...

Presentazione di PowerPoint

by user

on
Category: Documents
22

views

Report

Comments

Transcript

Presentazione di PowerPoint
Bombi Lez. 1 Cenni storici + Cap. 1
Oggetto della psic. dello S. sono i cambiamenti incrementali che
avvengono nel tempo, ovvero quei cambiamenti che aumentano le
dimensioni, la diversità o la complessità dell’organizzazione di una
persona, o delle sue caratteristiche, delle sue capacità e delle sue
relazioni con l’ambiente.
• crescita: accrescimento fisico, di massa corporea
• maturazione: cambiamenti dovuti innanzi tutto al dispiegamento del
patrimonio genetico
• apprendimento: all’opposto, acquisiti o perfezionati attraverso
l’esperienza /studio /addestramento
• socializzazione: riguardano atteggiamenti, valori e conoscenze
caratteristici di una certa cultura e avvengono soprattutto grazie
all’educazione o all’imitazione
1. FATTORI CULTURALI E SOCIALI (Aries):
• Medioevo: non esiste il concetto, fino a svezzamento (alte
probabilità morte) B. non considerato in quanto soggetto, poi
entra direttamente nel mondo adulto (adulto in miniatura), dove
peraltro anche gli adulti sono giovani e collettività intera
partecipa ad attività “da B.” (giochi, danze)
•1400: in concomitanza con progressivo aprirsi delle scuole
anche ai laici moralisti/teologi iniziano a proporre concezione di
fanciullezza come fase distinta della vita: B. è creatura corrotta
dal peccato originale ma priva della consapevolezza del male, e
bisognosa perciò di essere salvata dal pericolo -> divaricazione tra
la condizione degli scolari (maschi di famiglie abbienti) ai quali è
riconosciuto status diverso dall’adulto, e gli altri (femmine, maschi
poveri)
• 1600: fanciullezza è età dell’innocenza, ma intrisa di debolezza,
va quindi protetta -> organizzazione delle classi per età
• 1700/1800: servizio militare obbligatorio -> concetto di
adolescenza
• 1900: urbanizzazione -> scolarizzazione di massa (USA)
2. LE TRADIZIONI FILOSOFICHE: EMPIRISMO E INNATISMO
• Empirismo, 1600 John Locke / Hume: la mente nasce come
tabula rasa, pensiero e comportamento si formano solo per
effetto dell’esperienza attraverso i principi dell’associazione,
della ripetizione, della ricompensa -> associazionismo,
comportamentismo -> positivismo, socialismo, marxismo
• Innatismo, 1600 Cartesio, 1700 Jean Jacques Rousseau: la
natura umana è fondamentalmente buona e possiede un piano
di crescita interno che, se non ostacolato, porta verso uno
sviluppo armonioso -> romanticismo -> Piaget, Rogers ->
tradizionalismo, eugenetica<
INTERROGATIVI PSICO SVILUPPO
• Come cambiano le
caratteristiche psicologiche nel
corso del tempo?
• Che differenze individuali ci
sono nel corso dello S.?
• Da cosa dipendono
cambiamenti e differenze?
• Qual è la natura umana?
• e il mio codice fiscale?
LESSICO
• Infanzia: 0-2 anni
o Neonato: fino ad 1 mese
o Infante: nel 1° anno
o Bambino (toddler): nel 2°
•Fanciullezza: 2-11 anni
o Prima fanciullezza (early childhood): 2-6
o Media fanciullezza: 6-11
•Preadolescenza: 11-13 anni
•Adolescenza:13-20 anni
3. NASCITA PSICOLOGIA DELL’ADULTO
• Wilhem Wundt, 1879 Lipsia primo laboratorio di Psicologia, “studio sperimentale
dell’esperienza cosciente”; impostazione teorica e metodologica analoga a chimica ->
elementarismo: scomporre la coscienza nei suoi elementi costitutivi e trovare poi le leggi
attraverso cui tali elementi si combinano; metodo introspettivo: stimolo sperimentale +
descrizione analitica da parte del soggetto delle proprie reazioni mentali. Studio dei B. non
considerato rilevante, oltre che impossibilitato dal metodo. Titchener -> strutturalismo
4. EVOLUZIONISMO
• Darwin, teoria dell’evoluzione (lotta per la sopravvivenza + variabilità + ereditarietà dei
caratteri favorevoli), si applica anche all’evoluzione della mente (“organi mentali”)
-> B. è anello di congiunzione tra mondo animale e mondo umano -> studio
dell’infanzia, metodo osservativo
-> Valore adattivo dei comportamenti -> William James, funzionalismo (Baldwin:
“la mente come tutte le cose naturali, cresce”)
-> Differenze individuali -> approccio differenziale, Galton, psicometria
• teoria della ricapitolazione o legge biogenetica (Haekel 1866: ontogenesi ricapitola
brevemente filogenesi) nata precedentemente (e poi abbandonata) in campo embriologico,
trasposta alla vita mentale da Romanes (biologo, allievo di Darwin, albero della vita
mentale) e adottata da Granville Stanley Hall (ma dà anche origine a idea sequenza di
sviluppo unica e universale: Freud, Piaget e tutte le scienze sociali)
• -> psicologia dello S. : 1882 Hall Movimento per lo studio del B., oppure 1884
Binet”Année Psychologique”, oppure 1887 Hall “Pedagogical Seminary” poi “Journal of
Genetic Psychology”)
PRIME METODOLOGIE
• Preyer 1882, Germania, “La mente del B.”: osservazioni accurate non intrusive di
comportamenti spontanei o provocati da stimolo, guidate da ipotesi o interrogativi precisi, e
annotate immediatamente per iscritto
• Granville Stanley Hall, USA (inurbamento, scolarizzazione di massa -> necessità di conoscere
“cosa c’è nella mente del B.” quando entra a scuola): questionari -> approccio normativo
Bombi Lez. 2
I metodi
+ Cap. 4
SOMIGLIANZE
FRA SCIENZA
E SENSO
COMUNE
DIFFERENZE
Ma soprattutto: mentre il senso comune è interessato
al caso concreto, la scienza è
Interessata a formulare leggi, valide sempre e
ovunque, indipendentemente dal caso specifico
Es: se una
scintilla
elettrica passa
attraverso una
miscela gassosa
di idrogeno e
ossigeno i gas
scompaiono e si
forma acqua
Le leggi possono essere:
• osservative, o empiriche, o sperimentali: quando sono
riferite a entità o processi rilevabili direttamente o con
strumenti, es l’acqua bolle a100°, i bambini manifestano
comportamenti di attaccamento all’età di 8 mesi circa
• teoriche: quando contengono termini teorici, riferiti a
entità o processi non rilevabili, es legge di Mendel prima
che fossero scoperti (osservati) i geni, teoria psicoanalitica
es leggi
embriologiche:
formazione del
polmone avviene dopo
quella del sistema
circolatorio
es se si lancia un
dado la probabilità
che esca 6 è 1/6
consentono di calcolare
(e quindi prevedere o
spiegare) il valore di una
grandezza conoscendo
quello di un’altra
grandezza a cui essa è
correlata (fisica, ma
anche Lewin?)
OBIETTIVI RICERCHE IN PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO
In generale: verificare un’ipotesi e/o rispondere ad un interrogativo specifico
In particolare:
• identificare variabili evolutive: aspetti del comportamento o dell’attività
mentale che presentano cambiamenti regolari e universali al procedere
dell’età
• per opposizione: descrivere le invarianti, ovvero ciò che invece rimane
costante
• descrivere come avviene il cambiamento, ovvero una funzione evolutiva, se
possibile descritta quantitativamente, ma più spesso verbalmente (fasi/stadi)
• identificare le relazioni tra cambiamenti in aree diverse
• identificare i processi che conducono ai cambiamenti, ovvero le cause
(genetica, cultura, ecc)
Distinzione fondamentale tra:
• Strategie e disegni di ricerca longitudinali: uno stesso gruppo d soggetti viene
seguito nel tempo, sottoponendoli ripetutamente allo stesso
test/prova/osservazioni; vantaggi: i cambiamenti osservati possono essere con
più sicurezza ascritti a fenomeni evolutivi, inoltre è possibile verificare ipotesi
di stabilità (di una certa caratteristica) nel tempo; svantaggi: lentezza, costo,
maturazione, mortalità
• Strategie e disegni di ricerca trasversali: gruppi diversi di soggetti con
caratteristiche socio-demo il più possibile simili ma di età diverse vengono
sottoposti contemporaneamente allo stesso test/prova; vantaggi: ovvia ai
problemi degli studi longitudinali; svantaggi: maggiore varianza d’errore,
effetto coorte (i cambiamenti tra un gruppo d’età e l’altro possono riflette
l’evoluzione culturale della società più che quella dell’individuo
• Disegno retrospettivo: ricostruzione del passato da parte del soggetto
(all’origine della tecnica psicoanalitica)
• Osservazione sistematica: ad un estremo l’osservazione naturalistica o
etologica (non interferisce con il comportamento osservato, interrogativi e
schemi di classificazione nascono nel corso dell’osservazione stessa (che spesso
è infatti esplorativa), che può essere diretta, oppure mediata (la madre
debitamente istruita); all’altro estremo l’osservazione strutturata dove
secondo B. il ricercatore interviene attivamente fornendo stimoli al
comportamento che intende studiare
• Colloquio, intervista, questionario: modalità di interazione verbale faccia a
faccia, via via sempre più strutturata secondo una scaletta prefissata dal
ricercatore (colloquio è il metodo meno strutturato (e quindi anche il più
soggetto a effetti suggestivi da parte del ricercatore) perché segue più vicino i
ritmi del bambino, es. il “colloquio clinico” piagetiano, cui Piaget affiancò
poi anche il “metodo critico” , consistente nel porre ai bambini problemi
concreti da risolvere)
• Test standardizzati
• Uso di apparecchiature per la presentazione di stimoli e anche per la
registrazione dei comportamenti (es movimenti oculari bambini piccolissimi)
• Analisi dei prodotti (es disegni)
Bombi Lez. 3 Piaget + Cap. 2
Piaget 1896-1980 . Epistemologia genetica: modi in cui l’essere umano e la scienza passano da tipi di conoscenza
meno evoluti a tipi più evoluti -> studio dell’evoluzione cognitiva nel B.
