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5° Unità - I segni vitali - Corso di Laurea in Infermieristica

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5° Unità - I segni vitali - Corso di Laurea in Infermieristica
5° unità didattica
Concetti di base dell’accertamento clinico:
…
I SEGNI
VITALI
a cura di: dott.ssa Alida Favro
1
5° unità didattica: i segni vitali
a cura di: dott.ssa Alida Favro
2
5° unità didattica: i segni vitali
SEGNO = indicazione dell’esistenza di qualcosa.
VITALE = necessario o pertinente alla vita.
I segni vitali sono espressione della funzione nervosa e
metabolica, cardiocircolatoria , respiratoria.
•
v
v
v
v
I segni vitali corrispondono a:
temperatura corporea;
polso;
pressione arteriosa;
funzione respiratoria.
• La rilevazione dei segni vitali fornisce dati (parametri vitali) che
consentono di determinare lo stato di salute di base di un
paziente.
• Valori isolati dei parametri vitali sono poco utili, è invece
opportuno esaminare una serie di valori per stabilire l’andamento di
ciascun assistito. Un andamento deviante dalla norma è più
significativo di valori anormali isolati.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali
I parametri vitali fanno parte della serie di dati
raccolti dagli infermieri durante
l’accertamento.
• L’accertamento dei segni vitali costituisce la
prima parte dell’esame obiettivo.
• Rappresentano una modalità veloce ed
efficace per monitorare le condizioni del
paziente ed identificare la presenza di
problemi o di valutare la risposta del
paziente ad alcuni interventi.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali
• L’infermiere che assiste il paziente è responsabile della
rilevazione dei segni vitali.
• Quando si rilevano i segni vitali, si devono capire e
interpretare i valori, collegandoli ad altri dati raccolti, si
devono comunicare i reperti, soprattutto in caso di
cambiamenti repentini, e si devono adottare gli interventi
necessari.
• Un’alterazione dei segni vitali può segnalare la necessità di
interventi medici o infermieristici.
• L’accertamento dei segni vitali è una componente
fondamentale nella collaborazione tra medico ed
infermiere, in modo che essi possano determinare lo stato di
salute del paziente.
• La rilevazione e il monitoraggio di segni vitali selezionati
in pazienti stabili clinicamente può essere attribuita al
personale di supporto.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali
• L’infermiere deve conoscere il range normale (parametri
nella norma) dei segni vitali del paziente.
• Alla prima rilevazione dei parametri vitali del paziente, i
valori sono confrontati con i limiti normali. Dopo varie
rilevazioni i valori usuali del paziente rappresentano un
riferimento di base da confrontare con reperti successivi.
• L’infermiere deve conoscere l’anamnesi del paziente, le
malattie e le terapie, in particolare i farmaci assunti. Alcune
malattie o alcuni trattamenti possono provocare
cambiamenti prevedibili dei segni vitali. Alcuni farmaci
influiscono su uno o più segni vitali e si somministrano in
base ai loro valori.
• L’infermiere deve decidere la frequenza con cui rilevare i
segni vitali sulla base delle condizioni del paziente e in
collaborazione con il medico.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali
Range normale dei segni vitali
per gli adulti
• TEMPERATURA: 36 – 38°C
v Temperatura media ascellare: 36,5°C
v Temperatura media timpanica/orale: 37°C
v Temperatura media rettale: 37,5°C
• POLSO: 60 – 100 battiti al minuto
v
Frequenza cardiaca media: 72 battiti al minuto
• PRESSIONE ARTERIOSA: 100–140 / 60–90 mmHg
v
Valori pressori medi: 120/80 mmHg
• FUNZIONE RESPIRATORIA: 12 – 20 atti respiratori al
minuto
v
Frequenza respiratoria media: 16 atti respiratori al minuto
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali
Quando rilevare i segni vitali
• All’ammissione in una struttura sanitaria
• Secondo gli schemi di routine in ospedale o altra struttura
sanitaria
• Prima e dopo un intervento chirurgico
• Prima e dopo una procedura diagnostica invasiva
• Prima, durante e dopo la somministrazione di farmaci che
influenzano i segni vitali, cioè che hanno effetti sulla funzione
cardiocircolatoria, respiratoria o sul controllo della temperatura
• Quando le condizioni fisiche generali del paziente cambiano
(perdita della coscienza, aumento del dolore, ecc.)
• Quando un paziente riferisce sintomi specifici di malessere
(nausea, vomito, vertigini, stanchezza, sentirsi strano, ecc.)
• Prima e dopo interventi infermieristici che influenzano i segni
vitali (mobilizzazione, deambulazione, ecc.)
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali
LA TEMPERATURA
CORPOREA
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali-la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI
• La temperatura interna del corpo umano rimane relativamente
costante, intorno ai 37°C, senza essere influenzata dall’ambiente
esterno (animale omeoterme). Mentre la temperatura della
superficie cutanea può variare notevolmente in base alle condizioni
ambientali e all’attività fisica.
• Le cellule e i tessuti sono in grado di funzionare solo in un
intervallo relativamente ristretto di valori di temperatura
(variazioni di qualche decimo di grado nelle 24 ore, minime nelle ore
mattutine e massime nelle ore pomeridiane). Per un funzionamento
ottimale, quindi, gli organi del corpo richiedono una temperatura
interna costante.
• La rilevazione della temperatura corporea avviene tramite il
termometro. Quello italiano è graduato secondo la SCALA
CELSIUS (in cui lo 0°C corrisponde alla temperatura di fusione del
ghiaccio e 100°C alla temperatura di ebollizione dell’acqua). Il
termometro clinico è graduato da 35°C a 42°C ed ogni grado è
diviso in 10 parti, o decimi di grado.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI
• La regolazione della temperatura corporea
(TERMOREGOLAZIONE) richiede la coordinazione di molti
sistemi corporei: affinché la temperatura interna rimanga nella
norma, la produzione (TERMOGENESI) e la perdita
(TERMODISPERSIONE) di calore devono corrispondere per
mantenere l’OMEOSTASI.
•
ü
ü
ü
ü
ü
L’IPOTALAMO, collocato nella ghiandola pituitaria nel cervello, funge da termostato
(CENTRO TERMOREGOLATORE). Percepisce le variazioni anche minime della T.C.
e stimola i necessari cambiamenti:
nel sistema nervoso e ormonale (segnali termici);
nel sistema circolatorio (vasocostrizione o vasodilatazione);
nella cute (perspiratio insensibilis);
nelle ghiandole sudoripare (perspiratio sensibilis);
nel sistema muscolare (contrazione muscolare volontaria o involontaria).
• I NEURONI ricevono SEGNALI TERMICI sia localmente che dalla
periferia. I segnali LOCALI sono dati dalla temperatura del sangue
circolante nel S.N.C., quelli PERIFERICI, invece, raggiungono i
centri per via nervosa e sono inviati da termocettori superficiali e
profondi presenti nelle varie regioni dell’organismo, che avvertono
le variazioni della temperatura sotto o sopra i 37°C.
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI: produzione di calore o termogenesi
•
Il corpo produce in continuazione calore come sottoprodotto delle reazioni
chimiche, catalizzate dagli enzimi, che avvengono a livello delle cellule,
trasformando l’energia chimica in energia calorica (60%) oltre che legami
altamente energetici dell’ATP, mediante i processi ossidativi, il cui esito consiste
nella produzione di CO² e H²O.
•
La conversione continua dell’energia chimica in energia termica interna
costituisce il processo metabolico. La velocità con cui si produce
l’energia interna determina il livello metabolico della persona definito
anche METABOLISMO (dal greco metabolikos: variazione,
cambiamento).
•
Quando si parla di METABOLISMO si intende in generale l’insieme delle
modificazioni chimiche che hanno luogo nell’organismo umano. Ogni attività
dell’organismo richiede energia. L’energia è fornita dai processi di combustione e di
ossidazione che avvengono nei tessuti per l’apporto di sostanze nutritive con
conseguente liberazione di calore. I processi che si verificano possono essere di
tipo anabolico, con processi di sintesi per la conservazione della sostanza vivente
(accumulo di energia e formazione di nuovi tessuti), e di tipo catabolico, con processi
di scissione per la trasformazione della stessa (liberazione di energia e distruzione di
materiale cellulare invecchiato). L’equilibrio dei due processi è importante per la vita
dell’organismo.
•
Il calore è prodotto: 1) dai processi metabolici basali; 2) dalla
introduzione degli alimenti; 3) dal lavoro muscolare.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI: produzione di calore
• Il METABOLISMO BASALE (M.B.), consiste nel minimo consumo
energetico per il mantenimento della circolazione, respirazione,
peristalsi intestinale, tono muscolare, temperatura corporea,
attività ghiandolare e altre funzioni vegetative (cioè che
funzionano involontariamente o inconsciamente).
• La termogenesi di un soggetto a digiuno e in assoluto riposo in
ambiente termicamente neutro, rappresenta il M.B., il cui valore,
rapportato alla superficie corporea, è compreso tra 1.400 e 1.800
calorie al giorno (circa 70 calorie/ora).
• Questo valore subisce in tutti un aumento dal calore prodotto
dall’attività fisica che varia da circa 1.000 calorie, se si conduce
vita sedentaria, a circa 6.000 calorie, se si eseguono lavori
pesanti o intensa attività sportiva.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore
• Il CALORE, prodotto nell’organismo dall’attività
metabolica e dall’esercizio fisico, è una forma di
energia non ulteriormente degradabile, che
viene disperso con vari meccanismi:
 Evaporazione
(29%);
 Conduzione;
 Convenzione;
(70%);
 Irraggiamento;
 Minzione ed evacuazione (1%)
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore
•
•
• L’EVAPORAZIONE:
è il meccanismo più efficiente per perdere calore prodotto in eccesso.
È il trasferimento di calore quando un liquido si trasforma in gas. La
sottrazione di calore avviene perché il velo liquido di sudore
evaporando sottrae calore al luogo ove è depositato, cioè la cute. Il
calore con questo meccanismo viene eliminato, in quantità minore
attraverso l’aria espirata, prevalentemente per evaporazione del
sudore (secreto dalle ghiandole sudoripare) che, in quantità minima e,
generalmente impercettibile, ricopre la cute costantemente (PERSPIRATIO
INSENSIBILIS: 300 ml/die). Durante uno sforzo prolungato o quando fa
caldo, la quantità di sudore è maggiore e allora è chiaramente percepito, se
non visibile (PERSPITATIO SENSIBILIS: anche litri/die) definito anche
sudorazione o diaforesi.
Questo meccanismo è il più efficiente non solo perché la cute è estesa, ma
anche perché la dispersione aumenta con la dilatazione dei vasi sanguigni
superficiali della cute (rossore da accaldamento, al contrario pallore da
raffreddamento). E’ l’unico meccanismo ad essere efficace in ambienti
surriscaldati e sotto i raggi del sole. Il raffreddamento è proporzionale
alla quantità di sudore prodotto e alla rapidità con cui avviene
l’evaporazione: quindi dipende dalla dimensione della superficie
scoperta, dall’umidità dell’ambiente, dalla velocità dell’aria e dalla sua
temperatura (clima secco o umido, ventilato oppure no).
