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violenza ambientale - Benvenuti su masterplayenergy

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violenza ambientale - Benvenuti su masterplayenergy
IGIENE GENERALE ED
APPLICATA
Prof. Dott. Marco Guida
Dipartimento delle Scienze Biologiche
sezione Fisiologia ed Igiene
Via Mezzocannone, 16 Napoli
Tel. 0812534641
E-mail [email protected]
www.erl.unina.it
La VIOLENZA ed
il Pianeta Terra
Atmosfera
Idrosfera
Litosfera
FONTI
FONTI DEL DIRITTO
l’espressione indica idea di “derivazione”, di “origine”.
si indica ciò da cui trae origine la norma giuridica.
Tutte insieme le fonti del diritto
costituiscono l’Ordinamento Giuridico Statale
RAPPORTI TRA FONTI DEL DIRITTO
La pluralità di fonti esistenti negli Ordinamenti
Giuridici presuppone l’esistenza di regole per
evitare che si creino contrasti tra le norme.
QUADRO FONTI NELL’ORDINAMENTO ITALIANO
criterio cronologico
criterio gerarchico
criterio competenza
Fonti di rango costituzionale
Fonti comunitarie
Fonti primarie
Fonti secondarie
Usi normativi
• 1673 Galileo Galilei:
“L’ambiente è lo spazio circostante l’uomo”
(1a definizione di ambiente)
LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Teoria pluralista : si nega autonomia giuridica
all’ambiente. Esso viene individuato secondo un
triplice schema di riferimento:
• bellezze paesistiche
• lotta agli inquinamenti
• governo del territorio
Oggetto
Ambiente
Teoria monista (attuale): concetto unitario
ambiente.
Insieme delle condizioni che influenzano in
maniera significativa la vita dell’uomo.
Nell’ampia e unitaria nozione di ambiente
rientrano le discipline di settore con cui si
perseguono specifiche finalità ( tutela del suolo,
tutela dell’aria, protezione della natura, ecc.),
che rilevano quali componenti dell’ambiente.
Diritto dell’ambiente
persegue come finalità prevalenti:
• Protezione, tutela, salvaguardia e miglioramento dell’ambiente
• Regolazione dello sviluppo, disciplinando e limitando attività e
iniziative non ambientalmente compatibili
• Repressione e adozione di misure volte ad evitare lesioni
all’ambiente, o almeno a ridurre i danni
• Modificazione di comportamenti sia che si tratti di comportamenti
diffusi dai cittadini , sia che si tratti di processi produttivi delle
imprese , sia che si tratti dell’azione delle pubbliche
amministarazioni
Dimensione internazionale di
Ambiente
• Nasce nel 1941 per una controversia tra
USA e Canada relativa ad emissioni nocive
che per la prima volta vengono trattate non
con schemi privatistici ma come un
problema di interesse pubblico all’ambiente
salubre.
DEFINIZIONE a livello
INTERNAZIONALE
• Convenzione
del
Consiglio
d’Europa
sulla
responsabilità civile per danni provocati da attività
pericolose per l’ambiente, Lugano 1993 (si afferma
che compongono la nozione di ambiente le risorse
naturali e le interazioni tra le stesse, i beni facenti
parte del patrimonio culturale e gli aspetti
caratteristici del paesaggio)
• Corte internazionale di giustizia: advisory opinion
8/7/1996 ha affermato che la nozione di ambiente
comprende oltre al “living space” la qualità della vita e
la salute degli esseri umani, incluse le generazioni
non ancora nate.
DEFINIZIONE a livello
COMUNITARIO
• Direttiva 85/337/CEE da un profilo
composito della nozione di ambiente
quale oggetto da valutare in sede di
impatto ambientale che è composto da
uomo, fauna, flora, suolo, acqua,
clima, paesaggio, patrimonio culturale
e dall’interazione tra gli stessi (art.3)
DEFINIZIONE a livello
NAZIONALE
il concetto ambiente è stato dato spesso per
presupposto:
• D.P.R. n.616/1977, l’ambiente non era che un
aspetto,
non
definito,
inserito
quasi
incidentalmente
all’interno
della
nozione
urbanistica.
• Legge n.349/1986, si costruiva un nuovo soggetto
di imputazione di interessi pubblici in materia, il
Ministero dell’ambiente, senza nel contempo dare
una definizione di ambiente, ma citando in via
indiretta, quali oggetto di tutela, le condizioni
ambientali, il patrimonio naturale nazionale e le
risorse naturali.
DICHIARAZIONI DI PRINCIPIO ADOTTATE IN SEDE O.N.U. O IN ALTRA
SEDE INTERNAZIONALE



Dichiarazione sull’ambiente umano – Stoccolma 1972;
Carta Mondiale della natura – 1982;
Dichiarazione su Ambiente e Sviluppo – Rio 1992;
<< Sviluppo Sostenibile>>
Gli Stati devono sfruttare le proprie risorse, assicurando che l’attività svolta non
causi danni all’ambiente. La tutela dell’ambiente costituisce parte integrante del
processo di sviluppo. La crescita economica, il progresso scientifico, indiustriale e
tecnologico devono coniugarsi con l’esigenza di protezione dell’ambiente, favorendo
la lotta al degrado ambientale.