CONOSCENZA DERIVA DALL’AZIONE: da un lato azioni manifeste (comportamento), dall’altro azioni interiorizzate (pensiero)
• fino a 7 anni: esperienze mentali -> immaginare un’azione o rievocarla riproducendola fedelmente attraverso immagini mentali
• dopo 7 anni : operazioni mentali -> astratte (non comportano immagini espresse in specifiche modalità sensoriali), generali (applicabili a
contenuti diversi), reversibili (i loro risultati possono essere annullati, invertiti o compensati), fanno parte di totalità o strutture
SVILUPPO AVVIENE ATTRAVERSO SEQUENZA DI STADI
• Ogni stadio è una totalità / struttura , ovvero ha caratteristiche che influenzano
pervasivamente le più diverse attività: tesi olistica contrapposta a tesi pluralistica
(modularità)
• Passaggio da uno stadio inferiore a uno superiore consiste in una integrazione gerarchica:
lo stadio superiore differenzia le strutture di quello che lo precede e le integra
• Gli stadi costituiscono una sequenza invariante: l’ordine non può essere mutato dalle
circostanze ambientali o personali
• Gli stadi sono universali: opportunità / vincoli derivanti dall’ambiente o dalle
caratteristiche individuali possono solo accelerare o rallentare o al limite bloccare i
passaggi, esperienze diverse si traducono sì in contenuti di pensiero diversi ma non possono
cambiare i modi in cui questo è organizzato
• 0-2 anni, stadio sensomotorio: B. non è in grado di evocare mentalmente oggetti ed
eventi, interagisce con l’ambiente solo attraverso percezioni e azioni motorie, che si
raggruppano in piani d’azione detti schemi sensomotori; all’inizio ciascuno schema è
indipendente (ad es. il B. non riesce a guardare qualcosa e prenderla
contemporaneamente), poi i diversi schemi si coordinano in schemi più complessi; un
risultato di questa coordinazione è il formarsi della nozione di oggetto, che continua ad
esiste in quanto tale anche quando il B. non lo vede più perché nascosto
• 2-7 anni, stadio preoperatorio: dalla coordinazione degli schemi sensomotori si sviluppano
gli schemi mentali, che permettono l’attività rappresentativa, o funzione simbolica, grazie
alla quale i B. sono in gradi di evocare mentalmente oggetti o eventi non presenti
attraverso il linguaggio, il gioco di finzione, l’imitazione; fino a 4-5 anni vengono formulati
dei pre-concetti che tengono conto solo degli aspetti delle cose che in quel momento
attirano l’attenzione del B., in seguito i concetti si stabilizzano ma il ragionamento può
violare i principi della logica (es. no reciprocità fratello, cambiamento quantità liquido
quando cambia il recipiente, es); no distinzione tra realtà interiore ed esteriore, tra attività
umane e processi naturali, tra verità e fantasia; scarsa cooperatività nel gioco e nelle
relazioni con i coetanei
• 7-11 anni, stadio delle operazioni concrete: gli schemi mentali si coordinano in schemi
operatori dotati di reversibilità (capacità di considerare contemporaneamente una
relazione e la relazione opposta), buona capacità di ragionamento logico di fronte a
problemi che riguardano oggetti concreti, manipolabili o rappresentabili mentalmente, ma
ancora difficoltà se il problema viene presentato solo in forma verbale; cooperazione con i
coetanei nei giochi complessi e che possono richiedere il rispetto di numerose regole
• dopo gli 11-12 anni, stadio delle operazioni formali: tappa più avanzata dello sviluppo
dell’intelligenza, estensione del campo di applicazione delle operazioni dello stadio
precedente e nuove operazioni, o operazioni di seconda potenza
METODOLOGIE
• osservazione
• colloquio clinico
• metodo critico
(colloquio + oggetti da
osservare o manipolare)
MOTORE DELLO SVILUPPO, OTTICA BIOLOGICA-INNATISTA
• organizzazione e adattamento come invarianti funzionali presenti in
tutti gli esseri viventi, caratterizzano la vita in quanto tale, e valgono
anche in campo cognitivo
• organizzazione cognitiva come tendenza intrinseca degli schemi
sensomotori e poi mentali a collegarsi in sistemi sempre più ampi e
complessi
• adattamento cognitivo come risultato dell’equilibrio tra
• assimilazione cognitiva (incorporare un elemento
dell’ambiente in un’azione motoria o mentale) e
•accomodamento cognitivo (modificare il proprio schema di
azione motoria o mentale in risposta alle specifiche
sollecitazioni provenienti dall’ambiente) (processi top down
e bottom-up?)
• assimilazione prevale nel gioco funzionale o di esercizio e nel gioco
di finzione o simbolico, accomodamento prevale nel gioco di
imitazione
• nello sviluppo del B., disequilibrio fra i due viene avvertito come
tensione che spinge a ricerca attiva di nuovo equilibrio agendo sui
due versanti -> piccoli e graduali cambiamenti danno origine alle
sostanziose differenza tra stadi
MOTORE DELLO SVILUPPO: 1a FORMULAZIONE(attualmente
rivalutata): OTTICA FUNZIONALISTICA, RUOLO DELLA
SOCIALIZZAZIONE
•pensiero ha dapprima la funzione di permettere soddisfazione
allucinatoria dei desideri (influenza Freud) -> pensiero autistico
• in seguito (7/8 anni) il confronto sociale obbliga il B. a rendersi
conto che esistono punti di vista diverso dal proprio e provoca il
bisogno di convincere l’altro; per rispondere a questo bisogno il
pensiero diventa pensiero socializzato, evolvendosi in direzioni
sempre più conformi ai principi della logica e acquisisce la proprietà
di reversibilità (stadio delle operazioni concrete)
• questo nuovo pensiero, nato quindi dai rapporti interpersonali,
viene poi interiorizzato (Janet, Vygotskij): “il ragionamento logico è
una discussione di fronte a noi stessi che riproduce interiormente gli
aspetti di una discussione reale”
• ma, al contrario che per Vygotskij, pensiero genera linguaggio
Bombi Lez. 4: Teorie motivazionali I + Cap. 3
Motivazione: in che modo inizia il comportamento, da dove
trae la sua energia, come viene sostenuto, orientato,
bloccato e che tipo di reazione soggettiva si verifica
all’interno dell’organismo mentre hanno luogo tutti questi
processi (Jones 1955)
ISTINTI
• Darwin: capacità di compiere azioni istintive deriva dalla presenza di “organi
mentali”; gli istinti più complessi vengono acquisiti attraverso la selezione naturale di
variazioni di azioni istintive più semplici
• William James: istinto come facoltà di agire in modo da produrre certi risultati senza
averli previsti in anticipo e senza essere stati precedentemente istruiti a farlo; azioni
istintive sono tutte di tipo riflesso, evocate da stimoli sensoriali a diretto contatto con
il corpo o provenienti dall’ambiente circostante; istinti sono molto numerosi e
costituiscono forme di adattamento della condotta; nell’uomo ci sono molti più istinti
che negli animali, e questo rende possibile numero iterazioni, combinazioni e inibizioni
reciproche che rendono conto della plasticità e varietà del comportamento umano;
inoltre, grazie alla memoria, l’azione prodotta dall’istinto smette presto di essere
cieca, dopo che è stata prodotta più volte il suo risultato viene memorizzato e può
essere perseguito intenzionalmente
• critiche provenienti da psicoanalisi (vedi) e da comportamentismo (che li considera
una pseudospiegazione, ovvero indimostrabili) hanno fatto abbandonare concetto di
istinto dagli anni ’20; ma concetto riemerge a partire da anni ’70 con ap proccio
etologico (vedi) e teorie dell’attaccamento di Bowlby (vedi) e oggi è presente negli
approcci nativisti e nella psicologia evoluzionistica (si parla di coordinazioni ereditarie,
meccanismi frutto di adattamento, comportamenti specie-specifici)
PULSIONI (TRIEB)
• Freud: concetto di pulsione come tensione suscitata
da uno stimolo endogeno che può essere alleviata da
attività diverse coinvolgenti oggetti diversi, a
seconda delle esperienze di piacere o di conflitto
sperimentate nel corso della vita; secondo Caprara: è
rappresentazione psichica di un bisogno biologico
• Hull (comportamentista): pulsione (drive) come
risultato di una stimolazione interna, causata da un
determinato stato dell’organismo che spinge ad agire
o intensificare un’azione on corso finché la
stimolazione non cessa; situazione di disequilibrio
omeostatico (es non aver mangiato) attiva sia la
pulsione (pinta ad agire) sia uno stimolo specifico
(fame) che mette in moto dei movimenti riflessi
oppure movimenti associati allo stimolo grazie a
condizionamenti precedenti. Le azioni che portano ad
una riduzione della pulsione sono rinforzanti
ISTINTI VS PULSIONI
• mentre istinto comporta focalizzazione dell’attenzione verso un preciso aspetto dell’ambiente, il provare uno specifico
stato emotivo e l’impulso a mettere in atto il comportamento corrispondente, pulsione è esclusivamente uno stato di
tensione, ignaro di ciò che le darà soddisfazione
• istinto presuppone tendenze universali della natura umana, pulsione ammette estrema variabilità culturale
Freud e la psicoanalisi
SPIEGAZIONE TRAMITE
LEGGI STORICHE
FOCALIZZAZIONE SUL
PASSATO
DELL’INDIVIDUO
PSICOANALISI o METAPSICOLOGIA ANALITICA
• procedimento per l’indagine di alcuni fenomeni
psichici cui altrimenti sarebbe impossibile
accedere
• metodo terapeutico basato su tale indagine per
il trattamento di disturbi nevrotici
• serie di conoscenze psicologiche acquisite per