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore
• LA CONDUZIONE:
è il processo con cui il calore passa da un corpo caldo
ad uno adiacente freddo. Quando la cute calda tocca
un oggetto più freddo, si perde calore. Si può
aumentare la dispersione applicando una borsa di
ghiaccio o viceversa se si applica una borsa di acqua
calda. C’è anche uno scambio di calore diretto tra gli
strati più profondi e la cute, ma il grasso sottocutaneo
fa da isolante, e vi si oppone (ecco perché i magri
soffrono di più il freddo). E’ ancora la conduzione che
provoca la perdita di calore introducendo cibi e
bevande fredde, ovvero acquisisce calore se gli alimenti
sono caldi.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore
• LA CONVENZIONE:
è il trasferimento del calore in un liquido o gas
(acqua o aria) mediante proprio il trasferimento del
fluido da una zona più calda a una zona più fredda.
La temperatura dell’aria vicina alla cute aumenta per
conduzione, e questo la rende meno densa della
restante aria più fredda. Di conseguenza l’aria calda
sale ed è rimpiazzata dall’aria fredda che si trova
vicino stabilendo una circolazione d’aria che
trasferisce calore. La convenzione diventa più
importante se c’è vento, in quanto vi è un continuo
ricambio dello strato d’aria vicino alla cute. Un ventilatore
favorisce la dispersione tramite la convenzione.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore
L’IRRAGGIAMENTO:
si intende la trasmissione di calore da un corpo caldo
a un corpo freddo senza contatto diretto attraverso
l’emissione di radiazioni (luce, infrarossi , ultravioletti).
Tutti i corpi irraggiano: corpi a temperatura ambiente
emettono in prevalenza radiazioni infrarosse (raggi
calorifici), mentre corpi ad alta temperatura, come il
filamento di una lampadina, emettono radiazioni sia
infrarosse che visibili. Nelle persone questo avviene
solo nelle zone scoperte, perché i raggi vengono
trattenuti dai vestiti. Quindi un corpo nudo perde più
rapidamente calore, a meno che sia esposto alle
radiazioni di un corpo più caldo ancora, come il sole
d’estate. In questo caso il processo si inverte. La
posizione esalta la perdita di calore, per esempio stare in
piedi espone una maggiore area irradiante, mentre stare
in atteggiamento fetale riduce la perdita di calore.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI: meccanismi di dispersione di
calore
CONVENZIONE
IRRAGGIAMENTO
SUDORAZIONE
CONDUZIONE
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CONCETTI FISIOLOGICI: termoregolazione del corpo
•
Per mantenere la temperatura interna del corpo umano a 37°C, il corpo
impiega diversi meccanismi al fine di uguagliare l’aumentata velocità
metabolica. Il corpo non tollera a lungo la differenza tra queste due
velocità.
•
Durante un esercizio fisico per esempio la velocità di cessione di calore
deve aumentare per uguagliare la quantità di calore ceduta al secondo con
quella prodotta dal metabolismo. Il centro termoregolatore è in grado di
valutare la temperatura corporea interna (tramite misurazione diretta
della temperatura del sangue che lo perfonde) e la temperatura cutanea
(misurata da recettori situati sulla cute, i cui impulsi sono trasmessi per
via nervosa).
•
•
Quando la temperatura dell’ipotalamo è superiore ai 37°C , vengono
immediatamente attivati i meccanismi che favoriscono la cessione di calore
come la VASODILATAZIONE (per aumentare il flusso di sangue alla cute)
e attiva la SUDORAZIONE.
Quando la temperatura dell’ipotalamo scende al di sotto dei 37°C.
vengono attivati i meccanismi di conservazione e di produzione del calore
quali la VASOCOSTRIZIONE (per diminuire il flusso ematico alla cute) e se
non basta il BRIVIDO (per aumentare la produzione di calore viene
stimolato l’aumento del tono muscolare involontario, cioè l’aumento delle
contrazioni muscolari, anche con vere e proprie scosse muscolari).
•
Tutto ciò ha un limite: l’organismo non è in grado di resistere a lungo in un
ambiente che sia straordinariamente freddo o eccessivamente caldo.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
I FATTORI che INFLUENZANO la temperatura
• La T.C. presenta delle piccole oscillazioni giornaliere, essendo
correlata all’attività fisica ed al sonno. Si dice che esiste una CURVA
TERMICA CIRCADIANA, cioè che avviene nell’arco delle 24 ore. Si
determina effettuando la misurazione più volte al giorno, metodo
detto RILEVAZIONE TERMICA NICTERALE (cioè del girono e della
notte). E’ minima nelle prime ore del mattino, ed è massima a
metà pomeriggio nel soggetto sano; in caso di malattia si
sommano gli effetti della malattia stessa.
•
La T.C. nei soggetti sani varia nell’arco della giornata per vari fattori.
L’intensa attività fisica aumenta decisamente la T.C.. Nelle donne in età
fertile si sovrappone alla curva circadiana un leggero aumento in
corrispondenza del periodo ovulatorio fino alla mestruazione (curva
circamensile) per effetto del progesterone secreto dopo l’ovulazione dal
corpo luteo (utilizzato per verificare l’avvenuta ovulazione). Se si assume
contraccettivi (pillola) la T.C. è leggermente più elevata. La temperatura
solitamente è più bassa negli anziani. I bambini e gli anziani hanno una
instabilità a sostenere le temperature ambientali. Anche lo stress o l’ansia
può elevare la temperatura.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
I FATTORI che INFLUENZANO la temperatura
• La comprensione dei fattori che influenzano la T.C. aiuta l’infermiere
ad accertare e interpretare accuratamente il significato delle
variazioni:
• ETA’: i neonati hanno una T.C. instabile, perché i loro meccanismi
di termoregolazione sono immaturi. Non è insolito che le persone
anziane abbiano una T.C. ascellare inferiore ai 36°C.
• AMBIENTE: in genere i cambiamenti della temperatura ambientale
non influenzano la T.C. interna, ma l’esposizione prolungata a
temperature estremamente calde o fredde può causare delle
alterazioni. Se la temperatura interna scende sotto i 25°C si può
verificare la morte (assideramento). Se sale oltre i 43/44°C si può
verificare uno stato di coma e morte (colpo di calore o colpo di sole).
• ORA del giorno: la T.C. è più bassa verso le 4/5 del mattino e più
alta verso le 17/18 del pomeriggio. Può variare anche di 2°C,
soprattutto nei neonati. Probabilmente per il variare dell’attività
muscolare e digestiva.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
I FATTORI che INFLUENZANO la temperatura
• ESERCIZIO FISICO: la T.C. aumenta con l’attività muscolare
attraverso il metabolismo dei grassi e carboidrati che vengono
utilizzati per produrre energia.
• STRESS: lo stress stimola il sistema nervoso simpatico ( o
sistema nervoso vegetativo o autonomo) con aumento dei livelli di
adrenalina e noradrenalina (ormoni della midollare dei surreni) i
quali stimolano un aumento del metabolismo, incrementando così
la produzione di calore.
• ORMONI: il progesterone secreto durante l’ovulazione aumenta la
temperatura di circa 0,5°C sopra i valori di base. Misurando la T.C.
quotidianamente le donne possono determinare quando hanno
l’ovulazione e quindi il periodo fertile. Dopo la menopausa la T.C. è
la stessa per uomini e donne. Gli ormoni tiroidei (tiroxina) e
surrenalici (adrenalina e noradrenalina) aumentano la produzione
di calore.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
VARIAZIONI DELLA T. C.
• Una variazione può dipendere:
1) da grosse variazioni della temperatura ambientale alle quali
l’organismo non è in grado ad adattarsi nonostante i meccanismi
fisiologici di correzione messi in atto (ipotermia o ipertermia).
Queste variazioni possono essere anche chiamate variazioni da
causa ESTRINSECA (come l’assideramento, il colpo di calore, il
colpo di sole).;
2) da una alterata regolazione dei meccanismi termoproduttori e
termodispersori. Queste variazioni possono essere anche
chiamate variazioni da causa INTRINSECA (come l’ipotermia
intrinseca e l’ipertermia febbrile);
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
IPOTERMIA intrinseca
• Si definisce ipotermia da causa intrinseca un
abbassamento della T.C. al di sotto dei 35°C
che si verifica indipendentemente dalla
temperatura ambientale.
Fra le cause ricordiamo:
Gravi carenze alimentari;
Alcuni stati tossici o infettivi (colera);
Gli stati di paralisi muscolare;
Alcuni disordini endocrini (ipotiroidismo,
iposurrenalismo)
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
IPERTERMIA FEBBRILE o FEBBRE o PIRESSIA
• La febbre è un aumento di T.C. dovuto a disregolazione
del termostato ipotalamico: in altri termini, è proprio
quest’ultimo a provocare un aumento della temperatura,
come difesa dell’organismo nei confronti di alcune malattie
(infettive, immunitarie, neoplastiche, ecc.). L’alterazione
consiste in un innalzamento della soglia (set-point) di
riconoscimento della temperatura di riferimento, per cui
i neuroni riconoscono come temperatura di riferimento non
quella geneticamente stabilita (37°C), ma una temperatura
superiore a questa.
• Se la T. C. supera i 37°C si parla di febbre, se supera i
39,5°C si parla di iperpiressia.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
IPERTERMIA FEBBRILE o FEBBRE o PIRESSIA
• La disregolazione è causata dalla presenza nel sangue di
sostanze prodotte dai leucociti dette PIROGENI ENDOGENI o
LEUCOCITARI (citochine: interleuchine o interferoni, e
prostaglandine (PGE2) in qualità di mediatori della flogosi) in
risposta a una serie di eventi:
 Infezioni;
 Presenza di varie tossine;
 Neoplasie;
 Traumi cranici;
 Stati infiammatori cronici;
 Necrosi tissutali.
• Quindi non è vero che la febbre indichi sempre la presenza di
un’infezione, e non è neppure vero che in tutte le infezioni ci sia
sempre febbre, come nelle infezioni localizzate lievi (foruncolo,
raffreddore) e negli organismi defedati che non sono in grado di
difendersi adeguatamente (infezioni apirettiche). Dal punto di vista
della patologia umana, le sostanze comunque che rivestono
maggior interesse sono i PIROGENI ESOGENI o BATTERICI.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CARATTERISTCHE METABOLICHE del PROCESSO
FEBBRILE
• Il mantenimento della T.C. su valori più elevati del normale,
poiché i processi di termodispersione sono operanti, viene
ottenuto con un aumento della termogenesi. In pratica una
grossa parte dell’energia prodotta viene dissipata come
calore e non immagazzinata come ATP. Ciò è una delle cause
dell’astenia che si ha nei processi febbrili.
• Prevalgono, inoltre, i processi di tipo catabolico su quelli di
tipo anabolico. Catabolismo proteico e diminuzione
dell’introduzione di cibo, per disturbi gastrici che accompagnano
gli episodi febbrili, portano a disappetenza e quindi un
dimagrimento e diminuita funzionalità di vari parenchimi
(fegato, rene) e organi. L’aumento del catabolismo lipidico e del
glucosio, provoca aumento dei corpi chetonici nel sangue con
diminuzione della riserva alcalina. Nei bambini soprattutto vi è il
pericolo di crisi acetoniche più o meno gravi. Poiché la diuresi
è diminuita si ha ritenzione di scorie azotate (iperazotemia).
