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Crisi del debito sovrano: quando e, soprattutto, come

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Crisi del debito sovrano: quando e, soprattutto, come
La crisi del debito sovrano:
cosa fare e, soprattutto, quando
e come ne usciremo ?
28/10/2011
Lions Club Licata - Dr. Domenico Raneri
1
Il debito pubblico italiano
• Negli ultimi 40 anni tutti i governi hanno lasciato
un debito superiore a quello ereditato. Siamo
arrivati a oltre 1.800 miliardi di Euro.
• Alcuni governi hanno aumentato il debito del
50%.
• Il rapporto attuale debito/PIL supera il 120%
rispetto a una media europea del 60%.
• Il costo degli interessi ammonta a oltre 5 punti
del PIL contro 3 punti della media europea.
• Chi dovrà pagarlo? I debitori sono i cittadini ma
quale generazione dovrà farsene carico?
Lions Club Licata - Dr. Domenico
Raneri
2
La crisi del 2008
• Illusione finanziaria, perdita del senso di
gravità di una finanza innovativa, stordita da
sofisticate formule matematiche, alcune
premiate con il Nobel, e corrotta da una
avidità senza limiti.
• L’ammontare complessivo dei derivati ha
toccato la quota di 550 mila miliardi di $, pari
a 12 volte il PNL mondiale.
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Lions Club Licata - Dr. Domenico Raneri
3
La ricchezza delle famiglie italiane
• Alla fine del 2009 la ricchezza lorda delle famiglie italiane è stimabile
in circa 9.448 miliardi di euro, quella netta a 8.600 miliardi,
corrispondenti a circa 350 mila euro in media per famiglia. Le attività
reali rappresentavano il 62,3 per cento della ricchezza lorda, le attività
finanziarie il 37,7 per cento. Le passività finanziari
• Nel confronto internazionale le famiglie italiane risultano
relativamente poco indebitate; l’ammontare dei debiti è pari al 78 per
cento del reddito disponibile lordo (in Germania e in Francia esso è
circa del 100 per cento, mentre negli Stati Uniti e in Giappone è del
130 per cento).
• LE FAMIGLIE CHE NON POSSONO RISPARMIARE
• Le famiglie in Italia sono 24.282.485, di queste 1.126.000 sono in
condizioni di povertà assoluta (4,6%). Si tratta di un dato stabile a
livello nazionale, con una variazione interna: nel mezzogiorno la
percentuale è passata dal 5,8% al 17,9%.
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Benessere in poche mani; povertà in aumento
Il 45% della ricchezza complessiva delle famiglie italiane alla fine
del 2008 è in mano al 10% delle famiglie.
E' uno dei dati contenuti nel rapporto su "La Ricchezza delle
famiglie italiane" elaborato dalla Banca d'Italia.
La metà delle famiglie italiane, quelle a basso reddito, detiene
solo il 10% della ricchezza complessiva.
Intanto, nel primo semestre del 2010, sempre secondo la Banca
centrale, la ricchezza netta delle famiglie è diminuita dello 0,3
per cento in termini nominali, tornando ai livelli del 2005. Il calo
è dovuto "a una diminuzione delle attività finanziarie e a un
aumento delle passività, che hanno più che compensato la
crescita delle attività reali"
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La crisi era prevedibile?
La storia delle (grandi) crisi finanziarie ci insegna che esse sono
tutte caratterizzate da una sequenza di eventi molto simili:
1. hanno inizio con un crollo dei valori (gonfiati) in qualche
segmento del mercato finanziario;
2. la caduta si estende rapidamente all’intero mercato;
3. in conseguenza le banche si vengono a trovare in condizioni di
illiquidità e talvolta di insolvenza (e possono fallire);
4. le difficoltà delle banche si traducono in una inevitabile
restrizione creditizia (credit crunch) e quindi in una crisi
dell’economia reale, della produzione e della occupazione;
5. cala il Pil, falliscono le imprese, crollano i consumi, aumenta la
disoccupazione;
6. l’economia entra in recessione, e si avvia verso la depressione
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Lions Club Licata - Dr. Domenico Raneri
6
Impatti
Le crisi finanziarie, inoltre, provocano un forte impatto
negativo sui bilanci pubblici degli Stati in quanto la
recessione fa cadere il gettito fiscale.