Protocollo di Kyoto ‘97
Limiti e Tempi per la progressiva riduzione dell’emissione dei gas – responsabili del
cambiamento climatico.
LIVELLO COMUNITARIO
•
Trattato Istitutivo della Comunità Europea
(1957)
mancata previsione
dell’ambiente tra le materie di
competenza comunitaria.
Trattato Istitutivo della Comunità Europea come
Integrato e modificato prima dall’Atto Unico Europeo
(1986), poi dal Trattato di Maastricht (1992) e infine
dal Trattato di Amsterdam (1997).
pr. della precauzione
e dell’azione preventiva
Introduzione di un titolo
autonomo sull’Ambiente
(oggi Titolo XIX) e dei
principi – cardine della
politica ambientale.
pr. di cooperazione
tra Stati
pr. della responsabilità
- “chi inquina paga”-
pr. di sussidiarietà
Principio della “qualità della vita”
(Art. 2 Trattato Ce)
Principio di carattere generale che garantisce la
possibilità di intervenire in materia ambientale e
che viene collegato al principio dello
SVILUPPO SOSTENIBILE
(Trattato CE, Artt 2 e 6; Art 2 Preambolo del Trattato UE)
Principio precauzionale
Nell’ambito dei rapporti internazionali la Comunità europea ha il
diritto di stabilire autonomamente sulla base del principio
precauzionale il livello di protezione dell’ambiente, nonché
della vita e della salute degli esseri umani , degli animali e
delle piante che ritiene appropriato
Esempio di applicazione del principio precauzionale nella legislazione
comunitaria in materia ambientale si trova nell’art. 5 della direttiva
98/81sull’impiego confinato di micro-organismi geneticamente modificati.
Tale disposizione afferma che in caso di dubbio circa la corretta
classificazione di un microorganismo geneticamente modificato possano
essere applicate misure protettive più rigorose a meno che non vi sia la
piena certezza scientifica che le misure protettive meno rigorose sono
sufficienti per una adeguata prevenzione dei rischi per l’ambiente
Principio della prevenzione
Laddove vi è il rischio di un danno
per l’ambiente è sempre meglio
agire tempestivamente
Ad Esempio nella legislazione comunitaria il principio della
prevenzione costituisce il criterio ispiratore della direttiva 94/62
sugli imballaggi ed i rifiuti da imballaggio nonché delle direttive
85/337 e 97/11 sulla valutazione di impatto ambientale dal
momento che mediante tale valutazione si cercano di prevedere, e
quindi prevenire, i possibili effetti negativi che i progetti
infrastrutturali di certe dimensioni potrebbero avere per
l’ambiente
Principio della correzione, in via
prioritaria alla fonte, dei danni
causati dall’ambiente
Quando i danni all’ambiente non possono essere evitati
mediante il ricorso ai principi di precauzione e di
prevenzione, ai quali tale principio è logicamente collegato in
modo molto stretto, dovrebbero essere contrastati in una fase
il più possibile vicino alla fonte per evitare che i loro effetti si
amplifichino e si ingigantiscano
Caso concreto dell’applicazione di tale principio si è avuto in un celebre caso di
smaltimento dei rifiuti.( caso C-2/90, rifiuti valloni). In tale circostanza la
Corte ha giustificato un divieto di importazione dei rifiutiadottato dalla
regione belga della Vallonia sulla base del principio in questione , il quale,
secondo la Corte, nel caso di specie si tradurrebbe nell’imperativo di
smaltire i rifiuti il più possibile vicino al loro luogo di produzione, al fine di
limitare i danni per l’ambiente che potrebbero essere provocati dal loro
trasporto.
Principio <<chi inquina
paga>>
Affermazione sul piano giuridico di un principio
economico secondo cui i costi dei danni causati
all’ambiente dovrebbero tendenzialmente essere
sostenuti dai soggetti responsabili piuttosto che essere
addossati alla collettività e quindi riparati con denaro
pubblico
La legislazione comunitaria ha piuttosto usato questo principio come criterio
ispiratore di carattere generale come ad esempio nella direttiva 75/442 sui
rifiuti e nella direttiva 91/51 sui rifiuti pericolosi, nelle quali viene stabilito
in termini generali che, conformemente al principio chi inquina paga , il
costo dello smaltimento dei rifiuto deve essere sostenuto dal detentore, dai
precedenti detentori o dal produttore.
LIVELLO NAZIONALE
Tra le più importanti Leggi si menzionano:
• alcuni articoli della Costituzione
• l. istitutiva del Ministero dell’Ambiente – 349/1986
• l. 59/1997: conferimento di diverse funzioni ambientali a
regioni ed enti locali
• d.lgs. 112/98: attuazione di deleghe nel settore ambientale
cresce l’attenzione per l’ambiente: la tutela dell’ambiente si
sviluppa secondo il p.r. di sussidiarietà
• l. delega 308 / 2004 per il riordino della legislazione in materia
ambientale
• Decreto legislativo attuativo n. 152/2006 (Codice Ambiente)
Discipline di settore (1)
Inquinamento dell’aria
Inquinamento acustico
Materie
Inquinamento elettromagnetico
Inquinamento delle acque
Gestione dei rifiuti
Discipline di settore (2)
Difesa del suolo
Materie
Protezione della natura e tutela delle aree
protette
Con la legge 3/2001 si ha la riforma del
titolo V della Costituzione e la modifica
dell’ Art. 117 Cost.
Lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in materia di:
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
La Regione ha potestà legislativa concorrente in materia di :
governo del territorio; valorizzazione dei beni culturali e ambientali
Problematiche evidenziate dalla
distribuzione delle Competenze
in
materia di tutela dell’ambiente
Secondo la lettera della norma
parte della dottrina considera
l’ambiente
come
Materia
unitaria, e come tale,
di
competenza esclusiva dello
Stato
?
La Giurisprudenza costituzionale
invece continua a ricondurre
l’ambiente alla competenza
concorrente delle Regioni
Intervento chiarificatore della Corte Costituzionale
Con la Sentenza 407/2002 la Corte chiarisce che l’ambiente sia da
intendere non come materia in senso stretto ma come valore trasversale che
permea i diversi ambiti competenziali
LO STATO
È titolare del potere di
fissare standard di tutela
uniformi
sull’intero
territorio nazionale
LE REGIONI
Interventi diretti a soddisfare
contestualmente,
nell’ambito
delle
proprie
competenze,
ulteriori esigenze rispetto a
quelle di carattere unitario
definite dallo stato
Norme in materia ambientale
Dalla legge delega 308/2004
(“Delega al governo per il riordino, il coordinamento e
l’integrazione della legislazione in materia ambientale e
misure di diretta applicazione”)
Al Decreto Legislativo 152/2006
(“Norme in materia Ambientale)
Definizione di inquinamento
“La modificazione della normale composizione
dell’aria atmosferica ad opera di fumi, gas,
polveri, odori, e di tutte quelle sostanze che ne
alterano la salubrità, potendo in tal modo
pregiudicare lo stato di salute dei cittadini, così
come danneggiare i beni pubblici e privati”.
L’ATMOSFERA
Composizione percentuale media delle sostanze normalmente
presenti nell'aria atmosferica.
AZOTO 78,03%
OSSIGENO 21,00%
ARGON 0,93%
ANIDRIDE CARBONICA 0,03%
IDROGENO 0,001%
NEON, ELIO, KRYPTON, XENON 0,002%
PULVISCOLO ATMOSFERICO ….%
Gli strati atmosferici
La troposfera inizia dalla superficie terrestre e si estende fino a 14.500 metri di altezza.
E' questa la parte dell'atmosfera più densa che contiene più del 90% della massa totale.
Quasi tutti i fenomeni meteorologici avvengono in questa regione; la tropopausa separa
la troposfera dallo strato successivo.
Bassa atmosfera
La stratosfera si estende in altezza per 50 chilometri. questa parte è più secca e meno
densa. Qui, la temperatura cresce gradualmente fino a -3° C, a causa dell'assorbimento
della radiazione ultravioletta. Si trova qui l’ozonosfera che contiene uno strato di ozono, Media atmosfera
questo assorbe e diffonde la radiazione ultravioletta solare. La stratopausa separa la
stratosfera dallo strato successivo. La mesosfera ha si estende per 85 Km. In questa
regione gli elementi chimici sono in uno stato di continua eccitazione, in quanto assorbono
continuamente energia dal Sole. La mesopausa separa la mesosfera dallo strato seguente.
La termosfera ha inizio appena al di sopra della mesosfera e si estende fino a 600
chilometri di altezza. La temperatura si innalza a causa del maggiore flusso di energia
solare. In questo stratole reazioni chimiche avvengono più velocemente che sulla Terra.
La ionosfera (fino a 4-500 km): è ricca di particelle ionizzate; questo strato filtra la
radiazione solare, lasciando passare soltanto certe bande spettrali, come quella ottica o
radio, ed è sede delle aurore polari
L'esosfera inizia alla sommità della termosfera e continua fino a dove si confonde con il
gas interplanetario e si disperde nello spazio. I componenti primari di questa regione
dell'atmosfera sono l'idrogeno e l'elio, presenti peraltro a densità estremamente basse.
Alta atmosfera
La temperatura dell’atmosfera
la temperatura sale considerevolmente perché la
molecola di Ozono (O3) assorbe l'UV solare con
il processo: fotone UV + O3 = O2 + O + calore.
TROPOSFERA (0 - 14 Km): la
temperatura decresce con l'altezza
STRATOSFERA (14 - 60 km): la
temperatura cresce con l'altezza
MESOSFERA (60 - 90 km): la
temperatura decresce con l'altezza
IONOSFERA (fino a 4-500 km): la
temperatura cresce con l’altezza
ESOSFERA (dai 4-500 km in su):
la temperatura cresce con l’altezza
L’atmosfera
alterazione della
composizione chimica
dell'atmosfera
•Deplezione (buco dell’ozono)
•Piogge acide
•Effetto serra
rischi per la salute associati
principalmente all'inalazione di
gas e particolato danni agli
ecosistemi e ai materiali
(monumenti)
cioè liberati
nell'ambiente come tali
(il biossido di zolfo ed il
monossido di azoto)
che si formano
successivamente in atmosfera
attraverso reazioni chimicofisiche (l’ozono)
Inquinanti
ORIGINE
Antropica
grandi sorgenti fisse (industrie, impianti per
la produzione di energia elettrica ed
inceneritori); piccole sorgenti fisse
(impianti per il riscaldamento domestico)
sorgenti mobili (il traffico veicolare)
Naturale
Le polveri e i vari gas emessi dai vulcani,
dagli incendi delle foreste e dalla
decomposizione dei composti organici
entrano in atmosfera ad intervalli più o
meno regolari e in qualche caso a livelli
che possono causare degli effetti
drammatici a carico del clima.
• Le modalità di produzione e di liberazione dei vari inquinanti sono
estremamente varie
• Sono moltissime le variabili che possono intervenire nella loro
diffusione in atmosfera
La concentrazione degli inquinanti nell’aria è
determinata da diversi fattori:
• Quantità dei contaminanti presenti nelle emissioni;
• Numero e concentramento delle sorgenti inquinanti;
• Distanza dai punti di emissione;
• Trasformazioni chimico-fisiche alle quali sono sottoposte le
