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campionamento e speciazione degli odori

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campionamento e speciazione degli odori
CAMPIONAMENTO E
SPECIAZIONE DEGLI ODORI
DOTT. DOMENICO ROTILIO
MARCELLO DESIDERIO
Centro di Scienze Ambientali – Consorzio Mario Negri Sud
1. INTRODUZIONE
Il problema delle emissioni di sostanze odorigene assume sempre maggiore rilevanza ai fini della
realizzazione e della gestione degli impianti a rischio osmogeno. L’interesse verso questo problema si è
andato accendendo soprattutto in questi ultimi anni a causa dell’ubicazione sempre più urbanizzata di tali
impianti e della maggior attenzione rivolta verso la tutela dell’ambiente e della salute umana. Sebbene le
cosiddette “molestie olfattive” non siano in genere pregiudizievoli per la salute, si configurano come un
fattore di stress fisiologico per la popolazione circostante, diventando spesso un elemento di conflitto sia nel
caso di impianti esistenti che nella scelta del sito di localizzazione di nuovi impianti depurativi e produttivi.
L’odore è un fenomeno complesso da comprendere, non tanto per la vasta gamma di sostanze
potenzialmente odorigene, ma principalmente perché la potenzialità osmogena di un composto dipende da
diversi aspetti:
•
oggettivi propri della sostanza (volatilità, idrosolubilità, etc);
•
soggettivi (fisiologico e psicologico dell’osservatore)
•
ambientali (temperatura, pressione, umidità relativa dell’aria, velocità e direzione dei venti)
Ne consegue che una sostanza osmogena a distanza dalla fonte è avvertita in modo discontinuo con
oscillazioni giornaliere e stagionali.
L’analisi strumentale degli odori, oltre a queste difficoltà di tipo fisiologico che già sono estremamente
difficili da rendere oggettive con strumenti, ha anche il problema della sensibilità del senso dell’olfatto
nell’uomo che tende a superare le tecniche analitiche convenzionali. La caratterizzazione analitica degli
odori ha pertanto due difficoltà di base da superare: la sensibilità necessaria e la complessità interpretativa
del risultato. Per quel che riguarda il problema della sensibilità analitica questo può essere superato
realizzando strumentazione e metodologie di campionamento dedicate, ed un esempio potrebbe essere quello
descritto in questo lavoro, mentre per le problematiche alla descrizione della sensazione odorosa, alla
percezione dell’odore e quindi alla sua caratterizzazione quantitativa, le difficoltà sembrano essere
insormontabili sia per i punti descritti sopra per le singole sostanze odorigene, sia per tutti gli effetti di
interazione che hanno le sostanze osmogene tra di loro quando sono presenti in miscela. Infatti sono stati
pubblicati diversi modelli matematici (descritti di seguito) che cercano di descrivere queste interazioni e
questi modelli prendono in considerazione sia fenomeni di addittività, iper ed ipo-addittività, modelli
stronger component in cui il composto più concentrato ha influenza preponderante, modelli che tengano
conto delle relazioni stimolo-risposta sulla base di leggi complesse e modelli che cercano di tenere conto
anche della psicofisica del gusto.
Esistono però anche delle evidenze che, a livelli di soglia di percezione, le miscele si comportino in
maniera additiva semplice. Poiché al momento le metodologie uniche accettate dal legislatore sono legate
all’olfattometria dinamica, e quindi alla percezione da un gruppo di panelist selezionati, a livello della soglia
olfattiva, è possibile proporre un approccio analitico che non si limiti alla caratterizzazione degli odori ma
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che si proponga anche come metodo per la misura quantitativa degli odorii, metodo strumentale, in questo
caso, da validare con metodologie sensoriali.
1.2. Odori e tossicità
Come è noto purtroppo non esiste una correlazione fissa tra odori e tossicità delle sostanze.
Lo studio della tossicità comporta l’esame degli effetti in funzione della concentrazione. Per gli ambienti
di lavoro, si fa usualmente riferimento al parametro TLV (Threshold Limit Value) che indica la massima
concentrazione a cui un lavoratore può essere esposto durante la vita lavorativa (8 ore, 5 giorni alla
settimana e 50 settimane l’anno) senza incorrere in effetti patogeni.
Nel caso delle sostanze odorose, è utile calcolare il rapporto tra il valore di soglia di percettibilità olfattiva
(OT) ed il TLV; le sostanze con rapporto inferiore ad 1 verranno percepite prima di determinare i propri
effetti tossici, viceversa le altre.
2. CAMPIONAMENTO
La strategia di campionamento va formulata in modo da tenere in considerazione la natura della corrente
di odorante e l’obiettivo delle misure; essa è indispensabile perché non è possibile analizzare un numero
troppo elevato di campioni, ma soprattutto perché essi devono essere significativi dell’emissione odorosa
dell’impianto.
E’ fondamentale effettuare una prima visita sul luogo per raccogliere una serie di dati: innanzi tutto è
necessario identificare i processi che portano alla formazione di odori, poi bisogna accertare i potenziali
rischi di tossicità delle emissioni per stabilire se sia possibile effettuare le misure olfattometriche in
sicurezza.
La scelta dei punti di campionamento si effettua a partire dalla posizione delle fonti di emissione, dalle
condizioni che possono alterare tale emissione, controllabili o incontrollate (come le variazioni
atmosferiche), dalla conoscenza delle fluttuazioni dell’odore nel tempo.
La procedura di campionamento varia in funzione del tipo di sorgente emissiva:
Campionamento da una sorgente puntiforme
Questo può essere il caso direttamente nei condotti di aspirazione dell’aria del capannone adibito al
compostaggio, prima o dopo uno scrubber, etc. Il punto scelto per il campionamento non deve essere
influenzato da eventuali flussi d’aria esterna miscelanti; perché il campione raccolto sia significativo, la
sonda campionatrice viene inserita attraverso il condotto di uscita.
Campionamento di una sorgente diffusa senza flusso in uscita
E’ il caso di lagune, depuratori di acque reflue, serbatoi, cumuli di compost in maturazione. Si procede
coprendo parte della superficie con una calotta rigida di area nota (cappa) e ventilando con portata nota di
aria inodore. Il campione viene raccolto allo sbocco della calotta.
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Campionamento di una sorgente diffusa con flusso uscente
Tipici di questo caso sono i biofiltri e i liquidi aerati. Per campionare questo tipo di sorgente sono
applicabili due metodi: si può utilizzare una calotta di campionamento (cappa) oppure si può ricoprire tutta la
superficie (o almeno una larga parte) con pellicole che permettono di prelevare il campione di miscela. Nel
primo caso si deve discretizzare l’area per “punti di campionamento”; nel secondo, invece, l’apertura nella
pellicola fornisce già una miscela campione significativa. In genere, si utilizzano cappe coniche che
permettono di campionare una superficie di 1 m2.
La bozza di linee guida della regione Lombardia per impianti di compostaggio prevede che si debba
suddividere la superficie di scarico in subaree di 1 m2 ed esplorare con un misuratore di portata le velocità in
uscita. La media dei valori acquisiti moltiplicata per la superficie totale non dovrà scostarsi dal valore di
portata misurato a monte per più del 20%.I campionamenti andranno effettuati, per superfici > 20 m2,in
almeno 5 punti in cui la velocità è risultata più elevata e in almeno 5 in cui la portata è minima.
