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Situazioni didattiche e complessità
Situazioni didattiche e complessità Cap. 1 • • Gandolfi A., 2013, Formicai, imperi, cervelli. Introduzione alla scienza della complessità, Bollati Boringhieri, Torino. Morin E., 2007, Le vie della complessità, in Bocchi G., Ceruti M. (a cura), La sfida della complessità, Bruno Mondadori, Milano. introduzione • Guy Brousseau ha sviluppato una teoria delle situazioni didattiche; esse «rappresentano un insieme di relazioni stabilite in modo esplicito o implicito tra l’insegnante, l’allievo (o un gruppo di allievi) ed elementi al contorno (strumenti o materiali), avendo come scopo quello di far sì che gli studenti apprendano» (D’Amore B., Sbaragli S., 2011, 46). introduzione • In un situazione didattica è possibile evidenziare dei nuclei: lo studente, il docente, le modalità di insegnamento, quelle di apprendimento, i saperi (quelli oggetto della lezione, i saperi insegnati dall’insegnante, i saperi didattici dell’insegnante riferiti alla disciplina insegnata, i saperi didattici generali, i saperi appresi dall’alunno), ….. introduzione • Tali nuclei interagiscono fra loro attraverso azioni e reazioni relative agli eventi che si generano nella situazione didattica. • In riferimento alle situazioni didattiche è possibile sviluppare analisi differenziate prendendo in considerazione le diverse componenti e loro combinazioni; abbiamo analizzato nelle lezioni precedenti quelle riferibili al rapporto docentericercatore; al rapporto insegnamento-apprendimento; ai diversi saperi che convivono; al rapporto fra docente, studente e sapere; alle diverse tipologie di situazioni didattiche; alle strategie che il docente mette in atto; alle modalità di progettazione del docente*; alle capacità dello studente di regolare e dirigere il proprio apprendimento*; ai livelli micro e macro*; alle tecnologie che il docente e gli studenti utilizzano. *non ancora analizzate fino a ora Sistemi • «Un sistema forma un’entità organica*, globale** e organizzata: togliendone una parte ne modifichiamo la natura e le funzionalità. I sistemi, per esempio un fiore, un animale, una cellula, una società, una macchina, una molecola, un’azienda, un cervello, sono formati da numerose parti differenziate. E queste parti devono mostrare una certa organizzazione, un’architettura interna. L’interazione organizzata degli elementi fa sì che un sistema si comporti in modo diverso dalle sue parti» (Gandolfi A., 2013, p. 17). * composto di parti distinte ma tra loro in relazione e coerentemente disposte in vista del fine a cui sono coordinate ** preso nella sua totalità, considerato nell’insieme, complessivo sistemi aperti e chiusi sistemi aperti • sistema che è in comunicazione con il suo ambiente attraverso dei flussi, che possono essere di natura materiale, energetica, oppure possono essere informazioni; il sistema riceve degli input in entrata, li elabora e successivamente emette degli output. sistemi aperti e chiusi sistema chiuso • sistema completamente isolato dall’ambiente che lo circonda, non entra nulla e non esce nulla (non ha scambio di energia, informazioni con l’ambiente circostante; un sistema chiuso in natura praticamente non esiste); • i sistemi chiusi sono di natura puramente teorica, sono usati soprattutto in matematica e fisica per studiare determinati fenomeni in alcune situazioni. linearità-non linearità linearità • un sistema è lineare quando risponde in modo direttamente proporzionale agli input ricevuti; • esempi: – un rubinetto: aumentando la rotazione della manopola, aumenta l’uscita dell’acqua in modo proporzionale – una molla con un peso: tirandola con più forza risponderà con ampiezza proporzionale e in un tempo proporzionale linearità-non linearità non-linearità • può succedere che la risposta non sia proporzionale: – la molla risponde in modo lineare fino a una certa soglia, poi non risponde in modo lineare fino a una soglia, superata questa si deforma; – il rubinetto potrebbe essere difettoso linearità-non linearità non-linearità • “non lineare” significa che, anche variando in modo regolare l’input, l’output può comportarsi in modo non regolare e in modo non proporzionale alla variazione dell’input. determinismo-non determinismo – determinismo: un sistema ha un comportamento prevedibile, determinato da ciò che è passato; – determinismo: il risultato è sempre