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Cronache del Giappone
Introduzione All’Oriente Lezione 03 L’india 1300 - 500 a.C Circa Il Periodo Vedico Notizie di questo primo lungo periodo della storia indiana si sono ottenute grazie all’antichissima e ricca letteratura in sanscrito, la lingua parlata dagli invasori ariani. Sì tratta di testi filosofico-religiosi come i Veda o le Upanishad, o poemi epici come il Ramayana e il Mahabharata, non sono quindi resoconti storici, ma ciò nonostante forniscono molte indicazioni sui principali avvenimenti politici, sugli usi e sui costumi, sulla storia e sulla condizione economica del paese; oltre a questo, in questi testi in sanscrito, sono indicati i nomi dei sacerdoti, dei principi e dei guerrieri. Si trova già la menzione del sistema delle caste, l’elemento che anche oggi caratterizza la cultura e la storia indiana. Il Rgveda, il più antico testo compreso nei Veda, fornisce una spiegazione mitologica dell’origine delle quattro principali varna (colori), o meglio caste • Brahmana (ब्राह्मण), i sacerdoti; • kṣatriya (क्षत्रिय) i guerrieri; • Vaiśya (वैश्य), i commercianti ed i contadini; • Śūdra (शद ू ), i servi. La struttura economico-sociale delle caste nasce dalla mescolanza dell’organizzazione politico militare ariana, che già era distinta in tre classi, ossia guerrieri, sacerdoti e popolo, a cui ogni uomo accedeva a seconda dei meriti e delle proprie qualità, con l’organizzazione tribale della popolazione dravidica, dove ogni piccolo gruppo costituiva un’unità chiusa, legata ad un particolare territorio e a particolari riti e tribù. Conquistato il territorio, a queste tre classi se ne aggiunse un’altra, quella dei vinti. Sigillate per evitare contaminazioni tra l’una e l’altra si suddivisero poi in una serie di varie sottoclassi, che arrivarono poi a comprendere i fuori casta, gli ‘impuri’, meglio noti come intoccabili. Successivamente il potere dalle mani dei guerrieri, viene affidato ai sacerdoti, interpreti e custodi delle credenze e dei rituali magici: si compie in questo modo l’elaborazione del brahamanesimo (elemento caratterizzante la storia indiana), che non è soltanto una religione, bensì una forma peculiare di civiltà dove la religione ha la preminenza su tutte le attività e regola ogni aspetto dell’attività umana. In un mondo reso immobile dal raggiungimento di obiettivi ultraterreni, isolato dall’esterno e frazionato all’interno, le rivoluzioni più importanti sono state sul piano religioso, dettate dall’evoluzione del pensiero filosofico. Le rivoluzioni mistiche I Maurya ed i Gupta Intorno al VI secolo a.C. si sviluppano le principali rivoluzioni religiose; realizzate da Siddhartha Gautama, il Buddha, e da Vardhamana, Mahavira, ovvero il grande eroe. Queste religioni sfidavano l’egemonia dei brahmini, rifiutando il sistema delle caste, il sacrificio ed aprendosi alle donne. Nel III secolo a.C. il re Asoka, promosse la diffusione del buddhismo suscitando in questo modo la reazione dei bramini; questa sarà tra le cause della decadenza dello stato nel corso del II secolo a.C. Solo nel IV°secolo d.C. e fino al VI° secolo l’impero di Magadha ritrova il suo antico splendore con la dinastia Gupta, il cui dominio coincide con il periodo classico della civiltà indiana che si diffonde nella regione del sud-est asiatico. Nel VII°secolo l’unità politica raggiunta si dissolse, con la realizzazione di un’organizzazione di tipo feudale. Il buddhismo venne soppiantato da un nuovo brahamanesimo. L’espansione Nel VI secolo la penetrazione ariana arrivò a toccare l’isola di Ceylon (Sri Lanka). Lo stato militarmente più forte in era il regno di Magadha, che aveva la sua capitale in Rajagriha. Le invasioni Greche e Persiane Il periodo seguente fu segnato da ripetuti tentativi di invasione da parte dei grandi imperi dell’est dell’Europa: tra il 550 e il 485 a.C. si