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Criteri e Standard di qualità dell`aria

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Criteri e Standard di qualità dell`aria
Criteri e Standard di
qualità dell’aria
Clean Air Act

1948 Donora – Pennsylvania
20 morti – 6.000 intossicati

1952 Londra
3.000 morti – centinaia di migliaia di intossicati




1963 Originale Clean Air Act
1970 Legge Federale Clean Air Act
1970 Creazione EPA
1990 Revisione ed espansione Clean Air Act
e aumento poteri EPA
Criteri di qualità dell’aria










Inquinanti mediante la misura dei quali è
possibile ottenere informazioni circa la
qualità, la salubrità dell’aria
Monossido di carbonio CO
Diossido di zolfo SO2
Ozono O3
Biossido di azoto NO2
Composti organici volatili COV
Benzene C6H6
Materiale Particolato PM10 PM2.5
Metalli: Piombo Pb Cadmio Cd Arsenico As Nichel Ni
Benzo(a)pirene C20H12
Standard di qualità dell’aria




Concentrazioni massime permesse degli
inquinanti considerati criteri di qualità
dell’aria
Primari – per la salute pubblica
Secondari – per il benessere generale
Variano da stato a stato a seconda di fattori
politici, economici e tecnologici
D.Lgs. 155/2010 modifiche D.Lgs. 250/2012
Attuazione della Direttiva 2008/50/CE
relativa alla qualità dell'aria ambiente e per
un'aria più pulita in Europa

Definizioni puntuali
Limiti e valori di riferimento per vari inquinanti
Modalità di misura degli inquinanti
Numero e criteri di collocazione delle
postazioni di monitoraggio
Metodologie per la “zonizzazione”
Comunicazione delle informazioni
Procedure di attuazione dei piani di riduzione

…






D.Lgs. 155/2010 – definizioni




Inquinante: qualsiasi sostanza presente nell’aria
ambiente che può avere effetti dannosi sulla salute
umana o sull’ambiente nel suo complesso
Livello: concentrazione nell'aria ambiente di un
inquinante o deposizione di questo su una
superficie in un dato periodo di tempo
Valore Limite (VL): livello che deve essere
raggiunto entro un termine prestabilito e che non
deve essere successivamente superato
Margine di Tolleranza: percentuale del valore limite
entro la quale è ammesso il superamento del valore
limite stesso
D.Lgs. 155/2010 – definizioni



Valore Obiettivo: livello da conseguire, ove
possibile, entro una data prestabilita
Obiettivo a lungo termine: livello da
raggiungere nel lungo periodo mediante misure
proporzionate
Livello Critico: livello oltre il quale possono
sussistere rischi o danni per ecosistemi e
vegetazione, non per gli esseri umani
D.Lgs. 155/2010 – definizioni


Soglia di Allarme: livello oltre il quale sussiste
pericolo per la salute umana per la popolazione
nel suo complesso in caso di esposizione di
breve durata ed il cui raggiungimento impone
di adottare provvedimenti immediati
Soglia di Informazione: livello oltre il quale
sussiste pericolo per la salute umana per
alcuni gruppi particolarmente sensibili della
popolazione nel suo complesso in caso di
esposizione di breve durata e il cui
raggiungimento impone di fornire informazioni
adeguate e tempestive
D.Lgs. 155/2010 – obiettivi di qualità
I livelli sono fissati in base alle conoscenze
scientifiche, incluse quelle relative alle migliori
tecnologie disponibili, al fine di evitare,
prevenire o ridurre gli effetti nocivi di un
inquinante per la salute umana e per
l'ambiente nel suo complesso
D.Lgs. 155/2010 – valutazione




Metodi UNI EN o a equivalenza certificata
Qualità attuale dell’aria ambiente per
individuare le misure da adottare
Tendenze a lungo termine
Valutazione degli effetti delle misure
adottate
D.Lgs. 155/2010 – zonizzazione
Per la valutazione della qualità dell’aria ambiente
e per la pianificazione di interventi
 Individuazione degli Agglomerati




assetto urbanistico
popolazione residente
densità abitativa
Suddivisione del territorio in Zone omogenee




carico emissivo
grado di urbanizzazione del territorio
caratteristiche orografiche
caratteristiche meteo-climatiche
D.Lgs. 155/2010 – informazione





Superamenti registrati: località, tipo di soglia
superata, data, ora di inizio e durata del fenomeno,
[c] oraria più elevata e [c] media più elevata su 8h
Previsioni fenomeno: evoluzione del fenomeno con
l’indicazione dell’area geografica prevedibilmente
interessata dai superamenti
Popolazione colpita: informazione sui gruppi di
popolazione a rischio
Possibili
effetti:
descrizione
dei
sintomi
riscontrabili nei gruppi di popolazione a rischio
Condotta raccomandata: precauzioni che i gruppi
interessati devono prendere; riferimenti per
ottenere ulteriori informazioni
D.Lgs. 155/2010 – piani di riduzione
Piani di riduzione del rischio di superamento dei valori
limite, valori obiettivo e soglie di allarme

Adottati solo in caso di vantaggio significativo






Criteri per limitare la circolazione di veicoli a motore
Valori limite di emissione per impianti industriali,
impianti di trattamento rifiuti, attività agricole,
allevamenti
Limiti e condizioni di utilizzo di particolari combustibili
Limiti di utilizzo di combustibili in impianti termici civili
Prescrizioni per prevenire/limitare emissioni da mezzi
usati in cantiere e da navi all’ormeggio
Prescrizioni di limitazione delle combustioni all’aperto
(ambito agricolo, forestale e di cantiere)
Monossido di carbonio – CO

Gas incolore, inodore e insapore
Livelli CO fissati dal D.Lgs 155/2010
UNI EN 14626:2005
Metodo
Valore limite
10
mg/m3
media massima giornaliera
calcolata su 8 h
Diossido di zolfo – SO2


Gas incolore, odore acre e pungente
Altamente solubile in acqua
Livelli SO2 fissati dal D.Lgs 155/2010
Metodo
Valore limite
Valore limite
Livello critico
Soglia di allarme
UNI EN 14212:2005
350 µg/m3 media 1 h
da non superare
più di 24 volte per
anno civile
125 µg/m3 media 24 h
da non superare
più di 3 volte per
anno civile
20 µg/m3
media annuale
500 µg/m3 misurata su 3 h consecutive
Biossido di azoto – NO2


Gas rosso-bruno, odore forte e pungente
Energico ossidante
Livelli NO2 fissati dal D.Lgs 155/2010
Metodo
Valore limite
UNI EN 14211:2005
200 µg/m3 media 1 h
da non superare
più di 18 volte per
anno civile
Valore limite
40 µg/m3
media annuale
Livello critico
30 µg/m3
media annuale come NOx
Soglia di allarme
400 µg/m3 misurata su 3 h consecutive
Ozono – O3


Gas bluastro, odore pungente agliaceo
Altamente reattivo e energico
ossidante
Livelli O3 fissati dal D.Lgs 155/2010
Metodo
UNI EN 14625:2005
Valore obiettivo
120 µg/m3
media 8 h
Soglia di
informazione
180 µg/m3
media 1 h
Soglia di allarme
240 µg/m3
media 1 h
da non superare
più di 25 volte per
anno civile
(media su 3 anni)
misurata su 3 h
consecutive
Livelli O3 fissati dal D.Lgs 155/2010
Metodo
Obiettivo a lungo
termine –
protezione della
salute umana
Livello critico
Obiettivo a lungo
termine protezione della
vegetazione
UNI EN 14625:2005
120 µg/m3
media 8 h
18.000 µg/m3 media 1 h
6.000 µg/m3
media 1 h
media su 5 anni
Composti organici volatili – COV


Tutti i composti organici, diversi dal
metano, provenienti da fonti
antropogeniche e biogeniche, che a
293,15 K hanno tensione di vapore 0,01
kPa o superiore
Idrocarburi saturi e insaturi, a molecola
lineare e non; specie ossigenate; specie
contenenti cloro o altri elementi
COV e D.Lgs 155/2010

Escluso il benzene, prevede la misura di
alcuni COV precursori di ozono, specifica il
metodo (allegato X D.Lgs 250/2012) ma non fissa livelli
•benzene
•formaldeide
•toluene
•NMHC
•1-butene
•isoprene
•etilbenzene
•etano
•trans-2-butene
•n-esano
•m- + p-xilene
•o-xilene
•etilene
•cis-2-butene
•isoesano
•acetilene
•1,3-butadiene
•n-eptano
•1,2,4-trimetilbenzene
•propano
•n-pentano
•n-ottano
•1,2,3-trimetilbenzene
•propene
•isopentano
•isottano
•1,3,5- trimetilbenzene
•n-butano
•1-pentene
•isobutano
•2-pentene
Benzene

Liquido volatile incolore, odore
aromatico pungente
Livelli Benzene fissati dal D.Lgs
155/2010
Metodo
Valore limite
UNI EN 14662:2005
5 µg/m3
media annuale
Materiale Particolato aerodisperso –
PM

Insieme di particelle solide e/o liquide a una
determinata granulometria aerodisperse
0,01 μm < diametro aerodinamico < 50 μm

Composizione chimica variabile

Fumo, polvere, nebbie
Livelli PM10 fissati dal D.Lgs 155/2010
Metodo
UNI EN 12341:1999
da non superare
più di 35 volte per
anno civile
Valore limite
50 µg/m3
media 24 h
Valore limite
40 µg/m3
media annuale
Livelli PM2.5 fissati dal D.Lgs 155/2010
Metodo
UNI EN 14907:2005
Valore limite
25 µg/m3
Obbligo di
concentrazione
di esposizione
20 µg/m3
media annuale
con margine di tolleranza 20% a
diminuire fino al 2015
media annuale
Idrocarburi policiclici aromatici –
IPA


Composti organici con 2 o più anelli
benzenici condensati
Volatili e semivolatili, generalmente
associati al particolato atmosferico
Livelli IPA (B[a]P) fissati dal D.Lgs
155/2010
Metodo
Valore obiettivo B(a)P
UNI EN 15549:2008
1 ng/m3
media annuale
analita presente sul PM10
Metalli pesanti



Convenzionalmente metalli con densità
maggiore di 4,5 g/cm3
Importanti per inquinamento atmosferico:
Pb As Ni Cd Hg
In atmosfera sono presenti prevalentemente
nel materiale particolato aerodisperso
Livelli metalli pesanti fissati dal D.Lgs
155/2010
Metodo
Valore limite Pb
UNI EN 14902:2005
annuale
0,5 µg/m3 media
metallo presente sul PM
10
Valore obiettivo As
6 ng/m3
media annuale
Valore obiettivo Cd
5 ng/m3
media annuale
Valore obiettivo Ni
20 ng/m3
media annuale
metallo presente sul PM10
metallo presente sul PM10
metallo presente sul PM10
Deposizione totale


Massa totale di sostanza inquinante (in det
area e periodo) trasferita dall’atmosfera alla
superficie terrestre; sia secca che umida
D.Lsg. 155/2010 ne prevede misura (µg/m2),
specifica metodi, ma non fissa livelli



