Un`idea, un odore, un viaggio Moravia e Pasolini in India, due
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Un`idea, un odore, un viaggio Moravia e Pasolini in India, due
Pietro Pruneddu Un’idea, un odore, un viaggio Moravia e Pasolini in India, due reportage a confronto. “L’India è il Paese delle cose incredibili che si guardano tre volte stropicciandosi gli occhi e credendo di avere avuto le traveggole” (A.Moravia – “Un’idea dell’India”) 1. La Genesi Cristoforo Colombo aspirava a raggiungerla, Marco Polo ne rimase stupito delle ricchezze, Kipling l’ha descritta nei suoi romanzi e Salgari vi ha ambientato le sue avventure. L’India è per l’Occidente l’emblema del luogo mitico, fiabesco, affascinante nei suoi molteplici misteri. La letteratura, in ogni secolo, non poteva che essere attratta dal richiamo di questa terra, e un culmine particolarmente significativo è dato dagli anni 60 del secolo appena concluso. Il viaggio meditativo dei Beatles, l’esotismo e il fenomeno hippie, il decennale della liberazione dal dominio inglese, le idee politiche di un uomo illuminato come Nehru sono solo alcuni dei motivi che hanno ridestato l’attenzione mondiale sul paese asiatico. Anche l’Italia mostrò un crescente interesse e due dei maggiori quotidiani nazionali, il «Corriere della Sera» e «Il Giorno», mandarono i propri inviati in viaggio, per un reportage dettagliato su un paese di cui si conosceva ancora poco. Questi due inviati erano in realtà due delle più raffinate firme italiane del 900, Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini, scrittori camuffati da giornalisti. L’occasione del viaggio dei due amici intellettuali fu un convegno organizzato per il centenario della nascita del poeta Tagore. Rimasero in India un mese e mezzo e vennero raggiunti anche da Elsa Morante, all’epoca moglie di Moravia. Al ritorno, dopo una breve sosta in Africa, pubblicarono i reportage sui rispettivi giornali e poco dopo due libri, nei quali raccolsero, con lievissime modifiche, gli articoli dei quotidiani. Nacquero così “Un’idea dell’India” di Moravia e “L’odore dell’India” di Pasolini. 2. I titoli La simmetria dei titoli viene notata subito dalla critica, che sottolinea i due differenti ma complementari punti di vista assunti dagli scrittori: Moravia è razionale, argomentativo, mentale: tra le tante idee che si possono avere o su cui si può discutere, si è obbligati a sceglierne una, perché l’India è un microcosmo impossibile da esaurire in poco tempo e poche pagine. Pasolini, invece, fa riferimento nel suo titolo ad un’esperienza più sensoriale, personale, sentimentale: e l’articolo determinativo vuole indicare quell’odore specifico dell’India, quell’odore di incenso, miseria e sporcizia che solo in India si può trovare. Ma non bisogna farsi ingannare dai titoli: è lo stesso Moravia che, nell’intervista di Renzo Paris inserita nel volume edito da Bompiani, afferma che ciò che l’ha più colpito dell’India è il suo odore; d’altro canto, il volume di Pasolini non è ricco in odori quanto lo è in immagini. Curiosamente “L’odore dell’India” è povero di odori, annota Paris, ma l’odore è anzitutto un simbolo dell’atteggiamento ferino dell’autore più che dell’India: “Attimo per attimo c’è un odore, un colore, un senso che è l’India: ogni fatto più insignificante ha un peso d’intollerabile novità”1. Moravia, a proposito del suo titolo, che in qualche modo sembra dire: qui dentro troverete almeno un’idea dell’India, una certezza assoluta, nell’intervista a Paris sembra quasi smentirsi: “L’India è inesauribile. Ci si va sempre per la prima volta. O per l’ultima. E in tutti i casi chiunque voglia farsi 1 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.100 un’idea di ciò che è veramente il fenomeno religioso deve andare personalmente in India. Ci sono stato troppo poco per farmi questa idea. Per questo ci tornerei”2. 