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CARATTERISTCHE METABOLICHE del PROCESSO FEBBRILE
• Oltre alle modificazioni di tipo chimico, e probabilmente a
causa proprio di queste, si hanno delle alterazioni di
vari organi:
 A carico del cuore si ha tachicardia (circa 8-10
pulsazioni per ogni grado oltre i 37°C);
 A carico dei polmoni si ha polipnea (per eliminare
CO2 per compensare lo stato di acidosi);
 A carico dell’apparato digerente si ha un
interessamento della mucosa e del fegato (con
inappetenza, nausea e vomito);
 A carico del sistema nervoso centrale (S.N.C.) si ha
una sofferenza dovuta alla carenza energetica e
all’azione diretta del calore (cefalea, convulsioni,
delirio).
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
IL DECORSO DELL’ EPISODIO FEBBRILE
•
Un episodio febbrile è normalmente caratterizzato da 3 fasi cronologiche:
 FASE DI ASCESA o PRODROMICA: corrisponde al momento in cui i
mediatori innescati dalle citochine agiscono sui neuroni del centro
termoregolatore che innesca la risposta termoconservativa. E’ caratterizzata
dalla sensazione soggettiva di freddo, dalla eventuale comparso di
brivido (aumento della termogenesi) e del pallore cutaneo, che consegue
alla vasocostrizione (riduzione della termodispersione). La T.C. aumenta
progressivamente e talvolta con rapidità. Il paziente sente freddo e tenta di
coprirsi.
 FASE DI ACME o PLATEAU o FASTIGIO: corrisponde al periodo in cui il
centro termoregolatore si regola su un livello più elevato di quello fisiologico
(modifica del set point) con conseguente aumento della temperatura,
raggiungendo valori che sono proporzionali alla riduzione della sensibilità
dei neuroni del centro. Scompare la sensazione di freddo che è
sostituita da quella di caldo. Tale fase perdura fino a che la produzione in
eccesso di pirogeni endogeni permane, a seconda della causa.
 FASE DI DEFERVESCENZA: corrisponde alla ridotta produzione di
citochine pirogene, che può essere graduale (per lisi) o rapida (per crisi),
riportando al valore di 37°C la soglia di sensibilità agli stimoli termici dei
neuroni del centro termoregolatore. Se avviene per LISI non vi sono sintomi
particolari, salvo un lieve senso di calore seguito da benessere dovuto
alla ritrovata normalità. Se avviene per CRISI si verifica una notevole
vasodilatazione accompagnata da sudorazione profusa (diaforesi) che
a cura di: dott.ssa
Alida Favro
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può rendere il paziente disidratato
e spossato.
5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CURVE TERMICHE
• A seconda della causa l’andamento della febbre nel tempo è
diverso. La febbre si valuta costruendo la cosiddetta CURVA
TERMICA, cioè un grafico in cui si riporta le rilevazioni della T.C.
nella giornata per tutto il periodo febbrile. In questo modo si
rilevano i valori minimi e massimi, il numero di episodi di incremento
e di defervescenza, la durata dell’acme. Alcune curve sono
caratteristiche:
• FEBBRICOLA: non vengono mai raggiunti i 38°C;
• FEBBRE CONTINUA: l’acme ha oscillazioni inferiori a un grado
nelle 24 ore e quindi la T.C. tende ad essere costante;
• FEBBRE REMITTENTE: le oscillazioni quotidiane sono maggiori di
un grado, ma la T.C. non torna alla normalità;
• FEBBRE INTERMITTENTE: si passa ripetutamente nelle 24 ore da
uno stato febbrile ad uno stato di apiressia;
• FEBBRE ONDULANTE: aumenta progressivamente nel giro di vari
giorni, raggiunge un picco e poi decresce lentamente in più giorni
successivi (per lisi) della durata di 1-2 settimane e dopo uguale
periodo di apiressia riprende con le stesse modalità;
• FEBBRE RICORRENTE: 3-4 giorni di febbre che cade rapidamente
per crisi si alternano a 3-4 giorni di apiressia.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CURVE TERMICHE
• Una volta lo studio delle curve termiche era molto importante non
avendo molti mezzi diagnostici. Una febbre intermittente
preceduta da brivido e rapida defervescenza, con puntate ogni
terzo o quarto giorno, richiamava l’attenzione sulla possibilità di
una malaria terzana o quartana Una febbre continua ad
insorgenza lenta, della durata di tre settimane con lenta
defervescenza, era caratteristica del tifo. Una febbre ondulante è
tipica della brucellosi o del morbo di Hodgkin . Una febbre
ricorrente è tipica di molte treponematosi (borrelia, sifilide).
• La febbre comunque non è sempre proporzionale alla gravità
della malattia: una grave broncopolmonite in un anziano può essere
apirettica, una banale influenza in un giovane può raggiungere i
40°C.
• Una T.C. pari o superiore a 41°C, qualunque sia la causa, può di
per sé danneggiare irreversibilmente il sistema nervoso, perciò
richiede energici provvedimenti terapeutici.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
32
5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
CURVE TERMICHE
• Oggi vi sono altri mezzi più precisi per diagnosticare le malattie
e le terapie modificano precocemente le curve termiche, per cui
hanno perso il loro significato, salvo in due casi:
 FEBBRICOLA: frequente e spesso asintomatica, soprattutto alla
sera (FEBBRICOLA SEROTINA) e nelle giovani donne in
profilassi con anticoncezionali e/o soggetti emotivi. Tuttavia
merita sempre attenzione e ulteriori indagini (esami ematochimici e
radiografia) perché una minoranza di casi potrebbero avere una
tubercolosi o una neoplasia oppure un’infezione cronica.
 FEBBRE SETTICA: ha un andamento intermittente, con puntate
di 1 o 2 volte al giorno, con un incremento rapido con brivido,
acme breve e rapida defervescenza per crisi. E’ caratteristica
delle sepsi (infezioni delle vie biliari e urinarie e delle raccolte
ascessuali).
a cura di: dott.ssa Alida Favro
33
5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
INTERVENTI DI RIDUZIONE DELLA T.C.
•
Si possono usare metodi:
• FARMACOLOGICI: alcuni farmaci “riassestano” il centro
termoregolatore, in modo che tenda a raggiungere i valori normali.
Vengono chiamati FARMACI ANTIPIRETICI. I più usati sono l’acido
acetilsalicilico (aspirina, flectadol, aspegic), i pirazolonici
(novalgina), paracetamolo (tachipirina).
• FISICI: agiscono sottraendo calore in maniera diretta. Da
utilizzare con gli antipiretici per non provocare una vasocostrizione
elevata finalizzata ad aumentare la termogenesi relativa al nuovo
set-point del centro termoregolatore. Tra questi metodi vanno
ricordati:
• APPLICAZIONI FREDDE: sottoforma di borse di ghiaccio sotto le
ascelle o all’inguine;
• SPUGNATURE DI ALCOOL: è molto efficace per agire
rapidamente, con l’avvertenza di ventilare l’ambiente;
• IMMERSIONE: in acqua fresca, usata soprattutto ormai solo in casi
d’emergenza sul territorio lontani da ospedali (colpo di calore).
• MATERASSO AD ACQUA: versione moderna della precedente.
Efficace perché non solo raffredda ma riesce a mantenere il corpo a
temperatura desiderata regolando con una centralina il flusso e la
temperatura dell’acqua.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
DECORSO FEBBRE CONTINUA
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DECORSO FEBBRE REMITTENTE
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DECORSO FEBBRE INTERMITTENTE
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DECORSO FEBBRE ONDULANTE
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DECORSO FEBBRE RICORRENTE
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
DECORSO FEBBRICOLA
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
MISURAZIONE DELLA T.C.: SCOPO
• La rilevazione del parametro della T.C. stabilisce un
valore base di riferimento per:
 Ottenere dei dati di base per confrontare le misurazioni
successive;
 Ricercare le alterazioni della temperatura;
 Valutare la progressione della malattia;
 Valutare i risultati della terapia prescritta.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
MISURAZIONE DELLA T.C.: ACCERTAMENTO
• Si devono considerare alcuni elementi prima di rilevare la T.C.:
La presenza di segni clinici e sintomi dell’alterazione della
temperatura (pallore o rossore del volto, presenza di brivido o di
diaforesi, vomito, sensazione di spossatezza, inappetenza,
nausea);
 La presenza di fattori che influenzano la temperatura (ingestione
di cibi o liquidi caldi o freddi negli ultimi 15 minuti, aver fumato negli
ultimi 15 minuti, esercizio fisico recente, età, ormoni, farmaci che
causano variazioni);
 Determinare il sito più appropriato per la misurazione.

• Ogni sede può essere soddisfacente se si utilizza una tecnica
appropriata e se si tengono in considerazione le normali
variazioni delle diverse sedi. Normalmente la temperatura
ascellare corrisponde ad un valore medio di 36,5°C, quella
orale di 37°C, quella rettale di 37,5°C.
• Quando è possibile la misurazione della temperatura dovrebbe
essere effettuata nelle stesse ore e nella stessa sede,
utilizzando lo stesso termometro, in modo che l’interpretazione
delle variazioni sia più attendibile.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
MISURAZIONE DELLA T.C.: SEDI
•
Le sedi più comuni sono:
 CAVO ASCELLARE: in Italia è la sede più utilizzata anche se rileva la
temperatura esterna e necessita accuratezza nella rilevazione
(asciugatura dell’ascella, corretta posizione del termometro, tempi
lunghi di rilevazione). Come strumento per lo più si utilizza il
termometro a massima di vetro ovale e si lasci in situ 7-10 minuti. Si
possono utilizzare anche strisce/cerotti termometrici monouso (60
secondi), soprattutto nei reparti di isolamento protettivo oppure
termometri elettronici con unità display e sonda ricoperta da una
guaina monouso (20-50 secondi).
 PIEGA INGUINALE: si utilizza qualora il cavo ascellare sia
impossibilitato con le stesse modalità;
 CANALE UDITIVO ESTERNO: questa sede si sta diffondendo sempre
più, perché riflette la temperatura interna e la rilevazione è veloce e
facile sia nei bambini che negli anziani che nei pazienti critici. E’
controindicata in caso di lesione timpanica o di secrezioni intense
auricolari. La misurazione può essere influenzata da tappi di cerume
significativi. Si utilizza un termometro elettronico apposito con un
sensore ad infrarossi sulla punta e guaina monouso e si lascia in situ
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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2-5 secondi;
5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
 CAVO ORALE: è la sede più comune nel mondo anglosassone, rileva
la temperatura interna. Può essere alterata dall’ingestione di cibi o
bevande fredde o calde, dall’aver fumato e dall’ossigenoterapia. Da
evitare la rilevazione con termometri di vetro nei bambini piccoli, nei
pazienti incoscienti, agitati o con tremori. Si utilizzano per lo più
termometri a massima di vetro con punta corta e larga lasciandoli in
situ 3-5 minuti, ma negli ultimi anni sta implementandosi l’uso del
termometro elettronico (20-50 secondi) e l’uso di strisce/cerotti
termometrici monouso (60 secondi) .