determinato dalle condizioni precedenti; – determinismo: lo stato di un sistema è determinato da quello precedente e determina quello futuro determinismo-non determinismo non determinismo • una molla portata in un ambiente dove non c’è gravità, non si comporta allo stesso modo di quando è situata a livello del mare; • a volte riprendiamo la nostra chitarra, dopo tanto tempo, e troviamo le corde “scordate”; • a volte accendiamo la lavastoviglie e non si ha l’avviamento; causalità-non causalità causalità • identici effetti derivano da cause identiche • la causa è ciò che produce inevitabilmente l’effetto, quindi se si conosce la causa, si deve necessariamente poter prevedere l’effetto causalità-non causalità non causalità • un apprendimento può derivare da una situazione a-didattica ma anche da una non didattica o, forse anche, da una didattica insieme a una a-didattica; • una molla può restituire lo stesso effetto se applico una certa forza oppure se applico una forza diversa però sposto il sistema molla/peso ad una certa altitudine; • una persona gira la testa da una parte per diverse motivazioni; sistemi complessi • un sistema complesso è un sistema aperto, formato da numerosi elementi che interagiscono tra loro e che costituiscono un’entità unica, organizzata e dinamica, capace di evolvere e di adattarsi all’ambiente; in esso vige non linearità, non determinismo, non causalità*; • “capace di evolvere e di adattarsi”, si intende dire che i sistemi complessi sono capaci di “sentire” cosa succede nell’ambiente che li circonda, di reagire in modo intelligente a questi stimoli e mutamenti ambientali, di evolvere, trasformando le loro stesse strutture in modo da adattarsi all’ambiente; * tratto e modificata da Gandolfi A., 2013, Formicai, imperi, cervelli. Introduzione alla scienza della complessità, Bollati Boringhieri, Torino sistemi complessi emergenza • si ha un comportamento emergente quando un sistema mostra proprietà non prevedibili sulla base delle leggi che governano le sue componenti prese singolarmente; • nel tessuto che collegano queste, infatti, si attivano relazioni reticolari che fanno emergere degli imprevisti comportamenti che non le caratterizzano; sistemi complessi • Ciò dipende dalla non linearità del sistema. I comportamenti di un sistema lineare si ottengono per somma di quelli delle singole componenti e sono sicuramente dipendenti dalle loro caratteristiche; • però quando non esiste linearità e le componenti sono strutturate a rete, con collegamenti multipli e soggetti a feedback, allora il risultato è un nuovo comportamento diverso da quello della somma delle parti. Questo è un comportamento emergente. sistemi complessi feedback • in una sequenza di processi, possono esisterne alcuni che influenzano altri che li precedono • un feedback positivo, rafforza il sistema senza un intervento esterno; • un feed-back negativo stabilizza il sistema sistemi complessi feedback • quando la temperatura ambientale scende al di sotto di un valore prestabilito, il termostato fa partire un segnale che aziona il riscaldamento; • quando la temperatura va sopra un limite stabilito si diminuisce la temperatura dell’acqua; quando va sotto si aumenta la temperatura. complicato e complesso • il termine complessità non va messo in relazione oppositiva con il termine semplicità; così facendo si confonde il termine complessità con quello di complicatezza. • complicato deriva dal latino cum plicum, cioè con piega; complesso deriva dal latino cum plexum, cioè con nodo. Il primo rimanda alla possibilità di spiegare (aprire la piega) per leggere e comprendere; il secondo richiama l’impossibilità di poter dipanare un intreccio di fili, come quello di un tappeto, senza perdere il senso dell’insieme. (De Toni A.F., Comello L., 2007, pp. 15-16). complicato e complesso • il suo tessuto può essere ridotto nelle sue parti (i suoi fili), però si perde il senso complessivo dell’ordito. Ridurre nelle parti non spiega il tutto. • un sistema complicato può essere ridotto alle sue parti e studiato attraverso esse e poi ricomposto. • un sistema complesso può essere analizzato e studiato nella sua interezza (De Toni A.F., Comello L., 2007, pp. 15-16). profilo dei sistemi complessi • alto numero di elementi • ha una struttura di rete • interazioni non lineari, non deterministiche, non causali fra gli elementi • presenza di feedback positivi e negativi • è