2.1. Contenitori di campionamento
Per quanto riguarda la raccolta specifica di campioni osmogeni, grande cura va posta nel contenitore
utilizzato per il campione. Le sostanze che caratterizzano gli odori sono presenti, inutile ribadirlo, in
bassissime concentrazioni e sono tipicamente polari e molto polari e tendono ad adsorbirsi sul contenitore.
La strategia utilizzata pertanto ricalca quanto descritto nella normativa tedesca per gli odori VDI 3881,
ripresa ora secondo il documento CEN TC264/WG2 in fase di pubblicazione. Queste strategie sono state
create specificatamente per l’olfattometria quindi ben si adattano per effettuare analisi strumentali che
possano essere effettuate in parallelo alle analisi sensoriali.
Il materiale che costituisce i contenitori deve soddisfare le seguenti caratteristiche:
•
assenza di odore;
•
inerzia chimica;
•
bassa capacità di assorbimento nei confronti degli odoranti;
•
bassa permeabilità;
•
opaco, se i composti da analizzare sono fotosensibili;
•
sufficientemente a sforzi meccanici;
•
maneggiabili
A parte i contenitori in acciaio inossidabile silanizzato tipo canister, esistono alcuni polimeri plastici
idonei come materiale per sacchetti di campionamento, che soddisfano i requisiti precedenti: Teflon
(copolimeri di tetrafluoroetilene-esafluoropropilene), Tedlar (PVF-polivinilfluoruro), Nalophan (NAcopolimeri dell’estere politereftalico).
Il tempo di residenza del campione nel sacchetto, cioè il tempo che intercorre tra il campionamento e la
misura, deve essere minimizzato e comunque non oltrepassare le 24 ore, secondo le indicazioni della
normativa tedesca VDI 3881, 30 ore secondo il CEN TC264/WG2. Il campione, inoltre, va mantenuto ad una
temperatura che sia inferiore ai 25°C, ma comunque superiore alla temperatura di rugiada per impedirne la
condensazione. Infine, bisogna evitare la diretta esposizione del campione alla luce, soprattutto solare, per
minimizzare le reazioni fotochimiche e di diffusione.
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Prima di effettuare il campionamento effettivo i camponamenti vengono riempiti e svuotati più volte sul
posto, affinché si raggiunga l'equilibrio adsorbimento/desorbimento sulle pareti dei sacchetti, pompa e
condotto: in questo modo si assicura che il campione non vari la propria concentrazione durante lo
stoccaggio.
2.2. Riempimento dei sacchetti
Possono essere impiegati tre diversi metodi:
1. “Lung principle” (effetto polmone): il sacchetto di campionamento viene posto sgonfio in un serbatoio
rigido. L’aria viene rimossa dal serbatoio utilizzando una pompa a vuoto e la depressione nel serbatoio causa
il riempimento della sacca con un volume di campione pari a quello che è stato rimosso dal serbatoio stesso.
2. Pompaggio diretto: in questo caso il campione d’aria viene pompato direttamente nel sacchetto
attraverso una pompa posta nel condotto tra la sorgente ed il sacchetto. Con questo metodo è necessario
pulire spesso l’apparecchiatura con aria neutra, per evitare contaminazioni fra due campioni successivi,
rendendo questo sistema difficilmente applicabile per campionamento di odori.
3. Raccolta diretta di aria: in questo caso il sacchetto è chiuso ad un’estremità e all’altra è avvolto sulla
bocca di uscita di una cappa, che viene posizionata sulla sorgente. Se il flusso è sufficiente, dopo un certo
tempo necessario affinché l’aria nel sacchetto sia in equilibrio con l’aria della sorgente, è possibile chiudere
il sacchetto senza interferenze con tubazioni e pompe esterne, come negli altri due casi.
I sacchetti non possono essere riutilizzati, a meno che non venga prima verificata l’assenza di odore con il
seguente procedimento: dopo averli riempiti di aria neutra e così stoccati per 24 (VDI)- 30 (CEN) ore, ogni
sacchetto viene testato dai panelist. Un sacchetto è considerato inodore quando non si osserva alcuna
variazione del limite di soglia del panel, oppure quando la soglia più alta è inferiore di almeno un fattore 25
rispetto alla soglia limite dei campioni che dovranno essere contenuti nel sacchetto considerato. Tale metodo
è del tutto analogo a quello utilizzato per la scelta del materiale del sacchetto. Queste difficoltà pratiche per
riutilizzare i contenitori di campionamento fanno si che inevitabilmente la scelta caschi su materiali a
bassissimo costo, quindi, da non riutilizzare, quali il Nalophan.
2.3. Sonda di campionamento
A seconda delle condizioni operative, la sonda di campionamento sarà di un materiale specifico: vetro,
Teflon (PTFE, politetrafluoroetilene) o acciaio inossidabile. E’ preferibile utilizzare lo stesso materiale sia
per la sonda che per il condotto, e, poiché i condotti flessibili sono più pratici, generalmente si usa il PTFE. Il
condotto dovrebbe essere munito di un dispositivo di riscaldamento, così come le unità di controllo e i
misuratori di portata in fase di prediluizione (vedi dopo), e il più corto possibile per minimizzare il tempo di
residenza.
Il campione può essere convogliato alla strumentazione analitica in diversi modi:
• se le emissioni sono già in pressione, per mantenere un flusso costante è sufficiente un’adeguata
unità di controllo.
•
altrimenti, il campione viene movimentato tramite una pompa posta tra la sorgente e
l’olfattometro. Questa, però, rappresenta una superficie adatta alla condensazione e all’adsorbimento
e dovrebbe quindi essere dotata di un dispositivo di riscaldamento nel caso in cui il calore di attrito
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della pompa non sia sufficiente. Inoltre sono presenti i sopracitati problemi di contaminazione del
campione da parte della pompa.
2.4. Separazione delle polveri
Qualora si evidenziasse la possibilità di precipitazioni di polveri nel campione, il campione deve essere
filtrato utilizzando un filtro a fibre di vetro posto a valle della sonda di campionamento.
Per evitare condensazione, il filtro deve essere riscaldato almeno fino alla temperatura del campione.
2.5. Campionamento statico
Il campione viene posto in un contenitore apposito che verrà analizzato solo in un secondo momento in
laboratorio. Questa tecnica, più semplice dal punto di vista logistico, si può applicare anche a fonti che
variano di intensità rapidamente, ovvero raccogliendo una serie di campioni diversi. Gli ordini di problemi in
questo caso riguardano le interazioni tra il campione e le superfici del contenitore, fenomeni di
condensazione e di minimizzazione dei tempi di stoccaggio del campione nel contenitore.
2.6. Prediluizione
La prediluizione si rende necessaria principalmente in due casi: quando la concentrazione degli odoranti è
molto elevata oppure quando esiste la possibilità di condensa.
