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Criteri e Standard di qualità dell`aria
Criteri e Standard di qualità dell’aria Clean Air Act 1948 Donora – Pennsylvania 20 morti – 6.000 intossicati 1952 Londra 3.000 morti – centinaia di migliaia di intossicati 1963 Originale Clean Air Act 1970 Legge Federale Clean Air Act 1970 Creazione EPA 1990 Revisione ed espansione Clean Air Act e aumento poteri EPA Criteri di qualità dell’aria Inquinanti mediante la misura dei quali è possibile ottenere informazioni circa la qualità, la salubrità dell’aria Monossido di carbonio CO Diossido di zolfo SO2 Ozono O3 Biossido di azoto NO2 Composti organici volatili COV Benzene C6H6 Materiale Particolato PM10 PM2.5 Metalli: Piombo Pb Cadmio Cd Arsenico As Nichel Ni Benzo(a)pirene C20H12 Standard di qualità dell’aria Concentrazioni massime permesse degli inquinanti considerati criteri di qualità dell’aria Primari – per la salute pubblica Secondari – per il benessere generale Variano da stato a stato a seconda di fattori politici, economici e tecnologici D.Lgs. 155/2010 modifiche D.Lgs. 250/2012 Attuazione della Direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa Definizioni puntuali Limiti e valori di riferimento per vari inquinanti Modalità di misura degli inquinanti Numero e criteri di collocazione delle postazioni di monitoraggio Metodologie per la “zonizzazione” Comunicazione delle informazioni Procedure di attuazione dei piani di riduzione … D.Lgs. 155/2010 – definizioni Inquinante: qualsiasi sostanza presente nell’aria ambiente che può avere effetti dannosi sulla salute umana o sull’ambiente nel suo complesso Livello: concentrazione nell'aria ambiente di un inquinante o deposizione di questo su una superficie in un dato periodo di tempo Valore Limite (VL): livello che deve essere raggiunto entro un termine prestabilito e che non deve essere successivamente superato Margine di Tolleranza: percentuale del valore limite entro la quale è ammesso il superamento del valore limite stesso D.Lgs. 155/2010 – definizioni Valore Obiettivo: livello da conseguire, ove possibile, entro una data prestabilita Obiettivo a lungo termine: livello da raggiungere nel lungo periodo mediante misure proporzionate Livello Critico: livello oltre il quale possono sussistere rischi o danni per ecosistemi e vegetazione, non per gli esseri umani D.Lgs. 155/2010 – definizioni Soglia di Allarme: livello oltre il quale sussiste pericolo per la salute umana per la popolazione nel suo complesso in caso di esposizione di breve durata ed il cui raggiungimento impone di adottare provvedimenti immediati Soglia di Informazione: livello oltre il quale sussiste pericolo per la salute umana per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione nel suo complesso in caso di esposizione di breve durata e il cui raggiungimento impone di fornire informazioni adeguate e tempestive D.Lgs. 155/2010 – obiettivi di qualità I livelli sono fissati in base alle conoscenze scientifiche, incluse quelle relative alle migliori tecnologie disponibili, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi di un inquinante per la salute umana e per l'ambiente nel suo complesso D.Lgs. 155/2010 – valutazione Metodi UNI EN o a equivalenza certificata Qualità attuale dell’aria ambiente per individuare le misure da adottare Tendenze a lungo termine Valutazione degli effetti delle misure adottate D.Lgs. 155/2010 – zonizzazione Per la valutazione della qualità dell’aria ambiente e per la pianificazione di interventi Individuazione degli Agglomerati assetto urbanistico popolazione residente densità abitativa Suddivisione del territorio in Zone omogenee carico emissivo grado di urbanizzazione del territorio caratteristiche orografiche caratteristiche meteo-climatiche D.Lgs. 155/2010 – informazione Superamenti registrati: località, tipo di soglia superata, data, ora di inizio e durata del fenomeno, [c] oraria più elevata e [c] media più elevata su 8h Previsioni fenomeno: evoluzione del fenomeno con l’indicazione dell’area geografica prevedibilmente interessata dai superamenti Popolazione colpita: informazione sui gruppi di popolazione a rischio Possibili effetti: descrizione dei sintomi riscontrabili nei gruppi di popolazione a rischio Condotta raccomandata: precauzioni che i gruppi interessati devono prendere; riferimenti per ottenere ulteriori informazioni D.Lgs. 155/2010 – piani di riduzione Piani di riduzione del rischio di superamento dei valori limite, valori obiettivo e soglie di allarme Adottati solo in caso di vantaggio significativo Criteri per limitare la circolazione di veicoli a motore Valori limite di emissione per impianti industriali, impianti di trattamento rifiuti, attività agricole, allevamenti Limiti e condizioni di utilizzo di particolari combustibili Limiti di utilizzo di combustibili in impianti termici civili Prescrizioni per prevenire/limitare emissioni da mezzi usati in cantiere e da navi all’ormeggio Prescrizioni di limitazione delle combustioni all’aperto (ambito agricolo, forestale e di cantiere) Monossido di carbonio – CO Gas incolore, inodore e insapore Livelli CO fissati dal D.Lgs 155/2010 UNI EN 14626:2005 Metodo Valore limite 10 mg/m3 media massima giornaliera calcolata su 8 h Diossido di zolfo – SO2 Gas incolore, odore acre e pungente Altamente solubile in acqua Livelli SO2 fissati dal D.Lgs 155/2010 Metodo Valore limite Valore limite Livello critico Soglia di allarme UNI EN 14212:2005 350 µg/m3 media 1 h da non superare più di 24 volte per anno civile 125 µg/m3 media 24 h da non superare più di 3 volte per anno civile 20 µg/m3 media annuale 500 µg/m3 misurata su 3 h consecutive Biossido di azoto – NO2 Gas rosso-bruno, odore forte e pungente Energico ossidante Livelli NO2 fissati dal D.Lgs 155/2010 Metodo Valore limite UNI EN 14211:2005 200 µg/m3 media 1 h da non superare più di 18 volte per anno civile Valore limite 40 µg/m3 media annuale Livello critico 30 µg/m3 media annuale come NOx Soglia di allarme 400 µg/m3 misurata su 3 h consecutive Ozono – O3 Gas bluastro, odore pungente agliaceo Altamente reattivo e energico ossidante Livelli O3 fissati dal D.Lgs 155/2010 Metodo UNI EN 14625:2005 Valore obiettivo 120 µg/m3 media 8 h Soglia di informazione 180 µg/m3 media 1 h Soglia di allarme 240 µg/m3 media 1 h da non superare più di 25 volte per anno civile (media su 3 anni) misurata su 3 h consecutive Livelli O3 fissati dal D.Lgs 155/2010 Metodo Obiettivo a lungo termine – protezione della salute umana Livello critico Obiettivo a lungo termine protezione della vegetazione UNI EN 14625:2005 120 µg/m3 media 8 h 18.000 µg/m3 media 1 h 6.000 µg/m3 media 1 h media su 5 anni Composti organici volatili – COV Tutti i composti organici, diversi dal metano, provenienti da fonti antropogeniche e biogeniche, che a 293,15 K hanno tensione di vapore 0,01 kPa o superiore Idrocarburi saturi e insaturi, a molecola lineare e non; specie ossigenate; specie contenenti cloro o altri elementi COV e D.Lgs 155/2010 Escluso il benzene, prevede la misura di alcuni COV precursori di ozono, specifica il metodo (allegato X D.Lgs 250/2012) ma non fissa livelli •benzene •formaldeide •toluene •NMHC •1-butene •isoprene •etilbenzene •etano •trans-2-butene •n-esano •m- + p-xilene •o-xilene •etilene •cis-2-butene •isoesano •acetilene •1,3-butadiene •n-eptano •1,2,4-trimetilbenzene •propano •n-pentano •n-ottano •1,2,3-trimetilbenzene •propene •isopentano •isottano •1,3,5- trimetilbenzene •n-butano •1-pentene •isobutano •2-pentene Benzene Liquido volatile incolore, odore aromatico pungente Livelli Benzene fissati dal D.Lgs 155/2010 Metodo Valore limite UNI EN 14662:2005 5 µg/m3 media annuale Materiale Particolato aerodisperso – PM Insieme di particelle solide e/o liquide a una determinata granulometria aerodisperse 0,01 μm < diametro aerodinamico < 50 μm Composizione chimica variabile Fumo, polvere, nebbie Livelli PM10 fissati dal D.Lgs 155/2010 Metodo UNI EN 12341:1999 da non superare più di 35 volte per anno civile Valore limite 50 µg/m3 media 24 h Valore limite 40 µg/m3 media annuale Livelli PM2.5 fissati dal D.Lgs 155/2010 Metodo UNI EN 14907:2005 Valore limite 25 µg/m3 Obbligo di concentrazione di esposizione 20 µg/m3 media annuale con margine di tolleranza 20% a diminuire fino al 2015 media annuale Idrocarburi policiclici aromatici – IPA Composti organici con 2 o più anelli benzenici condensati Volatili e semivolatili, generalmente associati al particolato atmosferico Livelli IPA (B[a]P) fissati dal D.Lgs 155/2010 Metodo Valore obiettivo B(a)P UNI EN 15549:2008 1 ng/m3 media annuale analita presente sul PM10 Metalli pesanti Convenzionalmente metalli con densità maggiore di 4,5 g/cm3 Importanti per inquinamento atmosferico: Pb As Ni Cd Hg In atmosfera sono presenti prevalentemente nel materiale particolato aerodisperso Livelli metalli pesanti fissati dal D.Lgs 155/2010 Metodo Valore limite Pb UNI EN 14902:2005 annuale 0,5 µg/m3 media metallo presente sul PM 10 Valore obiettivo As 6 ng/m3 media annuale Valore obiettivo Cd 5 ng/m3 media annuale Valore obiettivo Ni 20 ng/m3 media annuale metallo presente sul PM10 metallo presente sul PM10 metallo presente sul PM10 Deposizione totale Massa totale di sostanza inquinante (in det area e periodo) trasferita dall’atmosfera alla superficie terrestre; sia secca che umida D.Lsg. 155/2010 ne prevede misura (µg/m2), specifica metodi, ma non fissa livelli UNI EN 15841:2010 (deposizione As, Cd, Ni) UNI EN 15853:2010 (deposizione Hg) UNI EN 15980:2010 (deposizione IPA) EMISSIONI IN ATMOSFERA Mauro Rotatori CNR ISTITUTO INQUINAMENTO ATMOSFERICO Emissioni in Atmosfera Inquinamento primario Inquinamento secondario Impatto sulla popolazione Impatto sui singoli ecosistemi Impatto sul clima (Global Changes) Pressione sull’ambiente delle Emissioni PRESSIONI STATO IMPATTO RISPOSTE Pressioni • Emissioni puntuali • Emissioni areali •Emissioni lineari •Emissioni diffuse Stato Inquinanti emessi da attività antropogeniche autorizzati e/o misurati: • Materiale particellare (PTS - PM10 - PM2,5 ) •Composti Organici Volatili (TOC - SOV - VOC) •Metalli (Pb, Cr, Hg, Mn, V, Sb, ecc.) •Biossido di Zolfo •Ossidi di Azoto •Monossido di carbonio •Acidi alogenidrici (HCl, HF) •Ammoniaca •Microinquinanti organici (PCDD/F, IPA, PCB) Impatto Cause di impatto sull’ambiente •Dispersione •Formazione di inquinamento secondario •Rimescolamento •Ricaduta al suolo •Persistenza degli inquinanti Risposte Integrazione tra le seguenti attività: Controllo e vigilanza Gestione impianti Attività legislativa La Caratterizzazione delle Emissioni Serve a: Quantificare un dato inquinante e controllarne l’andamento nel tempo. Verificare il rispetto dei limiti imposti. Verificare l’efficienza ed il corretto funzionamento degli impianti produttivi e/o di depurazione. Individuare eventuali necessità di interventi correttivi. Effettuare calcoli di dispersione o di ricaduta al suolo CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Fondamenti per il Controllo delle Emissioni Deve seguire i criteri della qualità Deve essere condiviso dall’ente controllore e dal soggetto controllato Deve avere le stesse procedure su tutto il territorio Europeo, Nazionale e Regionale Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta D. Lgs. 152 del 3 aprile 2006 (Testo Unico Ambientale) Recentemente aggiornato dal D. Lgs. 29 giugni 2010, n. 128 Norme in materia di Tutela dell’Aria e di Riduzione delle emissioni Si applica a tutti gli impianti civili e industriali ed alle attività che producono emissioni in atmosfera Sono esclusi gli impianti disciplinati dal D. Lgs. 133/05 recante attuazione della Direttiva 2000/76/CE in materia di incenerimento di rifiuti; Per gli impianti sottoposti ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), ai sensi della parte II, titolo III-bis dello stesso D. Lgs. 152/06 e s.m.i. Tale autorizzazione sostituisce l’autorizzazione prevista dal presente Decreto. Dopo l’aggiornamento con D.Lgs. 128/2010 sono inoltre esplicitamente esclusi i depositi di oli minerali (art. 169, comma 10), “gli impianti e le attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti” elencati nella 1^ parte dell’allegato IV alla parte quinta (art. 272, comma 1) e gli impianti destinati alla difesa nazionale (art. 272, comma 5) CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta del D. Lgs. 152 del 3 aprile 2006 Norme in materia di Tutela dell’Aria e di Riduzione delle emissioni Prevede l’abrogazione dei principali provvedimenti del settore, come il DPR 203/1988 e il D.M. 12 luglio 1990 sugli impianti industriali ed il DPCM 8 marzo 2002 sulle caratteristiche dei combustibili. Il decreto recepisce la direttiva 2001/80/CE sui grandi impianti di combustione con nuovi limiti alle emissioni Titolo I: Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività Titolo II: Impianti termici civili Titolo III: Combustibili CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Titolo che ha subito la maggiori modifiche con il D. Lgs. 128/2010 Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010 ART. 268 (Definizioni): Nuove definizioni introdotte Definizione di Stabilimento h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o più impianti o sono effettuate una o più attività che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o più attività; i) stabilimento anteriore al 1988: uno stabilimento che, alla data del 1° luglio 1988, era in esercizio o costruito in tutte le sue parti o autorizzato ai sensi della normativa previgente, e che è stato autorizzato ai sensi degli articoli 12 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203; i -bis ) stabilimento anteriore al 2006: uno stabilimento che è stato autorizzato ai sensi dell’articolo 6 o dell’articolo 11 o dell’articolo 15, comma 1, lettera b) , del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, purché in funzione o messo in funzione entro il 29 aprile 2008; i -ter ) stabilimento nuovo: uno stabilimento che non ricade nelle definizioni di cui alle lettere i) e i -bis ); CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it L’autorizzazione alle emissioni in atmosfera di cui all’art. 269 è rilasciata non più all’impianto ma allo stabilimento Le vecchie definizioni di impianto anteriore al 1988, impianto anteriore al 2006 e impianto nuovo sono state mutuate nelle rispettive definizioni di stabilimento anteriore al 1988, anteriore al 2006 e nuovo Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010 ART. 268 (Definizioni): Nuove definizioni introdotte Definizione di modifica dello Stabilimento m) Modifica dello stabilimento: installazione di un impianto o avvio di una attività presso uno stabilimento o modifica di un impianto o di una attività presso uno stabilimento, la quale comporti una variazione di quanto indicato nel progetto o nella relazione tecnica di cui all’articolo 269, comma 2, o nell’autorizzazione di cui all’articolo 269, comma 3, o nella domanda di adesione all’autorizzazione generale di cui all’articolo 272, o nell’autorizzazione rilasciata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, o nei documenti previsti dall’articolo 12 di tale decreto; ricadono nella definizione anche le modifiche relative alle modalità di esercizio o ai combustibili utilizzati; m-bis) Modifica sostanziale: modifica che comporta un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse […]; CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Definizioni necessarie per regolamentare l’aggiornamento e il rinnovo delle autorizzazioni che, nel caso di modifica sostanziale, comportano “un’istruttoria limitata agli impianti e alle attività interessati dalla modifica o, a seguito di eventuale apposita istruttoria che dimostri tale esigenza in relazione all’evoluzione della situazione ambientale o delle migliori tecniche disponibili, la rinnova con un’istruttoria estesa all’intero stabilimento” (art. 269, comma 8, come modificato dal 128/2010) Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010 ART. 268 D. Lgs. 152/06 (Definizioni): Definizioni modificate È eliminato il concetto che l’impianto può costituire una fase del ciclo produttivo più ampio, in quanto già incluso nella definizione di stabilimento l) impianto: il dispositivo o il sistema o l’insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell’ambito di un ciclo più ampio; n) gestore: la persona fisica o giuridica che ha potere decisionale circa l’installazione o l’esercizio dello stabilimento e che è responsabile dell’applicazione dei limiti e delle prescrizioni disciplinate nel presente decreto; Introdotto il concetto della responsabilità q) valore limite di emissione: il fattore di emissione, la concentrazione, la percentuale o il flusso di massa di sostanze inquinanti nelle emissioni che non devono essere superati. I valori di limite di emissione espressi come concentrazione sono stabiliti con riferimento al funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio più gravose e, salvo diversamente disposto dal presente titolo o dall’autorizzazione, si intendono stabiliti come media oraria; v) soglia di rilevanza dell’emissione: flusso di massa, per singolo inquinante, o per singola classe di inquinanti calcolato a monte di eventuali sistemi di abbattimento, e nelle condizioni di esercizio più gravose