I meccanismi di sostegno della (crescente)
disoccupazione fanno lievitare la spesa pubblica.
A ciò si sono aggiunti nell’ultima crisi, sia robusti
interventi di sostegno congiunturale (diversamente da
quanto accadde nel 1929), sia la decisione (corretta) di
non fare fallire le banche, e quindi di trasformare
consapevolmente ed esplicitamente debiti privati in
debito pubblico.
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La crisi coinvolge il pubblico
• In conseguenza la crisi si trasferisce dal settore
privato a quello pubblico fino a determinare
l’insolvenza, il default degli Stati.
• Tradizionalmente i default successivi a una
grande crisi finanziaria hanno riguardato
soprattutto Paesi in deficit nei conti con l’estero
in seguito alla crisi delle bilance dei pagamenti,
ma nella crisi attuale il rischio di insolvenza si è
manifestato anche a causa del lievitare dei
disavanzi dei bilanci pubblici (debito sovrano).
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Si, era prevedibile
• In altre parole ciò che sta succedendo oggi nel mondo
è tutt’altro che inusuale, ed era ampiamente
prevedibile data l’ampiezza e la portata della crisi;
• il problema è dato dall’eccesso di debiti (privati e
pubblici) che in qualche modo devono essere smaltiti,
il che pone la questione della ripartizione dei costi
dell’aggiustamento che comunque è necessario per
consentire una ripresa.
• Non è un caso che le crisi siano accompagnate
inevitabilmente da conflitti sociali, politici, tra Stati, e
talvolta da guerre.
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Le premesse della crisi: i tassi bassi e la competitività
della Germania
• L'euro è entrato ufficialmente in vigore il 1 gennaio
1999 come moneta virtuale, nei conti bancari e nei
trasferimenti elettronici denominati in euro; tre anni
dopo è stato fatto il concreto passaggio nel circolante:
euro in tasca al posto di franchi, marchi, lire.
• L'euro è diventato una delle principali valute
internazionali: banconote in euro hanno iniziato a
circolare in tutto il mondo, e il mercato delle
obbligazioni in euro ha presto cominciato a competere
con il mercato obbligazionario in dollari. La creazione
dell'euro ha instillato un nuovo senso di fiducia,
specialmente in quei paesi europei che venivano
storicamente considerati come paesi a rischio per gli
investimenti
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L’euforia dei prestiti
• La politica monetaria della BCE è stata basata
soprattutto sulle esigenze della Germania: la scarsità
della domanda interna causata dalle politiche tedesche
di moderazione fiscale e salariale richiedeva dei tassi di
interesse abbastanza bassi, tali da non deprimerla
ulteriormente. I tassi reali però risultavano assai bassi
nei paesi periferici, caratterizzati da una inflazione
strutturalmente sopra la media europea.
• Questi paesi, che prima avevano tassi alti, furono presi
dall'euforia dei prestiti. I flussi di capitale a buon
mercato hanno così determinato un boom edilizio e un
indebitamento delle famiglie in Spagna e Irlanda, e del
settore pubblico in Grecia.
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La situazione Greca
• In Grecia è stato soprattutto il governo ad accendere
grossi prestiti: durante gli anni di prestito facile, il
governo conservatore greco ha fatto un sacco di debiti
- più di quanto ammesso dal Patto di Stabilità. Quando
il governo è cambiato, nel 2009, i trucchi contabili sono
venuti alla luce, e improvvisamente è apparso che la
Grecia aveva un deficit e un debito sostanzialmente
molto più grandi di quanto non si pensasse, con una
conseguente crisi di fiducia da parte degli investitori
che hanno cominciato a pretendere rendimenti più alti
per comprare titoli del debito greco, aggravando
sempre più la situazione.
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Gli effetti dell’euforia del debito
• Grazie ai tassi bassi, questi paesi hanno avuto un boom
immobiliare: l’edilizia è un volano dell’economia e
infatti questi paesi sono cresciuti, ma al tempo stesso
crescevano anche salari nominali e prezzi. In Irlanda i
prezzi delle case sono aumentati dal 1998 al 2007 del
180 per cento.
