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Finanza Aziendale Internazionale
Finanza Aziendale Internazionale
Sede di Treviso - a.a. 2006/2007
Lezione n. 1
Il contesto finanziario internazionale
Letture di riferimento:
D.K. Eiteman, A.I. Stonehill, M.H. Moffet, Multinational Business Finance, Cap. 2
A.
Il mercato valutario internazionale
Il mercato dei cambi, o Foreign Exchange Market (FOREX), è ad oggi un
mercato:
• di grandi dimensioni: con un volume di contrattazioni di circa 2mila miliardi
di dollari al giorno è il mercato più grande del mondo,
• globale: comprende contrattazioni sulle valute di tutti i paesi (in particolare
dopo la seconda guerra mondiale l’aumento degli scambi di valuta e le barriere
architettoniche hanno aumentato la specializzazione produttiva e la
formazione di tre “habitat valutari”: ¥, €, USD),
• liquido, efficiente e dinamico, grazie allo sviluppo dell’IT;
• in quanto globale, aperto 24 ore al giorno dalla domenica sera (apertura della
Borsa di Auckland) al venerdì sera (chiusura della Borsa di New York).
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B.
Il sistema monetario internazionale e la
finanza aziendale internazionale
•
A partire dagli anni ’70 la volatilità delle valute è divenuta una componente
strutturale del sistema economico internazionale.
•
Questo elemento condiziona gli equilibri delle imprese sotto i profili
– finanziario, esponendole a rischi di cambio e di tasso di interesse;
– reale, influenzando i comportamenti della domanda e la convenienza economica a
produrre in determinati ambiti geografici.
•
La dinamica del sistema monetario internazionale è determinata da diverse
forze che condizionano i flussi di domanda e di offerta di valute. Gli equilibri
che ne derivano non sono influenzabili da nessuno dei partecipanti al mercato
e la loro dinamica rappresenta una fonte di rischio non controllabile
•
La conoscenza degli elementi alla base degli equilibri monetari internazionali
è quindi fondamentale per chi si occupa di finanza aziendale internazionale
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C.
Evoluzione storica del sistema monetario
internazionale
• Solo dopo l’avvento della rivoluzione industriale ed il consolidamento
degli stati nazionali si può parlare in senso proprio in un sistema
monetario internazionale.
• L’evoluzione storica di questo sistema può essere articolata in fasi
storiche a cavallo del secondo conflitto mondiale e dei conseguenti
accordi di Bretton Woods del 1944:
–
–
–
–
–
Il Gold Standard (1876-1913)
Il periodo fra le due guerre mondiali (1914-1944)
Il periodo di cambi fissi (1945-1973)
Il periodo più recente (1973-2001)
Avvento dell’EURO (2002 – oltre)
• Le singole fasi storiche meritano alcuni brevi approfondimenti
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C 1. Gold Standard (1876-1913)
•
Nonostante il 1867 (Conferenza di Parigi) sia considerato convenzionalmente
l’anno d’inizio del Gold Standard, giá tra il 1816 e il 1821 l’Inghilterra comincio
ad utilizzare la convertibilita in oro (probabilmente in conseguenza della teoria
di Ricardo, resa nota in tre lettere anonime al Times, sul meccanismo dei flussi
di oro come compensazione degli squilibri della bilancia commerciale, nata
come critica alla cospicua emissione di banconote da parte della Bank of
England, non corrispondente ai relativi depositi in oro)
•
Si tratta di un sistema monetario nel quale il valore delle singole valute era
determinato in funzione delle quantità di riserve di oro disponibili nei singoli
stati sovrani.
•
In questo contesto l’Impero Inglese svolgeva in ruolo di riferimento in quanto
titolare della maggiore quantità di riserve di oro (assieme alla Francia e agli
Stati Uniti deteneva nel 1913 il 62% delle riserve d’oro per un totale di circa
3500 tonnellate). Eventi bellici e politici che spostavano disponibilità di riserve
oro tendevano ad influenzare il valore delle monete.
•
Il limite di questo sistema derivava dai differenti tassi di sviluppo a lungo
termine delle economie e delle riserve di oro.