avvicendarono le armate persiane di Ciro e Dario, che imporranno un tributo ai principi indiani del Punjab; in seguito, nel 326 a.C., fu la volta di Alessandro Magno, che s’impadronì della stessa regione. La sua morte e lo smembramento del suo impero scongiurarono il pericolo di una duratura dominazione ellenica sull’India. Nel IV secolo a.C. prese il potere a Magadha una nuova dinastia che assoggettò tutto il territorio indiano; i Maurya. L’arrivo dell’Islam Tra la fine del XII secolo e l’inizio del XVIII secolo si sviluppò il terzo periodo della storia indiana, che coincide con la conquista islamica. Il fanatismo religioso dei vincitori provocò massacri e distruzioni, ma le conversioni, non solo dettate dalla paura, furono numerose; la nuova religione, ignorando il sistema delle caste, restituiva speranze a coloro che non ne avevano mai avute, come gli śūdra e gli avarna. La reciproca intolleranza religiosa fratturò nuovamente la penisola indiana. Molti dei musulmani turchi provenienti da nord-ovest fondarono dinastie con il supporto di soldati e mercanti, senza contare l’apporto di artisti e predicatori sufi. Il più importante invasore fu Mahmud di Ghazni, che depredò molti templi delle loro ricchezze. Nel 1192, Muhammad di Ghur, conquistò il Punjab e Delhi e stabilì il suo dominio anche nelle aree circostanti. Qutbuddin Aibak, il successore, tra il 1206 e il 1210 fa costruire il Qutb Minar di Delhi. Nel 1398 le incursioni da parte di Tamerlano di Samarcanda indebolirono ulteriormente il potere dei sultani di Nuova Delhi. Gli ultimi due sultanati sono rappresentati da quello del Sayyid, che regna tra il 1413 e il 1451, e quello dei Lodi che dominerà tra il 1451 e il 1526. Per tutto questo periodo prevalse il frazionamento politico, che vide la condivisione del territorio tra piccoli stati hindu e piccoli regni musulmani. Al principio del 16°secolo l’Hindustan cadde nelle mani di Baber, discendente del condottiero Timujin, ossia Tamerlano. È Baber, che dopo aver sconfitto tutti i principi hindu e musulmani, fonda l’Impero del Gran Moghul. Ciò non pose fine ai contrasti religiosi tra le varie comunità, ed è in questo periodo che nel Punjab nasce la khalsa, comunità, dei sikh. Morto Baber, il suo erede, Humayun, viene spodestato nel 1540 da un capotribù afgano, Sher Shah Sur. Humayun riesce a riconquistare il trono nel 1555, ed è il figlio Akbar che consolida l’impero. I due imperatori successivi, Jahangir e Shah Jahan, consolideranno l’impero mentre Aurangzeb, ultimo grande imperatore Moghul, annette anche il sud. Le conquiste degli europei La storia della presenza europea in India inizia nel 1489, con la spedizione portoghese, comandata da Vasco de Gama. Il declino dell’impero spagnolo, di cui il Portogallo faceva parte, provocò la fine della sua potenza coloniale; al suo posto subentrarono i Paesi Bassi che, con la compagnia olandese delle Indie orientali, monopolizzarono i traffici con l’Oceano Indiano per tutta la prima metà del XVII°secolo. L’insediamento europeo, inizialmente limitato alle coste, avvenne col consenso del sovrano Moghul. In seguito, la debolezza dello stato Moghul, favorì l’ingerenza degli europei nelle vicende della penisola. Il Giappone 10.000 - 300 a.C Circa Periodo Jômon (縄文時代) Le origini della civilizzazione giapponese sono sepolte nella leggenda. L'11 febbraio 660 a.C. è la data tradizionale in cui il Giappone è stato fondato dall'Imperatore Jinmu. Questa versione della storia giapponese risale alle prime testimonianze scritte (VI/VII), dopo l’introduzione del sistema di scrittura cinese; secondo la storia della creazione ritrovata nel Kojiki (古事記 Memorie degli eventi antichi, 712 d.c.) ed il Nihongi o Nihon-shoki (日 本紀 Cronache del Giappone risalenti al 720 d.c.), le isole giapponesi vennero create da due dei, il maschio Izanagi e la femmina Izanami, appositamente discesi dai cieli. Essi portano con loro altri esseri, i kami. Due di queste divinità, la dea del sole Amaterasu e suo fratello, il dio della tempesta Susanô, si combatterono l'un l'altro, fino alla vittoria di Amaterasu. In questo periodo diversi imperatori lottarono per il potere. Con lo scopo di legittimare le proprie rivendicazioni al trono questi commissionarono collezioni di poemi contenenti storie di eredità mitologiche del potere da Amaterasu. 