questa via che gradualmente si assommano e
convergono in una nuova disciplina scientifica
(Freud 1922)
IPOTESI STRUTTURALE ORGANIZZAZIONE PSICHICA, 3 gruppi di funzioni:
• Es: rappresentati psichici delle pulsioni
• Io: insieme di funzioni che consentono la relazione tra l’individuo e
l’ambiente
• Super-io: aspirazioni e regole morali
SVILUPPO
• psiche del neonato costituita dall’Es e governata da forze pulsionali che
tendono ad essere soddisfatte senza alcuna limitazione sotto la guida del
principio del piacere -> la soddisfazione della pulsione causa una riduzione
della tensione che si accompagna a sensazioni piacevoli, di gratificazione
-> associazione tra il ricordo di ciò che ha provocato la soddisfazione della
pulsione (es latte) e il ricordo dell’eccitamento legato alla pulsione
• esperienze di scontro tra l’urgenza delle pulsioni e limitazioni della realtà
sono fonte di emozioni sgradevoli; in assenza di una risposta materiale il
lattante elabora un sorta di soddisfacimento mediante la fantasia (surrogato
del desiderio allucinatorio) -> riproduzione della percezione del latte per
cercare di ricostruire la situazione di soddisfacimento
• processo di soddisfacimento mediante la fantasia concorre alla formazione
dell’Io
• funzioni dell’Io permettono l’adattamento al mondo, attraverso il passaggio
dal principio del piacere al principio di realtà
• e permettono di mediare tra Es e realtà grazie all’attivazione di meccanismi
di difesa, al servizio dell’Io pur se inconsci, che impediscono la manifestazione
incontrollata delle pulsioni dell’Es ( eccesso o insufficienza dei meccanismi di
difesa genera stato psicopatologici)
• la meta delle pulsioni è sempre la scarica della tensione ad esse associata,
ma l’oggetto attraverso il quale può avvenire questa scarica può cambiare
• libido (pulsione sessuale) diretta via via verso diverse zone erogene nelle
diverse fasi dello sviluppo psicosessuale, per effetto dei processi maturativi e
delle pratiche educative: orale (soddisfazioni legate all’alimentazione)/ anale
(soddisfazioni legate al trattenere o espellere le feci)/ fallica (investimento
libidico sul pene e complesso edipico)/ di latenza (superamento complesso
edipico, formazione del Super-io, accantonamento provvisorio libido) /
genitale
Lewin e la teoria del campo (-> approccio ecologico)
SPIEGAZIONE TRAMITE
LEGGI FUNZIONALI
• Lewin cerca spiegazioni comportamento esaminando le
interrelazioni attuali tra la persona e l’ambiente, non
FOCALIZZAZIONE
in chiave causa-effetto, ma di influenze reciproche
SULLE INTERELAZIONI
circolari (vs comportamentismo)
ATTUALI TRA
• interrelazioni descritte usando metafore spaziali ->
INDIVIDUO E AMBIENTE
• psicologia topologica, ovvero scelta di un approccio
sistematico ma non quantitativo/metrico (vs quantificazione della psicometria)
come modo più appropriato per rappresentare scientificamente la complessità delle
dinamiche psicologiche
• principale caratteristica dei fenomeni psicologici è il fatto che si verificano per
una determinata persona dentro e in relazione con un determinato ambiente
• ambiente non è fisico, oggettivo, ma psicologico, soggettivo, anche se
nell’esperienza della persona esso ha carattere di oggettività, la sua struttura di
fatto riflette i bisogni della persona, -> spazio vitale (C= f(P,A)=f(SV)
• proprio perché l’ambiente rispecchia i bisogni della persona, gli oggetti presenti
dell’ambiente non sono neutri, ma possiedono un “carattere imperativo” o
“valenza”, che può essere positiva o negativa
• le valenze creano forze psicologiche di attrazione o repulsione, la cui intensità,
direzione e verso possono essere rappresentati da vettori
• le valenze non sono caratteristiche stabili degli oggetti, ma mutano a seconda dei
bisogni della persona (vs comportamentismo, stimoli come motori esterni del
comportamento): il segno e l’intensità della valenza di un oggetto o di un evento
dipendono direttamente dallo stato dei bisogni di un individui ad un momento dato
• quindi il comportamento dipende dallo stato della persona e del suo ambiente: C =
f(P,A) = f(SV), dove P e A devono essere considerate variabili in dipendenza
reciproca, circolare, che costituiscono lo spazio vitale, e dove f è la “legge
psicologica” ovvero la relazione tra spazio vitale e comportamento da individuare
per spiegare e prevedere il comportamento
•Situazioni di conflitto generate da forze psicologiche che spingono con pari
intensità in direzioni opposte, per effetto della presenza di due oggetti o con uguale
valenza (positiva o negativa) ma alternativi o con valenze opposte ma accoppiati
• conflitto può generare reazione di fuga dal campo, che può essere impedita
circondando la sona del campo con qualche tipo di barriera
•Struttura psichica interna dell’individuo e struttura dell’ambiente differenziate in
regioni, ossia diverse sfere di vita e corrispondenti bisogni
• Sviluppo B. va nella direzione di una sempre maggior differenziazione e
numerosità delle regioni e solidità delle barriere che le delimitano, che consente
articolazione e relativa indipendenza delle sfere di vita
(richiama concetto complessità del Sé) , una maggiore
distinzione tra i piani della realtà e dell’irrealtà, e
una maggiore articolazione della dimensione temporale
passato-presente-futuro, che permette da un lato
di dilazionare la gratificazione e costruire piani
per il futuro e dall’altro di integrare
l’esperienza passata
Schaffer cap. 2 – BASI BIOLOGICHE
PSICOLOGIA EVOLUZIONISTA
• Privilegia spiegazioni dello sviluppo psicologico in termini di cause prime, o remote (vs cause prossime)
• Attenzione ai concetti della della teoria dell’evoluzione, in quanto: 1) si riferiscono tanto al comportamento quanto alle strutture che ne sono alla base; 2) richiedono
che i comportamenti dell’individuo siano sempre messi in relazione al contesto (nicchia ecologica) al quale la specie si è adattata; 3) rendono priva di significato una
rigida distinzione tra innato e acquisito
• Confronti tra specie nell’ambito dello sviluppo, evitando pero’ rischio di generalizzazioni ingiustificate tra specie, es ruolo stimolazioni tattili della madre nell’indurre
benessere nel piccolo è superiore nelle scimmie rispetto all’uomo, dove invece sono più le stimolazioni cinestetiche a svolgere questo ruolo)
• Specie diverse sono dotate di diversi schemi fissi di azione che fanno parte della loro eredità comportamentale: negli esseri umani, pianto e sorriso sono schemi di
segnalazione sociale che assicurano che il B. sia preadattato a richiamare l’attenzione di chi ha cura di lui -> sopravvivenza
• Alla stessa categoria degli schemi innati con funzione centrale per la sopravvivenza della specie appartiene la capacità di comunicare (esprimere/ interpretare) gli stati
emotivi -> possibilità per il B. di legarsi fin dalla nascita a chi lo assiste
TEORIA DIFFERENZIALE DEllE EMOZIONI (ventaglio di
teorie diverse, richiamo esplicito a Darwin)
Postula un insieme limitato di emozioni distinte
• innate
• ciascuna corrispondente ad uno specifico circuito neurale
• con un vissuto specifico
• con specifiche espressioni
Distinzione tra 2 tipi di emozioni:
• Primarie o fondamentali, basiche: presenti alla
nascita
• Secondarie o complesse, miste, sociali,
autocoscienti: derivate dalle prime, emergono
nel corso dello sviluppo, non dipendono però
dallo sviluppo cognitivo, ma sono in relazione
reciproca con esso, o addirittura lo guidano
Poco consenso su quali siano quali…Campos, 1983:
emozioni primarie definite in quanto caratterizzate da:
• manifestazioni attraverso tutte le modalità espressive
• manifestazioni indipendenti dalla cultura
• presenza nei B. sotto i 12 mesi
• presenza nei primati non umani
• significato universale
TEORIA COGNIZIONE-ATTIVAZIONE o teoria bi-fattoriale (esperimento adrenalina) - antecedenti: James-Lange, ho paura perché tremo)
• emozione = attivazione del SNA + valutazione (attività cognitiva)
• alla nascita quindi non sono presenti emozioni, ma solo la capacità di una generica eccitazione
• attività SNA determina carattere viscerale e intensità dell’emozione
• emozioni distinte emergono nel tempo di pari passo con lo sviluppo cognitivo
• attività cognitiva permette di distinguere le emozioni
TEORIA FUNZIONALE O ORGANIZZAZIONALE (sintesi)
•“Funzionale”: le emozioni sono sistemi di azione significativi e generalmente adattivi (o quanto meno lo sono stati nella storia della specie)
• “Organizzazionale”: le emozioni orientano il comportamento, a breve (scopi immediati) e a lungo termine (inducono a proporsi obiettivi e piani)
• organizzazione generale delle emozioni presente in forma rudimentale fin dalla nascita
• le sue componenti si sviluppano, diventando più complesse, differenziate e regolate con processi simili a quelli che presiedono lo sviluppo cognitivo
Descrizione del processo emotivo
• l’emozione non è generata tanto dall’evento in sé ma dalla valutazione
(appraisal) che il soggetto fa automaticamente del significato dell’evento,
ovvero di quanto ostacoli o faciliti il raggiungimento di suoi obiettivi (->
stesso evento, emozioni diverse in persone o momenti diversi)