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C 1. Gold Standard (1876-1913)
(segue)
•
Le banche centrali dichiaravano una parità fissa alla quale erano disposte a
cambiare banconote e monete con oro; ad esempio la Sterlina Britannica era
convertibile sulla base della parità 1 oncia di oro = 4,2474 sterline.
•
I cambi fra le valute risultavano quindi predeterminati sulla base dei rapporti
di cambio fissati dalle Banche centrali.
•
Ogni moneta nazionale aveva un contenuto di oro fissato per legge: una
sterlina era rappresentata da 7,322 gr. d’oro, un dollaro americano da 1,505 gr.
D’oro, quindi il cambio della sterlina in dollari era di 4,865. Non tutte le
monete erano però convertibili in oro, la lira italiana ad esempio doveva essere
prima convertita in una valuta convertibile (ad as. Sterlina, Dollaro, Marco…)
e successivamente convertita in oro.
•
In realtà non tutti i paesi adottarono il Gold Standard: molti paesi dell’Asia
continuarono a mantenere l’argento come valuta principale (in ragione del
fatto che possedevano maggiori scorte di tale metallo prezioso).
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C 2. Il periodo fra le due guerre mondiali
(1914-1944)
• La prima guerra mondiale destabilizzò il sistema monetario, minando i
fondamenti su cui era costruito.
• Il maggiore interscambio internazionale conseguente al conflitto
accentuò il rilievo dei flussi di import-export sulla determinazione dei
tassi di cambio
• Si giunse ad un parziale equilibrio dopo che gli Stati Uniti decisero di
introdurre nuovamente la convertibilità della valuta in oro (il prezzo di
1 oncia d’oro fu fissato in 35 USD), limitatamente agli scambi fra
banche centrali (c.d. Gold Standard spurio).
• Il dollaro assunse progressivamente il ruolo di valuta di riferimento
negli scambi internazionali, riducendo il peso della Sterlina Britannica
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C 3. Bretton Woods (1944) e il periodo di cambi
fissi (1945-1973)
• La Conferenza Monetaria e Finanziaria delle Nazioni Unite avvenuta a
Bretton Woods al termine delle seconda guerra mondiale, mirava a
costruire un sistema monetario internazionale in grado di consentire la
ricostruzione dell’Europa.
• Gli accordi prevedevano il Dollaro come unica valuta convertibile in
oro; le altre valute potevano essere solamente convertite in Dollari (la
Sterlina perde anche il suo peso simbolico e il Dollaro si riprende dopo
la Grande Depressione del 1929).
• La stabilità del sistema veniva governata attraverso due istituzioni
finanziarie (Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale)
nonché con la creazione dei diritti speciali di prelievo (SDR), valuta
paniere utilizzata per gli interventi delle due istituzioni nel sistema.
• Il valore degli SDR viene ancora oggi determinata giorno per giorno in
base alla valutazione di un paniere composto da 4 monete (Yen,
Dollaro, Sterlina, Euro) e la quota disponibile per ogni paese dipende
dal peso relativo di ogni stato nel FMI
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C 3. Bretton Woods (1944) e il periodo di cambi
fissi (1945-1973)
•
•
•
Il sistema nato a Bretton Woods consentì all’Europa la ricostruzione e la
rinascita economica dopo le vicende belliche della seconda guerra mondiale,
grazie anche alla stabilità dei cambi che ne conseguì.
Ponendo gli USA al centro degli equilibri monetari internazionali, gli accordi
riconoscevano alla nazione vincitrice del conflitto lo status di “potenza
economica”. Contemporaneamente la eleggevano al ruolo di banchiere
centrale su scala globale.
Il FMI si proponeva non tanto di ripristinare la convertibilità della valute in
oro, ma piuttosto che l’oro venisse di nuovo a ricoprire un ruolo fondamentale
in quanto:
 base per le riserve valutarie,
 strumento per determinare l’equilibrio della bilancia commerciale,
 unità di misura del valore delle singole valute.
•
In questo nuovo sistema definito Gold Standard Internazionale, il Dollaro
fungeva da intermediario fra l’oro e le altre valute e i paesi delle Nazioni Unite
furono costretti a determinare il valore della propria moneta in once d’oro e a
mantenere fisso tale parametro creando cosi un sistema di cambi fissi legato al
Dollaro.