sostanze emesse;
• Eventuale velocità di ricaduta al suolo;
• Situazione morfologica delle aree interessate all’inquinamento;
• Condizioni meteorologiche locali e su grande scala
Principali sostanze inquinanti
presenti in atmosfera:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Ossidi di zolfo (SOx)
Ossidi di azoto (NOx)
Monossido di carbonio (CO)
Particelle sospese (polveri)
Ozono (O3)
Idrocarburi non metanici
Smog classico e fotochimico
Idrocarburi policiclici aromatici (IPA)
Benzene
Piombo
Ossidi di zolfo
• Deriva dalla combustione di carburanti contenenti zolfo (es. olio
combustibile, gasolio, carbone). Sono responsabili delle sue emissioni le
centrali termoelettriche, l'industria, gli impianti di riscaldamento domestico,
gli autoveicoli (diesel).
• È un irritante delle mucose e dell'apparato respiratorio. Per lunghe
esposizioni altera la funzionalità respiratoria. Gli asmatici sono i soggetti
più a rischio.
• Contribuisce alla formazione delle piogge e delle deposizioni acide, che
recano danni alla vegetazione, alla fauna ittica (acidificazione dei laghi) e
corrodono edifici e monumenti.
Ossidi di azoto
• Si generano a causa dei processi di combustione, negli autoveicoli e negli
impianti industriali e di riscaldamento, indipendentemente dal tipo di
combustibile utilizzato.
• Il biossido di azoto causa irritazioni alle vie respiratorie e modeste
alterazioni della funzionalità respiratoria, in particolare nei soggetti
asmatici.
• Il biossido di azoto contribuisce ad originare lo smog fotochimico.
• Contribuisce anche ad originare nebbie e piogge acide, formando acido
nitrico a contatto con l'umidità atmosferica.
Monossido di carbonio
• Si forma in tutte le combustioni che avvengono in carenza di ossigeno,
situazione che si verifica in diversa misura sia nei motori degli autoveicoli
che negli impianti di riscaldamento domestici e negli impianti industriali.
• Inoltre il tempo di vita della molecola risulta elevato (in media un mese).
• Il monossido di carbonio si lega all'emoglobina del sangue formando
carbossiemoglobina, che non è più in grado di trasportare l'ossigeno.
• L'anidride carbonica che si forma in atmosfera dal monossido di carbonio
è uno dei gas responsabili dell'effetto serra.
Ozono
• L’ozono è un gas di colore bluastro costituito da molecole formate da tre
atomi di ossigeno (O3).
• Le principali sorgenti antropogeniche sono quelle che liberano gli inquinanti
precursori e cioè il traffico automobilistico, i processi di combustione,
l’evaporazione dei carburanti, i solventi.
• Azione irritante sulle mucose, in particolare delle vie respiratorie. Inoltre
l'ozono potenzia gli effetti nocivi di altri inquinanti atmosferici, in particolare:
idrocarburi, polveri, piombo e biossido di azoto.
O2 + luce  O + O
O + O2  O3
La riduzione dell’ozono
stratosferico
Agli inizi degli anni Settanta, alcuni ricercatori rilevarono il
graduale assottigliamento della fascia di ozono stratosferico nei
pressi del continente antartico; soprattutto durante la cosiddetta
primavera australe, periodo che va da Settembre a Ottobre, il
fenomeno, chiamato deplezione (comunemente noto come “buco
nell'ozono”) risultava più accentuato. In seguito a vari rilevamenti
eseguiti con palloni aerostatici e satelliti meteorologici, si è
confermata una diminuzione del 40% circa dell’ozonosfera e il
deterioramento della fascia d’ozono si registra pure nei pressi
dell’Artide. Il fenomeno è abbastanza preoccupante e interessa da
vicino tutto il pianeta per le ripercussioni negative prima citate.
I maggiori responsabili dell’erosione dello
strato d’ozono sono i CFC, ampiamente
utilizzati come propellenti nelle bombolette
spray, come fluidi refrigeranti nei frigoriferi
e come agenti schiumogeni; ma vi sono
anche gli HCFC (idroclorofluorocarburi):
molecole
complesse
che
rilasciate
nell’atmosfera sono in grado di raggiungere
l'ozonosfera e di decomporre le molecole di
ozono. Sotto l'azione dei raggi ultravioletti,
infatti, le molecole dei CFC e degli HCFC si
decompongono in atomi di cloro e in altri
derivati clorurati, che, a loro volta,
reagiscono con l'ozono e lo convertono in
ossigeno biatomico, liberando monossido di
cloro che va a degradare altre molecole di
ozono.
Rimozione dell’ozono atmosferico
Composti azotati:
NO3 + O3
NO2 + O
NO2 + 2O2
NO + O2
Clorofluorocarburi (CFC)
Cl + O3
ClO + O2
ClO + O3
ClO2 + O2
ClO2 + hν
Cl + O2
Bromuro di metile
Br+ O3
BrO + O3
BrO2 + hν
BrO + O2
BrO2 + O2
Br + O2
Risultato netto: 2O3
3O2
Le piogge acide
Questo fenomeno è causato dalle trasformazioni chimiche subite dagli inquinanti atmosferici; questi sono
presenti nell'atmosfera per cause naturali (prodotti dagli incendi, dalle eruzioni vulcaniche, dalla respirazione)
ma in seguito alle massicce emissioni di NOx e SOx da parte delle industrie e delle varie attività umane, le
quantità dei gas sono aumentate a dismisura, come effetto del crescente consumo di combustibili fossili.
Quando i gas risalgono l’atmosfera, subiscono delle trasformazioni chimiche, infatti in presenza di acqua:
SO2 + H2O
H2SO4
NO2+H2O
H2NO3
NO +H2O
H2NO2
NO3+H2O
H2NO4
diventano acidi che ricadono nel suolo con le precipitazioni.
I loro effetti:
sull’idrosfera l’abbassamento del pH di mari e laghi
provoca morie dei pesci ed il fenomeno
dell’eutrofizzazione;
sul suolo dove gli acidi, penetrando fino in fondo,
sciolgono le sostanze nutrienti del terreno impoverendolo
e contribuendo al fenomeno della desertificazione;
sui monumenti di marmo: questo, costituito da
carbonato di calcio, per effetto dell’acido solforico, viene
trasformato in solfato di calcio che è solubile all’acqua e
quindi la superficie viene letteralmente sciolta.
fenomeno climatico di riscaldamento degli strati inferiori
dell’atmosfera terrestre, causato dall’assorbimento da
parte dei gas serra della radiazione infrarossa emessa dalla
Terra. Riveste una importanza fondamentale per gli
organismi viventi, perché limita la dispersione del calore
e determina il mantenimento di una temperatura
costante del pianeta. Tuttavia, l’immissione in atmosfera
di elevate quantità di gas serra dovuta alle attività
industriali, ha potenziato l’effetto serra naturale e sta
determinando un anomalo aumento della temperatura.
L’effetto serra è necessario
alla vita in quanto mantiene
la temperatura media
terrestre intorno ai 15°C,
senza di esso la terra avrebbe
una temperatura media di
-18°C
L’effetto serra naturale
meccanismo della serra: la
radiazione termica viene in parte
riflessa dalle pareti semiriflettenti
della copertura
analoga funzione è svolta dagli strati ad
alta concentrazione di CO2 e
vapor acqueo nella atmosfera
Le nubi e l’effetto serra naturale
Le nubi alte permettono alla radiazione solare riflessa dalla
superficie terrestre di disperdersi nell’atmosfera;
Le nubi basse, invece, riflettono a loro volta questa radiazione
verso la terra;
I due effetti contrari permettono il mantenimento dell’equilibrio
termico sulla terra
- Cause  Eccessiva concentrazione di gas serra nell’atmosfera terrestre dovuta alle
attività umane quali la combustione del carbone, del petrolio, del metano, e
gli scarichi delle auto;
 Il disboscamento, in quanto l’anidride carbonica che prima veniva smaltita
tramite i processi della fotosintesi, viene oggi ad accumularsi nell’atmosfera;
 Il massiccio utilizzo di forme d’agricoltura zootecnica che disperdono
nell’ambiente elevate concentrazioni di azoto;
 Il massiccio utilizzo di HFC soprattutto nelle aree più povere del pianeta, in
quanto questa sostanza non ha un costo elevato;
In particolare, i gas da tenere sotto controllo perché ritenuti i principali
responsabili dell'effetto serra sono i seguenti:
- anidride carbonica (CO2)
- metano (CH4)
- ossido nitroso (N2O)
- idrofluorocarburi (cioè idrocarburi in cui parte degli atomi di idrogeno è stata
rimpiazzata da atomi di fluoro),
- perfluorocarburi (cioè idrocarburi in cui tutti gli atomi di idrogeno sono stati
rimpiazzati da atomi di fluoro),
- esafluoruro di zolfo (SF6, un gas utilizzato come isolante elettrico, per la
refrigerazione e come materiale fonoassorbente).
1973
1991
1999
Gilberto Câmara -Director for Earth Observation, National Institute for Space Research, Courtesy: INPE/OBT
Immagini in falsi
colori, della stessa
area di foresta
pluviale
amazzonica. La
foresta è colorata
di rosso, mentre
le aree
deforestate, le
strade, case e
fattorie sono
colorate di blu.
- Conseguenze  Riscaldamento globale che porterà ad un aumento della temperatura media compreso
fra gli 1 e i 3,5 0C con conseguenze catastrofiche per molti ecosistemi;
 Depauperamento delle aree coltivabili che comporterà periodi di intensa siccità e quindi
minore disponibilità di cibo;
 Scioglimento delle calotte polari e conseguente innalzamento del livello del mare che
porterà alla scomparsa della barriera corallina e di migliaia di isole e città costiere;
 Intensificazione di eventi meteorologici estremi come alluvioni e cicloni;
 Estinzione di specie animali e vegetali, che non abituate al clima, non saranno in grado
di sopravvivere;
 Tropicalizzazione dei mari temperati come il Mediterraneo
Aumenti della concentrazione di
CO2
Aumento della concentrazione della CO2
340
ppm o mg/L
330
320
310
300
290
280
270
260
1900
1970
1980
2000
La sigla PM10 identifica materiale presente
nell‘atmosfera in forma di particelle microscopiche, il
cui diametro è uguale o inferiore a 10 μm, ovvero 10
millesimi di millimetro.
Concentrazione in aria di PM10
Le principali sorgenti di particolato di diametro inferiore a 10 μm
(PM10) si possono dividere in due categorie:
sorgenti naturali: derivano dall’erosione dei suoli e degli edifici da
parte degli agenti meteorologici
antropiche derivano dal traffico autoveicolare, gli impianti di
riscaldamento e alcuni processi industriali. Il PM10 è
monitorato per i suoi gravi effetti sanitari e tossicologici che
coinvolgono sia le sue caratteristiche fisiche (diametro delle
particelle) che chimiche (componenti specifici dell’aerosol).
La nocività delle polveri sottili dipende dalle
loro dimensioni e dalla loro capacità di
raggiungere le diverse parti dell'apparato
respiratorio:
•
•
•
•
•
•
oltre i 7 µm: cavità orale e nasale
fino a 7 µm: laringe
fino a 4,7 µm: trachea e bronchi primari
fino a 3,3 µm: bronchi secondari
fino a 2,1 µm: bronchi terminali
fino a 1,1 µm: alveoli polmonari
Si è passati da quelle dovute prevalentemente all'utilizzo di derivati del petrolio e
di carbone, caratterizzate da alte quantità di biossido di zolfo (oltre che di
particolato, di ossidi di azoto e monossido di carbonio), alle emissioni di
particolato e di ossidi di azoto dovute alla combustione del gas naturale e di