• l’emozione attiva una tendenza all’azione (fare qualcosa ma anche
bloccare l’azione in corso), l’attivazione è di tipo automatico, il programma
d’azione attivato assume la precedenza di controllo del comportamento ->
emozioni come programmi superordinati che intervengono nei momenti
critici, disattivando i programmi “normali” e attivandone e orchestrandone
altri; viene attivato anche il SNA che mobilita le energie necessarie
• similmente, l’emozione orchestra anche i processi cognitivi: attenzione
selettiva, recupero in memoria, memorizzazione, sensi “acuiti”, diversa
concettualizzazione dell’ambiente (cf Lewin)
•Stato emotivo: insieme dei
fenomeni fisiologici e mentali che
intervengono nel processo emotivo
•Vissuto emotivo: esperienza
consapevole dell’emozione: può
non esserci (emergenza,
rimozione) o essere attivamente
modificato
• Regolazione,o controllo,o
coping: le azioni/strategie messe
in atto -deliberatamente o
automaticamente- per influire
sulle proprie emozioni, o meglio
sul loro vissuto
Sviluppo emotivo comprende:
• Ampliamento gamma delle emozioni
sperimentate: comparsa emozioni secondarie
• Cambiamento delle situazioni che le
suscitano: maggiore capacità di valutare gli
eventi
• Comprensioni delle emozioni altrui, ovvero
comprensione degli stati mentali -> rende
possibili riferimento social (emozioni degli altri
come informazione), empatia, agire sulle
emozioni altrui
• Regolazione delle emozioni da esterna a
interna: comprensione e interiorizzazione delle
regole di esibizione
Schaffer cap. 2 – BASI BIOLOGICHE (segue) + Varin Lez 7
GENETICA DEL COMORTAMENTO
• geni -> strutture fisiche -> predisposizioni geneticamente determinate -> ambiente -> caratteristiche osservabili dell’individuo (fenotipo)
• genetica del comportamento studia differenze comportamentali che distinguono gli individui (variabilità individuale rispetto ad una certa caratteristica) per
accertare il contributo relativo dell’ereditarietà e dell’ambiente alla creazione di tali differenze (non alla creazione della caratteristica in sé)
• studi di famiglie (gradi di parentela -> valori di ereditabilità), di gemelli (MZ vs DZ), di adozioni (pura influenza ambientale)
• tutte le caratteristiche psicologiche sono influenzate geneticamente, il livello di questa influenza varia da una caratteristica all’altra, ma è responsabile di non più
del 50% della variabilità tra individui; tra le esperienze ambientali, quelle non condivise (specifiche dell’individuo) giocano un ruolo più importante di quelle condivise
(comuni a tutti i membri della famiglia/gruppo) nell’influenzare lo sviluppo psicologico
• In condizioni medie di “buon livello di attenzioni e cure da parte dei genitori” lo sviluppo dei B. dipende principalmente dall’ereditarietà (Scarr 1992)
• il processo ha inoltre anche un andamento circolare, perché in virtù della loro costituzione genetica i B. influenzano le modalità con cui vengono accuditi, quindi
contribuiscono a costruire quell’ambiente non condiviso che più influisce sul loro sviluppo
Scarr:
1. Il genotipo del genitori determina il genotipo del B. e, attraverso il loro fenotipo (-> comportamento)
influenza l’ambiente nel quale il B. cresce -> effetto passivo
2. Il genotipo del B., agendo sul suo fenotipo (-> comportamento), influenza indirettamente anche il suo
ambiente -> effetto evocativo
3. Il genotipo del B. più tardi influenzerà anche la sua scelta degli ambienti (es. scelta gruppo dei compagni
nell’adolescenza) -> effetto attivo
Effetto evocativo: il ruolo dei tratti di
carattere/temperamento (stile
comportamentale dell’individuo)
• sono influenzati dall’ereditarietà
• emergono precocemente
• hanno un relativa stabilità nel tempo
• si estrinsecano in differenze individuali
nei modi di rispondere a stimoli/situazioni
Metodi di rilevazione
• resoconti genitori (questionari)
• osservazioni domestiche
• accertamenti in laboratorio
Thomas e Chess 1977: 9 categorie di qualità caratteriali • B. “facili”: ritmi + regolari, risposte positive a novità,
• livello di attività (mobilità)
adattabilità, umore in prevalenza positivo -> ca 40%
• regolarità ritmi biologici
• B. “a lenta attivazione” : risposte meno intense alle novità e
• approccio-allontanamento in risposta a novità
adattamenti più lenti -> ca 15%
• adattabilità (modificabilità del comportamento in
• B. “difficili”: caratteristiche opposte a quelli facili -> ca 10%
una direzione desiderata)
• rimanente 35%: mix
• soglia di sensibilità agli stimoli
Ma: gradi di stabilità piuttosto limitati nel tempo (basse correlazioni)
• intensità di reazione (livello energia risposte)
Gli effetti delle differenze
“Goodness of fit”
• qualità dell’umore (rapporto comportamenti positivi/negativi)
caratteriali
sullo
sviluppo
variano
B.-ambiente come
• distraibilità (efficacia stimoli nell’interferire con
in
funzione
dell’interpretazione
di
chiave per uno
comportamento in atto)
tali differenze da parte
sviluppo ottimale
•estensione dell’attenzione (quantità di tempo dedicata ad una
dell’ambiente
(genitori
in
primis)
determinata attività)
TEORIA DEI SISTEMI EVOLUTIVI
• anche eventi minimi possono, nel tempo,
portare a riorganizzazione estese dei processi di
sviluppo
• prevedibilità limitata dei percorsi individuali di
sviluppo
• percorsi a rischio risultano dall’interazione tra
caratteristiche individuali e ambientali
• e sono favoriti da maggiore “vulnerabilità”
individuale
• che a sua volta risulta dall’interazione tra
caratteristiche individuali e ambientali
Modello EAS di Buss e Plomin
1984: solo 3 dimensioni possono
essere identificate in modo
affidabile (ovvero sono
separate e significative in
un’ottica psicometrica):
• Emotività (-> nevroticismo)
• Attività
• Socievolezza (->
estroversione-introversione)
Sesso -> genere
• esistenza di differenze
psicologiche
unicamente legate al
sesso rimane
controversa
• aggressività, abilità
verbali, abilità spaziali,
abilità matematiche,
vulnerabilità fisica e
psicologica
Schaffer cap. 3 – LA COSTRUZIONE DELLE PRIME RELAZIONI
Precedenti teorie dello
sviluppo:
Teoria associazionista
Teoria strutturale-innatista
Fase / Inizio
Compito evolutivo
Principali caratteristiche
1. Regolazione biologica
0 mesi
Regolarizzare i processi
biologici di base del
neonato e armonizzarli
con le richieste dei
genitori
•Adattamento reciproco tra ritmi del B. e dei genitori per quanto riguarda i ritmi di alimentazione e
l’alternanza degli stati sonno / veglia
•Si verifica molto rapidamente, già dopo soli 10 giorni di vita
•E’ altamente specifico per ciascuna coppia genitori-B.
2. Scambi “faccia a faccia”
2 mesi
Regolare l’attenzione
reciproca e la capacità di
risposta nelle situazioni
faccia a faccia
• 2 mesi: netto incremento dell’efficienza visiva -> punto di transizione dello sviluppo: B. diventa molto più
conscio dell’ambiente esterno ed in particolare delle persone (2/3 mesi: discriminazione tra una faccia
“propria” e una con lineamenti messi a caso)
• sguardi, vocalizzi, alimentazione: in tutti e tre gli ambiti il B. si comporta con sequenze on-off innate
perché su basi fisiologiche (guardare/distogliere lo sguardo, vocalizzare/tacere, succhiare/rimanere
inattivo), che possono essere considerate altrettanti preadattamenti alla vita sociale
• la madre fa uso di queste opportunità adattando i propri comportamenti ai ritmi del B.: accentua
espressioni/vocalizza quando il B. guarda/vocalizza, mentre rimane tranquilla ma disponibile quando il B.
distoglie lo sguardo/tace; rimane tranquilla quando il B. succhia, mentre vocalizza, accarezza il B. quando
questo è inattivo -> cioè si comporta come se i ritmi del B. fossero già provvisti di intenzionalità, e così
facendo pone le premesse perché la acquisiscano:
• ogni coppia adulto-B. sviluppa un proprio stile specifico di interazione, sotto la tripla influenza delle
caratteristiche specifiche dall’adulto (importanza scambi precoci con adulti diversi: madre e padre), del B.
(problema B. con handicap o prematuri, ma anche “difficili”) e del contesto socio-culturale mediato dai
comportamenti degli adulti
• questa è la fase in cui secondo Sullivan le emozioni (ansia) si trasmettono per “contagio”
3. Condivisione di
argomenti
5 mesi
Inserire gli oggetti nelle
relazioni sociali ed
assicurare ad essi azioni e
attenzione
• emerge la capacità di manipolazione -> il B. rivolge sempre più la sua attenzione verso il mondo delle cose
• il rapporto con la madre evolve dall’interazione faccia a faccia alla condivisione di oggetti esterni alla
coppia -> episodi di coinvolgimento reciproco (JIE)
• il B. però non ha ancora la capacità di prestare attenzione simultaneamente alla madre e all’oggetto, può
farlo solo in sequenza, e di nuovo la madre adatta il proprio comportamento a questo suo livello di capacità
-> “coorientamento” del proprio sguardo sull’oggetto guardato dal B., che così diventa condiviso
• in questa fase la madre pone anche la basi dello sviluppo semantico: sincronizza anche il proprio
comportamento verbale allo sguardo del B. e nomina l’oggetto, dando la possibilità al B. di apprendere
l’associazione tra oggetto e definizione verbale
Schaffer cap. 3 – LA COSTRUZIONE DELLE PRIME RELAZIONI (segue)
4.