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C 4. Fine degli accordi di Bretton Woods
Cause della crisi degli accordi:
• la crescita della massa monetaria in dollari non poteva soddisfare
contemporaneamente le esigenze interne dell’economia USA e quelle
esterne del commercio internazionale,
• le riserve auree detenute dagli Stati Uniti raggiunsero il picco del 78%
di tutte le riserve mondiali nel 1967, ma scesero al 21% nel 1971 (il
finanziamento del Vietnam del Sud nella Guerra del Vietnam “brucia”
molte delle risorse degli USA),
• la ripresa post bellica dell’Europa e del Giappone è molto più repentina
di quanto avessero previsto gli americani.
Nel periodo 1971-1973 gli USA abbandonarono la piena
convertibilità del dollaro, decretando la fine degli accordi del 1944.
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C 5. Il periodo più recente (1972-2001)
•
•
•
•
Il primo tentativo per salvare la situazione viene fatto nel 1972 dagli USA, che con il
Smithsonian Agreement tentano di mantenere stabile il sistema di cambi, imponendo una
banda di oscillazione massima del 2,25%,
Successivamente l’Europa cerca di rafforzare le proprie valute creando il Fondo Europeo
di Cooperazione Monetaria,
Il mercato valutario internazionale continua comunque ad essere instabile e la crisi
petrolifera del 1973 contribuisce a far fallire i tentativi europei ed americani: ha così inizio
il sistema di libera fluttuazione del sistema valutario internazionale!
Il Dollaro in pochi mesi si svaluta di oltre il 10%: passa da 3,2 DEM per USD nel febbraio
1973 a 2,3 nel luglio 1973.
Fonte: Bloomberg
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C 5. Il periodo più recente (1973-2001)
•
Dopo continue crisi valutarie, nel 1978, nel tantativo di stabilizzare il proprio sistema
valutario nonche’ di svincolarsi dal Dollaro, l’Europa fonda lo SME.
Sempre nel 1978, a Bruxelles, viene creata la nuova unitá monetaria europea: l’ECU.
Tale unitá di conto ha un valore pari alla media ponderata (il peso dipende
dall’importanza economica del paese) delle 12 valute europee di cui è composta:
•
 0,6242 marchi tedeschi,
 1,332 franchi francesi,
 0,08784 sterline,
 151.8 lire italiane,
 0.2198 fiorini olandesi,
 3.301 franchi belgi,
•
 0.13 franchi lussemburghesi,
 0.1976 corone danesi,
 0.008552 sterline irlandesi,
 1.44 dracme greche,
 6.885 pesetas spagnole,
 1.393 escudos portoghesi.
Gli anni che seguono vedono un alternarsi di crisi valutarie:
 nel 1985 i membri G7 sono costretti ad accordarsi per svalutare il
dollaro (dirty floating),
 nel 1992 la Lira italiana e la Sterlina si svalutano pesantemente.
• Nel 1992 il trattato di Maastricht sancisce la nascita dell’Unione Monetaria
Europea, primo passo per l’introduzione della nuova moneta unica, l’EURO, che dal 1
gennaio 1999 sostituirá il paniere ECU (cambio 1:1) e comincerá ad avere valore
scritturale e dal 1 gennaio 2002 comincerá a circolare.
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D. Requisiti ottimali di una valuta e convenienza
dei regimi monetari
• La stabilità del cambio agevola gli scambi internazionali e
dovrebbe disciplinare il funzionamento dell’economia.
• Il persistere di regimi di cambio rigidi seppure in caso di mancato
effetto di riduzione dei gap economici di un paese può provocare
effetti devastanti.
• Una valuta ideale dovrebbe quindi:
– avere un valore fisso;
– caratterizzarsi per una piena convertibilità;
– disporre di un referente di politica monetaria.