L’aria di diluizione può essere preparata in sito o provenire da una bombola: l’importante è che tratti di
aria neutra, secca, pulita e, se necessario, preriscaldata.
La prediluizione dovrebbe essere effettuata il più vicino possibile al luogo in cui viene effettuato il
campionamento.
L’aria neutra, prima di essere miscelata col campione, viene deumidificata in una trappola per vapore
oppure mediante un agente essiccante. Viene poi sottoposta ad una purificazione spinta utilizzando carboni
attivi e filtri per polveri. Se l’aria di diluizione proviene da una bombola, il campione e l’aria neutra devono
essere iniettati, per la miscelazione, in un’ulteriore bombola dotata di una valvola che mantenga costante la
pressione. Se invece l’aria di diluizione è prodotta in sito, è necessario creare una sovrapressione utilizzando
una pompa a gas.
3. ANALISI STRUMENTALE
3.1. Microestrazione in fase solida
La tecnica della microestrazione in fase solida (SPME, solid phase micro extraction) è stata sviluppata
negli ultimi 6-7 anni, come alternativa rapida ed economica ad altre tecniche di estrazione –
preconcentrazione, come l’estrazione liquido-liquido, l’estrazione in fase solida, la tecnica “purge and trap”.
Recentemente si sono sviluppate anche applicazione nel campo dell’analisi delle sostanze in fase gassosa,
quale quella proposta nel presente lavoro.
Con l’SPME, utilizzabile quindi sia per matrici liquide che aeriformi, gli analiti vengono preconcentrati
su una fase stazionaria legata esternamente ad una sottile fibra di silice fusa, tipicamente della lunghezza di 1
cm. La fibra è contenuta in un apposito holder, simile ad una microsiringa, che la protegge e permette di
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esporla per il tempo necessario, sia durante il campionamento che per il desorbimento nell’iniettore del gascromatografo. Infatti, con l’SPME la fibra ha un diametro tale da poter essere inserita direttamente nella
precolonna permettendo così il rapido desorbimento subito dopo il campionamento.
Il campionamento viene effettuato ritirando la siringa nell’ago; quest’ultimo permette, quindi, di bucare il
setto del vial, nel caso di matrici liquide, o il contenitore specifico, nel caso di gas (sacchetti in Nalophan)
come in fig. 1.
Per le analisi in oggetto si utilizza una fibra trifasica (con una fase mista di Carboxen/PDMS/DVB,
Supelco) che permette di adsorbire sostanze con vasto range di polarità, da acidi ad ammine, alcoli, terpeni,
idrocarburi ed altro, come discusso di seguito. I tempi di campionamento sono stati standardizzati in 30
minuti, che permettono di campionare in una zona di equilibrio per le sostanze trovate.
Fig. 1. Sacchetto in Nalophan e campionamento statico con fibra SPME
Nell’SPME non si effettua una vera e propria estrazione, ma piuttosto viene raggiunto un equilibrio tra
l’analita nella matrice e l’analita sulla fase stazionaria, all’equilibrio esiste una relazione tra il numero di
moli dell’analita adsorbite dalla fibra e la concentrazione di esso nella matrice.
3.2. Gas Cromatografia Spettrometria di Massa
Per potere effettuare analisi con sensibilità sufficienti a caratterizzare sostanze osmogene, come descritto
sopra, il campione viene concentrato con una fibra per microestrazione in fase solida (SPME). Dopo
adsorbimento per 30 minuti, la fibra viene desorbita in modalità splitless nell’iniettore del gascromatografo a
250 °C per 3 min. Gli strumenti utilizzati per le analisi sono dei GC-MS sia Hewlett Packard MSD 5971, sia
Varian Saturn 2000. La colonna è una Nordibond NB311, 0.32 mm diametro interno, 1 um di fase,
mantenuta a 40 gradi per 3 minuti e poi scaldata a 180 con una rampa di 10 gradi al minuto. Gli spettri
vengono acquisiti nel range 33-250 amu.
La sensibilità è elevata, permettendo di identificare sostanze presenti in bassissime concentrazioni,
tipicamente decisamente inferiori al ppb. In fig. 2 si riporta un cromatogramma di uno standard di dimetil
disolfuro a 65 ppt sovrapposto ad un bianco analitico.
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La gascromatografia - spettrometria di massa permette quindi uno screening delle sostanze presenti. Da
un’analisi GC-MS si ricavano indicazioni sulle numerose sostanze (tipicamente oltre il centinaio) che
compongono la miscela odorosa. In tabella 2 sono riportate le sostanze identificate presso un impianto di
compostaggio di verde. Si noti come vengono qui identificati anche gli acidi volatili, i solfuri, composti
notoriamente “difficili” da campionare ed analizzare.
E‘ così possibile valutare:
• la presenza o meno di sostanze indicatrici di un cattivo andamento del processo,
• l’efficienza dei sistemi di abbattimento come scrubbers e biofiltri misurando la concentrazione delle
varie sostanze a monte ed a valle di essi.
• se esistono sostanze caratteristiche di particolari fasi processistiche (rivoltamento insufflazione,
stoccaggio dei rifiuti etc.)
•
la presenza di sostanze tossiche
3.3. Analisi Quantitativa
Al campione viene aggiunto subito uno standard interno marcato, generalmente p-xilene d10. La analisi
quantitativa viene quindi effettuata per confronto diretto verso rette di taratura effettuate con alcuni composti
disponibili, come riportato in tab. 3, mentre per tutti gli altri composti si effettuano analisi semiquantitative
facendo un rapporto diretto con lo standard interno.
Standard esterno
TR
R
2-esanone
5.14
0.9964
esanale
5.38
0.9968
etil butanoato
5.49
0.9795
tetracloroetilene
5.53
0.9974
acido butanoico
5.87
0.9856
para-xilene d10
7.26
tetracloro etano d2
8.92
etil esanoato
12.51 0.9934
acido esanoico
12.76 0.9433
alfa-terpinene
13.30 0.9998
limonene
13.49 0.9902
Tab. 3. Lista degli standard utilizzati per verificare la linearità del metodo
La concentrazione degli standard é compresa tra circa 1 ppb e 100 a seconda del composto, mentre gli
standard interni marcati con isotopi stabili (p-xilene d 10 e tetracloroetano d2) sono stati aggiunti in
concentrazione costante. Le risposte sono state quindi calcolate come rapporto sullo standard interno
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utilizzato poi per tutti i campioni, p-xilede d10. In fig. 3 vengono riportati i risultati ottenuti. Si nota come,
all'interno di questo range, la risposta dei vari composti sia lineare. Forse é presente un leggero adsorbimento
degli acidi, al sacchetto, ma questo non pregiudica comunque la significatività del dato analitico infatti il
coefficiente di regressione R, per gli acidi é sempre significativo.
Lo standard interno assume in questo contesto una particolare importanza. Poiché infatti sulla fibra SPME,
all’aumentare della concentrazione totale degli analiti, si possono alterare i parametri che definiscono la
quantità di composti adsorbiti (vedi fig. 4), la presenza di uno standard interno a concentrazione nota
permette di correggere queste possibili fonti di inaccuratezza e rendendo il metodo preciso (tab 4).