UNI EN 15841:2010 (deposizione As, Cd, Ni)
UNI EN 15853:2010 (deposizione Hg)
UNI EN 15980:2010 (deposizione IPA)
EMISSIONI IN ATMOSFERA
Mauro Rotatori
CNR
ISTITUTO INQUINAMENTO ATMOSFERICO
Emissioni in Atmosfera
Inquinamento primario
Inquinamento secondario
Impatto sulla popolazione
Impatto sui singoli ecosistemi
Impatto sul clima (Global Changes)
Pressione sull’ambiente delle Emissioni
PRESSIONI
STATO
IMPATTO
RISPOSTE
Pressioni
• Emissioni puntuali
• Emissioni areali
•Emissioni lineari
•Emissioni diffuse
Stato
Inquinanti emessi da attività antropogeniche autorizzati e/o
misurati:
• Materiale particellare (PTS - PM10 - PM2,5 )
•Composti Organici Volatili (TOC - SOV - VOC)
•Metalli (Pb, Cr, Hg, Mn, V, Sb, ecc.)
•Biossido di Zolfo
•Ossidi di Azoto
•Monossido di carbonio
•Acidi alogenidrici (HCl, HF)
•Ammoniaca
•Microinquinanti organici (PCDD/F, IPA, PCB)
Impatto
Cause di impatto sull’ambiente
•Dispersione
•Formazione di inquinamento secondario
•Rimescolamento
•Ricaduta al suolo
•Persistenza degli inquinanti
Risposte
Integrazione tra le seguenti attività:
Controllo e vigilanza
Gestione impianti
Attività legislativa
La Caratterizzazione delle
Emissioni Serve a:
Quantificare un dato inquinante e controllarne l’andamento nel tempo.
 Verificare il rispetto dei limiti imposti.
Verificare l’efficienza ed il corretto funzionamento degli impianti produttivi e/o
di depurazione.
Individuare eventuali necessità di interventi correttivi.
Effettuare calcoli di dispersione o di ricaduta al suolo
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Fondamenti per il Controllo delle Emissioni
Deve seguire i criteri della qualità
Deve essere condiviso dall’ente controllore e dal soggetto
controllato
Deve avere le stesse procedure su tutto il territorio Europeo,
Nazionale e Regionale
Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta
D. Lgs. 152 del 3 aprile 2006
(Testo Unico Ambientale)
Recentemente aggiornato dal D.
Lgs. 29 giugni 2010, n. 128
Norme in materia di Tutela dell’Aria e di
Riduzione delle emissioni
Si applica a tutti gli impianti civili e
industriali ed alle attività che producono
emissioni in atmosfera
Sono esclusi gli impianti disciplinati dal D. Lgs. 133/05 recante attuazione
della Direttiva 2000/76/CE in materia di incenerimento di rifiuti;
Per gli impianti sottoposti ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), ai sensi della parte II,
titolo III-bis dello stesso D. Lgs. 152/06 e s.m.i. Tale autorizzazione sostituisce l’autorizzazione
prevista dal presente Decreto.
Dopo l’aggiornamento con D.Lgs. 128/2010 sono inoltre esplicitamente esclusi i depositi di oli minerali (art. 169,
comma 10), “gli impianti e le attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti” elencati nella 1^ parte dell’allegato
IV alla parte quinta (art. 272, comma 1) e gli impianti destinati alla difesa nazionale (art. 272, comma 5)
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta del D. Lgs. 152 del 3 aprile 2006
Norme in materia di Tutela dell’Aria e di Riduzione delle emissioni
Prevede l’abrogazione dei principali provvedimenti del
settore, come il DPR 203/1988 e il D.M. 12 luglio 1990
sugli impianti industriali ed il DPCM 8 marzo 2002 sulle
caratteristiche dei combustibili. Il decreto recepisce la
direttiva 2001/80/CE sui grandi impianti di
combustione con nuovi limiti alle emissioni
Titolo I: Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di
impianti e attività
Titolo II: Impianti termici civili
Titolo III: Combustibili
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Titolo che ha subito la maggiori
modifiche con il D. Lgs. 128/2010
Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010
ART. 268 (Definizioni): Nuove definizioni introdotte
Definizione di Stabilimento
h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un
complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico
gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più
attività che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili,
operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento
anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o più attività;
i) stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data del 1° luglio
1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi
della normativa previgente, e che è stato autorizzato ai sensi degli articoli
12 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
203;
i -bis ) stabilimento anteriore al 2006: uno stabilimento che è stato autorizzato
ai sensi dell’articolo 6 o dell’articolo 11 o dell’articolo 15, comma 1, lettera
b) , del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203,
purché in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008;
i -ter ) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di
cui alle lettere i) e i -bis );
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L’autorizzazione alle
emissioni in atmosfera di
cui all’art. 269 è rilasciata
non più all’impianto ma
allo stabilimento
Le vecchie definizioni di
impianto anteriore al
1988, impianto
anteriore al 2006 e
impianto nuovo sono
state mutuate nelle
rispettive definizioni di
stabilimento anteriore
al 1988, anteriore al
2006 e nuovo
Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010
ART. 268 (Definizioni): Nuove definizioni introdotte
Definizione di modifica dello Stabilimento
m) Modifica dello stabilimento: installazione di un impianto o
avvio di una attività presso uno stabilimento o modifica di un
impianto o di una attività presso uno stabilimento, la quale
comporti una variazione di quanto indicato nel progetto o nella
relazione tecnica di cui all’articolo 269, comma 2, o
nell’autorizzazione di cui all’articolo 269, comma 3, o nella
domanda di adesione all’autorizzazione generale di
cui all’articolo 272, o nell’autorizzazione rilasciata ai sensi del
decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, o
nei documenti previsti dall’articolo 12 di tale decreto; ricadono
nella definizione anche le modifiche relative alle modalità di
esercizio o ai combustibili utilizzati;
m-bis) Modifica sostanziale: modifica che comporta un
aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o
che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle
stesse […];
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Definizioni necessarie per regolamentare
l’aggiornamento e il rinnovo delle
autorizzazioni che, nel caso di modifica
sostanziale, comportano “un’istruttoria
limitata agli impianti e alle attività
interessati dalla modifica o, a seguito di
eventuale apposita istruttoria che dimostri
tale esigenza in relazione all’evoluzione
della situazione ambientale o delle migliori
tecniche disponibili, la rinnova con
un’istruttoria estesa all’intero stabilimento”
(art. 269, comma 8, come modificato dal
128/2010)
Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010
ART. 268 D. Lgs. 152/06 (Definizioni): Definizioni modificate
È eliminato il concetto che l’impianto
può costituire una fase del ciclo
produttivo più ampio, in quanto già
incluso nella definizione di stabilimento
l) impianto: il dispositivo o il sistema o l’insieme di dispositivi o sistemi
fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività,
anche nell’ambito di un ciclo più ampio;
n) gestore: la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa
l’installazione o l’esercizio dello stabilimento e che è responsabile
dell’applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate nel presente decreto;
Introdotto il concetto della
responsabilità
q) valore limite di emissione: il fattore di emissione, la concentrazione,
la percentuale o il flusso di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono
essere superati. I valori di limite di emissione espressi come concentrazione sono stabiliti
con riferimento al funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio più gravose
e, salvo diversamente disposto dal presente titolo o dall’autorizzazione, si intendono
stabiliti come media oraria;
v) soglia di rilevanza dell’emissione: flusso di massa, per singolo inquinante, o
per singola classe di inquinanti calcolato a monte di eventuali sistemi di
abbattimento, e nelle condizioni di esercizio più gravose dell’impianto, al di
sotto del quale non si applicano i valori limite di emissione;
ee) minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile
con l’esercizio dell’attività cui l’impianto è destinato;
gg) grande impianto di combustione: impianto di combustione
di potenza termica nominale non inferiore a 50MW. L’impianto di combustione
si considera anteriore al 1988, anteriore al 2006 o nuovo sulla base dei criteri
previsti dalle lettere i) , i -bis ) e i -ter ) ;
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Il periodo sottolineato è
stato introdotto per
chiarire l’applicazione
dei limiti di cui agli
allegati
Si chiarisce che il flusso di massa si
calcola anche per singola classe di
inquinanti in coerenza ai limiti di
cui all’allegato I
Scompare il concetto di condizioni dei regime:
nella vecchia definizione era il carico minimo di
processo compatibile con l’esercizio
dell’impianto in condizioni di regime
La distinzione tra impianti nuovi, anteriori al
1988 e al 2006 come per gli stabilimenti
rimane solo per gli impianti di combustione
Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
ART. 269, D. Lgs. 152/06 (Autorizzazione alle emissioni in atmosfera)
Per tutti gli stabilimenti che producono emissioni in atmosfera deve essere
richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto, fatto
salvo quanto stabilito dall’articolo 267, commi 2 (impianti di incenerimento e
coincenerimento) e 3 (impianti sottoposti ad AIA), dal comma 10 del presente
articolo (depositi di oli minerali) e dall’articolo 272, commi 1 (“gli impianti e le
attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti” elencati nella 1^ parte
dell’allegato IV alla parte quinta) e 5 (impianti destinati alla difesa nazionale).
L’autorizzazione é rilasciata con riferimento allo stabilimento.
I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto
di distinte autorizzazioni
L’articolo definisce la procedura per il rilascio, il rinnovo e l’aggiornamento
dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera a uno stabilimento
Comma 5, art. 269: l'autorizzazione può stabilire valori limite di emissione espressi come flussi di massa annuali riferiti al complesso delle
emissioni, eventualmente incluse quelle diffuse, degli impianti e delle attività di uno stabilimento. Per gli impianti soggetti ad AIA di
competenza statale, l’AIA non può stabilire esclusivamente valori espressi come flusso di massa fattore di emissione o percentuale.
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
ART. 271 D. Lgs. 152/06 (valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività degli stabilimenti)
• L’articolo disciplina i valori i limite di emissione per gli impianti e le attività degli stabilimenti, limiti
fissati negli allegati I, II e III e V.
• con apposito Decreto che integrerà e aggiornerà gli allegati I e V saranno individuati, sulla base delle
migliori tecniche disponibili, i limiti e le prescrizioni per le emissioni convogliate e diffuse
Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010
Comma 5, art. 271: Per gli impianti e le attività degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al
2006 o nuovi l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni, anche
inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito di
un'istruttoria che si basa sulle migliori tecniche disponibili e sui valori e sulle prescrizioni fissati
nelle normative e nei piani e programmi regionali. Si devono altresì valutare il complesso di tutte
le emissioni degli impianti e delle attività presenti, le emissioni provenienti da altre fonti e lo
stato di qualità dell'aria nella zona interessata. I valori limite di emissione e le prescrizioni fissati
sulla base di tale istruttoria devono essere non meno restrittivi di quelli previsti dagli Allegati I,
II, III e V alla parte quinta del presente decreto e di quelli applicati per effetto delle autorizzazioni
soggette al rinnovo.
Comma 17, 18, 19 e 20, art. 271: modifica del comma 17 e introduzione
di commi 18, 19 e 20
Si applicano a partire dal rilascio o primo rinnovo delle autorizzazioni
dopo l’entrata in vigore del decreto correttivo 128/2010
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È esplicitato il
concetto di
un’istruttoria che
deve considerare lo
stato dell’ambiente
circostante e le MTD
al fine di prescrivere
limiti non meno
restrittivi di quelli
fissati dal decreto
Modifica delle norme sulla
conformità dei valori limite ai valori
di emissione e metodi di
campionamento e analisi
Conformità dei valori limite ai valori di emissione e metodi di campionamento e
analisi:
modifica del comma 17 del D. Lgs. 152/06 e introduzione di commi 18, 19 e 20
Comma 17, art. 271: L'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto
stabilisce i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai
valori limite di emissione. Con apposito decreto ai sensi dell'articolo 281,
comma 5, si provvede ad integrare tale Allegato VI, prevedendo i metodi di
campionamento e di analisi delle emissioni, con l'indicazione di quelli di
riferimento, i principi di misura e le modalità atte a garantire la qualità dei
sistemi di monitoraggio delle emissioni. Fino all'adozione di tale decreto si
applicano i metodi precedentemente in uso e, per il rilascio, il rinnovo ed il
riesame delle autorizzazioni integrate ambientali e delle autorizzazioni di cui
all'articolo 269, i metodi stabiliti dall'autorità competente sulla base delle
pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, sulla base
delle pertinenti norme tecniche nazionali, oppure, ove anche queste ultime
non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche ISO o di altre
norme internazionali o delle norme nazionali previgenti.
Nel periodo di vigenza delle autorizzazioni rilasciate prima dell'entrata in
vigore di tale decreto, i controlli e l'accertamento del superamento dei valori
limite di emissione sono effettuati sulla base dei metodi specificamente
indicati nell'autorizzazione o, se l'autorizzazione non indica specificamente i
metodi, sulla base di uno tra i metodi sopra elencati.
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È introdotto il
concetto dei metodi
di riferimento
È chiarito che prima
dell’aggiornamento dei metodi
le autorizzazioni possono
contenere, anche per impianti
vecchi, metodi diversi da quelli
precedentemente in uso
(diversamente da come indicato
nella precedente versione del
comma)
Comma 18, art. 271, D. Lgs. 152/06
Comma 18, art. 271: Le autorizzazioni alle emissioni e le autorizzazioni integrate
ambientali, rilasciate, anche in sede di rinnovo, dopo l'entrata in vigore del decreto
di cui al comma 17, indicano, per le emissioni in atmosfera, i metodi di
campionamento e di analisi, individuandoli tra quelli elencati nell'Allegato VI alla
parte quinta del presente decreto, e i sistemi per il monitoraggio delle emissioni. In
caso di modifica delle prescrizioni relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio
nell'ambito dell'autorizzazione, l'autorità competente provvede a modificare
anche, ove opportuno, i valori limite di emissione autorizzati.
I controlli, da parte dell'autorità o degli organi di controllo possono essere
effettuati solo sulla base dei metodi elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del
presente decreto, anche se diversi da quelli di competenza del gestore indicati
dall'autorizzazione.
Nel caso in cui, in sede di autorizzazione o di controllo, si ricorra a metodi diversi da
quelli elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto o a sistemi di
monitoraggio non conformi alle prescrizioni di tale allegato, i risultati della relativa
applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo.
Il gestore effettua i controlli di propria competenza sulla base dei metodi e dei
sistemi di monitoraggio indicati nell'autorizzazione e mette i risultati a disposizione
dell'autorità competente per il controllo nei modi previsti dall'Allegato VI alla parte
quinta del presente decreto e dall'autorizzazione; in caso di ricorso a metodi o a
sistemi di monitoraggio diversi o non conformi alle prescrizioni dell'autorizzazione,
i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del
presente titolo e si applica la pena prevista dall'articolo 279, comma 2.
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Eventuale necessità di
aggiornare il limite in
caso di modifica dal
metodo
I metodi indicati sono gli
unici validi e obbligatori
anche per le autorità di
controllo
È esplicitato che la non
conformità ai limiti dovuta
all’uso di metodi o sistemi di
monitoraggio diversi da quelli
indicati nell’autorizzazione è
soggetto a sanzioni
Comma 19, art. 271 , D. Lgs. 152/06
Se i controlli di competenza del gestore e i controlli dell'autorità o degli organi di cui
all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, forniscono risultati
diversi, l'accertamento deve essere ripetuto sulla base del metodo di riferimento. In
caso di divergenza tra i risultati ottenuti sulla base del metodo di riferimento e quelli
ottenuti sulla base dei metodi e sistemi di monitoraggio indicati dall'autorizzazione,
l'autorità competente provvede ad aggiornare tempestivamente l'autorizzazione
nelle parti relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio ed, ove ne consegua la
necessità, ai valori limite di emissione.
Regolamenta i casi
in cui i risultati di
misura ottenuti da
gestore e autorità di
controllo sono
diversi e la
procedura per
l’accertamento
attraverso i metodi
di riferimento
Comma 20, art. 271 , D. Lgs. 152/06
Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai fini del reato di cui all'articolo 279,
comma 2, soltanto se i controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma
1, lett. p), accertano una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di
metodi di campionamento e di analisi elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente
decreto e di sistemi di monitoraggio conformi alle prescrizioni di tale allegato. Le difformità
accertate nei controlli di competenza del gestore devono essere da costui specificamente
comunicate all'autorità competente per il controllo entro 24 ore dall'accertamento. Se i risultati dei
controlli di competenza del gestore e i risultati dei controlli dell'autorità o degli organi di cui
all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, divergono in merito alla conformità
dei valori misurati ai valori limite prescritti, si procede nei modi previsti dal comma 19; i risultati di
tali controlli, inclusi quelli ottenuti in sede di ripetizione dell'accertamento, non possono essere
utilizzati ai fini della contestazione del reato previsto dall'articolo 279, comma 2, per il
superamento dei valori limite di emissione. Resta ferma, in tutti i casi, l'applicazione dell'articolo
279, comma 2, se si verificano le circostanze previste dall'ultimo periodo del comma 18.».
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Regolamenta
l’accertamento
di un
superamento
dei valori
limite e
l’applicazione
della sanzione
Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Comma 1, art. 281 , D. Lgs. 152/06
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
La domanda di autorizzazione di cui al presente comma deve essere presentata entro i seguenti
termini:
a) tra la data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto ed il 31 dicembre 2011
per stabilimenti anteriori al 1988;
b) tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, per impianti anteriori al 2006 che siano stati
autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000;
c) tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati
autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999.
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010
Allegati modificati
Allegato IX (Impianti termici civili) (Titolo II)
Allegato X (Disciplina dei combustibili) (Titolo III)
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta - Titolo I:
Valori limite e prescrizioni
Sono fissati i valori limite di
emissione e le prescrizioni per tutti
gli stabilimenti che producono
emissioni in aria
Sostituisce il D.
M. 12 luglio 1990
Allegato I
Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività
stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi
Il decreto stabilisce (art.
271) i limiti di emissione
(allegato I) per gli
impianti e le attività
degli stabilimenti
I limiti e le prescrizioni per le
emissioni convogliate e diffuse
verranno individuati, sulla
base delle migliori tecniche
disponibili, con apposito
Decreto che integrerà e
aggiornerà anche l’Allegato I
Specificato
nell’articolo
come corretto
dal D. Lgs.
128/2010
Parte II: valori limite per le sostanze inquinanti;
Parte III: valori limite per le sostanze inquinanti di alcune tipologie di impianti e relative
prescrizioni;
Parte IV: valori limite e prescrizioni per Raffinerie e impianti di coltivazione di idrocarburi e dei
flussi geotermici
Per i Grandi Impianti di Combustione fissa i valori limite di emissione, le modalità di
Allegato II
Allegato III
Sostituisce e integra il D.
M. 21 dicembre 1995 per
misure in continuo
Allegato VI
monitoraggio e controllo delle emissioni e i criteri per la verifica della conformità ai valori limite
(Recepimento Direttiva 2001/80/CE)
Relativamente alle emissioni di Composti Organici Volatili:
fissa i valori limite di
emissione, le modalità di monitoraggio e controllo delle emissioni, i criteri per la verifica della
conformità ai valori limite e la modalità di redazione del piano di gestione dei solventi
Stabilisce i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai
valori limite
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Allegato I – Parte IV: valori limite di emissione e prescrizioni per Raffinerie
VALORI LIMITE
PER:
NOx, SOx, CO, POLVERI, H2S, COV, NH3, COMPOSTI DELCl espressi come HCl
valori calcolati come rapporto ponderato tra la sommatoria delle masse
di inquinanti emesse e la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi
dell'intera raffineria:
Per:
IL DM 12/07/90
SPECIFICA che per tali
sostanze i valori di
emissione si intendono
applicati a ciascun punto
di emissione della
raffineria
DM 12/07/90
le sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere
Per:
Per:
le sostanze cancerogene e tossiche
le sostanze inorganiche che si presentano
sotto forma di gas o vapore
Per i grandi impianti di combustione facenti parte di una raffineria è fatto salvo quanto previsto
dall’art. 273
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI
Allegato VI:
criteri per la valutazione della conformità dei valori
misurati ai valori limite
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta - Titolo I:
Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività
L’Allegato VI dovrà essere integrato con apposito Decreto che
dovrà prevedere gli opportuni metodi di campionamento e di
analisi e le modalità di garanzia della qualità dei sistemi di
monitoraggio in continuo delle emissioni
Fino all’adozione di tale decreto si applicano, per gli impianti anteriori al
1988 ed al 2006, i metodi precedentemente in uso e, per gli impianti
nuovi, i metodi stabiliti dall’autorità competente sulla base delle pertinenti
norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, delle norme
tecniche ISO o norme tecniche nazionali o internazionali
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta - Titolo I - Allegato VI
Alle misure di emissione
effettuate con metodi
continui o discontinui
Emissioni
continue
Emissioni
discontinue
Metodi di valutazione delle misure effettuate dal gestore e
delle misure effettuate dall’Autorità competente per il
controllo
devono essere associate
le grandezze più significative
dell’impianto, atte a caratterizzarne
lo stato di funzionamento
Le emissioni si considerano conformi ai valori limite
se nessuna delle medie di 24 ore supera i valori
limite di emissione e se nessuna delle medie orarie
supera i valori limite di emissione di un fattore
superiore a 1,25
Le emissioni si considerano conformi ai valori limite
se nessuna delle medie di almeno tre letture
consecutive e riferita ad 1 ora di funzionamento
dell’impianto nelle condizioni di esercizio più
gravose non supera il valore limite di emissione
I dati relativi ai controlli
analitici discontinui previsti
dall’autorizzazione o
temporaneamente
effettuati in sostituzione
alle misure in continuo per
devono essere riportati dal
gestore su appositi registri
ai quali sono allegati i
certificati analitici e
devono essere messi a
disposizione dell’autorità
di controllo
In attesa dell’emanazione del Decreto di integrazione dell’Allegato VI per l’indicazione di appositi metodi di
campionamento e delle modalità per garantire la qualità dei sistemi di monitoraggio in continuo, le procedure di
calibrazione degli strumenti di misura sono stabilite dall’autorità competente al controllo, sentito il gestore
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Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI
Sistemi di misura in continuo
campionamento e analisi;
La misura in continuo deve essere realizzata
con un sistema che consenta:
calibrazione;
acquisizione, validazione,
elaborazione automatica dei dati
Il sistema di misura in continuo di ciascun inquinante deve assicurare
un indice di disponibilità mensile delle medie orarie non inferiore
all’80%
Per i periodi in cui non è possibile effettuare misure in continuo
(prescritte dall’autorizzazione) il gestore deve attuare forme alternative
di controllo basate su misure discontinue, correlazioni con parametri o
con specifiche caratteristiche delle materie prime utilizzate
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Il gestore deve predisporre
delle misure correttive per il
miglioramento del sistema
nel caso in cui non venga
raggiunto tale valore
Ex art. 2, D.M. 21
dicembre 1995
Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI
Sistemi di misura in continuo
Realizzazione ed esercizio dei sistemi di rilevamento in continuo:
• per la misura di ogni singolo parametro devono essere perseguiti elevati livelli di accuratezza e di
disponibilità dei dati
• Il sistema di rilevamento deve essere realizzato con una configurazione idonea al funzionamento continuo
non presidiato in tutte le condizioni ambientali e di processo
•La sezione di campionamento deve essere posizionata secondo la norma UNI 10169 (ed 93); se ciò non è
tecnicamente possibile, secondo le disposizioni dell’autorità di controllo;
•Ogni analizzatore istallato deve avere un sistema di calibrazione in campo (se tecnicamente possibile di tipo
automatico)
• il gestore deve garantire la qualità dei dati mediante l'adozione di procedure che documentino la corretta
esecuzione degli interventi manutentivi programmati e delle operazioni di calibrazioni e taratura (procedure
stabilite dall’Autorità di controllo e concordate con il gestore)
Le procedure devono prevedere:
• la verifica dell’analizzatore periodica della risposta strumentale sull'intervallo di misura tramite prove e tarature fuori campo;
• il
controllo e la correzione in campo delle derive strumentali o dell'influenza della variabilità delle condizioni ambientali;
• l'esecuzione
degli interventi manutentivi periodici per il mantenimento dell'integrità ed efficienza del sistema;
•la verifica periodica in campo delle curve di taratura degli analizzatori.
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Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI
Realizzazione ed esercizio dei sistemi di rilevamento in continuo
Analizzatori certificati