• Anche in Spagna i prezzi sono aumentati quasi
altrettanto. La produttività in alcuni di questi paesi
periferici è cresciuta più che in Germania, ma visto che
i salari nominali crescevano più della produttività, tali
paesi perdevano competitività rispetto alla Germania,
dove la crescita dei salari nominali era invece inferiore
alla crescita della produttività.
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La bolla
• La Germania e il suo entourage (Austria, Paesi Bassi
ecc) ne hanno guadagnato in termini di esportazioni
nette, anche per la crescita della domanda nei paesi
periferici. Nel corso degli anni, i paesi periferici
cumulavano così un forte debito estero.
• Quando la bolla immobiliare è scoppiata e i prezzi delle
case sono crollati al di sotto dei mutui, le famiglie sono
diventate insolventi e le banche hanno accumulato
perdite enormi. Per scongiurare una catena di
fallimenti bancari sono intervenuti gli Stati, i cui debiti
sono cresciuti repentinamente.
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La bolla
• Inoltre, c'è stato un grande contraccolpo fiscale dovuto
al crollo del settore immobiliare. L'occupazione
complessiva è scesa, facendo aumentare le spese per i
sussidi di disoccupazione, e contemporaneamente
facendo crollare le entrate, perché il gettito fiscale
dipende in larga misura dalle transazioni immobiliari.
• Come risultato, la Spagna e l'Irlanda sono passate da
avanzi di bilancio alla vigilia della crisi ad enormi deficit
di bilancio nel 2009, con conseguente aumento dei
rendimenti dei titoli pubblici e peggioramento della
situazione.
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La perdita di fiducia
• La crisi economica e i grandi disavanzi e debiti pubblici
hanno fatto sì che i creditori perdessero la fiducia nelle
economie europee periferiche, e nella loro possibilità
di ripagare il debito. Così, i rendimenti dei titoli dei
paesi periferici sono via via aumentati, mostrando un
differenziale con i rendimenti dei titoli tedeschi
sempre più elevato.
• Ciò significa che per assumersi il rischio di comprare i
titoli di questi paesi, gli investitori pretendono dei
rendimenti sempre più elevati, e che oramai non esiste
più un tasso unico in Europa, nonostante che la moneta
sia una sola.
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La particolare fragilità dell'eurozona
• Eppure, ci sono altre nazioni - in particolare, gli
Stati Uniti, il Giappone e la Gran Bretagna - che
hanno registrato consistenti disavanzi e i cui
debiti sono anche superiori a quelli di molti paesi
europei incriminati. Il debito giapponese supera il
200% del PIL, quello Usa il 100%. Eppure questi
paesi non hanno subito una perdita di fiducia
paragonabile né simili attacchi speculativi.
• Qual è la differenza con i paesi dell'euro?
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Il ruolo della Banca Centrale
• La prima evidente differenza è che i paesi che
fanno parte dell’unione monetaria europea non
hanno gli strumenti che possono avere altri paesi
per migliorare le loro economie ed evitare una
vera e propria crisi fiscale: Giappone e Usa hanno
una banca centrale che può acquistare titoli
direttamente dallo Stato, stampando dollari o
yen, nel caso in cui i mercati rifiutino di farlo.
• Ciò consente di mantenere forti disavanzi facendo
politiche fiscali espansive per sostenere
l'economia in tempi di crisi, senza incorrere in
grossi problemi immediati di sfiducia dei mercati
e insostenibilità del debito.
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Il monetarismo
La Bce, per decisione statutaria, adotta una politica di tipo
monetarista, secondo la quale la Banca centrale si deve limitare
a seguire la semplice regola di fissare a priori il tasso di crescita
della moneta che deve essere molto contenuto, perché se la
moneta in circolazione cresce troppo (con una politica monetaria
espansiva), i riflessi si avranno, anziché sulla produzione, sui
prezzi, con una conseguente impennata dell’inflazione.