300 a.C. - 250 d.C. Periodo Yayoi (弥生時代) Il nome dell’era deriva dal distretto di Tokyo dove furono per la prima volta ritrovati resti archeologici di quell’era. Nel Libro di Wei (III secolo d.C.) il Giappone viene indicato come paese di Yamataikoku, ed è descritto come l’unione di circa 30 tribù o stati minori, governati da una regina sciamata chiamata Himiko. 300 a.C. - 552 d.C. Periodo Yamato (大和時代) Periodo Kofun (古墳) Alla fine del periodo Yayoi il Giappone era diviso in decine di piccoli stati indipendenti; nel IV secolo d.C. uno di essi si espanse verso le zone vicine ed arrivò a controllare una regione che si estendeva dall'isola di Kyûshû fino al Kantô. Nacquero una dinastia imperiale, la Yamato, ed uno stato unitario tutt’ora esistente. Nel V-VI secolo il “Giappone” era però una confederazione di piccoli stati/clan (uji) che riconoscevano la supremazia del daiô di Yamato, che nel VII secolo prenderà il nome di tennô (天皇). I dettagli del processo di unificazione sono quasi completamente ignoti per a causa dell’assenza di testimonianze dirette. Il primo documento conosciuto scritto riguardante questi eventi è il Kojiki, che parla di campagne militari intraprese dagli imperatori Yamato. Le descrizioni sono però molto sommarie ed intrise di mitologia, ed è difficile farsi un'idea precisa degli eventi storici. Nel Kojiki si parla anche d’una donazione di territori effettuata da parte del clan più potente oltre a quello di Yamato: il clan di Izumo. Anche in questo caso non è facile capire se nel Kojiki ci si riferisca ad un’alleanza o ad una conquista militare. L'importanza del contributo di Izumo alla nascita del Giappone può è evidente per via del ruolo che riveste all'interno del Kojiki: una delle principali preoccupazioni del compilatore era creare una mitologia nazionale omogenea, conciliando le leggende di Amaterasu e Susanô. Durante il periodo Yamato i contatti con la Corea, in particolare con i regni di Baekie (Paekche) e Silla sono stati importanti. Dal IV secolo d.C. gli scambi con Paekche, stato alleato e tributario di Yamato, sono stati la via principale per l'importazione in Giappone della cultura di altri paesi asiatici, in particolare della Cina. 552-710 d.C. 710-794 d.C. Periodo Asuka (飛鳥時代) Periodo Nara (奈良時代) Lo stato proto-giapponese si trasforma gradualmente in un governo centralizzato, che definisce ed applica un codice di leggi; alcuni esempi sono la Riforma Taika ed i codici Taihô. Il Buddhismo venne introdotto in giappone da Baekie, regno militarmente supportato dal Giappone durante la guerra con Silla. Il buddhismo venne appoggiato dall’aristocrazia. Il principe Shotoku si dedicò alla diffusione del Buddhismo e della cultura cinese. Fu capace di portare un periodo di pace relativa al giappone grazie alla proclamazione del Jûshichijô kenpô ( 十七条憲法), la costituzione dai 17 articoli; si tratta d’un documento di stampo confuciano che puntava, più che a delle leggi vere e proprie, ad un sistema morale su cui si dovevano basare le classi dominanti. Nell’VIII secolo il Giappone emerse per la prima volta come stato potente. La capitale venne spostata ad Heijô-kyô, l’odierna Nara, nel 710, per tornare poi a Nagaoka nel 784, per sfuggire al controllo del clero buddhista. La città di Nara fu costruita usando come modello la capitale della Cina dei Tang, Chang'an (Xi'an). Durante questo periodo, gli sviluppi politici furono piuttosto limitati, poiché i membri della