Gli analizzatori in continuo devono essere certificati. In attesa di un’apposita disciplina per la certificazione
nazionale possono essere utilizzati analizzatori provvisti di certificazione acquisita da un ente
certificatore estero appartenente ad uno stato dell’Unione Europea accreditato da un ente
operante nell’ambito della convenzione “European Cooperation for Accreditation”
•
L’idoneità dell’analizzatore deve essere verificata dall’Autorità Competente per il controllo
Deve essere verificata la capacità dello strumento di rilevare gli
inquinanti nelle emissioni dell’impianto in relazione alle
caratteristiche quantitative e qualitative degli inquinati, ai valori
limite di emissione e alle prescrizioni dell’autorizzazione
•
L’atto di certificazione deve essere corredato da:
a)
Rapporti di prova da laboratori che effettuano prove accreditate secondo la norma EN ISO / IEC
17025 (con indicati: campo di misura, limite di rilevabilità, deriva, tempo di risposta, tempo di risposta e
disponibilità dei dati sul lungo periodo); tradotto in italiano e asseverata in tribunale.
b)
Esiti delle verifiche di sistema condotte secondo la norma EN 45011 dall’ente certificatore
In alternativa agli analizzatori certificati possono essere utilizzati, previa verifica dall’autorità di controllo,
analizzatori autorizzati da una pubblica amministrazione di uno stato estero appartenente
all’Unione Europeo (il provvedimento di autorizzazione deve essere provvisto di Rapporti di prova)
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Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI
Sistema di
acquisizione dei
dati
Funzioni
• lettura istantanea, con opportuna frequenza, dei segnali
elettrici di risposta degli analizzatori o di altri sensori ;
• traduzione in valori elementari espressi nelle pertinenti
unità di misura;
• la memorizzazione dei segnali validi.
• il rilievo dei segnali di stato delle apparecchiature
principali ed ausiliarie necessarie per lo svolgimento delle
funzioni
Sistema di
validazione delle
misure
• deve provvedere automaticamente, a validare sia i valori
elementari acquisiti sia i valori medi orari calcolati, sulla
base di opportune procedure di verifica predefinite
(concordate con le autorità competenti per il controllo).
• le soglie di validità devono essere fissate in funzione del
tipo di processo e del sistema di misura
Sistema di acquisizione, validazione ed elaborazione dei dati
deve consentire:
•
•
•
la gestione delle segnalazioni di allarme e/o anomalie provenienti dalle varie apparecchiature;
la gestione delle operazioni di calibrazione automatica, ove previsto;
l'elaborazione dei dati e la redazione di tabelle in formato idoneo per il confronto con i limiti
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Per lo
svolgimento
delle funzioni
è ammesso
l’intervento
dell'operatore
Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI
Tarature e verifiche
Verifiche periodiche di competenza del gestore
Il controllo deve essere
effettuo anche dopo
interventi manutentivi
conseguenti ad un
guasto degli analizzatori
Controllo periodico della risposta su tutto il campo di misura dei singoli
analizzatori da effettuarsi con periodicità almeno annuale
La taratura coincide con le operazioni di calibrazione strumentale.
Analizzatori per
sistemi estrattivi
Analizzatori in
situ con misura
indiretta
La periodicità è stabilita dall’autorità di controllo, sentito il gestore e dipende
dalle caratteristiche degli analizzatori e dalle condizioni ambientali di misura
La taratura consiste nella determinazione in campo della curva di correlazione
tra la risposta strumentale e i valori forniti da un secondo sistema manuale o
automatico
La periodicità deve essere almeno annuale
Analizzatori in
situ con misura
diretta
La risposta strumentale deve essere verificata nei periodi in cui l’impianto non
è in funzione
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Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI
Tarature e verifiche
Verifiche in campo effettuate dall’autorità di controllo
Attività destinate all’accertamento della correttezza delle operazioni di
misura
Analizzatori in
situ con misura
indiretta
Analizzatori in
situ con misura
diretta e di tipo
estrattivo
La correttezza delle misure è
verificata se l’indice di
accuratezza relativo è
superiore all’80%
Le verifiche in campo coincidono con le operazioni di taratura
La verifica in campo consiste nella determinazione dell’indice di
accuratezza relativo (IAR), da effettuare con periodicità almeno
annuale
M
IAR = 100 • 1 -
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M - Ic
Mr
dove
= media dei valori
Mr = media dei valori rilevati dal
sistama di riferimento
Ic = intervallo di confidenza
Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI
Art. 275 del D.Lgs. 152/06 e Allegato III
Allegato III – Parte I: Disposizioni generali
Allegato III – Parte II: Attività e soglie di consumo di solvente
Allegato III – Parte III: Valori limite di emissione
Allegato III – Parte IV: Prescrizioni alternative alla parte III
Allegato III – Parte V: Piano di gestione dei solventi
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI
Art. 275 del D.Lgs. 152/06 e Allegato III
– Parte I:
Allegato IIIAllegato
– Parte III
I: Disposizioni
generali
Modalità di monitoraggio e controllo delle emissioni
• Obbligo da parte del gestore di installare apparecchiature per la misura e la registrazione in
continuo delle emissioni che presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio
organico totale, > 10 Kg/h.
• Se il flusso di massa di COV è < 10 Kg/h, l’autorità competente può comunque, ove lo ritenga
necessario, richiedere il monitoraggio in continuo delle emissioni.
•L’autorità competente può, in alternativa, consentire l’installazione di strumenti per la misura e la
registrazione in continuo di parametri significativi ed indicativi del corretto stato di funzionamento
dei dispositivi di abbattimento.
• Nel caso di misurazioni periodiche, il gestore deve assicurare almeno tre letture durante ogni
misurazione.
Criteri per la verifica della conformità ai valori limite
•Con la periodicità prevista nell’autorizzazione, e comunque almeno una volta all’anno, il gestore
deve dimostrare all’autorità competente la conformità:
• ai valori limite di emissione indicati nelle parti III e IV
•all’emissione totale annua conseguente all’applicazione dei valori limite di cui al punto precedente
e individuata sulla base del consumo massimo teorico di solvente indicato nell’autorizzazione.
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI
Art. 275 del D.Lgs. 152/06 e Allegato III
Allegato III – Parte I: Disposizioni generali
•Valori limite di emissione per le sostanze caratterizzate da
•particolari rischi per la salute e l’ambiente
La conformità delle emissioni a tali valori limite è verificata sulla base
della somma delle concentrazioni di massa dei singoli COV interessati.
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EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI
Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III
Allegato III – Parte II: Attività e soglie di consumo di solvente
I gestori delle attività individuate nella parte II dell’Allegato III, le quali superano
singolarmente le soglie di consumo di solvente ivi stabilite, ha l’obbligo di presentare
all’autorità competente una domanda di autorizzazione conforme a quanto previsto nella
parte I.
Il superamento delle soglie di consumo di solvente è valutato con
riferimento al consumo massimo teorico autorizzato.
Le attività indicate nella parte II comprendono la pulizia delle apparecchiature ma non la
pulizia dei prodotti.
La domanda di autorizzazione deve essere presentata anche dal gestore delle attività che,
a seguito di una modifica del consumo massimo teorico di solvente, superano le soglie di
consumo di solvente indicate nella parte II.
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI
Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III
Allegato III – Parte III: Valori limite di emissione
Sono indicati i valori limite per le emissioni convogliate e per le emissioni diffuse nonché
i valori limite di emissione totale per ciascuna delle attività di cui alla parte II.
Nella parte V è
data la formula
per il calcolo
dell’emissione
totale
Tali limiti si applicano anche alle attività che, nello stesso luogo, sono
direttamente collegate e tecnicamente connesse alle attività individuate
nella parte II e che possono influire sulle emissioni di COV.
I valori limite per le emissioni convogliate si applicano a ciascun impianto che produce tali
emissioni.
I valori limite per le emissioni diffuse si applicano alla somma delle emissioni non convogliate di
tutti gli impianti, di tutti i macchinari e sistemi non fissi e di tutte le operazioni.
Nella parte V è
data la formula
per il calcolo
dell’emissione
diffusa
I valori limite per le emissioni diffuse sono espressi in: % di input di solvente
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI
Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III
Allegato III – Parte IV: Prescrizioni alternative alla parte III
EMISSIONI TOTALI EQUIVALENTI
EMISSIONI BERSAGLIO
Descrive il metodo da usare per individuare le emissioni bersaglio e lo scenario emissivo
di riferimento per quelle attività per cui non sono individuati nella parte III specifici valori
limite di emissione totale.
Il gestore di tali attività ha la possibilità di conseguire, a partire da uno scenario emissivo
di riferimento, emissioni totali equivalenti (emissioni bersaglio) a quelle conseguibili
applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa.
SCENARIO EMISSIVO DI RIFERIMENTO
E’ il livello di emissioni totali dell’attività che corrisponde il più fedelmente possibile a
quello che si avrebbe in assenza di interventi e di impianti di abbattimento e con l’uso di
materie prime ad alto contenuto di solvente.
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI
Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III
Allegato III – Parte V: Piano di gestione dei solventi
Definisce le modalità di redazione del piano di gestione dei solventi
Il piano di gestione dei solventi deve essere elaborato e aggiornato dal gestore, con
periodicità prevista nell’autorizzazione, e comunque almeno una volta all’anno, al fine di:
dimostrare la conformità alle prescrizioni dell’autorizzazione;
individuare le opzioni di riduzione
consentire all’autorità competente l’informazione al pubblico
Sono indicate due formule per il calcolo dell’emissione diffusa.
Tali formule si basano sugli input e gli output di solventi organici
E’ indicata la formula per il calcolo delle emissioni totali:
E = Emissioni diffuse + Emissioni negli effluenti gassosi
L’emissione totale è riferita ad un pertinente parametro specifico stabilito nell’autorizzazione
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EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI
Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III
Allegato III – Parte VI: Metodo di campionamento e analisi delle emissioni convogliate
Indica i metodo di misura da utilizzare ai fini della verifica di conformità dei valori di
emissione misurati ai valori limite stabiliti per le emissioni convogliate di COV
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II
Allegato II:
Grandi impianti di combustione:
• Valori limite di emissione;
N.B. in base al comma 9 del D.Lgs. 152/06, come modificato dal D. Lgs.
128/10: Se più impianti di combustione, anche di potenza termica
nominale inferiore a 50 MW, sono localizzati nello stesso stabilimento
l’autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti
come un unico impianto ai fi ni della determinazione della potenza
termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di
emissione. L’autorità competente, tenendo conto delle condizioni
tecniche ed economiche, può altresì disporre il convogliamento delle
emissioni di tali impianti ad un solo punto di emissione ed applicare i
valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si
applicherebbero all’impianto più recente.
•Modalità di monitoraggio e controllo delle emissioni;
•Criteri per la verifica della conformità ai valori limite;
•Ipotesi di anomalo funzionamento e guasto degli impianti
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Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II:
Grandi impianti di combustione
Limiti di emissione per Ossidi di zolfo SO2
Valore minore rispetto al limite si 2000 mg/Nm3
fissato dalla Direttiva 2001/80/CE
Impianti nuovi
Impianti anteriori al 1988 e al 2006
(ad eccezione delle Turbine a gas per
combustibili solidi e liquidi)
Combustibile
Combustibili solidi
(tenore di O2 = 6%)
Combustibili liquidi
(tenore di O2 = 3%)
Potenza termica P
(MW)
Valori limite SO2
(mg/Nm3)
Potenza termica P
(MW)
Valori limite SO2
(mg/Nm3)
50 ≤ P < 175
1700
50 ≤ P < 100
200
175 ≤ P ≤ 500
EVL = 2400 – 4 • P
P > 100
400
P > 500
400
50 ≤ P < 300
1700
50 ≤ P < 100
850
300 ≤ P ≤ 500
EVL = 3650 – 6,5 • P
100 ≤ P ≤ 300
EVL = 500 – P
P > 500
400
P > 300
200
Combustibili gassosi in
generale
Gas liquido
Combustibili gassosi
(tenore di O2 = 3%)
Gas con basso potere
calorifico originati dalla
gassificazione dei
residui delle raffinerie,
gas da forno a coke,
gas d’altoforno
Gas derivati dal
carbone
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35
5
Combustibili gassosi
in generale
Gas liquefatto
35
5
800
Gas con basso potere
calorifico dei forni a
coke
400
400
Gas con basso potere
calorifico degli
altoforni
200
Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II:
Grandi impianti di combustione
Limiti di emissione per Ossidi di azoto NOx
Combustibile
Impianti nuovi
Impianti anteriori al 1988 e al 2006
(ad eccezione delle Turbine a gas per
combustibili solidi e liquidi)
Potenza termica
P (MW)
Valori limite di NOx
(mg/Nm3)
Potenza termica
P (MW)
Valori limite di
NOx (mg/Nm3)
50 ≤ P < 500
600
50 ≤ P < 100
400
200
100 ≤ P < 300
200
Combustibili solidi
(tenore di O2 = 6%)
P > 500
(600 Per impianti tra il 01/01/08
e il 31/01/2015 sono in
funzione meno di 2000 ore/a)
(300 per biomasse)
(450 Per impianti che dopo il
01/01/2016 sono in funzione
meno di 1500 ore/a)
P > 300
200
50 ≤ P < 500
450
50 ≤ P < 100
400
P ≥ 500
200
P ≥ 100
200
Combustibili gassosi
50 ≤ P < 500
300
50 ≤ P < 300
150
(tenore di O2 = 3%)
P > 500
200
P > 300
100
Combustibili liquidi
(tenore di O2 = 3%)
Turbine a Gas
Per gas diversi dal metano il limite è pari a 200
mg/Nm3 indipendentemente dalla potenza
Tipo di combustibile (tenore di O2 = 15%)
Potenza termica alle condizioni ISO P ≥ 50 MWth
Gas naturale
50
Combustibili liquidi
120
Combustibili
gassosi diversi
dal gas naturale
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of Atmospheric
Pollution Research
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120
Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II:
Grandi impianti di combustione
Limiti di emissione per Polveri
Combustibile
(ad eccezione delle Turbine a gas per
combustibili solidi e liquidi)
Valori limite NOx (mg/Nm3)
Potenza termica P
(MW)
Valori limite SO2
(mg/Nm3)
50
50 ≤ P < 100
50
P > 100
30
50 ≤ P < 100
50
P ≥ 100
30
Combustibili solidi
(tenore di O2 = 6%)
Combustibili liquidi
50
(tenore di O2 = 3%)
In genere
Combustibili gassosi
Impianti nuovi
Impianti anteriori al 1988 e al 2006
5
Gas d’altoforno
10
Gas prodotti dalle acciaierie
che possono essere usati
altrove
50
-
-
(tenore di O2 = 3%)
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Gas
d’altoforno
Gas prodotti
dall’industria
siderurgica
che possono
essere usati
altrove
Altri gas
-
10
30
5
Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II:
Grandi impianti di combustione
Limiti di emissione per Altri composti
Inquinante
Valori limite per impianti con Potenza termica P ≥ 50 MW (mg/Nm3)
Tutti gli impianti (vecchi e nuovi ad eccezione di impianti che utilizzino esclusivamente combustibili
gassosi o biomassa)
Metalli e loro composti
Potenza termica P ≥ 50 MW
Potenza termica P > 1000 MW
Be
0,08
0,05
Cd + Hg + Tl
0,2
0,1
As + Cr(VI) + Co + Ni
0,8
0,5
Se + Te + Ni (sotto forma di polvere)
1,6
1
Sb + Cr(III) + Mn + Pd + Pb + Pt +
Cu + Rh + Sn + V
8
5
Altri composti
CO
250
SOV
300
Cl
5
H2S
5
Br e suoi composti
5
F e suoi composti
5
NH3 , composti del Cl, HCl
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100
Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II: Grandi impianti di combustione
Monitoraggio e controllo delle emissioni
Misurazioni in continuo nell’effluente
gassoso per concentrazioni di:
•Ossidi di azoto NOx;
•Ossidi di zolfo SO2
•Polveri
Effettuate
contestualmente a:
Tenore di O2;
T, P, tenore di
vapore acqueo
•
•
Per impianti di combustione
anteriori al 1988 e al 2006
con potenza termica
P ≥ 300 MWth
Per impianti nuovi con
potenza termica
P ≥ 100 MWth
Le misurazioni in continuo non sono richieste per:
•per SO2 e polveri: per caldaie e turbine alimentate a gas
naturale;
•per SO2: per caldaie e turbine alimentate a combustibile
liquido con tenore di zolfo noto, in assenza di unità di
desolforazione
L’autorità competente può non richiedere misurazioni in
continuo per:
•Per impianti con ciclo di vita inferiore a 10000 ore/a;
•Per SO2 in caldaie alimentate a biomassa se il gestore
dimostra che non possono essere raggiunti i limiti previsti
Per gli impianti vecchi con
100 < P < 300 MWth
Le misurazioni di NOx
sono pure in continuo, ma
l’autorità competente può
non richiedere misurazioni
in continuo per SO2 e
polveri se individua delle
procedure opportune per
la valutazione di tali
inquinanti
L’autorità competente stabilisce di
effettuare misurazioni discontinue
almeno ogni 6 mesi per SO2 e polveri
oppure stabilisce delle procedure per
determinare e valutare tali
concentrazioni (procedure conformi alle
pertinenti norme CEN o, se non
presenti, alle norme ISO, o, se non
presenti, alle norme nazionali e
internazionali che assicurino la qualità
scientifica dei dati)
Il controllo di tutti gli altri parametri deve essere effettuato in conformità a quanto
stabilito nell’Allegato VI
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Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II: Grandi impianti di combustione
Conformità ai valori limite di emissione
Misurazioni in
continuo
• il campionamento e l’analisi e i
metodi di riferimento per la
calibrazione dei sistemi automatici di
misura devono essere conformi alle
pertinenti norme CEN o, se non
presenti, alle norme ISO, o, se non
presenti, alle norme nazionali e
internazionali che assicurino la
qualità dei dati;
• i sistemi di misurazione sono soggetti
al controllo con misurazioni parallele
secondo i metodi di riferimento almeno
una volta all’anno;
•I valori degli intervalli di fiducia al 95%
di un singolo risultato non possono
superare i valori limite:
SO2
20%
NOx
20%
Polveri
30%
Valori limite rispettati se
Impianti anteriori al 1998 e
al 2006:
Impianti nuovi:
la valutazione dei risultati evidenzia
che nelle ore di normale
funzionamento nell’anno civile:
la valutazione dei risultati evidenzia
che nelle ore di normale
funzionamento nell’anno civile:
• nessun valore medio mensile
supera i valori limite;
• nessun valore medio giornaliero
valido supera i valori limite;
• Il 97% delle medie di 48 ore non
supera il 110% dei valori limite per
SO2 e polveri;
• Il 95% di tutti i valori medi orari
convalidati nell’anno non supera il
200% dei valori limite per SO2 e
polveri;
•Il 95% delle medie di 48 ore non
supera il 110% dei valori limite per
NOx;
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• i valori medi orari e giornalieri
convalidati sono determinati dai
valori medi orari validi con
detrazione del valore
dell’intervallo di fiducia
• il giorno di misura non è valido
se più di 3 valori medi orari non
sono validi
Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 – Titolo III: Combustibili
• Combustibili consentiti
•Prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il
rendimento di combustione
•Metodi di misura delle caratteristiche
merceologiche
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 – Titolo III:
Combustibili
Combustibili consentiti
(art. 293)
L’allegato X alla Parte Quinta prevede i combustibili che
possono essere usati dagli impianti industriali e civili a cui si
applica il D. Lgs. 152/06
Per taluni combustibili
l’Allegato X fissa i
valori limite massimo
per il contenuto di
zolfo (oli combustibili)
Con apposito Decreto del Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, previa autorizzazione della
Commissione Europea, possono essere stabiliti valori
limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli
combustibili pesanti o nel gasolio più elevati (in caso di
impossibilità di rispettare i valori limite fissati all’Allegato
X a causa di mutamento degli approvvigionamenti
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 – Titolo III:
Combustibili
Prescrizioni per ottimizzare il
rendimento di combustione
(art. 294)
Gli impianti industriali disciplinati dal Titolo I (ciascun singolo impianto,
anche nei casi in cui più impianti siano considerati come unico) con potenza
termica nominale uguale o superiore a 6 MW devono essere dotati di:
• rilevatori della temperatura nell’affluente gassoso;
tranne che per gli
impianti di
combustioni in
possesso di
autorizzazione
alle emissioni in
atmosfera o di
AIA in cui sia
fissato un limite
per il CO
•un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo di O2 e CO;
•regolazione automatica aria-combuatibile (ove tecnicamente possibile)
•Gli impianti civili disciplinati dal Titolo II di potenza termica complessiva
uguale o superiore a 1,5 MW devono essere dotati di:
• rilevatori della temperatura nell’effluente gassoso;
•un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo di O2 e CO;
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N.B. il nuovo D.
Lgs. 128/10:
specifica che per
l’applicazione di
tale comma si fa
riferimento alla
potenza termica
nominale di
ciascun focolare
anche quando più
impianti siano
considerati un
unico impianto
Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Allegato X – Parte II: Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura
SEZIONE 1
Caratteristiche merceologiche e metodi di misura dei seguenti combustibili liquidi:
• Gasolio, kerosene, olio combustibile ed altri distillati leggeri, medi e pesanti di petrolio
• Emulsioni acqua – bitumi
• Biodisel
SEZIONE 2
Caratteristiche merceologiche e metodi di misura dei seguenti combustibili solidi:
• Coke metallurgico e da gas
• Antracite, prodotti antracitosi e loro miscele
• Carbone da vapore
• Agglomerati di lignite
• Coke da petrolio
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Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria
Allegato X – Parte II: Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura
SEZIONE 3
Caratteristiche merceologiche delle seguenti emulsioni:
• acqua – gasolio
• acqua – kerosene
• acqua – olio combustibile
SEZIONE 4
Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo
SEZIONE 5
Caratteristiche e condizioni di utilizzo degli idrocarburi pesanti derivanti dalla
lavorazione del greggio
SEZIONE 6
Caratteristiche e condizioni di utilizzo del biogas
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Redazione dei Metodi per il Controllo delle
Emissioni
Principali Enti di riferimento ei metodi per il controllo analitico delle emissioni.
CEN Comitato Europeo di Normazione
 UNI Ente Nazionale Italiano di Unificazione
 ISS Istituto Superiore di Sanità
 ISO International Organization for Standardization
 VDI Verein Deutscher Ingenieure
EPA : Enviromental Protection Agency
OSHA Occupational Safety and Health Adrninistration
 NIOSH National Institute Occupational Safety Health
Parametro
Temperatura
Pressione
Metodo
Metodi
UNI EN ISO 16911:2013
UNI EN ISO 16911:2013
Velocità
UNI EN ISO 16911:2013
Portata
UNI EN ISO 16911:2013
Umidità
UNI EN 14790:2006
Ossigeno (O2)
UNI EN 14789:2006
Acido cloridrico (HCl)
UNI EN 1911:2010
Acido fluoridrico (HF)
ISO 15713:2006
Ossidi di azoto (NOx) espressi come NO2
UNI EN 14792:2006
Ammoniaca (NH3)
EPA CTM-027:1997
Biossido di zolfo (SO2)
UNI EN 14791:2006
Monossido di carbonio (CO)
UNI EN 15058:2006
TOC espresso come C
UNI EN 12619:2013
PCDD/PCDF come Teq
UNI EN 1948-1,2,3:2006
PCB-dl come Teq
UNI EN 1948-1,2,3,4:2010
IPA
ISO 11338-1,2:2003
Polveri
UNI EN 13284-1:2003
Mercurio (Hg)
UNI EN 13211:2003
Metalli pesanti (As, Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl,
V)
UNI EN 14385:2004
54
MODALITA' OPERATIVE
Caratterizzazione dell'emissione secondo il
funzionamento degli impianti
A. Costante continua (classe 1)
Quando nel tempo di un'ora la concentrazione degli inquinanti può essere considerata
costante e la portata dell'effluente gassoso è diversa da zero
B. Costante discontinua (classe 2)
Quando nella fase di funzionamento la concentrazione degli inquinanti può essere
considerata costante e nell'intervallo tra le varie fasi la portata raggiunge il valore
uguale a zero
C. .Variabile continua (classe 3)
Quando nel tempo di un'ora la concentrazione degli inquinanti non può essere
considerata costante e la portata dell'effluente gassoso è diversa da zero.
D. .Variabile discontinua (classe 4)
Quando nella fase di funzionamento la concentrazione degli inquinanti non può essere
considerata costante e nell'intervallo tra le varie fasi la portata raggiunge il valore
uguale a zero
.
Scelta dei Punti di Prelievo alle Emissioni
Il punto di campionamento deve essere individuato in quella zona del circuito
gassoso che presenta:
 Buona accessibilità
 Condizione fluidodinamica di linearità (moto laminare o non turbolento)
Le misure devono essere fatte in tratti possibilmente verticali di condotti a sezione circolare
dove non compaiono ostacoli (valvole, deviazioni, curve, gomiti, strozzature, ecc.) che
potrebbero influenzare il regime laminare della corrente gassosa.
Condizione ideale
 Punti distanti almeno 5 volte il diametro idraulico del condotto
a valle di un qualsiasi ostacolo
 Punti distanti almeno 5 volte il diametro idraulico del condotto
a monte di un qualsiasi ostacolo
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Scelta dei Punti di Prelievo alle Emissioni
Diametro idraulico (Dh) = 4 x Area / Perimetro
Nel caso non si verifichi il rispetto delle condizioni sopracitate, è possibile
ottenere condizioni analoghe applicando le seguenti strategie:
a). prolungamento del condotto fino a raggiungere un tratto rettilineo pari a
cinque diametri idraulici.
b). Inserimento, a monte del punto di misura, di dispositivi che permettano di
ottenere una distribuzione uniforme della velocità (piastre forate, nidi d'ape,
deflettori).
Numero dei punti di misura
Il numero dei punti di misura è tanto maggiore quanto è maggiore il diametro
idraulico del condotto.
La sezione di indagine deve essere suddivisa in superfici parziali equivalenti
(isoaree), nel centro delle quali si eseguono le misure
a. Condotti a sezione circolare
PARAMETRI CHE ACCOMPAGNANO OGNI
VALUTAZIONE DI EMISSIONE
 TEMPERATURA DI ESERCIZIO
 PRESSIONE DI ESERCIZIO
 DENSITÀ
 UMIDITÀ
 VELOCITÀ
 PORTATA
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Campionamento Isocinetico
Il campionamento deve essere effettuato in condizioni isocinetiche, in modo da
mantenere all'ugello della sonda di prelievo una velocità di aspirazione del gas
uguale alla velocità del flusso gassoso nella condotta oggetto di campionamento.
Ciò viene fatto per non discriminare il campionamento delle polveri rispetto a
quello del gas.
Un flusso di campionamento superiore al flusso dei fumi aumenta la concentrazione
dei gas campionati e del paritcolato fine a discapito del particolato grande.
Accade il contrario per un flusso di campionamento lento rispetto al flusso di fumi
veloci.
VELOCITA' MEDIA DEI FUMI
v
2  P

