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vnd.ms-powerpoint (it, 819 KB, 2/25/14)
Age-related decline in physical activity: a
synthesis of human and animal studies
JAMES F. SALLIS
Med. Sci. Sports Exerc., Vol. 32, No.
9, pp. 1598–1600, 2000
1.
Qual è l’età del maggior declino per maschi e
femmine?
2. che differenze ci sono nel declino rispetto a diversi tipi
ed intensità d’esercizio?
3. come si confrontano i risultati della ricerca sull’uomo
con quelli sugli animali da esperimento?
Qual è l’età del maggior declino per maschi e femmine?
I tre studi hanno prodotto risultati straordinariamente simili.
In sintesi, le età di maggior declino erano 13–16 nello studio olandese, 12–15 o 15–
18 nello studio finlandese e 15–18 in in quello americano. Lo studio di Caspersen et
al. ha dimostrato chiaramente che l’andamento annuo del declino è molto maggiore
nell’adolescenza che in età adulta.
Ci sono prove di declino dell’attività fisica in molte specie, dagli insetti ai roditori alle
scimmie.
Questi risultati sono confermati sia in studi trasversali sia in indagini longitudinali.
Nel corso dell’età adulta, i roditori diminuiscono la loro attività complessiva di circa il
50%.
Il declino negli adulti progredisce molto più lentamente che negli adolescenti.
Sorprendentemente, i maschi riducono l’attività fisica più delle femmine,
specialmente da giovani.
Aging and Preventive Health
Ronan Factora (centro di Medicina Geriatrica)
Role of frailty in preventive health
Principali argomenti trattati
•Cardiologia: fibrillazione atriale, aritmie cardiache, insufficienza cardiaca, arteriopatie
periferiche, cardiologia preventiva, sincope
•Dermatologia: intolleranza alla luce
•Endocrinologia: disfunzioni erettili, diabete, osteoporosi, ipogonadismo maschile
•Gastroenterologia: Neoplasia Colorettale
•Ematologia/oncologia: anemia, mieloma multiplo, screening per il cancro mammario, cancro
della prostata
•Malattie infettive: immunizzazione dell’adulto
•Neurologia: morbo di Alzheimer, farmaci antipiastrinici nella prevenzione secondaria della
trombosi cerebrale, malattie delle carotidi, confusione mentale, dolori di schiena, malattia di
Parkinson, ictus, tremori
•Psichiatria e psicologia: delirio, depressione, e altri disturbi del comportamento
•Malattie polmonari: sindrome ostruttiva cronica
•Reumatologia: gotta, osteoartrite
•Salute della donna: diagnosi e prevenzione del cancro mammario, del cancro del collo
dell’utero, menopausa, osteoporosi, infezioni Urinarie
Fra gli elementi che costituiscono il fenotipo fragile ci sono la perdita di massa
muscolare, la debolezza muscolare, scarsa resistenza e poca energia, lentezza e
poca attività fisica.
Si definisce riserva omeostatica la sovrabbondanza di funzioni fisiologiche del
sistema umano che è impiegata per superare insulti acuti e cronici allo stato di
salute. Il fenotipo fragile si può usare come un indice per indicare una soglia critica
del declino della riserva omeostatica.
Si ipotizza inoltre che esso contribuisca alla progressione di malattie croniche, allo
sviluppo ed al peggioramento di sindromi geriatriche e alla perdita di capacità di
svolgere le attività quotidiane.
Attività fisiche
L’impegno in attività fisiche spesso si riduce con l’aumentare dell’età. I benefici
dell’esercizio regolare sono stati molto studiati e sono molteplici, andando dalla
riduzione del rischio di eventi cardiaci e cerebrali, al miglioramento del controllo
del diabete, alla riduzione dello stress, ad una migliore funzione polmonare, alla
riduzione del dolore artritico e della rigidità, per finire con l’attenuazione dei
sintomi depressivi.
