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Lo scisma d`Oriente
Storia della Chiesa Lezione VI Lezione VI Lo scisma di oriente 1054 A Costantinopoli si consuma lo scisma della Chiesa bizantina per opera di Michele Cerulario. 1075 Gregorio VII ribadisce l'indipendenza della Chiesa dal potere imperiale: inizia la lotta per le investiture. 1095-1099 La prima crociata 1122 Concordato di Worms La scelta dello studio della storia della Chiesa, domandandoci se sia reale la critica che muove dal pensiero debole (relativismo): l’esistenza di persone che vivono con la convinzione che esiste una verità sul bene della persona e delle comunità umane, può causare relazioni ingiuste di dominio o di violenza tra gli uomini. Con la conseguenza: bisogna adeguarsi alla verità che esistono diverse verità, per cui non esiste una verità assoluta, ma solo una pluralità di verità relative… …acquista in questa lezione sullo scisma d’Oriente un interesse particolare. Il relativismo vede come una specie di fondamentalismo che esistano persone la cui vita poggia sulla base di una verità universale, vincolante e valida nella storia stessa che si compie nella figura di Gesù Cristo ed è trasmessa dalla fede della Chiesa. Lo scisma sarebbe una prova. Il principio di tolleranza e rispetto della libertà deve estendersi all’apprezzamento dei contenuti: tutti i contenuti delle diverse religioni e pure delle concezioni areligiose della vita vanno messi sullo stesso piano dal momento che non esisterebbe più una verità oggettiva e universale. Dio o l’Assoluto si rivelerebbe sotto innumerevoli nomi, ma tutti i nomi sarebbero veri. Tutte le religioni sono -per i loro seguaci- vie ugualmente valide di salvezza: una religione vale l’altra. La fede cristiana dovrebbe abbandonare la pretesa di avere ricevuto in dono da Dio in Cristo la rivelazione definitiva e completa del mistero della salvezza. Lo Scisma d’Oriente o -per gli orientali- lo Scisma dei Latini. Sebbene normalmente si indichi il 1054 come anno dello scisma, ossia quando il cardinale Umberto di Silvacandida (legato papale) ed il patriarca Michele I Cerulario si scomunicarono a vicenda, lo Scisma d'Oriente fu effettivamente il risultato di un lungo periodo di progressivo distanziamento. Lo strappo di Fozio Nell'anno del 858 l'imperatore Michele III di Bisanzio, detto l'Ubriaco succedette al padre. Non potendo occuparsi degli affari di Stato a causa della minore età (Michele III aveva solo due anni quando si ritrovò Imperatore di Bisanzio) la reggenza dell'Impero fu affidata alla madre, l'Imperatrice Teodora. Fra i diversi atti della sua reggenza, ci fu, in particolare l'esilio del patriarca Ignazio I di Costantinopoli con il pretesto di aver rifiutato di dare la comunione a Bardas, un uomo che si era macchiato d’incesto, che era però zio dell'imperatore Michele III. Teodora aveva dunque bisogno di nominare un nuovo patriarca di Costantinopoli, e fu scelto Fozio, a quell'epoca ancora un laico. Ma la situazione non si rivelò così semplice da risolvere, dato che Ignazio non rinunciò al seggio patriarcale. Si recò allora a Roma, dove chiese ed ottenne un colloquio con il Papa Niccolò I (858-867); quest'ultimo convocò un sinodo, che si tenne nel 863 a Roma, dove fu dichiarato: 1. che il Papa non riconosceva la deposizione di Ignazio. 2. che venivano altresì scomunicati i legati papali (da lui inviati a Costantinopoli nel 861 per decidere sulla questione e che, invece, si erano fatti corrompere). 3. che, di conseguenza, Fozio veniva scomunicato, se avesse insistito nella usurpazione del seggio patriarcale. Fozio non gradì la scomunica e a sua volta con l'appoggio dell'Imperatore Michele III, scomunicò il Papa nel 867. Infine, fu proprio Fozio, che possedeva una cultura sterminata e una grande capacità polemica, a indicare nella Chiesa d’occidente la presunta presenza di una eresia. Si tratta dell’aggiunta al Credo recitato in occidente del termine Filioque quando si afferma la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, mentre nel Credo di Nicea e Costantinopoli è assente la menzione del Figlio. A partire da quel momento la Chiesa bizantina