Secondo i monetaristi la politica fiscale non è in grado di
correggere le fluttuazioni economiche, perché anche laddove
non le provochi essa stessa (quando è utilizzata in modo
sbagliato), è comunque completamente inefficace e può
provocare effetti benefici solo per un breve periodo.
Da qui l'impossibilità della monetizzazione del deficit e
l'importanza assegnata al pareggio del bilancio. Quindi l'acquisto
di titoli pubblici per alleviare la crisi può a rigore avvenire solo sui
mercati secondari senza corrispondente emissione di moneta.
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Un vizio di fondo
• In secondo luogo molti economisti
(soprattutto americani e inglesi) sin dall'inizio
sono stati scettici riguardo al progetto
dell'euro e alla sua possibilità di sopravvivere
di fronte ai cosiddetti shock asimmetrici, cioè
a delle crisi economiche che colpiscano un
solo paese o una sola area geografica.
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Lions Club Licata - Dr. Domenico Raneri
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Limitazioni
• Infatti dato che in un'area valutaria comune manca
la possibilità di usare la svalutazione del cambio
(strumento che normalmente permette di riportare
alla crescita aumentando le esportazioni e
abbassando contemporaneamente le importazioni
divenute più care), occorrerebbero altre condizioni
per riassorbire la crisi, come la mobilità del lavoro e
una politica fiscale comune, entrambi assenti
nell'unione monetaria dell'euro, e presenti invece
negli USA.
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Mancata Integrazione
• Altro punto importante, sottolineato da Peter Kenen,
è quello dell'integrazione fiscale. L'Europa non è
fiscalmente integrata: i contribuenti tedeschi non
fanno automaticamente parte del regime
pensionistico greco o dei salvataggi bancari irlandesi.
Non essendoci un bilancio comune, la crisi che
investa una sola area non può essere compensata da
trasferimenti da parte delle zone economicamente
più avanzate.
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Mancanza di strumenti
• In sintesi, i paesi che fanno parte dell’unione
monetaria europea non hanno gli strumenti che
possono avere altri paesi per migliorare le loro
economie ed evitare una vera e propria crisi fiscale.
• La politica monetaria decisa centralmente di tipo
monetarista non ammette il finanziamento dello
Stato da parte della Banca Centrale. Non possono
svalutare il tasso di cambio a causa della moneta
unica.
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Mancanza di autonomia
• Non possono riassorbire degli shock che
colpiscano singole aree né attraverso la mobilità
del lavoro, né attraverso dei trasferimenti di
bilancio. In più, i singoli paesi non hanno
nemmeno un'autonomia nelle decisioni circa i
propri disavanzi pubblici per una eventuale
politica fiscale espansiva, perché le fonti di
finanziamento vengono meno e i conti sono
sottoposti ad un controllo sovranazionale.
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Scenari fantapolitici
• Qual è stato il ruolo dell’America nella crisi dei
debiti sovrani dei paesi dell’area Euro?
• Le crisi ci sono sempre state e questa non è
diversa dalle altre
• Questa volta è diverso: se il problema fosse il
livello del debito pubblico, USA, Giappone e
Cina dovrebbero essere fallite già da tempo
• La fine del capitalismo
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La cupola
• Il sistema finanziario è un insieme di lobby. Essi sono
enormemente potenti, non rispondono al potere politico
e dispongono di decine di milioni di investitori che
operano quotidianamente sulle borse e sui mercati
finanziari tramite internet.
• Tutti questi operatori finanziari hanno un solo obiettivo:
chiudere ogni giornata in guadagno e guadagnare
sempre di più.
• La sostanziale omologazione delle politiche economiche
dei governi (di destra o di sinistra) deriva dalla
constatazione che non c’è alternativa a quelle che sono le
indicazioni delle lobby.
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La cupola
• Quando il mercato chiede di ridurre i costi per
abbassare il rapporto debito/PIL, governi di
destra e di sinistra possono fare una sola cosa:
tagliare i salari e le pensioni, alzare le tasse e
lanciare l’ennesima guerra di religione contro
l’evasione fiscale.
• D’altra parte bisogna pagare gli interessi e se il
mercato non ha fiducia nel governo, il tasso
sale e il conto diventa più «salato».