Comunque, al di là degli effetti su condizioni patologiche croniche, l’attività
fisica di per se contribuisce al buon mantenimento delle funzioni polmonare e
cardiaca, per non parlare della massa e del tono muscolare.
Ben determinati tipi di esercizio migliorano specifiche debolezze e riducono il rischio
del declino funzionale. Fra i tipi di esercizio si specificano:
•Sollevamento pesi (weight training),
•Fitness cardiovascolare,
•Esercizi per l’equilibrio (balance training),
•Esercizi per la flessibilità (flexibility training).
Ciascun tipo di esercizio porta i suoi benefici: l’allenamento della forza mediante
esercizi di resistenza contribuisce al mantenimento della massa e del tono muscolare.
L’esercizio con le grandi masse muscolari, usate per sostenere pesi, contribuisce a
mantenere la mobilità (per esempio, la forza dei quadricipiti serve a conservare la
capacità di stare in piedi e camminare bene). La forza delle braccia e delle gambe serve
per il quotidiano lavoro domestico. Inoltre, questi esercizi aiutano a mantenere la
capacità di partecipare ad attività del tempo libero (giardinaggio, golf) e sociali
(ballare). Riducendone l’uso, le fibre lente finiscono per atrofizzarsi e si trasformano in
tessuto adiposo, riducendo la forza complessiva del muscolo e portando ad un declino
delle capacità funzionali.
Maggiore è la quantità di esercizio, più grandi sono i benefici che ne possono derivare.
Il mantenimento e l’aumento di una riserva funzionale sono valori importanti per la
popolazione anziana. La riserva omeostatica permette di superare le conseguenze di
insulti acuti alla salute. Una maggiore riserva omeostatica mette ogni individuo in
grado di riprendersi più rapidamente e completamente da malattie acute. D’altronde,
è generalmente ammesso un declino della riserva omeostatica di tutti i sistemi come
parte del processo di invecchiamento, che è accelerato da qualunque stato patologico,
acuto o cronico. Ne consegue una ridotta capacità di guarire dalle malattie acute, la
possibilità di disabilità permanente e l’instaurarsi di una nuova condizione funzionale
di base.
L’invecchiamento è normalmente associato a modificazioni della composizione
corporea. Diminuisce la massa magra e aumenta la percentuale di grasso corporeo. In
numerosi studi osservazionali, è stata dimostrata una riduzione dell’introduzione di
calorie con l’aumentare dell’età, dovuta a diversi fattori, quali: un’attenuazione del
gusto e dell’olfatto, un aumento della produzione di colecistochinina, che comporta
più rapida e pronunciata sazietà pur con pasti leggeri, ed una riduzione della motilità
gastrica.
Modificazioni legate all’età che influenzano l’appetito:
Variazioni sensoriali: diminuita percezione degli odori, aumento della soglia per la
fame, diminuzione del gusto
Modificazioni gastrointestinali: sazietà precoce, ridotta compliance del fondo dello
stomaco, ritardato svuotamento gastrico
Modificazioni ormonali: aumento di leptina serica; ridotta concentrazione di
testosterone; aumento della colecistochinina
Aumento delle citochine legate all’infiammazione: IL-1, TNF-α, IL-6, e fattore
neurotropo ciliare
Modificazioni del sistema nervoso centrale: ridotta attività dei recettori opioidi;
riduzione dell’attività fisica; riduzione del metabolismo basale
Funzioni cognitive
Deficit cognitivo e demenza sono comuni negli anziani e la loro incidenza aumenta
sopra a 65 anni. Molti studi hanno preso in considerazione i fattori di rischio per la
demenza, in particolare il morbo di Alzheimer. A parte problemi di salute, come il
diabete, l’ipertensione e l’iperlipidemia, sono stati identificati molti elementi legati
allo stile di vita, compresi il livello economico ed educazionale, l’attività fisica e le
attività del tempo libero
Curr Sports Med Rep. 2010 Jul-Aug;9(4):214-9.
Physical activity and cardiac protection.