Reciprocità
8 mesi
Iniziare azioni
intenzionali dirette verso
altri e sviluppare
relazioni più simmetriche
e flessibili
• a 8/9 mesi ha luogo un “fiorire” di nuove capacità cognitive (inclusa costanza dell’oggetto e l’abilità di differenziare i
mezzi dai fini di Piaget) e soprattutto il B. inizia a poter integrare informazioni provenienti da fonti diverse: questo ha
profonde implicazioni per il comportamento sociale, in quanto il B. diventa partner più paritario e può iniziare ad agire
reciprocamente ed intenzionalmente negli scambi sociali
• i cambiamenti si evidenziano (e si sviluppano) nei “giochi” con l’adulto (cucù, cavallino, battimani, dai e prendere) che
richiedono il coinvolgimento di entrambi i partecipanti e sono basati su regole chiare quali la ripetizione e lo scambio di
ruolo; secondo Bruner tali giochi facilitano anche l’acquisizione del linguaggio poiché presentano componenti strutturali
tipiche del linguaggio stesso e della conversazione
• il B. acquisisce il senso della reciprocità, ovvero la conoscenza di come un’iterazione abbia bisogno di essere sostenuta da
entrambi i partner, e di come i loro ruoli debbano essere coordinati e possano essere scambiati
• inoltre sviluppa l’intenzionalità, ovvero la capacità di mettere in atto un comportamento in funzione di un obiettivo (il
che presuppone l’aver acquisito la conoscenza che i propri comportamenti possono produrre dei risultati);
• anche la comunicazione diventa intenzionale, tra i comportamenti che lo denotano: l’alternanza dello sguardo tra oggetto
e adulto, il recupero dei messaggi falliti, la ritualizzazione dei gesti che vengono impiegati in modo intenzionale come
strumenti di comunicazione (es indicare, dare un oggetto alla madre)
•in questa fase, di fronte ad un oggetto/evento nuovo o ambiguo, compaiono comportamenti di ricerca del riferimento
sociale (il B. non guarda solo l’oggetto / evento, ma anche la madre o altro adulto familiare) come chiave di interpretazione
della realtà: indizio di come il B. riesca già ad attribuire ad altri degli stati mentali, e quindi stia sviluppando una propria
“teoria della mente”
5.
Rappresenta
zione
simbolica
18 mesi
Sviluppare strumenti
verbali e simbolici di
relazione con gli altri e
riflettere sugli scambi
sociali
•dalla metà del secondo anno di vita i B. raggiungono lo stadio in cui possono rappresentare azioni e oggetti interiormente
sotto forma simbolica
• nel secondo anno di vita compare l’uso della gestualità per rappresentare simbolicamente oggetti e eventi allo scopo di
comunicare con altre persone (es annusare per rappresentare un fiore, tenere le braccia sollevate per rappresentare un
aereo); la maggior parte dei gesti raffigura la funzione piuttosto che la forma dell’oggetto; l’uso della gestualità simbolica
diminuisce poi a mano a mano che procede l’acquisizione del linguaggio; a riprova che gesti e linguaggio verbale
costituiscono forme parallele di comunicazione con una base comune (il LAD), il fatto che i B. non udenti sviluppano anche
spontaneamente un proprio “linguaggio dei gesti” con caratteristiche di componibilità (combinazione dei singoli gesti in
“frasi”) analoghe a quelle del linguaggio verbale
• nel linguaggio si verifica “l’esplosione del vocabolario”, probabilmente dovuta proprio alla scoperta che la definizione può
essere usata separatamente dal suo oggetto di riferimento e come suo sostituto con intenti di comunicazione
• evidenze che esiste una correlazione tra numerosità e ricchezza degli episodi di coinvolgimento reciproco con un adulto
(JIE – Joint Involvement Episodes) e velocità dello sviluppo del vocabolario, tra cui, a controprova, la minor velocità di
sviluppo del vocabolario per i gemelli dove la madre deve dividere fra i due le proprio attenzioni
• tra i comportamenti specifici dell’adulto che facilitano lo sviluppo del vocabolario (anche se non esistono evidenze che
anche solo uno di essi sia strattamente necessario): stili di linguaggio non direttivi (ascoltare, tollerare gli errori), uso di
tecniche che richiamano l’attenzione (indicare e nominare gli oggetti o le loro caratteristiche), sincronizzazione tra stimoli
verbali e interesse spontaneo del B. verso l’oggetto/evento cui si riferiscono, coinvolgimento del B. in format preverbali di
scambio sistematicamente ordinati secondo regole come quelle dello scambio di ruoli (i giochi già detti), parlare in
“motherese”
Schaffer cap. 3 – LA COSTRUZIONE DELLE PRIME RELAZIONI (segue) + Bombi Lez. 5 (Teorie motivazionali - segue)
ETOLOGIA
Concetto di istinto, che nel corso del 900 era stato
ripudiato dalla psicologia, è stato ad essa restituito dal
contributo proveniente dall’etologia a partire dagli
anni ’70
Lorenz, Tinbergen (anni ’30): richiamo esplicito a
Darwin, obiettivo è identificare i comportamenti delle
diverse specie e spiegarli rispondendo a 4 quesiti
fondamentali
• Cause immediate
• Ontogenesi
• Funzione adattiva
• Filogenesi (cause prime o remote)
Etologia europea delle origini vs comportamentismo USA:
•studio del comportamento animale nelle sue condizioni naturali per identificare il complesso di
comportamenti tipici della specie: etogramma
• ogni specie possiede un ricco repertorio di capacità innate, o adattamenti filogenetici, che comprendono:
• particolari sequenze di movimenti
• risposte selettive verso certi tipi di stimoli
• disposizioni ad apprendere con maggiore facilità determinati tipi di contenuti o associazioni
(-> imprinting)
Etologia classifica le azioni istintive, in funzione della loro complessità, in:
• Coordinazioni ereditarie: sequenze stereotipate di movimenti, non divisibili in unità più piccole ->
nell’uomo sorriso, sbadiglio, pianto, in altre specie beccata, postura di danza
• Concatenazioni: organizzazioni sequenziali di coordinazioni ereditarie, dove ciascuna scatena la successiva
•Sistemi comportamentali: organizzazione di coordinazioni ereditarie non fissate rigidamente, ovvero
l’obiettivo è definito ma i mezzi sono variabili
ATTACCAMENTO: John Bowlby, processo a base innata. Base evolutiva e ontogenentica consiste nella necessità
di essere vicino al genitore: predisposizione biologica del B. a sviluppare un attaccamento per chi si prende
cura di lui. Funzione biologica: proteggere la prole; funzione psicologica: fornire sicurezza
Primo legame affettivo del B. Definito come legame di lunga durata, emotivamente significativo, con una
persona specifica
Caratteristiche del sistema: selettivo / implica ricerca di vicinanza fisica / fornisce benessere e sicurezza
come risultato della vicinanza / l’interruzione del legame determina stato di angoscia da separazione
Distinzione tra
• “sistema di attaccamento”: termine teorico, si riferisce ad un programma e sistema di controllo non
osservabile che causa i comportamenti di attaccamento,
• “legame di adattamento”: termine osservativo: la relazione stabile ed emotivamente significativa che si
traduce in ricerca di vicinanza
• e “comportamento di attaccamento”: termine osservativo: le azioni volte a mantenere la vicinanza
Processo di attaccamento si sviluppa in 4 fasi:
• preattaccamento: 0-3 mesi; risposte del tutto indiscriminate, le risposte (tipicamente sorriso) servono a
promuovere le vicinanza del genitore
• formazione dell’attaccamento (3-7/9 mesi): riconoscimento delle persone familiari, risposte nei loro
confronti più pronte e più intense (base cognitiva necessaria: memoria di riconoscimento)
• attaccamento vero e proprio: 7/9 mesi –2/3 anni: risposte di attaccamento concentrate su persone familiari
e in particolare sul caregiver; angoscia da separazione; persone non familiari accolte con diffidenza/timore
(base cognitiva necessaria: costanza dell’oggetto)
• formazione di un rapporto reciproco / relazione gestita in funzione dell’obiettivo: dai 2/3 anni in poi il B.
diventa capace di comportarsi con intenzionalità, pianifica le sue azioni in funzione dei suoi obiettivi ed è in
grado di iniziare a prendere in considerazione anche sentimenti e obiettivi dell’altro
Autismo: incapacità innata di sviluppare l’abituale e biologicamente determinato contatto affettivo con le
persone
Sviluppi successivi vedono l’interazione tra 3 sistemi comportamentali:
• attaccamento / esplorazione / prudenza
(base cognitiva necessaria: capacità di formarsi una rappresentazione mentale del caregiver da
“portare con sé” e con cui entrare in relazione anche in assenza della figura stessa)
Tipi diversi di attaccamento, risultanti dall’interazione
tra richieste del B. e risposte della madre (a loro volta
modulate da caratteristiche sia della madre* che del B.)
• sicuro <- madre autonoma (gruppo di maggioranza, da
57 D a 75% UK)
• insicuro evitante <- madre rifiutante (da 5 J a 35% D)
• insicuro resistente <- madre preoccupata (da 3 UK a
27% J)
• disorganizzato
Paradigma “strange situation” C. Ainsworth
A partire dalle esperienze con le figure di
attaccamento, si creano i cosiddetti “modelli operativi
interni” (schemi?), che finiscono con rappresentare le
caratteristiche proprie di ciascuna figura e del tipo di
relazione che con essa si è sviluppata
• rappresentazioni mentali che comprendono sia
caratteristiche emotive che cognitive
• sviluppo modellato dalle esperienza di ricerca di
prossimità vissute dal B.
