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La strana Esna
I posseduti del tempio di Khnum
(ottobre 2004)
In un livido mattino di nuvoli sparsi, ci
siamo avviati con il nostro taxi lungo il
Nilo, alla volta di Esna. Il cielo
sembrava freddo e distante eppure
l’aria era calda, come sempre qui in
Egitto…
Esna, perché strana ?
La mia probabilmente è soltanto una
sensazione, una suggestione basata sul
particolare comportamento dei venditori
nel suq, sulla disposizione dei resti del
tempio
di
Khnum,
affondati
nel
sottosuolo cittadino, sui ritrovamenti di
antichi
resti
mummificati
che
depongono per culti primordiali meno
diffusi nell’antico Egitto.
Attimi del viaggio verso Esna (governatorato di Qena)
Il tutto condito da un’atmosfera particolare, che ho percepito ogni volta che sono tornato in
questo luogo, un brivido inquietante, pesante, malinconico.
Eppure, a distanza di decine di chilometri, ho
rievocato questa sensazione di malinconia, ed è
capitato proprio mentre parlavo con una
persona [di cui ancora non conoscevo la
provenienza], che ha affermato in seguito di
provenire da Esna.
In effetti le guide, i supporti turistici, il nostro
amico Ramadàn: nessuno ha caldeggiato o
accettato
entusiasticamente
il
fatto
che
volessimo passare una mattinata nel sito di
Esna, anzi, più d’uno ci ha consigliato di non
andarci affatto o di fermarcisi solo di passaggio,
perché non vi era “nulla di interessante”, e
probabilmente non ne valeva la pena.
Credo che tutto sia legato un po’ al fatto della
presenza di un unico sito archeologico (di non
grandi dimensioni) accessibile per il turista, e
Foto satellitare del tempio: la freccia gialla indica
poi perché la cittadina non è particolarmente
l’angolo da cui si accede alla scaletta per scendere
pulita e interessante.
a 9 metri sotto il livello stradale
Ultima considerazione a livello di chiacchiere: un nostro amico di Elefantina, il nubiano Usama,
ci ha detto in tono confidenziale che “la gente di Esna e di Qena non sorride mai”, ma non ha
saputo specificare se vi fosse un motivo conosciuto. Alla fine, nonostante tutto, siamo riusciti
a concordare un itinerario con il nostro “tassista”, che ci ha permesso di spendere un po’ di
tempo, con calma, nelle rovine del tempio di Khnum: il dio vasaio che modellava il corpo ed il
ka di ogni uomo sul suo tornio divino. Quanto all’argomento dei “posseduti” mi riservo di
trattarlo alla fine dell’articolo, promesso.
Ed ecco alcuni dati storici : chiamata
anticamente Iunyt o Ta-senet (da cui
derivano il Copto Sne e l’Arabo Isna), Il
nome greco di Esna era Latopolis, città del
pesce Lates, perché in questo sito tali pesci
erano considerati incarnazione della dea
Neith [patrona della città e seconda divinità
a cui era dedicato il tempio]. Il pesce in
questione è il Lates Niloticus. (Strabone
ricorda anch'egli il nome curioso del diopesce che chiama “Latus” ma nei suoi
racconti non fa nessun riferimento ai tre
templi della città dei quali soltanto uno oggi
è ancora parzialmente visibile). In tempi
moderni Esna è uno dei più importanti
centri della religione Copta in Egitto.
Tempio di Khnum: la parte anteriore della sala ipostila
Latopolis era un centro importante durante la XVIII dinastia perché punto di passaggio dei
traffici con il Sudan, ed era proprio attraverso Esna che transitava un’antica carovaniera per la
località di Derr. Il declino della città continuò inarrestabile fino alla XXVI dinastia, quando ebbe
modo di rifiorire e divenne, sotto Greci e Romani, la capitale del terzo Nomo dell’Alto Egitto,
chiamato Nekhen.