Lee IM.
Dati epidemiologici dimostrano chiaramente che maschi e femmine con più elevati
livelli di attività fisica hanno una minor frequenza di malattie cardiovascolari. Se gli
esatti meccanismi biologici responsabili di questa relazione non sono stati
completamente identificati, sono però stati descritti numerosi meccanismi plausibili,
che comprendono fattori di rischio cardiovascolare tradizionali, ma anche nuovi.
150 min.wk(-1) di attività aerobica di intensità moderata, oppure l’equivalente di attività
vigorosa, o moderata e vigorosa, sono sufficienti per ridurre il rischio. Esiste una
relazione dose-effetto, poiché ulteriori quantità di attività fisica riducono
ulteriormente il rischio di malattie cardiovascolari.
300 min.wk(-1) di attività aerobica di intensità moderata, oppure l’equivalente di attività
vigorosa, o moderata e vigorosa, producono benefici addizionali per la salute. Anche
nei pazienti con malattia coronarica accertata, l’attività fisica riduce sia la mortalità in
generale sia quella legata a problemi cardiovascolari.
Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2010 Jul;20(6):467-73. Epub 2010 Apr 15.
Physical activity and cardiovascular disease prevention in women: a review of the
epidemiologic evidence.
Bassuk SS, Manson JE.
Studi epidemiologici indicano che soltanto 30 minuti di attività fisica di intensità
moderata al giorno abbassano il rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari
(CVD) nelle donne. Donne sedentarie che diventano attive fisicamente anche in età
anziana ottengono benefici cardiovascolari. È evidente che l’attività fisica rallenta
l’inizio e la progressione di CVD a causa di effetti salutari non solo sull’adiposità, ma
anche sulla sensibilità insulinica, il controllo glicemico, l’incidenza del diabete di tipo 2,
la pressione sanguigna, i lipidi, la funzione endoteliale, l’emostasi, ed i sistemi di difesa
contro l’infiammazione.
Iniziative di salute pubblica che promuovano moderati aumenti
dell’attività fisica possono offrire il migliore compromesso fra efficacia e
fattibilità per migliorare la salute cardiovascolare della popolazione
sedentaria.
Physical Activity and Cardiovascular Health
Lessons Learned From Epidemiological Studies Across Age, Gender, and
Race/Ethnicity
Eric J. Shiroma, MSc; I-Min Lee, MBBS, ScD
(Circulation. 2010;122:743-752.)
Nel 1953, Morris et al pubblicarono i risultati di uno studio sui bigliettai degli autobus
di Londra, che passavano le loro ore lavorative muovendosi lungo l’autobus, oppure
salendo e scendendo la scaletta dei mezzi a due piani, per controllare I biglietti: essi
avevano la metà della mortalità per malattia coronarica (CHD) rispetto ai loro colleghi
autisti, che passavano la giornata seduti al volante. I ricercatori hanno ipotizzato che
fosse l’attività fisica del loro lavoro che proteggeva i bigliettai dalle CHD, rendendosi
però conto che potevano entrare in gioco anche altri fattori perché i bigliettai erano
più piccoli, come rilevato dalla taglia delle divise. Così nacque il campo della
“epidemiologia dell’attività fisica”: ricerca epidemiologica formale sull’associazione fra
attività fisica e molti aspetti legati alla salute.
1.
Quali sono le dimensioni dell’associazione fra attività fisica e CHD/CVD (chronic heart
disease; coronary vascular disease)?
2.
Esiste una relazione dose/risposta fra attività fisica e CHD/CVD? Se si, che forma ha la curva
dose-risposta?
3.
È possibile che l’attività fisica riduca il rischio aumentato di CHD/CVD associato
all’adiposità?
“maggiori quantità di attività evidentemente producono maggiori benefici ma la forma di una
curva dose-risposta non è stata ben definita.”
Il concetto di “dose” negli studi sull’attività fisica è stato interpretato variamente come volume
totale di energia spesa oppure intensità, durata, o frequenza dell’attività fisica, ma la maggior
parte dei dati riguarda il volume totale.