6. CONCLUSIONI
Gli sviluppi più recenti sono legati alla possibilità di identificare e quindi misurare in continuo, in modo
automatizzato, alcuni composti chiave odorigeni, dei traccianti, così che si possa avere un informazione in
tempo reale sul verificarsi di eventi odorosi. Come è noto, infatti, spesso il verificarsi di un episodio di
molestia olfattiva di particolare intensità è legato a situazioni temporanee gestionali o a talune condizioni
meteorologiche.
Dalle analisi effettuate presso alcuni impianti, e da dati di letteratura, si è rilevato che alcuni terpeni quali
il limonene ed il cimene potrebbe essere composti indicatori specifici di queste realtàii. Un monitoraggio
continuo di questi composti potrebbe dare indicazioni sui momenti critici della giornata riguardo l’impatto
olfattivo quantificando quindi gli impatti delle diverse attività e/o tecnologie utilizzate. Strumentazioni tipo
GC-FID o, meglio GC/MS automatizzati, potrebbero effettuare questi monitoraggi.
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Caso studio: Analisi delle principali fonti di emissione di odore in un
impianto di trattamento di RSU
Lo studio è stato svolto in un impianto di trattamento e valorizzazione di rifiuti solidi urbani.
Sono state analizzate le seguenti fonti di emissione di odore della discarica per RSU e dell’impianto di
compostaggio adiacente ad essa.
1. Rifiuto fresco
2. Rifiuto vecchio
3. Pozzo di raccolta del percolato
4. Vicinanze camino del biogas
5. Ingresso dello scrubber nell’impianto di compostaggio
6. Uscita dello scrubber nell’impianto di compostaggio
Nelle tabelle 1 e 2 sono riportate le concentrazioni espresse in ppb dei composti riscontrati.
Tab.1 Concentrazione dei composti rilevati in una discarica per RSU
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Tab.2 Concentrazione dei composti rilevati in una discarica per RSU
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I traccianti delle fonti di emissione
Per individuare i composti più rappresentativi delle fonti di emissione prese in esame si è pensato di
trascurare le classi degli idrocarburi e dei composti aromatici, dovuti prevalentemente ad emissioni da
traffico stradale. Si sono invece presi in esame gli acidi, gli esteri, i composti ossigenati in genere, i terpeni, i
composti clorurati ed il dimetil disolfuro (tab.3), perché ritenuti composti effettivamente presenti nelle
emissioni di una discarica per RSU.
Acidi
acido acetico
acido butanoico
acido esanoico
Esteri
acetato di etile
butanoato di etile
acetato di butile
Altri composti ossigenati
2 metil butanale
1 metossi 2 propanolo
2 pentanone
2 etil furano
dietossi metano
2 butanone
esanale
cicloesanone
2 butossi etanolo
4 metil cicloesanone
decaidro naftalene cis
5 metil 2 (1 metil etil) cicloesanone
2,6 dimetil benzaldeide
3,5 dimeti benzaldeide
aldeide cinnamica
2 metil 5(1 metiletil) cicloesanone
5 metil 2 (1 metil etil) cicloesanone
1 metossi, 4 metil, 2(1 metil etil) benzene
3,4 diidro pirano
anidride ftalica
Terpeni
2 metil 5(1 metil etil) biciclo (3,10) ex-2ene
alpha pinene
canfene
beta fellandrene
beta pinene
3 carene
alfa terpinene
para cimene
limonene
eucaliptolo
gamma terpinene
3,7,7 trimetil, biciclo(4,1,0) ept-2-ene
naftalene 1,2,3,5,6,7,8a octaidro 1,8a dimetil
canfora
4 metil, 1 metil etil biciclo (3,10) ex-3 ene
1 metil 4 (1 metietil) l3 cicloesen 1-olo
alfa terpineolo
isobornil acetato
beta panasinsene
1,2,3,5,6,7,8,8a octaidro 1,8a dimetil naftalene
1,5,5,9 tetrametil spiro(5,5) undeca 1,8 diene
Composti Clorurati
cloruro di metilene
1,2 dicloro etilene
tetracloroetilene
Altri composti
dimetil disolfuro
toluene
Tab.3 Composti tipici delle emissioni da una discarica per RSU
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Sulla base dei composti selezionati si è esaminata la composizione delle diverse fonti di emissione (Fig.1).
Composizione % di alcune fonti di emissione
100%
toluene
90%
80%
70%
60%
50%
40%
canfor
a
p-cimene
limonen
e
p-cimene
a- pinene
30%
20%
eucalipt
limonen
p-cimene
limonen
10%
0%
Rifiuti
freschi
Rifiuti
vecchi
Percolato
Biogas
ingresso
scrubber
Uscita
scrubber
Fig.1 Composizione % delle varie fonti di emissioni (vengono evidenziate le sostanze presenti in concentrazione
relativamente importante)
Come si può osservare, nonostante la grande varietà di composti presi in considerazione, ve ne sono alcuni di
particolare importanza per specifiche fonti di emissione.
Nelle ipotesi formulate, le emissioni dei rifiuti freschi sembrano costituite per oltre il 70% da limonene
(fig 2), un terpene prodotto dal metabolismo vegetale.
Le emissioni dei rifiuti vecchi, che hanno subito avanzati processi di decomposizione, mostrano una
spiccata diminuzione della percentuale di limonene, mentre sembrano rappresentate da un composto
aromatico, il para cimene (fig.2) (4) e da un altro terpene, l’alfa pinene (fig.2), inoltre si osserva un elevato
contributo del toluene.
Il campione del percolato, pure legato ad una fase avanzata della degradazione dei rifiuti è caratterizzato
dal para cimene e da canfora (fig.2) ed eucaliptolo(fig.2), due terpeni o più correttamente terpenoidi essendo
dei derivati ossigenati dei terpeni.
Il campione prelevato nelle vicinanze del camino del biogas, presenta relativamente ai composti presi in
considerazione una percentuale di para cimene, superiore al 70%. In letteratura si riporta che il para cimene
è il principale idrocarburo non metanico presente nel biogas e che esso probabilmente si formi per
riarrangiamento e deidrogenazione del limonene. (5)
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I due campioni ingresso ed uscita scrubber, sono stati raccolti in un impianto di compostaggio adiacente
alla discarica; il lavaggio prevedeva una prima fase basica ed una seconda fase acida, inoltre era previsto il
ricircolo delle acque di lavaggio.
Anche in queste due fonti di emissioni sembra predominare il contributo del limonene.
O
canfora
alfa pinene
gamma terpinene
O
OH
alfa terpineolo
para cimene
limonene
eucaliptolo
Fig.2 Alcune molecole chiave nelle emissioni di odori
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Indagine chimica (aria) e meteorologica
STAZIONE FISSA
Lo studio della qualità dell’aria è stato condotto sulla base della strumentazione a disposizione del
Consorzio Mario Negri Sud che gestisce la rete di monitoraggio atmosferico della Provincia di Chieti.
