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diritti fondamentali della persona
Università degli Studi di Trento Facoltà di Giurisprudenza Corso BIODIRITTO Trento, 21 maggio 2007 Il Codice di deontologia medica: i rapporti tra l’ auto-regolamentazione della professione ed il diritto Dr. Fabio Cembrani Direttore U.O. Medicina Legale Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento 1. Lo scenario in cui si colloca la medicina moderna: l’ “assiomatizzazione” della cura e la “giuridizzazione” dell’ arte medica. 2. La definizione di deontologia: discorso sui doveri o discorso sulle responsabilità (impegno) del professionista? 3. La natura delle regole deontologiche: precetti extragiuridici o regole dotate di una loro giuridicità formale e sostanziale secondo l’ ordinamento giuridico generale? 4. La concreta dimensione applicativa delle regole deontologiche in campi disciplinati genericamente o non ancora completamente disciplinati dalle regole giuridiche: a) informazione e consenso; b) problematiche del fine-vita. Può il diritto, la regola giuridica, invadere i mondi vitali? … Viviamo ormai in una law-satured society, in una società strapiena di diritto, di regole giuridiche dalle provenienze più diverse … con un diritto invadente in troppi settori e tuttavia assente la dove se ne avvertirebbe più il bisogno. … Anche al diritto modernamente inteso … si rivolgono sempre più intensamente richieste di disciplinare momenti della vita che dovrebbero essere lasciati alle decisioni autonome degli interessati, al loro personalissimo modo di intendere la vita, le relazioni sociali, il rapporto con sé. Stefano Rodotà (La vita e le regole. Tra diritto e non diritto. Feltrinelli, 2006) Società “law-satured”: 1. giuridizzazione della medicina 2. spinta assiomatizzazione (proceduralizzazione) della cura 3. prevalente emergere di una cultura medica ed assistenziale orientata in termini difensivi, particolarmente attenta alla pre-costituzione di cause di giustificazione. Giuridizzazione della medicina: espansione della norma giuridica in territori che ne erano originariamente scevri (dove i rapporti erano regolati dai doveri e dalle obbligazioni di ordine sostanzialmente morale che ciascuno si assumeva all’ interno di un rapporto sostanzialmente fiduciario/paritario) Conseguenze della giuridizzazione della medicina: 1. il contratto regola i rapporti professionali 2. ricorso al giudice ordinario nel caso di inadempienza del contratto (giudiziarizzazione) 3. applicazione della sanzione sociale all’ attività medica (penalizzazione della condotta) 4. esplosione del contenzioso giudiziario per presunta colpa medica 5. spinte mediatiche 6. iper-responsabilizzazione giuridica cui fa da contrappunto la progressiva deresponsabilizzazione etica e deontologica Assiomatizzazione della cura: standardizzare la cura ricorrendo alla spinta proceduralizzazione dei percorsi clinico-assistenziali e della prassi professionale rispetto a lineeguida, a protocolli terapeutici, a standard di accreditamento istituzionale e a tutto l’ insieme dei procedimenti che guidano la pratica medica basata un’ evidence non sempre centrata sui diritti/bisogni della persona malata. Conseguenze negative dell’ assiomatizzazione della cura: 1. Diffusione della medicina difensiva (orientata a garantire il medico ed i professionisti della salute dai possibili rilievi mossi in sede giudiziaria): -sollecitazioni rivolte dalle Compagnie di assicurazione -crisi di copertura assicurativa -valore formativo-pedagogico attribuito alle sentenze giudiziarie 2 Emergere di una serie di “luoghi comuni” e di clichès stereotipizzati che, ancorchè ampiamente utilizzati nel lessico comune, non sempre esprimono un significato univoco e condiviso dalla comunità scientifica e la consapevolezza del processo culturale grazie al quale si è determinata la scelta di una parola rispetto ad un’ altra. C’ è da chiedersi, in questo panorama, quale può essere il significato più autentico del Codice deontologico di auto-disciplina che disciplina i comportamenti professionali dei medici: 1. in relazione ai destinatari dell’ azione professionale; 2. nei rapporti interni alla categoria; 3. nei rapporti con le altre professioni 4. nei rapporti con le istituzioni DEONTOLOGIA: “… per la sola ragione che non esiste, nella parte originaria della lingua inglese, una singola parola con la quale si possa esprimere lo stesso significato”. … “Per deontologia intesa nel senso più ampio, si intende quel settore dell’ arte e scienza che ha per suo oggetto il fare in ogni occasione ciò che è giusto e conveniente fare”. … “Il compito della deontologia consiste principalmente nella distribuzione degli obblighi: nel segnare sul campo dell’ azione i luoghi nei quali si può ritenere conveniente che sorga un obbligo; e, in caso di conflitto tra obblighi derivanti da fonti diverse, nello stabilire quale debba essere la preferenza e quale debba rinunciarvi. Gli uomini hanno bisogno di essere informati degli obblighi che gravano su di loro”. Da Jeremy Bentham (Deontology or the Science of Morality, 1834) DEONTOLOGIA: 1. Deriva dalla lingua greca (deon: dovere e