I dati disponibili, tuttavia, sono coerenti con le linee guida federali per l’attività fisica del 2008
che richiedono almeno 150 min/wk di attività fisica moderata o 75 min/wk di attività vigorosa e
stabiliscono che si ottengono maggiori benefici con 300 min/wk di attività fisica moderata o 150
min/wk di attività vigorosa.
Physical Activity and Public Health
Updated Recommendation for Adults From the American College of
Sports Medicine and the American Heart Association
William L. Haskell, PhD, FAHA; I-Min Lee, MD, ScD; Russell R. Pate, PhD, FAHA;
Kenneth E. Powell, MD, MPH; Steven N. Blair, PED, FACSM, FAHA;
Barry A. Franklin, PhD, FAHA; Caroline A. Macera, PhD, FACSM;
Gregory W. Heath, DSc, MPH, FAHA; Paul D. Thompson, MD; Adrian Bauman, PhD, MD
Circulation published online Aug 1, 2007;
RACCOMANDAZIONE PRIMARIA: per promuovere e mantenere la salute, tutti gli
adulti in buona salute da 18 a 65 anni devono svolgere un’attività aerobica di intensità
moderata (endurance) per un minimo di 30 min per 5 gg/sett oppure di intensità vigorosa
per 20 min per 3 gg. Si possono combinare attività moderata e vigorosa per soddisfare
queste esigenze. Per esempio, uno potrebbe camminare veloce per 30 min due volte
durante la settimana e poi fare jogging per 20 min per altri due giorni. Si può anche
accumulare 30 min di camminata veloce, con aumento della frequenza cardiaca,
camminando per 3 volte 10 min. Come esempio di attività vigorosa si può indicare lo
jogging, che comporta aumento della respirazione e deciso aumento della frequenza
cardiaca. Inoltre, gli adulti dovrebbero fare delle attività per mantenere o aumentare la
forza muscolare almeno due volte la settimana. Data la ben provata relazione doseeffetto fra attività fisica e salute, coloro che desiderano aumentare il loro livello di fitness
e ridurre il rischi di malattie croniche e disabilità nonché evitare l’aumento di peso,
possono trarre giovamento aumentando i livelli minimi raccomandati
(Circulation. 2007;116:000-000.)
Attività per aumentare la forza muscolare
Per promuovere e mantenere un buono stato di salute e l’indipendenza fisica,
gli adulti devono fare attività che mantengono o aumentano la forza muscolare
almeno due volte la settimana. Si raccomandano 8-10 esercizi per due o tre
giorni non consecutivi utilizzando i principali gruppi muscolari. Per ottenere il
massimo effetto sulla forza, bisogna usare una resistenza (peso) che porti ad
affaticamento in 8-12 ripetizioni. Le attività di rinforzo muscolare consistono di
un programma di sollevamento pesi progressivo, esercizi calistenici di trasporto
pesi ed altri simili che coinvolgano i maggiori gruppi muscolari
Dose dell’attività
Il termine “dose” è usato spesso nella descrizione di attività fisiche, ma si può
interpretare in diversi modi: come quantità totale di attività fisica (es. spesa
energetica totale) oppure come intensità, durata, frequenza dell’attività. Anche
se molti studi hanno fatto riferimento ad una misura della quantità totale di
attività fisica (che si può usare, per esempio, per distinguere le persone “attive”,
“moderatamente attive” o “inattive”), relativamente pochi lavori osservazionali
hanno fornito dettagli sul tipo di attività e sulla durata ed intensità di ogni
episodio. In sostanza, la quantità totale di attività è una funzione dell’intensità,
durata e frequenza. Di conseguenza, le attività vigorose (quelle che superano i
6 equivalenti metabolici, o MET) sostenute per una data durata e frequenza
provocano una spesa energetica maggiore delle attività moderate (da 3 a 6
MET) di uguale frequenza e durata.