monossido di carbonio da traffico stradale.
Di conseguenza, l'inquinamento atmosferico interessa oggi principalmente le aree
urbane, le grandi infrastrutture stradali e i poli industriali.
La principale causa dell'inquinamento atmosferico nelle aree urbane è il traffico
veicolare, che è all'origine di elevate concentrazioni di inquinanti, il cui
accumulo può essere aggravato da condizioni atmosferiche sfavorevoli alla
dispersione.
A oggi, anche a seguito all'introduzione delle nuove benzine, gli inquinanti più
critici per i centri urbani sono il particolato (PM da particulate matter, in
particolare quello inferiore a 10 micrometri - milionesimi di metro - detto
PM10) e l'ozono e lo smog fotochimico, mentre si è mediamente ridotto
l'impatto delle emissioni di monossido di carbonio e di benzene;
L’inquinamento nelle aree urbane
Smog classico. Si forma per il ristagno nell’atmosfera delle particelle solide e
dell’anidride solforosa prodotti dalla combustione, a seguito di condizioni
meteorologiche favorevoli all’instaurarsi dei fenomeni di inversione termica:
si verificano in condizioni di bassa insolazione, bassa velocità del vento,
temperatura prossima a 0°C (stagione autunnale ed invernale). L’orario
caratteristico è quello vicino all’alba.
Smog fotochimico. Si verifica in estate nelle ore centrali
della giornata in presenza di alta insolazione, bassa velocità
del vento, temperatura superiore a 18°C ed è costituito da
ossidi di azoto, ozono ed ossido di carbonio prodotti
specialmente dal traffico automobilistico. In linguaggio
tecnico, il termine si riferisce al miscuglio di gas inquinanti
che si forma nella bassa atmosfera per azione della luce
solare sulle emissioni antropogeniche con produzione di
gas chimicamente reattivi
L’ACQUA
Alterare la qualità dell'acqua
significa nuocere alla vita dell'uomo
e degli altri esseri viventi che da
essa dipendono
Sul ciclo dell’acqua l’uomo esercita
un effetto modificatore di notevole importanza,
L'inquinamento delle falde sotterranee può ripercuotersi anche
sulla vita acquatica quando, riemergendo a livello della media
pianura, originano i fontanili, trasportando con sé tutte le sostanze
nocive raccolte lungo il loro cammino
non possiedono capacità "autodepurative", al contrario di quelle
superficiali:
la bassa temperatura, la mancanza di ossigeno e la bassa
concentrazione di microrganismi limita fortemente l'attività di
smaltimento delle sostanze inquinanti, il cui effetto è quindi destinato
a durare nel tempo
laghi-fiumi-mari
POSSIBILI CONTAMINAZIONI
DELLE ACQUE
INTRODUZIONI INTENZIONALI
•
•
•
•
•
•
Trattamenti per controllare flora e fauna
Scarichi industriali
Smaltimento di prodotti utilizzati
Smaltimento di derrate contaminate
Trattamenti di decontaminazione
Pulizia in campo degli apparecchi distributori
POSSIBILI CONTAMINAZIONI
DELLE ACQUE
INTRODUZIONI NON INTENZIONALI
• Deriva durante i trattamenti
• Trasporto per via eolica o idrica dalle aree
di trattamento
• Utilizzo di acque di irrigazione provenienti
da aree trattate
• Incidenti ai carichi trasportati
• Applicazioni con scopi e prodotti sbagliati
Ha effetto su
civili: l'espletamento delle funzioni metaboliche, le attività domestiche e il dilavamento
delle strutture urbane producono acque di scarico ricche di sostanze organiche,
tensioattivi, oli grassi, acidi, alcali e di microorganismi patogeni che possono
avere ripercussioni a carattere sanitario, come diffusione di tifo, salmonella, etc.;
zootecniche: l'allevamento del bestiame produce liquami e acque di lavaggio di stalle,
pollai e porcilaie contenenti un elevato carico di residui metabolici il cui effetto
principale si registra con fenomeni di eutrofizzazione dei corsi d'acqua;
agricole: l'impiego sempre più cospicuo di sostanze chimiche e fertilizzanti in campo
agricolo produce, in seguito al dilavamento dei suoli ad opera delle piogge,
scarichi con effetti tossici dovuti alla presenza di residui di antiparassitari e
anticrittogamici e con effetti eutrofizzanti dovuti ai residui di fertilizzanti;
Alle fonti d'inquinamento dette possiamo aggiungere la combustione di combustibili fossili per il funzionamento di
veicoli a motore, impianti di riscaldamento, centrali elettriche, stabilimenti industriali, etc., che immettono
nell'atmosfera ossidi di azoto e anidride solforosa, che portano alla formazione delle piogge acide.
industriali: l'industria impiega l'acqua per molteplici funzioni (processo di
produzione di una data merce, lavaggio dei prodotti base o dei recipienti ed
apparecchiature, raffreddamento e trasporto merci) e il potere inquinante degli
scarichi prodotti varia in relazione alla tipologia produttiva e al differente utilizzo
dell'acqua. Gli scarichi industriali possono pertanto essere distinti in:
residui biodegradabili derivanti dalla lavorazione di prodotti alimentari (industrie
conserviere, zuccherifici, salumifici);
residui non biodegradabili oleosi derivanti dalla lavorazione del petrolio
(idrocarburi) - residui non biodegradabili derivanti da industrie chimiche (composti
organici di sintesi, metalli pesanti, ecc.);
acque ad elevata temperatura derivanti dal raffreddamento degli impianti di
centrali termoelettriche, termonucleari, metallurgiche;
acque reflue derivanti dal lavaggio di materiali inerti di cave e frantoi: costituite da
particelle di limo e sabbia in sospensione;
produce anche un aumento delle patologie nei pesci, nelle
larve di anfibi, che completano il primo stadio della loro vita in
acqua, e in tutti gli altri animali che sfruttano il fiume come
risorsa alimentare (erbivori, carnivori e onnivori) in particolare
uccelli (anitre, aironi, garzette, nitticore, sterne, martin
pescatore, gabbiani, limicoli, ecc.)
Può provocare la scomparsa di molti animali acquatici: già con un
valore di pH pari a 6.5 muoiono molluschi e crostacei (gambero di
fiume), e i macroinvertebrati. Se il pH scende a 6.0 muoiono pesci
come le alborelle, lasche e cavedani, a pH 5.5 muore l'anguilla e a pH
inferiori a quest'ultimo valore sopravvivono solo poche specie di
invertebrati.
La vegetazione acquatica e ripariale subisce danni agli apparati
radicali, diventa più sensibile alle patologie e all'attacco degli insetti.
Uno studio condotto su pesci ha mostrato come l’acidificazione degli
ambienti di vita ha determinato l’eliminazione di intere popolazioni di
salmonidi in alcuni fiumi e laghi del Nord Europa e dell’ America, ad
esempio i salmoni atlantici (Salmo salar) o la trota marrone (S. trutta)
ecc. (Schofield C.L., 1976; Beamish R.J., 1976). È stato infatti dimostrato
che l’esposizione a bassi pH uccide direttamente i pesci per il
determinarsi di uno scompenso tra ioni sodio e cloro nei fluidi corporei.
Inoltre il rilascio di ioni di alluminio conseguente alla variazione di pH
del suolo inaspriscono questo effetto agendo in particolare sulle
membrane cellulari delle branchie (Leivestad H., 1976).
Anche condizioni di acidità a livelli sub-letali comunque causano effetti
sui processi fisiologici nei pesci, incluso il processo riproduttivo (Ikuta K,
2000). L’acidificazione dei luoghi di deposizione, infatti, è la principale
causa della sospensione della deposizione delle uova in luoghi anche
debolmente acidi. Questa può essere indicata come la primaria causa di
riduzione della popolazione dei salmonidi (Ikuta K., 2003).
Anche le acque reflue del lavaggio degli inerti, provenienti da cave e
frantoi, provocano seri danni alle comunità acquatiche: i limi in
sospensione, intorbidendo l'acqua, bloccano la penetrazione della
luce quindi i processi fotosintetici, e inoltre causano l'occlusione e
l'abrasione degli apparati respiratori dei pesci.
Si verifica anche una sorta di "desertificazione" dei fondali e la
conseguente scomparsa dei microhabitat letteralmente ricoperti dal
limo. Inoltre le particelle in sospensione riducono la probabilità di
trovare cibo da parte dei pesci distruggono i siti di deposizione
delle uova. Infine l'aumento di temperatura delle acque diminuisce
la solubilità dei gas, abbassando la concentrazione di ossigeno, e
aumenta il rischio di contrarre malattie
possono compromettere la vita acquatica per lunghi periodi di tempo;
per i pesci i fenoli risultano sempre tossici ma, se superano certe
concentrazioni (5 mg/l), si rivelano letali;
i cianuri possono risultare letali anche a basse concentrazioni, così, il
fiume, si può trasformare in una trappola mortale.
si concentrano nei tessuti di fitoplancton, zooplancton e
macroinvertebrati, che a loro volta costituiscono
l'alimento di avannotti e piccoli pesci, e così via, fino a
risalire, nella catena alimentare, ai super predatori,
come gli uccelli ittiofagi. In questi animali si osserva
dunque un fenomeno di bioaccumulo di queste
sostanze, che a causa delle elevate concentrazioni
raggiunte, può generare patologie di vario tipo
Per suolo si intende lo strato superficiale
che ricopre la crosta terrestre
il suolo differenzia lungo il
suo profilo una serie di
orizzonti
alterazione della composizione chimica naturale
del suolo causato dall'attività umana.
Fra le sue cause principali si contano:
• Rifiuti non biodegradabili
• Acque di scarico
• Prodotti fitosanitari
• Fertilizzanti
• Idrocarburi
• Diossine
• Metalli pesanti
• Solventi organici
 Alterazione dell'equilibrio chimico-fisico e
biologico del suolo,
 Erosione/ smottamenti
 Ingresso di sostanze dannose nella catena
alimentare fino all'uomo.
 Inquinamanto delle falde acquifere
sotterranee
Rifiuti
QUANTITA’ E COMPOSIZIONE
 Derivanti dalla macellazione
(alta % sostanza organica)
 Ospedalieri
 Industriali
 Ortofrutticoli
 Secchi ( 20% umidità)
 Media umidità (50%)
 Alta umidità (80%)
Cambia la composizione dei RU: nel 1975
materiale organico 53%
19%
plastica e gomme 6%
2%
53%
carta e cartoni 12%
5%
tessili e legno 3%
3%
12%
6%
vetro 5%
metalli 2%
sottovaglio 19%
..e nel 2000
organico 25,4%
sottovaglio 13,3%
3%
6%
3%
3%
legno e verde 3,8%
24%
carta e cartoni 24,7%
8%
plastiche 10,5%
vetro e inerti pesanti 7,6%
13%
11%
25%
4%
tessili 5,5%
metalli 3,3%
cuoio e gomma 3,1%
pannolini 2,8%
Fonte: Federambiente, 2000
Sacchetti
di plastica
Automezzi che svuotano o
cambiano i cassonetti
Discarica
impiego di un rifiuto in un ciclo d’uso
successivo al primo, e diverso da questo, senza che
il rifiuto originale subisca modificazioni sostanziali
Riutilizzo:
Reimpiego:
impiego di un rifiuto tal quale, dopo un
primo ciclo d’uso, per ulteriori utilizzazioni di un
altro genere
impiego di un rifiuto in cicli d’uso
successive al primo in seguito a trasformazioni
anche sostanziali
Riciclaggio:
Le principali tipologie di
trattamento/smaltimento
Rifiuto
Discarica
Incenerimento
riutilizzo
Compostaggio