La parte attuale del tempio di Khnum, ancora visibile ed
imponente, non è molto antica, poiché risale al secondo
secolo avanti Cristo, in età Tolemaica; ma è interessante
sapere che esso venne edificato sopra le fondamenta di un
tempio più antico, risalente alla XVIII dinastia., e più
precisamente al periodo di Tuthmosi III. Il tardo restauro del
sito data al periodo tra Tolomeo VI Filometore (180-145 a.C.)
e l’imperatore Decio (249-251 d.C). Quest’ultimo decretò che
tutti i Cristiani che non avessero sacrificato agli dei pagani,
sarebbero stati messi a morte: il cartiglio con il suo nome fu
l’ultima incisione che venne eseguita sulle pareti del tempio.
Ma, forse, ciò che non tutti conoscono è un particolare
interessante relativo alla famosa “damnatio memoriae”, che
Pianta del tempio
era in uso presso i sovrani egizi.
Il martellamento e cancellazione dei nomi dai cartigli, in seguito a successioni più o meno
violente, è un fenomeno che permase fino ai tempi dell’impero romano. Ne fa fede lo stesso
tempio di Esna. Nomi illustri, come pure nomi di minore importanza, furono incisi in questo
sperduto tempio delle province egizie dell’impero. I nomi di Claudio, Vespasiano, Tito,
Domiziano, Comodo, ma anche Settimio Severo nonché Filippo e Decio appaiono incisi in
geroglifico sulle pareti del tempio. Da un interessante testo di Serge Sauneron (Les querelles
impériales vues à travers les scènes du temple d’Esné) riporto qui di seguito uno schema che
rappresenta la parete interna occidentale, con tutte le iscrizioni appartenenti ai diversi
imperatori romani che vollero essere immortalati nei geroglifici del tempio.
Proprio sui figli di Severo, avuti da Julia Domna (principessa siriana d’Efeso), si appunta
l’attenzione dell’articolo di Sauneron: il nome di Geta (proclamato Caesar da Severo stesso)
appare martellato, a fianco del nome integro del fratello Caracalla (Antonino, proclamato
Augustus dallo stesso genitore). E’ notevole il fatto che già in partenza Geta fosse raffigurato
con la sola corona bianca e lo scettro wAs, mentre Caracalla aveva in capo la doppia corona e
lo scettro più il flabello reale oltre allo wAs. Comunque, alla morte del padre, nonostante la
promessa fatta di regnare assieme in armonia, Geta dovette soccombere, ed alla fine fu
assassinato dallo stesso Caracalla. Il nome di Geta, come si vede dall’illustrazione qui sotto fu
martellato e proscritto in tutte le raffigurazioni, persino nel lontano Egitto. Il cartiglio davanti ai
nomi di entrambi riporta il geroglifico: “jwwtkrtr ksrs”… “caesar autocrator”.
Dalla parete del tempio di Esna - davanti al dio Khnum in sequenza: Settimio Severo, Julia Domna,
Caracalla e Geta (il corpo ed il nome di Geta sono martellati).
E torniamo alla struttura architettonica. Non è
possibile rimanere senza emozioni davanti a
queste straordinarie colonne istoriate… Questa
sala ipostila è l’unico volume rimasto ben
conservato di tutto il tempio: le sue colonne sono
alte più di 13 metri e includono ben 16 tipi diversi
di capitelli. Gli elementi colonnari e le pareti sono
decorate con rilievi che risalgono al periodo
tolemaico, e sopra alcuni capitelli, si scorgono
alcune strane protuberanze, come teste di
animali, nascosti, nella distanza, dal capitello
stesso. Leggendo qua e la ho scoperto che si
tratta di elementi divini dell’Ogdoade primeva:
anfibi e rettili, celati sopra le colonne che
rappresentano, come sempre, gli elementi
vegetali della palude primordiale.
Capitello di una delle colonne della sala ipostila: si
notano le statue soprastanti che rappresentano
elementi dell’Ogdoade
La cosmogonia secondo i miti di Esna:
il dio Khnum che modella l’uovo cosmico
sul tornio da vasaio…
In questo suo tempio Khnum era venerato come
creatore degli uomini. Non rimane molto delle
strutture originarie, però nelle iscrizioni della sala
ipostila vengono descritte in modo particolareggiato
le operazioni svolte dal dio per modellare gli esseri
umani. Rivedo davanti a me le righe di geroglifico di
queste antiche pareti, così tardo e criptico, con i suoi
simboli strani e sintetici… Ricordo di essere rimasto
per un bel po’ a studiare pareti… ed ho fatto poi una
bella fatica, a casa, a trovare dei cenni alle traduzioni
(di cui Serge Sauneron è stato il principale fautore).