dell’impianto, al di sotto del quale non si applicano i valori limite di emissione; ee) minimo tecnico: il carico minimo di processo compatibile con l’esercizio dell’attività cui l’impianto è destinato; gg) grande impianto di combustione: impianto di combustione di potenza termica nominale non inferiore a 50MW. L’impianto di combustione si considera anteriore al 1988, anteriore al 2006 o nuovo sulla base dei criteri previsti dalle lettere i) , i -bis ) e i -ter ) ; CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Il periodo sottolineato è stato introdotto per chiarire l’applicazione dei limiti di cui agli allegati Si chiarisce che il flusso di massa si calcola anche per singola classe di inquinanti in coerenza ai limiti di cui all’allegato I Scompare il concetto di condizioni dei regime: nella vecchia definizione era il carico minimo di processo compatibile con l’esercizio dell’impianto in condizioni di regime La distinzione tra impianti nuovi, anteriori al 1988 e al 2006 come per gli stabilimenti rimane solo per gli impianti di combustione Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria ART. 269, D. Lgs. 152/06 (Autorizzazione alle emissioni in atmosfera) Per tutti gli stabilimenti che producono emissioni in atmosfera deve essere richiesta una autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto, fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 267, commi 2 (impianti di incenerimento e coincenerimento) e 3 (impianti sottoposti ad AIA), dal comma 10 del presente articolo (depositi di oli minerali) e dall’articolo 272, commi 1 (“gli impianti e le attività le cui emissioni sono scarsamente rilevanti” elencati nella 1^ parte dell’allegato IV alla parte quinta) e 5 (impianti destinati alla difesa nazionale). L’autorizzazione é rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di distinte autorizzazioni L’articolo definisce la procedura per il rilascio, il rinnovo e l’aggiornamento dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera a uno stabilimento Comma 5, art. 269: l'autorizzazione può stabilire valori limite di emissione espressi come flussi di massa annuali riferiti al complesso delle emissioni, eventualmente incluse quelle diffuse, degli impianti e delle attività di uno stabilimento. Per gli impianti soggetti ad AIA di competenza statale, l’AIA non può stabilire esclusivamente valori espressi come flusso di massa fattore di emissione o percentuale. CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria ART. 271 D. Lgs. 152/06 (valori limite di emissione e prescrizioni per gli impianti e le attività degli stabilimenti) • L’articolo disciplina i valori i limite di emissione per gli impianti e le attività degli stabilimenti, limiti fissati negli allegati I, II e III e V. • con apposito Decreto che integrerà e aggiornerà gli allegati I e V saranno individuati, sulla base delle migliori tecniche disponibili, i limiti e le prescrizioni per le emissioni convogliate e diffuse Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010 Comma 5, art. 271: Per gli impianti e le attività degli stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 o nuovi l'autorizzazione stabilisce i valori limite di emissione e le prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio ed i combustibili utilizzati, a seguito di un'istruttoria che si basa sulle migliori tecniche disponibili e sui valori e sulle prescrizioni fissati nelle normative e nei piani e programmi regionali. Si devono altresì valutare il complesso di tutte le emissioni degli impianti e delle attività presenti, le emissioni provenienti da altre fonti e lo stato di qualità dell'aria nella zona interessata. I valori limite di emissione e le prescrizioni fissati sulla base di tale istruttoria devono essere non meno restrittivi di quelli previsti dagli Allegati I, II, III e V alla parte quinta del presente decreto e di quelli applicati per effetto delle autorizzazioni soggette al rinnovo. Comma 17, 18, 19 e 20, art. 271: modifica del comma 17 e introduzione di commi 18, 19 e 20 Si applicano a partire dal rilascio o primo rinnovo delle autorizzazioni dopo l’entrata in vigore del decreto correttivo 128/2010 CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it È esplicitato il concetto di un’istruttoria che deve considerare lo stato dell’ambiente circostante e le MTD al fine di prescrivere limiti non meno restrittivi di quelli fissati dal decreto Modifica delle norme sulla conformità dei valori limite ai valori di emissione e metodi di campionamento e analisi Conformità dei valori limite ai valori di emissione e metodi di campionamento e analisi: modifica del comma 17 del D. Lgs. 152/06 e introduzione di commi 18, 19 e 20 Comma 17, art. 271: L'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto stabilisce i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione. Con apposito decreto ai sensi dell'articolo 281, comma 5, si provvede ad integrare tale Allegato VI, prevedendo i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni, con l'indicazione di quelli di riferimento, i principi di misura e le modalità atte a garantire la qualità dei sistemi di monitoraggio delle emissioni. Fino all'adozione di tale decreto si applicano i metodi precedentemente in uso e, per il rilascio, il rinnovo ed il riesame delle autorizzazioni integrate ambientali e delle autorizzazioni di cui all'articolo 269, i metodi stabiliti dall'autorità competente sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche nazionali, oppure, ove anche queste ultime non siano disponibili, sulla base delle pertinenti norme tecniche ISO o di altre norme internazionali o delle norme nazionali previgenti. Nel periodo di vigenza delle autorizzazioni rilasciate prima dell'entrata in vigore di tale decreto, i controlli e l'accertamento del superamento dei valori limite di emissione sono effettuati sulla base dei metodi specificamente indicati nell'autorizzazione o, se l'autorizzazione non indica specificamente i metodi, sulla base di uno tra i metodi sopra elencati. CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it È introdotto il concetto dei metodi di riferimento È chiarito che prima dell’aggiornamento dei metodi le autorizzazioni possono contenere, anche per impianti vecchi, metodi diversi da quelli precedentemente in uso (diversamente da come indicato nella precedente versione del comma) Comma 18, art. 271, D. Lgs. 152/06 Comma 18, art. 271: Le autorizzazioni alle emissioni e le autorizzazioni integrate ambientali, rilasciate, anche in sede di rinnovo, dopo l'entrata in vigore del decreto di cui al comma 17, indicano, per le emissioni in atmosfera, i metodi di campionamento e di analisi, individuandoli tra quelli elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto, e i sistemi per il monitoraggio delle emissioni. In caso di modifica delle prescrizioni relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio nell'ambito dell'autorizzazione, l'autorità competente provvede a modificare anche, ove opportuno, i valori limite di emissione autorizzati. I controlli, da parte dell'autorità o degli organi di controllo possono essere effettuati solo sulla base dei metodi elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto, anche se diversi da quelli di competenza del gestore indicati dall'autorizzazione. Nel caso in cui, in sede di autorizzazione o di controllo, si ricorra a metodi diversi da quelli elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto o a sistemi di monitoraggio non conformi alle prescrizioni di tale allegato, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo. Il gestore effettua i controlli di propria competenza sulla base dei metodi e dei sistemi di monitoraggio indicati nell'autorizzazione e mette i risultati a disposizione dell'autorità competente per il controllo nei modi previsti dall'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto e dall'autorizzazione; in caso di ricorso a metodi o a sistemi di monitoraggio diversi o non conformi alle prescrizioni dell'autorizzazione, i risultati della relativa applicazione non sono validi ai sensi ed agli effetti del presente titolo e si applica la pena prevista dall'articolo 279, comma 2. CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Eventuale necessità di aggiornare il limite in caso di modifica dal metodo I metodi indicati sono gli unici validi e obbligatori anche per le autorità di controllo È esplicitato che la non conformità ai limiti dovuta all’uso di metodi o sistemi di monitoraggio diversi da quelli indicati nell’autorizzazione è soggetto a sanzioni Comma 19, art. 271 , D. Lgs. 152/06 Se i controlli di competenza del gestore e i controlli dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, forniscono risultati diversi, l'accertamento deve essere ripetuto sulla base del metodo di riferimento. In caso di divergenza tra i risultati ottenuti sulla base del metodo di riferimento e quelli ottenuti sulla base dei metodi e sistemi di monitoraggio indicati dall'autorizzazione, l'autorità competente provvede ad aggiornare tempestivamente l'autorizzazione nelle parti relative ai metodi ed ai sistemi di monitoraggio ed, ove ne consegua la necessità, ai valori limite di emissione. Regolamenta i casi in cui i risultati di misura ottenuti da gestore e autorità di controllo sono diversi e la procedura per l’accertamento attraverso i metodi di riferimento Comma 20, art. 271 , D. Lgs. 152/06 Si verifica un superamento dei valori limite di emissione, ai fini del reato di cui all'articolo 279, comma 2, soltanto se i controlli effettuati dall'autorità o dagli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), accertano una difformità tra i valori misurati e i valori limite prescritti, sulla base di metodi di campionamento e di analisi elencati nell'Allegato VI alla parte quinta del presente decreto e di sistemi di monitoraggio conformi alle prescrizioni di tale allegato. Le difformità accertate nei controlli di competenza del gestore devono essere da costui specificamente comunicate all'autorità competente per il controllo entro 24 ore dall'accertamento. Se i risultati dei controlli di competenza del gestore e i risultati dei controlli dell'autorità o degli organi di cui all'articolo 268, comma 1, lett. p), simultaneamente effettuati, divergono in merito alla conformità dei valori misurati ai valori limite prescritti, si procede nei modi previsti dal comma 19; i risultati di tali controlli, inclusi quelli ottenuti in sede di ripetizione dell'accertamento, non possono essere utilizzati ai fini della contestazione del reato previsto dall'articolo 279, comma 2, per il superamento dei valori limite di emissione. Resta ferma, in tutti i casi, l'applicazione dell'articolo 279, comma 2, se si verificano le circostanze previste dall'ultimo periodo del comma 18.». CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Regolamenta l’accertamento di un superamento dei valori limite e l’applicazione della sanzione Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Comma 1, art. 281 , D. Lgs. 152/06 DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI La domanda di autorizzazione di cui al presente comma deve essere presentata entro i seguenti termini: a) tra la data di entrata in vigore della parte quinta del presente decreto ed il 31 dicembre 2011 per stabilimenti anteriori al 1988; b) tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 dicembre 2013, per impianti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data anteriore al 1° gennaio 2000; c) tra il 1° gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2015, per stabilimenti anteriori al 2006 che siano stati autorizzati in data successiva al 31 dicembre 1999. CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Modifiche rilevanti alla Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 introdotte dal D. Lgs. 128/2010 Allegati modificati Allegato IX (Impianti termici civili) (Titolo II) Allegato X (Disciplina dei combustibili) (Titolo III) CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta - Titolo I: Valori limite e prescrizioni Sono fissati i valori limite di emissione e le prescrizioni per tutti gli stabilimenti che producono emissioni in aria Sostituisce il D. M. 12 luglio 1990 Allegato I Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività stabilimenti anteriori al 1988, anteriori al 2006 e nuovi Il decreto stabilisce (art. 271) i limiti di emissione (allegato I) per gli impianti e le attività degli stabilimenti I limiti e le prescrizioni per le emissioni convogliate e diffuse verranno individuati, sulla base delle migliori tecniche disponibili, con apposito Decreto che integrerà e aggiornerà anche l’Allegato I Specificato nell’articolo come corretto dal D. Lgs. 128/2010 Parte II: valori limite per le sostanze inquinanti; Parte III: valori limite per le sostanze inquinanti di alcune tipologie di impianti e relative prescrizioni; Parte IV: valori limite e prescrizioni per Raffinerie e impianti di coltivazione di idrocarburi e dei flussi geotermici Per i Grandi Impianti di Combustione fissa i valori limite di emissione, le modalità di Allegato II Allegato III Sostituisce e integra il D. M. 21 dicembre 1995 per misure in continuo Allegato VI monitoraggio e controllo delle emissioni e i criteri per la verifica della conformità ai valori limite (Recepimento Direttiva 2001/80/CE) Relativamente alle emissioni di Composti Organici Volatili: fissa i valori limite di emissione, le modalità di monitoraggio e controllo delle emissioni, i criteri per la verifica della conformità ai valori limite e la modalità di redazione del piano di gestione dei solventi Stabilisce i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Allegato I – Parte IV: valori limite di emissione e prescrizioni per Raffinerie VALORI LIMITE PER: NOx, SOx, CO, POLVERI, H2S, COV, NH3, COMPOSTI DELCl espressi come HCl valori calcolati come rapporto ponderato tra la sommatoria delle masse di inquinanti emesse e la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi dell'intera raffineria: Per: IL DM 12/07/90 SPECIFICA che per tali sostanze i valori di emissione si intendono applicati a ciascun punto di emissione della raffineria DM 12/07/90 le sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere Per: Per: le sostanze cancerogene e tossiche le sostanze inorganiche che si presentano sotto forma di gas o vapore Per i grandi impianti di combustione facenti parte di una raffineria è fatto salvo quanto previsto dall’art. 273 CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI Allegato VI: criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta - Titolo I: Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività L’Allegato VI dovrà essere integrato con apposito Decreto che dovrà prevedere gli opportuni metodi di campionamento e di analisi e le modalità di garanzia della qualità dei sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni Fino all’adozione di tale decreto si applicano, per gli impianti anteriori al 1988 ed al 2006, i metodi precedentemente in uso e, per gli impianti nuovi, i metodi stabiliti dall’autorità competente sulla base delle pertinenti norme tecniche CEN o, ove queste non siano disponibili, delle norme tecniche ISO o norme tecniche nazionali o internazionali CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta - Titolo I - Allegato VI Alle misure di emissione effettuate con metodi continui o discontinui Emissioni continue Emissioni discontinue Metodi di valutazione delle misure effettuate dal gestore e delle misure effettuate dall’Autorità competente per il controllo devono essere associate le grandezze più significative dell’impianto, atte a caratterizzarne lo stato di funzionamento Le emissioni si considerano conformi ai valori limite se nessuna delle medie di 24 ore supera i valori limite di emissione e se nessuna delle medie orarie supera i valori limite di emissione di un fattore superiore a 1,25 Le emissioni si considerano conformi ai valori limite se nessuna delle medie di almeno tre letture consecutive e riferita ad 1 ora di funzionamento dell’impianto nelle condizioni di esercizio più gravose non supera il valore limite di emissione I dati relativi ai controlli analitici discontinui previsti dall’autorizzazione o temporaneamente effettuati in sostituzione alle misure in continuo per devono essere riportati dal gestore su appositi registri ai quali sono allegati i certificati analitici e devono essere messi a disposizione dell’autorità di controllo In attesa dell’emanazione del Decreto di integrazione dell’Allegato VI per l’indicazione di appositi metodi di campionamento e delle modalità per garantire la qualità dei sistemi di monitoraggio in continuo, le procedure di calibrazione degli strumenti di misura sono stabilite dall’autorità competente al controllo, sentito il gestore CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI Sistemi di misura in continuo campionamento e analisi; La misura in continuo deve essere realizzata con un sistema che consenta: calibrazione; acquisizione, validazione, elaborazione automatica dei dati Il sistema di misura in continuo di ciascun inquinante deve assicurare un indice di disponibilità mensile delle medie orarie non inferiore all’80% Per i periodi in cui non è possibile effettuare misure in