P = Pressione differenziale
 = Densita' media dei fumi
PRESSIONE DIFFERENZIALE
P  Pdinamica  Ptotale  Pstatica
PORTATA DEI FUMI
QQ= vPortata
 S  3600
dei fumi
v= Velocità dei fumi
S = Sezione del condotto
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MISURA PRESSIONE DIFFERENZIALE
P statica
TERMOCOPPIA
FUMI ALLA LINEA
P totale
PORTATA
MICROMANOMETRO DIFFERENZIALE
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DENSITA' MEDIA DEI FUMI
=
P
.
T + (MH2O – M) . V H2O
RT
Vtot
P = Pressione dei fumi (atm)
R = Costante dei gas (0,082 l atm K-1)
T = Temperatura dei fumi (K)
M = Peso Molecolare medio dei fumi (PM dei gas misurati Ponderato)
MH2O = Peso Molecolare H2O
VH2O = Volume H2O (l)
Vtot = Volume totale dei fumi (l)
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Ogni Concentrazione Misurata Deve Essere Normalizzata ad
un Tenore di Ossigeno di Riferimento
I valori di emissione si riferiscono ad una percentuale di ossigeno nell’effluente
gassoso (OR) del 3% per i combustibili liquidi e gassosi, del 6% per il carbone, e
dell’11 % per gli altri combustibili salvo prescrizioni particolari.
Se la percentuale di ossigeno presente nell'effluente gassoso superiore a quella
di riferimento i valori di emissione devono essere calcolati con la seguente
formula:
21  OR
E
* EM
21  OM 
Emis= Concentrazione emissione
OM = Percentuale di ossigeno nell'emissione misurata
OR = Percentuale di ossigeno di riferimento
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SCHEMA LINEA DI CAMPIONAMENTO
CAMINO
TUBO DI PRANDTL
SONDA
LINEA FUMI
Micromanometro
differenziale
TERMOCOPPIA
CONDENSATORE
CRIOSTATO
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FLUSSO
DEI GAS
ACQUA DI CONDENSA
AISS
XAD-2
GEL DI SILICE
Operazione Unitaria : Condensazione dei Fumi
FUMI ENTRANTI
CRIOSTATO
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FUMI USCENTI
ACQUA DI CONDENSA
Operazione Unitaria : Adsorbimento delle specie
chimiche di interesse
FUMI ENTRANTI
ADSORBENTE-ASSORBENTE
FUMI USCENTI
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I Sistemi per il Controllo delle Emissioni Possono
Essere Ricondotti a
Tre Diverse Tipologie Di Monitoraggio
 Monitoraggio a camino
 Monitoraggio In-Situ
 Estrazione continua
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Monitoraggio a Camino
VANTAGGI
 Risposta rapida
 Integrazione della misura sul diametro del camino
 Possibilita’ di misure multi-componente
 Metodo piu’ impiegato per la misurazione delle polveri
 Misura diretta del camino
SVANTAGGI
 Impossibilita’ di calibrazione con gas di riferimento
 Difficolta’ di accesso per la manutenzione
 Sensibilita’ alla vibrazione ed agli assestamenti del camino
 Sensibilita’ alle condizioni dei gas, alla presenza di polveri, umidita’ etc.
 Sensibilita’ limitata
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InSitu
VANTAGGI
 Misura diretta nel camino
Installazione non critica
Tempi di risposta brevi
• Componenti principali assemblati in un‘ unica posizione
SVANTAGGI
 Disponibilita’ solo per alcuni componenti
 Diversi componenti necessitano di diverse sonde
Non e’ possibile l’uso di gas di riferimento
 Difficoltà di taratura
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Estrazione Continua
VANTAGGI
 Possibilita’ di misurare praticamente ogni componente
 Facile accessibilita’
 Il sistema completo dell’analizzatore puo’ essere calibrato nel suo insieme
 possibilita’ di monitorare diversi canali con un singolo sistema da analisi, facilmente
standardizzabile con valori di ossigeno di riferimento
Elevata precisione
SVANTAGGI
 Tempi di risposta lunghi
 Punto di misura singolo nel camino
Il prelievo ed il condizionamento del gas richiede maggior manutenzione
Possibili interferenze lungo la linea di campionamento
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PRINCIPI DI MISURA CON STRUMENTAZIONE AUTOMATICA
OPACITA’
POLVERE
ASSORBIMENTO DI RADIAZIONI