• una volta formati, esistono al di fuori della coscienza
e tendono ad essere stabili
• forniscono regole che guidano comportamenti e
sentimenti nei confronti degli altri significativi
*Ipotesi continuità intergenerazionale: modello
operativo interno della madre influenza il modo di
interagire con il figlio e quindi il tipo di attaccamento
che questi svilupperà nei suoi confronti
Schaffer cap. 5 – FAMIGLIE, GENITORI E SOCIALIZZAZIONE
LE FAMIGLIE COME SISTEMI
• famiglie sono ambito ideale per l’educazione dei B., in quanto gruppi
piccoli e intimi che facilitano l’apprendimento delle regole di
comportamento, costituite da persone che si dedicano con passione alla
cura dei B., legate a a vari ambienti esterni (altre famiglie, lavoro,
divertimento) nei quali I B. possono essere gradualmente introdotti
Secondo i principi della teoria dei sistemi, la famiglia va vista come:
• insieme organizzato, maggiore della somma delle sue parti, le cui
proprietà non possono essere comprese semplicemente studiando il
funzionamento delle singole componenti
• comprendente numerosi sotto-sistemi, costituiti da tutte le possibili
relazioni fra ogni membro della famiglia e tutti gli altri
• un insieme dove le influenze sono circolari piuttosto che lineari, e
quindi tutte le componenti sono reciprocamente dipendenti: il
cambiamento di una comporterà un qualche cambiamento di tutte le altre
• un sistema aperto, quindi soggetto alle influenze degli stimoli esterni,
ma che come tutti i sistemi tende a mantenere uno stato di equilibrio: i
cambiamenti tenderanno quindi in prima battuta ad essere respinti e, ove
questo non è possibile, il sistema nel suo insieme dovrà cambiare trovando
un nuovo adattamento (anche laddove lo stimolo esterno agisce
direttamente solo su uno dei componenti) -> transizione dalla coppia alla
funzione genitoriale, arrivo di un nuovo B., nuovo matrimonio, ecc
Ostilità
• differenze tra stile paterno e materno ascrivibili all’influenza più dei ruoli sociali che di
caratteri biologici innati
• sistemi di credenze genitoriali esercitano un’influenza sullo sviluppo del B., ma anche qui si
tratta di processi non unidirezionali e non lineari: i valori del genitore si trasmettono al B.
attraverso la storia complessiva delle interazioni fra i due
Relazione
coniugale
Comportamento
e sviluppo del B.
LA NATURA DELLA FUNZIONE GENITORIALE
• effetti prodotti dai genitori sullo sviluppo non sono diretti, ma mediati da caratteristiche del
B. e del contesto socio-culturale
• cure genitoriali distinguibili per obiettivi (perseguibili in gerarchia): 1) assicurare
sopravvivenza e quindi successiva riproduzione del b; 2) sviluppare nel B.la capacità di diventare
economicamente autosufficiente; 3) favorire l’auto-realizzazione del B.in quanto individuo
• qualità dei genitori distinguibili in: 1) qualità universali (parte del patrimonio ereditario della
specie); 2) qualità specifiche del tipo di cultura; 3) qualità individuali, riferibili alla personalità
individuale
• cure genitoriali hanno anche nella specie umana una base innata, ma rispetto ad altre specie
si manifestano con un elevato livello di flessibilità, espressione di variabilità culturale (es. modo
di alimentare il B. e identità di chi lo alimenta)
• inoltre anche comportamenti “universali” possono essere comunque veicolo di trasmissione di
valori culturali: es diverso uso del “motherese” da parte di madri giapponesi e americane
• comportamenti individuali dei genitori descrivibili lungo due dimensioni bipolari abbastanza
indipendenti: permissività/severità e sollecitudine/ostilità (affettiva), che permettono di
disegnare 4 quadranti di possibili pattern o stili genitoriali, che si pensa mostrino associazioni
con il comportamento del B. e dove lo stile “autorevole” e “trascurante” sono quelli associati
rispettivamente ai migliori e peggiori esiti per lo sviluppo del B. (anche se non si può parlare di
relazioni lineari di causa-effetto)
Sollecitudine
DEMOCRATICO
• a livello individuale gli stili
PERMISSIVO AUTOREVOLE IPERPROTETTIVO
genitoriali dimostrano coerenza nel
Permissività
Severità
tempo, ma nel complesso le modalità
di manifestazione si adeguano al
TRASCURANTE AUTORITARIO
mutare delle esigenze del B.
Funzione
genitoriale
• qualità della relazione coniugale influenza comportamento e sviluppo
B. sia direttamente, sia influenzando i modi di esplicare funzione
genitoriale
• ma a sua volta il comportamento del B. influenza la funzione
genitoriale, sia direttamente, sia influenzando la relazione coniugale
• lo schema delle influenze circolari è applicabile per ciascuno dei
sotto-insiemi (relazione madre-figlio, padre-figlio, relazioni fra fratelli)
-> la famiglia è costituita da una rete di relazioni che funzionano in
modo interdipendente (implicazioni terapeutiche)
CREDENZE
GENITORIALI
PRATICHE
EDUCATIVE
COMPORTAMENTO
DEL B.
CREDENZE DEL B.
• credenze parentali costituiscono la “psicologia spontanea” impiegata per spiegare lo sviluppo
del B. e il proprio ruolo in esso, e riflettono influenza sia del contesto culturale, sia della
specifica struttura di personalità e stile cognitivo individuale; in generale sistemi di credenze
più elaborati tendono ad essere collegati con pratiche educative che generano maggiori capacità
nei B.
• evidenze che disaccordo nelle credenze dei due genitori crea per il B. un ambiente familiare
meno prevedibile (ma all’origine di entrambi gli aspetti può esservi disaccordo coniugale),
vissuto come minaccia alla sicurezza soprattutto dai maschi
• deficit nella funzione genitoriale possono essere originati da: 1) caratteristiche individuali dei
genitori (es stati patologici); 2) caratteristiche del B.; 3) contesto sociale; i tre aspetti
interagiscono e il grave è quando producono effetti combinati
Schaffer cap. 5 – FAMIGLIE, GENITORI E SOCIALIZZAZIONE (segue)
Socializzazione = processi per mezzo dei quali i modelli di ciascuna società sono
trasmessi da una generazione alla successiva. Il processo viene avviato nel contesto
familiare innanzi tutto attraverso modalità concrete di comportamento
Modello
Riferimenti
Concetto di B.
Pratiche genitoriali
Focalizzazione della ricerca
Lassez-faire
Rousseau, Pestalozzi, Froebel,
A.S. Neill
Preformato
Lasciarlo solo
Sul B. - individuare norme di sviluppo
Stampo
d’argilla
Empirismo, comportamentismo
Passivo
Formare ed educare
Sulle pratiche educative – effetti di
ricompensa e punizione
Conflittualità
Moralisti del ‘400 e dell’800,
Freud
Antisociale
Disciplinare
Sull’interazione conflittuale genitore-B.
Reciprocità
Vygotskij
Partecipante
Sensibilità e ricettività
Sull’interazione di adattamento reciproco
genitore-B.
Socializzazione cognitiva
• prima di Vygotskij sviluppo cognitivo visto come processo essenzialmente individuale, risultato di maturazione da un lato e dall’altro di apprendimento rispetto al
quale l’ambiente si limitava a fornire stimoli e rinforzi
• dalla scoperta di V. in poi (anni ’60) anche lo sviluppo delle capacità cognitive viene visto come esito di processi di socializzazione
• V. postula che le funzioni psichiche superiori compaiano una prima volta su un piano intermentale, ovvero nel corso dell’interione con un’altra persona, e solo
successivamente vengano interiorizzate sul piano intramentale
• V. definisce il concetto di Zona di Sviluppo Prossimale, o ZPD o ZOPED, per definire l’ambito in cui la guida dell’adulto ha la massima possibilità di essere efficace
nel favorire lo sviluppo cognitivo; la ZOPED corrisponde allo spazio intercorrente tra ciò che il B. è già in grado di fare da solo (limite inferiore) e ciò che arriva a fare
con la guida di un adulto (limite superiore); il tutore competente è colui che sa individuare questa zona in ogni B. e per ogni compito
• la maggior parte degli studi USA in proposito si focalizzano sull’interazione madre-B., dove appare che le madri hanno una conoscenza “istintiva” della Zoped e
all’interno di essa spesso agiscono nella modalità più efficace, ovvero insegnando al B. in modo “contingente” (adattamento reciproco) e spostando continuamente
verso l’alto la propria guida. Schaffer propone di estendere a tutte queste interazioni adulto-B. il concetto di JIE (joint involvment episodes) visto per lo sviluppo del
linguaggio; altro concetto (più pertinente) è quello di scaffholding (impalcatura, che coma tale una volta costruito il nuovo edificio viene rimossa)
• in generale evidenze sperimentali che tutte le prestazioni cognitive del B., comprese le più “basilari” come il mantenimento dell’attenzione, oppure il passaggio
dal gioco sensomotorio al gioco funzionale e poi simbolico, possono essere migliorate grazie al coinvolgimento di un adulto piuttosto che attraverso l’interazione con i
pari, ma il grado di questo miglioramento varia al variare anche delle caratteristiche del B.