continuo (prescritte dall’autorizzazione) il gestore deve attuare forme alternative di controllo basate su misure discontinue, correlazioni con parametri o con specifiche caratteristiche delle materie prime utilizzate CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Il gestore deve predisporre delle misure correttive per il miglioramento del sistema nel caso in cui non venga raggiunto tale valore Ex art. 2, D.M. 21 dicembre 1995 Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI Sistemi di misura in continuo Realizzazione ed esercizio dei sistemi di rilevamento in continuo: • per la misura di ogni singolo parametro devono essere perseguiti elevati livelli di accuratezza e di disponibilità dei dati • Il sistema di rilevamento deve essere realizzato con una configurazione idonea al funzionamento continuo non presidiato in tutte le condizioni ambientali e di processo •La sezione di campionamento deve essere posizionata secondo la norma UNI 10169 (ed 93); se ciò non è tecnicamente possibile, secondo le disposizioni dell’autorità di controllo; •Ogni analizzatore istallato deve avere un sistema di calibrazione in campo (se tecnicamente possibile di tipo automatico) • il gestore deve garantire la qualità dei dati mediante l'adozione di procedure che documentino la corretta esecuzione degli interventi manutentivi programmati e delle operazioni di calibrazioni e taratura (procedure stabilite dall’Autorità di controllo e concordate con il gestore) Le procedure devono prevedere: • la verifica dell’analizzatore periodica della risposta strumentale sull'intervallo di misura tramite prove e tarature fuori campo; • il controllo e la correzione in campo delle derive strumentali o dell'influenza della variabilità delle condizioni ambientali; • l'esecuzione degli interventi manutentivi periodici per il mantenimento dell'integrità ed efficienza del sistema; •la verifica periodica in campo delle curve di taratura degli analizzatori. CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI Realizzazione ed esercizio dei sistemi di rilevamento in continuo Analizzatori certificati Gli analizzatori in continuo devono essere certificati. In attesa di un’apposita disciplina per la certificazione nazionale possono essere utilizzati analizzatori provvisti di certificazione acquisita da un ente certificatore estero appartenente ad uno stato dell’Unione Europea accreditato da un ente operante nell’ambito della convenzione “European Cooperation for Accreditation” • L’idoneità dell’analizzatore deve essere verificata dall’Autorità Competente per il controllo Deve essere verificata la capacità dello strumento di rilevare gli inquinanti nelle emissioni dell’impianto in relazione alle caratteristiche quantitative e qualitative degli inquinati, ai valori limite di emissione e alle prescrizioni dell’autorizzazione • L’atto di certificazione deve essere corredato da: a) Rapporti di prova da laboratori che effettuano prove accreditate secondo la norma EN ISO / IEC 17025 (con indicati: campo di misura, limite di rilevabilità, deriva, tempo di risposta, tempo di risposta e disponibilità dei dati sul lungo periodo); tradotto in italiano e asseverata in tribunale. b) Esiti delle verifiche di sistema condotte secondo la norma EN 45011 dall’ente certificatore In alternativa agli analizzatori certificati possono essere utilizzati, previa verifica dall’autorità di controllo, analizzatori autorizzati da una pubblica amministrazione di uno stato estero appartenente all’Unione Europeo (il provvedimento di autorizzazione deve essere provvisto di Rapporti di prova) CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI Sistema di acquisizione dei dati Funzioni • lettura istantanea, con opportuna frequenza, dei segnali elettrici di risposta degli analizzatori o di altri sensori ; • traduzione in valori elementari espressi nelle pertinenti unità di misura; • la memorizzazione dei segnali validi. • il rilievo dei segnali di stato delle apparecchiature principali ed ausiliarie necessarie per lo svolgimento delle funzioni Sistema di validazione delle misure • deve provvedere automaticamente, a validare sia i valori elementari acquisiti sia i valori medi orari calcolati, sulla base di opportune procedure di verifica predefinite (concordate con le autorità competenti per il controllo). • le soglie di validità devono essere fissate in funzione del tipo di processo e del sistema di misura Sistema di acquisizione, validazione ed elaborazione dei dati deve consentire: • • • la gestione delle segnalazioni di allarme e/o anomalie provenienti dalle varie apparecchiature; la gestione delle operazioni di calibrazione automatica, ove previsto; l'elaborazione dei dati e la redazione di tabelle in formato idoneo per il confronto con i limiti CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Per lo svolgimento delle funzioni è ammesso l’intervento dell'operatore Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI Tarature e verifiche Verifiche periodiche di competenza del gestore Il controllo deve essere effettuo anche dopo interventi manutentivi conseguenti ad un guasto degli analizzatori Controllo periodico della risposta su tutto il campo di misura dei singoli analizzatori da effettuarsi con periodicità almeno annuale La taratura coincide con le operazioni di calibrazione strumentale. Analizzatori per sistemi estrattivi Analizzatori in situ con misura indiretta La periodicità è stabilita dall’autorità di controllo, sentito il gestore e dipende dalle caratteristiche degli analizzatori e dalle condizioni ambientali di misura La taratura consiste nella determinazione in campo della curva di correlazione tra la risposta strumentale e i valori forniti da un secondo sistema manuale o automatico La periodicità deve essere almeno annuale Analizzatori in situ con misura diretta La risposta strumentale deve essere verificata nei periodi in cui l’impianto non è in funzione CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Parte Quinta - Titolo I del D. Lgs. 152/06 - Allegato VI Tarature e verifiche Verifiche in campo effettuate dall’autorità di controllo Attività destinate all’accertamento della correttezza delle operazioni di misura Analizzatori in situ con misura indiretta Analizzatori in situ con misura diretta e di tipo estrattivo La correttezza delle misure è verificata se l’indice di accuratezza relativo è superiore all’80% Le verifiche in campo coincidono con le operazioni di taratura La verifica in campo consiste nella determinazione dell’indice di accuratezza relativo (IAR), da effettuare con periodicità almeno annuale M IAR = 100 • 1 - CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it M - Ic Mr dove = media dei valori Mr = media dei valori rilevati dal sistama di riferimento Ic = intervallo di confidenza Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI Art. 275 del D.Lgs. 152/06 e Allegato III Allegato III – Parte I: Disposizioni generali Allegato III – Parte II: Attività e soglie di consumo di solvente Allegato III – Parte III: Valori limite di emissione Allegato III – Parte IV: Prescrizioni alternative alla parte III Allegato III – Parte V: Piano di gestione dei solventi CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI Art. 275 del D.Lgs. 152/06 e Allegato III – Parte I: Allegato IIIAllegato – Parte III I: Disposizioni generali Modalità di monitoraggio e controllo delle emissioni • Obbligo da parte del gestore di installare apparecchiature per la misura e la registrazione in continuo delle emissioni che presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, > 10 Kg/h. • Se il flusso di massa di COV è < 10 Kg/h, l’autorità competente può comunque, ove lo ritenga necessario, richiedere il monitoraggio in continuo delle emissioni. •L’autorità competente può, in alternativa, consentire l’installazione di strumenti per la misura e la registrazione in continuo di parametri significativi ed indicativi del corretto stato di funzionamento dei dispositivi di abbattimento. • Nel caso di misurazioni periodiche, il gestore deve assicurare almeno tre letture durante ogni misurazione. Criteri per la verifica della conformità ai valori limite •Con la periodicità prevista nell’autorizzazione, e comunque almeno una volta all’anno, il gestore deve dimostrare all’autorità competente la conformità: • ai valori limite di emissione indicati nelle parti III e IV •all’emissione totale annua conseguente all’applicazione dei valori limite di cui al punto precedente e individuata sulla base del consumo massimo teorico di solvente indicato nell’autorizzazione. CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI Art. 275 del D.Lgs. 152/06 e Allegato III Allegato III – Parte I: Disposizioni generali •Valori limite di emissione per le sostanze caratterizzate da •particolari rischi per la salute e l’ambiente La conformità delle emissioni a tali valori limite è verificata sulla base della somma delle concentrazioni di massa dei singoli COV interessati. CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III Allegato III – Parte II: Attività e soglie di consumo di solvente I gestori delle attività individuate nella parte II dell’Allegato III, le quali superano singolarmente le soglie di consumo di solvente ivi stabilite, ha l’obbligo di presentare all’autorità competente una domanda di autorizzazione conforme a quanto previsto nella parte I. Il superamento delle soglie di consumo di solvente è valutato con riferimento al consumo massimo teorico autorizzato. Le attività indicate nella parte II comprendono la pulizia delle apparecchiature ma non la pulizia dei prodotti. La domanda di autorizzazione deve essere presentata anche dal gestore delle attività che, a seguito di una modifica del consumo massimo teorico di solvente, superano le soglie di consumo di solvente indicate nella parte II. CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III Allegato III – Parte III: Valori limite di emissione Sono indicati i valori limite per le emissioni convogliate e per le emissioni diffuse nonché i valori limite di emissione totale per ciascuna delle attività di cui alla parte II. Nella parte V è data la formula per il calcolo dell’emissione totale Tali limiti si applicano anche alle attività che, nello stesso luogo, sono direttamente collegate e tecnicamente connesse alle attività individuate nella parte II e che possono influire sulle emissioni di COV. I valori limite per le emissioni convogliate si applicano a ciascun impianto che produce tali emissioni. I valori limite per le emissioni diffuse si applicano alla somma delle emissioni non convogliate di tutti gli impianti, di tutti i macchinari e sistemi non fissi e di tutte le operazioni. Nella parte V è data la formula per il calcolo dell’emissione diffusa I valori limite per le emissioni diffuse sono espressi in: % di input di solvente CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III Allegato III – Parte IV: Prescrizioni alternative alla parte III EMISSIONI TOTALI EQUIVALENTI EMISSIONI BERSAGLIO Descrive il metodo da usare per individuare le emissioni bersaglio e lo scenario emissivo di riferimento per quelle attività per cui non sono individuati nella parte III specifici valori limite di emissione totale. Il gestore di tali attività ha la possibilità di conseguire, a partire da uno scenario emissivo di riferimento, emissioni totali equivalenti (emissioni bersaglio) a quelle conseguibili applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa. SCENARIO EMISSIVO DI RIFERIMENTO E’ il livello di emissioni totali dell’attività che corrisponde il più fedelmente possibile a quello che si avrebbe in assenza di interventi e di impianti di abbattimento e con l’uso di materie prime ad alto contenuto di solvente. CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III Allegato III – Parte V: Piano di gestione dei solventi Definisce le modalità di redazione del piano di gestione dei solventi Il piano di gestione dei solventi deve essere elaborato e aggiornato dal gestore, con periodicità prevista nell’autorizzazione, e comunque almeno una volta all’anno, al fine di: dimostrare la conformità alle prescrizioni dell’autorizzazione; individuare le opzioni di riduzione consentire all’autorità competente l’informazione al pubblico Sono indicate due formule per il calcolo dell’emissione diffusa. Tali formule si basano sugli input e gli output di solventi organici E’ indicata la formula per il calcolo delle emissioni totali: E = Emissioni diffuse + Emissioni negli effluenti gassosi L’emissione totale è riferita ad un pertinente parametro specifico stabilito nell’autorizzazione CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria EMISSIONI DI COMPOSTI ORGANICI VOLATILI Art. 275 del D. Lgs. 152/06 e Allegato III Allegato III – Parte VI: Metodo di campionamento e analisi delle emissioni convogliate Indica i metodo di misura da utilizzare ai fini della verifica di conformità dei valori di emissione misurati ai valori limite stabiliti per le emissioni convogliate di COV CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II Allegato II: Grandi impianti di combustione: • Valori limite di emissione; N.B. in base al comma 9 del D.Lgs. 152/06, come modificato dal D. Lgs. 128/10: Se più impianti di combustione, anche di potenza termica nominale inferiore a 50 MW, sono localizzati nello stesso stabilimento l’autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fi ni della determinazione della potenza termica nominale in base alla quale stabilire i valori limite di emissione. L’autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può altresì disporre il convogliamento delle emissioni di tali impianti ad un solo punto di emissione ed applicare i valori limite che, in caso di mancato convogliamento, si applicherebbero all’impianto più recente. •Modalità di monitoraggio e controllo delle emissioni; •Criteri per la verifica della conformità ai valori limite; •Ipotesi di anomalo funzionamento e guasto degli impianti CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II: Grandi impianti di combustione Limiti di emissione per Ossidi di zolfo SO2 Valore minore rispetto al limite si 2000 mg/Nm3 fissato dalla Direttiva 2001/80/CE Impianti nuovi Impianti anteriori al 1988 e al 2006 (ad eccezione delle Turbine a gas per combustibili solidi e liquidi) Combustibile Combustibili solidi (tenore di O2 = 6%) Combustibili liquidi (tenore di O2 = 3%) Potenza termica P (MW) Valori limite SO2 (mg/Nm3) Potenza termica P (MW) Valori limite SO2 (mg/Nm3) 50 ≤ P < 175 1700 50 ≤ P < 100 200 175 ≤ P ≤ 500 EVL = 2400 – 4 • P P > 100 400 P > 500 400 50 ≤ P < 300 1700 50 ≤ P < 100 850 300 ≤ P ≤ 500 EVL = 3650 – 6,5 • P 100 ≤ P ≤ 300 EVL = 500 – P P > 500 400 P > 300 200 Combustibili gassosi in generale Gas liquido Combustibili gassosi (tenore di O2 = 3%) Gas con basso potere calorifico originati dalla gassificazione dei residui delle raffinerie, gas da forno a coke, gas d’altoforno Gas derivati dal carbone CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it 35 5 Combustibili gassosi in generale Gas liquefatto 35 5 800 Gas con basso potere calorifico dei forni a coke 400 400 Gas con basso potere calorifico degli altoforni 200 Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II: Grandi impianti di combustione Limiti di emissione per Ossidi di azoto NOx Combustibile Impianti nuovi Impianti anteriori al 1988 e al 2006 (ad eccezione delle Turbine a gas per combustibili solidi e liquidi) Potenza termica P (MW) Valori limite di NOx (mg/Nm3) Potenza termica P (MW) Valori limite di NOx (mg/Nm3) 50 ≤ P < 500 600 50 ≤ P < 100 400 200 100 ≤ P < 300 200 Combustibili solidi (tenore di O2 = 6%) P > 500 (600 Per impianti tra il 01/01/08 e il 31/01/2015 sono in funzione meno di 2000 ore/a) (300 per biomasse) (450 Per impianti che dopo il 01/01/2016 sono in funzione meno di 1500 ore/a) P > 300 200 50 ≤ P < 500 450 50 ≤ P < 100 400 P ≥ 500 200 P ≥ 100 200 Combustibili gassosi 50 ≤ P < 500 300 50 ≤ P < 300 150 (tenore di O2 = 3%) P > 500 200 P > 300 100 Combustibili liquidi (tenore di O2 = 3%) Turbine a Gas Per gas diversi dal metano il limite è pari a 200 mg/Nm3 indipendentemente dalla potenza Tipo di combustibile (tenore di O2 = 15%) Potenza termica alle condizioni ISO P ≥ 50 MWth Gas naturale 50 Combustibili liquidi 120 Combustibili gassosi diversi dal gas naturale CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it 120 Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II: Grandi impianti di combustione Limiti di emissione per Polveri Combustibile (ad eccezione delle Turbine a gas per combustibili solidi e liquidi) Valori limite NOx (mg/Nm3) Potenza termica P (MW) Valori limite SO2 (mg/Nm3) 50 50 ≤ P < 100 50 P > 100 30 50 ≤ P < 100 50 P ≥ 100 30 Combustibili solidi (tenore di O2 = 6%) Combustibili liquidi 50 (tenore di O2 = 3%) In genere Combustibili gassosi Impianti nuovi Impianti anteriori al 1988 e al 2006 5 Gas d’altoforno 10 Gas prodotti dalle acciaierie che possono essere usati altrove 50 - - (tenore di O2 = 3%) CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Gas d’altoforno Gas prodotti dall’industria siderurgica che possono essere usati altrove Altri gas - 10 30 5 Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II: Grandi impianti di combustione Limiti di emissione per