3. Moravia, Un’idea dell’India. Moravia era stato in India di passaggio nel 1937, diretto in Cina. La cronaca di quella tappa apparve sulla «Gazzetta del Popolo» del 28 febbraio 1937 ed è interessante perché la prima impressione dell’India è data dall’odore, lo stesso che intrigherà il suo compagno Pasolini nel viaggio del ’61: “Stupore della prima folata d’aria molle e fetida della gran città, nel piazzale invaso dal sole, sotto i grandi alberi fronzuti dai fiori purpurei. Stuoli di grossi corvi gracchiano saltellando e svolazzando pesantemente. Vien fatto, a quel gracchiare lugubre, di guardarsi intorno per vedere se c’è qualche carogna; anche a causa dell’odore”3. In effetti è possibile identificare in tutto l’articolo del ’37 i nuclei tematici caratteristici delle corrispondenze del ’61: l’architettura anglo-indiana, la repulsione inglese per gli indiani (testimoniata anche da Forster nel suo “Passaggio in India”: “Vadano pure dove vogliono purchè non mi vengano vicini, mi fanno arricciare la pelle”4 ). Ma soprattutto, già nel ’37 Moravia coglie il leitmotiv che applicherà anche a “Un’idea dell’India”, ovvero la religione: “Si sente che in quest’aria santi e peccatori potrebbero scambiarsi le parti; e che tutti i miracoli potrebbero avvenire fuorchè quello di dare forma e purezza a questo mondo informe e impuro”5. Il primo viaggio in India significò dunque la scoperta dell’Oriente, la voglia di vivere, l’esotismo, l’esaltazione della giovinezza (“Mi diede quella sensazione di giovinezza avventurosa, che Conrad ha così ben descritto in “Youth”6). Nei dodici capitoli del suo reportage del ‘61, Moravia segue sempre una linea ben definita: parte dall' esperienza diretta, con indicazioni turistico - intellettuali utili al lettore interessato alla regione indiana. La sua riflessione tocca diversi punti: i magnifici templi per arrivare a parlare del politeismo; la povertà, di cui individua le cause nel sistema delle caste, nella superstizione, nella dominazione inglese, nella situazione geofisica, nel concetto d' impurità. Ma dietro alle idee, la fisicità del lungo viaggio indiano si riesce sempre a toccare con mano. Significativa tappa è l’incontro con il Pandit Nehru, il primo ministro indiano, che colpisce molto Moravia: "La fronte è alta, serena, armoniosa; gli occhi, molto scuri, hanno uno sguardo inquieto, acuto, ambiguo; la bocca ha un' espressione al tempo stesso benevola, annoiata e dura"7. Ma prima dell' incontro con Nehru, Moravia ha parlato dei roghi di Benares. Le pire funerarie della città sacra che tanta liricità destano nel resoconto di Pasolini sono per Moravia lo spunto per parlare della concezione della vita nella società indiana, che "rappresenta per l' europeo al tempo stesso un paradosso e una tentazione, nel senso che essa è non soltanto il contrario della sua ma anche la sola alla quale in un momento di stanchezza e di disgusto egli possa ricorrere con qualche utilità"8. Moravia, da giornalista, non si lascia emozionare troppo dai corpi che bruciano e riesce a descriverli con grande professionalità. E non c' è troppo da essere tristi, se è vero che "in quel rogo, secondo una nota sentenza, non si consuma una persona unica e irripetibile bensì un vestito logoro, che non serviva più, una pelle vecchia abbandonata per una nuova"9. Moravia non si lascia quasi mai coinvolgere, diagnosticando con distacco ciò che vede. Per avere un Moravia empaticamente coinvolto bisognerà attendere il decennio successivo, con la sua 2 Renzo Paris, L’esperienza dell’India, pag. XXXIII Alberto Moravia, Viaggi (Articoli 1930-1990). 4 E. M. Forster, Passaggio in India, pag.130. 5 Alberto Moravia, Viaggi (Articoli 1930-1990), pag.96. 