ritenne d’aver a che fare con eretici quando trattava con Roma. Il Papa morì prima di conoscere questi aspri sviluppi. Il successore Adriano II stava meditando un accordo con Fozio quando… … un evento mutò radicalmente la situazione: l’imperatore Michele III venne assassinato e il trono passò a Basilio I il Macedone. Basilio fece un'epurazione dei sostenitori del suo predecessore, fra i quali anche Fozio, reintegrando al suo posto il vecchio vescovo Ignazio: questa decisione fu ratificata dal Concilio di Costantinopoli dell'869, indetto da papa Adriano II. La scomunica del Papa da parte di Fozio (deposto per di più dal seggio patriarcale) nell'867, spiegando con una lettera enciclica a tutti i vescovi orientali i punti della divergenza con la Chiesa Romana porta a domandarsi quanto una mossa di questo tipo possa essere fatta. Approfondimento dottrinale. I temi in discussione alla base erano sostanzialmente due. • Il primo riguardava l'autorità papale: il Papa reclamava la propria autorità. I patriarcati orientali (Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme), concedevano al Papa un primato solo onorario e che la sua autorità si estendesse solo sui cristiani d'Occidente. • L'altro concerneva l'inserimento del filioque nel Credo Niceno. Esistevano inoltre altre cause, meno significative, fra le quali variazioni di alcuni riti liturgici, e rivendicazioni conflittuali di giurisdizione. Da notare che in questo progressivo distanziamento un fattore importante fu la lingua. Quella dominante nell'Occidente era il latino, mentre ad Oriente era più conosciuto il greco: presto, dopo la caduta dell'Impero d'Occidente, il numero di persone in grado di parlare sia il latino sia il greco cominciò a diminuire, e la comunicazione fra Oriente ed Occidente si fece via via più difficile. Con il venir meno dell'unità linguistica, anche l'unità culturale iniziò ad essere instabile: la cultura occidentale si trasformò in modo relativamente repentino per influenza di popoli come i germani, mentre l'Oriente rimaneva da sempre legato alla tradizione ellenistica, costituendo pertanto la cosiddetta "Chiesa di tradizione e rito greco". Questa differenza andò aumentando quando i Papi passarono ad appoggiare il Sacro Romano Impero d’Occidente, a scapito dell'Impero bizantino, orientale, specialmente al tempo di Carlo Magno. La Chiesa è una per la sua origine, La Chiesa è una per il suo Fondatore La Chiesa è una per la sua anima: lo Spirito Santo, che abita nei credenti e tutta riempie e regge “L'unica Chiesa di Cristo. . . ” è quella “che il Salvatore nostro, dopo la sua Risurrezione, diede da pascere a Pietro, affidandone a lui e agli altri Apostoli la diffusione e la guida. . .” dunque “solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza” Cfr., Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8, Unitatis redintegratio, 3 e Cattechismo della Chiesa Cattolica (citato CCC), 813 e 816 Cristo, istituì i Dodici “sotto la forma di un collegio o di un gruppo stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro” “Come san Pietro e gli altri Apostoli costituirono, per istituzione del Signore, un unico collegio apostolico, similmente il romano Pontefice, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli Apostoli, sono tra loro uniti” (Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 19 e CCC 880) Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi: “E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». (Mt 16,18-19) l'ha costituito pastore di tutto il gregge: “Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». [16]Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle». [17]Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle” (Cf Gv 21,15-17). Il Papa, vescovo di Roma e successore di san Pietro, “ è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli”. “Infatti il romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di vicario di Cristo e di pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente” (Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22 e CCC 882) Ma l'incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo: “Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 