FOTOMETRIA IN SITU
TRASMISSIVITA’
LUMINOSITA’ PULSANTE
SO2
CO
CONDUCTOMETRIA
FOTOMETRIA ESTRATTIVA
NDIR
NOX
NDUV
FTIR
HCl
HF
CHEMILUMINESCENZA
POTENZIOMETRIA
COMBUSTIONE CATALITICA
 VOC
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IONIZZAZIONE
DI FIAMMA
Requisiti Apparecchiature
PRINCIPIO DI MISURA: legge fisica o chimica su cui è basato il sistema di rivelazione
RANGE DI MISURA: intervallo di concentrazioni in cui lo strumento può lavorare
LIMITE DI RIVELAZIONE: minima quantità rivelabile
LINEARITA’: correlazione tra il segnale fornito dallo strumento e la concentrazione nel range di misura
specificato
DERIVA DI ZERO: variazione strumentale della linea di base
DERIVA DI SENSIBILITA’: intervallo di variazione della risposta strumentale ad una concentrazione costante
INTERFERENZA: risposta dello strumento a concentrazioni tipiche di analiti presenti negli impianti di
combustione
PERIODO DI LAVORO: tempo medio in cui lo strumento è in grado di lavorare senza interruzione
DIPENDENZA DELLO ZERO DA T: deriva della linea di base causata da variazioni della temperatura
DIPENDENZA DELLA SENSIBILITA’ DA TEMPERATURA: deriva della minima quantità rivelabile causata da
variazioni di temperatura
TEMPO DI RISPOSTA: tempo minimo impiegato dallo strumento per la lettura di una variazione di
concentrazione
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Sistema Qualità
Stesura ed applicazione di procedure gestionali che definiscono i
punti fondamentali del sistema qualità di tutta l'unità
laboratoristica
Stesura ed applicazione di istruzioni operative che si integrino
con le procedure gestionali
Stesura e utilizzo di metodi di prova, laddove non esistano
metodi di prova ufficiali o si possano migliorare quelli esistenti, con
le relative validazioni, al fine di ottenere l'accreditamento ai sensi
della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025
I RIFIUTI
ASPETTI NORMATIVI E TECNICI
Dott. Mauro Rotatori
Principi generali
La legislazione in materia di rifiuti è stata introdotta
nell’ordinamento europeo con la direttiva quadro 75/442/CEE,
modificata in seguito dalle direttive:
91/156/CEE
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi.
La Dir. 75/44/CEE è il primo provvedimento comunitario che intende tutelare la salute
umana e l’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento,
dell’ammasso e del deposito dei rifiuti.
La direttiva definisce il proprio campo d’applicazione, indica agli Stati membri le misure
idonee da intraprendere (sviluppo di tecnologie pulite per l’eliminazione delle sostanze
pericolose dei rifiuti, loro recupero mediante riciclo, reimpiego e uso di rifiuti come fonte
di energia) e sollecita l’elaborazione di piani di gestione.
L’Allegato I elenca le categorie dei rifiuti, l’Allegato IIA riporta le varie operazioni di
smaltimento e l’Allegato IIB le operazioni di recupero
Dir. 2013/2/UE
Modifica all’All. I della Dir.
94/62/CE
Imballaggi e rifiuti di imballaggio
Dir. 2013/28/UE
Modifica dell’All. II della Dir.
2000/53/CE
Veicoli fuori uso
Dir. 2012/19/UE
RAEE
Dir. 2012/18/UE
Modifica e abrogazione della dir.
96/82/CE
Dir. 2011/65/UE
Restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature
elettriche ed elettroniche
Dir. 2008/68/CE
Trasporto interno di merci pericolose
Dir. 2008/98/CE
Rifiuti
Dir. 2008/99/CE
Tutela penale dell’ambiente
Dir. 2006/21/CE
Modifica della Dir. 2004/35/CE
Dir. 2006/12/CE
Rifiuti
Dir. 2006/66/CE
Abroga la Dir. 91/157/CEE
Pile e accumulatori
Dir. 2005/20/CE
Modifica della Dir. 94/62/CE
Imballaggi e rifiuti di imballaggio
Dir. 2002/96/CE
RAEE
Dir. 2000/532/CE
Veicoli fuori uso
Controllo del pericolo di incidenti rilevanti
connessi con sostanze pericolose
Gestione dei rifiuti delle industrie estrattive
Principi generali
Tali norme hanno introdotto un insieme di principi generali e di procedure di
controllo che mirano a garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e
della salute umana che possono essere sintetizzati in:
1.
Principio di precauzione: principio cardine della politica ambientale
dell’Unione europea che prescrive un’azione preventiva dei danni causati
all’ambiente. Gli stati membri devono adottare una politica di prevenzione della
produzione e della pericolosità dei rifiuti e politiche che incoraggino il recupero e il
reinserimento delle rifiuti nel ciclo produttivo.
2.
Requisito di prevenzione: la gestione dei rifiuti non deve avere
ripercussioni sulla salute umana e sull’ambiente. “Chi inquina paga”, secondo
il quale l’onere della riparazione dei danni ambientali non può ricadere sui cittadini ma deve
essere “addebitato” a chi di tali danni è responsabile.
3.
Strumenti di “Command and control”
4.
Strumenti Economico-fiscali
Obblighi di autorizzazioni,
registrazione e ispezioni contenute nelle direttive sui rifiuti non pericolosi e pericolosi;
Regolamento sulle spedizioni dei rifiuti
Quali tasse e sussidi, che coinvolgano innovazioni
tecnologiche.
5.
Strumenti volontari Strumenti che consentono alle imprese di introdurre una
efficiente gestione ambientale, capace di prevenire, ridurre e, se possibile, persino
eliminare l’inquinamento, preferibilmente alla fonte, garantendo al tempo stesso un uso
razionale delle risorse e delle materie prime.
Normativa Italiana in materia di rifiuti
Il DPR 915/82, attuazione della Dir. 75/442 che istituiva negli Stati membri una
disciplina mirante a prevenire e ridurre la formazione dei rifiuti, in particolare di quelli
pericolosi, ha rappresentato a lungo il punto fondamentale di riferimento per gli operatori
del settore. Tuttavia risultava ancorato a una definizione dello smaltimento in cui
rientravano tutte le fasi di vita del rifiuto soggette a obbligo di autorizzazione, per cui il
recupero e il riutilizzo venivano anche loro considerate possibili step di vita del rifiuto e
come tali equiparate all’eliminazione.
La necessità di un nuovo intervento normativo più organico è diventato più pressante in
seguito al recepimento di nuove direttive comunitarie, in particolare la Dir. 91/156/CEE
che fissava due obiettivi principali:
- la prevenzione o la riduzione della produzione dei rifiuti
- il loro recupero mediante riciclo e riutilizzo al fine di ottenere materiali o di
produrre energia
Di fronte a tali novità, il legislatore italiano reagiva inizialmente con una serie di interventi
normativi privi di collegamento sistematico e destinati di volta in volta alla soluzione di un
solo problema. Il DL 443/93 ha rappresentato il capostipite di una lunga serie di
provvedimenti tramite i quali il Governo ha esercitato la sua potestà legislativa d’urgenza.
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI
Il D.Lgs. 22/97 (Decreto Ronchi) ha rappresentato la prima legge
quadro in materia di gestione dei rifiuti, in tutti i suoi aspetti, al
fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente
Il Dlgs. 22/97 ha recepito tre direttive comunitarie:
• Dir. 91/156/CEE relativa ai rifiuti
• Dir. 91/698/CEE
• Dir. 94/62/CE
relativa ai rifiuti pericolosi
relativa agli imballaggi e rifiuti di imballaggio
Tale decreto legislativo è stato integralmente sostituito dalla
PARTE QUARTA del D.Lgs. 152/06 (Testo Unico in materia ambientale)
“Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”.
Correttivi al D.Lgs. 152/06
DECRETO LEGISLATIVO 16 gennaio 2008, n. 4
Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, recante norme in materia ambientale“
DECRETO LEGISLATIVO 29 giugno 2010, n. 128.
Modifiche ed integrazioni al decreto egislativo 3 aprile 2006, n. 152,
recante norme in materia ambientale, a norma dell’articolo 12 della legge
18 giugno 2009, n. 69
DECRETO LEGISLATIVO 3 dicembre 2010, n. 205.
Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che
abroga alcune direttive.
DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2014, n. 46.
Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali
(prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento).
DECRETO LEGISLATIVO 3 APRILE 2006,
n. 152 e s.m.i.
Parte Quarta – Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti
inquinati
Titolo I – Gestione dei rifiuti
Titolo II – Gestione degli imballaggi
Titolo III – Gestione di particolari categorie di rifiuti
Titolo III-bis – Incenerimento e coincenerimento
Titolo IV – Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
Titolo V – Bonifica di siti contaminati
Titolo VI – Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie finali
ALLEGATI
All. 1 al Titolo III-bis – Norme tecniche e valori limite di emissione
per gli impianti di incenerimento di rifiuti
Parte Quarta del D.Lgs 152/2006 e s.m.i.
Art. 177 Campo di applicazione
1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei
rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle
direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE,
prevedendo misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana,
prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della
gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle
risorse e migliorandone l’efficacia.
2. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse.
3. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o
complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del
presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che
disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.
Art. 178. Principi
La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi
di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di
proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di
tutti
i
soggetti
coinvolti
nella
produzione,
nella
distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui
originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga.
A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri
di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità
tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme
vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle
informazioni ambientali.
Art. 183. Definizioni
1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le
ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:
“rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o
abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi;
“detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che
ne è in possesso;
“rifiuto pericoloso”: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di
cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto;
"rifiuto organico“: rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti
alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di
ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti
dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato;
Art. 184 co.4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le
caratteristiche di cui all’allegato I della Parte Quarta
Art. 184. Classificazione
1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i
rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti
speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti
pericolosi e rifiuti non pericolosi.
Rifiuti Solidi Urbani
(art.184 comma 2)
Sono definiti rifiuti urbani:
 i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi
adibiti ad uso di civile abitazione
 i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi non adibiti a
civile abitazione
 i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade
 i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed
aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette
ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei
corsi d'acqua
 i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e
aree cimiteriali
 i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni di cadaveri,
nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriali
Rifiuti Speciali
(art.184 comma 3)
Vengono classificati come rifiuti speciali:
 i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per
gli effetti dell’art. 2135 c.c.;
 i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione,
nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo
restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;
 i rifiuti da lavorazioni industriali;
 i rifiuti da lavorazioni artigianali;
 i rifiuti da attività commerciali;
 i rifiuti da attività di servizio;
 i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di
rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri
trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da
abbattimento di fumi;
 i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
Rifiuti pericolosi
(art. 184 comma 5)
L’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta include i rifiuti
pericolosi e tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove
necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è
vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare
pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa
che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui
all’articolo 183. Con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore dalla presente disposizione, possono essere emanate specifiche linee
guida per agevolare l’applicazione della classificazione dei rifiuti introdotta agli
allegati D e I.
ALLEGATO D - Elenco dei rifiuti istituito Dec. della Commissione 2000/532/CE
La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il
competente codice CER, applicando le disposizioni contenute nella decisione
2000/532/CE.
ALLEGATO I - Caratteristiche di pericolo per i rifiuti
I criteri di classificazione dei rifiuti sono fondati sulle norme inerenti
la classificazione delle sostanze e delle miscele pericolose
TITOLO III – GESTIONE DI PARTICOLARI
CATEGORIE DI RIFIUTI (art. 227)
1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative alle
altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti:
a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2000/53/CE, direttiva
2002/95/CE e direttiva 2003/108/CE e relativo decreto legislativo di
attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente alla data di entrata in
vigore delle singole disposizioni del citato provvedimento, nelle more
dell'entrata in vigore di tali disposizioni, continua ad applicarsi la disciplina
di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
b) rifiuti sanitari: d.P.R. 15 luglio 2003, n. 254;
c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo 24 giugno
2003, n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a carico degli
operatori economici, per il ritiro e trattamento dei veicoli fuori uso in
conformità a quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, della citata direttiva
2000/53/CE;
d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto
ministeriale 29 luglio 2004, n. 248.
Definizione dei RAEE
RAEE è l’acronimo di rifiuti da apparecchiature
elettriche ed elettroniche , in inglese “waste of
electric and electronic equipment” (WEEE).
Per RAEE s’intende perciò quel tipo particolare
di rifiuto che deriva da una qualunque
apparecchiatura elettrica ed elettronica
La gestione dei Rifiuti da Apparecciature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) è
regolamentata in Italia dal Decreto Legislativo n. 151 del 2005.
La normativa recepisce le indicazioni di alcune direttive emanate dall’Unione Europea
per la riduzione di sostanze pericolose nelle Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche
(2002/95/CE – RoHS, Restriction of Hazardous Substances) e lo smaltimento dei rifiuti
generati dalle stesse apparecchiature, definiti appunto RAEE (2002/96/CE e
2003/108/CE).
Il nuovo D.Lgs. RAEE (49/2014) è in vigore dal 12 aprile recepisce la direttiva
europea RAEE(2012/19/EU): contiene gli obblighi di gestione e finanziamento,
in capo ai produttori di AEE, delle operazioni di ritiro, trasporto e gestione dei
RAEE domestici e anche di raccolta dei RAEE professionali.
Classificazione normativa dei RAEE in base
al DLgs 151/05 ai fini del recupero
Classificazione normativa dei RAEE
Il D.M. 185 del 25 settembre 2007 ha definito i Raggruppamenti di RAEE che dovranno
essere effettuati nei Centri di Raccolta e in base ai quali verranno calcolate le quote di raccolta di
competenza di ciascun produttore. Presso i Centri di Raccolta ogni tipologia di RAEE è raccolta
separatamente sulla base di una suddivisione di 5 Raggruppamenti:
RIFIUTI APPARECCHIATURE ELETTRICHE ED
ELETTRONICHE (RAEE) (D.Lgs. 49/2014)
Art. 1. Finalità
1. Il presente decreto legislativo stabilisce misure e procedure volte a proteggere
l’ambiente e la salute umana:
a) prevenendo o riducendo gli impatti negativi derivanti dalla progettazione e dalla
produzione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e dalla produzione e gestione
dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche;
b) riducendo gli impatti negativi e migliorando l’efficacia dell’uso delle risorse per
conseguire obiettivi di sviluppo sostenibile, in applicazione dei principi e dei criteri di cui
agli articoli 177, 178, 178-bis, 179, 180, 180-bis e 181 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, e successive modificazioni.
Allegato 1 (sino al 14 agosto 2018)
1. Grandi elettrodomestici
2. Piccoli elettrodomestici
3. Apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni
4. Apparecchiature di consumo e pannelli fotovoltaici
5. Apparecchiature di illuminazione
6. Strumenti elettrici ed elettronici (ad eccezione degli
utensili industriali fissi di grandi dimensioni)
7. Giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo
sport
8. Dispositivi medici (ad eccezione di tutti i prodotti
impiantati ed infettati)
9. Strumenti di monitoraggio e di controllo
10. Distributori automatici
Allegato 3 (dal 15 agosto 2018)
1. Apparecchiature per lo scambio di temperatura
2. Schermi, monitor ed apparecchiature dotate di
schermi con una superficie superiore a 100 cm2
3. Lampade
4. Apparecchiature di grandi dimensioni (con
almeno una dimensione esterna superiore a 50
cm),
5. Apparecchiature di piccole dimensioni (con
nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm),
6. Piccole apparecchiature informatiche e per
telecomunicazioni (con nessuna dimensione
esterna superiore a 50 cm).
Ricadute ambientali ed economiche
connesse al riutilizzo dei RAEE
RICADUTE AMBIENTALI
1. Ridotta dispersione nell’ambiente di sostanze pericolose per la
salute pubblica;
2. Riduzione dell’impatto connesso alle attività di estrazione dei
metalli a livello mondiale
3. Riduzione delle emissioni di gas serra collegate con lo smaltimento
dei CFC
4. Riduzione dei traffici illeciti verso Paesi non industrializzati
RICADUTE ECONOMICHE
1. Risparmio del costo smaltimento dei prodotti
2. Possibile creazione di filiere produttive legale al riciclo dei
materiali dai RAEE
3. Trasferimento dai centri di ricerca al sistema produttivo dei
brevetti innovativi
I RAEE in Europa
Rif: Dossier Tecnico Grandi e piccoli elettrodomestici, scenario di riferimento e aspetti operativi, ECODOM
Ciclo di trattamento dei RAEE: R1
Ciclo di trattamento dei RAEE: R2
Ciclo di trattamento dei RAEE: R3
Ciclo di trattamento dei RAEE : R4
Ciclo di trattamento dei RAEE : R5
RIFIUTI SANITARI
(D.P.R. 15 Luglio 2003, n. 254)
rifiuti sanitari non pericolosi
rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani
rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo
rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo
rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di
smaltimento
rifiuti da esumazione ed estumulazione
rifiuti speciali, che anche se prodotti fuori da strutture
sanitarie, presentano lo stesso rischio dei rifiuti pericolosi a
rischio infettivo, esclusi gli assorbenti igienici
PROCEDURA DI STERILIZZAZIONE secondo
le norme UNI 10384/94, parte prima
VEICOLI FUORI USO
Il panorama normativo che regola la gestione dei veicoli giunti a fine vita è
costituito dalla seguente legislazione:
1. Direttiva 2000/53/CE (relativa ai veicoli fuori uso);
2. D.Lgs. 209/2003 (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai
veicoli fuori uso)
3. D.Lgs. 149/2006 (Disposizione correttive ed integrative al decreto
legislativo 24 giugno 2003, n° 209, recante attuazione della direttiva
2000/53/CE in materia di veicoli fuori uso)
4. D.Lgs. 152/06 (Norme in materia ambientale) per i veicoli non rientranti
nel campo di applicazione del D.Lgs 209/03) – art. 231
ALTRE TIPOLOGIE DI RIFIUTO
Art. 233. Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi
vegetali ed animali esausti
Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e
animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un consorzio. I sistemi di
gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'art. 237.
Il CONOE - Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e
recupero Oli e grassi vegetali ed animali Esausti - è stato
istituito dal D.lgs 22/97 (decreto Ronchi) srt. 47.
Art. 234. Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene
Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di
beni in polietilene destinati allo smaltimento, è istituito il consorzio per il riciclaggio
dei rifiuti di beni in polietilene […].I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai
principi di cui all'articolo 237
la raccolta e il recupero è in capo al consorzio POLIECO,
che ha l’obiettivo di favorirne la raccolta e il recupero
La recente legge n. 116/2014 ha stabilito che per beni in polietilene si intendono
“i beni composti interamente da polietilene” ed ha individuato in via transitoria
una precisa elencazione di tali beni.
Sottoprodotto (art. 184-bis)
1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1,
lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti
condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui
costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di
tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di
un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del
produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun
ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per
l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la
protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi
negativi sull’ambiente o la salute umana.
possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o
quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o
oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali
criteri si provvede con uno o più decreti del MATTM
Esclusioni dall’ambito di
applicazione (art. 185)
1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del
presente decreto:
a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera;
b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici
collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli
artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati;
c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel
corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini
di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato;
d) i rifiuti radioattivi;
e) i materiali esplosivi in disuso;
f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci
e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso
utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da
tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente
né mettono in pericolo la salute umana.
Esclusioni dall’ambito di
applicazione (art. 185)
2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del
presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative
comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento:
a) le acque di scarico;
b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati,
contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati
all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di
produzione di biogas o di compostaggio;
c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione,
compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in
conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002;
d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento,
dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al
D.Lgs. 117/08;
Esclusioni dall’ambito di
applicazione (art. 185)
3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie
specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte
Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque
superficiali o nell'ambito delle pertinenze idrauliche ai fini della
gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di
inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o
ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi
ai sensi della decisione 2000/532/CE della Commissione del 3
maggio 2000, e successive modificazioni.
4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato
naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati,
devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183,
comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter.
Distinzione tra rifiuto e non rifiuto
Definizione di non rifiuto
Vengono introdotte le definizioni di:
• materia prima secondaria
• combustibile da rifiuti di qualità elevata – CDRQ
• sottoprodotto
e vengono rideterminati i criteri che individuano:
• materia prima secondaria per attività
siderurgiche e metallurgiche la cui utilizzazione
è certa e non eventuale
• i prodotti di recupero (che non sono più rifiuti)
• le terre e rocce da scavo (che non sono rifiuti
fin dall’origine)
Distinzione tra rifiuto e non rifiuto
Definizione di non rifiuto
rifiuti
non rifiuti
Distinzione tra rifiuto e non rifiuto
Definizione di non rifiuto
rifiuti
definizione (italiana) di rifiuto
non rifiuti
Distinzione tra rifiuto e non rifiuto
Definizione di non rifiuto
sottoprodotti
rifiuti
prodotti
di recupero
materie
prime
secondarie
definizioni di non rifiuti
Distinzione tra rifiuto e non rifiuto
Applicazione della disciplina
La disciplina in materia di gestione dei rifiuti
si applica
fino al completamento delle operazioni di recupero, che si realizza
quando non sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i
materiali e gli oggetti ottenuti possono essere usati in un processo
industriale o commercializzati come materia prima secondaria,
combustibile o come prodotto da collocare (art. 181, comma 12)
non si applica
ai materiali, alle sostanze o agli oggetti che, senza necessità di
operazioni di trasformazione, già presentino le caratteristiche delle
materie prime secondarie, dei combustibili o dei prodotti individuati
ai sensi del presente articolo, a meno che il detentore se ne disfi o
abbia deciso, o abbia l’obbligo, di disfarsene (art. 181, comma 13)
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Finalità)
• La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è
disciplinata al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli
efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi.
• I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all’ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la fauna e la flora
b) senza causare inconvenienti da rumori od odori
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in
base alla normativa vigente
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06
(Priorità nella gestione e prevenzione della produzione di rifiuti)
Le pubbliche Amministrazioni perseguono iniziative dirette a favorire
prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività
dei rifiuti, in particolare mediante:
a) lo sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un
maggiore risparmio di risorse naturali;
b) la messa a punto tecnica e l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in
modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro
fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la
nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
c) lo sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose
contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero.
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Recupero dei rifiuti)
Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le pubbliche amministrazioni favoriscono la
riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso:
a) il riutilizzo, il reimpiego ed il riciclaggio;
b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima secondaria dai rifiuti;
c) l'adozione di misure economiche e la previsione di condizioni di appalto che
prescrivano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato di
tali materiali;
d) l'utilizzazione dei rifiuti come mezzo per produrre energia.
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione dei rifiuti)
• L’art. 183, comma 1°, lett. d) del Testo Unico definisce “gestione” la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento
dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni e il controllo delle discariche dopo la chiusura.
•L’art. 183, comma 1°, lett. g) del Testo Unico definisce “Smaltimento” ogni operazione finalizzata a sottrarre
definitivamente una sostanza, un materiale o un oggetto dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le
operazioni previste nell’allegato B.
•L’art. 183, comma 1°, lett. h) del Testo Unico definisce “Recupero” le operazioni che utilizzano rifiuti per generare
materie prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, incluse la
cernita o la selezione, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C.
Sono operazioni di smaltimento (All. B)
D1) deposito al suolo (ad es. discarica)
D2) trattamento in ambiente terrestre (ad es. biodegradazione rifiuti liquidi)
D3) iniezione in profondità
D4) lagunaggio (ad es. scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni e lagune)
D5) messa in discarica specialmente allestita
---------------D15) deposito preliminare
Sono operazioni di recupero (All. C)
R1) utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia
R2) rigenerazione, recupero di solventi
R3) riciclo - recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solvente
R4) riciclo - recupero dei metalli o dei composti metallici
---------------R13 messa in riserva dei rifiuti
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione: soggetti a carico)
• I soggetti a carico dei quali il Dlgs. 152/06 impone adempimenti, obblighi e
responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti sono i produttori ed i detentori dei
rifiuti
• Produttore e detentore possono essere tanto soggetto privato che soggetto
pubblico
• Le Pubbliche Amministrazioni sono destinatarie delle disposizioni sulla gestione dei
rifiuti, hanno, infatti, specifiche attribuzioni, precisi obblighi e responsabilità e poteri e
funzioni rispetto all’obbiettivo della corretta gestione integrata dei rifiuti
• La disciplina dei rifiuti riguarda anche quegli operatori intermedi che provvedono a
far smaltire o recuperare rifiuti prodotti da terzi
• Il produttore iniziale e tutti gli altri detentori che effettuano la raccolta, il trasporto, il
recupero, lo smaltimento, il commercio e l’intermediazione dei rifiuti devono
adempiere oneri ed obblighi e rispettare le altre modalità di gestione dei rifiuti
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione: adempimenti soggetti a carico)