RIFIUTI DOMESTICI (INTERNI)
 RIFIUTI AREE PUBBLICHE (ESTERNI O STRADALI)
 Allontanamento
 Cernita
 Smaltimento
 PROBLEMI SALUTE ABITANTI

Diffusione odori sgradevoli

Presenza di germi patogeni e non

Presenza di insetti e roditori

Perdita di colaticci

Produzione di gas putrefattivi
 PROBLEMI SALUTE DEI LAVORATORI
 No patologia
tipica, specifica ed esclusiva
 PRETRATTAMENTO

Cernita
 SMALTIMENTO NATURALE

Dispersione in mare

Dispersione nel terreno

Utilizzazione agricola diretta

Discarica controllata
 SMALTIMENTO ARTIFICIALE

Trasformazioni in compost

Incenerimento

Blocchi
RDF – Refuse Derived Fuel
RDF 1: rifiuto tal quale utilizzato come combustibile
RDF 2: coarse: rifiuto sottoposto a processo meccanico atto ad
ottenere omogeneità dimensionale (macinazione)
RDF 3: fluff: rifiuto sottoposto a processi di macinazione, di
rimozione di vetro, di metalli e di inerti (95% passa da un vaglio
con luce 50 mm)
RDF 4: dust: rifiuto trattato e ridotto in polvere (95% passa da un
vaglio 10 mesh)
RDF 5: densified: rifiuto trattato e densificato
RDF 6: rifiuto trasformato in combustibile gassoso tramite pirolisi
RDF 7: rifiuto trasformato in combustibile gassoso tramite
fermentazione anaerobica
Schema di un processo di produzione di RDF
La sistemazione finale dell’area di discarica si
propone i seguenti obiettivi
 Riduzione dell’infiltrazione
delle acque meteoriche di
superficie, per contenere
la produzione di percolato;
•
•
Controllo delle perdite di
Recupero a verde dell’area.
biogas
nell’atmosfera;
•
•
•
costo iniziale dell'impianto relativamente basso;
mancanza di prodotti di scarto, se si esclude il percolato;
possibilità di installare impianti di biogas per la produzione di
energia
 difficoltà di reperire aree tecnicamente idonee e sicure;
 pericoli per la contaminazione di suolo e sottosuolo, in particolare delle falde freatiche
e dell'atmosfera, a causa dei gas di fermentazione, degli odori, delle polveri
trasportabili dal vento;
 formazione di incendi non facilmente controllabili se profondi nella massa e
produzione di fumi maleodoranti.
Contaminazione
dell'aria
Contaminazione
del suolo
Contaminazione
dell'acqua
DISCARICA
Insetti
Randagismo
Roditori
Estrazione del biogas
• Sistemi passivi (si
sfrutta, invece, il
gradiente
di pressione che si instaura
naturalmente all’interno della discarica, a seguito
dei processi di generazione di biogas)
 Sistemi attivi
(creazione artificiale di
un gradiente di pressione mediante
soffianti o compressori)
COMPOSTAGGIO
BASATO SU UN PROCESSO BIOLOGICO DI
DEGRADAZIONE AEROBIA DELLE SOSTANZE
ORGANICHE PRESENTI NEI RIFIUTI
SI RICAVA IL COMPOST
E’ UNA PERFETTA FORMA DI RICICLAGGIO DI
RIFIUTI ORGANICI
 Semplicità di gestione
 Riduzione di volume, peso e umidità del substrato
 Produzione di materiale biologicamente stabile, privo di
cattivo odore, facilmente maneggiabile
 Disattivazione di agenti patogeni, funghi fitopatogeni, semi
di erbe infestanti, uova di larve e insetti dannosi
 Diffusione di odori sgradevoli
 difficoltà per corretto trattamento di imponenti masse di
materia organica
 problemi di mercato
Modalità di smaltimento finale dei rifiuti che ne
prevede l’ossidazione ad alta temperatura e in
presenza di adeguato eccesso d’aria con
l’obiettivo primario di trasformare i componenti
più pericolosi in composti più semplici, trattabili
con altre tecniche
È necessario che la sua frazione organica cioè
quella costituita prevalentemente da carbonio
combustibile sia sufficientemente consistente
Rifiuti urbani, molte sostanze tossiche, rifiuti
ospedalieri, fanghi di impianti di smaltimento, di acque
reflue o industriali, rifiuti militari pericolosi, ecc
Suolo sottosuolo
Acque superficiali e sotterranee
Inquinamento da ceneri
Aria
Polveri, inquinanti acidi
e minerali, odori
Sicurezza
Incendi, esplosioni
Inquinamento da ceneri e
da acque di declorizzazione
Salute
Derivante dall’eventuale
inquinamento di acqua e aria
TECNOLOGIA DELLA TERMODISTRUZIONE
GENERATORE DI VAPORE
CAMINO
REATTORE
VENTURI
S.
C.
R.
camera
di
combus
tione
VAPORE
SCORIE
ARIA
PRIMARIA
CENREI
VOLANTI
ARIA SECCA
FILTRO A
MANICHE
Forte riduzione di volume dei rifiuti da conferire in discarica
Efficacia di distruzione poco dipendente dalla
composizione del rifiuto
Possibilità di recuperi energetici, anche attraverso la
produzione di combustibili derivati
Esistenza di tecnologie di trattamento degli effluenti
che limitano l’impatto ambientale di questi processi
Produzione di NOx, SO2, CO, HCl,
Produzione di vapori metallici, ceneri volanti, diossine,
IPA
Inceneritori
Vapori
Condensazione
Addetti idrocarburi leggeri monociclici
aromatici metalli
policiclici aromatici policlorobenzodiossine
Rifiuto
Ceneri
Confinamento
in discarica
Rifiuti Urbani avviati ad incenerimento (2002)
%
sul totale
incenerito
%
sul totale RU
84.271
3
4
1.342.315
50
29
79.938
3
17
Veneto
141.025
5
6
Friuli V. G.
121.345
21
20
Emilia Romagna
567.796
5
22
Toscana
141.476
1
6
Umbria
24.317
1
5
Marche
20.500
7
3
Sicilia
22.169
1
1
116.575
4
14
Regione
Piemonte
Lombardia
Trentino A. A.
Sardegna
Tonnellate
Rifiuti Urbani avviati ad incenerimento per
macroarea (2002)
7%
5%
88%
Nord
Centro
Sud
CONCENTRAZIONI – LIMITE DI SOSTANZE AL CAMINO
(A)
(B)
(C)
(D)
(E)
(F)
Valori di
Progetto Brescia
Valori
Progetto Napoli
imposti dalla
Struttura
Commissariale
Valori attesi
Progetto Napoli
EMISSIONI
Unità
D.M. 12.7.90
D.M.503/97
Direttiva
Europea
2000/76/CE
CO
mg/m3
100
50
50
50
50
25
Polveri
“
30
10
10
5
3
1
TOC
“
20
10
10
-
5
3
HCl
“
50
20
10
20
7
5
HF
“
2
1
1
1
0,3
0,1
SO2
“
300
100
50
100
25
15
NOx
“
500
200
200
<100
85
75
NH3
“
250
250
250
-
5
3
Cd+Tl
“
0,05
0,05
0,05
0,02
0,01
0,05
0,05
0,05
0,01
0,01
0,2
Hg
“
As+Cr+Co+Ni
“
1
-
-
-
-
Metalli pesanti
“
5
0,5
0,5
0,5
0,2
0,1
IPA
“
0,1
0,01
0,01
-
0,01
0,005
PCDD+PCDF
ng/Nmc
4000
0,1
0,1
0,1
0,025
0,01
(A) Limiti previsti per impianti industriali
(B) Limiti previsti per impianti di termovalorizzazione del tal quale
(C) Limiti previsti per i nuovi impianti di termovalorizz. dalla Direttiva Europea 2000/76/CE in corso di recepimento
(D) Valori di progetto dell’impianto di Brescia che tratta rifiuto tal quale
(E) Valori limiti imposti dalla Struttura Commissariale per l’impianto di Acerra e da garantire da parte dell’Affidataria
(F) Valori attesi per l’impianto di Acerra
EMISSIONI EVITATE MEDIANTE LA TERMOVALORIZZAZIONE
POLVERI
(PTS)
OSSIDI DI ZOLFO
(SOx)
100%
-94%
Discarica
Termov.
100%
Discarica
OSSIDI DI AZOTO
(NOx)
-93%
Termov
ANIDIDE CARBONICA
(CO2)
100%
-47%
100%
Discarica
Termov
Discarica
EMISSIONI IN ATMOSFERA : DISCARICA
– TERMOVALORIZZAZIONE
-43%
Termov
LA LUNGA VITA DEI RIFIUTI
QUANTO COSTA ALLA NATURA SMALTIRE I NOSTRI RIFIUTI
Buccia di arancia/mela/banana
Sigarette senza filtro
Fazzoletti di carta
Torsolo di mela
Giornale quotidiano
Fiammifero
Pacchetto di sigarette (senza cellophane)
Filtro di sigaretta
Calze/guanti di lana
Chewing gum
Fogli di carta plastificata
Lattina in alluminio
Contenitori per rullini fotografici
Materiali in nylon
Pelle di calzature e abbigliamento
Suole di scarpa
Accendini in plastica
Bottiglie in plastica
Sacchetto in plastica
Posate e piatti in plastica
Polistirolo
Card in plastica (telefoniche, di credito ecc.)
Bottiglie di vetro
Tempi di smaltimento
1 mese
3 mesi
3 mesi
3-6 mesi
3-12 mesi
6 mesi
1 anno
1-2 anni
3 anni
3 anni
5 anni
10-100 anni
25 anni
35 anni
50 anni
75 anni
100 anni
100-1000 anni
100-1000 anni
100-1000 anni
1000 anni
1000 anni
4000 anni
Ozono troposferico è considerato un inquinante secondario; la sua presenza è dovuta
all’inquinamento atmosferico ed è legata soprattutto alle emissioni degli autoveicoli e delle
industrie. Gli ossidi di azoto (in particolare NO2) e alcuni composti organici volatili liberati dai
processi di combustione agiscono da precursori e si combinano dando luogo alla formazione di