• La sovranità degli Stati traballa.
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L’economia del debito: una lettura estrema
• La scarsità delle risorse finanziarie è generata
dall’economia del debito che, a sua volta, genera
altro debito, in una spirale perversa che porterà il
mondo intero al fallimento. E se per evitare il
fallimento dobbiamo cedere la nostra sovranità
popolare agli strozzini e agli speculatori, allora è
necessario ripensare tutto il sistema e chiedersi
come sia possibile uscire da questo incubo. Di
fatto passiamo nove mesi della nostra vita
lavorativa per pagare le tasse e altri tre per
pagare gli interessi.
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Indignarsi ?
Il sistema finanziario, per la salvezza degli Stati
in difficoltà, impone:
- Svendita dei beni comuni più belli;
- Privatizzazioni dei servizi pubblici;
- Inasprimento senza precedenti del sistema
fiscale;
- Disoccupazione, precarizzazione e lavoro nero
Come non indignarsi?
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Le strade percorribili per uscire dalla crisi
I ministri finanziari dell' Eurogruppo come primo
provvedimento di emergenza verso la Grecia che rischiava il
default non avendo più un normale accesso ai mercati per il
finanziamento del suo debito, hanno messo a punto un
sistema di prestiti bilaterali da parte degli altri paesi
membri (ad un tasso di circa il 5%, al di sotto dei livelli di
rendimento richiesti dal mercato) ciascuno in proporzione
alla sua quota di partecipazione nel capitale della BCE, oltre
a un prestito da parte del FMI, per un ammontare totale
che copriva quasi interamente il valore dei bond greci in
scadenza nel 2010 (53 miliardi di euro).
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L’Efsf: il fondo salva stati
• In pratica, il fondo raccoglie fondi sui mercati e
li trasferisce agli Stati richiedenti. I bonds
emessi dal Fondo godono di un rating AAA,
indice della massima possibile solvibilità e
stabilità finanziaria del debitore, e ciò
permette a questo fondo di indebitarsi sul
mercato dei capitali ad un costo (tasso di
interesse) inferiore rispetto a quello cui
potrebbero aspirare di ottenere finanziamenti
gli Stati membri in maggiore difficoltà.
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L’intervento del 26 ottobre
• Il Fondo salvastati (Efsf) sarà dotato fino a 1000
miliardi di euro di mezzi. Lo fara' attraverso due
opzioni: vendendo assicurazioni sull'eventuale
default di titoli dei Paesi dell'eurozona, sia con
uno 'special purpose vehicle', che attrarra' fondi
da investitori esterni (come la Cina, con i cui
rappresentanti sono previsti incontri già da
venerdì) e istituzioni (come il Fmi, che ha gia'
dato la sua disponibilita').
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Gli Eurobonds
• I famosi “Eurobonds” proposti dal Ministro Tremonti
e da Jean-Claude Juncker (Primo Ministro del
Lussemburgo) sono un qualcosa di diverso dalle
obbligazioni emesse dal Fondo Salva Stati e dal
futuro ESM. Dovrebbero essere delle obbligazioni
europee emesse normalmente, aldilà di situazioni
critiche, da una agenzia del debito paneuropea a
beneficio dei singoli Stati e secondo rapporti fissi con
il PIL prodotto annualmente dalle singole Nazioni
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Eurobond: vantaggi
Questo permetterebbe ai paesi europei di poter
accedere ai mercati dei capitali a condizioni
omogenee, quindi ad uno stadio intermedio di
vantaggiosità rispetto alle emissioni dei singoli
Stati.
Per questo motivo sono fortemente avversati da
Francia e Germania, che al momento emettono
debito (rating AAA) ad un costo più basso
rispetto a quello degli altri Paesi.
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Eurobond: prescrizioni
• la concessione di questi prestiti è subordinata
alla realizzazione di riforme strutturali,
privatizzazioni e politiche di rigore e di
austerità per riportare i bilanci in pareggio e
ridurre il debito. I paesi che hanno un deficit
oltre il 60% del PIL dovranno ridurlo di un
ventesimo per anno, come previsto dal Patto
di Stabilità e di Crescita riformato.