logos: discorso) 2. È un termine che è privo di radici storiche, che rappresenta un’ idea tradotta in una maniera lessicalmente sintetica 3. È tuttavia un termine che ha avuto grande fortuna nelle professioni liberali che hanno codificato per iscritto le norme comportamentali che disciplinano la specifica attività professionale anche per esercitare il potere disciplinare (il primo Codice di deontologia medica risale al 1912 anche se il primo Codice deontologico approvato dalla FNOMceo risale al 1954) DEONTOLOGIA: È un discorso sui doveri (obblighi) del professionista della salute? O è un discorso sulla responsabilità del medico che si concreta nell’ impegno a mantenere un impegno corretto nei confronti della persona, nel rispetto dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti? Il diritto condiziona la “qualità della vita” non meno dell’ ambiente che ci circonda, della biosfera nella quale siamo immersi … E si torna al timore di restare in balia d’ una politica senza principi o fortemente connotata da un unilateralismo religioso o ideologico o economico … Proprio per evitare questo rischio, o almeno per ridurne l’ incidenza, si è progressivamente accentuato il rilievo dei diritti fondamentali in quanto tali … Con un significativo mutamento linguistico, si ricorre sempre più spesso all’ aggettivo “fondamentale” al posto del tradizionale “inviolabile”, per mettere in evidenza l’ intrinseco valore assunto da alcuni diritti nel caratterizzare non solo le posizioni individuali, ma il sistema politico-istituzionale nel suo complesso … Stefano Rodotà (La vita e le regole. Tra diritto e non diritto. Feltrinelli, 2006) I diritti fondamentali della persona: 1. indivisibili 2. non disponibili (non riducibili alla logica dello scambio ed alla dinamica dei rapporti mercantili) I diritti fondamentali della persona (“nucleo duro”) costituzionalmente garantiti: Art. 2 -La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’ uomo … e richiede l’ adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3 -E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’ eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’ effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’ organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 13 -La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’ autorità giudiziaria. In casi eccezionali di gravità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’ autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’ autorità giudiziaria … È punita ogni violenza fisica o morale sulle persone sottoposte a restrizione della libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva. Art. 32 -La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’ individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario nazionale) Art. 1 … La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Art. 33 (Norme per gli accertamenti e i trattamenti sanitari volontari e obbligatori) Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari. … Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. L’ unità sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria e i rapporti organici tra servizi e comunità. … La convenzione sui diritti dell’ uomo e sulla biomedicina adottata ad Oviedo il 4 aprile 1997 (ratificata con Legge 28 marzo 2001, n. 145) Art. 5 (Regola generale) Qualsiasi intervento in campo sanitario non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato il proprio consenso libero e informato. Questa persona riceve preventivamente un’ informazione adeguata in merito allo scopo e alla natura dell’ intervento nonché alle conseguenze e ai suoi rischi. La persona interessata può liberamente ritirare il proprio consenso in qualsiasi momento. La Deontologia come discorso sulla RESPONSABILITA’ (impegno!) del professionista, a garanzia dei diritti costituzionali Codice di deontologia medica “… Di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’ Uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale”. (dal Giuramento) TITOLO II DOVERI GENERALI DEL MEDICO CAP. I Libertà, indipendenza e dignità della professione Art. 3 - Doveri del medico Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona. Codice di deontologia dell’ infermiere 1.4 “Il Codice deontologico guida l’ infermiere nello sviluppo dell’ identità professionale e nell’ assunzione di un comportamento eticamente responsabile. È uno strumento che informa il cittadino sui comportamenti che può attendersi dall’ infermiere”. Deontologia, dunque: 1. come “strumento” che informa il cittadino dei comportamenti professionali che può (e deve) attendersi; 2. come “guida” che sviluppa l’ identità professionale nell’ assunzione di un costante impegno e di un comportamento eticamente responsabile. La natura dei precetti deontologici 1. Norme di auto-regolamentazione interne alla categoria a specifica salvaguardia del decoro e dell’ immagine professionale (precetti extra-giuridici)? 