O3; ciò si verifica, in particolare, quando vi è un elevato irraggiamento solare (dunque, soprattutto
in estate e nelle ore centrali della giornata). Gli effetti di un’elevata concentrazione di ozono
troposferico si rilevano a carico della vegetazione e dell’uomo, principalmente a livello
dell’apparato respiratorio; l’ozono può causare fenomeni irritativi delle mucose e negli individui
affetti da bronchite ed asma può provocare l’intensificazione dei sintomi.
Ozono stratosferico Si forma per azione dei raggi ultravioletti emessi dal Sole sulle molecole di
ossigeno, e svolge un ruolo essenziale per la vita sulla Terra, perché esercita un’azione filtrante nei
confronti di queste radiazioni, fortemente penetranti e capaci di danneggiare il DNA degli
organismi con serie ripercussioni sulla salute come l’avvento di tumori alla pelle e il degradamento
del sistema immunitario; inoltre le radiazioni UV provocano danni anche alle comunità vegetali e
agli ecosistemi acquatici.
1960-1990 Periodo di riferimento
1880-1960 Temperatura media annua – 0.27 °C
1990-2005 Temperatura media annua +0.43°C
Estate 2003
temperature normali rispetto al 2040, fredde rispetto al 2060
Zone montane
Zone costiere
• Si
verifica
un
progressivo
innalzamento del livello del mare,
per la maggior frequenza o per la
maggiore
intensità
delle
tempeste.
• Un aumento dell’alluvionabilità,
dell’erosione del terreno, della
perdita di zone umide costiere e
della penetrazione del cuneo
salino in acque dolci.
• Questo costituisce una minaccia
per
l’ecosistema,
per
le
infrastrutture
costiere,
per
l’industria turistica e per la salute
umana.
Foreste
- Un aumento della temperatura media annua compreso tra 2 e 4 °C potrebbe
determinare uno sconvolgimento nella distribuzione territoriale della
vegetazione forestale, con uno spostamento verso latitudini più settentrionali e
quote più elevate delle diverse fasce fitoclimatiche.
- Si potrà verificare un incremento nella resa del commercio del legno nel nord
Europa.
- Nelle zone mediterranee e continentali dell’Europa, a causa dell’aumento
della siccità, avremmo un decremento della capacità vegetativa ed un
intensificazione degli incendi boschivi sopratutto nel sud dell’Europa.
Aumento eventi estremi in Italia
9
Numero eventi
8
7
6
5
4
3
2
1
0
1950-1960
1960-1970
1970-1980
1980-1990
1990-2000
Strategie e provvedimenti
Visto che non tutti i possibili danni sull’ambiente possono essere preventivati e
quantificati, il problema è ancora incerto e complesso e per questo occorre prendere
con urgenza provvedimenti e mettere a punto strategie che possono essere così
articolate:
• Completare il quadro delle conoscenze con il monitoraggio e la valutazione dei
fenomeni in atto
• intensificare le ricerche sulle origini dei fenomeni e sugli effetti che essi
determinano sull’ambiente
• elaborare accordi internazionali e politiche nazionali per la riduzione delle emissioni
di CO2
• azionare le strategie necessarie per minimizzare i danni causati dall’effetto serra
Strategie e provvedimenti
1990, dicembre. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite approva l’avvio di un
negoziato per la stesura di un trattato internazionale. La Commissione incaricata
indice 5 conferenze fra febbraio 1991 e maggio 1992. La linea era chiara a tutti: la
Conferenza mondiale sull’Ambiente di Rio de Janeiro, giugno 1992. Per
quell’occasione e in meno di 15 mesi, 150 Paesi si misero d’accordo sul testo
della Convenzione, adottato a New York il 9 maggio 1992.
1992: la Convenzione sui cambiamenti climatici viene firmata da 154 Stati (più la
Comunità Europea) a Rio de Janeiro.
1994, 21 marzo: la Convenzione entra in vigore. Con essa, dal 21 settembre, tutti
i Paesi in via di sviluppo cominciano ad inviare i dati in loro possesso sui
mutamenti climatici nazionali.
Strategie e provvedimenti
Le decisioni sui primi interventi concreti (in attuazione degli impegni presi a
Rio) per limitare la possibilità di un cambiamento climatico globale a breve
termine, tuttavia, si sono fatte attendere ancora per molti anni: sono state
prese a Kyoto nel Dicembre 1997.
1997. dicembre. Conferenza di Kyoto. 10 mila, fra delegati, osservatori e
giornalisti, partecipano a questa conferenza dal primo all’11 dicembre. In
questa sede si stila il Protocollo (detto di Kyoto) d’attuazione della
Convenzione sul clima.
Strategie e provvedimenti
Firmato nel dicembre del 1997, il protocollo di Kyoto indica gli obiettivi
internazionali per la riduzione di sei gas cosiddetti ad effetto serra, ritenuti
responsabili del riscaldamento globale del pianeta che potrebbe portare a gravissime
modifiche del clima.
L'obiettivo fissato è una riduzione media del 5,2 per cento dei livelli di emissione
del 1990, nel periodo 2008- 2012. Per alcuni Paesi è prevista una riduzione
maggiore (8 per cento l'Unione europea, 7 per cento gli Stati Uniti, 6 per cento il
Giappone). Per altri Paesi, considerati in via di sviluppo, sono stati fissati obiettivi
minori. Per la Russia e l'Ucraina, ad esempio, l'obiettivo da raggiungere è la
stabilizzazione sui livelli del 1990.
L'impegno non riguarda tutti i partecipanti alla Conferenza di Rio, ma soltanto
36/39 Paesi sviluppati in larghissima parte appartenenti all'area geografica europea,
a cui si aggiungono Australia, Canada, Giappone, Nuova Zelanda e USA.
Strategie e provvedimenti
Nessun tipo di limitazione alle emissioni di gas serra viene previsto per i Paesi in
via di sviluppo, purtroppo si ha l'impressione che questa “concessione”, seppure
necessaria per non ostacolare il progresso verso condizioni economiche e sociali
più favorevoli, vanificherà in breve tempo l'impegno dei Paesi industrializzati: si
stima infatti che le emissioni di gas serra nei Paesi in via di sviluppo stiano
crescendo ad un ritmo triplo di quello osservato nei Paesi sviluppati.
Questa situazione, in assenza di altri provvedimenti, potrebbe portare ad uno
scenario allarmante: si è calcolato per il 2010 un aumento globale di gas serra
immessi in atmosfera di addirittura il 30%, rispetto ai livelli del 1990.
Dovrebbe essere basata sulla stima degli effetti
dannosi di numerose sostanze su una vasta
gamma di organismi, incluso l’uomo
VALUTAZIONE
 Concetrazione degli inquinanti
 Conoscenze degli effetti degli inquinanti su
diversi organismi
 Conoscenza dei cicli degli inquinanti
 Uso effettivo del territorio
Solo per poche sostanze sono conosciuti gli
effetti tossici
Scarsa conoscenze sugli efetti sinergici
Scarsa conoscenza dei momenti di
maggiore concentrazione
Scarse notizie sui cicli biogeochimici
Rifiuti
QUANTITA’ E COMPOSIZIONE
 Derivanti dalla macellazione
(alta % sostanza organica)
 Ospedalieri
 Industriali
 Ortofrutticoli
 Secchi ( 20% umidità)
 Media umidità (50%)
 Alta umidità (80%)
Sacchetti
di plastica
Automezzi che svuotano o
cambiano i cassonetti
Discarica
impiego di un rifiuto in un ciclo d’uso
successivo al primo, e diverso da questo, senza che
il rifiuto originale subisca modificazioni sostanziali
Riutilizzo:
Reimpiego:
impiego di un rifiuto tal quale, dopo un
primo ciclo d’uso, per ulteriori utilizzazioni di un
altro genere
impiego di un rifiuto in cicli d’uso
successive al primo in seguito a trasformazioni
anche sostanziali
Riciclaggio:
Anche le acque reflue del lavaggio degli inerti, provenienti da cave e
frantoi, provocano seri danni alle comunità acquatiche: i limi in
sospensione, intorbidendo l'acqua, bloccano la penetrazione della
luce quindi i processi fotosintetici, e inoltre causano l'occlusione e
l'abrasione degli apparati respiratori dei pesci.
Si verifica anche una sorta di "desertificazione"
dei fondali e la conseguente scomparsa dei
microhabitat letteralmente ricoperti dal limo.
Inoltre le particelle in sospensione riducono la
probabilità di trovare cibo da parte dei pesci
distruggono i siti di deposizione delle uova. Infine