famiglia imperiale erano impegnati a lottare per il potere contro il clero Buddhista e la famiglia di reggenti, il Clan Fujiwara (藤原). Il Giappone intrattenne relazioni con il regno di Silla oltre che con la Cina dei Tang. Risalgono a questo periodo anche il Kojiki ed il Nihon Shoki. Con la Riforma Taika (大化, grande cambiamento) del 645, il Giappone ha intensificato l’adozione delle pratiche culturali cinesi ed ha riorganizzato il governo ed il codice penale basandosi sulla struttura amministrativa cinese di quel periodo. Questo spianò la via per una dominazione della filosofia Confuciana in Giappone fino alla fine del XIX secolo. In questo periodo viene usata per la prima volta la parola Nihon (日本) per definire il Giappone. 794-1185 d.C. 1185-1333 d.C. Periodo Heian (平安時代) Periodo Kamakura (鎌倉時代 ) Considerata l’apice del periodo imperiale, l’epoca Heian, che prende il nome dalla nuova capitale, Heian-kyô (Kyôto), è ricordata particolarmente per l’arte e la letteratura. Risale a quest’epoca il romanzo più antico del mondo, il Genji Monogatari di Murasaki Shikibu, e l’invenzione degli alfabeti hiragana e katakana. Dopo aver raggiunto il suo apice con l’ultima spedizione imperiale in Cina nell’838, con il crollo della dinastia Tang iniziò a scemare l’influsso dell’impero celeste sul Giappone, nonostante continuassero scambi e pellegrinaggi buddhisti. Il potere politico era ormai stato conquistato dalle famiglia aristocratica dei Fujiwara, che regnavano col titolo di Sessho o Kampaku (reggenti); le grandi riforme del periodo Asuka, in particolare la ridistribuzione delle terre ed il sistema degli shôen (荘園) si rivelarono dei fallimenti, che portarono al crollo del sistema di governo attuale. Con la fine del periodo si assiste ad un declino della classe aristocratica, che viene rimpiazzata da quella guerriera; i conflitti di successione imperiali, supportati principalmente dai clan Minamoto e Taira, portarono allo scoppio di due ribellioni e, infine, alla guerra Genpei. Questa parte di storia è raccontata nello Heike Monogatari (平家物語). Il conflitto vede la vittoria del clan Minamoto e l’inizio del potere delle classi militari in Giappone. Nel 1185 Minamoto Yoritomo (源 頼朝) sconfigge definitivamente il clan dei Taira. Nel 1192, Yoritomo viene dichiarato Sei’I Tai-Shogun (征夷 大将軍) dall’imperatore, e stabilisce la sua base nella città di Kamakura. L’inizio del potere dello Shogun viene fatto coincidere con l’inizio del medioevo; l’imperatore e l’aristocrazia, pur mantenendo il loro status, vengono relegati a compiti cerimoniali. Non solo il potere militare, anche quello giuridico e civile è in mano alla classe dei Samurai; in questo periodo si assiste ad una rinascita dell’economia. Dopo la morte di Yoritomo però il potere cadde nelle mani d’una famiglia di reggenti, gli Hôjô. Nel 1272 e nel 1281 l’esercito della Cina degli Yuan tenta l’invasione; nonostante le forze dei mongoli fossero superiori sotto ogni punto di vista, in entrambi le occasioni dei tifoni, chiamati kamikaze (神風 Vento Divino), danneggiarono gravemente gli eserciti nemici. Nonostante il Giappone riuscì a resistere all’invasione, il conflitto con I mongoli ebbe ripercussioni sull’equilibrio interno, in particolare nei rapporti col clero Buddhista e coi signori locali; questo portò alla fine del già travagliato Shogunato Kamakura. Nel 1333, con la Restaurazione Kenmu (建武の 新政) l’imperatore Go-Daigo riesce brevemente a ristabilire il potere imperiale. 