 AMPOLLA RETTALE: è considerata una delle sedi più affidabile per
ottenere la temperatura interna, anche se è da evitare di porre il
termometro nel materiale fecale. E’ però poco tollerata per il fastidio e
il disagio. E’ controindicata in caso di diarrea o dopo interventi
chirurgici a livello rettale o con patologie rettali. Si utilizza il
termometro a massima di vetro con punta corta, larga e smussata e si
lasci in situ 3 minuti o termometri elettronici con guaina monouso (2050 secondi).
 AREA FRONTALE: questa sede è di facile utilizzo e ben tollerata dai
neonati e bambini oppure per effettuare degli screening. Si utilizzano
strisce/cerotti termometrici monouso (60 secondi). Tali strumenti
tendono a sottostimare o sovrastimare la T.C., pertanto le rilevazioni
sono da verificare con altri strumenti.
 CAVITA’ VAGINALE: è la sede che si utilizza per rilevare il periodo
dell’ovulazione nelle donne fertili. Il termometro è a massima di vetro
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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con punta lunga e spessa
e si lasci in situ 5 minuti.
5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
MISURAZIONE DELLA T.C.: SEDI
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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9° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
DIAGNOSI INFERMIERISTICHE
•
Dall’accertamento effettuato sul paziente si possono identificare le diagnosi
infermieristiche o i problemi clinico-collaborativi.
•
Le diagnosi infermieristiche di IPERTERMIA e IPOTERMIA si riferiscono
a persone con temperatura rispettivamente, al di sopra o al di sotto
della norma e che presentano, inoltre, arrossamento o pallore cutaneo, cute
calda o fredda, aumento o riduzione della frequenza respiratoria, aumento o
riduzione della frequenza cardiaca, sudorazione o brividi/orripilazione,
disappetenza o malnutrizione ecc. (SEGNI/SINTOMI CLINICI o
MANIFESTAZIONI o CARATTERISTCHE DEFINENTI)
•
Le condizioni che determinano gli stati di IPERTERMIA o IPOTERMIA
possono essere l’esposizione al calore, sole o al freddo, pioggia, neve,
vento, abbigliamento inadeguato al clima, assenza di condizionamento o di
riscaldamento ambientale, sottopeso o sovrappeso, disidratazione, consumo
di alcool, attività fisica vigorosa o inattività, inefficacia della termoregolazione
(neonato, anziano), ecc. (CAUSE o FATTORI CORRELATI)
•
Nei casi di ipertermia o ipotermia lieve, sono trattabili con interventi di
carattere infermieristico, quali ad esempio la correzione delle cause
esterne (vestiario inadeguato, esposizione al caldo o freddo, assunzione di
liquidi, attività fisica inadeguata), se gravi diventano problemi clinicocollaborativi che richiedono interventi anche medici (farmaci antipiretici,
a cura di:
dott.ssa Alida Favro
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antibiotici, soluzioni idrosaline,
ecc.).
5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea
IPERTERMIA
IPOTERMIA
DEFINIZIONE
Stato in cui la persona ha, o
rischia di avere, un persistente
innalzamento della temperatura
corporea a causa di fattori
esterni.
DEFINIZIONE
Stato in cui la persona ha, o
rischia di avere, una riduzione
persistente della temperatura
corporea a causa di fattori
esterni.
CARATTERISTCHE
DEFINENTI
•T.C. ascellare superiore a 37,3°C
•Arrossamento cutaneo
•Cute calda
•Aumento della F.R.
•Aumento della F.C.
•Diaforesi
•Disidratazione
•Dolori generalizzati o cefalea
•Malessere/ affaticamento/ astenia
•Convulsioni/delirio
•Inappetenza
CARATTERISTCHE
DEFINENTI
•T.C. ascellare inferiore a 35°C
•Pallore cutaneo
•Cute fredda
•Riduzione della F.R.
•Riduzione della F.C.
•Brividi/ orripilazione
•Confusione mentale/ sonnolenza/
irrequietezza
•Sottopeso
FATTORI
CORRELATI
FATTORI
•Esposizione al caldo, al sole
CORRELATI
•Abbigliamento inadeguato al clima
•Assenza di condizionamento
•Sovrappeso
•Attività fisica intensa
•Età (neonato, anziano)
•Farmaci
a cura di: dott.ssa Alida Favro
•Esposizione al freddo, pioggia, neve
•Abbigliamento inadeguato al clima
•Assenza di riscaldamento
•Malnutrizione
•Inattività
•Età (neonato, anziano)
•Disidratazione
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•Consumo di alcool
5° unità didattica: i segni vitali
IL POLSO
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5° unità didattica: i segni vitali - il polso
CONCETTI FISIOLOGICI
• Per polso (da pulsus = battito) arterioso si intende la pulsazione
apprezzabile alla palpazione delle arterie periferiche:
rappresenta l’impulso trasmesso al flusso sanguigno dalla eiezione
del sangue nell’aorta durante la sistole (60-80 ml circa).
• Le pareti vascolari non sono rigide, ma elastiche, potendosi dilatare
e contrarre in ogni punto della rete arteriosa. L’aorta infatti prima si
espande poi si contrae creando un’onda pulsante che si propaga nei
vasi sanguigni con la conseguenza che la rete arteriosa è percorsa
da un’onda pulsatile, detta ONDA SFIGMICA, la quale provoca il
polso arterioso, che con facilità viene avvertito in
corrispondenza delle arterie superficiali che poggiano su un
piano osseo o muscolare contro il quale è possibile esercitare una
resistenza.
• La presenza del polso su un’arteria è quindi l’espressione
dell’attività cardiaca e della pervietà dell’albero arterioso fino al
punto dove si rileva.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali - il polso
CARATTERISTICHE DEL POLSO
• La frequenza e il ritmo sono stabiliti da cellule
specializzate che costituiscono il sistema di
conduzione cardiaco. Gli stimoli per la contrazione del
cuore normalmente iniziano con un impulso elettrico nel
nodo senoatriale dell’atrio destro (60-80 impulsi al
minuto). L’impulso elettrico si diffonde rapidamente nel
sistema di conduzionedelle rimanenti parti del cuore,
così che le fibre muscolari cardiache si contraggono in
modo sincrono. L’irregolarità del ritmo di solito indica
un’alterazione del sistema di conduzione oppure
un’origine dell’impulso in una sede diversa da quella del
nodo senoatriale. La qualità è determinata da numerosi
fattori tra cui la forza con cui il sangue è spinto dai
ventricoli, la quantità del sangue emesso ad ogni
contrazione, l’elasticità delle arterie.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali - il polso
LA FREQUENZA
• La frequenza cardiaca (FC) è data dal numero di battiti al minuto
primo. Il valore considerato normale nell’adulto sano a riposo è
compreso tra 60- 85 battiti cardiaci.
•
I valori normali variano con l’età, nei bambini sono maggiori (di media
neonato 130, età scolare 90, adolescenti 80), con l’allenamento allo
sforzo fisico (negli atleti a riposo tendono ad essere minori anche 4550), con la postura (maggiori se ortopnoica, minori se supina).
Aumenta nelle emozioni, nello sforzo fisico, dopo i pasti, con
l’assunzione di stimolanti come caffeina e anfetamine, nella
gravidanza.
• I valori in situazioni di malattia possono variare rispetto alla
norma. Aumentano nella febbre, nell’ipertermia, nelle anemie,
nelle cardipoatie soprattutto da insufficiente forza di contrazione.
Inoltre nell’ipotensione arteriosa, nello shock, nel tifo,
nell’ipertensione endocranica (menengiti, emorragie o tumori
cerebrali), nell’iper o ipotiroidismo, embolia polmonare, infarto
miocardico, anossia, assunzione di farmaci, ecc..
• Quando il numero dei battiti è al di sotto di 60 si parla di
BRADICARDIA (sinusale).
• Quando il numero dei battiti è al di sopra dei 100 si parla di
TACHICARDIA (sinusale).
a cura di: dott.ssa Alida Favro
51
5° unità didattica: i segni vitali - il polso
IL RITMO
•
Il ritmo, che significa cadenza dei battiti potrà essere regolare o irregolare. Se i
battiti avvengono ad intervalli regolari si parla di RITMO SINUSALE, se
avvengono ad intervalli irregolari si parla di ARITMIA.
•
E’ normale, soprattutto nell’infanzia e nei giovani, che la sequenza delle pulsazioni
cambi: cioè che la frequenza sia maggiore durante l’inspirazione e minore
nell’espirazione (aritmia respiratoria o sinusale).
•
Talvolta si ha la sensazione, palpando il polso, che un battito sia mancato: in
realtà i ventricoli si sono contratti, ma prima di quanto avrebbero dovuto.
Questo evento viene definito EXTRASISTOLE, e poiché la pressione sistolica
prodotta dal battito anticipato è bassa, ne manca la percezione al polso.
L’extrasistole è quindi un battito irregolare inserito tra due battiti regolari. Rare
extrasistoli possono verificarsi anche nel soggetto normale. Talora le extrasistoli
si ripetono con regolarità: alternandosi una sistole normale e una extrasistole
(bigeminismo extrasistolico) oppure due sistole normale e una extrasistole
(trigeminismo extrasistolico). In altri casi si possono verificare multiple extrasistoli
che si susseguono per un breve periodo (extrasistoli a salve) avvertite alla
palpazione del polso come pulsazioni molto deboli o come una pausa più o meno lunga.
In tutti questi casi in genere si verificano normali battiti iniziati nel nodo senoatriale
seguiti da battiti iniziati in una diversa parte del cuore, che essendo precoci sono più
deboli dei primi, determinando un’aritmia.
•
Un’assoluta irregolarità del ritmo è generalmente espressione di
FIBRILLAZIONE ATRIALE.
•
Quando si rileva un polso aritmico si prende in considerazione di utilizzare il
a cura di: dott.ssa
Alida Favro
52
metodo auscultatorio per valutare
la frequenza
del POLSO APICALE.
5° unità didattica: i segni vitali - il polso
LA QUALITA’
•
La qualità di solito si riferisce alla forza della pulsazione. La qualità
normale del polso è descritta come POLSO PIENO e FACILMENTE
PALPABILE e riflette la forza di contrazione del cuore, il volume di eiezione,
l’elasticità delle arterie e la massa di sangue circolante.
•
In rapporto alla quantità di sangue che il cuore manda nelle arterie ad
ogni sistole, si parla di POLSO AMPIO (attività fisica, emozioni, oppure in
caso di febbre, ipertrofia ventricolare) o di POLSO PICCOLO (emorragie,
anemie), fino a FILIFORME (collasso cardiocircolatorio, shock).
•
In rapporto alle pressioni esistenti nell’arteria e all’elasticità della
stessa, si parla di POLSO DURO in caso di pressioni elevate o rigidità delle
pareti delle arterie (ipertensione, arteriosclerosi) in quanto il vaso palpato è
più difficile a comprimerlo. Nei bambini e nei soggetti a bassa pressione
arteriosa si parla di POLSO MOLLE, cioè facilmente comprimibile.
•
I polsi periferici dovrebbero essere palpati bilateralmente per confrontare
la qualità. L’uguaglianza delle pulsazioni da informazioni sul flusso ematico
locale: un’occlusione di un’arteria comporterebbe polsi deboli o assenti
rispetto ai controlaterali.
•
In alcune situazioni il volume di eiezione può variare da battito a battito
durante la sistole determinando un’onda così debole che non può essere
percepita a livello periferico con la palpazione. Si deve allora rilevare il
polso apicale col metodo auscultatorio. La differenza fra il polso apicale e
a cura di:DEFICIT
dott.ssa Alida
53
i polsi periferici viene definita
DI Favro
POLSO.