Di questa rete fa parte sia una stazione fissa, quella sita nella zona industriale della Val di Sangro, che è
stata sfruttata per eseguire campionamenti ed analisi di determinate sostanze inquinanti, sia una stazione
mobile, utilizzata per campagne di breve durata in diverse zone dell’area del Patto Territoriale.
La stazione fissa contiene strumentazione analitica per la misura di determinate molecole inquinanti, come
ossido e biossido di azoto, monossido di carbonio ed ozono, oltre a parametri meteorologici come la velocità
e la direzione del vento. Si tratta di strumenti che pur sfruttando principi di funzionamento abbastanza
semplici come la chemiluminescenza e l’assorbimento di raggi infrarossi, sono dotati di un hardware
piuttosto complesso, e forniscono misurazioni precise ed affidabili.
Ciascuno strumento presente in cabina campiona l’aria, effettua l’analisi, ed elabora il valore di
concentrazione, che trasmette ad un computer locale (ossia sito nella cabina stessa) che immagazzina i valori
di media oraria di concentrazione per ogni sostanza monitorata. Sfruttando una comune linea telefonica
commutata ed un modem con riconoscimento automatico di velocità e formato fino a 19200 bit/s, i vari
valori vengono poi trasmessi, ogni otto ore, al centro di elaborazione dati costituito da una stazione di lavoro
sita fisicamente nel Centro di Salute Ambientale “G. Paone”, presso il CMNS.
Il cuore di detta stazione di elaborazione è costituito da una WorkStation Alpha200 Digital, con sistema
operativo UNIX OSF2, dal quale (con l’ausilio di un Server basato sul modello di rete Ethernet IEEE 802.3,
in grado di supportare anche modelli come 10Base T) è possibile controllare l’intera attività della cabina di
monitoraggio, e che permette anche un’interfaccia diretta con la rete web per l’immissione dei risultati su un
sito internet, rendendo pubbliche e facilmente accessibili tutte le informazioni sullo stato della qualità
dell’aria.
Cos’è l’inquinamento atmosferico
Il riferimento normativo forse più importante in materia di legislazione sull’inquinamento atmosferico è il
D.P.R. n° 203 del 24/5/1988. Questo decreto definisce inquinamento atmosferico “ogni modificazione della
normale composizione o stato fisico dell’aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di una o più
sostanze in quantità e/o con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità
dell’aria da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell’uomo, da
compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell’ambiente, da alterare le risorse biologiche e
gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati”.
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L’aria che respiriamo è composta prevalentemente da azoto ed ossigeno (78% e 21% circa
rispettivamente) e in misura minore da anidride carbonica, idrogeno kripton, neon, ozono, argon, vapore
acqueo. L’inquinamento che ne altera questa composizione può avere due diverse origini:
•
Naturale. È costituito dal pulviscolo della crosta terrestre, dalle esalazioni vulcaniche, dagli incendi,
dalla decomposizione di materiale organico.
•
Antropico. Originato dalle attività umane.
La seconda di queste assume sempre maggiore importanza nella modificazione dell’equilibrio ambientale,
e proprio seguendo i cicli delle attività umane, l’inquinamento varia con le stagioni; nel periodo invernale,
mentre le emissioni industriali rimangono sostanzialmente costanti, si ha un aumento del traffico veicolare,
al quale si aggiunge quello derivante dagli impianti di riscaldamento. Bisogna poi tenere conto delle
evoluzioni delle condizioni meteorologiche locali (precipitazioni atmosferiche, umidità dell’aria, velocità e
direzione dei venti, radiazione solare), che influenzano in maniera sensibile le concentrazioni, a parità di
emissioni.
Riferimenti legislativi
Le normative principali che prendono in considerazione le sostanze monitorate in Val di Sangro sono
costituite principalmente dal D.P.R. 203 del 24/5/1988 e dal D.M. del 15/04/1994.
Il primo è un’attuazione di alcune direttive CEE, e costituisce uno dei riferimenti principali in materia di
qualità dell’aria. Vi vengono fissati dei “valori limite” e dei “valori guida”. Il secondo è il riferimento
principale per ciò che concerne le concentrazioni di inquinanti nell’aria che non devono essere oltrepassate.
I “valori guida” sono intesi come valori tendenziali per una buona qualità dell’aria, e il loro scopo è
quello di costituire dei parametri di riferimento per l’istituzione di zone specifiche di protezione ambientale
per le quali è necessaria una speciale tutela della qualità dell’aria. Devono inoltre costituire un riferimento
sicuro per una politica di prevenzione a medio-lungo termine in materia d salute e protezione ambientale.
I “valori limite” sono invece i valori di massima accettabilità.
Il D.M. 15/04/1994, norma due parametri molto importanti: il “livello di attenzione” relativo ad una
situazione di inquinamento atmosferico suscettibile di determinare una condizione di rischio ambientale e
sanitario, e il “livello di allarme” che è relativo ad una situazione di inquinamento atmosferico suscettibile di
determinare una condizione di rischio ambientale e sanitario.
Questi stati vengono attivati sulla base di cicli di monitoraggio di ventiquattro ore consecutive.
Mentre il D.P.R. 203 del 24/5/1988 prevede valutazioni nel lungo periodo, il D.M. 15/04/1994 prevede
osservazioni giornaliere di valori medi orari.
Sono questi valori medi orari dunque che sono stati raccolti nella stazione di monitoraggio della Val di
Sangro.
Di seguito si riportano due tabelle che illustrano i valori di concentrazione fissati dalle due normative
sopra citate:
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Tabella 1 VALORI DI RIFERIMENTO IN BASE AL DPR n° 203 DEL 24/5/1988
RIFERIMENTO
NORMATIVO
NO2
Valore guida
O3
Valore limite
Valore limite
CO
Valore limite
VALORE DI
RIFERIMENTO
50 µg/m3
135 µg/m3
200 µg/m3
200 µg/m3
40 mg/m3
10 mg/m3
CALCOLO
PERIODO DI
OSSERVAZIONE
50° percentile delle medie di 1h
98° percentile delle medie di 1h
98° percentile delle medie di 1h
Media oraria
Concentrazione media di 1h
Concentrazione media di 8h
01 gennaio / 31 dicembre
01 gennaio / 31 dicembre
01 gennaio / 31 dicembre
mensile
Orario
Media 8h
In questo decreto si parla di “valori percentili”. Il percentile è una particolare elaborazione statistica.
Questo decreto, in parole povere, stabilisce che il 98% dei dati di biossido d’azoto raccolti nell’arco di un
anno deve avere una concentrazione inferiore a 200
g/m3.
Tabella 2 VALORI DI ATTENZIONE E DI ALLARME DEL D.M. 25/11/1994
LIVELLO DI ATTENZIONE
NO2
O3
CO
LIVELLO DI ALLARME
3
200 µg/m
180 µg/m3
15 mg/m3
400 µg/m3
360 µg/m3
30 mg/m3
Risultati
La stazione fissa è posta in una zona caratterizzata da intensa attività industriale, la quale può spesso
rivelarsi una fonte non indifferente di sostanze inquinanti. Lo scopo dello studio dell’area in Val di Sangro è
stato quello di verificare quale potesse essere l’impatto delle sorgenti antropiche presenti sulla qualità
dell’aria dell’intera zona.