2. O precetti di rilevanza giuridica nel momento in cui essa si apre all’ attuazione di finalità di interesse pubblico (diritti fondamentali della persona), fonte di responsabilità civile e penale del medico? Non esiste una esplicita norma che assegna ai precetti della deontologia medica il valore di fonte giuridica, anche se alcune recenti pronunce della Corte di Cassazione sembrano andare in questa direzione a conferma degli orientamenti della dottrina giuridica. Esiste, invece, una precisa norma (legge n. 42/1999) che, nel definire l’ area di attività e di responsabilità assegnata alle professioni sanitari non mediche, le connota anche con il richiamo alle regole della deontologia professionale. L’ evoluzione della professione infermieristica D. M. 14 settembre 1994, n. 739 (Regolamento concernente l’ individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’ infermiere) Legge 26 febbraio 1999, n. 42 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie) Legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica) D. M. 14 settembre 1994, n. 739 (Regolamento concernente l’ individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’ infermiere) Art. 1. 1. E’ individuata la figura professionale dell’ infermiere con il seguente profilo: l’ infermiere è l’ operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’ iscrizione all’ albo professionale, è responsabile dell’ assistenza generale infermieristica. 2. L’ assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’ assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’ educazione sanitaria. 3. L’ infermiere: a) partecipa all’ identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività; b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi; c) pianifica, gestisce e valuta l’ intervento assistenziale infermieristico; d) garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; e) agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali; f) per l’ espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’ opera del personale di supporto; g) svolge la sua attività in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell’ assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o liberoprofessionale. 4. L’ infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all’ aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca. 5. La formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica è intesa a fornire agli infermieri di assistenza generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che permettano loro di fornire specifiche prestazioni professionali nelle seguenti aree: -sanità pubblica: infermiere di sanità pubblica - pediatria: infermiere pediatrico - salute mentale-psichiatria: infermiere psichiatrico - geriatria: infermiere geriatrico - area critica: infermiere di area critica. Art. 2. Il diploma universitario di infermiere … abilita all’ esercizio della professione, previa iscrizione al relativo albo professionale. Legge 42/99 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie) Art. 1 (Definizione delle professioni sanitarie) 1. La denominazione professione sanitaria ausiliaria” del Testo Unico delle Leggi sanitarie … è sostituita dalla denominazione “professione sanitaria”. 2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati il regolamento approvato con D.P.R. 14 marzo 1974, n. 225 …, il D.P.R. 7 marzo 1975 n. 163 e l’ articolo 24 del regolamento approvato con D.P.R. 6 marzo 1978 n. 680 e successive modificazioni […]. Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie di cui all’art. 6, comma terzo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione postbase nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per l’ accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali. 2. […] D.M. 14 settembre 1994 n. 739 (Profilo dell’ infermiere) Legge 26 febbraio 1999 n. 42 È l’ operatore sanitario responsabile dell’ assistenza generale infermieristica: - di natura tecnica, relazionale ed educativa - nell’ area preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa. Il campo proprio di attività e responsabilità è determinato: 1. dal decreto ministeriale istitutivo del profilo professionale; 2. dall’ ordinamento didattico del corso di laurea e della formazione universitaria post-base; 3. dal codice deontologico della professione La legge n. 42/99: Individua il “campo di attività e di responsabilità ” lo amplifica rispetto a quanto previsto dal D.M. 739/94 che ha definito il profilo professionale dell’ infermiere lo delimita rispetto alle competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali. E per la professione medica? In ambito penale, sulla scia della dottrina più autorevole (MANTOVANI, ANTOLISEI, FIANDACA-MUSCO), si è più volte affermato che le regole deontologiche possono essere classificate nell’ ordine delle discipline Disposizioni di ordine cautelare o precauzionale dettate in via preventiva per definire i comportamenti più congrui e corretti per la miglio tutela del bene della salute allo scopo di prevenire effetti pregiudizievoli fonte di responsabilità professionale specifica (art. 43 del C.p.) come è avvenuto nel “caso” Massimo. Corte d’ Assise di Firenze, 18 novembre 1990 Qualsiasi forma di intervento medico-chirurgico richiede l’ esplicito consenso del paziente (o del suo rappresentante legale), senza che possa avere rilevanza un consenso meramente