1333-1392 d.C. 1392-1568 d.C. Periodo Nanbokuchô (南北朝時代) Periodo Muromachi (室町時代) Nel 1338, dopo che Go-Daigo si rifugiò tra i monti di Yoshino dando inizio alla "dinastia del Sud", Ashikaga Takauji trasferì la sede del bakufu (幕 府) a Kyôto, per poter avere un maggior controllo sulla corte imperiale "del Nord". Gli Ashikaga non avevano né terreni né eserciti propri; il loro shôgunato fu basato su un delicato equilibrio di forze, su alleanze e diplomazia. Con Takauji gli shugo (守護) acquistarono sempre maggior importanza nella conduzione degli shôen, privando di ogni autorità e di ogni rendita la nobiltà di corte e trasformandosi gradualmente da funzionari del governo centrale a proprietari e signori locali (shugo daimyô); nasce dunque un vero e proprio regime feudale. Il più importante shôgun Ashikaga fu il terzo, Yoshimitsu, raffinato cultore d'arte e protettore di artisti; egli seppe mantenere il controllo sui vari shugo e assicurare la pace al paese affidando i feudi più importanti a membri della propria famiglia, controllando e calibrando i rapporti di forze tra i feudi vicini alla capitale che non gli erano imparentati e lasciando più autonomia ai feudi periferici. Nel 1392 Yoshimitsu riuscì a convincere l'Imperatore del Sud a rendere le insegne imperiali alla corte di Kyôto, mettendo fine allo scisma; nonostante tutto verrà considerata legittima la linea dinastica di Yoshino. I successori di Yoshimitsu non furono alla sua altezza; Yoshimasa, ottavo shôgun Ashikaga, raffinato esteta ma mediocre uomo politico, mantenne il lusso della propria corte a spese del popolo; il suo regno fu un periodo di miseria, soprattutto per i contadini che si ribellarono ripetutamente. Nel 1467 una disputa per la successione alla carica di shôgun fece esplodere una serie di rivalità e conflitti tra i vari feudatari. Il risultato fu una guerra civile, la guerra Ônin (応仁の 乱, 1467-1478); questa ebbe effetti devastanti sulla città di Kyôto, trasformata in un campo di battaglia tra fazioni rivali e quasi rasa al suolo. Alla fine della conflitto il Giappone non possedeva più alcun potere centrale. Lo shôgunato Ashikaga continuò fino alla seconda metà del XVI secolo, ma ormai non aveva più nessun potere economico o militare. Ogni feudo era diventato un centro di potere indipendente: aveva propri funzionari ed un proprio corpo di leggi, i cosiddetti codici della Casa, e poteva contare solo sulle proprie capacità militari e diplomatiche per sopravvivere ed espandersi, a spese dei vicini più deboli. All'inizio del XVI secolo il Giappone era diviso in circa 250 staterelli indipendenti, di cui una trentina più potenti. Inizia così una delle epche più buie della storia giapponese: il periodo Sengoku ( 戦国時代, 1478-1578), ossia degli stati in guerra. Intanto la corte imperiale aveva raggiunto uno stato di decadenza estrema. 1568-1600 d.C. P. Azuchi-Momoyama (安土桃山時代) La lotta incessante tra i vari feudatari provocò gradualmente la scomparsa degli stati più piccoli, che venivano assorbiti da quelli più grandi. Il potere andò concentrandosi nelle mani di pochi signori finché alcuni di questi furono abbastanza forti da aspirare al dominio della nazione: la riunificazione del Giappone fu infine compiuta da tre abili condottieri e uomini politici. Fu essenziale il contributo degli europei; in questo periodo arrivarono i primi esploratori, in particolare i gesuiti che, oltre al cristianesimo, che si rivelò un efficace arma contro la corruzione del clero buddhista, portarono le armi da fuoco e nuovissime tattiche di battaglia. Fu merito di queste novità se i tre unificatori riuscirono nella loro opera in così breve tempo. Il primo dei tre grandi condottieri, Oda Nobunaga (織田信長, 1534-1582) è dipinto dalla tradizione come un uomo crudele e spietato, irascibile, deciso e tenace, molto abile come condottiero. Gli Oda erano i signori di un piccolo feudo nella regione di Owari; grazie al suo esercito meglio armato Nobunaga riuscì ad impadronirsi di gran parte dei territori e riuscì a sconfiggere gli stessi Ashikaga, detronizzandoli. Poco dopo essere riuscito a farsi nominare shôgun dall’imperatore, venne ucciso da uno dei suoi stessi generali. Successore di Nobunaga fu uno dei suoi generali, Toyotomi Hideyoshi (豊臣秀吉, 1536-1598); nato da una famiglia di soldati/contadini