• Le difficoltà nel conciliare questi tre aspetti sono alla base di
esempi di successo nella conduzione di politiche valutarie
(creazione dell’EURO) ed anche di insuccesso, divenendo
presupposti di crisi finanziarie internazionali
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E. Il Sistema Monetario Europeo e l’EURO
• A partire dal 1 gennaio 2002 le valute nazionali di 12 dei
15 paesi appartenenti all’Unione Europea sono state
sostituite dall’EURO. I cambi delle singole valute rispetto
all’Euro sono riportati nell’exhibit 2.5, da integrare con il
valore per la Dracma Greca, cambiata sulla base del
rapporto 1 EUR = 340,75 GRD
• L’introduzione fisica dell’EURO è solo l’ultimo di una
serie di passaggi pianificati al fine di:
– far convergere le economie dei Paesi aderenti;
– costituire una banca centrale capace di condurre una politica
monetaria unitaria;
– omogeneizzare le dinamiche economiche future dei singoli paesi
partecipanti all’accordo.
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E. Il Sistema monetario Europeo e l’EURO
(segue)
•
Purtroppo, la dinamica dei cambi dell’Euro è particolarmente volatile, come
dimostra il grafico sottostante
Fonte: Bloomberg
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F.
Le crisi internazionali
• Nel corso degli ultimi anni si sono accentuate per intensità
e ricorrenza crisi internazionali che hanno messo a dura
prova il sistema monetario internazionale. Di seguito
verranno presentati i tratti salienti delle seguenti crisi
economiche:
»
»
»
»
1997: Crisi Asiatica
1998: Crisi Russa
1999: Crisi Brasiliana
2001-2002: Crisi Argentina
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F 1. Crisi Asiatica (1997)
•
•
•
•
•
La crisi asiatica venne innescata da cambiamenti strutturali nelle economie dei
paesi emergenti esistenti in quelle aree;
Lo sviluppo di questi paesi li trasformò progressivamente da esportatori netti ad
importatori netti creando così un fabbisogno netto di valuta estera: la riduzione
improvvisa dei capitali dall’estero sommata ad una fuga dei capitali esogeni, ha
messo in evidenza la fragilitá di un sistema fondato sul credito e sulla
circolazione dei capitali;
In una prima fase tale fabbisogno venne coperto con gli afflussi di valuta
derivanti dagli investimenti di operatori non domestici; successivamente la
svalutazione delle valute domestiche fu inevitabile e questo perchè si è
liberalizzato il mercato dei capitali prima di dar vita ad un sistema valutario
flessibile;
La crisi prese avvio in Thailandia (con una svalutazione della valuta pari al
38%) con un successivo effetto di propagazione alle altre nazioni presenti in
quell’area (cfr. exhibit 2.7 e 2.8);
Come spesso accade la crisi valutaria è l’espressione più evidente di una crisi
economica più complessiva che nel caso asiatico riguarda anche gli aspetti di
politica economica dei singoli stati, governo delle imprese (elevati rapporti
d’indebitamento, liquidità del sistema bancario, corruzione, conflitti
d’interesse.
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F 2. Crisi Russa (1998)
• La crisi Russa è la conseguenza del processo di transizione politico ed
economico che ha investito il paese.
• L’innesco della crisi fu causato dall’ammontare di debito contratto
all’estero dal Governo ed altri soggetti economici nelle prime fasi della
transizione (1995 – inizi 1998) durante le quali i cambi del Rublo
erano artificialmente elevati rispetto alle principali valute occidentali.
• Con un sistema di fluttazione del cambio controllata entro una banda
prestabilita (managed float), la Banca Centrale cercò di mantenere la
stabilitá valutaria. In realtá quest’operazione non fece altro che
contribuire al progressivo assottigliamento delle riserve valutarie del
paese.
• Alla fine la pressione del mercato fu tale che si passò ad un regime di
libera fissazione del cambio, creando una forte svalutazione, come
illustrato nel seguente grafico.
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F 2. Crisi Russa (1998)
Fonte: Bloomberg
•
La gravità della crisi valutaria sommata ad un pesante deficit della bilancia
commerciale, ad un peggioramento del Pil del 4%, ad un aumento
dell’indebitamento sul breve/brevissimo periodo e all’aumento dei tassi
d’interessi reali dal 15% all’inizio del 1998 fino al 30% all’apice della crisi
nell’agosto, fu tale da protrarsi ben oltre il 1998 nonostante il FMI fosse
intervenuto piú volte con cospicui finanziamenti.