Il periodo preso in esame comprende l’intero arco temporale nel quale si è sviluppato il progetto “Qualità
d’area”, dunque dal febbraio 2000 all’ottobre 2001.
Topograficamente la zona nella quale è sita la stazione di monitoraggio è una vallata, chiusa a ovest dal
massiccio della Maiella, a nord dal promontorio frentano, e ad est e a sud dal mare, distante pochi chilometri
in linea d’aria. L’area è caratterizzata da venti non eccessivamente forti, provenienti principalmente dal
settore di sud ovest (si osserva, come si vedrà, una rotazione della direzione dal settore nord-orientale delle
prime ore della mattinata, ai quadranti orientali del resto del giorno).
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Considerando l’intera area ricadente nel territorio coperto dal Patto Territoriale Sangro-Aventino, la cabina
copre una zona limitata, come si può verificare dalla seguente figura nella quale è stilizzata in rosso la
stazione fissa di monitoraggio:
La cabina stessa si presenta come un box realizzato in
vetroresina, contenente all’interno la strumentazione analitica più
tutti i necessari dispositivi di corredo (gruppi di continuità,
:computer, modem, bombole di calibrazione, condizionatore
eccetera) e all’esterno la sonda di prelievo e i sensori per i
parametri meteorologici. Un esempio di una stazione in tutto e
per tutto simile a quella di Atessa è visibile in figura qui a lato.
Complessivamente, i valori medi, calcolati sulla base delle medie orarie, di concentrazione riscontrati nella
zona in esame durante tutto il periodo temporale febbraio 2000 – ottobre 2001, per le tre sostanze analizzate
dalla cabina fissa, sono riportati nella tabella 3:
Tabella 3 Valori medi di concentrazione riscontrati in Val di Sangro dalla stazione fissa di monitoraggio
NO2
(µg/m3)
NO
(µg/m3)
O3
(µg/m3)
CO
(mg/m3)
35.1
2.7
67.0
0.16
Addentrandoci in una analisi più dettagliata dei dati raccolti, cominciamo con l’osservare un confronto fra i
dati orari massimi e quelli medi del monossido di carbonio, durante i 20 mesi di durata del progetto:
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Confronto fra i valori medi e i valori massimi - CO
7.00
6.00
mg/m
3
5.00
4.00
3.00
2.00
1.00
0.00
valori medi
valori massimi
Questi valori vanno confrontati con quelli riportati in tabella 2. Si nota subito come i valori medi siano
rimasti sempre molto bassi, e anche come nemmeno quelli massimi abbiano raggiunto il livello di attenzione
fissato dal D.M. 25/11/1994; ma non hanno toccato mai la metà di questo valore, e per la maggior parte del
tempo sono rimasti inferiori ad un terzo.
Una elaborazione grafica analoga riguardante il biossido d’azoto, mette in evidenza una situazione simile:
Confronto fra i valori medi e i valori massimi - NO2
400
µg/m
3
300
200
100
0
valori medi
valori massimi
A differenza di quanto visto per il monossido di carbonio, per il biossido di azoto si può osservare come le
concentrazioni medie si siano avvicinate in alcune occasioni al limite di attenzione, rimanendo sempre
nettamente inferiori al limite d’allarme.
Lo 0.2% dei dati raccolti ha oltrepassato il limite d’attenzione. Questa percentuale appare piuttosto
irrisoria, se confrontata con le percentuali degli altri dati, le cui concentrazioni sono risultate rispettanti la
normativa, come è evidenziato dal seguente grafico a torta.
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Percentuali concentrazioni NO2
1.8 % 0.2 %
<100
98%
100 - 200
>200
Per il biossido di azoto, la normativa impone anche dei limiti per i valori percentili (si veda la tabella 1).
Detta elaborazione statistica per la stazione della Val di Sangro per tutto il periodo di durata del progetto ha
dato i risultati riassunti nella seguente tabella:
98° percentile
3
µg/m
94.6
Mediana
3
µg/m
24.4
Media
3
µg/m
32.0
Il valore del 98° percentile è nettamente inferiore sia al valore guida imposto dal D.P.R. n° 203 (che è di
135 µg/m3) sia al valore limite (200 µg/m3); anche il valore di mediana (50° percentile) è risultato
abbondantemente inferiore al valore guida, che è di 50 µg/m3.
Per l’ozono la situazione è risultata essere leggermente diversa, in quanto la concentrazione di questo
inquinante si è mantenuta costantemente a valori intorno ai 100 µg/m3, che pur non essendo un dato
preoccupante, rivela una presenza continua di questa molecola nei bassi strati dell’atmosfera. Dal seguente
grafico riassuntivo si nota anche che non vi è eccessiva discrepanza tra i valori medi e quelli massimi, a
ulteriore conferma della costanza dei valori:
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Confronto fra i valori medi e massimi - O3
200
µg/m
3
150
100
50
0
valori medi
valori massimi
Quasi il 20% dei dati di ozono raccolti durante la durata del progetto, ha presentato concentrazioni comprese
tra 100 e 180 µg/m3 (si ricorda che il limite d’attenzione stabilito dal D.M. 25/11/1994 è di 180 µg/m3),
mentre una percentuale praticamente nulla ha oltrepassato questa soglia, come dimostra il seguente grafico
riassuntivo delle classi di qualità:
Percentuali concentrazioni O3
0.1 %
19.5 %
80.4 %
<100
100 - 180
>180
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Per completare il quadro della situazione osservata in Val di Sangro si riportano i dati sulla velocità e
direzione del vento nel periodo. Come già accennato,la zona è interessata da venti che provengono
principalmente da sud –ovest e, particolarmente nelle prime ore della giornata, da nord-est (questo dato è
dovuto, presumibilmente, alla relativa vicinanza del mare):
Percentuali distribuzione direzione vento
N
NNW
20
NNE
15
NW
NE
10
WNW
ENE
5
W
E
0
WSW
ESE
SW
SE
SSW
SSE
S
L’area non risulta particolarmente ventosa; oltre il 75% dei dati raccolti infatti, presenta velocità inferiori ai 3
m/s (circa 10.8 Km/h), come evidenziato dal seguente grafico riassuntivo:
Percentuali di distribuzione della velocità del vento
2%
1%
da 0 a 1
1%
da 1 a 2
2%
6%
19%
da 2 a 3
da 3 a 4
10%
da 4 a 5
da 5 a 6
da 6 a 7
14%
da 7 a 8
da 8 a 16
45%
Questo dato fa presupporre che le sostanze frutto di eventuali emissioni che interessassero la zona non
verrebbero “spazzate” via dal vento, e il fatto di non aver riscontrato fenomeni particolarmente significativi
induce ad ipotizzare una effettiva scarsità di emissioni nella zona industriale.
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Pur non potendo trarre conclusioni definitive circa lo stato complessivo della qualità dell’aria e di
conseguenza sull’impatto della presenza di attività industriali intensive, richiedendo questo ulteriori
osservazioni e valutazioni, su scala temporale più ampia, si può ragionevolmente pensare che l’attività
antropica, limitatamente alle sostanze monitorate, non è tale da alterare significativamente lo stato e la
qualità dell’atmosfera nel territorio della Val di Sangro.