5° unità didattica: i segni vitali - il polso
I FATTORI che INFLUENZANO il polso
•
La comprensione dei fattori che influenzano il polso aiuta l’infermiere
ad accertare e interpretare accuratamente il significato delle
variazioni:
 ETA’: nei neonati la frequenza media è di 130 battiti al minuto (100160) e può variare marcatamente con il respiro, aumentando con
l’inspirazione e diminuendo con l’espirazione, così pure nei
bambini. Negli adulti normalmente la frequenza corrisponde tra 60
e 80 battiti al minuto;
 ESERCIZIO FISICO: a breve termine comporta un aumento della
frequenza, un atleta allenato presenta valori normali più bassi della
popolazione;
 POSTURA: stare in piedi o seduti comporta una frequenza più
elevata che stare sdraiati;
 STRESS: dolore, ansia possono aumentare la frequenza in quanto
si verifica una stimolazione del sistema nervoso simpatico;
 SOSTANZE STIMOLANTI: abuso di caffè, alcool, tabacco
possono aumentare la frequenza per stimolazione del sistema
nervoso simpatico;
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali - il polso
I FATTORI che INFLUENZANO il polso
 EMORRAGIA: la riduzione del volume ematico comporta un aumento della
frequenza in quanto si verifica una stimolazione del sistema nervoso
simpatico per compensare e ripristinare una corretta ossigenazione dei
tessuti;
 FEBBRE: nei rialzi febbrili si ha un aumento di 8-10 battiti cardiaci ogni
grado di temperatura febbrile. In caso di tifo, meningiti o ipertensione
endocranica si può però avere una bradicardia relativa, nel senso che
l’aumento di frequenza è minore di quanto dovrebbe essere in rapporto al
rialzo febbrile. Nelle ipotermie si ha una riduzione della frequenza;
 FARMACI: digitale, betabloccanti, calcioantagonisti o altri farmaci ad
azione cardiaca possono ridurre la frequenza, altri come i diuretici che
riducono il volume intravascolare possono aumentarla. Altri farmaci
mimano o inibiscono gli effetti del sistema nervoso autonomo
(simpatico e parasimpatico): i cosidetti simpaticomimetici possono
aumentarla, come pure l’atropina che inibisce però il parasimpatico;
 PATOLOGIE: alcune causano aumento della frequenza (scompenso
cardiaco, anemia, ipertiroidismo, collasso cardiocircolatorio, asma,
patologia polmonare ostruttiva cronica) altre causano riduzione della
frequenza (blocco atrio-ventricolare). In alcuni casi la bradicardia può
essere falsa come nelle fibrillazioni atriali o in presenza di extrasistoli
(rilevazione del polso apicale);
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali - il polso
Misurazione del polso: SCOPO
• La rilevazione del parametro del polso stabilisce un
valore base di riferimento per:
 Ottenere dei dati di base per confrontare la frequenza e
il ritmo delle misurazioni successive;
 Ricercare le alterazioni del polso;
 Valutare la risposta cardiaca a diversi trattamenti o
farmaci.
 Accertare il flusso ematico all’estremità.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali - il polso
Misurazione del polso: ACCERTAMENTO
• Si devono considerare alcuni elementi prima
di rilevare il polso:

La presenza di segni clinici e sintomi di
alterazioni cardiovascolari (dispnea, astenia,
dolore toracico, palpitazioni, cianosi o pallore,
edemi) o di squilibri di altri apparati o di
flusso ematico periferico alterato;
La presenza di fattori che influenzano il polso
(età, esercizio fisico, postura, dolore, ansia,
farmaci, febbre, patologie, ecc.);
Determinare il sito più appropriato per la
misurazione.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali - il polso
Misurazione del polso: SEDI
• I polsi più comunemente accertati sono:
 TEMPORALE: l’arteria temporale decorre in prossimità dell’osso
temporale, sopra e lateralmente all’orecchio (sito utilizzato nei
bambini)
 CAROTIDEO: l’arteria carotidea decorre lungo il margine mediale
del muscolo sternocleidomastoideo, nella metà inferiore del collo,
evitare la parte alta del collo per non stimolare i seni carotidei e
conseguente bradicardia (sito utilizzato quando gli altri non sono
palpabili: shock, arresto cardiaco)
 APICALE: la contrazione del ventricolo cardiaco sinistro
corrisponde al 5° spazio intercostale lungo la linea emiclaveare
sinistra (sito utilizzato nell’aritmia)
 BRACHIALE: l’arteria brachiale decorre fra il solco dei muscoli
bicipite e tricipite, nella parte interna del braccio nella fossa
antedecubitale (sito utilizzato per rilevare la pressione arteriosa o
per accertare la circolazione dell’avambraccio)
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali - il polso
Misurazione del polso: SEDI
 RADIALE: l’arteria radiale decorre in prossimità dell’articolazione
del polso dal lato del pollice (sito comunemente utilizzato in ambito
clinico per rilevare il polso periferico o per accertare la circolazione
della mano)
 FEMORALE: l’arteria femorale decorre subito sotto il legamento
inguinale, a metà tra la spina iliaca antero-superiore e la sinfisi
pubica, è necessario una palpazione profonda (sito utilizzato per
rilevare il polso periferico in caso di shock o per accertare la
circolazione dell’arto inferiore)
 POPLITEO: l’arteria poplitea decorre dietro il ginocchio nella fossa
poplitea (sito utilizzato per accertare la circolazione della gamba)
 TIBIALE POSTERIORE: l’arteria tibiale posteriore decorre nel lato
interno della caviglia, al di sotto del malleolo posteriore (sito
utilizzato per accertare la circolazione del piede)
 PEDIDIO DORSALE: arteria pedidia dorsale decorre sul dorso del
piede tra i tendini estensivi dell’alluce e del primo dito (sito utilizzato
per accertare la circolazione del piede)
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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Misurazione del polso:SEDI
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali - il polso
Misurazione del polso: METODI
• I metodi più utilizzati sono due:
 1°) PALPATORIO: la palpazione consiste nell’uso delle dita
per esaminare o rilevare alcune regioni del corpo. E’ la
modalità per la rilevazione dei polsi periferici. Il polso è
palpato con tre dita, indice, medio e anulare, della
mano, esercitando una moderata pressione sulla sede
di rilevazione dove la pulsazione è più forte. Il numero
delle pulsazioni viene contato per 30 secondi e
moltiplicato per due se ritmico, se aritmico contare per
un minuto intero. Il battito iniziale è contato come zero.
Come strumento si utilizza un orologio dotato di lancetta
dei secondi.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
61
Misurazione del polso: metodo palpatorio
a cura di: dott.ssa Alida Favro
62
5° unità didattica: i segni vitali - il polso
Misurazione del polso: METODI
 2°) AUSCULTATORIO: l’auscultazione consiste nell’uso dello
stetoscopio per ascoltare dei rumori o suoni in alcune regioni del
corpo. E’ la modalità per la rilevazione del polso apicale. Il polso
apicale è auscultato ponendo il diaframma dello stetoscopio
sopra l’apice del cuore esercitando una pressione. Il suono
udibile è dovuto alle vibrazioni causate dall’apertura o chiusura delle
valvole cardiache. Ogni battito ha due suoni: il primo è causato
dalla chiusura delle valvole mitrale e tricuspide che separano gli atri
dai ventricoli, il secondo dalla chiusura delle valvole polmonare e
aortica. Insieme i due suoni costituiscono un battito cardiaco.
Per determinare la frequenza apicale è necessario contare i battiti
per un minuto intero. Come strumento si utilizza lo
fonendoscopio e l’orologio dotato di lancetta dei secondi.
 Il metodo auscultatorio viene utilizzato anche per rilevare i polsi
periferici che non possono essere rilevati con la palpazione,
mediante l’utilizzo dell’apparecchio DOPPLER a ultrasuoni. La
sonda dell’apparecchio è posta sulla cute in corrispondenza
dell’arteria che si vuole valutare. Le onde trasmesse vengono
modificate dal flusso ematico e riflesse allo strumento che amplifica
le modificazioni e le rende
attraverso
a curaudibili
di: dott.ssa
Alida Favro auricolari o altoparlanti.63
Misurazione del polso: metodo auscultatorio
a cura di: dott.ssa Alida Favro
64
5° unità didattica: i segni vitali
LA PRESSIONE
ARTERIOSA
a cura di: dott.ssa Alida Favro
65
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
CONCETTI FISIOLOGICI
• Viene detta PRESSIONE ARTERIOSA SISTEMICA la forza che il
sangue esercita sulla parete delle grandi arterie prodotta
dall’attività meccanica del ventricolo sinistro.
• La pressione arteriosa (PA) varia istante per istante, a seconda
della fase del ciclo cardiaco: sale progressivamente durante la
sistole fino ad un valore massimo detto appunto PRESSIONE
ARTERIOSA SISTOLICA, e decresce poi progressivamente
durante la diastole, fino a che avviene la sistole successiva che
provoca la risalita della pressione. Il valore minimo è detto
PRESSIONE ARTERIOSA DIASTOLICA. La differenza tra la
pressione sistolica e diastolica è definita PRESSIONE
DIFFERENZIALE.
• Nei vasi a valle delle arterie le oscillazioni pressorie si smorzano, e
l’andamento della pressione diviene più costante procedendo nei
capillari e nelle vene. Lungo tutto il percorso il valore della
pressione scende continuamente e progressivamente (aorta:
120/80 mmHg – arteriole precapillari 30 mmHG – venule
postcapillari 10 mmHg).
a cura di: dott.ssa Alida Favro
66
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
CONCETTI FISIOLOGICI
• Nel cervello esistono meccanismi autoregolativi di estrema
importanza, che minimizzano gli effetti della pressione sul flusso
del sangue, In altre parole il flusso resta costante anche se la
pressione arteriosa varia entro certi limiti.
• Il sangue è soggetto alla forza di gravità, per cui tende ad
accumularsi nelle zone declivi: se non esistessero meccanismi di
regolazione, nel soggetto in piedi il flusso del sangue arterioso sarebbe
massimo verso i piedi e minimo al cervello. Interviene però il sistema
nervoso, che riceve continuamente informazioni sul valore di pressione
tramite dei recettori (BAROCETTORI) situati a livello delle carotidi e
dell’arco aortico.
• Nel soggetto in piedi vengono ristrette le arteriole della parte
inferiore del corpo e dilatate quelle della parte superiore, in modo
che il flusso resti omogeneo. Se il soggetto cambia posizione, la
regolazione viene modificata: queste variazioni richiedono però qualche
secondo, e questo ritardo spiega perché l’alzarsi di scatto dalla
posizione clinostatica possa provocare transitorie vertigini.