presunto: risponde quindi del reato di lesioni volontarie (o, in caso di conseguente morte del paziente, di quello di omicidio preterintenzionale) il chirurgo che, senza che ricorrano i presupposti dello stato di necessità di cui all’ art. 54 c.p., cambi il tipo di operazione e sottoponga il paziente ad un intervento più cruento di quello consentito ed inizialmente intrapreso Ma non solo … La Corte di Cassazione che ha tradizionalmente catalogato le fonti deontologiche alla stregua di norme extra-giuridiche (destinate ad operare solo all’ interno della categoria professionale cui si riferiscono) ha, più recentemente, modificato la sua posizione anche se in riferimento alla professione forense (2002 e 2005). Le conclusioni sono mutuabili anche per la deontologia medica che presenta le medesime connotazioni strutturali Corte di Cassazione, Sez. Unite civili, sentenza n. 8225/2002 Per quanto attiene alla responsabilità disciplinare nella professione legale, tale affidamento si realizza attraverso l’ attribuzione all’ autonomia degli ordini professionali, enti esponenziali della categoria, sia del potere di applicare in via amministrativa (i consigli dell’ ordine locali) e giurisdizionale (il Consiglio nazionale forense) le sanzioni previste dalla legge, sia della funzione di produzione normativa all’ interno della categoria, attraverso l’ enunciazione delle regole di condotta che i singoli iscritti sono tenuti ad osservare nell’ attività professionale … In questa prospettiva le norme del codice deontologico approvate dal Consiglio nazionale forense il 14 aprile 1997 si qualificano come norme giuridiche vincolanti nell’ ambito dell’ ordinamento di categoria, che trovano fondamento nei principi dettati dalla legge professionale forense …. ed in particolare nell’ articolo 12 .. Che impone agli avvocati d adempiere al loro ministero con dignità e decoro, come si conviene all’ altezza delle funzioni che sono chiamati ad esercitare nell’ amministrazione della giustizia e nell’ art. 38 … ai sensi del quale sono sottoposti procedimento disciplinare gli avvocati che si rendano colpevoli di abusi o mancanze … o comunque di fatti non conformi alla dignità ed al decoro professionale. Corte di Cassazione, Sez. IV penale, sentenza n. 36592/2005 … Anche perché sulla natura delle norme del Codice deontologico forense si sono pronunciate le sezioni unite civili di questa Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. un., 6 giugno 2002, n. 8225) che non hanno esitato a definirle vere e proprie norme giuridiche, le quali trovano fondamento nei principi dettati dalla legge professionale forense … … Corte Costituzionale, sentenza n. 282/2002 … La pratica terapeutica si pone … all’ incrocio tra due diritti fondamentali della persona malata: quello di essere curato efficacemente secondo i canoni della scienza e dell’ arte medica; e quello di essere rispettato come persona, ed in particolare nella propria integrità fisica e psichica, diritto questo che l’ art. 32 comma 2, secondo periodo, Cost. pone come limite invalicabile anche ai trattamenti sanitari che possono esser imposti per legge come obbligatori a tutela della salute pubblica. Questi diritti, e il confine tra i medesimi, devono essere sempre rispettati, e a presidiarne l’ osservanza valgono gli ordinari rimedi apprestati dall’ ordinamento, nonché i poteri di vigilanza sull’ osservanza delle regole i deontologia professionale attribuiti agli organi della professione. Salvo che entrino in gioco altri diritti o doveri costituzionali, non è, di norma, il legislatore a poter stabilire direttamente e specificatamente quali siano le pratiche terapeutiche ammesse, con quali limiti e a quali condizioni. Poiché la pratica dell’ arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione, la regola di fondo di questa materia è costituita dalla autonomia e dalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione. …. Autonomia e responsabilità: capacità di attingere dalla deontologia medica soluzioni rispettose dei diritti fondamentali della persona Due situazioni-chiave: 1. L’ informazione ed il consenso alle cure 2. I problemi del fine vita (accanimento terapeutico, eutanasia e direttive anticipate di trattamento) 4.2 L'infermiere ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta con la stessa i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e consentire all'assistito di esprimere le proprie scelte. 4.3. L'infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall'assistito, ne facilita i rapporti con la comunità e le persone per lui significative, che coinvolge nel piano di cura. 4.4. L'infermiere ha il dovere di essere informato sul progetto diagnostico terapeutico, per le influenze che questo ha sul piano di assistenza e la relazione con la persona. 