvertire una loro indifferenza alla mia presenza. Una volta uscii dall’aula nel corridoio dicendo loro che sarei rimasta lì, che continuassero pure a fare le loro cose. Particolarmente acuto è il contrasto fra il senso di impotenza appresa e la volontà – che è uno dei fattori promuoventi un clima-classe positivo – di interessarsi agli allievi in quanto persone; alla domanda 2 (stile relazionale adottato), la docente risponde: probabilmente ansioso.. Poiché passa qualche giorno fra ogni mio incontro con i ragazzi, quando li ritrovo osservo se qualcosa in loro è cambiato. Mai riesco a domandare loro come è stata la settimana, il tempo trascorso senza che io li abbia incontrati e mi domando se anche loro si pongono lo stesso quesito. Forse loro hanno appreso qualcosa di nuovo, hanno avuto qualche particolare esperienza … da raccontarmi, ma anche dopo il mio ingresso in aula rimangono in movimento tra i banchi. Solo quando mi sono seduta e domando se si sono accorti della mia presenza, alcuni iniziano a prendere posto. Per quanto riguarda la domanda 5 (disponibilità a cambiare lo stile relazionale), significativa appare la risposta fornita dalla docente di Italiano, Storia e Geografia: penso che una persona giovane possegga una certa “elasticità”, utile per adattarsi a situazioni nuove e cambiamenti. Comunque, mi ritengo abbastanza disponibile a cambiamenti che possano risultare validi in questo contesto. Vorrei sottolineare che all’interno dei Consigli di Classe dei due anni precedenti si è parlato della possibilità di sperimentare qualche nuova strategia, ma suggerimenti, indicazioni (nonostante le richieste anche ad esperti dell’ASL) non ne sono giunti da nessuna parte. Ci siamo sentiti dire solo frasi del tipo “Bisogna cambiare, modificare il modo di proporsi ecc…”: solo parole mortificanti! (continua) Ed ancora più avvilente è quando trovi qualche collega che preferisce tacere, non prendere posizioni di sorta, piuttosto che rilevare situazioni difficili da gestire: così non si espone, non diventa bersaglio di lamentele di allievi, genitori, preside. Allora, va bene cambiare, ma come? Cosa fare di nuovo? Cosa in concreto? Potrebbe essere utile confrontarsi con qualcuno più esperto che possa dare consigli, indicazioni ecc. applicabili nel concreto. E poi, è ancora importante cosa e come si insegna o lo è di più accattivarsi simpatie, consensi e simili da genitori, dirigente ecc.? In questo caso, bisognerà esercitarsi per imparare ad apportare cambiamenti in questo senso. Non dico questo per polemizzare ma… vorrei capire, per poi comportarmi di conseguenza. Si rilevano, in queste parole: • una notevole diffidenza verso l’apertura relazionale ed il valico della barriera rappresentata dal “ruolo” tradizionale dell’insegnante (l’accenno polemico all’accattivarsi le simpatie dei genitori…); • una suscettibilità nei confronti di un feedback percepito come direttivo - Ci siamo sentiti dire solo frasi del tipo “Bisogna cambiare, modificare il modo di proporsi ecc…”: solo parole mortificanti! – ricevuto in passato da esperti esterni (psicologi dell’ASL?) e di cui pare temere il ripetersi. Anche questa docente pare vivere un conflitto tra posizioni più tradizionaliste e l’ apprezzamento dei tentativi degli studenti di offrirle una qualche visione del loro nonacademic functioning (dom. 4): Penso di non essere vista da loro come una “nemica” o qualcuno da “evitare”, anzi credo che abbiano piena fiducia in me. Infatti mi fanno anche piccole confidenze riguardanti la loro sfera personale e/o famigliare Gli esempi citati evidenziano, nel complesso, la necessità di valorizzare quegli aspetti relazionali verso i quali i docenti sembrano mostrare una qualche disponibilità, ma che appaiono soffocati da tensioni ed irrigidimenti assai poco funzionali al rasserenamento del clima-classe