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35
Un film già visto
I Governi dei PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia,
Spagna e Italia) in pratica devono adattare le loro
strutture economiche a quelle dei paesi dominanti:
porre la regola “costituzionale” del pareggio di
bilancio, l’innalzamento a 67 anni dell’età minima
per andare in pensione e l’abolizione delle
indicizzazioni salariali, oltre a politiche di tagli di
spesa e vendita di beni del patrimonio pubblico per
riequilibrare il bilancio.
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I dubbi sulla validità di questo approccio
Molti osservatori non credono nella reale efficacia del
fondo salva stati, in primo luogo perché i fondi messi a
disposizione possono essere sufficienti per il
salvataggio dei paesi più piccoli, ma non lo sono per i
paesi più grandi, come la Spagna o l'Italia.
Inoltre, l'economista italiano Luigi Zingales ha fatto
notare come il meccanismo Efsf, creato per assistere i
paesi in situazioni d'"illiquidità", è realizzato come un
Cdo (Collateralized debt obbligations) strumento
finanziario tristemente famoso per aver generato la
famosa crisi dei mutui subprime oltre oceano.
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Zingales
• L'Efsf emette bond con rating AAA per
acquistare i bond dei paesi che hanno
difficoltà nel reperire fondi sui mercati (ad
esempio, l'Irlanda). Secondo Zingales, si tratta
di una pericolosa alchimia che cerca di
trasformare piombo in oro: larga parte della
garanzia proviene da paesi come Italia e
Spagna, a loro volta probabili candidati per
una crisi fiscale. Solo la Francia (?) e la
Germania sono i garanti affidabili.
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E la Germania ?
• Fintanto che l'unico paese da salvare è
l'Irlanda, non ci sono problemi. Ma se il
veicolo Efsf dovesse sostenere la Spagna o
l’Italia, non è sicuro che la Germania sia
veramente disposta a gravare sui suoi
contribuenti tedeschi per salvare i PIIGS.
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E le banche franco-tedesche ?
• C'è poi il fatto grave che le banche francesi e
tedesche sono notoriamente sovraesposte sui
titoli sovrani dei paesi periferici, e magari i
loro governi sarebbero costretti a salvarle. E,
quindi, quanta pressione fiscale graverebbe
Francia e Germania in circostanze come
queste? In sostanza, una crisi fiscale in Spagna
o in Italia potrebbe far crollare l'intero edificio.
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La depressione
Altro argomento importante, le politiche di austerità
tese a realizzare forti avanzi primari per abbattere il
debito, con tagli alle spese e aumenti delle entrate, che
sono richieste ai paesi come condizione per ricevere gli
aiuti del fondo europeo, producono l'effetto di
peggiorare la crisi economica: determinano una caduta
del PIL, con una conseguente caduta delle entrate
fiscali, sicché il riaggiustamento dei conti e i sacrifici
sociali dovrebbero protrarsi e in misura crescente per
parecchi anni prima di vedere forse una luce in fondo al
tunnel.
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I possibili scenari: La ristrutturazione dei debiti
Secondo molti economisti, l'esito finale non può
essere che una ristrutturazione del debito per i
paesi più in crisi. Generalmente la si ritiene più
probabile per Grecia, Irlanda e Portogallo,
mentre sembra meno probabile per l'Italia, che
ha un forte risparmio privato e nonostante l'alto
debito ha dei deficit più contenuti.
Una misura quasi sempre necessaria è la
svalutazione del valore del debito generalmente
tra il 30% e il 60% del valore nominale.
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Lions Club Licata - Dr. Domenico Raneri
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Ostacoli
Uno dei maggiori ostacoli alla ristrutturazione
sembra il fatto che le banche tedesche e francesi
sono fortemente esposte con i paesi periferici
più a rischio, e andrebbero quindi incontro a
perdite di capitale gravissime che metterebbero
in crisi le rispettive economie, e i conti pubblici
se i governi volessero salvarle. Questo sembra
essere uno dei motivi per cui sinora l'Europa ha
fortemente insistito perché i paesi in crisi
accettassero gli "aiuti" del fondo salva stati.