• Nel soggetto normale la pressione arteriosa clinostatica (sdraiati) e
quella ortostatica (in piedi), sono pressochè identiche.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
67
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
CONCETTI FISIOLOGICI
• La pressione arteriosa (P.A.) è determinata
da più ordini di fattori:
 1) la gittata cardiaca, cioè il volume di
sangue pompato in un minuto (circa 5 litri);
 2) la volemia, cioè la massa di sangue
circolante (circa 5 litri);
 3) la viscosità del sangue;
 4) l’elasticità della parete arteriosa;
 5) le resistenze periferiche o tono arteriolare,
cioè lo stato di acontrazione
delle arteriole. 68
cura di: dott.ssa Alida Favro
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
CONCETTI FISIOLOGICI
LA GITTATA CARDIACA
• E’ il volume di sangue pompato in un minuto
(volume di eiezione: 70-90 ml per la frequenza
cardiaca: 60-80 battiti = circa 5 l).
• La gittata cardiaca può aumentare per l’aumento
della frequenza, per maggiore contrattilità del
miocardio o per aumento della volemia.
• Aumentando la gittata cardiaca, più sangue viene
pompato contro le pareti arteriose, provocando un
aumento della pressione arteriosa.
• Un aumento elevato della frequenza può ridurre il
tempo di riempimento ventricolare. Ne risulta una
riduzione della pressione.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
69
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
LA VOLEMIA
• E’ il volume di sangue circolante
nel sistema vascolare (circa 5000 ml) e
normalmente rimane costante.
• Se aumenta come nel caso di un’infusione
endovena veloce di liquidi, viene esercitata
più pressione contro le pareti vasali e quindi
la pressione aumenta.
• Se si riduce come nel caso di emorragia o di
disidratazione, la pressione diminuisce.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
70
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
LA VISCOSITA’
• E’ la consistenza del sangue è determinata dalla
quantità di globuli rossi presenti (l’ematocrito o
percentuale di globuli rossi nel sangue indica la
viscosità ematica).
• La viscosità del sangue influenza la facilità con cui il
sangue scorre nei piccoli vasi, se maggiore
(emoconcentrazione) vi è maggior attrito sulla parete
dei vasi e viceversa.
• Quando l’ematocrito aumenta ed il flusso ematico
rallenta, la pressione arteriosa aumenta, in quanto il
cuore deve contrarsi con più forza per spostare la
massa di sangue più viscoso nel sistema
circolatorio.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
71
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
L’ ELASTICITA’ DELLA PARETE
• Normalmente le pareti di un’arteria sono
elastiche e facilmente distensibili. Se
aumenta la pressione, il diametro del vaso
aumenta per compensare i cambiamenti
pressori. La distensibilità delle arterie evita
ampie fluttuazioni.
• In alcune situazioni come l’arteriosclerosi, la
parete perde l’elasticità e diventa rigida e non
si distende quando il sangue viene pompato e
quindi la pressione aumenta, soprattutto
quella sistolica.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
72
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
LE RESISTENZE PERIFERICHE
•
Le pareti delle arterie e delle arteriole sono costituite da tre tuniche:
l’avventizia (esterna), costituita da tessuto connettivale che ha anche
funzione nutritiva (vasa vasorum); la media, più spessa, composta di fibre
elastiche e di fibre muscolari circolari lisce (controllate dal sistema
nervoso autonomo); l’intima è costituita dall’endotelio, che ha la funzione
di confinare e proteggere il flusso ematico. I vasi di piccolo calibro, arterie
e vene, sono caratterizzati dal prevalere nella tonaca media della
componente muscolare rispetto all’elastica. Per questo motivo possono
variare il loro calibro moltissimo, anche di quattro volte, a seconda che si
trovino in stato di spasmo (vasocostrizione) o di rilasciamento
(vasodilatazione).
• La resistenza periferica è la resistenza al flusso ematico esercitata
dal tono della muscolatura vascolare e dal diametro del vaso
sanguigno (più piccolo è il vaso maggiore sarà la resistenza al
flusso ematico). Normalmente le arterie e arteriole restano
parzialmente costrette per conservare un flusso ematico costante,
esse sono regolate dal sistema nervoso autonomo.
• Con l’aumentare delle resistenze periferiche (aumento del tono e
quindi riduzione del calibro del vaso) aumenta anche la pressione
arteriosa. Quando i vasi si dilatano e le resistenze si riducono, si
riduce anche la pressione
a curaarteriosa.
di: dott.ssa Alida Favro
73
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
FATTORI che INFLUENZANO la pressione arteriosa
•
La pressione arteriosa non è costante ma viene influenzata continuamente da vari
fattori:
•
ETA’: la pressione arteriosa aumenta gradualmente a partire dall’infanzia
(1 mese 85/54 – 1 anno 95/65 – 6 anni 105/65) ed è correlata con il peso,
altezza e età, negli adulti i valori tendono ad aumentare gradualmente con
l’età per rigidità delle arterie;
•
SESSO: dopo la pubertà le donne tendono ad avere valori più bassi dei
maschi. Dopo la menopausa si annulla il fenomeno;
•
ETNIA: nei giovani di colore si hanno spesso valori più elevati degli
europei-americani;
•
ORA del GIORNO: la pressione è in genere più bassa al mattino presto,
aumenta poi gradualmente e raggiunge i valori massimi nel tardo
pomeriggio o la sera;
•
ESERCIZIO FISICO: la pressione arteriosa può essere incrementata dopo
un periodo di attività fisica, mentre diminuisce nel corso di ;
•
POSTURA: in posizione ortostatica o seduta la pressione è più bassa che
in posizione clinostatica;a cura di: dott.ssa Alida Favro
74
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
FATTORI che INFLUENZANO la pressione arteriosa
•
DOLORE/EMOZIONI/FUMO: dolore, paura e ansia e il fumo determinano
un’aumentata attività del sistema nervoso simpatico (per liberazione di
adrenalina), con conseguente incremento della frequenza cardiaca,
maggiore contrazione del muscolo cardiaco, un cambiamento del tono
della muscolatura liscia vascolare e un volume ematico maggiore dovuto
a ritenzione d’acqua e sodio. Gli effetti della stimolazione simpatica
provocano un innalzamento della pressione arteriosa.
•
VOLUME EMATICO: una diminuzione del volume circolante, legata a
perdite sia di sangue sia di liquidi, determina un abbassamento della
pressione arteriosa. Il deficit di volume può verificarsi in caso di
emorragie o di perdite non rimpiazzate (diarrea o diaforesi) oppure non
sufficiente introduzione di liquidi;
•
PASTI: la pressione massima aumenta leggermente dopo i pasti e dopo
aver assunto caffè o tè;
•
FARMACI: molti farmaci possono alterare i valori pressori: i diuretici
riducono il volume circolante, i cardiocinetici aumentano la forza di
contrazione del cuore, i cardiotonici aumentano la frequenza cardiaca, gli
antipertensivi (o ipotensivi) agiscono o sulle resistenze periferiche
oppure sul sistema renina-angiotensina a livello renale determinando
vasodilatazione, gli analgesici riducono il dolore inibendo il sistema
75
nervoso simpatico, ecc.; a cura di: dott.ssa Alida Favro
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
MUTAMENTI PATOLOGICI della pressione arteriosa
• IPERTENSIONE: è la più frequente alterazione della pressione
arteriosa. E’ una patologia di solito asintomatica caratterizzata da
valori pressori persistentemente elevati. Ne consegue un
ispessimento e perdita dell’elasticità delle pareti arteriose. Il
cuore deve quindi pompare continuamente il sangue contro una
resistenza elevata. Ne risulta che si riduce il flusso ematico agli
organi vitali, quali il cuore, il cervello e i reni, causando un
accorciamento della vita per l’ìinstaurarsi di patologie
cardiovascolari, episodi cerebrovascolari, insufficienza renale.
• IPOTENSIONE: s’intende il permanere dei valori pressori al di
sotto di 90/60 mmHg. Tale patologia se non trattata può
causare dei danni a carico del cuore, cervello, rene.
Nell’ipotensione ORTOSTATICA la pressione arteriosa si riduce
(di 15-20 mmHg) quando si passa dalla posizione clinostatica a
quella ortostatica o seduta. Indica una insufficiente risposta
vasomotoria compensatoria, frequente negli anziani o dopo un
prolungato riposo a letto.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
76
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
MUTAMENTI PATOLOGICI della pressione arteriosa
•
SHOCK: consiste in una grave diminuzione della pressione arteriosa
sistolica (mai comunque sotto i 40 mmHg perché al disotto di questo valore
il sangue non riesce a vincere la resistenza dei vasi e la circolazione si
ferma); tale situazione può essere di breve durata (shock vasoparalitico o
primario) o di lunga durata (shock emorragico).
 Lo shock vasoparalitico o primario o ipovolemico relativo viene
definito anche SINCOPE o LIPOTIMIA può essere il risultato di un trauma
fisico o psichico che determina una perdita transitoria del tono vasomotorio
in tutti i distretti circolatori: il sangue si accumula nelle estremità inferiori,
diminuendo in modo critico il volume del ritorno venoso e l’afflusso del
sangue ai neuroni del S.N.C. per cui il soggetto cade al suolo privo di
coscienza.
 Lo SHOCK EMORRAGICO o ipovolemico è assai più grave del
precedente e se non curato adeguatamente può compromettere la
sopravvivenza del soggetto. Si può perdere un litro di sangue senza grave
diminuzione della pressione massima (vasocostrizione periferica, aumento
della F.C. e redistribuzione del sangue fra i vari distretti). Perdite superiori
compromettono in modo grave la circolazione (diminuita volemia e riduzione
della gittata cardiaca.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
77
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
CATEGORIA
CLASSIFICAZIONE
dei LIVELLI di
pressione arteriosa
secondo l’OMS
(Società Europea per
l’Ipertensione
e
Società Europea di Cardiologia
2003)
SISTOLICA
DIASTOLICA
(mmHg)
(mmHg)
Ottimale
‹ 120
‹ 80
Normale
‹ 130
‹ 85
Normale alta
130-139
85-89
Ipertensione di
grado 1- Lieve
140-159
90-99
Ipertensione di
grado 2 Moderata
160-179
100-109
Ipertensione di
grado 3 - Grave
› 180
› 110
Ipertensione
Sistolica Isolata
› 140
‹ 90
a cura di: dott.ssa Alida Favro
78
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
Misurazione della pressione arteriosa:
SCOPO
• La rilevazione del parametro della pressione
arteriosa stabilisce un valore base di riferimento
per:
 Ottenere dei dati di base per confrontarli con le
successive misurazioni;
 Valutare lo stato emodinamico ottenendo informazioni
sulla gittata cardiaca, sul volume ematico, sulle
resistenze periferiche e sull’elasticità delle pareti.
 Monitorare la risposta emodinamica alle terapie o
alle condizioni patologiche;
 Verificare la presenza di ipertensione o ipotensione.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
79
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
Misurazione della pressione arteriosa:
ACCERTAMENTO
• Si devono considerare alcuni elementi prima di
rilevare la pressione arteriosa:
 Identificare i fattori che possono alterare la pressione
arteriosa (farmaci, età, esercizio fisico, condizioni
emotive, fumo, cambiamenti posturali, ecc.);
 Valutare le precedenti misurazioni, se disponibili;
 Individuare la sede più adeguata per rilevare la
pressione arteriosa, considerando le situazioni che
limitano la scelta della sede (evitare l’arto superiore
corrispettivo in caso di mastectomia, fistola arterovenosa per la dialisi, catetere venoso centrale, ecc.).
a cura di: dott.ssa Alida Favro
80
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
Misurazione della pressione arteriosa:
SEDI
• La pressione arteriosa può essere misurata
direttamente con un catetere in un’arteria (utilizzato in
area critica) oppure indirettamente usando un
manicotto gonfiabile che occlude temporaneamente il
flusso ematico arterioso di un arto:
• ARTI SUPERIORI: il braccio è la sede solitamente
utilizzata, a livello dell’ARTERIA BRACHIALE oppure
l’avambraccio, a livello dell’ARTERIA RADIALE.