Riporto a questo proposito uno stralcio
si testo da: Miti Egizi, George Hart,
Mondadori 1997.
“Egli fece scorrere il sangue sulle ossa
e attaccò la pelle del corpo. Creò un
sistema respiratorio, con le vertebre
per sostenerlo e un apparato digestivo.
In accordo con le sue responsabilità
procreative, fece in modo che gli organi
sessuali consentissero il massimo del
piacere senza perdere in efficienza
durante l’accoppiamento. Controllava il
concepimento nell’utero e dava inizio al
travaglio”.
Khnum davanti al suo tornio seguito da Neith
davanti al “Castello dell’Uovo”
Questa funzione creatrice si trova espressa nei testi sacri dei libri sapienziali e nei vari inni,
come quello a Khnum-Ra, Dio creatore degli dei, degli uomini e degli animali modellati al tornio
con tanta precisione. Ecco un passo tratto sempre da Esna :
“Egli ha modellato al tornio gli dei e gli uomini; Egli ha formato gli animali, i piccoli e i
grandi; Egli ha fatto gli uccelli così come i pesci; Egli ha fatto i maschi riproduttori e ha
posto sulla terra la stirpe femminile......Il membro per l'unione sessuale e l'organo
femminile per ricevere il seme e per moltiplicare le generazioni in Egitto. La vescica per
orinare... Il membro virile per eiaculare e per aumentare quando è stretto fra le due
gambe...”
Più avanti continua:
“Il Padre dei Padri, la Madre delle Madri, l'essere divino che cominciò a essere all'inizio, si
trovava nel grembo delle acque iniziali, apparsa da se stessa, mentre la terra non era
ancora apparsa, e nessuna pianta germogliava. Essa si diede l’aspetto di una giovenca,
che nessun essere divino o chicchessia poteva conoscere”.
“Essa” era la dea Neit, venerata ad Esna: creò l'Egitto come piattaforma di terra, situata nel
grembo delle acque iniziali, Caos liquido (o Nun), dove Ella potè appoggiarsi. Si hanno
relativamente poche notizie a proposito di questa cosmogonia che comunque in parole semplici
vede Neith (in seguito conosciuta come “Signora dei Mestieri”) stendere il cielo con il suo
telaio. Poi si impegnò a tessere il mondo e una volta ultimata la tessitura intrecciò alcune reti
con le quali pescò gli esseri viventi dalle acque primigenie. Quindi inventò il parto e lo
sperimentò su di se, dando alla luce Ra. Qui a Esna Neith è raffigurata anche sotto un’altra
identità: sulle pareti del tempio è Myrneith o Menheyet o Menhyt, dea dalla testa leonina,
presentata come la consorte di Khnum, di cui è presente una statua nel cortile anteriore
dell’edificio. Altrove, però, la storia assumeva risvolti diversi [vedi Elefantina] : si riteneva che
Khnum fosse assistito nel suo lavoro dalle divinità femminili Satis e Anukis. Satis era una dea
guardiana dei confini meridionali dell’Egitto che uccideva i nemici del re con i suoi dardi.
Insieme a Khnum era associata alle inondazioni del Nilo e forniva anfore piene d’acqua ai
defunti per la purificazione. Si riteneva che la dea Anukis fosse figlia di Khnum e Satis benché
sia talora attestata come moglie di Khnum e madre di Satis. Era una divinità della prima
cateratta del Nilo ad Assuan ed aveva un tempio a lei dedicato nell’isola di Sehel.