Episodi intermittenti di attività fisica hanno effetti positivi su: fitness
cardiorespiratoria, profilo lipidico/lipoproteico, pressione arteriosa, insulina
plasmatica a digiuno, lipidemia postprandiale e controllo del peso. Molti lavori
confermano che gli effetti di episodi ripetuti sono simili a quelli di esercizi della
durata ≥ 30 min.
L’esercizio di resistenza almeno due volte la settimana è un metodo sicuro ed
efficace per migliorare la forza muscolare dal 25% al 100% o anche di più. Si
raccomandano 8-10 esercizi in due o tre giorni non consecutivi per settimana,
con i principali gruppi muscolari. Bisogna che il carico (peso) sia tale da
provocare fatica in 8-12 ripetizioni.
Le evidenze sui benefici muscoloscheletrici e gli effetti potenzialmente estesi
alla popolazione di un’attività che promuova la salute muscolare e scheletrica
indicano la necessità di estendere raccomandazioni sull’esercizio di resistenza
nei programmi di salute pubblica.
Physical activity and cardiovascular disease: evidence for a dose response
HAROLD W. KOHL III
Med. Sci. Sports Exerc., Vol. 33, No. 6, Suppl., 2001, pp. S472–S483
Scopo: riassumere sinteticamente la letteratura recente che dimostra una relazione
dose-risposta fra l’attività fisica e gli obiettivi cardiovascolari da raggiungere.
Studio basato su MEDLINE di articoli in inglese fino all’agosto 2000. Risultati accettati
nelle pubblicazioni, con almeno due tipi di esercizio, con esclusione di quelli che non si
riferiscono ai risultati clinici (incidenza della mortalità).
I lavori selezionati sono stati classificati sulla base delle malattie considerate: tutte le
malattie cardiovascolari (CVD), malattia coronarica (CHD) e ictus. Nell’insieme i
risultati dimostrano che l’incidenza delle malattie cardiovascolari, soprattutto
l’ischemia, e della mortalità, sono in relazione causale inversa con l’attività fisica in
maniera correlata alla dose. Al contrario, risultati equivoci sull’incidenza dell’ictus e
relativa mortalità non consentono una simile conclusione. Non vi è una forte evidenza
per una relazione dose-risposta fra l’attività fisica e l’ictus come conseguenza di CVD.
Evidence for sex differences in cardiovascular aging and adaptive
responses to physical activity
Beth A. Parker • Martha J. Kalasky •David N. Proctor
Eur J Appl Physiol (2010) 110:235–246
Questo articolo contiene: 1) uno schema delle differenze conosciute sull’invecchiamento
cardiovascolare legate al sesso; 2) osservazioni dettagliate sugli effetti cardiovascolari
dell’esercizio e dell’attività fisica su anziani maschi e femmine; 3) considerazioni sui meccanismi
alla base dei diversi adattamenti all’esercizio ed all’attività fisica abituale in maschi e femmine; 4)
analisi delle conseguenze di tali osservazioni sui fattori di rischio di malattie croniche e sulla
prescrizione dell’esercizio.
Differenze fra sessi sull’invecchiamento cardiovascolare sono evidenti sia a riposo, sia in
presenza di stimolazioni acute (esercizio, ortostasi, stress ambientale) sia in risposta a
trattamenti farmacologici.
DIFFERENZE FRA SESSI:
A riposo
Le donne anziane in genere manifestano un maggior declino dei parametri a riposo, che può
aumentare i loro rischi cardiovascolari. Per esempio, uno studio recente su 1333 individui sani
(età da 10 a 89 anni) senza malattie cardiache ed ipertensione ha mostrato che la velocità
massima transmitralica (E’) si deteriora di più con l’età nelle femmine che nei maschi. Una
riduzione di E’ è conseguente ad una riduzione del rilasciamento ventricolare (il riempimento
diastolico è peggiorato) ed è correlata con una riduzione della capacità di esercizio sia in adulti
sani sia in pazienti con malattie cardiovascolari. È ben documentato che l’attività dei nervi
simpatici muscolari aumenta di più con l’età nelle femmine che nei maschi; questo fatto è stato
messo in relazione con la maggior influenza dell’età sull’ipertensione e sulla progressione di
malattie cardiovascolari nelle femmine.