dell’Owari, riesce a far velocemente carriera. Dopo aver vendicato la morte di Nobunaga, risolve i conflitti interni e completa la riunificazione del Giappone, per farsi poi nominare Kampaku, detenendo de facto il potere e potendosi permettere di ristabilire l’ordine mediante delle riforme. Per evitare rivolte, venne proibito il possesso di armi a tutti coloro che non erano samurai. Hideyoshi cerco persino di espandersi nel continente, ma le sue spedizioni si scontrarono con la feroce resistenza dell’alleanza di Corea e Cina; la sua morte bloccò ogni progresso alla conquista. Fu con la successione ad Hideyoshi che entrò in gioco Tokugawa Ieyasu (徳川家康, 1543-1616); feudatario dalle origini modeste, evitò quando possibile di schierarsi nelle precedenti lotte per il potere, cosa che gli permise di espandere il proprio territorio. Quando Hideyoshi morì Ieyasu si intromise nella successione; presto si formarono due coalizioni, una favorevole ai Tokugawa ed una contraria. I due eserciti si sfidarono nel 1600 nella celebre Battaglia di Sekigahara (関ヶ原の戦い), che vide il trionfo di Ieyasu. Nel 1596 i gesuiti vennero espulsi ed i cristiani vennero sottoposti a persecuzioni. 1600-1858 d.C. Periodo Edo (江戸時代) Nel 1603 la supremazia di Ieyasu fu riconosciuta dalla corte imperiale che gli conferì il titolo di shôgun. Ieyasu mantenne il titolo solo due anni per poi passarlo al figlio Hidetada, ma non si ritirò dalla vita politica e negli anni successivi, oltre a far ampliare il suo castello a Edo (Tôkyô), fece firmare ai "daimyô occidentali" un atto di fedeltà (1611) ed emise una serie di regolamenti per consolidare il potere del bakufu Tokugawa: il Kuge shohatto (公家諸法度,1613), un documento che limitava l'azione della corte imperiale ad un ruolo puramente cerimoniale, e il Buke shohatto (武家 諸法度, 1615) in 13 articoli, che può essere considerato come un Codice della casa feudale esteso a tutta la nazione Inoltre venne limitato il potere dei daimyo a favore del governo centrale; venne reso obbligatorio il loro soggiorno ad Edo per un periodo dell’anno e gli furono affidati incarichi sociali, in modo da evitare complotti e ribellioni. L’abilità di Ieyasu e dei suoi primi successori riuscì a rafforzare così tanto il bakufu da permettergli di sopravvivere per più di 200 anni. Nel periodo Edo emerse il neoconfucianesimo, una filosofia che venne accolta della classe dirigente, i samurai; non solo permise di limitare l’influsso del clero Buddhista, diede una serie di leggi morali per mantenere l’armonia sociale. Il Neoconfucianesimo creò una vera e propria divisione in caste nella società: • All’apice c’erano i Samurai, i guerrieri, gli unici in grado di poter accedere a posizioni di comando; • Dietro di loro i Contadini, responsabili della principale fonte di ricchezza; • In seguito gli Artigiani, poiché lavoravano le materie prime prodotte dai contadini. • All’ultimo posto, i Mercanti, considerati inutili perché praticamente improduttivi. Esistevano anche delle classi considerate fuoricasta, i cosiddetti Eta (穢多, tanta sporcizia), in cui erano raggruppati tutti coloro che eseguivano lavori considerati immorali. In realtà questo sistema era pieno di contraddizioni; ad esempio mentre i Samurai spesso non erano in grado di ricoprire posizioni amministrative, i contadini erano ben più poveri rispetto ai mercanti. Nonostante inizialmente nel periodo Edo l’economia giapponese rifiorì e le grandi città crebbero a dismisura, alcune classi si impoverirono sempre di più. Il periodo Edo coincise quasi totalmente col Sakoku (鎖国, paese in catene), ossia la totale chiusura agli stranieri, il cui accesso si limitava all’isola artificiale di Deshima (出島) e soltanto per alcune popolazioni come Olandesi e Cinesi. A lungo andare il Sakoku e l’arretrata struttura neoconfuciana portarono l’economia giapponese e lo stesso sistema dello shôgunato in crisi.