6 Alain Elkann, Vita di Alberto Moravia, pag. 90 e 98 7 Alberto Moravia, Un’idea dell’India, pag 40 8 Alberto Moravia, Un’idea dell’India, pag.25 9 Alberto Moravia, Un’idea dell’India, pag. 30 3 scoperta del mito dell’Africa. E solo allora l’idea evaporerà in odore: a Elkann che gli chiedeva la differenza tra l’odore dell’Africa e quello dell’Asia, Moravia rispose: “Io ho fatto follie a causa del mio entusiasmo per l’Africa, l’odore dell’Africa non si dimentica mai”10. 4. Pasolini, L’odore dell’India. Al contrario del suo collega, Pasolini era completamente “vergine” di rapporti umani con l’India. Infatti, già la sera dell’arrivo, è come attratto da un ancestrale richiamo: “Sono le prime ore della mia presenza in India, e io non so dominare la bestia assettata chiusa dentro di me, come in una gabbia”11. Pasolini traccia una sorta di panorama geografico e sociologico del grande paese che visita. Si sofferma su svariati temi: sulle condizioni di vita degli indiani, per esempio, scrive: "La vita in India, ha i caratteri dell' insopportabilità: non si sa come si faccia a resistere mangiando un pugno di riso sporco, bevendo acqua immonda, sotto la minaccia continua del colera, del tifo, del vaiolo, addirittura della peste, dormendo per terra, o in abitazioni atroci"12. E circa la loro religiosità: "Ho osservato tra gli indiani una religiosità generica e diffusa: un prodotto medio della religione. La non violenza, insomma, la mitezza, la bontà degli indù. Essi hanno forse perso contatto con le fonti dirette della loro religione (che è evidentemente una religione degenerata) ma continuano ad esserne dei frutti viventi"13. Nella sua continua ricerca di materiale umano, memorabili saranno le sue passeggiate notturne. “Torniamo a Chattarpur che annotta. Io spero in una di quelle mie belle serate, in cui, mentre Moravia se ne va a dormire, io vado in giro, perdutamente solo, come un segugio dietro le peste dell’odore dell’India”14. Pasolini si sofferma molto sulle persone, numerosi sono i ritratti, che diventano spunti per le sue riflessioni sulla religione, sulla morte, la cultura, la borghesia, l’ideale di bellezza indiano, gli intellettuali. Uno degli incontri più intensi è quello con Madre Teresa di Calcutta, di cui traccia un tragico ritratto, in presa diretta nel contesto in cui opera, ovvero tra i lebbrosi. "Suor Teresa è una donna anziana, bruna di pelle perché è albanese, alta, asciutta, con due mascelle quasi virili e l' occhio dolce, che, dove guarda, "vede". Assomiglia in modo impressionante a una famosa Sant' Anna di Michelangelo: e ha nei tratti impressa la bontà vera, quella descritta da Proust nella vecchia serva Francesca: la bontà senza aloni sentimentali, senza attese, tranquilla e tranquillizzante, potentemente pratica"15. Pasolini si dimostra un osservatore molto più coinvolto emotivamente del suo compagno di viaggio Moravia. L’odore dell’India è un odore reale, non metaforico. Pasolini, infatti, non ha paura di confrontarsi direttamente con l’umanità di mendicanti che gli si parano davanti. Quello che cerca è proprio il gusto dell’ignoto che si può celare dietro ogni contatto occasionale. L’impressione che traspare più spesso è l’impotenza. Rimane colpito dall’assoluta disponibilità delle persone, che associa all’influsso della religione Indù e che gli indiani sintetizzano in un tipico cenno con la testa, un gesto di assenso e di disponibilità. Questa empatia, quasi genetica, data da questi brevi incontri, porta a dei commiati dolorosi: “Si ha l’impressione di lasciare un moribondo [...] ormai, tutta la strada dell’India dietro a me era seminata di naufraghi”16. 