Donne, ma non uomini, di mezz’età mostrano una ridotta sensibilità dei barocettori, e questo è
correlato con una pressione sistolica maggiore. Queste differenze legate al sesso della funzione
autonomica potrebbero essere un meccanismo responsabile della maggiore prevalenza
dell’ipertensione nelle femmine anziane.
Emodinamica centrale durante l’esercizio
Vi sono anche differenze legate al sesso sugli effetti dell’età sulle risposte centrali (cardiache e
pressorie) all’esercizio dinamico con grandi masse muscolari. La gettata cardiaca massima
diminuisce più rapidamente nelle decadi più avanzate (60-90) nei maschi anziani che nelle
femmine, tanto che la pendenza della curva di decadimento è più che doppia nei maschi.
Analogo comportamento mostra il massimo consumo d’ossigeno. La massima potenza cardiaca e
la riserva funzionale diminuiscono del 20-25% nei maschi da 20 a 70 anni insieme alla massa del
ventricolo sinistro (-21%). Tutte queste variabili sono invece conservate nelle femmine anziane.
Al contrario, le donne anziane hanno una risposta pressoria all’esercizio esagerata rispetto alle
più giovani. Nei maschi la differenza non è così pronunciata.
Emodinamica periferica nell’esercizio
Differenze legate al sesso sulle risposte emodinamiche periferiche all’esercizio con le gambe.
Benché le variazioni del flusso ematico alle gambe e della conduttanza vascolare nell’esercizio
graduato al cicloergometro siano ridotte con l’età nei maschi sia in individui allenati sia in
soggetti del tutto sedentari, maschi anziani normalmente attivi (cioè ne’ estremamente
sedentari ne’ fortemente allenati, come indicato da consumi d’ossigeno compresi fra il 20° e
l’80° percentile dei valori normalizzati per sesso ed età) non mostrano risposte in flusso ematico
ridotte rispetto ai giovani. Al contrario, in un gruppo demograficamente simile di donne anziane
normalmente attive le risposte iperemiche delle gambe e la conduttanza vasale erano ridotte
rispetto a quelle delle giovani nel corso di simili esercizi.
Equilibrio fra l’emodinamica centrale e quella periferica
La gettata cardiaca massima è ben correlata con il flusso femorale di picco in maschi giovani e
anziani, ma non nelle femmine (di qualsiasi età). L’invecchiamento si associa ad una più
pronunciata differenza fra sessi nella relazione fra la funzione di pompa del cuore e la riserva
vascolare periferica
Risposte vascolari a stimoli diversi dall’esercizio
Risposte del flusso delle braccia all’infusione del vasocostrittore endotelina 1 e al blocco dei
recettori per l’endotelina A e B (ETA, ETB) in maschi e femmine di mezz’età e anziani. I maschi
anziani mostrano una vasodilatazione significativamente maggiore rispetto alle femmine dopo
blocco ETA, il che indica una maggiore influenza del tono vasocostrittore mediato da ETA nei
maschi rispetto alle femmine anziane.
Le variazioni legate all’età del tono vasocostrittore e la regolazione delle resistenze periferiche
sono specifiche per il sesso negli anziani.
L’influenza dell’attività fisica e dell’allenamento su determinati marcatori biologici
dell’invecchiamento cardiologico dimostra pure specificità di sesso negli anziani. L’aumento della
frequenza del cammino in un periodo di 24 mesi indicava una riduzione della velocità di
propagazione dell’onda sfigmica, che è un indice di rigidità arteriosa, nelle femmine ma non nei
maschi anziani. L’allenamento aerobico aumentava significativamente il flusso di sangue e la
conduttanza vascolare alla gamba nei maschi, ma solo marginalmente nelle femmine.