un sistema aperto • è dinamico: non è statico e immobile; reagisce agli stimoli ambientali e può evolvere, spesso adattandosi all’ambiente • si generano comportamenti emergenti situazioni didattiche e complessità • una situazione didattica può essere considerata un sistema aperto e dinamico. • è un sistema aperto in quanto non è chiusa in se stessa, non è autoreferenziale; in qualsiasi momento gli attori interagiscono e possono interagire con l’esterno; • è un sistema dinamico, in quanto non tende ad una stabilizzazione, ma è costantemente in una tensione regolativa fra decisioni e conseguenti cambiamenti. situazioni didattiche e complessità • una situazioni didattica, come moltitudine di sistemi studente-docente-sapere, è un sistema complesso e non solo complicato. Il suo essere complicato è dovuto alla moltitudine degli eventi didattici rilevabili: ciascuno di essi è inserito in una serie temporale relativa a tutti quelli di ogni singolo studente; • ciascuna serie può essere rappresentata con una spezzata che collega tutti gli eventi rilevati; per ciascuno studente una linea spezzata e, quindi tante spezzate, una per ciascuno studente. Lo studio di questo sistema in questi termini è complicato • tuttavia la complessità non è connessa a questa problematicità, • ma alla non causalità, non linearità, non determinismo; • studiandolo nelle singole componenti, non è possibile individuare quali valori queste debbano avere perché si abbiano prevedibili risultati rilevabili nel successivo evento; • non si riesce a prefissare il successivo stato, dato quello dell’evento precedente; • in un sistema complesso non c’è un rapporto di causaeffetto che guidi le relazioni tra le sue parti; • sono relazioni ramificate, circolari e ricorsive che non originano e non hanno fine vivendo in un perenne stato interconnesso. complessità • Morin in Le Method, fondamentale opera scritta in sei volumi dal 1977 al 2004, fornisce il suo pensiero sulla complessità che si presenta come un edificio a più piani. • La base è costituita dalla teoria dell’informazione, dalla cibernetica e dalla teoria dei sistemi; nell’insieme esse conducono ad una teoria dell’organizzazione; il secondo piano mette a disposizione gli strumenti, le idee di von Neumann, von Foerster e Prigogine, necessari per una teoria dell’autorganizzazione dei sistemi. Morin aggiunge un suo piano con alcuni suoi elementi: il principio dialogico, il principio di ricorsione e il principio ologrammatico. Morin - Principio dialogico • «Che cosa significa dialogica? Significa che due logiche, due “nature”, due principi sono connessi in un’unità senza che con ciò la dualità si dissolva nell’unità». È un invito a non selezionare e, quindi, scartare fra opzioni diverse e antagoniste. Occorre capire il dialogo fra posizioni teoriche differenti, dialogare con esse e farle dialogare; solo così si riesce a capire la complessità della realtà. Morin E., 2007, pp. 33-34, in Bocchi G., Ceruti M. Morin - Principio ricorsivo • Il principio di retroazione, che sostanzia la ricorsione, permette a un effetto di retroagire sulla causa innescando un processo ciclico. La retroazione può svolgere il suo compito nel regolare il sistema: in un termostato, quando la temperatura sale si invia un feed-back negativo e quando la temperatura scende si invia un feedback positivo; in questo modo la temperatura dell’acqua rimane costante sul valore stabilito. Nella retroazione causa ed effetto si richiamano e si sostanziano. L’effetto diventa la causa che rigenera un nuovo effetto e così via. Morin - Principio ricorsivo • Pensando all’ambito informatico, una funzione ricorsiva è una funzione che richiama se stessa. Ad esempio una funzione ricorsiva che fa muovere sullo schermo un oggetto X, potrebbe avere la seguente struttura: – funzione MUOVI – muovere di 10 passi l’oggetto X – MUOVI – Fine funzione Morin - Principio ologrammatico • «[…] L’ologramma è un’immagine fisica le cui qualità (prospettiche, di colore, ecc.) dipendono dal fatto che ogni suo punto contiene quasi tutta l’informazione dell’insieme che l’immagine rappresenta»; • ciò è vero anche nei sistemi sociali. Fin da piccoli gli individui assumono le regole della cultura nella quale sono immersi e tale assuefazione continua per tutta la vita. In questo modo la società entra in noi. Ciascun individuo è un piccolo mondo. Morin E., 2007, pp. 28, in Bocchi G., Ceruti M.