• ARTI INFERIORI: in caso di impossibilità di misurarla
negli arti superiori si utilizza la coscia, a livello
dell’ARTERIA POPLITEA, oppure la gamba, a livello
dell’ARTERIA TIBIALE POSTERIORE o PEDIDEA.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
81
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
Misurazione della pressione arteriosa:
METODI
• La pressione arteriosa basale viene misurata perfettamente con
il paziente a riposo dopo che è stato seduto o sdraiato per
almeno 5 minuti. Il paziente deve trovarsi in un ambiente caldo
e tranquillo e non aver mangiato, fumato o fatto esercizio fisico
da almeno 30 minuti. L’arto utilizzato, libero da indumenti deve
essere posto a livello del cuore e il bracciale deve essere
applicato con la parte gonfiabile centrata sopra l’arteria. Le
dimensioni del bracciale devono essere adeguate in rapporto
alla circonferenza dell’arto. In caso di rimisurazione attendere
almeno 2 minuti.
• Si possono utilizzare due metodi di rilevazione:
 METODO AUSCULTATORIO;
 METODO PALPATORIO.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
82
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
Misurazione della pressione arteriosa: METODI
 AUSCULTATORIO: questo metodo richiede l’uso di un manometro
collegato ad un bracciale gonfiabile per pompare dell’aria, attraverso
una pompa fornita di valvola, che permette di occludere il vaso . Si
gonfia il manicotto fino a 20-30 mmHg oltre il punto in cui scompare
il polso. Si procede dunque a sgonfiarlo alla velocità di 2-3 mmHg
per secondo e per mezzo di un fonendoscopio, posto in
corrispondenza dell’arteria interessata, si possono udire i valori
pressori che sono rivelati da dei suoni (toni di KOROTKOFF). Il
primo tono (fase 1) corrisponde alla PRESSIONE SISTOLICA o
MASSIMA, l’ultimo tono (fase 5) alla PRESSIONE DIASTOLICA o
MINIMA (nei bambini essendo una velocità del sangue elevata per
rilevare la pressione diastolica si utilizza la fase 4 con toni ormai
soffocati ma non assenti altrimenti si sottostima).
 PALPATORIO: quando i toni di Korotkoff non sono udibili si usa il
metodo palpatorio. Richiede sempre l’uso di un manometro
collegato ad un manicotto gonfiabile e si procede come sopra, ma
senza l’uso del fonendoscopio, bensì si palpa manualmente il polso
dell’arteria interessata. La PRESSIONE SISTOLICA corrisponde al
punto in cui si ricomincia a percepire il polso arterioso, non si rileva
la pressione diastolica.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
83
5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
TONI DI KOROTKOFF
• Nel 1905 Korotkoff, un chirurgo russo, ha descritto per la
prima volta i suoni che si auscultavano a livello di un
arteria distale rispetto al bracciale:
• FASE I :
•
•
•
•
FASE II :
FASE III :
FASE IV :
FASE V :
toni scoccanti, alla comparsa dei
toni corrisponde il valore della
pressione arteriosa sistolica.
toni soffianti (un fruscio o un sibilo)
toni sordi (un crepitio).
toni affievoliti (un soffio che sfuma).
scomparsa dei toni (silenzio).
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa
Misurazione della pressione arteriosa: STRUMENTI
•
SFIGMOMANOMETRO con sistema RIVAROCCI: è costituito da una
colonnina di vetro, tarata in millimetri, che pesca in recipiente contenente
mercurio collegato, a sua volta, al bracciale tramite un tubo di gomma. Il
bracciale è composta da una camera d’aria racchiusa in un manicotto di tela ed
è collegato, tramite un altro tubo di gomma, ad una palla (pompa) fornita di
valvola che permette se chiusa di insufflare aria nel manicotto. Necessario lo
stetoscopio per rilevare i toni di Korotkoff.
•
SFIGMOMANOMETRO ANEROIDE (che non contiene liquidi): la colonnina di
vetro e il mercurio sono sostituiti da un semplice manometro con tecnica
oscillometrica.
•
SFIGMOMANOMETRI ELETTRONICI: per lo più prevedono un microfono o
un sensore per la pressione inseriti in un bracciale gonfiabile da una
pompa elettrica, spingendo un tasto, collegato ad un sistema di
registrazione digitalica o su carta. Il microfono rileva i toni di Koroktoff e
registra i valori sistolici e diastolici, il sensore invece risponde alle onde
pressorie generate dal movimento del sangue nell’arteria traducendo il
movimento iniziale in pressione sistolica e quello finale in diastolica. Non
richiedono l’uso dello stetoscopio. Ci sono inoltre dei dispositivi portatili che
gonfiano e sgonfiano il bracciale a tempi programmati nell’arco delle 24
ore (es. ogni 15 minuti). Un altro sistema consiste nell’incanulare un’arteria
con un sottile catetere connesso ad un manometro elettronico. Questo
consente la misurazione continua (monitoraggio), ad ogni battito cardiaco, della
pressione. E’ un metodo invasivo e quindi utilizzato per lo più in pazienti critici.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
85
Misurazione della pressione arteriosa
METODI e STRUMENTI
Misurazione della pressione
arteriosa: STRUMENTI
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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Misurazione della pressione arteriosa
METODI e STRUMENTI
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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Misurazione della pressione arteriosa
METODI e STRUMENTI
a cura di: dott.ssa Alida Favro
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5° unità didattica: i segni vitali
LA FUNZIONE
RESPIRATORIA
a cura di: dott.ssa Alida Favro
89
5° unità didattica: i segni vitali – il respiro
CONCETTI FISIOLOGICI
• Nell’uomo, l’aria assunta dall’ambiente viene immessa nelle vie
respiratorie attraverso le cavità nasali e durante lo sforzo
muscolare anche attraverso la bocca. Ambedue le cavità sfociano
nella faringe, indi il gas prosegue nella laringe, trachea, bronchi e
bronchioli. Queste strutture hanno il compito di umidificare,
riscaldare e purificare l’aria inspirata e di condurla ai polmoni
(respirazione esterna). Dai bronchioli l’aria penetra, attraverso un
brevissimo condotto, il condotto alveolare, nell’ alveolo polmonare.
La parete dell’alveolo è sottile e permette la diffusione dei gas
dall’alveolo al sangue e viceversa. Il sangue, attraverso
l’emoglobina (Hb) contenuta nel globulo rosso, trasporta i gas dal
polmone alle cellule e viceversa (respirazione interna).
• Il termine respirazione è usato per sintetizzare due processi
diversi ma correlati: l’attività respiratoria esterna e l’attività
respiratoria interna.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
90
5 unità didattica: i segni vitali – il respiro
CONCETTI FISIOLOGICI: scambio dei gas e trasporto dell’O2
• Gli scambi gassosi, sia a livello polmonare, tra alveolo e sangue,
che a livello capillare, tra sangue e cellula, dipendono dalla
differenza della pressione parziale dei gas in cui avviene lo
scambio. Dal gas ove la pressione parziale è maggiore a quello in
cui è minore fino a quando la differenza è annullata.
• Normalmente la pressione parziale di ossigeno (pO2) nel sangue
arterioso è di 100 mmHg, e la pressione parziale di anidride
carbonica (pCO2) è di 40 mmHg. Si definisce IPOSSIA la riduzione
della pO2 al disotto dei 60 mmHg e IPERCAPNIA l’aumento della
pCO2 oltre i 49 mmmHg.
• Normalmente la pressione parziale di ossigeno (pO2) nel sangue
venoso è di 40 mmHg, e la pressione parziale di anidride
carbonica (pCO2) è di 45 mmHg.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
91
5° unità didattica: i segni vitali – il respiro
CONCETTI FISIOLOGICI: movimenti respiratori
•
L’aria viene introdotta ed emessa alternativamente dai polmoni con
movimenti detti rispettivamente INSPIRAZIONE ed ESPIRAZIONE, che
costituiscono le due fasi dell’atto respiratorio:
•
INSPIRAZIONE: è la prima fase ed è un processo attivo e consiste nel
fatto che il muscolo diaframma si contrae e si abbassa e che i muscoli
intercostali si contraggono, aumentando il diametro antero-posteriore
della gabbia toracica. Questo determina un aumento della gabbia
toracica che provoca una espansione anche del polmone, che la
segue passivamente, grazie alla grande espansibilità di cui è dotato.
L’aumento del volume polmonare determina una diminuzione della
pressione negli alveoli polmonari (pressione negativa), e quindi si
stabilisce un flusso tra l’ambiente esterno e lo spazio alveolare, ove la
pressione è inferiore all’esterno. Quando la pressione intralveolare
eguaglia quella esterna non vi è più flusso di gas e termina
l’inspirazione.
•
ESPIRAZIONE: è la seconda fase ed è un processo passivo, inizia con
la cessazione della contrazione dei muscoli inspiratori, le fibre
polmonare non più stirate, ritornano alla lunghezza di riposo. L’alveolo
nel ritornare al volume di riposo comprime l’aria in esso contenuta, ne
aumenta la pressione (pressione positiva) e la espelle all’esterno. La
gabbia toracica segue passivamente il polmone.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
92
5° unità didattica: i segni vitali – il respiro
CONCETTI FISIOLOGICI: regolazione nervosa e volumi polmonari
• L’attività ritmica respiratoria è involontaria ed è regolata dal
centro respiratorio, sito nel midollo allungato, suddiviso in
centro inspiratorio ed espiratorio. I due centri si inibiscono
reciprocamente quando lavorano. Il centro del respiro regola
automaticamente la frequenza respiratoria e il volume corrente in
modo da ottenere nel sangue arterioso una concentrazione ottimale
di ossigeno e di anidride carbonica.
• L’attività respiratoria è influenzata dalle pressioni parziali della
CO2 e dall’O2 nel sangue arterioso. Particolarmente un aumento
della CO2 (ipercapnia), stimola dei recettori situati nell’arco dell’aorta
e nelle biforcazioni delle carotidi. Questi recettori inviano impulsi
nervosi al centro respiratorio facendo aumentare o diminuire la
ventilazione polmonare (frequenza respiratoria e profondità del
respiro).
• Nell’individuo sano e adulto, a riposo, gli atti respiratori di norma si
susseguono con un ritmo costante e regolare 12-16 volte al
minuto. A ogni atto respiratorio si introduce circa 500 ml di aria
(VOLUME CORRENTE). Il prodotto del volume corrente per la
frequenza respiratoria determina la VENTILAZIONE POLMONARE
che ammonta a circa 6-8 litri al minuto.
a cura di: dott.ssa Alida Favro
93
5° unità didattica: i segni vitali – il respiro
CARATTERISTICHE del RESPIRO
• Le caratteristiche del respiro comprendono:
•
LA FREQUENZA RESPIRATORIA: ogni atto respiratorio consta di una
fase inspiratoria e una fase espiratoria. Varia con l’età. Nei neonati a
riposo è di 30-60 atti respiratori al minuto, diminuisce con l’avanzare
degli anni fino a 12-20 al minuto atti nel soggetto adulto. Al di sopra
di 20 atti respiratori al minuto nell’adulto si parla di TACHIPNEA. Al di
sotto dei 12 atti respiratori al minuto si parla di BRADIPNEA.