Il principio “chi inquina paga”, l’art. 188 del Dlgs. 152/06 stabilisce che “gli oneri relativi alle attività di
smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un
soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonché dei precedenti detentori o del produttore dei
rifiuti.

Le modalità con le quali il produttore e il detentore devono sostenere gli oneri sono diverse a seconda
che il rifiuto sia qualificabile “urbano” o “speciale”:
1.
il produttore iniziale di rifiuti urbani adempie con il conferimento del rifiuto al servizio pubblico di
raccolta e con il pagamento della tariffa l’obbligo di provvedere alla relativa gestione nel
rispetto delle norme;
2.
il produttore e il detentore di rifiuti speciali adempiono ai propri obblighi con le seguenti opzioni in
ordine di priorità:
a)
autosmaltimento
b)
conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati
c)
conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei
RSU con i quali sia stata stipulata apposita convenzione
d)
utilizzazione del trasporto ferroviario di rifiuti pericolosi per distanze superiori a 350
km e quantità eccedenti le 25 tonnellate;
e)
esportazione dei rifiuti
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione: obbligo del formulario)
• Altro problema rilevante della gestione dei rifiuti è il controllo della loro movimentazione
• A questa esigenza corrispondono l’affermazione del principio della territorialità dello smaltimento
dei rifiuti urbani e della riduzione della loro movimentazione e dall’obbligo di far accompagnare tale
movimentazione da un apposito documento di identificazione. L’art. 193 stabilisce che durante il
trasporto effettuato da Enti o Imprese i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di
identificazione.
Il formulario
• contiene: nomi e indirizzi del produttore, del detentore e del destinatario, tipologia e
quantità del rifiuto, impianto di destinazione, data e percorso di istradamento;
• deve essere vidimato e numerato dagli uffici dell'Agenzia delle entrate o dalle Camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti
in materia di rifiuti.
•deve essere redatto in 4 copie, che devono essere conservate per cinque anni. Una copia resta
al detentore o al produttore, delle altre 3, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, una
rimane al destinatario, una è trattenuta dal trasportatore e una restituita al detentore iniziale.
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione: obbligo di denuncia al catasto)
• Un altro obiettivo importante è quello di acquisire dati e informazioni adeguati, sufficienti e validabili sulle quantità
e tipologia dei rifiuti prodotti e gestiti e sulle diverse modalità di gestione.
• La disponibilità di dati è infatti l’indispensabile supporto della politica del settore ai fini dell’elaborazione e della
redazione dei piani di gestione dei rifiuti da parte delle Regioni e per l’individuazione del fabbisogno e dei necessari
interventi correttivi di eventuali squilibri tra l’offerta di impianti di gestione dei rifiuti ed il loro fabbisogno. La
disponibilità e l’elaborazione di dati hanno, poi, un ruolo strategico anche per la pianificazione dei controlli.
• A queste esigenze va incontro la prevista riorganizzazione del Catasto dei rifiuti e l’obbligo di comunicazione
annuale dei rifiuti prodotti e gestiti.
Il Catasto dei rifiuti è stato istituito dall’art. 3 del D.L. 09/09/1988, n. 397, convertito con modificazioni dalla Legge
09/11/1988, n. 475.
Il Catasto (art. 189 del D. Lgs. 152/06)
• è articolato in una sezione nazionale, con sede a Roma, presso l’APAT e in sezioni regionali o delle province
autonome di Trento e Bolzano presso le corrispondenti ARPA o presso la Regione;
• è disciplinato dal relativo regolamento di riorganizzazione adottato con D.M. 372/98 per la raccolta sistematica, in
un sistema unitario, di tutti i dati relativi ai produttori di rifiuti, ai soggetti che gestiscono i rifiuti ed alle tipologie, alle
caratteristiche e alla natura dei rifiuti prodotti e gestiti, nonché per l’elaborazione dei suddetti dati e l’informazione.
Le disposizioni di cui al D.M. 372/98 continuano a valere sino all’emanazione del D.M. per l’aggiornamento delle
norme di organizzazione del catasto, previsto al comma 1 dell’art. 189 del Testo Unico.
A tutt’oggi il risultato conseguito con questo strumento non è stato soddisfacente
soprattutto se confrontato con l’appesantimento burocratico che ha determinato
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06
(Gestione: obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico)
• L’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico è finalizzato a consentire il controllo sulla correttezza
della gestione dei rifiuti in base al presupposto per cui, una volta effettuata l’annotazione, è improbabile che i
rifiuti siano destinati ad uno smaltimento non corretto.
• La tenuta dei registri di carico e scarico è disciplinata in stretto collegamento con l’obbligo di comunicazione
annuale al Catasto nonostante i due adempimenti corrispondano ad esigenze diverse.
• L’art. 190 del Dlgs. 152/06, e il D.M. 148/98 che disciplina le modalità di compilazione, pone infatti l’obbligo
della tenuta dei registri di carico e scarico ai medesimi soggetti che devono effettuare la comunicazione al
Catasto. Le disposizioni di cui al D.M. 148/98 continuano a valere sino all’emanazione del decreto previsto al
comma 7 dell’art. 190 del Testo Unico.
•Il registro di carico e scarico deve essere numerato, vidimato e gestito con le procedure e le modalità fissate
dalla normativa sui registri IVA e deve contenere le informazioni relative alle caratteristiche qualitative e
quantitative dei rifiuti prodotti e gestiti;
Le imprese e gli stabilimenti che svolgono attività di smaltimento e di recupero dei rifiuti devono
annotare sui registri le informazioni seguenti:
a) l’origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti
b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti e il mezzo di trasporto utilizzato
c) il metodo di trattamento utilizzato
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Competenze)
Stato
• funzioni di indirizzo e coordinamento
• determinazione dei criteri generali per l’elaborazione dei piani regionali;
• definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il
campionamento e l’analisi dei rifiuti;
Regione
• adozione dei piani regionali di gestione dei rifiuti
• organizzazione dei piani di bonifica siti
• approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche
pericolosi, e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti,
Provincia
• controllo e verifica della gestione dei rifiuti a livello provinciale e degli
interventi di bonifica e di monitoraggio
Comune
• tutela igienico-sanitaria della gestione dei rifiuti urbani
• modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e della
raccolta differenziata
• L’elenco delle competenze è
vasto e dettagliato.
• Va sottolineata la rivalutazione
del ruolo delle Province, cui
vengono demandati tutti i
controlli e tutte le funzioni che
riguardano
le
procedure
semplificate e la gestione dei
rifiuti nel loro territorio, per i
quali sono previsti anche
appositi piani di gestione
• Spetta alle Regioni, invece,
predisporre i piani regionali di
gestione dei rifiuti con il
compito di promuovere la
riduzione delle quantità, dei
volumi
e
della
loro
pericolosità
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Raccolta e Trasporto)
• L’esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti è subordinato alla preventiva
iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali che effettuano la gestione dei rifiuti (art.
212)
• Si tratta di un procedimento di autorizzazione con il quale la Pubblica Amministrazione (le
Sezioni regionali dell’Albo) accertano che l’interessato sia in possesso dei requisiti
soggettivi, tecnici e di capacità finanziaria richiesti.
• L’iscrizione all’Albo ha validità di 5 anni. L’obbligo d’iscrizione riguarda le imprese che
svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, di raccolta e
trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di
commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi, nonché di
gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi e di gestione di impianti
mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti.
•L’iscrizione costituisce titolo per l'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di
commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l'iscrizione abilita alla gestione
degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato o allo svolgimento delle attività soggette ad
iscrizione.
LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI:
PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Procedure semplificate)
• In accordo con le direttive comunitarie, il legislatore italiano utilizza la facoltà di
semplificazione delle procedure, per cui l’obbligo di autorizzazione resta
inderogabile solo per le attività di smaltimento vero e proprio e in particolare per le
discariche
• Alcune attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuati dai produttori nei luoghi di produzione degli
stessi (autosmaltimento) e le attività di recupero di rifiuti possono far ricorso alle “procedure semplificate”,
disciplinate da D. M. 5 febbraio 1998 e D. Lgs. 12/06/2002, n. 161, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e
le condizioni in base alle quali le attività sono sottoposte a procedura semplificata.
I due decreti sono stati abrogati dal D. Lgs.152/06, ma le loro disposizioni continuano ad applicarsi fino
all’emanazione di appositi decreti di aggiornamento.
• Nel rispetto delle norme fissate dai citati decreti, le attività di autosmaltimento di rifiuti non pericolosi e
recupero di rifiuti possono essere intraprese decorsi 90 giorni dalla comunicazione di inizio attività alla
competente Sezione regionale dell’Albo, che ne dà notizia alla provincia territorialmente competente, entro
10 giorni dal ricevimento della comunicazione stessa.
le competenti sezioni regionali dell’Albo
• iscrivono in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione;
• entro 90 gg verificano la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti, illustrati dal gestore in una
relazione allegata alla comunicazione
Nessun obbligo di iscrizione o di autorizzazione è, invece, previsto per l’ammasso provvisorio (deposito
temporaneo) di rifiuti, anche pericolosi, presso il luogo di produzione
TITOLO III-BIS ALLA PARTE QUARTA:
INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI
Introdotto dal D.lgs.
46/14
L’abrogazione del Dlgs 133/05 avverrà a partire dal 1 gennaio 2016.
Gli impianti esistenti devono adeguarsi entro il 10 gennaio 2016.
Se non è previsto il rinnovo periodico entro il 10 gennaio 2015, i gestori, entro tale data,
presentano all'autorità competente una richiesta di rinnovo ai fini dell'adeguamento.
Il Titolo, che ha sostanzialmente «inglobato» il D.Lgs. 133/05, disciplina:
 Valori limite di emissione degli impianti;
 I metodi di campionamento, analisi e di valutazione degli inquinanti
derivanti dagli
 impianti di incenerimento e coincenerimento rifiuti;
 I criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche
costruttive e
 funzionali, nonché le condizioni di esercizio con particolare riferimento
all’esigenza
 di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente contro le emissioni causate
 dall’incenerimento e coincenerimento dei rifiuti;
 Le definizioni contenute nel D.Lgs. 133/05;
 Nuovi parametri e valori limite di emissione;
Contenuto dell’autorizzazione
Oltre a quanto già previsto negli art. 5 (per gli impianti di incenerimento) e 6
(per gli impianti di coincenerimento) del Dlgs 133/05, l’autorizzazione deve
indicare:
1. il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio (che deve essere
comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno 15 giorni) e la
messa a regime dell'impianto
2. la data, a partire dalla messa a regime, entro cui vanno comunicati
all'autorità competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un
periodo continuativo di marcia controllata, la durata di tale periodo e il
numero dei campionamenti da realizzare.
Modifica delle condizioni di esercizio e modifica sostanziale
Le autorità competenti devono comunicare al MATTM tutte le modifiche autorizzate
ed i risultati delle verifiche effettuate tenendo anche conto delle relazioni
annuali che il gestore è tenuto a presentare. Il MATTM include queste
informazioni nella relazione da inviare alla UE sulla attuazione delle direttiva
75/2010.
Emissioni in atmosfera e campionamento e analisi
Vengono inclusi i valori limiti per ammoniaca e per PCB (misurati come PCBDL). Inoltre per i microinquinanti organici è stato aggiunto il periodo
minimo di campionamento pari a 6 ore. Per i metalli pesanti cambiano le
frequenze di campionamento che vanno adesso da minimo 30 minuti fino ad un
massimo di 8 ore.
Per impianti di combustione che coinceneriscono rifiuti, sono previsti
valori limite più restrittivi per SO2 e Nox per le varie tipologie di
combustibili; per gli impianti a biomassa la taglia per non avere valori
limite per questi inquinanti passa dai precedenti 3 MWt a 50MWt.
Il controllo delle emissioni ed i sistemi di misurazione automatici sono
sottoposti a test annuale di verifica come definito negli allegati dove
sono anche riportati i metodi di riferimento per le misurazioni periodiche
degli inquinanti. L’autorità competente, per impianti con una capacità
nominale minore di 6 Mg/ora, può imporre misurazioni discontinue per gli
ossidi di azoto e periodiche per il tenore volumetrico di ossigeno, la
temperatura, la pressione, il vapore acqueo e la portata volumetrica
dell’effluente gassoso se il gestore può dimostrare, sulla base delle
informazioni sui rifiuti gestiti, della tecnologia utilizzata e dei
risultati dei monitoraggi, che non potrà mai superare il valore limite di
ALL. 1 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA
Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento rifiut
Ripresi dal D.lgs. 133/05
inclusi i valori limiti per
NH3(fatta eccezione per i forni
di cemento che coinceneriscono
rifiuti)
ALL. 1 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA
Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento rifiut
Ripresi dal D.lgs. 133/05
Per i metalli pesanti cambiano le frequenze di campionamento che vanno adesso
da minimo 30 min fino ad un massimo di 8 h.
ALL. 1 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA
“Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento rifiut
per i microinquinanti organici è stato aggiunto il periodo minimo di
campionamento pari a 6 h
ALL. 1 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA
“Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento rifiut
D.Lgs. 133/05:
“100mg/m3 come valore medio su 30 minuti, in un periodo di 24 ore oppure, in
caso di non totale rispetto di tale limite, il 95% dei valori medi su 10
minuti non supera il valore di 150mg/Nm3
Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle
misurazioni ai VLE si effettua secondo i seguenti metodi:
Parametro
Metodo
Temperatura
Pressione
Velocità
UNI EN ISO 16911:2013
UNI EN ISO 16911:2013
UNI EN ISO 16911:2013
Portata
Umidità
UNI EN ISO 16911:2013
UNI EN 14790:2006
Ossigeno (O2)
Acido cloridrico (HCl)
UNI EN 14789:2006
UNI EN 1911:2010
Acido fluoridrico (HF)
Ossidi di azoto (Nox) espressi come NO2
ISO 15713:2006
UNI EN 14792:2006
Ammoniaca (NH3)
Biossido di zolfo (SO2)
Monossido di carbonio (CO)
EPA CTM-027:1997
UNI EN 14791:2006
UNI EN 15058:2006
TOC espresso come C
PCDD/PCDF come Teq
UNI EN 12619:2013
UNI EN 1948-1,2,3:2006
PCB-dl come Teq
IPA
UNI EN 1948-1,2,3,4:2010
ISO 11338-1,2:2003
Polveri
Mercurio (hg)
UNI EN 13284-1:2003
UNI EN 13211:2003
Metalli pesanti (As, Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl, V) UNI EN 14385:2004
60
ALL. 2 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA
“Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di coincenerimento ”
3. impianti di combustione che coinceneriscono rifiuti
Cprocesso per combustibili solidi esclusa la biomassa
(tenore di O2 6%)
Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6%)
Ripresi dal D.lgs. 133/05
Cprocesso per combustibili liquidi (tenore di O2 6%)
Rispetto al D.lgs. 13/05:
• I VLE per SO2 e NOX sono più
restrittivi;
• sono modificate le taglie degli
impianti a biomassa;
Cprocesso espresso come valori medi giornalieri (in mg/Nm3) valido fino alle seguenti
date:
a) 31 dicembre 2015 per gli impianti che hanno ottenuto un’autorizzazione prima
del 7 gennaio 2013, o i cui gestori hanno presentato una domanda completa per
un’autorizzazione entro tale data, a condizione che detti impianti siano messi in
servizio al più tardi entro il 7 gennaio 2014;
b) 7 gennaio 2013 per gli impianti di combustione non coperti dal comma precedente.
61
Valori limite di emissione in atmosfera per gli impianti di coincenerimento
(Allegato 2-A)
Quando non è stabilito uno specifico valore limite questo è calcolato, per
ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio, con la
seguente “formula di miscelazione”:
V rifiuti  C rifiuti+ V processo  C processo
-----------------------------------------------V rifiuti + V processo
=
C
C: valori limite totali di emissione;
Vrifiuti: volume dell'effluente gassoso derivante dall'incenerimento dei soli rifiuti, determinato in base ai
rifiuti che hanno il più basso potere calorifico;
Crifiuti: valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento stabiliti all'Allegato 1;
Vprocesso: volume dell'effluente gassoso derivante dal processo dell'impianto;
Cprocesso: valori limite di emissione fissati dalla normativa statale o regionale; per gli impianti di
combustione, i suddetti valori sono indicati nello stesso Allegato 2, e si applicano solo se più severi rispetto
a quelli riportati dalla normativa di recepimento della Direttiva 2001/80/CE sui grandi impianti di
combustione;
Per metalli, PCDD/F e IPA non si applica la "formula di miscelazione“ e i valori limite totali di
emissione (C) sono quelli fissati all’Allegato 1 per gli impianti di incenerimento
I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l’osservanza dei valori
limite sono normalizzati (Allegati 1-B e 2-B):
• T = 273 K
Normalizzazione
• P = 101,3 kPa;
• Gas secco
•Tenore di O2
Incenerimento: 11%;
Incenerimento di oli usati: 3%
Coincenerimento: 6% (3% per
comb. liquidi per NOx, SO2 e
polveri, (10% per i cementifici);
Stabilito dall’A. C. se l’atmosfera di
combustione è ricca di O2
ES= conc. alla % di O2 normalizzata;
21-OS
ES= ———— x EM
21-OM
dove:
EM= conc. misurata;
OS= conc. di O2 normalizzata;
OM= conc. di O2 misurata;
Campionamento ed analisi delle emissioni in atmosfera
CO
Polveri totali
NOx
SO2
TOC
HCl
Misurazioni in
continuo
HF
Parametri di processo:
• temperatura della camera di combustione;
• concentrazione di O2;
• pressione, temperatura e tenore di vapore acqueo dei gas di
scarico
Metalli pesanti
Almeno 2 misurazioni
l’anno
Diossine
Furani
Le misure degli inquinanti devono essere eseguite in conformità agli
Allegati 1-C (incenerimento) e 2-C (co-incenerimento)
I valori degli intervalli di confidenza al 95 % di un singolo
risultato di misurazione non devono superare le seguenti
percentuali dei valori limite di emissione riferiti alla media
giornaliera:
monossido di carbonio
10 %
biossido di zolfo
20 %
biossido di azoto
20 %
polveri totali
30 %
carbonio organico totale
30 %
acido cloridrico
40 %
acido fluoridrico
40 %
Valori limite di emissione per gli scarichi di acque reflue derivanti dalla
depurazione degli effluenti gassosi di incenerimento
Allegati 1-D (incenerimento) e 2D (co-incenerimento)
SMALTIMENTO DEI RIFIUTI
DISCARICA CONTROLLATA
È un impianto di smaltimento dei rifiuti in cui il materiale viene accumulato e coperto
da strati di terreno, in modo che si inneschi un processo di fermentazione anaerobica
con modesto aumento della temperatura e produzione di gas (metano e anidride
solforosa).
INCENERIMENTO
L’incenerimento rappresenta una tecnica per lo smaltimento dei rifiuti che consiste
nella ossidazione completa della parte combustibile dei rifiuti. Il calore prodotto da
questa combustione può essere recuperato per produrre energia elettrica ed energia
termica. Tale processo viene realizzato in appositi impianti detti “Termovalorizzatori” e
più precisamente “Impianti di incenerimento con recupero energetico”.
COMPOSTAGGIO
E’ un insieme di processi naturali di decomposizione dei materiali organici. In natura
questi processi avvengono nei boschi dove il lavoro dei microrganismi “spazzini”
conduce alla decomposizione della sostanza organica ed alla sintesi di una famiglia di
composti chiamati comunemente "humus". Dalla fermentazione aerobia dei materiali
che compongono la frazione umida, secondo un procedimento industriale che sfrutta
processi naturali, si ottiene un concime chiamato “compost“.
SMALTIMENTO: discarica controllata
SMALTIMENTO: discarica controllata
RISCHIO AMBIENTALE
Si deve evitare che l’acqua che filtra attraverso i rifiuti possa
inquinare il terreno e/o le falde sottostanti alla discarica, quindi:
Va costruita una barriera fisica sul fondo della discarica
(fondo impermeabile);
Vanno drenate le acque superficiali che scorrono sulla
massa dei rifiuti (canali di scolo e raccolta della pioggia);
Va raccolto e depurato il percolato (acqua che si accumula al
fondo della discarica).
SMALTIMENTO: discarica controllata
Durante la fase di smaltimento e di degradazione delle
sostanze organiche operata da flora batterica, si formano
due componenti:
BIOGAS
52 – 65 % METANO
30 – 45 % ANIDRIDE
CARBONICA
5 – 13 % ALTRI GAS
Viene estratto e recuperato
come fonte energetica
PERCOLATO
Concentrato di sostanze
organiche e alcuni metalli
pesanti. Deve essere raccolto
e trattato in idonei impianti di
depurazione
SMALTIMENTO: discarica controllata
SMALTIMENTO: discarica controllata
DESTINO DI UNA
DISCARICA
La discarica, una volta
riempita, viene chiusa
ed il suolo viene
piantumato.
Ma la raccolta del gas e
il controllo delle falde
sottostanti dovranno
continuare ancora per
molti anni.
SMALTIMENTO: compostaggio
SMALTIMENTO:incenerimento
A) Fossa di accumulo: tenuta leggermente in depressione per evitare la fuoriuscita di cattivi odori.
B) Forno di incenerimento.
C) Scarico ceneri: i residui del processo di combustione vengono estratti dal forno ed inviati in discarica.
D) Caldaia: i fumi prodotti hanno temperature elevate (1000-1100 °C) e cedono la loro energia termica
all’acqua contenuta nei fasci tubieri della caldaia a ricupero, producendo vapore in pressione. Il vapore
ottenuto può essere utilizzato per la produzione di energia elettrica e/o termica o nelle due forme combinate
(cogenerazione).
E) Turbina a vapore: il vapore prodotto viene fatto espandere in una turbina che, ruotando, mette in funzione
l’alternatore.
F) Alternatore: l’alternatore azionato dalla turbina a vapore produce energia elettrica.
G) Sistema di trattamento fumi: i fumi, prima di essere immessi nell’atmosfera, devono subire una serie di
processi depurativi.
SMALTIMENTO:incenerimento
VANTAGGI:
Riduce il volume dei rifiuti;
Recupera energia (se i rifiuti hanno un buon potere calorico);
Bassi costi di gestione (solo nel caso di cui sopra)
SVANTAGGI:
Alti costi di realizzazione;
Necessità di gestire il rischio di fumi tossici (trattamento e
controlli);
Smaltimento ceneri residue.
Rifiuti Inceneribili
76
Le categorie principali e quantitativamente predominanti di rifiuti
inceneribili sono:
Rifiuti Solidi Urbani (RSU);
Rifiuti speciali.
rifiuti ospedalieri;
fanghi di depurazione;
industria chimica.
Rifiuti inerti:
Non inceneribili: costruzioni/demolizioni
Il rifiuto come combustibile (1/7)
La termovalorizzazione consiste nella conversione
dell’energia derivante dall’incenerimento del rifiuto,
che può essere trattato come un vero e proprio
combustibile, in energia elettrica e/o termica.
Il rifiuto è costituito da sostanze di vario genere,
per stabilire le sue caratteristiche energetiche, è
necessario effettuare un’analisi merceologica che
permetta di individuare mediamente quali sono le
sostanze che lo compongono e il valore del potere
calorifico inferiore del rifiuto “tal quale”;
la componente di rifiuto che viene sottoposta a questo tipo
di analisi è quella proveniente dalla raccolta urbana, al
netto della raccolta differenziata.
Il rifiuto come combustibile (2/7)
“Tal quale”: Solitamente questo tipo di rifiuto è
caratterizzato da un limitato valore del potere
calorifico e da un elevato contenuto di incombustibili
a meno che non venga sottoposto ad altri
trattamenti.
1.
Effettuando, ad esempio, una selezione meccanica
attraverso un’operazione di vagliatura, si può fare in modo
di asportare quelle componenti inerti (es. materiali
provenienti da scavi, costruzioni o demolizioni) che
all’interno del vaglio si frantumano, andando a costituire il
sottovaglio.
1.
La frazione rimanente (sovvallo) costituisce la cosiddetta
“frazione secca” (FS) che, contenendo essenzialmente le
frazioni combustibili del rifiuto, possiede un potere
calorifico maggiore ed un minore contenuto di scorie.
3.
Effettuando ulteriori trattamenti quali la triturazione,
l’essiccamento e l’addensamento, si giunge al
“combustibile derivato da rifiuti” (CDR).
Il rifiuto come combustibile (3/7)
Il CDR è classificabile in diversi gradi qualitativi, sulla base
delle norme tecniche Uni 9903-1 ed integrazioni.
Semplice CDR: recuperato dai rifiuti urbani e dai rifiuti
speciali non pericolosi.
Qualità CDR: CDR-Q consente di ottenere i certificati verdi
per la produzione di energia elettrica, e può essere usato con
impatto ambientale inferiore.
Trattamenti per:
garantire un potere calorifico sufficiente;
ridurre e controllare il rischio ambientale e sanitario;
ridurre la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale
putrescibile, e il contenuto di umidità;
rimuovere le sostanze pericolose ai fini della combustione, come
alcuni tipi di polimero e i materiali potenzialmente esplosivi
Il rifiuto come combustibile (4/7)
La frazione umida organica può essere utilizzata per la
produzione di biogas, riutilizzata come compost fertilizzante
o come materia prima per determinati cicli produttivi
industriali (come, ad esempio, il bioetanolo), o conferita in
discarica.
Residuo secco combustibile:
Alcune plastiche - come derivati del petrolio - hanno un buon
rendimento energetico.
Per legge: utilizzo, per non più del 50% in peso, di alcuni rifiuti
riciclabili, quali le plastiche non clorurate (PET, PE, ecc.),
poliaccoppiati plastici (come gli imballaggi multimateriale
plastica-alluminio o plastica-alluminio-carta), gomme sintetiche
non clorurate, resine e fibre sintetiche non contenenti cloro.
Il cloro infatti causa la produzione di diossina durante la
combustione.
Residuo secco non-combustibile.
Il rifiuto come combustibile (5/7)
CARATTERISTICHE MEDIE DEI Rifiuti Solidi Urbani (RSU) senza
trattamento:
Umidità 
44%
Frazione combustibile