STAZIONE MOBILE
Con la stazione mobile di monitoraggio atmosferico, anch’essa di proprietà della Provincia di Chieti e
gestita dal Consorzio Mario Negri Sud, sono state effettuate diverse campagne di rilevamento nell’ambito del
progetto “Qualità d’area”.
Per quanto possibile si è cercato di coprire una parte significativa del territorio afferente al Patto
Territoriale, in maniera tale da ottenere dati di inquinamento atmosferico su zone diverse tra loro e
rappresentanti un campione dell’intero territorio. Si è quindi proceduto ad effettuare monitoraggi nella zona
costiera, in quella pedemontana (medio corso del fiume Sangro) ed industriale.
Non di rado si è dovuto rinunciare ad eseguire campagne di rilevamento a causa di difficoltà di natura
logistica. Si deve tenere presente, infatti, che la stazione mobile di monitoraggio necessita, per il corretto
funzionamento, di una particolare modalità di fornitura dell’energia elettrica (380 V trifase con neutro) e di
un sito nel quale farla stazionare stabilmente per tutta la durata della campagna stessa (che dovrebbe essere,
per ottenere dati significativi, di almeno un paio di settimane); non tutte le amministrazioni comunali
contattate sono state in grado di assicurare tali supporti.
Si sono dovuti escludere a priori i territori del Patto Territoriale rientranti nell’Amministrazione
provinciale dell’Aquila, visto che il mezzo mobile utilizzato è di proprietà della provincia di Chieti.
I dati raccolti comunque possono ritenersi sufficientemente rappresentativi di una buona porzione del
territorio.
Oggetto dei monitoraggi sono state molecole di inquinanti aromatici come il benzene e alcuni suoi
derivati, quali il toluene e gli xileni. Prima di passare ad illustrare i risultati ottenuti, si ritiene opportuno
fornire alcune informazioni circa queste sostanze.
Il quadro legislativo
Vi è una continua e costante evoluzione della normativa in materia di individuazione e regolamentazione
dei composti organici volatili (COV). La semplice individuazione del contenuto totale di questi in atmosfera
non è risultata sufficiente per quantificare i livelli di inquinamento e la loro origine; inoltre è risultato
necessario determinare la concentrazione di questi composti ad un livello inferiore a quanto fatto fino a pochi
anni fa. In quest’ottica è stato varato il D.M. 25/11/1994 che fissa i cosiddetti “obbiettivi di qualità” per il
benzene (tale decreto prende in considerazione anche il articolato sospeso con particelle di diametro inferiore
ai 10 µm, il PM10, che nelle campagne effettuate nell’ambito del progetto “qualità d’area” non sono state
rilevate):
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Tabella 4 Obbiettivo di qualità per il benzene
Date di attuazione
Obbiettivo di qualità
Dal 1/1/1996
Dal 1/1/1999
15 µg/m3
10 µg/m3
Si parla di “obbiettivo di qualità” piuttosto che di “limite”; tale obbiettivo è inteso come media delle
medie orarie raccolte continuativamente nell’arco di un anno. Le campagne effettuate coprono un arco
temporale massimo di un mese, quindi a rigore i dati che verranno presentati non potrebbero essere
raffrontati con quelli riportati in tabella 4, comunque il dato della stessa tabella 4 rappresenta un utile
strumento per valutare la bontà o meno della qualità dell’aria nell’area monitorata.
Toluene e xileni non vengono normati dalla legislazione italiana, anche perché non è stata riconosciuta la
loro pericolosità per la salute umana. Nel mondo il solo stato della California fissa un limite per il toluene a
400 µg/m3, valore comunque nettamente superiore a quelli registrati nelle campagne effettuate.
In una delle campagne eseguite, quella di Quadri del 2001, sono stati raccolti anche dati di inquinamento
acustico, pur se questa opzione non era prevista dal progetto “qualità d’area”. La normativa in materia di
rumore si esprime essenzialmente nella legge 26/10/1995 n° 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico),
nel D.P.C.M. 1/3/1991 e nel D.P.C.M. 14/11/1997. Quest’ultimo decreto fissa i limiti assoluti di immissione
in decibel, in base alle classi di destinazione d’uso del territorio:
Tabella 5 Valori limiti assoluti d'immissione - Leq in dB(A) in base al DPCM 14/11/1997
Classi di destinazione d’uso del territorio
I
II
III
IV
V
VI
aree particolarmente protette
aree prevalentemente residenziali
aree di tipo misto
aree di intensa attività umana
aree prevalentemente industriali
aree esclusivamente industriali
Tempi di riferimento
Diurno
(06:00-22:00)
50
55
60
65
70
70
Notturno
(22:00-06:00)
40
45
50
55
60
70
Per valori d’immissione si intende il rumore immesso nell’ambiente esterno dall’insieme di tutte le sorgenti
sonore.
Risultati
Le analisi degli inquinanti aromatici sono state realizzate tramite un gascromatografo Syntech Spectras mod.
GC 855 serie 600. Si tratta di un gascromatografo a fotoionizzazione (PID) il cui limite inferiore di
rilevabilità per il benzene è di 0.3 µg/m3, caratteristica, questa, che assicura una elevata sensibilità, che,
accoppiata alla calibrazione effettuata prima e durante le campagne di campionamento, ad intervalli regolari,
garantisce un'ottima attendibilità dei dati.
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Sono state eseguite in totale sei campagne di monitoraggio, una delle quali, nel territorio comunale di Atessa,
in particolare in corrispondenza della zona industriale della Val di Sangro, si è svolta in tre serie di
campionamenti, coprendo così gran parte della vallata.
Presso il comune di Quadri sono state effettuate due campagne, la seconda delle quali per valutare
l’eventuale impatto di mutate condizioni di traffico veicolare venutesi a manifestare dopo la prima
campagna.
Un’idea della dislocazione dei comuni interessati è data dalla seguente cartina:
Nel dettaglio, i luoghi, le date e le concentrazioni medie rilevate nei vari siti sono riportati nella seguente
tabella:
Tabella 6. Riassunto delle concentrazioni di aromatici rilevate nelle campagne con la stazione mobile di
monitoraggio atmosferico
LUOGO
PERIODO
Rocca San Giovanni
Quadri
Atessa
Villa Santa Maria
Casoli
Quadri
28/7/2000-31/8/2000
6/10/2000-18/10/2000
18/1/2001-20/3/2001
23/5/2001-9/6/2001
24/6/2001-13/7/2001
19/7/2001-1/8/2001
CONCENTRAZIONI MEDIE ( g/m3)
Benzene
Toluene
Xilene
1.14
1.47
0.6
0.4
1.0
1.4
3.33
2.93
1.38
0.5
2.3
2.2
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1.5
1.22
2.1
0.16
1.4
0.4
Quelli riportati sono i valori medi riferentisi all’intera durata di ciascuna campagna. Si può osservare come il
benzene, l’unica sostanza per la quale si disponga di un riferimento legislativo, sia risultato presente, in tutti i
comuni presi in esame, in concentrazioni molto inferiori a quella fissata dall’obbiettivo di qualità.