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Lions Club Licata - Dr. Domenico Raneri
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Altra opzione è la ristrutturazione dei debiti, o anche il default,
con l'uscita dall'euro
• Questo consentirebbe una più veloce ripresa
dell'economia grazie alla svalutazione, come
successo in Argentina.
• Il paese europeo che è arrivato più vicino
all'Argentina è l'Islanda, le cui banche avevano debiti
esteri che ammontavano a molte volte il suo reddito
nazionale. A differenza dell'Irlanda, che ha cercato di
salvare le sue banche garantendo i loro debiti, il
governo islandese ha costretto i creditori esteri delle
banche a sopportare le perdite, lasciando che le sue
banche andassero in default.
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Lions Club Licata - Dr. Domenico Raneri
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Il default dell’Islanda
• Ha lasciato scendere molto la sua moneta
rispetto ad altre valute, compreso l'euro.
• I salari e i prezzi dell'Islanda sono rapidamente
scesi di circa il 40 per cento rispetto a quelli
dei suoi partners commerciali, scatenando un
aumento delle esportazioni e la caduta delle
importazioni, fatto che ha contribuito a
compensare il colpo del crollo bancario.
• Ma questo è stato possibile perché l'Islanda
non aveva aderito all'unione monetaria.
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Uscire dall’Euro ?
Se un paese dell'unione anche solo accennasse a uscire
dall'euro innescherebbe una corsa devastante agli
sportelli delle banche, in quanto i depositanti si
precipiterebbero per evitare la svalutazione spostando i
propri fondi in rifugi più sicuri.
Questo ostacolo "procedurale" all'uscita, di fatto, rende
l'euro irreversibile.
I governi dovrebbero agire di sorpresa, bloccando o
limitando i prelievi in via preventiva, e quindi svalutare
tornando alla moneta nazionale senza scatenare la
corsa.
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Integrazione politica e fiscale e problemi strutturali
• L'ultima opzione potrebbe essere quella di procedere in
maniera più decisa verso un' integrazione fiscale e politica tra
i paesi europei, una delle classiche condizioni necessarie a far
funzionare un'unione monetaria.
• Un primo passo in questo senso è stato proposto ai primi di
dicembre 2010 da Jean-Claude Juncker, primo ministro del
Lussemburgo, e Giulio Tremonti, ministro delle finanze in
Italia, i quali hanno proposto degli "Eurobonds", diversi dai
bonds emessi dal fondo salva stati, perché sarebbero garantiti
dall'Unione europea nel suo complesso, ed emessi da
un'apposita "agenzia europea del debito (Eda)", su ordine dei
singoli paesi europei per coprire il proprio debito, sino al
limite del 40% del PIL.
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Problemi strutturali
Ma contemporaneamente dovrebbero essere
affrontati anche i problemi strutturali, connessi
alla competitività tedesca e al suo modello di
crescita basato sulle esportazioni: la Germania
dovrebbe abbandonare almeno parzialmente la
moderazione fiscale e salariale, di modo che la
sua economia perda un po’ di competitività e
basi il proprio modello di crescita non solo sulle
esportazioni, ma anche sul rilancio della
domanda interna.
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In conclusione:
• - la crisi è stata amplificata dalla percezione che l’Italia
non affronta i problemi;
• - la crisi ha evidenziato i limiti della missione della BCE;
• - le banche non riescono più a finanziarsi sul canale
internazionale: crisi di liquidità determina un credit
crunch
• - ci vorrà ancora 1/2 anni per normalizzare la situazione;
• - alla fine, saremo tutti un po’ più poveri
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Cosa fare
•
•
•
•
- restare liquidi,
- evitare le scommesse,
- per chi ha titoli di Stato: attendere
- non investire negli immobili
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Le garanzie dei risparmiatori
• C/c, depositi a risparmio, certificati di
deposito, assegni circolari rilasciati dalle
banche e obbligazioni bancarie delle BCC,
sono coperte dal Fondo di Garanzia fino a
€ 100.000.
• I libretti postali hanno la stessa garanzia.
• Il conto titoli: la garanzia è costituita dalla
natura dei titoli.
• Titoli di Stato: sono garantiti dallo Stato.
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