Frazione incombustibile 
Potere calorifico inferiore 
33%
23%
2.000 Kcal/kg
Potere calorifero (PCI) dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU) dopo il
trattamento per diventare CDR:
 3.000 – 4.500 Kcal/Kg
Il rifiuto come combustibile (6/7)
RSU e derivati (CDR o RDF, sovvalli, frazioni secche) sono combustibili
non convenzionali
Hanno delle problematiche di tipo:
Termico:
Basso potere calorifero rispetto ai combustibili
convenzionali.
Eterogeneità marcata di tipo fisico (dimensioni,
compattezza) e chimico (composizione).
Energetico:
finalità combustione è la distruzione rifiuti recuperi
termici difficili da ottimizzare
Variazioni stagionali:
necessità di progettazione e conduzione forni molto
accurate
Il rifiuto come combustibile (7/7)
Alcuni esempi di poteri caloriferi (PCI)
fra vari tipi di combustibili
Il processo dell’incenerimento
84
Trattamento rifiuti e/o derivati da rifiuti
tramite processi di conversione termica
Il processo dell’incenerimento
Osaka - Giappone
Inceneritore di Thun situato nei pressi
dell'omonimo lago nel cantone di Berna.
Brescia- Italia, 700.000 t/anno
Inceneritore di Vienna, decorato da
Friedensreich Hundertwasser, collegato
ad
una rete di distribuzione di calore.
Impianto di incenerimento sito
nell'area di
Forlì , capace di trattare 18 t/h di
rifiuti
domestici.
Il processo dell’incenerimento
Schema di impianto incenerimento RSU
SNCR-DeNOx
Waste Waters
Depurazione delle acque
Consegna
Stoccaggio
Camera di combustione/
Generatore di vapore
Depurazione dei
fumi e gas
Ciminiera
Il processo dell’incenerimento
Schema Inceneritore RSU: Dettagli
Separatore
grosse particelle
Ceneri volanti
Gas di scarico
Boiler (Steam/EE Generator); CALDAIA
Sezione rimozione polveri
Aria secondaria
Filtri: Fabric (Tissue) Filters
(Bag Filters)
Arrivo rifiuti/CDR
Filtri: Wet Scrubber
(tre stadi)
Residui
Zona Incenerimento
Bottom
Ceneri e residui
Filtro:
Spray Scrubber
Alimentazione a caduta
( FGT )
Aria primaria
Waste Waters
Il processo dell’incenerimento
88
1. Arrivo dei rifiuti
2. Combustione
3. Produzione del
vapore surriscaldato
4. Produzione di
energia elettrica
5. Estrazione
delle ceneri
6. Trattamento
dei fumi
Il processo dell’incenerimento
Rifiuti
CONVERSIONE
TERMICA
RECUPERO
ENERGETICO
CONTROLLO
EMISSIONI
Aria
Scorie
FORNO
Residui solidi
e/o liquidi
CALDAIA
DEPURAZIONE
GAS
Il processo dell’incenerimento
Principi generali di combustione
Prescrizione
impiantistiche (D.M. 503/97)
potere calorifico
Tcomb  850°C
eccessi d’aria
tgas  2sec
bilanci di massa: stechiometria,
volume fumi,
O2 6% vol
incombusti scorie max 3% peso
bruciatori
Recupero
energetico ausiliari (transitori, eventuale
mantenimento T)
bilanci termici, rendimenti
recupero energetico con rendimenti minimi
tipologie di recupero (vapore, elettricità,
cogenerazione)
Il
processo
La combustione
dell’incenerimento
Per una buona combustione occorre che il combustibile e l’aria siano
in proporzione ed in mescolanza adeguata
Ciò è agevole da ottenere con combustibili gassosi, liquidi e/o solidi,
è più difficile con un COMBUSTIBILE ANOMALO come i RIFIUTI
Il
processo
La combustione
dell’incenerimento
92
Il rifiuto è auto-combustibile
(nel campo di incenerimento) in
funzione della frazione di:
materiale combustibile, acqua e
ceneri.
Diagramma di TANNER
Il
processo
La combustione
dell’incenerimento
ECCESSO D’ARIA: in ogni reazione di combustione, l’aria
viene alimentata in eccesso rispetto alla quantità
stechiometrica per garantire la completezza delle reazioni
di ossidazione
Eccesso d’aria e = aria effettiva - aria stechiometrica
INCENERIMENTO RIFIUTI: eccessi d’aria considerevoli
completezza combustione: ossidazione difficoltosa per
natura intrinseca materiale e condizioni fluidodinamiche
poco favorevoli
controllo temperatura: forni adiabatici  aria come diluente
termico
Il
processo
La combustione
dell’incenerimento
Si producono composti a seguito di:
Combustione incompleta (messa a punto
dell’impianto);
Impurezze o additivi dei combustibili (biossido e
triossido di Zolfo, ceneri, piombo tetraetile);
Processi di ossidazione dell’azoto atmosferico ad
ossidi di azoto (NOx) durante le combustioni a
Temperatura elevata
Il
processo
dell’incenerimento
La combustione: i Fumi
95
Durante la combustione l’aria comburente deve essere
fornita in quantità controllata perché, se è insufficiente si
formano troppe ceneri e rimangono residui incombusti, se è
troppa si ha una notevole perdita di energia nei fumi
Commissione Legislazione e Tutela Ambientale
Il
processo
dell’incenerimento
La combustione: i Fumi
Fumi: prodotti dalle reazioni di ossidazione della
frazione combustibile del rifiuto Fumi stechiometrici
VS [m3 kg-1 RS]; fumi prodotti dalla ossidazione
condotta in condizioni stechiometriche
Calcolo teorico: analisi elementare
C + O2  CO2
H + ½ O2  H2O
N + ½ O2  NO
S + O2  SO2
Cl  HCl
H2Ol  H2Ov
Fumi stechiometrici: costituiti essenzialmente da CO2,
H2O (combustione + vaporizzazione umidità) ed N2 (aria
di combustione)
Il
processo
dell’incenerimento
La combustione: i Fumi
FUMI EFFETTIVI VF [m3 kg-1 RS]
VF
=
Fumi
effettivi
VS +
Fumi
stechiometrici
e
x
Eccesso
d’’aria
VA
Aria
stechiometrica
Qualitativamente:
VS e VA aumentano con PCI
VS aumenta con umidità rifiuto
e aumenta con PCI e con la diminuzione della temperatura di
combustione
Quantitativamente:
determinazione teorica sulla base dell’analisi elementare
disponibilità, rappresentatività
determinazione sulla base di correlazioni empiriche
precisione
Il
processo
dell’incenerimento
Recupero energetico
Il calore sviluppato durante la combustione viene recuperato e
utilizzato per produrre vapore  per la produzione di energia
elettrica o come vettore di calore (teleriscaldamento).
Non sempre il calore recuperato può essere effettivamente utilizzato per
via delle variazioni stagionali dei consumi energetici.
Rendimento minore di quello di una normale centrale elettrica, poiché i
rifiuti non sono un buon combustibile per via del loro basso potere
calorifico, e le temperature raggiunte in camera di combustione sono
inferiori rispetto alle centrali tradizionali, producendo quindi vapore a
minore pressione.
Talvolta per aumentare l'efficienza della combustione insieme ai rifiuti
viene bruciato anche del gas metano.
Il
processo
dell’incenerimento
Recupero energetico
Raffreddamento fumi uscita camera di combustione tramite
produzione vapore surriscaldato in caldaia
Espansione totale (turbina a condensazione)
Fumi
Fumi
CALDAIA
~
EN. ELETTRICA
Acqua
ESPANSIONE TOTALE
(SOLA EN. ELETTRICA)
T
Fumi
Fumi
CALDAIA
Vapore surriscaldato
~
T1
EN. ELETTRICA
Acqua
COGENERAZIONE
(EN. ELETTRICA + CALORE)
T2
CALORE
Il
processo
dell’incenerimento
Recupero energetico
100
Raffreddamento fumi uscita camera di combustione tramite
produzione vapore surriscaldato in caldaia
Espansione parziale (cogenerazione in turbina in
contropressione ed utilizzazione come calore del vapore fino
a condensazione)
Vapore surriscaldato
TURBINA A
DERIVAZIONE
CALDAIA
~
1) rendimenti dipendenti da
richiesta termica Q
2) modularità utilizzo
calore flessibilità
ELETTRICITA’
CALORE
Q
Acqua
TELERISCALDAMENTO
Il
processo
dell’incenerimento
Produzione energia elettrica
101
necessità limitare raffreddamento fumi in caldaia
corrosioni a basse T (HCl)
necessità contenere T e P vapore surriscaldato
corrosioni surriscaldatore (HCl)
sollecitazioni meccaniche
controlli acque ciclo termico
necessità evitare basse P ( e T ) vapore espanso
dimensioni condensatore
disponibilità refrigerante “freddo”
potenzialità elettriche (taglie impianto) modeste
bassi rendimenti turbina ed ausiliari
necessità mantenere cicli semplici
Cicli a vapore poco spinti
Pmax = 40 - 45 bar
Tmax = 350°C - 400°C
Pcond ~ 0,1 bar (45°C)
ciclo = 0,25-0,3
tot = 0,17-0,25
Il
processo
Produzione energia
miglioramenti
dell’incenerimento
elettrica