16-20 e Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22). Questo ufficio pastorale di Pietro e degli altri Apostoli costituisce uno dei fondamenti della Chiesa; è continuato dai vescovi sotto il primato del Papa. (CCC 881) Il collegio episcopale è pure soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa (in modo solenne la esercita nel Concilio Ecumenico) ; ma non ha autorità, se non la si concepisce insieme con il romano Pontefice quale suo capo. Per l'ordinazione legittima di un vescovo, oggi è richiesto un intervento speciale del Vescovo di Roma. Nelle loro Chiese particolari i vescovi. . ., singolarmente presi, •sono il principio visibile e il fondamento dell'unità. •esercitano il loro governo pastorale sopra la porzione del Popolo di Dio che è stata loro affidata Ma, in quanto membri del collegio episcopale, ognuno di loro è partecipe della sollecitudine per tutte le Chiese. (Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 22; Christus Dominus, 3; Codice di Diritto Canonico, 336 e 337 e CCC 883, 884, 886, 1559) Le Chiese particolari, che è in primo luogo la diocesi (o l'eparchia), sono pienamente cattoliche per la comunione con una di loro: la Chiesa di Roma, “che presiede alla carità” (Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Romanos, 1, 1). I vescovi non devono essere considerati come dei vicari del Papa, la cui autorità ordinaria e immediata su tutta la Chiesa non annulla quella dei vescovi (propria, ordinaria e immediata), ma anzi la conferma e la difende. Dobbiamo ben guardarci dal concepire la Chiesa universale come la somma o, per così dire, la federazione di Chiese particolari. (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 62 e CCC 835 e 895) “In questa Chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, che l'Apostolo riprova con gravi parole come degne di condanna. Ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della Chiesa cattolica, talora non senza colpa di uomini d'entrambe le parti” (Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3 e CCC 817) Quando le chiese ortodosse affermano (1) che il vescovo di Roma è il primo in onore tra noi, colui che ha il primato nella carità, non intendono un primato giurisdizionale. Questo sembra dovuto soprattutto a un problema linguistico (2) E’ proprio perché il vescovo di Roma ha il primato nell’onore e nella carità che possiede la giurisdizione universale sulla Chiesa. L’onore non dev’essere inteso come onore protocollare mondano, ma l’onore nella Chiesa è il servizio, è l’onore dell’obbedienza a Cristo. La carità non è un sentimento non vincolante, ma una responsabilità per l’unità e responsabilità per testimoniare ciò che distingue il cristiano. (1) Citazione del indirizzo di saluto a papa Paolo VI del patriarca Atenagora I al Fanar nell’anno 1974, facendo suo un riferimento a San Ignazio di Antiochia. (2) Lettera del cardinale Joseph Ratzinger a sua eminenza Damaskinos in data 20 febbraio 2001. Pubblicata in Vi ho chiamato amici. Ed. San Paolo, 2006 “Tu sai che io qualche tempo fa (nel corso della polemica sull’ordinazione delle donne) per spiegare il servizio del Papa come servizio dell’obbedienza, ho cercato di interpretarlo come garante dell’obbedienza: il Papa non è un monarca assoluto, la cui volontà è legge, ma , proprio all’opposto, egli deve sempre tentare di resistere alle sue particolari disposizioni personali e richiamare la Chiesa alla misura dell’obbedienza, per questo, però, deve essere lui stesso il primo a obbedire”. Lettera del cardinale Joseph Ratzinger a sua eminenza Damaskinos in data 20 febbraio 2001. Pubblicata in Vi ho chiamato amici. Ed. San Paolo, 2006 Coloro che oggi nascono in comunità sorte da tali scissioni “e sono istruiti nella fede di Cristo. . . non possono essere accusati del peccato di separazione, e la Chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore. . . (Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3 e CCC 818) Inoltre, parecchi elementi di santificazione e di verità si trovano fuori dei confini visibili della Chiesa cattolica, come •la Parola di Dio scritta, •la vita della grazia, •la