l'aumento di temperatura delle acque diminuisce
la solubilità dei gas, abbassando la concentrazione
di ossigeno, e aumenta il rischio di contrarre
malattie.
MONITORAGGIO AMBIENTALE
Il monitoraggi ambientale può essere effettuato attraverso
due metodologie diverse ma complementari:
• Il monitoraggio strumentale si avvale di mezzi fisici,
chimici e microbiologici per le misure e le osservazioni
e fornisce dati di carattere quantitativo, sulla tipologia e
concentrazione degli inquinanti presenti.
• Nel biomonitoraggio gli organismi viventi vengono
usati come “sentinelle ambientali” (bioindicatori e
bioaccumulatori).
MONITORAGGIO AMBIENTALE
Il monitoraggi ambientale può essere effettuato attraverso
due metodologie diverse ma complementari:
• Il monitoraggio strumentale si avvale di mezzi fisici,
chimici e microbiologici per le misure e le osservazioni
e fornisce dati di carattere quantitativo, sulla tipologia e
concentrazione degli inquinanti presenti.
• Nel biomonitoraggio gli organismi viventi vengono
usati come “sentinelle ambientali” (bioindicatori e
bioaccumulatori).
Si basa sulle variazioni ecologiche indotte
dall’inquinamento atmosferico, che possono
manifestarsi a tre diversi livelli
 Accumulo delle sostanze inquinanti negli
organismi
 Modificazioni morfologiche o strutturali
 Modificazione nella composizione delle
comunità animali e vegetali
Biomonitoraggio
può essere attivo e passivo:
• Quello attivo prevede che determinate specie
vengono coltivate e prodotte in condizioni standard,
successivamente inserite nel territorio oggetto di
studio e, infine, analizzate.
• Quello passivo prevede che vengano studiati
(campionati ed analizzati) organismi locali, presenti
nel territorio.
Bioindicatori e Bioaccumulatori
Nel biomonitoraggio gli organismi possono essere utilizzati come:
•
bioindicatori se le variazioni del loro stato naturale in presenza di
sostanze inquinanti sono apprezzabili e rilevabili.
Sensibilità
• bioaccumulatori quando sono in grado di sopravvivere alla presenza
di una determinata sostanza, accumulandola e permettendone una
qualificazione e una quantificazione.
Tolleranza
Bioindicatori
Un valido bioindicatore
dovrebbe avere le
seguenti
caratteristiche:
• sensibilità agli agenti
inquinanti
• ampia diffusione
nell’area di studio
• scarsa mobilità
• lungo ciclo vitale
• uniformità genetica
Possono essere considerati
bioindicatori i seguenti organismi:
• Particelle submitocondriali
• Batteri (tossicità)
• Protozoi nematodi e il crostaceo
daphnia magna (qualità acqua)
• Macroinvertebrati di acque dolci
(qualità fiumi)
• Api
• Funghi (bioaccumulatori di
sostanza radioattive)
• Piante superiori
• Licheni e lieviti
La struttura dei licheni è molto particolare
1. TALLO - il corpo principale del lichene.
2. LOBI - una distinta sezione del tallo che si restringe fino ad una
grandezza uniforme. E' uno dei piccoli segmenti terminali.
3. SOREDI E ISIDI -strutture riproduttive asessuate.
4. CILIA - strutture filiformi che si estendono dai margini dei lobi
5. STRUTTURE RIPRODUTTIVE SESSUALI
6. RIZINE - strutture filiformi semplici o ramificate presenti nella
superficie del tallo con funzione di adesione.
Licheni
I licheni sono associazioni simbiotiche tra funghi ed alghe; da
questa unione, entrambi ricavano vantaggio, in particolare:
• Funghi (organismi eterotrofi): ricevono dalle alghe il
nutrimento, gli zuccheri, ed in alcuni casi anche nitrati
(alghe azotofissatrici);
• Alghe: (organismi autotrofi) ricavano dai funghi acqua e
sali minerali e vivono in un ambiente protetto.
Mentre le alghe, in condizioni ambientali più
favorevoli, possono condurre anche vita libera, i funghi
dei licheni non si ritrovano mai, in natura, isolati dalle
alghe. La simbiosi consente a questi organismi di
insediarsi in ambienti particolarmente poveri e in
condizioni climatiche severe dove, separatamente, non
potrebbero sopravvivere.
i licheni si distinguono in tre tipologie principali:
LICHENI CROSTOSI: costituiti da lamine aderenti al
substrato (roccia, corteccia); hanno l'aspetto di una
crosta. La loro superficie può essere continua, fessurata
o suddivisa in areole (piccole aree poligonali).
LICHENI FOGLIOSI: si presentano in forma di
lamine, spesso suddivise in lobi, parzialmente
sollevate dal substrato;
LICHENI FRUTICOSI: il loro tallo
si sviluppa in tre dimensioni, con
forme pendenti, ramificate,
coniche, ad imbuto rovesciato, ecc.
Sono ancorati al substrato in un
solo punto, od appoggiati ad esso.
Non sempre è possibile
distinguere un tipo di
lichene dall'altro:
esistono, infatti, specie
con caratteristiche
intermedie (LICHENI
SQUAMULOSI).
Caratteristiche che li rendono adatti all'impiego
come bioindicatori:
• 1. Sensibilità agli agenti inquinanti
I licheni, a differenza delle piante vascolari, mancano di una cuticola superficiale
e delle aperture stomatiche, per cui gli scambi con l'atmosfera interessano tutta la
superficie del tallo, e sono privi di un efficiente sistema di regolazione. I licheni,
quindi, assorbono in modo indiscriminato gas e materiale particolato, comprese le
sostanze inquinanti; bioaccumulano varie sostanze (metalli pesanti, idrocarburi
clorurati, radionuclidi ecc.) all'interno dei talli.
• 2. Resistenza agli stress ambientali
In generale i licheni risultano particolarmente resistenti agli stress ambientali (es.
temperatura, siccità), per cui la loro assenza può essere correlata all'inquinamento
e non ad altri fattori. Il fatto che siano presenti in tutti i mesi dell'anno ne
favorisce l'utilizzo come bioindicatori.
• 3. Ubiquitarietà
I licheni sono diffusi praticamente ovunque, salvo condizioni di inquinamento
che ne impediscano lo sviluppo; ciò favorisce indubbiamente il loro impiego
generalizzato come bioindicatori.
• 4. Lento accrescimento e grande longevità
Queste caratteristiche ne fanno delle "centraline naturali" in grado di monitorare
l'inquinamento atmosferico in continuo e per lunghi periodi.
La presenza di sostanze inquinanti provoca sui
licheni i seguenti effetti:
1. riduzione dell'attività fotosintetica dovuta al danneggiamento
della clorofilla;
2. riduzione della vitalità e alterazione del tallo (forma e colore);
3. riduzione della fertilità (si formano meno apoteci e di minori
dimensioni);
4. diminuzione del grado di copertura del substrato (albero);
5. riduzione del numero di specie nello spazio (il n. di specie
diminuisce avvicinandosi alla fonte inquinante);
6. riduzione del numero di specie nel tempo (il n. di specie
diminuisce nel tempo, dal momento in cui iniziano le
immissioni inquinanti).
I licheni epifiti come bioindicatori
della qualità dell’aria
La metodologia è basata su una misura della biodiversità, ossia
sull'abbondanza delle specie licheniche. I valori di biodiversità
vengono interpretati in termini di allontanamento rispetto alla
naturalità attesa. Tale allontanamento è causato dagli inquinanti
(principalmente gas fitotossici: ossidi di zolfo e di azoto) che
causano alle comunità licheniche una diminuzione nel numero di
specie e una diminuzione della loro copertura/frequenza.
Stressato
Non stressato
La misura della Bioversità Lichenica (BL) viene intesa come somma delle
frequenze delle specie licheniche in un reticolo di rilevamento di dimensioni fisse.
I valori di BL possono essere raggruppati in classi che esprimono diversi gradi di
deviazione da condizioni naturali:
Valore di BLS
Giudizio
Colore
Maggiore di 50
naturalità molto alta
50-41
naturalità alta
Verde scuro
40-31
naturalità media
Verde chiaro
30-21
naturalità bassa
/alterazione bassa
Giallo
20-11
alterazione media
Arancione
10-01
alterazione alta
0
alterazione molto alta
Blu
Rosso
Cremisi
Ad ogni stazione viene assegnato un bollino
colorato per le rappresentazioni
cartogrtafiche.
BIOINDICATORI A LIVELLO DI ORGANISMI ANIMALI
Il monitoraggio della
qualità ambientale