potenziali
incremento PCI (evoluzione merceologia, raccolte
differenziate)
camere di combustione non adiabatiche 
recupero calore di combustione
incremento
centralizzazione impianti (aumento potenzialità)  effetto
scala
possibilità di adottare cicli più spinti 
Pmax= 50 - 60 bar, Tmax= 420 - 450°C, Pcond= 0.05 - 0.07 bar
possibilità di incrementare raffreddamento fumi in caldaia 
incremento recupero calore di combustione
aumento rendimento turbine ed ausiliari
tot ~ 0,3 - 0,33
Il
processo
Rendimenti
dell’incenerimento
L'efficienza energetica:
tra il 19 e il 27% (o 30-33% se si considera l’effetto scala), se si
recupera solo l'energia elettrica.
aumenta molto col recupero del calore (co-generazione) che
generalmente arriva ad un rendimento intorno al 55% in
calore.
Centrale termoelettrica a ciclo combinato, il cui scopo
primario è ovviamente quello di produrre elettricità, ha
una resa del 57% per la produzione elettrica e se abbinata al
teleriscaldamento raggiunge l'87%.
Tipicamente per ogni tonnellata di rifiuti trattata possono
essere prodotti circa 0,67 MWh di elettricità e 2 MWh di calore
per teleriscaldamento.
Il
processo
Rendimenti
dell’incenerimento
Confrontare il rendimento energetico delle varie tecnologie di
trattamento termico dei rifiuti: discorso complesso, poco
documentato e fortemente influenzato dal tipo di impianto.
Differenze di massima:
in un inceneritore i rifiuti vengono direttamente bruciati ed il calore viene
usato per produrre vapore.
negli impianti di gassificazione/pirolisi i rifiuti vengono invece convertiti
parzialmente in gas (syngas) che può essere poi utilizzato in cicli
termodinamici più efficienti.
La possibilità di utilizzare diversi cicli termodinamici
permette maggiore flessibilità nella regolazione dei rapporti fra
produzione di calore e di elettricità,
rendendoli meno sensibili alle variazioni stagionali dei consumi
energetici (in altre parole d'inverno si può produrre più calore e
d'estate più elettricità).
Il
processo
I Residui
dell’incenerimento
Sottoprodotti del processo:
emissioni gassose dal camino (che devono essere fermate);
ceneri residue (che devono essere smaltite);
acque di scarico (che devono essere trattate);
tutte da caratterizzare nella loro composizione.
Composizione dei residui:
Differenze significative determinate da
arricchimento elementi volatili ( Cd, Pb, Hg) su polveri fini
(volatilizzazione ad alta T + ricondensazione a bassa T su ceneri
ad elevata superficie specifica)
presenza microinquinanti tossici (es. diossine) residui depurazione
fumi a seguito rimozione da fase gas
Il
processo
I Residui
dell’incenerimento
Più precisamente, per ogni tonnellata di rifiuti bruciata, un
inceneritore produce :
1 tonnellata di fumi immessi in atmosfera
280/300 Kg di ceneri "solide";
30 Kg di "ceneri volanti e polveri“;
650 Kg di acqua di scarico;
25 Kg di gesso
Ogni 600 tonnellate di rifiuti inceneriti si produce circa:
1 milione di metri cubi di gas da purificare;
1 tonnellata di rame;
0,5 tonnellate di mercurio;
3.000 tonnellate di sali concentrati;
1,5 tonnellate di cadmio;
60 tonnellate di zinco
60.000 tonnellate di scorie dalla composizione chimica variabile o
sconosciuta.
Il
processo
dell’incenerimento
Emissioni e residui più comuni
Biossido di Zolfo
Biossido di Azoto/Ossidi di Azoto
Materiale particolato fine incluso il PM10
Particelle sospese totali
Piombo
Ozono
Benzene
Monossido di Carbonio
Idrocarburi policiclici aromatici (Diossine e Furani)
Cadmio
Arsenico
Nichel
Mercurio
Rame
Zinco
Il
processo
dell’incenerimento
Bilancio dei Residui
110
Scorie200 – 300 kg per ton RSU
Ceneri volanti 10 - 30 kg per ton RSU
Residui depurazione fumi  20 – 40 kg per tonnellata RSU
Fanghi depurazione  0.14 – 1.2 kg per tonnellata RSU
Fumi  5000 – 7000 Nm3 per ton RSU
Il
processo
Diossine
dell’incenerimento
Formazione dovuta alla presenza di:
Carbonio, Cloro, Ossigeno, Catalizzatori metallici (Cu, Fe)
In un inceneritore sono attivi fenomeni di:
formazione, distruzione, riformazione, accumulo / rilascio
Emissioni in atmosfera:
Limiti a partire dai primi anni ‘80
Dal DM 503/97 si ha la riduzione dei limiti di 800 volte !
Se rispetta i limiti alle emissioni di diossine (0.1 ng m-3 TEQ) un
inceneritore fornisce contributi di diossine trascurabili rispetto
ad altre sorgenti
Contaminazione dei residui: elevata per polveri, residui dei
trattamenti e fanghi
ESPRESSIONE DELLA CONCENTRAZIONE DI
DIOSSINE
FATTORE EQUIVALENTE DI TOSSICITA’
Data la numerosità dei congeneri, i loro differenti modi di
trasformazione e la loro presenza nell’ambiente in miscele complesse, è
difficile valutare il rischio per l’uomo e le altre specie animali
TEF “Toxic EquivalentFactor“ numero adimensionale che facilita la
valutazione del rischio e la sua gestione in quanto riporta ad un unico
numero il valore di tossicità di miscele complesse. Per ognuno dei 17
congeneri è stato ottenuto un valore di TEF che indica il rapporto tra la
tossicità dell’isomero e quella della 2,3,7,8 TCDD posta uguale a 1.
Calcolo della concentrazione di I-TEQ totale: somma delle concentrazioni dei
17 congeneri PCDD/DF cloro sostituiti nelle posizioni 2,3,7,8 moltiplicati per
il TEF
[CPCDDi x TEFi] + [CPCDFi x TEFi]
Le emissioni dei PCDD/PCDF si esprimono come massa al m3 di gas normale
secco in riferimento al contenuto di ossigeno
Espressione della concentrazione di diossine
UNI EN-1948
Parametri qualitativi relativi
alle fasi di campionamento,
estrazione/purificazione e
determinazione
 Part 1 Metodi di campionamento (2006)
 Part 2 trattamento dei campioni (estrazione e purificazione)
(2006)
Part 3 Determinazione degli inquinanti (2006)
Part 4 identificazione e quantificazione dei PCB (2007)
UNI EN -1948 -1
L’operatore ha la possibilità di scegliere fra tre metodi differenti:
•Metodo del filtro/condensatore
•Metodo della diluizione
•Metodo della sonda raffreddata
Nella prima versione della direttiva (1996) il valore limite di 0,1 ng TE / m³ è
stato imposto come valore medio misurato su un periodo di campionamento di
un minimo di sei ore e un massimo di otto ore.
AGGIORNAMENTO 2006
-La EN 1948 può essere utilizzata per un ampio intervallo di concentrazione e per diverse
sorgenti di emissioni
- La ISO 9096 è stata sostituita dalla EN 13284-1:2001 relativa alla determinazione di
polveri di basso intervallo di massa
- il tempo di campionamento massimo di 8 h è stato abolito
ma la normativa vigente richiede un
periodo di campionamento di 8 ore
UNI EN -1948 -1
L’operatore ha la possibilità di
scegliere fra tre metodi differenti:
•Metodo del filtro/condensatore
•Metodo della diluizione
•Metodo della sonda raffreddata
Metodo del
filtro/
condensatore
Metodo della
diluizione
Metodo della
sonda
riscaldata
Il gas viene campionato isocineticamente nel condotto. I PCDD/DF
adsorbiti sul particolato e presenti nella fase gassosa vengono
raccolti nella linea di prelievo che può essere costituita, a seconda
del metodo, da un filtro o un ditale, un pallone a condensa e un
materiale adsorbente solido o liquido. Alle componenti principali di
raccolta sono aggiunti, prima del campionamento, PCDD/DF
marcati al 13C per determinare il recupero, che però non entrerà
nel calcolo finale della concentrazione, ma occorrerà solo
verificare che sia superiore al 50%.
UNI EN-1948 -1
UNI EN -1948 -2
ESTRAZIONE DEL CAMPIONE
Il campione è costituito da diverse parti:
a)Mezzi che raccolgono il particolato(flitri, ditali,
cartucce, lana di vetro, etc)
b) Adsorbenti solidi (schiuma poliuretano, XAD-2, PorapakPS)
c) Florisil: eluizione con diclorometano
d) Liquidi acquosi (soluzioni di condensa e soluzioni di
gorgogliamento)
CONSERVAZIONE DEL CAMPIONE
Il filtro e l’adsorbente vengono
alluminio. Se gli adsorbenti sono
cappa per una notte. Tutte le
conservate al buio e a temperatura
tolti e avvolti in fogli di
umidi vanno asciugati sotto
parti vanno in ogni modo
<4°C.
UNI EN -1948 -2
PURIFICAZIONE PCDD/PCDF
a) Cromatografia liquida su colonna multistrato per eliminare
componenti con proprietà chimiche differenti dai PCDD/PCDF
b) Cromatografia liquida su colonna di allumina per rimuovere le
componenti interferenti con piccole differenze nella polarità o
nella struttura rispetto ai PCDD/PCDF
c) Cromatografia a colonna di assorbimento a carbone attivo: le
molecole planari dei PCDD/PCDF sono separate dalle altre molecole
non planari interferenti
UNI EN -1948 -3
ANALISI
La determinazione dei PCDD/DF, indipendentemente dal metodo che
sarà adottato, è basata sulla quantificazione mediante la tecnica
della diluizione isotopica utilizzando la GC/MS. I congeneri
marcati 13C di PCDD/DF clorosostituiti nelle posizioni 2,3,7,8
(composti aventi caratteristiche chimico-fisiche equivalenti a
quelli degli analiti, ma differenziabili da questi in GC/MS per la
differente massa e il relativo rapporto m/e derivante dalla
struttura isotopica) vengono aggiunti all’inizio del procedimento.
Le perdite che si hanno durante l’estrazione e la purificazione si
possono individuare e compensare usando questi congeneri aggiunti
come riferimenti interni per la quantificazione, insieme ai
riferimenti per l’iniezione aggiunti prima dell’analisi in GC/MS.
Abbinando
l’aggiunta
di
composti
marcati
all’analisi
in
spettrometria di massa si ottiene un procedimento analitico molto
selettivo, accurato e preciso.
UNI EN -1948 -3
Il campionamento in continuo di diossine
Esistono oggi campionatori automatici per il campionamento di
PCDD/F in continuo, o meglio di lunga durata
Campionamento in continuo
Comunemente utilizzati sia per gli
inceneritori che per altri impianti
industriali
• si basa sulla norma tecnica 1948-1 del 2006;
In alcuni Paesi europei (es. Belgio)
rappresenta ormai una misura
obbligatoria prescritta nelle
autorizzazioni ambientali;
• è effettuato in condizioni isocinetiche, in
accordo con la norma EN 13284-1 (e quindi i
campionatori attualmente presenti sul mercato
sono certificati per l’isocinetismo);
Anche in Italia il campionamento
in continuo è stato prescritto in
sede di autorizzazione integrata
ambientale per alcuni impianti di
incenerimento.
• periodo di campionamento: 6h – 30 gg;
Necessità a livello nazionale e internazionale di validare i sistemi di campionamento
in continuo
Il campionamento in continuo di diossine
I risultati ottenuti con un campionamento “in continuo” esprimono valori
medi di concentrazione su periodi di campionamento statisticamente più
significativi e consentono di:
 rilevare occasionali aumenti di emissioni dovuti ad anomalie
o a fasi transitorie dell’impianto;
 osservare il trend delle emissioni di diossine e PCB fornendo,
così, informazioni sul buon esercizio dell’impianto o del
relativo sistema di abbattimento;
 ottenere informazioni sulla massa totale di diossine emesse in
determinati periodi (es. flusso di massa annuale)
Il campionamento in continuo di diossine
Punto fisso di
campionamento
confronto con
misure ottenute
con il metodo
discontinuo
La norma 1948-1 (2006) richiede che il campionamento
isocinetico venga effettuato in posizioni rappresentative
del condotto, in accordo con la norma EN 13284-1 del
2001. Ciò comporta la necessità di effettuare il
campionamento lungo tutta la sezione del condotto
(diversi affondamenti/spostamento della sonda).
Valori misurati più elevati rispetto a quelli ottenuti con il
metodo discontinuo (riferiti allo stesso periodo temporale),
a causa di:
 rilevamento
di emissioni dovute al non normale
funzionamento
dell’impianto
(periodi
transitori
o
anomalie);
 possibile
formazione di diossine dovute al maggior e
tempo di residenza delle polveri depositate sui filtri o sui
condotti
Fly UP