fede, •la speranza •la carità, e •altri doni interiori dello Spirito Santo ed elementi visibili. (Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 8 e 15, Unitatis redintegratio, 3 e CCC 819) Lo Spirito di Cristo si serve di queste Chiese e comunità ecclesiali come di strumenti di salvezza, la cui forza deriva dalla pienezza di grazia e di verità che Cristo ha dato alla Chiesa cattolica. Tutti questi beni provengono da Cristo e a lui conducono e “spingono verso l'unità cattolica” (Cf Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 3; Lumen gentium, 8 e CCC 819) Il cardinale Ratzinger rifletteva che “così come il primato del Papa viene visto nella prospettiva dell’ostacolo principale per il ristabilimento della comunione piena… … esso è allo stesso tempo anche una possibilità fondamentale per giungervi, dato che senza di esso anche la Chiesa cattolica si sarebbe sbriciolata da lungo tempo in chiese legate alla nazione o al rito, che renderebbero del tutto indistinguibile il panorama ecumenico. Per il futuro dell’Ortodossia sarà di importanza decisiva trovare delle soluzioni adeguate per il problema dell’autocefalìa, così che non vadan perse, anzi vengano ristabilite l’unità interna e la capacità comune di azione. Credo che proprio i problemi connessi con l’autocefalìa rimandino alla necessità di un organo di unità, che deve certamente essere nel giusto equilibrio con la responsabilità specifica delle chiese locali; un servizio, dunque, che non sopprime la responsabilità dei vescovi, ma a essa è ordinato.” Lettera del cardinale Joseph Ratzinger a sua eminenza Damaskinos in data 20 febbraio 2001. Pubblicata in Vi ho chiamato amici. Ed. San Paolo, 2006 Ma torniamo alla storia… due secoli dopo il fatto di Fozio Quando Michele Cerulario divenne patriarca di Costantinopoli nell'anno 1043 diede inizio ad una campagna contro le Chiese latine, prendendo voce in capitolo nella discussione teologica sulla natura dello Spirito Santo, nata a causa dell'inserimento (occidentale) del Filioque nel Credo niceno. L'inserimento del Filioque nel Credo Niceno nell'ambito della Chiesa romana, fu definito non canonico dalla Chiesa orientale, anche perché in violazione allo specifico comando del Concilio di Efeso (secondo gli ortodossi il Credo può essere cambiato solo per consenso conciliare). La cosa interessante è che, formalmente, hanno ragione i bizantini, ma che in realtà le due formule sono equipollenti e perciò la questione andrebbe chiusa per sempre. Nel 1054 papa Leone IX inviò a Costantinopoli il cardinale Umberto di Silvacandida per tentare di risolvere questa situazione critica, Michele Cerulario era un personaggio di rara energia che si scontrò immediatamente con Umberto da Silvacandida. Entrambi, superando i limiti della missione che era stata loro affidata, arrivarono a fulminare la scomunica reciproca tra le due Chiese Il 16 luglio 1054, il cardinale Umberto depositò una bolla di scomunica contro il patriarca Michele Cerulario sull'altare di Santa Sofia, atto inteso come scomunica di tutta la Chiesa bizantina, al quale Cerulario rispose in modo analogo, con la sottoscrizione degli altri patriarchi, scomunicando papa Leone IX (intendendo la Chiesa occidentale). Si deve notare che al tempo delle reciproche scomuniche, papa Leone IX era morto: pertanto, l'autorità del cardinale Umberto, legato pontificio, era già venuta meno, e per questo motivo non avrebbe potuto scomunicare il patriarca Cerulario. Inoltre, nessun concilio considerato ecumenico dall'altra parte ha mai scomunicato l'altra Chiesa. Molte Chiese orientali affermano poi di non essersi mai separate dalla Chiesa occidentale, sebbene queste chiese ora non facciano parte della Chiesa ortodossa. Approfondimento dottrinale. La fede apostolica riguardante lo Spirito Santo è stata confessata dal secondo Concilio Ecumenico nel 381 a Costantinopoli: “Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà vita; che procede dal Padre”. L'origine eterna dello Spirito Santo non è tuttavia senza legame con quella del Figlio. L'affermazione del Filioque mancava nel Simbolo confessato a Costantinopoli nel 381. Ma sulla base