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F 3. Crisi Brasiliana (1999)
• La crisi brasiliana fu ampiamente annunciata dagli osservatori; non si
trattava di definire l’opportunità della svalutazione della valuta locale
(il Real) bensì la tempistica e la dimensione.
• La crisi venne innescata dal fatto che nei tassi di cambio nominali non
era incorporata né l’inflazione patita dal Brasile né la ridotta crescita
economica (cfr. exibit 2.10)
• La crisi ebbe il suo apice nelle prime settimane del gennaio ’99, come
illustra l’exibit 2.11 e si caratterizzò per una dinamica negativa
congiunta della valuta (exibit 2.12) e della borsa in conseguenza di un
significativo deflusso di capitali all’estero
• Il ristabilimento delle performance della borsa valori brasiliana
avvenne solo su orizzonti temporali più lunghi (fine 1999) come
dimostra l’exibit 2.13.
• Sebbene la dinamica del mercato borsistico sia stata negativa non tutte
le imprese patirono effettivamente gli effetti della crisi; talune
osservarono consistenti crescite del corso dei propri titoli azionari
come illustra l’exibit 2.14
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F 4. Crisi Argentina (2001-2002)
• Nel testo l’Argentina è segnalato fra i paesi che hanno adottato un
regime di cambi fissi rispetto al dollaro (parità unitaria)
• Similmente al caso brasiliano, però, tale livello dei cambi si è
dimostrato incompatibile con la realtà economica del paese, portando
dapprima notevoli disagi alla popolazione (difficoltà nel recuperare
mezzi liquidi) e successivamente all’abbandono della parità con il
dollaro.
• Nei grafici che seguono sono riportati:
1. Alcuni dati macro-economici argentini
2. L’evidenza della dinamica dei tassi di interesse argentini
3. Il confronto fra la dinamica dei tassi a breve in pesos ed in dollari per gli
emittenti argentini
• Malgrado i dati, i possibili sviluppi della crisi argentina non sono
ancora ad oggi completamente definiti
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1. Alcuni dati macroeconomici argentini
Argentina
Economic Indicators Summary, 1998 - 2003
GDP (real ann. %-chg)
Inflation (CPI, ann. var. in %)
Exchange Rate (Peso/US$ eop)
Current Account Balance (US$ m)
Inflation (CPI, ann. var. in %)
Inflation (WPI, ann. var. in %)
Money (annual var. of MB in %)
Money (annual var. of M1 in %)
Money (annual var. of M2 in %)
Money (annual var. of M3 in %)
Interest Rate (CB Dep, 30-59d %)
Exchange Rate (Peso/US$ eop)
1998
1999
3.9
-3.4
0.7
-1.8
1.000
1.000
-14,510 -11,949
2000
-0.8
-0.7
1.000
-8,989
2001
-4.4
-1.5
1.000
-3,853
2002
-10.9
41.0
3.360
8,600
2003
8.8
3.7
2.933
7,658
0.7
-3.2
2.5
1.5
-1.8
-3.8
0.7
-1.0
-0.7
4.0
-8.6
-2.4
-1.5
-2.3
-20.5
-5.0
41.0
118.0
143.3
44.3
3.7
2.0
59.1
48.0
4.6
10.3
7.6
1.000
-2.4
2.3
10.3
1.000
-2.4
4.4
12.3
1.000
-13.1
-22.6
7.4
1.000
52.1
3.9
20.7
3.360
50.4
44.8
3.7
2.933
Fonte: www.latin-focus.com
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2. Evidenza della dinamica dei tassi di interesse argentini
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Argentina
Interest Rates, 1995 - 2005
Note: Average monthly 30-59 day Central Bank time deposits.
Source: Banco Central de la República Argentina.
Source: www.latin-focus.com
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3. Il confronto fra la dinamica dei tassi a breve
in pesos ed in dollari per gli emittenti argentini
Source: http://www.clevelandfed.org/ (Federal Reserve Bank of Cleveland)
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