Altri composti Inquinante Valori limite per impianti con Potenza termica P ≥ 50 MW (mg/Nm3) Tutti gli impianti (vecchi e nuovi ad eccezione di impianti che utilizzino esclusivamente combustibili gassosi o biomassa) Metalli e loro composti Potenza termica P ≥ 50 MW Potenza termica P > 1000 MW Be 0,08 0,05 Cd + Hg + Tl 0,2 0,1 As + Cr(VI) + Co + Ni 0,8 0,5 Se + Te + Ni (sotto forma di polvere) 1,6 1 Sb + Cr(III) + Mn + Pd + Pb + Pt + Cu + Rh + Sn + V 8 5 Altri composti CO 250 SOV 300 Cl 5 H2S 5 Br e suoi composti 5 F e suoi composti 5 NH3 , composti del Cl, HCl CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it 100 Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II: Grandi impianti di combustione Monitoraggio e controllo delle emissioni Misurazioni in continuo nell’effluente gassoso per concentrazioni di: •Ossidi di azoto NOx; •Ossidi di zolfo SO2 •Polveri Effettuate contestualmente a: Tenore di O2; T, P, tenore di vapore acqueo • • Per impianti di combustione anteriori al 1988 e al 2006 con potenza termica P ≥ 300 MWth Per impianti nuovi con potenza termica P ≥ 100 MWth Le misurazioni in continuo non sono richieste per: •per SO2 e polveri: per caldaie e turbine alimentate a gas naturale; •per SO2: per caldaie e turbine alimentate a combustibile liquido con tenore di zolfo noto, in assenza di unità di desolforazione L’autorità competente può non richiedere misurazioni in continuo per: •Per impianti con ciclo di vita inferiore a 10000 ore/a; •Per SO2 in caldaie alimentate a biomassa se il gestore dimostra che non possono essere raggiunti i limiti previsti Per gli impianti vecchi con 100 < P < 300 MWth Le misurazioni di NOx sono pure in continuo, ma l’autorità competente può non richiedere misurazioni in continuo per SO2 e polveri se individua delle procedure opportune per la valutazione di tali inquinanti L’autorità competente stabilisce di effettuare misurazioni discontinue almeno ogni 6 mesi per SO2 e polveri oppure stabilisce delle procedure per determinare e valutare tali concentrazioni (procedure conformi alle pertinenti norme CEN o, se non presenti, alle norme ISO, o, se non presenti, alle norme nazionali e internazionali che assicurino la qualità scientifica dei dati) Il controllo di tutti gli altri parametri deve essere effettuato in conformità a quanto stabilito nell’Allegato VI CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 - Allegato II: Grandi impianti di combustione Conformità ai valori limite di emissione Misurazioni in continuo • il campionamento e l’analisi e i metodi di riferimento per la calibrazione dei sistemi automatici di misura devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, se non presenti, alle norme ISO, o, se non presenti, alle norme nazionali e internazionali che assicurino la qualità dei dati; • i sistemi di misurazione sono soggetti al controllo con misurazioni parallele secondo i metodi di riferimento almeno una volta all’anno; •I valori degli intervalli di fiducia al 95% di un singolo risultato non possono superare i valori limite: SO2 20% NOx 20% Polveri 30% Valori limite rispettati se Impianti anteriori al 1998 e al 2006: Impianti nuovi: la valutazione dei risultati evidenzia che nelle ore di normale funzionamento nell’anno civile: la valutazione dei risultati evidenzia che nelle ore di normale funzionamento nell’anno civile: • nessun valore medio mensile supera i valori limite; • nessun valore medio giornaliero valido supera i valori limite; • Il 97% delle medie di 48 ore non supera il 110% dei valori limite per SO2 e polveri; • Il 95% di tutti i valori medi orari convalidati nell’anno non supera il 200% dei valori limite per SO2 e polveri; •Il 95% delle medie di 48 ore non supera il 110% dei valori limite per NOx; CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it • i valori medi orari e giornalieri convalidati sono determinati dai valori medi orari validi con detrazione del valore dell’intervallo di fiducia • il giorno di misura non è valido se più di 3 valori medi orari non sono validi Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 – Titolo III: Combustibili • Combustibili consentiti •Prescrizioni finalizzate ad ottimizzare il rendimento di combustione •Metodi di misura delle caratteristiche merceologiche CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 – Titolo III: Combustibili Combustibili consentiti (art. 293) L’allegato X alla Parte Quinta prevede i combustibili che possono essere usati dagli impianti industriali e civili a cui si applica il D. Lgs. 152/06 Per taluni combustibili l’Allegato X fissa i valori limite massimo per il contenuto di zolfo (oli combustibili) Con apposito Decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa autorizzazione della Commissione Europea, possono essere stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili pesanti o nel gasolio più elevati (in caso di impossibilità di rispettare i valori limite fissati all’Allegato X a causa di mutamento degli approvvigionamenti CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Parte Quinta del D. Lgs. 152/06 – Titolo III: Combustibili Prescrizioni per ottimizzare il rendimento di combustione (art. 294) Gli impianti industriali disciplinati dal Titolo I (ciascun singolo impianto, anche nei casi in cui più impianti siano considerati come unico) con potenza termica nominale uguale o superiore a 6 MW devono essere dotati di: • rilevatori della temperatura nell’affluente gassoso; tranne che per gli impianti di combustioni in possesso di autorizzazione alle emissioni in atmosfera o di AIA in cui sia fissato un limite per il CO •un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo di O2 e CO; •regolazione automatica aria-combuatibile (ove tecnicamente possibile) •Gli impianti civili disciplinati dal Titolo II di potenza termica complessiva uguale o superiore a 1,5 MW devono essere dotati di: • rilevatori della temperatura nell’effluente gassoso; •un analizzatore per la misurazione e la registrazione in continuo di O2 e CO; CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it N.B. il nuovo D. Lgs. 128/10: specifica che per l’applicazione di tale comma si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun focolare anche quando più impianti siano considerati un unico impianto Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Allegato X – Parte II: Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura SEZIONE 1 Caratteristiche merceologiche e metodi di misura dei seguenti combustibili liquidi: • Gasolio, kerosene, olio combustibile ed altri distillati leggeri, medi e pesanti di petrolio • Emulsioni acqua – bitumi • Biodisel SEZIONE 2 Caratteristiche merceologiche e metodi di misura dei seguenti combustibili solidi: • Coke metallurgico e da gas • Antracite, prodotti antracitosi e loro miscele • Carbone da vapore • Agglomerati di lignite • Coke da petrolio CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Aspetti tecnici della disciplina per la tutela dell’aria Allegato X – Parte II: Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura SEZIONE 3 Caratteristiche merceologiche delle seguenti emulsioni: • acqua – gasolio • acqua – kerosene • acqua – olio combustibile SEZIONE 4 Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo SEZIONE 5 Caratteristiche e condizioni di utilizzo degli idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio SEZIONE 6 Caratteristiche e condizioni di utilizzo del biogas CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Redazione dei Metodi per il Controllo delle Emissioni Principali Enti di riferimento ei metodi per il controllo analitico delle emissioni. CEN Comitato Europeo di Normazione UNI Ente Nazionale Italiano di Unificazione ISS Istituto Superiore di Sanità ISO International Organization for Standardization VDI Verein Deutscher Ingenieure EPA : Enviromental Protection Agency OSHA Occupational Safety and Health Adrninistration NIOSH National Institute Occupational Safety Health Parametro Temperatura Pressione Metodo Metodi UNI EN ISO 16911:2013 UNI EN ISO 16911:2013 Velocità UNI EN ISO 16911:2013 Portata UNI EN ISO 16911:2013 Umidità UNI EN 14790:2006 Ossigeno (O2) UNI EN 14789:2006 Acido cloridrico (HCl) UNI EN 1911:2010 Acido fluoridrico (HF) ISO 15713:2006 Ossidi di azoto (NOx) espressi come NO2 UNI EN 14792:2006 Ammoniaca (NH3) EPA CTM-027:1997 Biossido di zolfo (SO2) UNI EN 14791:2006 Monossido di carbonio (CO) UNI EN 15058:2006 TOC espresso come C UNI EN 12619:2013 PCDD/PCDF come Teq UNI EN 1948-1,2,3:2006 PCB-dl come Teq UNI EN 1948-1,2,3,4:2010 IPA ISO 11338-1,2:2003 Polveri UNI EN 13284-1:2003 Mercurio (Hg) UNI EN 13211:2003 Metalli pesanti (As, Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl, V) UNI EN 14385:2004 54 MODALITA' OPERATIVE Caratterizzazione dell'emissione secondo il funzionamento degli impianti A. Costante continua (classe 1) Quando nel tempo di un'ora la concentrazione degli inquinanti può essere considerata costante e la portata dell'effluente gassoso è diversa da zero B. Costante discontinua (classe 2) Quando nella fase di funzionamento la concentrazione degli inquinanti può essere considerata costante e nell'intervallo tra le varie fasi la portata raggiunge il valore uguale a zero C. .Variabile continua (classe 3) Quando nel tempo di un'ora la concentrazione degli inquinanti non può essere considerata costante e la portata dell'effluente gassoso è diversa da zero. D. .Variabile discontinua (classe 4) Quando nella fase di funzionamento la concentrazione degli inquinanti non può essere considerata costante e nell'intervallo tra le varie fasi la portata raggiunge il valore uguale a zero . Scelta dei Punti di Prelievo alle Emissioni Il punto di campionamento deve essere individuato in quella zona del circuito gassoso che presenta: Buona accessibilità Condizione fluidodinamica di linearità (moto laminare o non turbolento) Le misure devono essere fatte in tratti possibilmente verticali di condotti a sezione circolare dove non compaiono ostacoli (valvole, deviazioni, curve, gomiti, strozzature, ecc.) che potrebbero influenzare il regime laminare della corrente gassosa. Condizione ideale Punti distanti almeno 5 volte il diametro idraulico del condotto a valle di un qualsiasi ostacolo Punti distanti almeno 5 volte il diametro idraulico del condotto a monte di un qualsiasi ostacolo CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Scelta dei Punti di Prelievo alle Emissioni Diametro idraulico (Dh) = 4 x Area / Perimetro Nel caso non si verifichi il rispetto delle condizioni sopracitate, è possibile ottenere condizioni analoghe applicando le seguenti strategie: a). prolungamento del condotto fino a raggiungere un tratto rettilineo pari a cinque diametri idraulici. b). Inserimento, a monte del punto di misura, di dispositivi che permettano di ottenere una distribuzione uniforme della velocità (piastre forate, nidi d'ape, deflettori). Numero dei punti di misura Il numero dei punti di misura è tanto maggiore quanto è maggiore il diametro idraulico del condotto. La sezione di indagine deve essere suddivisa in superfici parziali equivalenti (isoaree), nel centro delle quali si eseguono le misure a. Condotti a sezione circolare PARAMETRI CHE ACCOMPAGNANO OGNI VALUTAZIONE DI EMISSIONE TEMPERATURA DI ESERCIZIO PRESSIONE DI ESERCIZIO DENSITÀ UMIDITÀ VELOCITÀ PORTATA CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Campionamento Isocinetico Il campionamento deve essere effettuato in condizioni isocinetiche, in modo da mantenere all'ugello della sonda di prelievo una velocità di aspirazione del gas uguale alla velocità del flusso gassoso nella condotta oggetto di campionamento. Ciò viene fatto per non discriminare il campionamento delle polveri rispetto a quello del gas. Un flusso di campionamento superiore al flusso dei fumi aumenta la concentrazione dei gas campionati e del paritcolato fine a discapito del particolato grande. Accade il contrario per un flusso di campionamento lento rispetto al flusso di fumi veloci. VELOCITA' MEDIA DEI FUMI v 2 P P = Pressione differenziale = Densita' media dei fumi PRESSIONE DIFFERENZIALE P Pdinamica Ptotale Pstatica PORTATA DEI FUMI QQ= vPortata S 3600 dei fumi v= Velocità dei fumi S = Sezione del condotto CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it MISURA PRESSIONE DIFFERENZIALE P statica TERMOCOPPIA FUMI ALLA LINEA P totale PORTATA MICROMANOMETRO DIFFERENZIALE CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it DENSITA' MEDIA DEI FUMI = P . T + (MH2O – M) . V H2O RT Vtot P = Pressione dei fumi (atm) R = Costante dei gas (0,082 l atm K-1) T = Temperatura dei fumi (K) M = Peso Molecolare medio dei fumi (PM dei gas misurati Ponderato) MH2O = Peso Molecolare H2O VH2O = Volume H2O (l) Vtot = Volume totale dei fumi (l) CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Ogni Concentrazione Misurata Deve Essere Normalizzata ad un Tenore di Ossigeno di Riferimento I valori di emissione si riferiscono ad una percentuale di ossigeno nell’effluente gassoso (OR) del 3% per i combustibili liquidi e gassosi, del 6% per il carbone, e dell’11 % per gli altri combustibili salvo prescrizioni particolari. Se la percentuale di ossigeno presente nell'effluente gassoso superiore a quella di riferimento i valori di emissione devono essere calcolati con la seguente formula: 21 OR E * EM 21 OM Emis= Concentrazione emissione OM = Percentuale di ossigeno nell'emissione misurata OR = Percentuale di ossigeno di riferimento CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it SCHEMA LINEA DI CAMPIONAMENTO CAMINO TUBO DI PRANDTL SONDA LINEA FUMI Micromanometro differenziale TERMOCOPPIA CONDENSATORE CRIOSTATO CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it FLUSSO DEI GAS ACQUA DI CONDENSA AISS XAD-2 GEL DI SILICE Operazione Unitaria : Condensazione dei Fumi FUMI ENTRANTI CRIOSTATO CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it FUMI USCENTI ACQUA DI CONDENSA Operazione Unitaria : Adsorbimento delle specie chimiche di interesse FUMI ENTRANTI ADSORBENTE-ASSORBENTE FUMI USCENTI CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it I Sistemi per il Controllo delle Emissioni Possono Essere Ricondotti a Tre Diverse Tipologie Di Monitoraggio Monitoraggio a camino Monitoraggio In-Situ Estrazione continua CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Monitoraggio a Camino VANTAGGI Risposta rapida Integrazione della misura sul diametro del camino Possibilita’ di misure multi-componente Metodo piu’ impiegato per la misurazione delle polveri Misura diretta del camino SVANTAGGI Impossibilita’ di calibrazione con gas di riferimento Difficolta’ di accesso per la manutenzione Sensibilita’ alla vibrazione ed agli assestamenti del camino Sensibilita’ alle condizioni dei gas, alla presenza di polveri, umidita’ etc. Sensibilita’ limitata CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it InSitu VANTAGGI Misura diretta nel camino Installazione non critica Tempi di risposta brevi • Componenti principali assemblati in un‘ unica posizione SVANTAGGI Disponibilita’ solo per alcuni componenti Diversi componenti necessitano di diverse sonde Non e’ possibile l’uso di gas di riferimento Difficoltà di taratura CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Estrazione Continua VANTAGGI Possibilita’ di misurare praticamente ogni componente Facile accessibilita’ Il sistema completo dell’analizzatore puo’ essere calibrato nel suo insieme possibilita’ di monitorare diversi canali con un singolo sistema da analisi, facilmente standardizzabile con valori di ossigeno di riferimento Elevata precisione SVANTAGGI Tempi di risposta lunghi Punto di misura singolo nel camino Il prelievo ed il condizionamento del gas richiede maggior manutenzione Possibili interferenze lungo la linea di campionamento CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it PRINCIPI DI MISURA CON STRUMENTAZIONE AUTOMATICA OPACITA’ POLVERE ASSORBIMENTO DI RADIAZIONI FOTOMETRIA IN SITU TRASMISSIVITA’ LUMINOSITA’ PULSANTE SO2 CO CONDUCTOMETRIA FOTOMETRIA ESTRATTIVA NDIR NOX NDUV FTIR HCl HF CHEMILUMINESCENZA POTENZIOMETRIA COMBUSTIONE CATALITICA VOC CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it IONIZZAZIONE DI FIAMMA Requisiti Apparecchiature PRINCIPIO DI MISURA: legge fisica o chimica su cui è basato il sistema di rivelazione RANGE DI MISURA: intervallo di concentrazioni in cui lo strumento può lavorare LIMITE DI RIVELAZIONE: minima quantità rivelabile LINEARITA’: correlazione tra il segnale fornito dallo strumento e la concentrazione nel range di misura specificato DERIVA DI ZERO: variazione strumentale della linea di base DERIVA DI SENSIBILITA’: intervallo di variazione della risposta strumentale ad una concentrazione costante INTERFERENZA: risposta dello strumento a concentrazioni tipiche di analiti presenti negli impianti di combustione PERIODO DI LAVORO: tempo medio in cui lo strumento è in grado di lavorare senza interruzione DIPENDENZA DELLO ZERO DA T: deriva della linea di base causata da variazioni della temperatura DIPENDENZA DELLA SENSIBILITA’ DA TEMPERATURA: deriva della minima quantità rivelabile causata da variazioni di temperatura TEMPO DI RISPOSTA: tempo minimo impiegato dallo strumento per la lettura di una variazione di concentrazione CNR Institute of Atmospheric Pollution