Una parte interessante del tempio riguarda il soffitto “astronomico” della sala ipostila: le
superfici rettangolari tra un colonnato e l’altro sono coperte di raffigurazioni che si riferiscono
alle entità astronomiche Egizie nella parte settentrionale, ed a quelle dello zodiaco Romano in
quella meridionale. Sono rimasto curvo e rattrappito per decine di minuti cercando di
catturare, a riquadri, almeno una parte del soffitto (vedi ri-assemblaggio fotografico realizzato
qui sotto). Tra le divinità è interessante notare, in basso a sinistra, la presenza di un serpente
dalle otto teste che richiama l’ancestrale Ogdoade, circondato da altre divinità più remote,
mentre al capo opposto del rettangolo sono raffigurate le divinità dell’Enneade sulla barca
solare.
Una delle superfici intercolonnari del soffitto, istoriata con rappresentazioni astronomiche
Un capitolo a parte meriterebbero le scene relative alla fondazione del tempio: una delle 10
fasi del rituale del “pedj-shes”, la “tensione della corda”, è rappresentata sul lato interno della
parete frontale del tempio.
Vi si vedono il Sovrano (a destra) e la sacerdotessa della
dea Seshat (o Sefkhet Abwy a sinistra) che piantano
assieme due pioli nel terreno, mentre una corda ad
anello è avvolta attorno ai picchetti stessi. Il significato
della scena rimanda a tempi antichi, attorno alla V
dinastia. Si tratta di un rituale che prevede l’osservazione
delle stelle circumpolari e l’uso di strumenti specifici per
traguardare il cielo, in modo da identificare in modo
preciso l’asse nord-sud del tempio. L’atto simbolico di
piantare i picchetti e di tendere la corda rappresenta
l’operazione di delimitazione dei quattro angoli e del
perimetro dell’edificio sacro. Questa fase del rituale, che
da il nome a tutta la cerimonia della Fondazione, è quella
più importante ed è presente praticamente in quasi tutti i
templi dell’Alto e Basso Egitto.
Un ultimo sguardo alle colonne verticali di geroglifici
presenti nelle strombature delle finestre, sul retro della
parete anteriore: vi sono riportati rispettivamente la
litania dei coccodrilli nel lato occidentale, e quello degli
arieti in quello orientale. Entrambi sono costituiti da una
ripetizione monotona di simboli che rappreseno gli
animali suddetti, intervallati da rari simboli differenti.
Questi testi non sono mai stati tradotti, né si conosce alcuna ipotesi razionale sul loro
significato. Una delle teorie che sono state avanzate suppone che si tratti della
rappresentazione di litanie ripetitive, basate sul fenomeno fonetico della lallazione, ove la
stessa parola, ripetuta in maniera monotona, intervallata da singole interruzioni con parole
diverse, avrebbe dato origine ad una cantilena, usata come recitazione religiosa durante alcune
cerimonie. Qui di seguito ho riportato alcune immagini di queste iscrizioni.
Litania dei coccodrilli
Litania degli arieti
Un’ultima curiosità culturale: le prime notizie letterarie su Esna vennero conosciute dal grande
pubblico attraverso Flaubert, che visitò il sito e fu attratto da una danzatrice del posto. Oggi
dell’antica città operosa è rimasto un sonnolento paesino con una piccola industria tessile. Il
momento più vivace della settimana è la fiera degli animali al sabato.
I “posseduti”
Desidero affrontare ora un argomento molto particolare ed intrigante, per documentare il quale
mi sono avvalso di un articolo di Serge Sauneron, che ha dedicato parte della sua vita a
studiare e tradurre i testi geroglifici del tempio di Esna. Dunque: tutto parte dall’analisi dei
testi incisi sulla prima colonna della sala ipostila. In tali testi viene elencata tutta una serie di
interdizioni specifiche applicate all’accesso delle persone al tempio durante un’importantissima
festa del dio Khnum, festa che si teneva nel mese di Epiphi, al 19° giorno. Una prima serie di
proibizioni riguardava considerazioni sulla purezza delle persone, e quindi faceva divieto di
accedere a chi non si fosse astenuto da attività sessuali o dall’assunzione di cibi proibiti entro
un certo periodo prefissato di tempo dalla festa.