4.5. L'infermiere, nell'aiutare e sostenere la persona nelle scelte terapeutiche, garantisce le informazioni relative al piano di assistenza ed adegua il livello di comunicazione alla capacità del paziente di comprendere. Si adopera affinché la persona disponga di informazioni globali e non solo cliniche e ne riconosce il diritto alla scelta di non essere informato. Art. 33 -Informazione al cittadino Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnosticoterapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata. Art. 34 - Informazione a terzi L'informazione a terzi presuppone il consenso esplicitamente espresso dal paziente, fatto salvo quanto previsto all’art. 10 e all’art. 12, allorché sia in grave pericolo la salute o la vita del soggetto stesso o di altri. In caso di paziente ricoverato, il medico deve raccogliere gli eventuali nominativi delle persone preliminarmente indicate dallo stesso a ricevere la comunicazione dei dati sensibili. Art. 35 Codice di deontologia medica (Acquisizione del consenso) Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente. Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 33. Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona. Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente. Del tutto chiare sono le indicazioni della deontologia medica in punto di consenso che: a) riconoscono il valore, innanzitutto morale, del consenso (art. 35) (“Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’ acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente …”); b) rendono il medico consapevole della circostanza che informazione e consenso sono due processi distinti, ancorché tra loro, a volte, inter-connessi e che quest’ ultimo “… è integrativo e non sostitutivo del processo informativo” (art. 35); c) riconoscono che, per essere effettivamente “informato”, l’ espressione del consenso deve essere preceduta da una “… più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate …” (art. 33); d) ammettono il limite alla potestà di cura nel caso di documentato rifiuto espresso da persona capace di intendere e di volere (art. 35); segue e) riconoscono il limite all’ informazione a terzi, ivi compresi i familiari della persona, che è “… ammessa solo con il consenso esplicitamente prestato dal paziente …” (art. 34); f) responsabilizza riguardo la necessità di prestare l’ assistenza e le cure necessarie “… allorché sussistano condizioni di urgenza” (art. 35); g) esortano il medico ad un dovere di informativa nei confronti dell’ Autorità giudiziaria “… in caso di opposizione da parte del legale rappresentante al trattamento necessario ed indifferibile a favore di minori o di incapaci” (art. 37), ovviamente quando non sussistano le condizioni di urgenza; g) invitano a raccogliere documentalmente il consenso nei soli casi previsti dalla legge (trasfusione di sangue, sperimentazione clinica e trapianto di rene da persone viventi) e nelle “… situazioni in cui si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà della persona” (art. 35). Le indicazioni (?) della giurisprudenza in punto di “informazione” e di “consenso” Indicazioni certe? Indicazioni cui possiamo assegnare con valore pedagogico? La Corte di Cassazione (sezione Penale) ha esaminato tre situazioni tra loro simili (1992, 2001 e 2002) 1. intervento chirurgico ampiamente demolitivo che è andato oltre quanto consentito dal paziente; 2. morte del paziente; 3. non ricorre lo stato di necessità; 4. con conseguenze giuridiche diverse sul piano della rilevanza penale (omicidio preter-intenzionale, omicidio colposo, piena assoluzione) Corte d’ Assise di Firenze, 18 novembre 1990 Qualsiasi forma di intervento medico-chirurgico richiede l’ esplicito consenso del paziente (o del suo rappresentante legale), senza che possa avere rilevanza un consenso meramente presunto: risponde quindi del reato di lesioni volontarie (o, in caso di conseguente morte del paziente, di quello di omicidio preter-intenzionale) il chirurgo che, senza che ricorrano i presupposti dello stato di necessità di cui all’ art. 54 c.p., cambi il tipo di operazione e sottoponga il paziente ad un intervento più cruento di quello consentito ed inizialmente intrapreso Corte di Cassazione, Sezione IV penale (9 marzo 200112 luglio 2001, n. 585) … (omissis) Nelle situazioni di urgenza terapeutica che concretizzano lo stato di necessità o l’ adempimento di un dovere (ovvero altre cause di giustificazione anche non codificate) qualora siano in gioco non solo la vita fisica del paziente ma anche la sua integrità fisica mai potrà affermarsi che il medico abbia intenzionalmente provocato la lesione della salute del paziente; perché, nelle ipotesi in esame, la condotta è intenzionalmente diretta a tutelare la salute del paziente e non a provocare una menomazione della sua integrità fisica o psichica. … (omissis) Corte di Cassazione, Sezione I penale (29 maggio-11 luglio 2002, n. 3122) Il medico che abbia adempiuto il suo obbligo morale e professionale di mettere in grado il paziente di compiere la sua scelta e abbia anche verificato la libertà della scelta medesima e desista, in caso di esplicito e libero dissenso del paziente, dall’ intervenire, non può essere chiamato a rispondere di nulla, giacchè, di fronte ad un comportamento del paziente nel quale si manifesta l’ esercizio di un vero e proprio diritto, la sua astensione da qualsiasi iniziativa di segno contrario diviene doverosa, potendo altrimenti configurarsi a suo carico persino gli estremi del reato di cui all’ art. 610 c.p. Il medico è peraltro legittimato anche in assenza di esplicito assenso a sottoporre il paziente affidato alle sue cure al trattamento che ritenga necessario alla salvaguardia della salute. Corte di Cassazione, IV sez. penale, 18 maggio 2006 Il sanitario non deve tenere in conto il documento da cui risulti il rifiuto del paziente a pratiche trasfusionali anche se in caso di necessità e urgenza, e cioè per due ragioni: sia perché ricorre una situazione di necessità che imporrebbe l’ esecuzione dell’ atto trasfusionale; sia perché comunque il dissenso precedentemente espresso dal paziente non può vincolare il medico, essendo una manifestazione di volontà sprovvista dell’ indispensabile requisito dell’ attualità. Le aree problematiche in discussione nel fine-vita: 1. La disponibilità/indisponibilità della vita 2. Identificazione dei contenuti e dei limiti che definiscono la posizione di garanzia del medico e, più in generale, di tutti i professionisti della salute nei confronti della persona 3. Valorizzazione giuridica di una volontà espressa da una persona “competente” anche in maniera anticipata La non disponibilità/ disponibilità della vita Art. 5 C.c. (Atti di disposizione del proprio corpo) Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ ordine pubblico o al buon costume. Art. 32 Costituzione La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’ individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in ogni caso negare i limiti imposti dal rispetto della libertà umana. Chi è a favore della disponibilità della vita ritiene che l’ art. 5 del Codice civile debba essere interpretato e riletto alla luce dell’ art. 32 della Costituzione che limita l’ obbligatorietà della cura ai soli ed esclusivi casi imposti dalla legge. Chi è contrario ritiene, invece, che la vita sia un bene intangibile che si colloca tra quelli garantiti dall’ art. 2 della Costituzione non interferiti dall’ art. 32 della stessa, affermando tale tesi sull’ assunto: -che la questione di legittimità costituzionale dell’ art. 5 del Codice civile non è mai stata posta; -che la Corte di Cassazione conferma tale orientamento (sentenza Volterrani) Corte di Cassazione, Sez. I penale, 29 maggio-11 luglio 2002, n. 3122 Il medico che abbia adempiuto il suo obbligo morale e professionale di mettere in grado il paziente di compiere la sua scelta ed abbia anche verificato la libertà della medesima scelta e desista, in caso di esplicito e libero dissenso del paziente, dall’ intervenire, non può essere chiamato a rispondere di nulla giacchè, di fronte ad un comportamento del paziente nel quale si manifesta l’ esercizio di un vero e proprio diritto, la sua astensione da qualsiasi iniziativa di segno contrario diviene doverosa, potendosi altrimenti configurarsi a suo carico persino gli estremi del reato di cui all’ art. 610 c.p. Il medico è peraltro legittimato anche in assenza di esplicito assenso a sottoporre il paziente affidato alle sue cure al trattamento che ritenga necessario alla salvaguardia della salute. Limiti e contenuti della posizione di garanzia del medico e dei professionisti della salute nei riguardi del paziente Secondo IADECOLA l’ ordinamento giuridico riconosce al medico la titolarità di una posizione di garanzia assoluta che non può essere messa in discussione dalla volontà della persona; dalla titolarità di siffatta posizione di garanzia scaturisce l’ obbligo di fare tutto il possibile per la salvaguardia della salute dell’ interessato e la resistenza del soggetto non può far desistere il soggetto di essa responsabile dall’ intervenire sempre e comunque Per altri (BARNI, BUSNELLI, MANTOVANI) la posizione di garanzia del medico è più ampia dovendo confrontarsi non solo con la vita ma con il rispetto della volontà e della dignità della persona coerentemente ad dettato deontologico TITOLO II DOVERI GENERALI DEL MEDICO CAP. I Libertà, indipendenza e dignità della professione Art. 3 - Doveri del medico Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona. Valorizzazione giuridica di una volontà espressa documentalmente in maniera anticipata (direttive anticipate) L’ ambiguità semantica si definisce con nomi diversi lo stesso concetto: la volontà di una persona competente, espressa in un documento, circa i trattamenti ai quali desidera o non desidera essere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso; “direttive anticipate”, “dichiarazioni anticipate di trattamento”, “testamento di vita”, “volontà previe di trattamento”, “testamento biologico”, “liwing will”, “advance directives”: spesso usati in maniera tautologica; il termine “dichiarazione anticipata di trattamento” è insidioso: il viraggio semantico da “direttiva” a “dichiarazione” è pericoloso perché queste ultime identificano un espressione di parere che può restare indifferente e restare pertanto inevasa Chi nega il valore giuridico delle direttive anticipate (CASINI) ritiene che il consenso: 1. è irrelato (spogliato di quella relazione che consente al medico di dialogare, di capire e di offrire ulteriori elementi per una migliore comprensione del problema) 2.