di una antica tradizione latina e alessandrina, il Papa san Leone l'aveva già dogmaticamente confessata nel 447, prima che Roma conoscesse e ricevesse, nel 451, durante il Concilio di Calcedonia, il Simbolo del 381. L'uso di questa formula nel Credo è entrato a poco a poco nella Liturgia latina (tra i secoli VIII e XI). (CCC 245 e 247) La controversia circa il Filioque sembra essersi originata nella Spagna Visigota del sesto secolo, laddove l’eresia ariana era particolarmente diffusa: gli ariani affermavano che la prima e la seconda persona della Trinità non sono coeterne ed uguali. Per rafforzare la teologia tradizionale, il clero spagnolo introdusse il Filioque nel Credo sebbene prima fosse implicito. Cfr. Lucas F. Mateo-Seco, Dios Uno y Trino, Ed. Eunsa 1998 E’ importante sapere che l’Occidente manifestò la fede con il Filioque per secoli quando c’era comunione tra Oriente e Occidente. Le due formule coesistettero pacificamente nella Chiesa: qui ex Patre procedit e qui ex Patre Filioque procedit Né gli orientali si meravigliarono della formula occidentale, né viceversa. Occidentali e orientali accettavano integralmente i dati che offriva la Sacra Scrittura: il Padre è principio senza principio; il Figlio procede dal Padre; lo Spirito Santo procede dal Padre, viene inviato dal Figlio ed è lo Spirito del Padre e del Figlio. Cfr. Lucas F. Mateo-Seco, Dios Uno y Trino, Ed. Eunsa 1998 La tradizione orientale mette innanzi tutto in rilievo che il Padre, in rapporto allo Spirito, è l'origine prima. Confessando che lo Spirito “procede dal Padre” ( Gv 15,26 ), afferma che lo Spirito procede dal Padre attraverso il Figlio. La tradizione occidentale dà maggior risalto alla comunione consustanziale tra il Padre e il Figlio affermando che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio (Filioque) L'ordine eterno delle Persone divine implica che il Padre sia l'origine prima dello Spirito in quanto “principio senza principio”, ma pure che, in quanto Padre del Figlio Unigenito, Egli con Lui sia “l'unico principio dal quale procede lo Spirito Santo” Questa legittima complementarità, se non viene inasprita, non scalfisce l'identità della fede nella realtà del medesimo mistero confessato. Concilio di Lione II (1274); Concilio di Firenze (1439 e 1442); CCC 248 La Dichiarazione comune Cattolico-Ortodossa del 1965 fu uno dei Dialoghi con le Chiese Ortodosse intrapresi dalla Chiesa Cattolica. Il documento, con il fine di una riconciliazione tra la Chiesa romana e la Chiesa ortodossa, fu letto contemporaneamente il 7 dicembre 1965 in un incontro pubblico nell'ambito del Concilio Vaticano II a Roma ed in occasione di una cerimonia speciale a Costantinopoli. Esso precisò che lo scambio di scomuniche che avvenne nel 1054 fra il cardinale Umberto di Silvacandida ed il patriarca Michele Cerulario e che fu motivo scatenante dello Scisma d'Oriente-Occidente, deve essere inteso fra le persone interessate e non fra le Chiese, e che tali documenti non intendevano rompere la comunione ecclesiastica. Il 27 novembre 2004, per "promuovere l'unità dei Cristiani", papa Giovanni Paolo II restituì le reliquie dei patriarchi Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzeno a Costantinopoli. I resti di Giovanni Crisostomo furono presi come bottino di guerra da Costantinopoli dai Crociati nel 1204, e molti ritengono che anche le spoglie di Gregorio Nazianzeno abbiano subito la medesima sorte, anche se la Santa Sede sostiene che le ossa del secondo santo furono portate a Roma da monaci bizantini nell'VIII secolo. Il patriarca ecumenico Bartolomeo I, insieme con altri capi delle Chiese autocefale orientali, ha presenziato ai funerali di papa Giovanni Paolo II, l'8 aprile 2005. Questa fu la prima occasione dopo molti secoli nella quale un patriarca ecumenico ha assistito ai funerali di un papa, ed è considerata da molti un serio segno della ripresa del dialogo verso la riconciliazione. Nel corso del suo viaggio pastorale in Turchia, il 30 novembre 2006, papa Benedetto XVI ha incontrato il patriarca Bartolomeo I, firmando una dichiarazione congiunta e ribadendo la necessità del dialogo fra le due Chiese.