Allo stesso ordine di interdizioni appartenevano quelle che richiedevano che, per l’accesso,
fossero state tagliate le unghie, rasata la barba ed i capelli, che si fosse effettuata la
purificazione mediante lavaggio con acqua di natron e che fosse indossato l’abito cerimoniale.
Ma se queste sono misure che ognuno poteva intraprendere per essere ammesso all’entrata
del tempio, ebbene… ce ne sono altre, di ordine assoluto, che non potevano in alcun modo
essere superate. Si tratta di restrizioni di vario tipo: erano escluse le donne, non meno che gli
Asiatici, coloro che erano vestiti di lana (per rispetto al vello lanoso del dio Khnum), certi
artigiani (si suppone soprattutto certi macellai, per il contatto con carni impure), ed infine due
particolari “categorie” la cui identificazione ha posto inizialmente seri problemi… ed ecco le
righe originali copiate dalla colonna e tradotte dal Sauneron:
I due termini mancanti vengono analizzati e definiti nell’articolo stesso…
E il Sauneron commenta: ci sono due termini specifici usati per definire queste categorie. Per il
primo termine la parola bAw si applica sia all’influenza benigna svolta a distanza dal re e dagli
dei sugli uomini, ma anche il potere malefico che un morto può esplicare su un vivo.. (e cita il
caso in cui tale termine sia seguito dal determinativo del morto).
In questo caso il termine può essere ricondotto ad una possessione. “xry bAw” è colui che, in
base a segni esteriori inequivocabili, è posseduto da una forza maligna che lo tiene in suo
potere. L’autore aggiunge che il termine in se stesso non designa quale sia la forza malvagia,
ma in base ai cosiddetti “papiri magici” e ad altri documenti storici si può elencare una serie di
forze quali: un morto (maschio o femmina), un nemico (di entrambe i sessi), uno spirito,
un’anima errante di un uomo addormentato, ossesso, incubato, o addirittura un non-morto.
I “posseduti”, sotto l’influsso di uno spirito “estraneo”, dio o defunto, erano quindi esclusi dalla
festività del 19 Epiphi, a Esna, almeno da quelle cerimonie che si svolgevano su un terreno
consacrato.
Quanto al secondo termine: Hmt-sA, già conosciuto da una ricetta del papiro Ebers e da una
variante presente nel papiro Hearst, designa uno stato di malattia. Pur non essendo identificato
in questi testi più precisamente, viene indicato il metodo di cura che consisteva nel masticare
un boccone di scarabeo cotto e preparato secondo certe regole precise. Montet segnala la
presenza di questo termine fra gli interdetti nel testo “geografico” di Edfu. Riconducendo tale
termine alla sua radice etimologica, Sauneron ed altri studiosi lo interpretano come l’ ”arte
della stregoneria”, più in particolare dell’ “envoûtement” (senso ritenuto corretto, nei papiri
medici, anche da H.Deines, H.Grapow e W.Westerndorff).
Siamo quindi ricondotti, da queste considerazioni, a vedere interdetto l’accesso al tempio nel
19 di Epiphi a due categorie di “posseduti”: quelli sotto la possessione di un morto, e quelli
sotto la possessione di uno “stregone”.
E anche per questa volta, questo è tutto…
per eventuali approfondimenti vi rimando alle “note tecniche”.
maa-salaam
Andrea
Note tecniche:
1) abstract dell’articolo prelevato da
“The Ostracon” vol. 16 estate 2005
the journal of th egyptian study society
Antichi templi egizi :
la fondazione
Attraverso la storia, la costruzione di un nuovo edificio ha sempre conservato un significato speciale. Oggi,
quando un nuovo palazzo viene costruito, un governatore, sindaco, sovrintentente alla facoltà, o un altro
uomo di spicco della comunità prende una pala e simbolicamente apre il terreno per cominciare il processo di
costruzione. Allo stesso modo, quando la costruzione è finita, si tiene usualmente una cerimonia di “taglio
del nastro” per segnare il completamento delle attività e l’apertura della costruzione stessa. Gli antichi Egizi
ebbero delle cerimionie simili che identificavano i momenti di inizio e di completamento di molti tipi delle
loro strutture edilizie. Questi rituali, collettivamente chiamati i “pedj-shes” dagli egizi, furono eseguiti per
migliaia di anni. L’antica “Cerimonia della Fondazione” era praticata in Egitto praticamente dai tempi
dinastici, secondo Weinstein (1973) fino dalla 1° dinastia. Riferimenti alla cerimonia possono essere trovati
nella Pietra di Palermo [5° dinastia], ora conservata nel Museo Archeologico di Palermo in Sicilia, così come
in altri, minori frammenti nel Museo Egizio del Cairo e nel Petrie Museum all’University College di Londra.