Socializzazione emotiva
• sviluppo emotivo, muovendo da basi biologiche (che si tratti di emozioni primarie universali o di emozioni-base che andranno poi articolandosi di pari passo con lo
sviluppo anche cognitivo), viene modellato e direzionato dai processi di socializzazione
• studi transculturali dimostrano che la socializzazione influisce sia sui limiti entro cui l’emotività in generale deve essere espressa (e prima ancora provata), sia nel
determinare quali emozioni sono “giuste” e quali no, sia nello stabilire norme per la manifestazione di ciascuna specifica emozione e rispetto a ciascun contesto; la
socializzazione emotiva del B. inizia attraverso l’interazione con i genitori, e trova successivamente nel linguaggio un potente mezzo di espressione e definizione
• all’interno delle credenze e delle norme definite dal gruppo sociale di appartenenza, vi è poi ampia variabilità nel clima emotivo di ogni famiglia, che influenza
fortemente lo sviluppo emotivo del B. - evidenze pregnanti per gli estremi della scala: povertà di emozioni delle interazioni con una madre depressa da un lato e
sovrabbondanza di emozioni in famiglie conflittuali dall’altra sono entrambe spesso associate ad uno sviluppo emotivo inadeguato (emozioni negative, problemi nella
regolazione delle emozioni)
• le caratteristiche del B. giocano anche qui un ruolo non secondario, e di fatto quello che si stabilisce tra B. e madre è un vero e proprio “dialogo emotivo” non
verbale fatto di segnali facciali, gesti, ecc, con tanto di regole, prese di turno, ecc
• con l’emergere del linguaggio la socializzazione emotiva prende anche la forma del parlare delle emozioni, il che rende ancora più facile la loro condivisione;
evidenze che le madri tendono da subito a incoraggiare più le femmine che i maschi a farlo e che il parlare delle emozioni favorisce uno sviluppo emotivo più
articolato
Schaffer cap. 6.3 – COMPORTAMENTO PROSOCIALE E ANTISOCIALE
• Abbandonata la concezione freudiana (ma anche piagetiana) del B. inizialmente solo egoista o comunque egocentrico, vengono ricercate evidenze di
cognizioni/emozioni e comportamenti definiti “prosociali”
• Sul piano cognitivo/emotivo il concetto è quello di empatia, ovvero capacità di condividere l’emozione dell’altro per comprendere i bisogni
• L’empatia è condizione necessaria per avere poi, sul piano comportamentale, gesti di altruismo (che però non seguono necessariamente)
Fasi sviluppo
empatia
Età d’inizio
Caratteristiche
Comportamenti prosociali
Empatia
globale
Nel primo
anno
Gli altri non sono visti come distinti da sé, perciò la felicità o
l’angoscia di un altro è confusa con i propri sentimenti
(concetto di “contagio” di Sullivan), ciò che accade agli altri è
come se accadesse al B. stesso
Sorriso a sorriso, pianto a pianto
Empatia
egocentrica
Nel secondo
anno
Il B. è consapevole che è un’altra persona e non lui ad essere
felice/angosciata, ma gli stati interiori degli altri sono ancora
considerati come parti di sé
Offre spontaneamente un giocattolo, fa gesti di conforto
Empatia per i
sentimenti
dell’altro
2-3 anni
Il B. diviene consapevole che gli altri hanno sentimenti distinti
dai propri e risponde on modo non egocentrico
L’acquisizione del linguaggio permette una distinzione sempre
più fina delle emozioni
Conforto verbale, consigli, azioni per dare aiuto o distrarre
Comportamenti differenziati a seconda delle circostanze
Possibile declino nelle attività prosociali tra i 3 e i 6 anni
Empatia per le
condizioni di
vita dell’altro
Tarda
infanzia
Il B. percepisce i sentimenti degli altri non più solo come
reazioni momentanee ma come espressioni generali delle loro
esperienze di vita
Risponde differentemente agli stati d’angoscia cronici e a
quelli transitori
• Estrema variabilità individuale nello sviluppo dell’empatia e nella messa in atto di comportamenti altruistici
• “stili” individuali inizialmente molto variabili, si stabilizzano dai 2-3 anni in poi
• correlazione fra frequenza comportamenti altruistici e successivo sviluppo sociale
• sicuramente componente ereditaria, ma anche forte plasticità rispetto all’ambiente soprattutto nella fase iniziale, fino a 2-3 anni; studi transculturali
evidenziano che l’altruismo è più presente nei B. soprattutto nelle società dove esso è necessario (accudimento fratelli piccoli)
• comportamenti genitoriali più strettamente associati allo sviluppo di tendenze prosociali nei B. risultano essere:
• comunicazione di principi e regole chiari di attenzione agli altri
• enfasi emotiva nella loro comunicazione
• attribuzione al B. di qualità prosociali
• esempio
• cura empatica del B.
Schaffer cap. 6.3 – COMPORTAMENTO PROSOCIALE E ANTISOCIALE (segue)
•Le società valorizzano o condannano l’aggressività in misura differente, e le pratiche
di educazione dei B. riflettono questi valori
• Aggressività definibile come ogni comportamento progettato al fine dal recato
danno ad altri (va distinta da gioco turbolento, rispetto alla quale possiede pattern
espressivi e di comportamento diversi e distinguibili)
Classificazione in:
• aggressività ostile: atti il cui obiettivo principale è infliggere danno alla vittima
(intenzionalità)
• aggressività strumentale: atti che possono provocare danno alla vittima, ma
motivati da ragioni non aggressive in sé (es prendere un giocattolo)
Evoluzione dell’ aggressività nel corso dello sviluppo:
• quantità di azioni aggressive strumentali tende prima a diminuire (a 1 anno circa
50% delle azioni del B. verso altri B. classificabili come aggressive, contro 17% a 3
anni e mezzo), poi ad aumentare nuovamente tra i 9 e i 14 anni nei maschi (ma
aggressività osservata è quella fisica)
• tipo di azioni aggressive evolve dal fisico al verbale (ottimo per aggressività ostile)
• cause della comparsa seguono evoluzione obiettivi del B. con l’età; tipicamente
all’inizio l’aggressività si rivolge verso altri B. e riguarda possesso di giocattoli,
successivamente coinvolge i genitori e riguarda attività di routine (pasti, bagno,
orario sonno), nella seconda fanciullezza coinvolge esperienze e obiettivi di gruppo
• comportameno aggressivo diventa mano a mano più controllabile, ma anche più
sofisticato e sottile, al crescere dello sviluppo cognitivo che comporta una sempre
maggiore capacità di intendere le ragioni dell’altro e assumere la sua prospettiva,
nonché di anticipare le sue e le proprie azioni e prevederne le conseguenze
• Grande variabilità individuale nei livelli di aggressività
• Evidenze a favore della stabilità nel tempo (livello di stabilità comparabile a quello
dei punteggi nei testi di intelligenza) -> alte probabilità che il B. aggressivo diventi un
adolescente e poi un adulto aggressivo; aggressività nell’infanzia è un predittivo
significativo di attività antisociali negli adulti
• Misure di aggressività infantile negativamente correlate con quelle di
comportamento prosociale: ipotesi che si tratti di due strategie opposte di problem
solving
• Approccio cognitivo all’analisi dell’aggressività (Dodge) mette in luce come
comportamento aggressivo possa essere il risultato di errore/mancanza di
abilità in una qualsiasi delle fasi del processo, e come una stessa azione
aggressiva messa in atto da soggetti diversi possa avere cause molto diverse ->
implicazioni per diagnosi clinica e terapia
Segnale
sociale
1. CODIFICA
2. INTERPRETAZIONE
3. RICERCA DI RISPOSTE
4. DECISIONE RISPOSTA
Obiettivi
dell’individuo
Memoria
disponibile
5. MESSA IN ATTO
Genesi dell’aggressività
• pulsione di morte di F. che preme per scarica diretta, deviata o sublimata:
no evidenze, e modello idraulico screditato
• teoria etologica di Lorenz: aggressività come parte della dotazione biologica
perché originario vantaggio evolutivo, deve essere scaricata (modello idraulico
come F.), visione pessimistica sulla possibilità di farlo in modo non primitivo e
distruttivo
• modello frustrazione e aggressività di Dorland: screditato, non sempre la
prima conduce alla seconda o la seconda necessità la prima
• teoria dell’apprendimento sociale di Bandura (apprendimento vicario,
mediante osservazione): prove a favore
• approccio attuale: interazione tra fattori ambientali e biologici; studi
genetica del comportamento evidenziano come la maggior parte della
variabilità individuale sia dovuta a fattori genetici (che possono essere poi
ulteriormente rafforzati dall’ambiente: prima quello familiare –dove gli stessi
geni sono all’opera- poi da quello sociale più ampio che l’individuo però
seleziona)
• differenze per genere di origine biologica poco accettate, la differenza sta
più nel tipo di aggressività (maschi fisico, femmine verbale); da notare inoltre,
a riprova del ruolo dei processi di socializzazione, che l’aggressività è
tendenzialmente tollerata (valorizzata) molto più nei maschi che nelle
femmine (stessi B. imbacuccati che giocano sulla neve giudicati come non
aggressivi o aggressivi a seconda se presentati come maschi o femmine)
Comportamenti parentali associati con alti livelli di aggressività
• rifiuto del B.
• permissività rispetto ai comportamenti aggressivi
• esempio
• punitività (punizioni frequnti, gratuite e incoerenti): effetti opposti su B. di
per loro molto aggressivi (+++) o poco (---)
• rinforzo dell’aggressività (spesso viene punita quella diretta a loro, ma
rinforzata qella diretta ad altri)
Tuttavia nessuna sicurezza di una relazione causale
Spiegazione (Patterson) in termini di pattern di coercizione che caratterizza la
famiglia, ovvero cicli coercitivi per cui ciascuno risponde all’aggressività
dell’altro aumentando il proprio livello di aggressività (insomma circolo
vizioso) -> implicazioni diagnosi clinica e terapia che devono essere orientate
non al solo individuo ma al sistema familiare
Ruolo della violenza nei mass media nel favorire l’aggressività:
• comprovato effetto a breve termine, videogiochi tanto quanto TV
• nessuna certezza sugli effetti a lungo termine
• problema dell’uovo e della gallina, ed inoltre problema concettuale di
definizione di cosa sia uno spettacolo (o videogioco) violento e cosa no
Varin lez. ?
SVANTAGGIO CULTURALE E CRESCITA NELLA POVERTA’
MASS MEDIA COME AGENTI DI SOCIALIZZAZIONE
Schaffer cap. 6.4 – LO SVILUPPO MORALE
<Prodotto finale del processo di socializzazione è un individuo in grado distinguere il “giusto” dallo “sbagliato” e di
agire conseguentemente. Il suo comportamento sosterrà ordine sociale e lo farà in modo convinto e non a causa
della paura della punizione>. Il problema è: come si verifica l’interiorizzazione morale?
• No accettazione cieca/apprendimento passivo: natura attiva del B. nel selezionare, interpretare e dare un senso
alle informazioni ricevute
• B. costruisce moralità a partire dall’esperienza sociale, modellata dal livello cognitivo raggiunto
PIAGET
Stadio
Età
Caratteristiche
Premorale
Fino a 4
anni
Nessuna comprensione delle regole o delle basi
del giusto e dello sbagliato
Realismo
morale
4-9/10
anni
Eteronomia morale: Le azioni sono giudicate dal
risultato materiale. Le regole sono emanate
dalle autorità e non possono essere cambiate.