10 Alain Elkann, Vita di Moravia, pag. 221 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.9 12 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.30 13 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.42 14 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.104 15 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.44 16 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.50 11 Da questo sentimento interiore scaturisce l’episodio forse più narrativo del libro, ovvero la storia di Revi. “Io avevo voglia di stare solo, perché soltanto solo, sperduto, muto, a piedi, riesco a riconoscere le cose”17. Così, a passeggio, incontra un mite orfanello con cui passa la giornata. “Eravamo ormai alla fine del nostro viaggio in India ed eravamo mezzo dissanguati dalla pena e dalla pietà. Revi mi faceva più pena degli altri. Decisi che dovevo tentare qualcosa: era assurdo, ma non potevo farne a meno. Moravia con la sua esperienza resa asciutta e priva di ogni sentimentalismo dal suo fondo romano e cattolico, mi consigliava virilmente di seguire le ragioni della mia coscienza. Elsa, invece, aggressiva e dolce, mi si volle unire, attratta dall’assurdo”18. E così Pasolini e la Morante riescono a far ospitare il ragazzino da un sacerdote olandese che gestisce una casa accoglienza, la St.Francis Boys’ Home. Pasolini rimase molto colpito da ciò che vide in quel viaggio, al punto che nel ‘68 girerà un documentario per la rubrica televisiva Tv7 dal titolo “Appunti per un film sull' India”, dove le immagini crude e violente sono scandite dalla voce narrante del regista. Infine bisogna sottolineare che “L’odore dell’India” è anche, tra le righe, il diario del viaggio di tre amici, alla scoperta di un Paese mitico ma sostanzialmente ancora sconosciuto. Amici a cui si rivolge per cognome (anche se la Morante qualche volta è «Elsa»), con i quali affronta gli incontri ufficiali all’ambasciata, amici con cui, soprattutto, condivide l’atteggiamento giusto per scoprire l’India: “disponibili, allegri, curiosi come scimmie, con tutti gli strumenti dell’intelligenza pronti all’uso, voraci, goderecci, spietati”19. 5. Il confronto La parola che riassume meglio il rapporto tra i due autori, e di conseguenza tra i due testi, è complementarità. I capitoli di “Un’idea dell’India” sono legati dal collante della visione religiosa del paese asiatico, complementare alla razionalità/laicità occidentale. Si tratta di una visione a sua volta complementare a quella pasoliniana, il cui titolo “odoroso” già dichiara programmaticamente la distanza (stilistica e contenutistica) fra questi due volumi: l’occhio e l’olfatto, la mente e le viscere, la ragione e il fiuto istintivo. Moravia, a differenza di quasi tutti i viaggiatori novecenteschi, non si fa catturare dalla trappola della pietas, dell’intenerimento, di facili empatie. Il suo distacco è documentario e dell’India coglie, laicamente, la religiosità e non le pietose manifestazioni concrete. Dirà in seguito: “ I miei modelli erano e sono Stendhal e Sterne, il primo per il suo invaghimento per i paesi e la loro cultura, il secondo per l’attenzione al particolare anche minimo. Pasolini era invece portato a sottolineare l’esperienza personale, privata, intima, non necessariamente culturale”20. L’analisi di Moravia è più scientifica (e sappiamo che l’autore aveva preparato con attenzione maniacale il viaggio). Nei suoi articoli cerca di spiegare per capire e per dare una risposta agli interrogativi che si trova davanti. Questo pragmatismo si nota anche nel fatto che non menziona mai i suoi compagni di viaggio e raramente attinge ad aneddoti autobiografici. Ne “L’odore dell’India” invece ci sono numerose allusioni, anche spiritose, a Moravia e c’è un uso costante “dell’io” da parte di Pasolini. Dal testo traspare il suo spirito artistico sensibile, che lo rende attento alle piccole cose dell’India, a semplici gesti o agli aspetti della quotidianità. Lo scrittore è catturato dal particolare che assurge a simbolo e da cui derivano le sue reazioni umane, viscerali. 