Un'analisi più approfondita dei dati raccolti inerenti l’inquinamento atmosferico ha messo in evidenza alcuni
fenomeni di inquinamento nei quali si sono rivelati picchi di concentrazione piuttosto alti, in particolare:
1. Nella campagna di Quadri del 2000, si sono osservati tre casi sporadici di valori relativamente elevati di
benzene, occorsi rispettivamente il 9 ottobre tra le 12:25 e le 12:40, il 12 ottobre tra le 9:30 e le 10:00
quando si sono registrati valori variabili tra 19.6 e 8.8 µg/m3, e il 17 ottobre, tra le 18:20 e le 18:35
quando si sono rilevati 20.1 µg/m3.
2. Nella campagna effettuata in Val di Sangro, si sono segnalati dei picchi di toluene e di m-xilene in
prossimità dell'impianto di trattamento rifiuti dell'ASI; per il primo si sono sfiorati, in un'occasione, i 90
g/m3, mentre per il secondo si sono oltrepassati, in un paio di occasioni gli 80 µg/m3.
3. Infine, nella campagna di Casoli, fra le 13:00 e le 14:00 del 29 giugno il livello di concentrazione del
benzene ha sfiorato i 25 µg/m3.
I fenomeni sopra riportati tuttavia, sono stati osservati in occasioni estemporanee, e sono da ritenersi pertanto
episodici, e non rappresentativi della qualità dell'aria nelle aree oggetto degli studi, che nel complesso può
ritenersi buona.
Allo scopo di non appesantire la trattazione, nel presente documento si ritengono i valori di concentrazione
riportati in tabella 6 sufficienti a tracciare un quadro delle condizioni di qualità dell’atmosfera nei siti oggetto
dei campionamenti. Approfondimenti, corredati da schematizzazioni grafiche e riassunti in forma gabellare
delle concentrazioni osservate, sono facilmente reperibili tramite la rete internet, accedendo al sito
http://www.sangroaventino.it, sul quale è presente il collegamento all’indagine chimica della qualità
dell’aria.
Si ritiene opportuno invece illustrare i risultati dei rilevamenti. fonometrici di inquinamento acustico.
Questi sono stati effettuati, nell’ambito del progetto “Qualità d’area” nell’abitato di Quadri.
Si è supposto che l’area oggetto dei monitoraggi potrebbe essere inquadrata nel tipo III o IV, visto che si
tratta comunque di un’area centrale dove la presenza e le attività umane sono rilevanti. Il decreto già citato
infatti, alla tabella A dell’allegato descrive la classe III come quella delle “aree urbane interessate da traffico
veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività
commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali”, mentre
nella classe IV rientrano “le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di
popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree
in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie”.
La legge individua due tempi di riferimento, diurno e notturno, per questo sono stati effettuati rilevamenti
anche nella fascia oraria 22:00 – 06:00.
Visto il tipo di fonometro a disposizione, che non permette campionamenti in continuo nell’arco di 8 o 16
ore, e viste anche le difficoltà logistiche che questo tipo di monitoraggio avrebbe comportato, si è sfruttato
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un comma del decreto sopra citato, che all’articolo 6, paragrafo 1, comma a) cita testualmente: “se riferiti ad
un’ora i valori della tabella C [la tabella 5 citata in questa relazione] allegata al presente decreto vanno
aumentati di 10 dB per il periodo diurno e di 5 dB per il periodo notturno”.
I rilevamenti quindi sono stati effettuati nell’arco di un’ora, continuativamente, per cui i valori limite da
prendere in considerazione sono quelli riportati nella seguente tabella:
Tabella 7. valori limite assoluti d'immissione riferiti ad 1 ora Leq - dB(A)
Classi di destinazione d’uso del territorio
Tempi di riferimento
Diurno
(06:00 – 22:00)
60
65
70
75
80
80
I aree particolarmente protette
II aree prevalentemente residenziali
III aree di tipo misto
IV aree di intensa attività umana
V aree prevalentemente industriali
VI aree esclusivamente industriali
Notturno
(22:00 – 06:00)
45
50
55
60
65
75
I valori limite sono stabiliti in Leq(A), ossia livello sonoro equivalente in classe di frequenza A.
Sono stati effettuati 5 campionamenti, prendendo in considerazione, per quanto possibile, diverse fasce
orarie, mattutine, pomeridiane e notturne. I risultati sono riassunti in tabella 8:
Tabella 8. Valori di rumore rilevati
GIORNO/ORA
22/7/2001/(10:50 – 11:50)
23/7/2001/(12:00 – 13:00)
24/7/2001/(22:30 –23:30)
28/7/2001/(15:00 – 16:00)
31/7/2001/( 10:30 – 11:30)
MAXP (dB)
MAXL (dB)
MINL (dB)
LEQ (dB)
SEL (dB)
94.0
106.8
104.5
98.5
104.0
82.7
93.0
97.7
87.0
92.2
49.4
45.4
<40.0
41.4
43.9
64.6
63.4
60.4
63.3
66.0
92.4
98.8
96.8
98.5
101.5
I vari valori riportati hanno il seguente significato:
MAXP: è il livello massimo di picco sonoro registrato durante la rilevazione
MAXL: livello massimo RMS
MINL: livello minimo RMS
LEQ: livello sonoro equivalente
SEL: livello di esposizione sonora
Il valore più significativo è quello del livello sonoro equivalente, registrato nell’arco di un’ora (riportato in
grassetto in tabella 8) che è quello che deve essere confrontato con i limiti di legge riportati in tabella 5.
Considerando la fascia diurna, per le classi di destinazione d’uso III e IV si nota come si sia rimasti
costantemente sotto i limiti, mentre per la fascia notturna si è oltrepassato il limite di 5.4 dB se si considera
la classe III e di 0.4 dB se si considera la piazza del paese (dove sono stati effettuati i rilievi) di classe IV.
Oltre al caso di Quadri è interessante riportare dettagliatamente l’indagine condotta nella Zona Industriale
della Val di Sangro, nella quale sono stati effettuati monitoraggi della concentrazione di alcune sostanze
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aromatiche, ottenendo dei valori che, aggiunti a quelli raccolti dalla stazione fissa, formano una mappatura
piuttosto dettagliata dell’area.
I campionamenti sono stati suddivisi in tre serie di campionamenti, dal gennaio al marzo 2001, su tre
differenti siti messi a disposizione del Consorzio per lo sviluppo industriale del Sangro, in particolare in
corrispondenza dell’impianto di depurazione, dell’impianto di filtraggio e di quello di trattamento delle
acque. Dalla seguente cartina, che mette in evidenza i punti di prelievo, si evince come si sia cercato di
coprire l’intera area della zona industriale:
Imp. di
Imp. di
trattamento.
Imp. di filtraggio
Il confronto fra i vari valori di concentrazione dei tre inquinanti rilevati nei tre siti è evidenziato dai seguenti
grafici a dispersione:
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