L’assenza di atti respiratori viene denominata APNEA, che può
essere solo temporanea in quanto se prolungata è sinonimo di
ARRESTO RESPIRATORIO e non è compatibile con la vita.
•
IL RITMO RESPIRATORIO : nel corso di atti respiratori normali dopo
ogni ciclo respiratorio si verifica un intervallo regolare. I neonati
hanno un ritmo meno regolare degli adulti e anche i bambini piccoli
tendono a respirare lentamente per qualche secondo e poi
all’improvviso respirare velocemente. Il ritmo respiratorio può
dunque essere regolare o irregolare. L’alterazione del ritmo
determina dei respiri cosidetti periodici, come quello di CHEYNESTOKES (tipico del coma epatico, renale o cerebrale), di KUSMAULL
(tipico del coma diabetico) e di BIOT (tipico delle meningiti o traumi
cerebrali).
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RESPIRI PERIODICI
• CHEYNE – STOKES: modello respiratorio ciclico caratterizzato da
periodi di un graduale aumento della frequenza e profondità fino ad
un apice oltre il quale vi è un decrescendo di intensità e di
frequenza fino ad una fase di apnea che perdura alcuni secondi
(anche 20”), dopo la quale si inizia un nuovo ciclo come il
precedente. Questo è dovuto al fatto che il centro del respiro viene
stimolato dalla concentrazione di CO2, che per essere efficace
deve risultare piuttosto elevata. Tipico dei pazienti agonici e
comatosi (epatico, uremico, cerebrale).
• KUSMAULL: modello respiratorio ciclico caratterizzato da
inspirazioni profonde e rumorose seguite da una pausa, quindi da
un’espirazione breve a cui segue un’altra pausa. Si osserva nelle
acidosi metaboliche e nel coma diabetico.
• BIOT: modello respiratorio ciclico caratterizzato da periodi di respiri
superficiali alternati a periodi di apnea. Talora i periodi di apnea
sono più lunghi dei periodi di ventilazione. Tipico dei traumi
cerebrali, meningiti.
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CARATTERISTICHE del RESPIRO
•
LA PROFONDITÀ: un aumento o riduzione del volume corrente ad
ogni atto respiratorio determina un escursione o movimento
toracico più o meno osservabile. I movimenti ventilatori possono
essere profondi (aumento del volume corrente), normali (volume
corrente di circa 500 ml) o superficiali (riduzione del volume
corrente). Un inspirazione profonda necessita della piena
espansione polmonare e di una fuoriuscita completa dell’aria e
quindi vie è un’evidente movimento toracico. Un inspirazione
superficiale è difficile da rilevare.
•
LA QUALITÀ: il respiro normalmente è automatico, calmo e
avviene senza sforzo (EUPNEA). Le anomalie qualitative sono di
solito caratterizzate dalla comparsa di rumori o di sforzo durante il
respiro. In caso di respiro difficoltoso si parla di DISPNEA. La
dispnea può verificarsi durante l’attività fisica (DISPNEA da
SFORZO), oppure a riposo (DISPNEA a RIPOSO). La dispnea può
verificarsi inoltre nella fase inspiratoria (DISPNEA INSPIRATORIA)
oppure nella fase espiratoria (DISPNEA ESPIRATORIA), talora può
essere presente in entrambi le fasi (DISPNEA MISTA). Il respiro
può anche essere rumoroso. Lo STRIDORE è un’inspirazione che
ricorda un grido e può indicare un’ostruzione delle vie aeree
superiori (spasmo laringeo, aspirazione corpi estranei). Il SIBILO
si verifica in caso di un’ostruzione parziale dei bronchi o
bronchioli (come nell’asma).
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FATTORI che INFLUENZANO il respiro
•
ETA’: con la crescita si ha un aumento della capacità polmonare e con
il suo aumento è sufficiente una frequenza respiratoria più bassa per
garantire gli scambi gassosi (neonati circa 45 atti respiratori al minuto,
bambini 30, adolescenti 18, adulti 16). Con l’età matura si riduce
l’elasticità polmonare e di conseguenza la capacità polmonare e quindi
si ha un aumento della frequenza respiratoria.
•
ESERCIZIO FISICO: con l’esercizio fisico aumenta la necessità di
ossigeno e di eliminare l’anidride carbonica, nonché di ridurre il calore
prodotto. L’organismo risponde aumentando la frequenza e la
profondità del respiro.
•
SESSO: normalmente gli uomini hanno una capacità polmonare
maggiore delle donne, quindi una frequenza respiratoria minore.
•
ALTITUDINE: l’ossigeno contenuto nell’aria a livello del mare (21%)
diminuisce con l’aumentare dell’altitudine riducendo la quantità di
emoglobina satura. Per compensare la rarefazione dell’ossigeno
aumentano la frequenza e la profondità del respiro.
•
POSTURA: una postura eretta favorisce la piena espansione del torace.
Una posizione curva o sdraiata impedisce la completa espansione del
torace, ne consegue un aumento della frequenza e della profondità del
respiro.
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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro
FATTORI che INFLUENZANO il respiro
•
STRESS: l’ansia o lo stress stimolano il sistema nervoso simpatico e
quindi si ah un aumento della frequenza e profondità del respiro.
•
FARMACI: i narcotici diminuiscono la frequenza e la profondità del
respiro. I broncodilatatori riducono la frequenza dilatando le vie
respiratorie. Le anfetamine e la cocaina aumentano la frequenza e la
profondità.
•
FEBBRE: l’apparato respiratorio costituisce un sistema per la
dispersione del calore in eccesso e quindi in presenza di febbre
aumenta il calore e anche la frequenza respiratoria per disperderlo.
•
DOLORE: il dolore altera la frequenza e la profondità degli atti
respiratori, questi divengono più superficiali. Inoltre se il dolore è a
livello toracico il paziente potrebbe inibire o ridurre i movimenti del
torace.
•
PATOLOGIE: ridotti livelli di emoglobina come nell’anemia riducono la
capacità del sangue a trasportare ossigeno, aumentando la frequenza
e profondità del respiro. Danni del midollo allungato (traumi)
influiscono sul centro del respiro e inibiscono la frequenza e il ritmo
respiratorio. Le patologie polmonari croniche (enfisema, bronchite,
asma) possono alterare il respiro.
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SEGNI E SINTOMI dell’apparato respiratorio
•
TOSSE: in genere rappresenta un atto riflesso a scopo difensivo
evocato dalla stimolazione (meccanica, chimica, termica,
infiammatoria o psicogena) dei recettori della tosse a livello delle
mucose delle vie aeree inferiori. Il centro della tosse si trova nel bulbo.
Ha la finalità di assicurare la pervietà delle vie tracheobronchiali.
Consiste in una inspirazione profonda, seguita dalla contrazione dei
muscoli espiratori e addominali a glottide chiusa, fino ad una violenta
apertura della glottide ed espulsione dell’aria che trascina con sé i
corpi estranei presenti. L’apertura violenta delle corde vocali
determina il rumore caratteristico. La tosse può essere SECCA o
PRODUTTIVA. La tosse secca è dovuta a fattori irritativi localizzati a
livello delle vie aeree o della pleura. La tosse produttiva è dovuta alla
presenza nei bronchi di secrezioni che il paziente cerca di espettorare.
•
ESPETTORAZIONE: la quantità di espettorato o escreato nelle 24 ore
può essere da pochi ml a parecchie centinaia. Può presentare
caratteristiche diverse: sieroso (filante), mucoso (biancastro),
mucopurolento (denso e giallastro), purolento (denso e verdastro).
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SEGNI E SINTOMI dell’apparato respiratorio
•
EMOTTISI o EMOFTOE: l’emottisi è l’emissione di sangue dalla bocca
proveniente dalle vie respiratorie inferiori (laringe, trachea, bronchi e polmoni).
Il sangue è rosso vivo, schiumoso, perché aereato. Può essere di varia entità:
un filo di sangue commisto all’escreato, uno sputo mucopurolento emorragico,
sangue puro non commisto ad escreato da pochi ml a oltre 500 ml.
•
DISPNEA: indica una respirazione difficile, faticosa. Può essere inspiratoria se
vi è un ostacolo all’introduzione dell’aria, espiratoria se vi è un ostacolo alla
fuoriuscita dell’aria, oppure mista nella maggior parte delle malattie polmonari
acute (polmoniti) e croniche (tubercolosi, neoplasie). Inoltre può essere da
sforzo o a riposo.
•
DOLORE TORACICO: può essere causato da malattie del cuore, aorta,
pericardio; da malattie dello scheletro del torace; da malattie dell’esofago, del
mediastino, della pleura. Nelle malattie dell’apparato respiratorio il dolore è
dovuto ad un irritazione della pleura , che si presenta come un dolore di tipo
puntorio, superficiale che si esarcerba con l’inspirazione localizzato in un
punto del torace.
•
CIANOSI: è una colorazione bluastra della cute e delle mucose visibili (naso,
lobi delle orecchie, guance), dovuta ad un aumento dell’emoglobina ridotta nel
sangue oltre i 5 g/100 ml, causata da una cattiva ossigenazione del sangue.
Essa è dovuta al trasparire, attraverso i tessuti superficiali, del colore del
sangue che circola nei capillari sottostanti: rosso cupo se la CO2 presente è
aumentata.
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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro
Misurazione del respiro:
SCOPO
• La rilevazione del parametro del respiro
stabilisce un valore base di riferimento per:
 Ottenere dei dati di base per confrontarli con le
successive misurazioni;
 Ricercare le alterazioni del respiro;
 Monitorare l’influenza dei farmaci e delle
terapie sul respiro;
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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro
Misurazione del respiro:
ACCERTAMENTO
• Si devono considerare alcuni elementi prima di rilevare il
respiro:

La presenza di segni clinici e sintomi di
alterazioni respiratorie (dispnea, dolore toracico,
tosse, cianosi, ridotto livello di coscienza);
 La presenza di fattori che influenzano il respiro (età,
esercizio fisico, altitudine, postura, dolore, ansia,
farmaci, febbre, patologie, ecc.);
 Determinare la modalità più appropriata per la
misurazione.
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Misurazione del respiro: METODI
• Il paziente non deve accorgersi che si sta accertando
il respiro, in quanto la consapevolezza della
rilevazione può alterare la profondità o la frequenza.
• Spesso si accerta il respiro dopo aver rilevato il
polso radiale, continuando a mantenere il polso
dell’assistito guardando i MOVIMENTI INSPIRATORI
DEL TORACE contandoli per un minuto.
• Se il paziente dorme ASCOLTARE IL RESPIRO e
contare gli atti respiratori per un minuto, se è
superficiale osservare lo sterno dove i movimenti
respiratori sono più evidenti.
• Nel bambino osservare IL SOLLEVARSI E
L’ABBASSARSI DELL’ADDOME per contare gli atti
respiratori, nei lattanti invece il MOVIMENTO DELLE
PINNE NASALI (ali del naso).
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Misurazione del respiro
METODI
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