Research http://www.iia.cnr.it Sistema Qualità Stesura ed applicazione di procedure gestionali che definiscono i punti fondamentali del sistema qualità di tutta l'unità laboratoristica Stesura ed applicazione di istruzioni operative che si integrino con le procedure gestionali Stesura e utilizzo di metodi di prova, laddove non esistano metodi di prova ufficiali o si possano migliorare quelli esistenti, con le relative validazioni, al fine di ottenere l'accreditamento ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 I RIFIUTI ASPETTI NORMATIVI E TECNICI Dott. Mauro Rotatori Principi generali La legislazione in materia di rifiuti è stata introdotta nell’ordinamento europeo con la direttiva quadro 75/442/CEE, modificata in seguito dalle direttive: 91/156/CEE 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi. La Dir. 75/44/CEE è il primo provvedimento comunitario che intende tutelare la salute umana e l’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti. La direttiva definisce il proprio campo d’applicazione, indica agli Stati membri le misure idonee da intraprendere (sviluppo di tecnologie pulite per l’eliminazione delle sostanze pericolose dei rifiuti, loro recupero mediante riciclo, reimpiego e uso di rifiuti come fonte di energia) e sollecita l’elaborazione di piani di gestione. L’Allegato I elenca le categorie dei rifiuti, l’Allegato IIA riporta le varie operazioni di smaltimento e l’Allegato IIB le operazioni di recupero Dir. 2013/2/UE Modifica all’All. I della Dir. 94/62/CE Imballaggi e rifiuti di imballaggio Dir. 2013/28/UE Modifica dell’All. II della Dir. 2000/53/CE Veicoli fuori uso Dir. 2012/19/UE RAEE Dir. 2012/18/UE Modifica e abrogazione della dir. 96/82/CE Dir. 2011/65/UE Restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche Dir. 2008/68/CE Trasporto interno di merci pericolose Dir. 2008/98/CE Rifiuti Dir. 2008/99/CE Tutela penale dell’ambiente Dir. 2006/21/CE Modifica della Dir. 2004/35/CE Dir. 2006/12/CE Rifiuti Dir. 2006/66/CE Abroga la Dir. 91/157/CEE Pile e accumulatori Dir. 2005/20/CE Modifica della Dir. 94/62/CE Imballaggi e rifiuti di imballaggio Dir. 2002/96/CE RAEE Dir. 2000/532/CE Veicoli fuori uso Controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose Gestione dei rifiuti delle industrie estrattive Principi generali Tali norme hanno introdotto un insieme di principi generali e di procedure di controllo che mirano a garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana che possono essere sintetizzati in: 1. Principio di precauzione: principio cardine della politica ambientale dell’Unione europea che prescrive un’azione preventiva dei danni causati all’ambiente. Gli stati membri devono adottare una politica di prevenzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti e politiche che incoraggino il recupero e il reinserimento delle rifiuti nel ciclo produttivo. 2. Requisito di prevenzione: la gestione dei rifiuti non deve avere ripercussioni sulla salute umana e sull’ambiente. “Chi inquina paga”, secondo il quale l’onere della riparazione dei danni ambientali non può ricadere sui cittadini ma deve essere “addebitato” a chi di tali danni è responsabile. 3. Strumenti di “Command and control” 4. Strumenti Economico-fiscali Obblighi di autorizzazioni, registrazione e ispezioni contenute nelle direttive sui rifiuti non pericolosi e pericolosi; Regolamento sulle spedizioni dei rifiuti Quali tasse e sussidi, che coinvolgano innovazioni tecnologiche. 5. Strumenti volontari Strumenti che consentono alle imprese di introdurre una efficiente gestione ambientale, capace di prevenire, ridurre e, se possibile, persino eliminare l’inquinamento, preferibilmente alla fonte, garantendo al tempo stesso un uso razionale delle risorse e delle materie prime. Normativa Italiana in materia di rifiuti Il DPR 915/82, attuazione della Dir. 75/442 che istituiva negli Stati membri una disciplina mirante a prevenire e ridurre la formazione dei rifiuti, in particolare di quelli pericolosi, ha rappresentato a lungo il punto fondamentale di riferimento per gli operatori del settore. Tuttavia risultava ancorato a una definizione dello smaltimento in cui rientravano tutte le fasi di vita del rifiuto soggette a obbligo di autorizzazione, per cui il recupero e il riutilizzo venivano anche loro considerate possibili step di vita del rifiuto e come tali equiparate all’eliminazione. La necessità di un nuovo intervento normativo più organico è diventato più pressante in seguito al recepimento di nuove direttive comunitarie, in particolare la Dir. 91/156/CEE che fissava due obiettivi principali: - la prevenzione o la riduzione della produzione dei rifiuti - il loro recupero mediante riciclo e riutilizzo al fine di ottenere materiali o di produrre energia Di fronte a tali novità, il legislatore italiano reagiva inizialmente con una serie di interventi normativi privi di collegamento sistematico e destinati di volta in volta alla soluzione di un solo problema. Il DL 443/93 ha rappresentato il capostipite di una lunga serie di provvedimenti tramite i quali il Governo ha esercitato la sua potestà legislativa d’urgenza. LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI Il D.Lgs. 22/97 (Decreto Ronchi) ha rappresentato la prima legge quadro in materia di gestione dei rifiuti, in tutti i suoi aspetti, al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente Il Dlgs. 22/97 ha recepito tre direttive comunitarie: • Dir. 91/156/CEE relativa ai rifiuti • Dir. 91/698/CEE • Dir. 94/62/CE relativa ai rifiuti pericolosi relativa agli imballaggi e rifiuti di imballaggio Tale decreto legislativo è stato integralmente sostituito dalla PARTE QUARTA del D.Lgs. 152/06 (Testo Unico in materia ambientale) “Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”. Correttivi al D.Lgs. 152/06 DECRETO LEGISLATIVO 16 gennaio 2008, n. 4 Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale“ DECRETO LEGISLATIVO 29 giugno 2010, n. 128. Modifiche ed integrazioni al decreto egislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell’articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69 DECRETO LEGISLATIVO 3 dicembre 2010, n. 205. Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive. DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2014, n. 46. Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento). DECRETO LEGISLATIVO 3 APRILE 2006, n. 152 e s.m.i. Parte Quarta – Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati Titolo I – Gestione dei rifiuti Titolo II – Gestione degli imballaggi Titolo III – Gestione di particolari categorie di rifiuti Titolo III-bis – Incenerimento e coincenerimento Titolo IV – Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani Titolo V – Bonifica di siti contaminati Titolo VI – Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie finali ALLEGATI All. 1 al Titolo III-bis – Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento di rifiuti Parte Quarta del D.Lgs 152/2006 e s.m.i. Art. 177 Campo di applicazione 1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE, prevedendo misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana, prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia. 2. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse. 3. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti. Art. 178. Principi La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali. Art. 183. Definizioni 1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per: “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi; “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso; “rifiuto pericoloso”: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto; "rifiuto organico“: rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato; Art. 184 co.4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all’allegato I della Parte Quarta Art. 184. Classificazione 1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Rifiuti Solidi Urbani (art.184 comma 2) Sono definiti rifiuti urbani: i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi non adibiti a civile abitazione i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni di cadaveri, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriali Rifiuti Speciali (art.184 comma 3) Vengono classificati come rifiuti speciali: i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.; i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis; i rifiuti da lavorazioni industriali; i rifiuti da lavorazioni artigianali; i rifiuti da attività commerciali; i rifiuti da attività di servizio; i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; i rifiuti derivanti da attività sanitarie; Rifiuti pericolosi (art. 184 comma 5) L’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell’origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’articolo 183. Con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dalla presente disposizione, possono essere emanate specifiche linee guida per agevolare l’applicazione della classificazione dei rifiuti introdotta agli allegati D e I. ALLEGATO D - Elenco dei rifiuti istituito Dec. della Commissione 2000/532/CE La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER, applicando le disposizioni contenute nella decisione 2000/532/CE. ALLEGATO I - Caratteristiche di pericolo per i rifiuti I criteri di classificazione dei rifiuti sono fondati sulle norme inerenti la classificazione delle sostanze e delle miscele pericolose TITOLO III – GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI (art. 227) 1. Restano ferme le disposizioni speciali, nazionali e comunitarie relative alle altre tipologie di rifiuti, ed in particolare quelle riguardanti: a) rifiuti elettrici ed elettronici: direttiva 2000/53/CE, direttiva 2002/95/CE e direttiva 2003/108/CE e relativo decreto legislativo di attuazione 25 luglio 2005, n. 151. Relativamente alla data di entrata in vigore delle singole disposizioni del citato provvedimento, nelle more dell'entrata in vigore di tali disposizioni, continua ad applicarsi la disciplina di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; b) rifiuti sanitari: d.P.R. 15 luglio 2003, n. 254; c) veicoli fuori uso: direttiva 2000/53/CE e decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, ferma restando la ripartizione degli oneri, a carico degli operatori economici, per il ritiro e trattamento dei veicoli fuori uso in conformità a quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, della citata direttiva 2000/53/CE; d) recupero dei rifiuti dei beni e prodotti contenenti amianto: decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248. Definizione dei RAEE RAEE è l’acronimo di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche , in inglese “waste of electric and electronic equipment” (WEEE). Per RAEE s’intende perciò quel tipo particolare di rifiuto che deriva da una qualunque apparecchiatura elettrica ed elettronica La gestione dei Rifiuti da Apparecciature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) è regolamentata in Italia dal Decreto Legislativo n. 151 del 2005. La normativa recepisce le indicazioni di alcune direttive emanate dall’Unione Europea per la riduzione di sostanze pericolose nelle Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (2002/95/CE – RoHS, Restriction of Hazardous Substances) e lo smaltimento dei rifiuti generati dalle stesse apparecchiature, definiti appunto RAEE (2002/96/CE e 2003/108/CE). Il nuovo D.Lgs. RAEE (49/2014) è in vigore dal 12 aprile recepisce la direttiva europea RAEE(2012/19/EU): contiene gli obblighi di gestione e finanziamento, in capo ai produttori di AEE, delle operazioni di ritiro, trasporto e gestione dei RAEE domestici e anche di raccolta dei RAEE professionali. Classificazione normativa dei RAEE in base al DLgs 151/05 ai fini del recupero Classificazione normativa dei RAEE Il D.M. 185 del 25 settembre 2007 ha definito i Raggruppamenti di RAEE che dovranno essere effettuati nei Centri di Raccolta e in base ai quali verranno calcolate le quote di raccolta di competenza di ciascun produttore. Presso i Centri di Raccolta ogni tipologia di RAEE è raccolta separatamente sulla base di una suddivisione di 5 Raggruppamenti: RIFIUTI APPARECCHIATURE ELETTRICHE ED ELETTRONICHE (RAEE) (D.Lgs. 49/2014) Art. 1. Finalità 1. Il presente decreto legislativo stabilisce misure e procedure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana: a) prevenendo o riducendo gli impatti negativi derivanti dalla progettazione e dalla produzione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e dalla produzione e gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; b) riducendo gli impatti negativi e migliorando l’efficacia dell’uso delle risorse per conseguire obiettivi di sviluppo sostenibile, in applicazione dei principi e dei criteri di cui agli articoli 177, 178, 178-bis, 179, 180, 180-bis e 181 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Allegato 1 (sino al 14 agosto 2018) 1. Grandi elettrodomestici 2. Piccoli elettrodomestici 3. Apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni 4. Apparecchiature di consumo e pannelli fotovoltaici 5. Apparecchiature di illuminazione 6. Strumenti elettrici ed elettronici (ad eccezione degli utensili industriali fissi di grandi dimensioni) 7. Giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport 8. Dispositivi medici (ad eccezione di tutti i prodotti impiantati ed infettati) 9. Strumenti di monitoraggio e di controllo 10. Distributori automatici Allegato 3 (dal 15 agosto 2018) 1. Apparecchiature per lo scambio di temperatura 2. Schermi, monitor ed apparecchiature dotate di schermi con una superficie superiore a 100 cm2 3. Lampade 4. Apparecchiature di grandi dimensioni (con almeno una dimensione esterna superiore a 50 cm), 5. Apparecchiature di piccole dimensioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm), 6. Piccole apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm). Ricadute ambientali ed economiche connesse al riutilizzo dei RAEE RICADUTE AMBIENTALI 1. Ridotta dispersione nell’ambiente di sostanze pericolose per la salute pubblica; 2. Riduzione dell’impatto connesso alle attività di estrazione dei metalli a livello mondiale 3. Riduzione delle emissioni di gas serra collegate con lo smaltimento dei CFC 4. Riduzione dei traffici illeciti verso Paesi non industrializzati RICADUTE ECONOMICHE 1. Risparmio del costo smaltimento dei prodotti 2. Possibile creazione di filiere produttive legale al riciclo dei materiali dai RAEE 3. Trasferimento dai centri di ricerca al sistema produttivo dei brevetti innovativi I RAEE in Europa Rif: Dossier Tecnico Grandi e piccoli elettrodomestici, scenario di riferimento e aspetti operativi, ECODOM Ciclo di trattamento dei RAEE: R1 Ciclo di trattamento dei RAEE: R2 Ciclo di trattamento dei RAEE: R3 Ciclo di trattamento dei RAEE : R4 Ciclo di trattamento dei RAEE : R5 RIFIUTI SANITARI (D.P.R. 15 Luglio 2003, n. 254) rifiuti sanitari non pericolosi rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento rifiuti da esumazione ed estumulazione rifiuti speciali, che anche se prodotti fuori da strutture sanitarie, presentano lo stesso rischio dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo, esclusi gli assorbenti igienici PROCEDURA DI STERILIZZAZIONE secondo le norme UNI 10384/94, parte prima VEICOLI FUORI USO Il panorama normativo che regola la gestione dei veicoli giunti a fine vita è costituito dalla seguente legislazione: 1. Direttiva 2000/53/CE (relativa ai veicoli fuori uso); 2. D.Lgs. 209/2003 (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso) 3. D.Lgs. 149/2006 (Disposizione correttive ed integrative al decreto legislativo 24 giugno 2003, n° 209, recante attuazione della direttiva 2000/53/CE in materia di veicoli fuori uso) 4. D.Lgs. 152/06 (Norme in materia ambientale) per i veicoli non rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs 209/03) – art. 231 ALTRE TIPOLOGIE DI RIFIUTO Art. 233. Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti Al fine di razionalizzare ed organizzare la gestione degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, tutti gli operatori della filiera costituiscono un consorzio. I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'art. 237. Il CONOE - Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e recupero Oli e grassi vegetali ed animali Esausti - è stato istituito dal D.lgs 22/97 (decreto Ronchi) srt. 47. Art. 234. Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene Al fine di razionalizzare, organizzare e gestire la raccolta e il trattamento dei rifiuti di beni in polietilene destinati allo smaltimento, è istituito il consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene […].I sistemi di gestione adottati devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 237 la raccolta e il recupero è in capo al consorzio POLIECO, che ha l’obiettivo di favorirne la raccolta e il recupero La recente legge n. 116/2014 ha stabilito che per beni in polietilene si intendono “i beni composti interamente da polietilene” ed ha individuato in via transitoria una precisa elencazione di tali beni. Sottoprodotto (art. 184-bis) 1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del MATTM Esclusioni dall’ambito di applicazione (art. 185) 1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto: a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera; b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati; c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato; d) i rifiuti radioattivi; e) i materiali esplosivi in disuso; f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana. Esclusioni dall’ambito di applicazione (art. 185) 2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento: a) le acque di scarico; b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio; c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002; d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al D.Lgs. 117/08; Esclusioni dall’ambito di applicazione (art. 185) 3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali o nell'ambito delle pertinenze idrauliche ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni. 4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter. Distinzione tra rifiuto e non rifiuto Definizione di non rifiuto Vengono introdotte le definizioni di: • materia prima secondaria • combustibile da rifiuti di qualità elevata – CDRQ • sottoprodotto e vengono rideterminati i criteri che individuano: • materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche la cui utilizzazione è certa e non eventuale • i prodotti di recupero (che non sono più rifiuti) • le terre e rocce da scavo (che non sono rifiuti fin dall’origine) Distinzione tra rifiuto e non rifiuto Definizione di non rifiuto rifiuti non rifiuti Distinzione tra rifiuto e non rifiuto Definizione di non rifiuto rifiuti definizione (italiana) di rifiuto non rifiuti Distinzione tra rifiuto e non rifiuto Definizione di non rifiuto sottoprodotti rifiuti prodotti di recupero materie prime secondarie definizioni di non rifiuti Distinzione tra rifiuto e non rifiuto Applicazione della disciplina La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino al completamento delle operazioni di recupero, che si realizza quando non sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i materiali e gli oggetti ottenuti possono essere usati in un processo industriale o commercializzati come materia prima secondaria, combustibile o come prodotto da collocare (art. 181, comma 12) non si applica ai materiali, alle sostanze o agli oggetti che, senza necessità di operazioni di trasformazione, già presentino le caratteristiche delle materie prime secondarie, dei combustibili o dei prodotti individuati ai sensi del presente articolo, a meno che il detentore se ne disfi o abbia deciso, o abbia l’obbligo, di disfarsene (art. 181, comma 13) LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Finalità) • La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi. • I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la fauna e la flora b) senza causare inconvenienti da rumori od odori c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Priorità nella gestione e prevenzione della produzione di rifiuti) Le pubbliche Amministrazioni perseguono iniziative dirette a favorire prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti, in particolare mediante: a) lo sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali; b) la messa a punto tecnica e l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento; c) lo sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero. LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Recupero dei rifiuti) Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le pubbliche amministrazioni favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso: a) il riutilizzo, il reimpiego ed il riciclaggio; b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima secondaria dai rifiuti; c) l'adozione di misure economiche e la previsione di condizioni di appalto che prescrivano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato di tali materiali; d) l'utilizzazione dei rifiuti come mezzo per produrre energia. LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione dei rifiuti) • L’art. 183, comma 1°, lett. d) del Testo Unico definisce “gestione” la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni e il controllo delle discariche dopo la chiusura. •L’art. 183, comma 1°, lett. g) del Testo Unico definisce “Smaltimento” ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente una sostanza, un materiale o un oggetto dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell’allegato B. •L’art. 183, comma 1°, lett. h) del Testo Unico definisce “Recupero” le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, incluse la cernita o la selezione, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C. Sono operazioni di smaltimento (All. B) D1) deposito al suolo (ad es. discarica) D2) trattamento in ambiente terrestre (ad es. biodegradazione rifiuti liquidi) D3) iniezione in profondità D4) lagunaggio (ad es. scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni e lagune) D5) messa in discarica specialmente allestita ---------------D15) deposito preliminare Sono operazioni di recupero (All. C) R1) utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia R2) rigenerazione, recupero di solventi R3) riciclo - recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solvente R4) riciclo - recupero dei metalli o dei composti metallici ---------------R13 messa in riserva dei rifiuti LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione: soggetti a carico) • I soggetti a carico dei quali il Dlgs. 152/06 impone adempimenti, obblighi e responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti sono i produttori ed i detentori dei rifiuti • Produttore e detentore possono essere tanto soggetto privato che soggetto pubblico • Le Pubbliche Amministrazioni sono destinatarie delle disposizioni sulla gestione dei rifiuti, hanno, infatti, specifiche attribuzioni, precisi obblighi e responsabilità e poteri e funzioni rispetto all’obbiettivo della corretta gestione integrata dei rifiuti • La disciplina dei rifiuti riguarda anche quegli operatori intermedi che provvedono a far smaltire o recuperare rifiuti prodotti da terzi • Il produttore iniziale e tutti gli altri detentori che effettuano la raccolta, il trasporto, il recupero, lo smaltimento, il commercio e l’intermediazione dei rifiuti devono adempiere oneri ed obblighi e rispettare le altre modalità di gestione dei rifiuti LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione: adempimenti soggetti a carico) Il principio “chi inquina paga”, l’art. 188 del Dlgs. 152/06 stabilisce che “gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonché dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti. Le modalità con le quali il produttore e il detentore devono sostenere gli oneri sono diverse a seconda che il rifiuto sia qualificabile “urbano” o “speciale”: 1. il produttore iniziale di rifiuti urbani adempie con il conferimento del rifiuto al servizio pubblico di raccolta e con il pagamento della tariffa l’obbligo di provvedere alla relativa gestione nel rispetto delle norme; 2. il produttore e il detentore di rifiuti speciali adempiono ai propri obblighi con le seguenti opzioni in ordine di priorità: a) autosmaltimento b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati c) conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei RSU con i quali sia stata stipulata apposita convenzione d) utilizzazione del trasporto ferroviario di rifiuti pericolosi per distanze superiori a 350 km e quantità eccedenti le 25 tonnellate; e) esportazione dei rifiuti LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione: obbligo del formulario) • Altro problema rilevante della gestione dei rifiuti è il controllo della loro movimentazione • A questa esigenza corrispondono l’affermazione del principio della territorialità dello smaltimento dei rifiuti urbani e della riduzione della loro movimentazione e dall’obbligo di far accompagnare tale movimentazione da un apposito documento di identificazione. L’art. 193 stabilisce che durante il trasporto effettuato da Enti o Imprese i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione. Il formulario • contiene: nomi e indirizzi del produttore, del detentore e del destinatario, tipologia e quantità del rifiuto, impianto di destinazione, data e percorso di istradamento; • deve essere vidimato e numerato dagli uffici dell'Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti. •deve essere redatto in 4 copie, che devono essere conservate per cinque anni. Una copia resta al detentore o al produttore, delle altre 3, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, una rimane al destinatario, una è trattenuta dal trasportatore e una restituita al detentore iniziale. LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione: obbligo di denuncia al catasto) • Un altro obiettivo importante è quello di acquisire dati e informazioni adeguati, sufficienti e validabili sulle quantità e tipologia dei rifiuti prodotti e gestiti e sulle diverse modalità di gestione. • La disponibilità di dati è infatti l’indispensabile supporto della politica del settore ai fini dell’elaborazione e della redazione dei piani di gestione dei rifiuti da parte delle Regioni e per l’individuazione del fabbisogno e dei necessari interventi correttivi di eventuali squilibri tra l’offerta di impianti di gestione dei rifiuti ed il loro fabbisogno. La disponibilità e l’elaborazione di dati hanno, poi, un ruolo strategico anche per la pianificazione dei controlli. • A queste esigenze va incontro la prevista riorganizzazione del Catasto dei rifiuti e l’obbligo di comunicazione annuale dei rifiuti prodotti e gestiti. Il Catasto dei rifiuti è stato istituito dall’art. 3 del D.L. 09/09/1988, n. 397, convertito con modificazioni dalla Legge 09/11/1988, n. 475. Il Catasto (art. 189 del D. Lgs. 152/06) • è articolato in una sezione nazionale, con sede a Roma, presso l’APAT e in sezioni regionali o delle province autonome di Trento e Bolzano presso le corrispondenti ARPA o presso la Regione; • è disciplinato dal relativo regolamento di riorganizzazione adottato con D.M. 372/98 per la raccolta sistematica, in un sistema unitario, di tutti i dati relativi ai produttori di rifiuti, ai soggetti che gestiscono i rifiuti ed alle tipologie, alle caratteristiche e alla natura dei rifiuti prodotti e gestiti, nonché per l’elaborazione dei suddetti dati e l’informazione. Le disposizioni di cui al D.M. 372/98 continuano a valere sino all’emanazione del D.M. per l’aggiornamento delle norme di organizzazione del catasto, previsto al comma 1 dell’art. 189 del Testo Unico. A tutt’oggi il risultato conseguito con questo strumento non è stato soddisfacente soprattutto se confrontato con l’appesantimento burocratico che ha determinato LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Gestione: obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico) • L’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico è finalizzato a consentire il controllo sulla correttezza della gestione dei rifiuti in base al presupposto per cui, una volta effettuata l’annotazione, è improbabile che i rifiuti siano destinati ad uno smaltimento non corretto. • La tenuta dei registri di carico e scarico è disciplinata in stretto collegamento con l’obbligo di comunicazione annuale al Catasto nonostante i due adempimenti corrispondano ad esigenze diverse. • L’art. 190 del Dlgs. 152/06, e il D.M. 148/98 che disciplina le modalità di compilazione, pone infatti l’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico ai medesimi soggetti che devono effettuare la comunicazione al Catasto. Le disposizioni di cui al D.M. 148/98 continuano a valere sino all’emanazione del decreto previsto al comma 7 dell’art. 190 del Testo Unico. •Il registro di carico e scarico deve essere numerato, vidimato e gestito con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri IVA e deve contenere le informazioni relative alle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti prodotti e gestiti; Le imprese e gli stabilimenti che svolgono attività di smaltimento e di recupero dei rifiuti devono annotare sui registri le informazioni seguenti: a) l’origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti e il mezzo di trasporto utilizzato c) il metodo di trattamento utilizzato LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Competenze) Stato • funzioni di indirizzo e coordinamento • determinazione dei criteri generali per l’elaborazione dei piani regionali; • definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l’analisi dei rifiuti; Regione • adozione dei piani regionali di gestione dei rifiuti • organizzazione dei piani di bonifica siti • approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi, e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, Provincia • controllo e verifica della gestione dei rifiuti a livello provinciale e degli interventi di bonifica e di monitoraggio Comune • tutela igienico-sanitaria della gestione dei rifiuti urbani • modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e della raccolta differenziata • L’elenco delle competenze è vasto e dettagliato. • Va sottolineata la rivalutazione del ruolo delle Province, cui vengono demandati tutti i controlli e tutte le funzioni che riguardano le procedure semplificate e la gestione dei rifiuti nel loro territorio, per i quali sono previsti anche appositi piani di gestione • Spetta alle Regioni, invece, predisporre i piani regionali di gestione dei rifiuti con il compito di promuovere la riduzione delle quantità, dei volumi e della loro pericolosità LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Raccolta e Trasporto) • L’esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti è subordinato alla preventiva iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali che effettuano la gestione dei rifiuti (art. 212) • Si tratta di un procedimento di autorizzazione con il quale la Pubblica Amministrazione (le Sezioni regionali dell’Albo) accertano che l’interessato sia in possesso dei requisiti soggettivi, tecnici e di capacità finanziaria richiesti. • L’iscrizione all’Albo ha validità di 5 anni. L’obbligo d’iscrizione riguarda le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi, nonché di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi e di gestione di impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti. •L’iscrizione costituisce titolo per l'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato o allo svolgimento delle attività soggette ad iscrizione. LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIFIUTI: PARTE QUARTA DEL D.Lgs. 152/06 (Procedure semplificate) • In accordo con le direttive comunitarie, il legislatore italiano utilizza la facoltà di semplificazione delle procedure, per cui l’obbligo di autorizzazione resta inderogabile solo per le attività di smaltimento vero e proprio e in particolare per le discariche • Alcune attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuati dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi (autosmaltimento) e le attività di recupero di rifiuti possono far ricorso alle “procedure semplificate”, disciplinate da D. M. 5 febbraio 1998 e D. Lgs. 12/06/2002, n. 161, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività sono sottoposte a procedura semplificata. I due decreti sono stati abrogati dal D. Lgs.152/06, ma le loro disposizioni continuano ad applicarsi fino all’emanazione di appositi decreti di aggiornamento. • Nel rispetto delle norme fissate dai citati decreti, le attività di autosmaltimento di rifiuti non pericolosi e recupero di rifiuti possono essere intraprese decorsi 90 giorni dalla comunicazione di inizio attività alla competente Sezione regionale dell’Albo, che ne dà notizia alla provincia territorialmente competente, entro 10 giorni dal ricevimento della comunicazione stessa. le competenti sezioni regionali dell’Albo • iscrivono in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione; • entro 90 gg verificano la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti, illustrati dal gestore in una relazione allegata alla comunicazione Nessun obbligo di iscrizione o di autorizzazione è, invece, previsto per l’ammasso provvisorio (deposito temporaneo) di rifiuti, anche pericolosi, presso il luogo di produzione TITOLO III-BIS ALLA PARTE QUARTA: INCENERIMENTO E COINCENERIMENTO DEI RIFIUTI Introdotto dal D.lgs. 46/14 L’abrogazione del Dlgs 133/05 avverrà a partire dal 1 gennaio 2016. Gli impianti esistenti devono adeguarsi entro il 10 gennaio 2016. Se non è previsto il rinnovo periodico entro il 10 gennaio 2015, i gestori, entro tale data, presentano all'autorità competente una richiesta di rinnovo ai fini dell'adeguamento. Il Titolo, che ha sostanzialmente «inglobato» il D.Lgs. 133/05, disciplina: Valori limite di emissione degli impianti; I metodi di campionamento, analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli impianti di incenerimento e coincenerimento rifiuti; I criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio con particolare riferimento all’esigenza di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente contro le emissioni causate dall’incenerimento e coincenerimento dei rifiuti; Le definizioni contenute nel D.Lgs. 133/05; Nuovi parametri e valori limite di emissione; Contenuto dell’autorizzazione Oltre a quanto già previsto negli art. 