Altro riferimento remoto alla cerimonia può essere trovato nel Tempio del Sole di Niuserra ad Abu Gurab
nel Basso Egitto, risalente alla 5° dinastia (Weinstein 1973:4). Raffigurazioni e riferimenti della cerimonia
aumentarono notevolmente durante il Medio e Nuovo Regno, e sono per la maggior parte situati sulle pareti
dei templi, sugli stipiti delle porte e sui pilastri. Durante il Nuovo Regno, tuttavia, tali descrizioni si
trasformarono in versioni abbreviate, sia nei testi che nelle raffigurazioni. Durante il periodo Tolemaico,
invece, sorse un periodo di rinnovato interesse in questi rituali, ed alcune delle rappresentazioni più elaborate
e meglio conservate possono essere osservate a Edfu, Kom Ombo e Philae (Weinstein 1973:3). Nessun
cenno o scena relativi a questa cerimonia furono trovati in strutture secolari, o in tombe regali o private.
Sebbene rappresentazioni grafiche possano essere presenti soltanto in monumenti commemorativi e templi
di culto, lo stesso non può essere applicato ai riferimenti geroglifici. Ci sono infatti dei riferimenti ben
conosciuti che riguardano questi rituali che non sono associati ai templi.
Due riferimenti sono stati documentati sulla statua privata di Minmose trovata nel complesso templare di
Montu, sito a sei chilometri a nord dell’antica Tebe. Minmose era il supervisore dei Lavori durante il regno
di Tuthmosi III, ed era responsabile della costruzione di più di una dozzina di templi durante il regno di quel
faraone. Altri collegamenti al rito sono stati trovati sul Papiro di Cuoio della 12° dinastia di Berlino
(Weinstein 1973:4), e su un ostracon con testi iscritti trovato a Deir el-Bahri, che descrive la costruzione del
Tempio Commemorativo della Regina Hatshepsut (18° dinastia) sulla Riva Occidentale della moderna Luxor
(Hayes 1935:31). Il ruolo del re nella cerimonia di fondazione era estremamente importante e, in teoria, egli
avrebbe dovuto prendervi parte in tutte le sue articolate espressioni. In realtà, tuttavia, è improbabile che il re
a quei tempi, partecipasse a tanti, se non a tutti, i rituali. Invece di lavorare per ore, o probabilmente giorni,
sembra più plausibile che il re abbia riproposto ritualmente la maggior parte delle operazioni cerimoniali,
mentre il vero lavoro sarebbe stato svolto da sacerdoti ed altri adepti preparati opportunamente allo scopo.
Durante il regno di un sovrano usualmente i templi e le altre strutture da costruire erano numerosi, e la
partecipazione effettiva del regnante ad ogni rituale e per ciascuna cerimonia sarebbe stata virtualmente
impossibile.
La cerimonia di fondazione consisteva di dieci rituali di cui il pedj-shes era il più importante.
2) approfondimenti su 2 articoli di Serge Sauneron
Articolo sui nomi degli imperatori romani riportati sulle pareti del tempio di Khnum a Esna:
http://www.ifao.egnet.net/doc/PubEnLigne/BIFAO/b.php?fic=Bifao051_art_09.pdf
Articolo sulle liste di interdizione per il 19 Epiphi a Esna nel tempio di Khnum:
http://www.ifao.egnet.net/doc/PubEnLigne/BIFAO/b.php?fic=Bifao060_art_10.pdf
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