Sbagliata è qualsiasi cosa un adulto proibisca
Soggettivis
mo morale
Da 9/10
anni in
poi
Autonomia morale: Le azioni sono giudicate
secondo le intenzioni. Le regole sono fatte dalle
persone: possono essere cambiate se c’e’
accordo reciproco. Sbagliata è la trasgressione
dei principi morali
• Progressione è determinata da sviluppo cognitivo e esperienza sociale
• per P. è l’interazione con i coetanei piuttosto che con gli adulti che
consente di progredire dal realismo al soggettivismo morale, attraverso
l’esperienza di gestione e risoluzione dei conflitti: conflitto interpersonale ->
conflitto cognitivo, per P. veicolo di tutti i progressi ontogenetici
• teoria criticata perché “storie” troppo complesse (evidenze che B.
possiedono capacità di ragionamento in anticipo rispetto a quanto previsto
da P.) e perché stadi troppo monolitici (evidenze che B. possono “cambiare
stadio” a seconda dello specifico problema/ situazione)
Schaffer cap. 6.4 – LO SVILUPPO MORALE (segue)
KOHLBERG
Livelli
Moralità
preconvenzio
nale
(infanzia e
criminali
adulti)
Moralità
convenzionale
(dalla media
adolescenza,
norma per la
maggioranza
degli adulti)
Sta
di
Caratteristiche
1
Orientamento schematico di punizione-obbedienza.
Ciò che è giusto è qualsiasi cosa gli altri permettano; è
sbagliato ciò che gli altri puniscono. Non c’è concezione di
regole. La gravità della violazione dipende dall’entità delle
conseguenze
2
Individualismo e orientamento strumentale.
Le regole sono rispettate soltanto quando è nell’interesse
immediato del B. Giusto è quello che permette di ottenere
una ricompensa o uno scambio alla pari
3
Aspettative, relazioni e conformità interpersonali reciproche.
Essere “buono” significa corrispondere alle aspettative degli
altri, avere buone intenzioni e mostrare interesse per gli altri.
Fedeltà, lealtà, rispetto e gratitudine sono apprezzati
4
Sistema sociale e coscienza.
Il giusto è un problema di compimento di doveri liberamente
accettati. Le regole sociali e le convenzioni vanno rispettati
salvo che confliggano con altri obblighi sociali. Fornire un
contributo alla società è un fatto buono.
5
Contratto sociale o utilità e diritti individuali
Le persone possiedono una varietà di valori e opinioni mentre
le regole sono relative al gruppo, ma devono essere rispettate
in quanto parte del contratto sociale. Le regole imposte non
sono giuste e possono essere rimesse in discussione. Alcuni
valori come la vita e la libertà non sono relativi e devono
essere rispettati indipendentemente dall’opinione della
maggioranza
6
Principi etici universali.
I principi etici che ci scegliamo determinano ciò che è giusto.
In un conflitto tra la legge e questi principi è giusto seguire la
propria coscienza. I principi sono linee guida morali astratte,
organizzate in un sistema di valori coerente.
Moralità
postconvenzio
nale (rara)
• K. estende lo sviluppo morale fino all’età adulta
• come P. sottolinea il ruolo costruttivo del B. e vede lo sviluppo
morale strettamente interconnesso al suo sviluppo cognitivo, che
rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente
(necessario il confronto con esperienze sociali), e come in P. i livelli
e stadi sono sequenziali
• evidenze di sufficiente coerenza nell’appartenenza degli individui
ad un determinato stadio rispetto a problemi in ambiti diversi
• evidenze di universalità (anche se determinati modelli sociali
favoriscono più di altri l’accesso / permanenza in uno stadio)
•. teoria criticata perché come P fonda la moralità essenzialmente
sul ragionamento e ne affronta solo gli aspetti cognitivi, trascurando
le forti emozioni che spesso accompagnano la sua messa in pratica,
e perché occupandosi solo alcuni aspetti della moralità (giustizia e
imparzialità) non contempla i comportamenti prosociali dei B.
anche molto piccoli, che possono invece essere visti come inizio
(anticipato, quindi) dello sviluppo morale
Schaffer cap. 6.4 – LO SVILUPPO MORALE (segue)
•
•
•
•
•
Comprensione morale e comportamento morale non sono sempre strettamente associati
A monte, difficoltà metodologica a definire cosa sia un comportamento morale, e cosa uno immorale
Comunque evidenza che comportamento morale varia al variare delle situazioni (poca coerenza fra i “punteggi di onestà” dei B. nelle diverse situazioni di test)
E risultati contradditori anche negli studi sugli stadi di sviluppo morale dei delinquenti minorili
Per favorire il comportamento morale, la comprensione morale deve passare per la creazione di una “coscienza”, ovvero l’interiorizzazione delle norme morali
Principali pratiche educative usate dai genitori possono essere classificate in:
• Disciplina orientata dall’amore: si spinge il B. ad obbedire negando affetto e approvazione se
non lo fa
• Disciplina imposta dal potere: punizioni fisiche, sottrazione di privilegi e mezzi verbali che
sottolineano l’imposizione della propria volontà (“perché lo dico io”)
• Disciplina induttiva: si danno spiegazioni al B. ovvero una ragione cognitiva del perché si
richiede da lui un certo comportamento, con appelli al suo orgoglio e uso di induzioni verso gli
altri
• Correlazione tra uso prevalente disciplina induttiva e interiorizzazione morale da parte del B.,
nonché tra uso prevalente disciplina del potere e obbedienza del B. ma senza interiorizzazione,
mentre la negazione dell’amore sembra dare risultati contradditori (secondo Shaffer questo
smentisce F.!)
• Tuttavia no evidenze di causa-effetto, anche perché di nuovo non si deve dimenticare il ruolo
attivo del B., ovvero che la relazione va anche in senso inverso: determinate caratteristiche del
B. portano i genitori ad adottare più frequentemente un certo tipo di disciplina, ed è l’insieme
delle caratteristiche del B. e dei comportamenti messi in atto dai genitori a favorire o meno il
raggiungimento dell’interiorizzazione morale
• Inoltre non tutti i tipi di disciplina sono ugualmente efficaci a tutte le età
• Pertanto la chiave è la capacità dei genitori di essere flessibili nell’adattare di volta in volta il
tipo di disciplina e lo specifico comportamento messo in atto sia alle caratteristiche del B. sia
alla sua particolare fase di sviluppo (ma no?!)
Varin Lez. 6:
Ecologia dello sviluppo –
Bronfenbrenner
+ Schaffer cap. 7.2
TEORIA ECOLOGICA DELLO
SVILUPPO: contributi della biologia,
psicologia, scienze sociali
METODO DELLA RICERCA ECOLOGICA:
• centralità del concetto di validità ecologica -> studiare i processi psicologici in diversi contesti
• studiare come i processi studiati si modificano in contesti diversi
• raccogliere dati sui soggetti da diversi punti di vista -> persone che hanno differenti competenze
e ruoli e possono osservare i soggetti da diversi punti di vista
Sviluppa un modello CRONOSISTEMICO dello sviluppo: il tempo è
anche una proprietà dell’ambiente (oltre che del soggetto)
• Microsistema: sistema degli ambienti
di cui il B. è direttamente
partecipe: famiglia, scuola,
gruppo dei pari
•Mesosistema:insieme delle relazioni
tra gli ambienti facenti parte
del microsistema
•Esosistema: sistema degli ambienti con cui il B. non è
direttamente in contatto, ma di cui sono partecipi gli altri
componenti degli ambienti contenuti nel microsistema: es.
lavoro dei genitori
•Macrosistema: sistema politico/culturale generale, società in
senso esteso, del quale sono parte tutti gli ambienti descritti
Azione congiunta di P e A -> NICCHIE ECOLOGICHE: regioni
dell’ambiente particolarmente favorevoli/sfavorevoli allo
sviluppo di individui con particolari caratteristiche
Un compito
dell’ecologia psicologica
è studiare come gli
eventi di confine
influenzano lo spazio di
vita
Furth (1980): schema sviluppo ontogenetico della comprensione della società
• fino a 5-6 anni: comprensione assente: manca quadro di riferimento, ciascuna
informazione sulla società viene elaborata separatamente o interpretata alla luce di
considerazioni puramente personali; denaro creduto liberamente disponibile
• 7-8 anni: comprensione alcune funzioni elementari, iniziando dagli aspetti con cui il B.
è direttamente a contatto; comprende che denaro serve a scambiare mercanzie
• 9-11 anni: comprensione di parti del sistema; B. tenta di fornire spiegazioni coerenti e
logiche, è in grado di dedurre relazioni senza aver bisogno dell’osservazione diretta;
tuttavia manca comprensione delle relazioni complesse
• 11 anni +: comprensione logica: comprensione dei meccanismi di base e applicazione
del pensiero logico, comprensione può solo essere rallentata da mancanza di
informazioni; tuttavia il pensiero è ancora relativamente concreto e poco sistematico
• avanti: non tutti gli adulti vanno oltre il 4° stadio…
• Modello esalta intedipendenza tra i
sistemi che interagiscono con sviluppo
• Scuola: ciascuna fornisce un
particolare “ethos”, che influenza il
comportamento del B. Effetti del
sistema scolastico potenziati nella
transizione da un sistema e l’altro
(elementari /medie / superiori) che
oltretutto spesso coincide con fasi di
passaggio nello sviluppo fisico
•Importanza dei legami famigliascuola (mesosistema) -> motivazioni,
progresso scolastico, immagine che il
B. costruisce di se stesso; legami
bidirezionali
•Impatto esosistema e macrosistema
sullo sviluppo del B. mediato da
processi familiari, scolastici, gruppo
dei pari: perdita del lavoro da parte
del padre (Elder) -> conflitti coniugali
e cambiamenti nell’attenzione
/comportamenti verso il figlio
(disciplina arbitraria); povertà ->
disciplina aspra (stile autoritario),
disattenzione (sorveglianza inadeguata
-> influenze negative gruppo dei pari,
legami di adattamento deboli);
appartenenza a minoranza etnica
(spesso associata a povertà + madre
single): come sopra + problema di
autostima a causa di identificazione
nel gruppo svantaggiato (anche se
evidenze che questo può essere
modificato) + minaccia dello
stereotipo
Fly UP