5 (per gli impianti di incenerimento) e 6 (per gli impianti di coincenerimento) del Dlgs 133/05, l’autorizzazione deve indicare: 1. il periodo che deve intercorrere tra la messa in esercizio (che deve essere comunicata all'autorità competente con un anticipo di almeno 15 giorni) e la messa a regime dell'impianto 2. la data, a partire dalla messa a regime, entro cui vanno comunicati all'autorità competente i dati relativi alle emissioni effettuate in un periodo continuativo di marcia controllata, la durata di tale periodo e il numero dei campionamenti da realizzare. Modifica delle condizioni di esercizio e modifica sostanziale Le autorità competenti devono comunicare al MATTM tutte le modifiche autorizzate ed i risultati delle verifiche effettuate tenendo anche conto delle relazioni annuali che il gestore è tenuto a presentare. Il MATTM include queste informazioni nella relazione da inviare alla UE sulla attuazione delle direttiva 75/2010. Emissioni in atmosfera e campionamento e analisi Vengono inclusi i valori limiti per ammoniaca e per PCB (misurati come PCBDL). Inoltre per i microinquinanti organici è stato aggiunto il periodo minimo di campionamento pari a 6 ore. Per i metalli pesanti cambiano le frequenze di campionamento che vanno adesso da minimo 30 minuti fino ad un massimo di 8 ore. Per impianti di combustione che coinceneriscono rifiuti, sono previsti valori limite più restrittivi per SO2 e Nox per le varie tipologie di combustibili; per gli impianti a biomassa la taglia per non avere valori limite per questi inquinanti passa dai precedenti 3 MWt a 50MWt. Il controllo delle emissioni ed i sistemi di misurazione automatici sono sottoposti a test annuale di verifica come definito negli allegati dove sono anche riportati i metodi di riferimento per le misurazioni periodiche degli inquinanti. L’autorità competente, per impianti con una capacità nominale minore di 6 Mg/ora, può imporre misurazioni discontinue per gli ossidi di azoto e periodiche per il tenore volumetrico di ossigeno, la temperatura, la pressione, il vapore acqueo e la portata volumetrica dell’effluente gassoso se il gestore può dimostrare, sulla base delle informazioni sui rifiuti gestiti, della tecnologia utilizzata e dei risultati dei monitoraggi, che non potrà mai superare il valore limite di ALL. 1 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento rifiut Ripresi dal D.lgs. 133/05 inclusi i valori limiti per NH3(fatta eccezione per i forni di cemento che coinceneriscono rifiuti) ALL. 1 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento rifiut Ripresi dal D.lgs. 133/05 Per i metalli pesanti cambiano le frequenze di campionamento che vanno adesso da minimo 30 min fino ad un massimo di 8 h. ALL. 1 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA “Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento rifiut per i microinquinanti organici è stato aggiunto il periodo minimo di campionamento pari a 6 h ALL. 1 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA “Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento rifiut D.Lgs. 133/05: “100mg/m3 come valore medio su 30 minuti, in un periodo di 24 ore oppure, in caso di non totale rispetto di tale limite, il 95% dei valori medi su 10 minuti non supera il valore di 150mg/Nm3 Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle misurazioni ai VLE si effettua secondo i seguenti metodi: Parametro Metodo Temperatura Pressione Velocità UNI EN ISO 16911:2013 UNI EN ISO 16911:2013 UNI EN ISO 16911:2013 Portata Umidità UNI EN ISO 16911:2013 UNI EN 14790:2006 Ossigeno (O2) Acido cloridrico (HCl) UNI EN 14789:2006 UNI EN 1911:2010 Acido fluoridrico (HF) Ossidi di azoto (Nox) espressi come NO2 ISO 15713:2006 UNI EN 14792:2006 Ammoniaca (NH3) Biossido di zolfo (SO2) Monossido di carbonio (CO) EPA CTM-027:1997 UNI EN 14791:2006 UNI EN 15058:2006 TOC espresso come C PCDD/PCDF come Teq UNI EN 12619:2013 UNI EN 1948-1,2,3:2006 PCB-dl come Teq IPA UNI EN 1948-1,2,3,4:2010 ISO 11338-1,2:2003 Polveri Mercurio (hg) UNI EN 13284-1:2003 UNI EN 13211:2003 Metalli pesanti (As, Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl, V) UNI EN 14385:2004 60 ALL. 2 AL TITOLO III-bis ALLA PARTE QUARTA “Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di coincenerimento ” 3. impianti di combustione che coinceneriscono rifiuti Cprocesso per combustibili solidi esclusa la biomassa (tenore di O2 6%) Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6%) Ripresi dal D.lgs. 133/05 Cprocesso per combustibili liquidi (tenore di O2 6%) Rispetto al D.lgs. 13/05: • I VLE per SO2 e NOX sono più restrittivi; • sono modificate le taglie degli impianti a biomassa; Cprocesso espresso come valori medi giornalieri (in mg/Nm3) valido fino alle seguenti date: a) 31 dicembre 2015 per gli impianti che hanno ottenuto un’autorizzazione prima del 7 gennaio 2013, o i cui gestori hanno presentato una domanda completa per un’autorizzazione entro tale data, a condizione che detti impianti siano messi in servizio al più tardi entro il 7 gennaio 2014; b) 7 gennaio 2013 per gli impianti di combustione non coperti dal comma precedente. 61 Valori limite di emissione in atmosfera per gli impianti di coincenerimento (Allegato 2-A) Quando non è stabilito uno specifico valore limite questo è calcolato, per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio, con la seguente “formula di miscelazione”: V rifiuti C rifiuti+ V processo C processo -----------------------------------------------V rifiuti + V processo = C C: valori limite totali di emissione; Vrifiuti: volume dell'effluente gassoso derivante dall'incenerimento dei soli rifiuti, determinato in base ai rifiuti che hanno il più basso potere calorifico; Crifiuti: valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento stabiliti all'Allegato 1; Vprocesso: volume dell'effluente gassoso derivante dal processo dell'impianto; Cprocesso: valori limite di emissione fissati dalla normativa statale o regionale; per gli impianti di combustione, i suddetti valori sono indicati nello stesso Allegato 2, e si applicano solo se più severi rispetto a quelli riportati dalla normativa di recepimento della Direttiva 2001/80/CE sui grandi impianti di combustione; Per metalli, PCDD/F e IPA non si applica la "formula di miscelazione“ e i valori limite totali di emissione (C) sono quelli fissati all’Allegato 1 per gli impianti di incenerimento I risultati delle misurazioni effettuate per verificare l’osservanza dei valori limite sono normalizzati (Allegati 1-B e 2-B): • T = 273 K Normalizzazione • P = 101,3 kPa; • Gas secco •Tenore di O2 Incenerimento: 11%; Incenerimento di oli usati: 3% Coincenerimento: 6% (3% per comb. liquidi per NOx, SO2 e polveri, (10% per i cementifici); Stabilito dall’A. C. se l’atmosfera di combustione è ricca di O2 ES= conc. alla % di O2 normalizzata; 21-OS ES= ———— x EM 21-OM dove: EM= conc. misurata; OS= conc. di O2 normalizzata; OM= conc. di O2 misurata; Campionamento ed analisi delle emissioni in atmosfera CO Polveri totali NOx SO2 TOC HCl Misurazioni in continuo HF Parametri di processo: • temperatura della camera di combustione; • concentrazione di O2; • pressione, temperatura e tenore di vapore acqueo dei gas di scarico Metalli pesanti Almeno 2 misurazioni l’anno Diossine Furani Le misure degli inquinanti devono essere eseguite in conformità agli Allegati 1-C (incenerimento) e 2-C (co-incenerimento) I valori degli intervalli di confidenza al 95 % di un singolo risultato di misurazione non devono superare le seguenti percentuali dei valori limite di emissione riferiti alla media giornaliera: monossido di carbonio 10 % biossido di zolfo 20 % biossido di azoto 20 % polveri totali 30 % carbonio organico totale 30 % acido cloridrico 40 % acido fluoridrico 40 % Valori limite di emissione per gli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi di incenerimento Allegati 1-D (incenerimento) e 2D (co-incenerimento) SMALTIMENTO DEI RIFIUTI DISCARICA CONTROLLATA È un impianto di smaltimento dei rifiuti in cui il materiale viene accumulato e coperto da strati di terreno, in modo che si inneschi un processo di fermentazione anaerobica con modesto aumento della temperatura e produzione di gas (metano e anidride solforosa). INCENERIMENTO L’incenerimento rappresenta una tecnica per lo smaltimento dei rifiuti che consiste nella ossidazione completa della parte combustibile dei rifiuti. Il calore prodotto da questa combustione può essere recuperato per produrre energia elettrica ed energia termica. Tale processo viene realizzato in appositi impianti detti “Termovalorizzatori” e più precisamente “Impianti di incenerimento con recupero energetico”. COMPOSTAGGIO E’ un insieme di processi naturali di decomposizione dei materiali organici. In natura questi processi avvengono nei boschi dove il lavoro dei microrganismi “spazzini” conduce alla decomposizione della sostanza organica ed alla sintesi di una famiglia di composti chiamati comunemente "humus". Dalla fermentazione aerobia dei materiali che compongono la frazione umida, secondo un procedimento industriale che sfrutta processi naturali, si ottiene un concime chiamato “compost“. SMALTIMENTO: discarica controllata SMALTIMENTO: discarica controllata RISCHIO AMBIENTALE Si deve evitare che l’acqua che filtra attraverso i rifiuti possa inquinare il terreno e/o le falde sottostanti alla discarica, quindi: Va costruita una barriera fisica sul fondo della discarica (fondo impermeabile); Vanno drenate le acque superficiali che scorrono sulla massa dei rifiuti (canali di scolo e raccolta della pioggia); Va raccolto e depurato il percolato (acqua che si accumula al fondo della discarica). SMALTIMENTO: discarica controllata Durante la fase di smaltimento e di degradazione delle sostanze organiche operata da flora batterica, si formano due componenti: BIOGAS 52 – 65 % METANO 30 – 45 % ANIDRIDE CARBONICA 5 – 13 % ALTRI GAS Viene estratto e recuperato come fonte energetica PERCOLATO Concentrato di sostanze organiche e alcuni metalli pesanti. Deve essere raccolto e trattato in idonei impianti di depurazione SMALTIMENTO: discarica controllata SMALTIMENTO: discarica controllata DESTINO DI UNA DISCARICA La discarica, una volta riempita, viene chiusa ed il suolo viene piantumato. Ma la raccolta del gas e il controllo delle falde sottostanti dovranno continuare ancora per molti anni. SMALTIMENTO: compostaggio SMALTIMENTO:incenerimento A) Fossa di accumulo: tenuta leggermente in depressione per evitare la fuoriuscita di cattivi odori. B) Forno di incenerimento. C) Scarico ceneri: i residui del processo di combustione vengono estratti dal forno ed inviati in discarica. D) Caldaia: i fumi prodotti hanno temperature elevate (1000-1100 °C) e cedono la loro energia termica all’acqua contenuta nei fasci tubieri della caldaia a ricupero, producendo vapore in pressione. Il vapore ottenuto può essere utilizzato per la produzione di energia elettrica e/o termica o nelle due forme combinate (cogenerazione). E) Turbina a vapore: il vapore prodotto viene fatto espandere in una turbina che, ruotando, mette in funzione l’alternatore. F) Alternatore: l’alternatore azionato dalla turbina a vapore produce energia elettrica. G) Sistema di trattamento fumi: i fumi, prima di essere immessi nell’atmosfera, devono subire una serie di processi depurativi. SMALTIMENTO:incenerimento VANTAGGI: Riduce il volume dei rifiuti; Recupera energia (se i rifiuti hanno un buon potere calorico); Bassi costi di gestione (solo nel caso di cui sopra) SVANTAGGI: Alti costi di realizzazione; Necessità di gestire il rischio di fumi tossici (trattamento e controlli); Smaltimento ceneri residue. Rifiuti Inceneribili 76 Le categorie principali e quantitativamente predominanti di rifiuti inceneribili sono: Rifiuti Solidi Urbani (RSU); Rifiuti speciali. rifiuti ospedalieri; fanghi di depurazione; industria chimica. Rifiuti inerti: Non inceneribili: costruzioni/demolizioni Il rifiuto come combustibile (1/7) La termovalorizzazione consiste nella conversione dell’energia derivante dall’incenerimento del rifiuto, che può essere trattato come un vero e proprio combustibile, in energia elettrica e/o termica. Il rifiuto è costituito da sostanze di vario genere, per stabilire le sue caratteristiche energetiche, è necessario effettuare un’analisi merceologica che permetta di individuare mediamente quali sono le sostanze che lo compongono e il valore del potere calorifico inferiore del rifiuto “tal quale”; la componente di rifiuto che viene sottoposta a questo tipo di analisi è quella proveniente dalla raccolta urbana, al netto della raccolta differenziata. Il rifiuto come combustibile (2/7) “Tal quale”: Solitamente questo tipo di rifiuto è caratterizzato da un limitato valore del potere calorifico e da un elevato contenuto di incombustibili a meno che non venga sottoposto ad altri trattamenti. 1. Effettuando, ad esempio, una selezione meccanica attraverso un’operazione di vagliatura, si può fare in modo di asportare quelle componenti inerti (es. materiali provenienti da scavi, costruzioni o demolizioni) che all’interno del vaglio si frantumano, andando a costituire il sottovaglio. 1. La frazione rimanente (sovvallo) costituisce la cosiddetta “frazione secca” (FS) che, contenendo essenzialmente le frazioni combustibili del rifiuto, possiede un potere calorifico maggiore ed un minore contenuto di scorie. 3. Effettuando ulteriori trattamenti quali la triturazione, l’essiccamento e l’addensamento, si giunge al “combustibile derivato da rifiuti” (CDR). Il rifiuto come combustibile (3/7) Il CDR è classificabile in diversi gradi qualitativi, sulla base delle norme tecniche Uni 9903-1 ed integrazioni. Semplice CDR: recuperato dai rifiuti urbani e dai rifiuti speciali non pericolosi. Qualità CDR: CDR-Q consente di ottenere i certificati verdi per la produzione di energia elettrica, e può essere usato con impatto ambientale inferiore. Trattamenti per: garantire un potere calorifico sufficiente; ridurre e controllare il rischio ambientale e sanitario; ridurre la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile, e il contenuto di umidità; rimuovere le sostanze pericolose ai fini della combustione, come alcuni tipi di polimero e i materiali potenzialmente esplosivi Il rifiuto come combustibile (4/7) La frazione umida organica può essere utilizzata per la produzione di biogas, riutilizzata come compost fertilizzante o come materia prima per determinati cicli produttivi industriali (come, ad esempio, il bioetanolo), o conferita in discarica. Residuo secco combustibile: Alcune plastiche - come derivati del petrolio - hanno un buon rendimento energetico. Per legge: utilizzo, per non più del 50% in peso, di alcuni rifiuti riciclabili, quali le plastiche non clorurate (PET, PE, ecc.), poliaccoppiati plastici (come gli imballaggi multimateriale plastica-alluminio o plastica-alluminio-carta), gomme sintetiche non clorurate, resine e fibre sintetiche non contenenti cloro. Il cloro infatti causa la produzione di diossina durante la combustione. Residuo secco non-combustibile. Il rifiuto come combustibile (5/7) CARATTERISTICHE MEDIE DEI Rifiuti Solidi Urbani (RSU) senza trattamento: Umidità 44% Frazione combustibile Frazione incombustibile Potere calorifico inferiore 33% 23% 2.000 Kcal/kg Potere calorifero (PCI) dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU) dopo il trattamento per diventare CDR: 3.000 – 4.500 Kcal/Kg Il rifiuto come combustibile (6/7) RSU e derivati (CDR o RDF, sovvalli, frazioni secche) sono combustibili non convenzionali Hanno delle problematiche di tipo: Termico: Basso potere calorifero rispetto ai combustibili convenzionali. Eterogeneità marcata di tipo fisico (dimensioni, compattezza) e chimico (composizione). Energetico: finalità combustione è la distruzione rifiuti recuperi termici difficili da ottimizzare Variazioni stagionali: necessità di progettazione e conduzione forni molto accurate Il rifiuto come combustibile (7/7) Alcuni esempi di poteri caloriferi (PCI) fra vari tipi di combustibili Il processo dell’incenerimento 84 Trattamento rifiuti e/o derivati da rifiuti tramite processi di conversione termica Il processo dell’incenerimento Osaka - Giappone Inceneritore di Thun situato nei pressi dell'omonimo lago nel cantone di Berna. Brescia- Italia, 700.000 t/anno Inceneritore di Vienna, decorato da Friedensreich Hundertwasser, collegato ad una rete di distribuzione di calore. Impianto di incenerimento sito nell'area di Forlì , capace di trattare 18 t/h di rifiuti domestici. Il processo dell’incenerimento Schema di impianto incenerimento RSU SNCR-DeNOx Waste Waters Depurazione delle acque Consegna Stoccaggio Camera di combustione/ Generatore di vapore Depurazione dei fumi e gas Ciminiera Il processo dell’incenerimento Schema Inceneritore RSU: Dettagli Separatore grosse particelle Ceneri volanti Gas di scarico Boiler (Steam/EE Generator); CALDAIA Sezione rimozione polveri Aria secondaria Filtri: Fabric (Tissue) Filters (Bag Filters) Arrivo rifiuti/CDR Filtri: Wet Scrubber (tre stadi) Residui Zona Incenerimento Bottom Ceneri e residui Filtro: Spray Scrubber Alimentazione a caduta ( FGT ) Aria primaria Waste Waters Il processo dell’incenerimento 88 1. Arrivo dei rifiuti 2. Combustione 3. Produzione del vapore