17 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.46 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.50 19 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.93 20 Renzo Paris, L’esperienza dell’India, pag. XXXV 18 Non a caso lo stile prosastico è molto diverso: Moravia è assertorio, Pasolini invece quando deve avanzare un’ipotesi è sempre cauto (utilizza spesso locuzioni dubitative quali “mi pare”, “mi sembra”). Nella sua bella prefazione per Bompiani a “Un’idea dell’India”, Tonino Tornitore conclude che: “Con Moravia si ha sempre la sensazione di guardare il mondo con il telescopio, e il dettaglio, l’aneddoto è sempre il tassello o il microcosmo di un panorama; con Pasolini guardiamo al microscopio, e si avverte, dietro all’osservatore che descrive, l’uomo che sente e che riconduce tutto un universo a un particolare minuto e soggettivo”21. Se si confronta l’intero capitolo “Viaggiare in India” con il capitolo VI de “L’odore dell’India”, si confermerebbe sempre la stessa impressione: universale contro particolare, continuo contro discreto, Pasolini racconta aneddoti, Moravia, nel migliore dei casi, emblemi. Un punto in comune tra i due scrittori è la sensazione statica dei paesaggi. L’India di Pasolini è monotona e iterativa, il ripetersi di una sequenza nella quale i monumenti marmorei spuntano all’improvviso, come corpi estranei. Anche Moravia sottolinea questo aspetto: “Un viaggio in India vuol dire una corsa attraverso l’uniformità di un paese immenso e allo stesso tempo straordinariamente unitario”22. Le pire funerarie di Benares sono descritte da entrambi. Il libro di Pasolini termina con questo episodio. “Così, confortati dal tepore, sogguardiamo più da vicino quei poveri morti che bruciano senza dar fastidio a nessuno. Ma in nessun posto, in nessun’ora, in nessun atto, di tutto il nostro soggiorno indiano, abbiamo provato un così profondo senso di comunione, di tranquillità e, quasi, di gioia”23. Lo stesso episodio, narrato ne “I roghi di Benares”, è appena il secondo capitolo del reportage moraviano e questa esperienza dà vita a distaccate riflessioni e deduzioni sulla religione in India. Ancora Paris osserva: “Pasolini sembra andato in India autobiograficamente per ritrovarsi, sia pure nel calore momentaneo che sprigiona un rogo. Moravia invece, illuministicamente, va per negarsi e in qualche modo riaffermare la superiorità dell’intelligenza sulla materia”24. Diversi eppure complementari. Come nota Siciliano: “La complementarietà tra Moravia e Pasolini va rintracciata nella passione che entrambi hanno per il primitivo e il barbarico culturale”25. Questa passione li porterà su strade diverse, ma in fondo simili. L’Africa per Moravia, le borgate romane e la ricerca della purezza nelle società del Terzo Mondo per Pasolini. Altre storie, altri viaggi. Bibliografia: Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, Milano, Garzanti, 2009. Alberto Moravia, Un’idea dell’India, Bologna, Bompiani, 2007. Alberto Moravia, Viaggi (Articoli 1930-1990), Milano, Bompiani, 1991. Renzo Paris, L’esperienza dell’India, intervista raccolta in Alberto Moravia, Firenze, La Nuova Italia, 1991. E.M.Forster , Passaggio in India, Milano, Mondadori, 2007. Alain Elkann, Vita di Moravia, Milano, Bompiani, 1990. 21 T. Tornitore, Moravia e l’India, pag.XVI Alberto Moravia, Un’idea dell’India, pag.65 23 Pier Paolo Pasolini, L’odore dell’India, pag.110 24 Renzo Paris, L’esperienza dell’India, pag.XXXVII 25 E. Siciliano, Alberto Moravia, pag.94 22 F. Panzeri, Guida alla lettura di Pasolini, Milano, Mondadori, 1988. E. Siciliano, Alberto Moravia, Milano, Bompiani, 1982. T.Tornitore, Moravia e l’India, prefazione a A. Moravia, Un’idea dell’India, Bologna, Bompiani, 2007.