mediante i ragni
Il monitoraggio
dell’inquinamento
agricolo e urbano
mediante l’ape
Dott. Giuseppe Marino
inquinamento agricolo e
urbano mediante l’ape
l’ape è utilizzata da molti anni per saggiare in laboratorio la tossicità (per
ingestione o per contatto) di prodotti impiegati in agricoltura.
Consentendo
di classificare il principio attivo come altamente, marcatamente, moderatamente
o leggermente tossico nei confronti delle api stesse
può fornire utili indicazioni anche per il monitoraggio
dell’inquinamento agricolo
o da metalli pesanti.
Protocollo sperimentale
• L’impiego di alveari come unità di rilevamento
• Osservazione per 15 giorni di numerose variabili (attività, prodotti)
al fine di
“seguire il tragitto della molecola indagata, studiarne la traslocazione dalle
piante all’alveare, scoprire i punti preferenziali di accumulo e le eventuali
barriere biologiche, conoscere i tempi e le cause di degradazione e di
biomagnificazione nelle varie matrici per correlarle poi con le
osservazioni riguardanti la forza della famiglia, l’attività di volo e di
bottinamento e l’andamento meteorologico”
Dott. Giuseppe Marino
Api. Il conteggio giornaliero delle api morte deve essere intrapreso una settimana prima del
trattamento. I prelievi per le analisi chimiche si effettuano a giorni dall’intervento
chimico.
Polline. I campionamenti sono eseguiti mediante una trappola detta “pigliapolline”,
in una determinata unità di tempo nell’arco della giornata e in coincidenza con i prelievi di
api. In seguito i campioni sono pesati e sottoposti all’analisi chimica per l’accertamento dei
residui e all’analisi melissopalinologica per la determinazione dell’origine botanica.
Dott. Giuseppe Marino
Miele e cera. Il prelievo si esegue il giorno prima del trattamento e al
termine della sperimentazione, assicurandosi che il miele sia di recente
importazione. Sui campioni di miele viene effettuata oltre all’analisi
chimica anche quella melissopalinologica
Nettare. È aspirato dai fiori utilizzando particolari micropipette, dal
giorno antecedente l’intervento chimico fino alla settimana successiva, sia
di mattina che di p o m e r i g g i o .
Larve. Si prelevano quelle di 4a età, il giorno precedente al trattamento e
il settimo successivo.
Dott. Giuseppe Marino
Attività di volo
Consiste nel conteggio delle api in uscita dall’alveare per 30’’ consecutivi, in momenti
diversi della giornata (alle ore 10.00, 12.00, 14.00 e 16.00).
Attività di bottinamento
Consiste nel conteggio delle api che visitano i fiori della coltura in esame per 5 minuti
in diversi momenti della giornata (alle ore 10.00, 12.00, 14.00 e 16.00). Per le colture arboree
si fa riferimento a una branca fiorita; invece, se si tratta di una coltura erbacea, si considerano parcelle di
1 m2. In quest’ultimo caso, è anche possibile contare le api che bottinano sui fiori lungo una linea
immaginaria di 100 m, percorsa nei due sensi a una determinata velocità (30 cm/sec).
Forza della famiglia
La sua valutazione si effettua mediante accurate visite agli alveari prima e dopo l’intervento
chimico, anche se è consigliabile seguirne l’evoluzione pure dopo il periodo della sperimentazione.
In questi controlli si registrano su apposite schede alcune importanti osservazioni come:
• l’attività delle bottinatrici di fronte all’alveare; • l’età della regina; • il numero di telaini occupati dalle
api; • il numero di telaini di covata, nonché la sua compattezza o discontinuità;
• la percentuale di covata vecchia e nuova; • la presenza di celle di fuchi e celle reali; • il numero di
telaini con provviste; • la percentuale di miele vecchio e nuovo; • la quantità di polline presente; •
eventuali malattie e interventi effettuati per prevenirle o curarle.
Limiti della sperimentazione
Le sperimentazioni condotte in campo, in
generale, forniscono dati più attendibili
rispetto a quelle di laboratorio, perché più
vicine alla realtà che debbono indagare; d’altro
canto, sono più laboriose e di difficile
realizzazione proprio perché il numero di
variabili in gioco aumenta e in proporzione
aumenta il numero di osservazioni da eseguire.
Il monitoraggio della qualità ambientale mediante i
ragni
I ragni possono essere validamente impiegati
come bioindicatori,
anche se tali potenzialità non sono ancora
pienamente conosciute e di conseguenza non
sono ancora utilizzabili in modo del tutto
efficace.
Informazioni deducibili
 studi disponibili dimostrano una stretta relazione tra ricchezza di ragni
e varietà ambientale
 lo studio dell’araneofauna sembra poter fornire informazioni non
particolarmente raffinate, con alterazioni quali-quantitative evidenti
soltanto in caso di forte e/o prolungata presenza di sostanze biocide in
un’area.
Metodo d’uso
sistema speditivo
è costituito dalla raccolta a vista di tutti gli
esemplari osservati nel corso di un’ora di
lavoro in un’area ampia 9 m2.
Trappole a
caduta
Manuale
Conservazione
in alcool
L’impiego dei ragni come bioindicatori si sta rivelando
estremamente interessante, soprattutto per la valutazione
qualitativa di alcuni habitat e per la stima delle ricadute
ambientali di alcune tipologie di alterazioni, anche se
l’attuale limitatezza delle conoscenze biologiche ed
ecologiche riguardanti questo gruppo animale può anche
non consentire l’ottenimento di quantità soddisfacenti di
dati potenzialmente ricavabili.
Sporobolomyces roseus
• Lo Sporobolomyces roseus è un lievito rosa (basidiomicete) che si presenta
in molti habitat differenti ma frequentemente è associato con le piante.
• Vive come saprofita utilizzando alcuni metaboliti presenti negli essudati dei
vegetali esercitando, così, una funzione di protezione nei confronti
dell’ospite sia attivando una competizione vitale nei confronti della flora
microbica potenzialmente patogena sia attraverso la sintesi di metaboliti con
funzione antibiotica ma anche creando una barriera fisica contro l’invasione
di agenti infestanti o infettanti.
• E’ un lievito incapace di fermentare gli zuccheri, non ha un grande sviluppo
su molte sorgenti di carbonio.
Habitat
Lo Sporobolomyces roseus è normalmente presente sulle foglie di
La pianta più adatta al monitoraggio è l’Urtica dioica in quanto:
varie specie erbacee o legnose, a foglia caduca o perenni.
• ha foglie larghe ma non spesse;
• ha una superficie fogliare non cerosa;
• è facile da trovare in ambienti del tutto eterogenei, compresi i bordi di strade e i marciapiedi
cittadini;
• non ha cicli stagionali essendo così reperibile anche d’inverno
Lo Sporobolomyces roseus come bioindicatore
• La crescita di tale muffa è direttamente legata al tasso di
inquinamento dell'aria e in particolare alla presenza di biossido e
triossido di zolfo;
• E’ stato verificato che il numero di colonie di sporobolomyces.
decresce proporzionalmente all'aumentare dell'inquinamento
dell'aria.
•
La presenza del lievito sembra essere correlata con le
concentrazioni di SO2 presenti nei 4-5 giorni precedenti il prelievo
Svantaggi nell’utilizzo dello Sporobolomyces roseus
• Dipendenza dei risultati dalla stagionalità (in particolare umidità e
venti);
• Indisponibilità di indicazioni quantitative
Metodica
Il metodo utilizzato è lo “spore-fall”:
Dei dischetti sono ricavati dalle foglie e attaccati al coperchio
della capsula di Petri, contenente Malt Agar, usando una
goccia di paraffina.
Metodica
Dopo l’incubazione le colonie rosa crema possono essere
contate. Il numero di spore presenti sulla superficie della
foglia è direttamente correlato con il numero di colonie che
appaiono sulla superficie del terreno di coltura adoperato.
I dati ottenuti possono essere elaborati al calcolatore con il
programma SURFER (Golden Software Inc., 1989) che ci
permette di costruire una mappa con isocurve rappresentanti
valori diversi del numero di colonie.
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