è disinformato 3. è generico/astratto (non calibrato su una situazione reale e concreta) E si appella (pedagogicamente?) agli orientamenti giurisprudenziali Corte di Cassazione, IV sez. penale, 18 maggio 2006 Il sanitario non deve tenere in conto il documento da cui risulti il rifiuto del paziente a pratiche trasfusionali anche se in caso di necessità e urgenza, e cioè per due ragioni: sia perché ricorre una situazione di necessità che imporrebbe l’ esecuzione dell’ atto trasfusionale; sia perché comunque il dissenso precedentemente espresso dal paziente non può vincolare il medico, essendo una manifestazione di volontà sprovvista dell’ indispensabile requisito dell’ attualità. Tribunale di Pordenone, 11 gennaio 2002 A seguito di trasfusioni di sangue occorse senza o contro il consenso dell’ attore, testimone di Geova, e su autorizzazione della Procura della Repubblica, questi dopo un certo tempo risultava affetto da epatite B … I sanitari hanno interpellato una entità esterna ovvero la Procura della Repubblica sia pur del tutto rispettabile e del tutto autorevole dimostrando una mancanza di responsabilità e di capacità di rispettare la persona come tale … e così facendo non hanno tenuto il doveroso rispetto dell’ identità personale dell’ attore la cui sensibilità religiosa … era conosciuta sia con la sua dichiarazione scritta … sia per quanto detto dalla moglie, dai figli e dagli amici. L’ Ospedale di Pordenone non ha praticato questo rispetto dovuto e deve assumersi la responsabilità di un intervento che offende ed incide sull’ esistenza di una persona e deve dare risarcitoria. Corte di Appello di Trieste, sez. I civ,, 18 luglio-25 ottobre 2003, n. 665 “… il cartellino niente sangue esprime la volontà non concreta ma astratta, non specifica ma programmatica, non informata ma ideologica e soprattutto passata, preventiva e non attuale … e non vi può essere un consenso preventivo prima cioè dell’ effettiva emergenza e non vi può essere un valido dissenso, preventivo, espresso prima e a prescindere dall’ emergenza, sempre che non vi sia una legge che preveda una scelta preventiva disciplinandone l’ efficacia”. Chi riconosce, invece, il valore giuridico delle direttive anticipate pur in assenza di una norma esplicita si appella: 1. al dettato deontologico (art. 34 del Codice di deontologia medico del 1998 novellata dall’ art. 38 del nuovo Codice di deontologia medica approvato del dicembre 2006); 2. alla Convenzione internazionale di Oviedo 3. al parere del Comitato nazionale per la Bioetica (2003) Art. 34 (Autonomia del cittadino) Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’ indipendenza della persona, alla volontà di curarsi liberamente espressa. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo per la vita, non può non tener conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso. Il medico ha l’ obbligo di dare informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà, compatibilmente con l’ età e con la capacità di comprensione, fermo restando il rispetto dei diritti del legale rappresentante; analogamente deve comportarsi di fronte ad un maggiorenne infermo di mente. Art. 38 (Autonomia del cittadino e direttive anticipate) Il medico deve attenersi, nell’ambito della autonomia e indipendenza che caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della persona di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e autonomia della stessa. Il medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la maturità del soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà. In caso di divergenze insanabili rispetto alle richieste del legale rappresentante deve segnalare il caso all’autorità giudiziaria; analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo di mente. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato. La convenzione sui diritti dell’ uomo e la biomedicina di Oviedo -Art. 9Les suhaits prècèdentement exprimès au sujet d’ une intervention medical par un patient qui, au moment de l’ intervention, n’ est pas en ètat d’ exprimer sa volontè seront pris en compte. Comitato nazionale per la bioetica (Dichiarazione anticipata di trattamento, 2003) “Solo una precisa normativa, che precisi inequivocabilmente contenuti e limiti della funzione di garanzia nei confronti dei pazienti attribuita agli operatori sanitari può infatti restituire a questi ultimi serenità di giudizio ed aiutarli soprattutto a sfuggire a dilemmi deontologici e professionali altrimenti insolubili, che in alcuni casi li portano ad assumere comportamenti che essi ritengono doverosi e giustificati in coscienza … ma che in altri e nel maggior numero di casi li inducono ad attenersi al principio della massima cautela non per ragioni etiche e deontologiche ma solo per meglio garantirsi dal punto di vista delle eventuali conseguenze legali dei loro atti”. Gli orientamenti della deontologia medica ed infermieristica nel “fine vita”: 1. direttive anticipate di trattamento 2. accanimento diagnostico-terapeutico 3. pratica eutanasica Le Direttive anticipate secondo il Codice di deontologia medica Art. 35 -Acquisizione del consenso – … Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente. Art. 38 -Autonomia del cittadino e direttive anticipate Il medico deve attenersi, nell’ambito della autonomia e indipendenza che caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della persona di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e autonomia della stessa. Il medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la maturità del soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà. In caso di divergenze insanabili rispetto alle richieste del legale rappresentante deve segnalare il caso all’autorità giudiziaria; analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo di mente. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato. 4.15. L'infermiere assiste la persona, qualunque sia la sua condizione clinica e fino al termine della vita, riconoscendo l'importanza del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale, spirituale. L'infermiere tutela il diritto a porre dei limiti ad eccessi diagnostici e terapeutici non coerenti con la concezione di qualità della vita dell'assistito. Art. 16 –Accanimento diagnostico-terapeutico Il medico, anche tenendo conto delle volontà del paziente laddove espresse, deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita. Art. 35 -Acquisizione del consenso – … Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente. Art. 39 -Assistenza al malato a prognosi infaustaIn caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve improntare la sua opera ad atti e comportamenti idonei a risparmiare inutili sofferenze psichico-fisiche e fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita e della dignità della persona. In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile evitando ogni forma di accanimento terapeutico. La deontologia infermieristica non fa esplicito riferimento all’ accanimento diagnostico-terapeutico e non lo qualifica sul piano contenutistico diversamente dalla deontologia medica: ostinata reiterazione di trattamenti medici da cui non si può fondatamente e ragionevolmente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della sua qualità di vita che comprende anche le terapie di sostegno vitale che vanno proseguite finchè ragionevolmente utili nel caso di pazienti affetti da malattie a prognosi infausta. 4.17. L'infermiere non partecipa a trattamenti finalizzati a provocare la morte dell'assistito, sia che la richiesta provenga dall'interessato, dai familiari o da altri. Art. 17 -EutanasiaIl medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati a provocarne la morte. Il riferimento è all’ eutanasia attiva: 1. può agire direttamente il personale di assistenza; 2. può agire il malato che, però, ha bisogno del supporto del personale di assistenza. L’ ipotesi di cui al punto sub. a) configura l’ omicidio del consenziente punito dall’ art. 579 del Codice penale (“Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti previsti nell’ articolo 61. si applicano le disposizioni relative all’ omicidio se il fatto è commesso: 1° contro una persona minore degli anni diciotto; 2° contro una persona inferma di mente, o chi si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’ altra infermità o per abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti; 3° contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con l’ inganno”); l’ altra ipotesi configura, invece, l’ aiuto al suicidio parimenti punito dall’ art. 580 del Codice penale (“Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’ altrui proposito di suicidio, o ne agevola in qualsiasi modo l’ esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima. Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1° e 2° dell’ articolo precedente. Nondimeno, se la persona è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità di intendere e di volere, si applicano le disposizioni relative all’ omicidio”). I codici deontologici di auto-disciplina delle professioni sanitarie non rappresentano un decalogo astratto di regole e di principi ma assumono il valore di una vera e propria “guida” che modula, in senso unificante e responsabile, i comportamenti professionali conferendo loro: 1. quella sinergia di interventi e di azioni professionali che, pur nel rispetto delle specifiche competenze professionali, devono tendere alla presa in carico effettiva della persona e dei bisogni espressi; 2. quell’ identità professionale che è stata purtroppo disillusa con il ricorso ad una prassi spesso difensiva, orientata sulla pre-costituzione di cause di giustificazione. Contro tale prassi è nostro preciso dovere combattere per restituire alla medicina quello statuto ontologico millenario, ben espresso dal Giuramento ippocratico, che dà contenuto solidale alla nostra posizione di garanzia nei confronti della persona malata: l’ impegno di modulare costantemente le nostre azioni professionali con responsabilità ed impegno scientifico, culturale e sociale, perseguendo come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’ uomo e il sollievo dalla sofferenza. Ho concluso Vi ringrazio per la cortese attenzione Dr. Fabio Cembrani, Direttore U.O. Medicina Legale, Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento mail: [email protected]