surriscaldato 4. Produzione di energia elettrica 5. Estrazione delle ceneri 6. Trattamento dei fumi Il processo dell’incenerimento Rifiuti CONVERSIONE TERMICA RECUPERO ENERGETICO CONTROLLO EMISSIONI Aria Scorie FORNO Residui solidi e/o liquidi CALDAIA DEPURAZIONE GAS Il processo dell’incenerimento Principi generali di combustione Prescrizione impiantistiche (D.M. 503/97) potere calorifico Tcomb 850°C eccessi d’aria tgas 2sec bilanci di massa: stechiometria, volume fumi, O2 6% vol incombusti scorie max 3% peso bruciatori Recupero energetico ausiliari (transitori, eventuale mantenimento T) bilanci termici, rendimenti recupero energetico con rendimenti minimi tipologie di recupero (vapore, elettricità, cogenerazione) Il processo La combustione dell’incenerimento Per una buona combustione occorre che il combustibile e l’aria siano in proporzione ed in mescolanza adeguata Ciò è agevole da ottenere con combustibili gassosi, liquidi e/o solidi, è più difficile con un COMBUSTIBILE ANOMALO come i RIFIUTI Il processo La combustione dell’incenerimento 92 Il rifiuto è auto-combustibile (nel campo di incenerimento) in funzione della frazione di: materiale combustibile, acqua e ceneri. Diagramma di TANNER Il processo La combustione dell’incenerimento ECCESSO D’ARIA: in ogni reazione di combustione, l’aria viene alimentata in eccesso rispetto alla quantità stechiometrica per garantire la completezza delle reazioni di ossidazione Eccesso d’aria e = aria effettiva - aria stechiometrica INCENERIMENTO RIFIUTI: eccessi d’aria considerevoli completezza combustione: ossidazione difficoltosa per natura intrinseca materiale e condizioni fluidodinamiche poco favorevoli controllo temperatura: forni adiabatici aria come diluente termico Il processo La combustione dell’incenerimento Si producono composti a seguito di: Combustione incompleta (messa a punto dell’impianto); Impurezze o additivi dei combustibili (biossido e triossido di Zolfo, ceneri, piombo tetraetile); Processi di ossidazione dell’azoto atmosferico ad ossidi di azoto (NOx) durante le combustioni a Temperatura elevata Il processo dell’incenerimento La combustione: i Fumi 95 Durante la combustione l’aria comburente deve essere fornita in quantità controllata perché, se è insufficiente si formano troppe ceneri e rimangono residui incombusti, se è troppa si ha una notevole perdita di energia nei fumi Commissione Legislazione e Tutela Ambientale Il processo dell’incenerimento La combustione: i Fumi Fumi: prodotti dalle reazioni di ossidazione della frazione combustibile del rifiuto Fumi stechiometrici VS [m3 kg-1 RS]; fumi prodotti dalla ossidazione condotta in condizioni stechiometriche Calcolo teorico: analisi elementare C + O2 CO2 H + ½ O2 H2O N + ½ O2 NO S + O2 SO2 Cl HCl H2Ol H2Ov Fumi stechiometrici: costituiti essenzialmente da CO2, H2O (combustione + vaporizzazione umidità) ed N2 (aria di combustione) Il processo dell’incenerimento La combustione: i Fumi FUMI EFFETTIVI VF [m3 kg-1 RS] VF = Fumi effettivi VS + Fumi stechiometrici e x Eccesso d’’aria VA Aria stechiometrica Qualitativamente: VS e VA aumentano con PCI VS aumenta con umidità rifiuto e aumenta con PCI e con la diminuzione della temperatura di combustione Quantitativamente: determinazione teorica sulla base dell’analisi elementare disponibilità, rappresentatività determinazione sulla base di correlazioni empiriche precisione Il processo dell’incenerimento Recupero energetico Il calore sviluppato durante la combustione viene recuperato e utilizzato per produrre vapore per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (teleriscaldamento). Non sempre il calore recuperato può essere effettivamente utilizzato per via delle variazioni stagionali dei consumi energetici. Rendimento minore di quello di una normale centrale elettrica, poiché i rifiuti non sono un buon combustibile per via del loro basso potere calorifico, e le temperature raggiunte in camera di combustione sono inferiori rispetto alle centrali tradizionali, producendo quindi vapore a minore pressione. Talvolta per aumentare l'efficienza della combustione insieme ai rifiuti viene bruciato anche del gas metano. Il processo dell’incenerimento Recupero energetico Raffreddamento fumi uscita camera di combustione tramite produzione vapore surriscaldato in caldaia Espansione totale (turbina a condensazione) Fumi Fumi CALDAIA ~ EN. ELETTRICA Acqua ESPANSIONE TOTALE (SOLA EN. ELETTRICA) T Fumi Fumi CALDAIA Vapore surriscaldato ~ T1 EN. ELETTRICA Acqua COGENERAZIONE (EN. ELETTRICA + CALORE) T2 CALORE Il processo dell’incenerimento Recupero energetico 100 Raffreddamento fumi uscita camera di combustione tramite produzione vapore surriscaldato in caldaia Espansione parziale (cogenerazione in turbina in contropressione ed utilizzazione come calore del vapore fino a condensazione) Vapore surriscaldato TURBINA A DERIVAZIONE CALDAIA ~ 1) rendimenti dipendenti da richiesta termica Q 2) modularità utilizzo calore flessibilità ELETTRICITA’ CALORE Q Acqua TELERISCALDAMENTO Il processo dell’incenerimento Produzione energia elettrica 101 necessità limitare raffreddamento fumi in caldaia corrosioni a basse T (HCl) necessità contenere T e P vapore surriscaldato corrosioni surriscaldatore (HCl) sollecitazioni meccaniche controlli acque ciclo termico necessità evitare basse P ( e T ) vapore espanso dimensioni condensatore disponibilità refrigerante “freddo” potenzialità elettriche (taglie impianto) modeste bassi rendimenti turbina ed ausiliari necessità mantenere cicli semplici Cicli a vapore poco spinti Pmax = 40 - 45 bar Tmax = 350°C - 400°C Pcond ~ 0,1 bar (45°C) ciclo = 0,25-0,3 tot = 0,17-0,25 Il processo Produzione energia miglioramenti dell’incenerimento elettrica potenziali incremento PCI (evoluzione merceologia, raccolte differenziate) camere di combustione non adiabatiche recupero calore di combustione incremento centralizzazione impianti (aumento potenzialità) effetto scala possibilità di adottare cicli più spinti Pmax= 50 - 60 bar, Tmax= 420 - 450°C, Pcond= 0.05 - 0.07 bar possibilità di incrementare raffreddamento fumi in caldaia incremento recupero calore di combustione aumento rendimento turbine ed ausiliari tot ~ 0,3 - 0,33 Il processo Rendimenti dell’incenerimento L'efficienza energetica: tra il 19 e il 27% (o 30-33% se si considera l’effetto scala), se si recupera solo l'energia elettrica. aumenta molto col recupero del calore (co-generazione) che generalmente arriva ad un rendimento intorno al 55% in calore. Centrale termoelettrica a ciclo combinato, il cui scopo primario è ovviamente quello di produrre elettricità, ha una resa del 57% per la produzione elettrica e se abbinata al teleriscaldamento raggiunge l'87%. Tipicamente per ogni tonnellata di rifiuti trattata possono essere prodotti circa 0,67 MWh di elettricità e 2 MWh di calore per teleriscaldamento. Il processo Rendimenti dell’incenerimento Confrontare il rendimento energetico delle varie tecnologie di trattamento termico dei rifiuti: discorso complesso, poco documentato e fortemente influenzato dal tipo di impianto. Differenze di massima: in un inceneritore i rifiuti vengono direttamente bruciati ed il calore viene usato per produrre vapore. negli impianti di gassificazione/pirolisi i rifiuti vengono invece convertiti parzialmente in gas (syngas) che può essere poi utilizzato in cicli termodinamici più efficienti. La possibilità di utilizzare diversi cicli termodinamici permette maggiore flessibilità nella regolazione dei rapporti fra produzione di calore e di elettricità, rendendoli meno sensibili alle variazioni stagionali dei consumi energetici (in altre parole d'inverno si può produrre più calore e d'estate più elettricità). Il processo I Residui dell’incenerimento Sottoprodotti del processo: emissioni gassose dal camino (che devono essere fermate); ceneri residue (che devono essere smaltite); acque di scarico (che devono essere trattate); tutte da caratterizzare nella loro composizione. Composizione dei residui: Differenze significative determinate da arricchimento elementi volatili ( Cd, Pb, Hg) su polveri fini (volatilizzazione ad alta T + ricondensazione a bassa T su ceneri ad elevata superficie specifica) presenza microinquinanti tossici (es. diossine) residui depurazione fumi a seguito rimozione da fase gas Il processo I Residui dell’incenerimento Più precisamente, per ogni tonnellata di rifiuti bruciata, un inceneritore produce : 1 tonnellata di fumi immessi in atmosfera 280/300 Kg di ceneri "solide"; 30 Kg di "ceneri volanti e polveri“; 650 Kg di acqua di scarico; 25 Kg di gesso Ogni 600 tonnellate di rifiuti inceneriti si produce circa: 1 milione di metri cubi di gas da purificare; 1 tonnellata di rame; 0,5 tonnellate di mercurio; 3.000 tonnellate di sali concentrati; 1,5 tonnellate di cadmio; 60 tonnellate di zinco 60.000 tonnellate di scorie dalla composizione chimica variabile o sconosciuta. Il processo dell’incenerimento Emissioni e residui più comuni Biossido di Zolfo Biossido di Azoto/Ossidi di Azoto Materiale particolato fine incluso il PM10 Particelle sospese totali Piombo Ozono Benzene Monossido di Carbonio Idrocarburi policiclici aromatici (Diossine e Furani) Cadmio Arsenico Nichel Mercurio Rame Zinco Il processo dell’incenerimento Bilancio dei Residui 110 Scorie200 – 300 kg per ton RSU Ceneri volanti 10 - 30 kg per ton RSU Residui depurazione fumi 20 – 40 kg per tonnellata RSU Fanghi depurazione 0.14 – 1.2 kg per tonnellata RSU Fumi 5000 – 7000 Nm3 per ton RSU Il processo Diossine dell’incenerimento Formazione dovuta alla presenza di: Carbonio, Cloro, Ossigeno, Catalizzatori metallici (Cu, Fe) In un inceneritore sono attivi fenomeni di: formazione, distruzione, riformazione, accumulo / rilascio Emissioni in atmosfera: Limiti a partire dai primi anni ‘80 Dal DM 503/97 si ha la riduzione dei limiti di 800 volte ! Se rispetta i limiti alle emissioni di diossine (0.1 ng m-3 TEQ) un inceneritore fornisce contributi di diossine trascurabili rispetto ad altre sorgenti Contaminazione dei residui: elevata per polveri, residui dei trattamenti e fanghi ESPRESSIONE DELLA CONCENTRAZIONE DI DIOSSINE FATTORE EQUIVALENTE DI TOSSICITA’ Data la numerosità dei congeneri, i loro differenti modi di trasformazione e la loro presenza nell’ambiente in miscele complesse, è difficile valutare il rischio per l’uomo e le altre specie animali TEF “Toxic EquivalentFactor“ numero adimensionale che facilita la valutazione del rischio e la sua gestione in quanto riporta ad un unico numero il valore di tossicità di miscele complesse. Per ognuno dei 17 congeneri è stato ottenuto un valore di TEF che indica il rapporto tra la tossicità dell’isomero e quella della 2,3,7,8 TCDD posta uguale a 1. Calcolo della concentrazione di I-TEQ totale: somma delle concentrazioni dei 17 congeneri PCDD/DF cloro sostituiti nelle posizioni 2,3,7,8 moltiplicati per il TEF [CPCDDi x TEFi] + [CPCDFi x TEFi] Le emissioni dei PCDD/PCDF si esprimono come massa al m3 di gas normale secco in riferimento al contenuto di ossigeno Espressione della concentrazione di diossine UNI EN-1948 Parametri qualitativi relativi alle fasi di campionamento, estrazione/purificazione e determinazione Part 1 Metodi di campionamento (2006) Part 2 trattamento dei campioni (estrazione e purificazione) (2006) Part 3 Determinazione degli inquinanti (2006) Part 4 identificazione e quantificazione dei PCB (2007) UNI EN -1948 -1 L’operatore ha la possibilità di scegliere fra tre metodi differenti: •Metodo del filtro/condensatore •Metodo della diluizione •Metodo della sonda raffreddata Nella prima versione della direttiva (1996) il valore limite di 0,1 ng TE / m³ è stato imposto come valore medio misurato su un periodo di campionamento di un minimo di sei ore e un massimo di otto ore. AGGIORNAMENTO 2006 -La EN 1948 può essere utilizzata per un ampio intervallo di concentrazione e per diverse sorgenti di emissioni - La ISO 9096 è stata sostituita dalla EN 13284-1:2001 relativa alla determinazione di polveri di basso intervallo di massa - il tempo di campionamento massimo di 8 h è stato abolito ma la normativa vigente richiede un periodo di campionamento di 8 ore UNI EN -1948 -1 L’operatore ha la possibilità di scegliere fra tre metodi differenti: •Metodo del filtro/condensatore •Metodo della diluizione •Metodo della sonda raffreddata Metodo del filtro/ condensatore Metodo della diluizione Metodo della sonda riscaldata Il gas viene campionato isocineticamente nel condotto. I PCDD/DF adsorbiti sul particolato e presenti nella fase gassosa vengono raccolti nella linea di prelievo che può essere costituita, a seconda del metodo, da un filtro o un ditale, un pallone a condensa e un materiale adsorbente solido o liquido. Alle componenti principali di raccolta sono aggiunti, prima del campionamento, PCDD/DF marcati al 13C per determinare il recupero, che però non entrerà nel calcolo finale della concentrazione, ma occorrerà solo verificare che sia superiore al 50%. UNI EN-1948 -1 UNI EN -1948 -2 ESTRAZIONE DEL CAMPIONE Il campione è costituito da diverse parti: a)Mezzi che raccolgono il particolato(flitri, ditali, cartucce, lana di vetro, etc) b) Adsorbenti solidi (schiuma poliuretano, XAD-2, PorapakPS) c) Florisil: eluizione con diclorometano d) Liquidi acquosi (soluzioni di condensa e soluzioni di gorgogliamento) CONSERVAZIONE DEL CAMPIONE Il filtro e l’adsorbente vengono alluminio. Se gli adsorbenti sono cappa per una notte. Tutte le conservate al buio e a temperatura tolti e avvolti in fogli di umidi vanno asciugati sotto parti vanno in ogni modo <4°C. UNI EN -1948 -2 PURIFICAZIONE PCDD/PCDF a) Cromatografia liquida su colonna multistrato per eliminare componenti con proprietà chimiche differenti dai PCDD/PCDF b) Cromatografia liquida su colonna di allumina per rimuovere le componenti interferenti con piccole differenze nella polarità o nella struttura rispetto ai PCDD/PCDF c) Cromatografia a colonna di assorbimento a carbone attivo: le molecole planari dei PCDD/PCDF sono separate dalle altre molecole non planari interferenti UNI EN -1948 -3 ANALISI La determinazione dei PCDD/DF, indipendentemente dal metodo che sarà adottato, è basata sulla quantificazione mediante la tecnica della diluizione isotopica utilizzando la GC/MS. I congeneri marcati 13C di PCDD/DF clorosostituiti nelle posizioni 2,3,7,8 (composti aventi caratteristiche chimico-fisiche equivalenti a quelli degli analiti, ma differenziabili da questi in GC/MS per la differente massa e il relativo rapporto m/e derivante dalla struttura isotopica) vengono aggiunti all’inizio del procedimento. Le perdite che si hanno durante l’estrazione e la purificazione si possono individuare e compensare usando questi congeneri aggiunti come riferimenti interni per la quantificazione, insieme ai riferimenti per l’iniezione aggiunti prima dell’analisi in GC/MS. Abbinando l’aggiunta di composti marcati all’analisi in spettrometria di massa si ottiene un procedimento analitico molto selettivo, accurato e preciso. UNI EN -1948 -3 Il campionamento in continuo di diossine Esistono oggi campionatori automatici per il campionamento di PCDD/F in continuo, o meglio di lunga durata Campionamento in continuo Comunemente utilizzati sia per gli inceneritori che per altri impianti industriali • si basa sulla norma tecnica 1948-1 del 2006; In alcuni Paesi europei (es. Belgio) rappresenta ormai una misura obbligatoria prescritta nelle autorizzazioni ambientali; • è effettuato in condizioni isocinetiche, in accordo con la norma EN 13284-1 (e quindi i campionatori attualmente presenti sul mercato sono certificati per l’isocinetismo); Anche in Italia il campionamento in continuo è stato prescritto in sede di autorizzazione integrata ambientale per alcuni impianti di incenerimento. • periodo di campionamento: 6h – 30 gg; Necessità a livello nazionale e internazionale di validare i sistemi di campionamento in continuo Il campionamento in continuo di diossine I risultati ottenuti con un campionamento “in continuo” esprimono valori medi di concentrazione su periodi di campionamento statisticamente più significativi e consentono di: rilevare occasionali aumenti di emissioni dovuti ad anomalie o a fasi transitorie dell’impianto; osservare il trend delle emissioni di diossine e PCB fornendo, così, informazioni sul buon esercizio dell’impianto o del relativo sistema di abbattimento; ottenere informazioni sulla massa totale di diossine emesse in determinati periodi (es. flusso di massa annuale) Il campionamento in continuo di diossine Punto fisso di campionamento confronto con misure ottenute con il metodo discontinuo La norma 1948-1 (2006) richiede che il campionamento isocinetico venga effettuato in posizioni rappresentative del condotto, in accordo con la norma EN 13284-1 del 2001. Ciò comporta la necessità di effettuare il campionamento lungo tutta la sezione del condotto (diversi affondamenti/spostamento della sonda). Valori misurati più elevati rispetto a quelli ottenuti con il metodo discontinuo (riferiti allo stesso periodo temporale), a causa di: rilevamento di emissioni dovute al non normale funzionamento dell’impianto (periodi transitori o anomalie); possibile formazione di diossine dovute al maggior e tempo di residenza delle polveri depositate sui filtri o sui condotti