Per quanto riguarda i maschi, normalizzando giovani e anziani per livello di fitness si aboliva la
riduzione della conduttanza massima alla gamba, mentre la riduzione per le femmine rimaneva.
Le risposte vascolari a stimoli diversi dall’esercizio sono influenzate dall’esercizio cronico in
modo diverso nei maschi e nelle femmine anziani. Vasodilatazione reattiva in risposta a 5 min di
ischemia al braccio: il livello di fitness non distingueva i maschi, mentre le anziane sedentarie
avevano la risposta significativamente ridotta rispetto ad anziane allenate o a giovani. Inoltre,
l’allenamento ha provocato notevoli benefici sulla conduttanza arteriosa soltanto nelle anziane
sedentarie.
Possibili spiegazioni delle risposte adattative dipendenti dal sesso con l’avanzare dell’età
Le giovani donne mostrano una maggiore dilatazione mediata dal flusso dell’arteria brachiale e
una più grande vasodilatazione beta adrenergica rispetto ai giovani maschi. Nelle femmine la
risposta vasodilatatoria nel braccio all’acetilcolina e la massima vasodilatazione reattiva sono
maggiori, mentre la risposta vasocostrittrice alla noradrenalina, al cold pressor test e alla
contrazione isometrica della mano (handgrip) è attenuata rispetto ai maschi. Può darsi che
differenze legate al sesso di densità recettoriale, risposte al simpatico e mediatori intracellulari
nei vasi siano alla base di queste più scarse risposte vasocostrittrici.
Influenza degli ormoni sessuali
È dimostrato che gli ormoni sessuali nelle giovani e la loro brusca caduta alla menopausa hanno
un’importante influenza sugli indicatori sistemici e locali di funzionalità cardiovascolare.
C’è un’interazione fra l’attività fisica ricreazionale e gli ormoni steroidei nelle donne dopo la
menopausa: maggiori livelli di attività sono associati con minori concentrazioni di ormoni
steroidei (testosterone ed estradiolo) nelle donne in menopausa. Al contrario, nei maschi la
maggiore attività aumenta i livelli di testosterone circolante. Può pertanto essere che la
modulazione del sistema cardiovascolare da parte dell’attività fisica negli anziani sia in parte
influenzata dai livelli endogeni degli ormoni sessuali che sono diversi fra maschi e femmine.
Le dosi di attività fisica acuta o cronica che portano determinate variazioni a livello
cardiocircolatorio sono diverse nei maschi e nelle femmine. Le femmine giovani e anziane
mostravano un maggiore aumento della forza di taglio per carichi crescenti all’estensore del
ginocchio rispetto ai maschi. Adattamento a 9-12 settimane di lavoro aerobico in giovani: nei
maschi non è cambiata la gettata cardiaca a riposo o durante esercizio, mentre nelle femmine
essa si è ridotta. Al contrario si comportavano le riduzioni di flusso nell’area splancnica
In sintesi, nelle femmine (rispetto ai maschi):
•Maggior declino dei parametri CV a riposo
•Riduzione del rilasciamento ventricolare
•Aumento attività simpatico
•Ridotta sensibilità dei barocettori
•Minore riduzione gettata cardiaca massima
•Minore riduzione VO2max
•Risposta pressoria all’esercizio esagerata
•Minore risposta iperemica e conduttanza vasale
•Scarsa correlazione aumento gettata cardiaca/flusso periferico
•Minore influenza della vasocostrizione da endotelina
•Migliore effetto dell’allenamento sulla compliance arteriosa; minore effetto sulla
conduttanza vascolare
•L’attività fisica diminuisce gli ormoni steroidei nelle donne in menopausa
Conclusione: gli effetti dell’età sulle prestazioni cardiovascolari durante l’esercizio riguardano
prevalentemente il cuore nei maschi e le arteriole di resistenza nelle femmine.
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