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Psicologia delle Istituzioni - Facoltà di Scienze della Formazione

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Psicologia delle Istituzioni - Facoltà di Scienze della Formazione
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
CATANIA
Facoltà di Scienze della Formazione
Prof.ssa Manuela Mauceri
Psicologia delle Istituzioni
A.A. 2008-09
1
Programma
 Obiettivi
Fornire agli studenti le competenze necessarie per analizzare le dinamiche
istituzionali nella prospettiva psicologico-sociale: approcci teorici, fenomeni
organizzativo/istituzionali, qualità della formazione ed istituiti, bisogni
formativi e risorse umane nell’attuale realtà del cambiamento.
 Contenuti
Principali orientamenti teorici intorno al tema delle istituzioni, il tema del
cambiamento e la, connessa, rilevanza dei processi organizzativo-relazionali e
dei bisogni formativi delle risorse umane, nella odierna società complessa
 Nello specifico, verranno trattati i seguenti argomenti:
1.Introduzione alla psicologia delle istituzioni;
2.Principali orientamenti teorici;
3. Processi istituzionali e cambiamento
4. Territorio potenziale e progettualità di vita tra “Istituiti” ed “Istituenti”: dati di
ricerca
 Materiali per gli esami
1-Slides utilizzate durante le lezioni, relativamente ai concetti base, scaricabili dal
sito della Facoltà al termine delle lezioni.
2-Licciardello O, Castiglione C. (2008), Self, Formazione e “Territorio
potenziale” nella società del cambiamento, Bonanno Editore, Acireale-Roma )
2
1.Introduzione alla psicologia delle Istituzioni
Che significa Istituzione?
Qualche definizione
L’evoluzione del concetto
Gli approcci teorici fondamentali
L’orientamento sociologico
Istituzioni fondamento della società (Durkheim)
Le istituzioni totali (Goffman)
Caratteristiche
Tipologie
L’orientamento socio-psico-analitico
Jacques:
Istituzioni come meccanismi di difesa
Istituzioni adeguate Vs inadeguate
3
Carli:
Pulsioni e rapporto oggettuale
Istituzioni e reciprocità affettiva
Istituzioni e stabilità delle organizzazioni
Le istituzioni tra formazione e repressione
La scuola come Istituzione: alcune riflessioni
Dinamiche istituzionali e processi di scolarizzazione
Istituzione ed esclusione
Gli istituiti dell’Istituzione: conseguenze
L’orientamento socio-psicologico
L’istituzionalizzazione come processo di tipizzazione oggettivante
Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
Tipizzazioni della condotta e “apprendimento” dei ruoli sociali
Istituzionalizzazione, identificazione dell’Io e «distanza di ruolo»
L’orientamento istituzionale
Istituzione e atto
Livelli e dinamiche
Autorità e cambiamento
Istituente e istituito (Lourau)
4
Esperienze sul campo e ricerche
Self, Formazione e “Territorio potenziale” nella
società del cambiamento: dati di ricerca
5
Definizione
“Complesso di valori, norme e consuetudini che
definiscono e regolano, durevolmente e in modo
relativamente indipendente da finalità particolari e
caratteristiche personali dei singoli componenti, a)
i rapporti sociali e i comportamenti d’un gruppo di
soggetti la cui attività è considerata socialmente
rilevante per la struttura della società o di
importanti settori di essa, e b) i rapporti che altri
soggetti possono avere a vario titolo con tale
gruppo, nonché i relativi comportamenti ”
(Enciclopedia Garzanti di filosofia , 1993)
6
Istituzioni vs Organizzazioni
Tutte le istituzioni sono anche organizzazioni, ma con
caratteri peculiari:
a)creazione di un’identità propria come conseguenza della
costituzione di strutture e procedure formali, che si
ripetono con modalità e significati condivisi
norme e simboli persistenti e pervasivi
b) < carattere strumentale, < criteri di efficacia ed efficienza
c) > valore in sé riconosciuto all’interno e all’esterno;
7
Istituzioni vs Organizzazioni
 Importante variabile è la finalità:
implicita non dichiarata Vs esplicitamente dichiarata
 Così, le istituzioni rappresentano il regno del non-detto e
del non dicibile, della rassicurazione, del rapporto emotivo
fra fissità e cambiamento, del controllo della dualità e
pluralità e dei sensi di colpa ad essa correlati.
 In tal senso, scopo primario dell’istituzione sarebbe non
tanto la programmazione, la produzione di efficienza
(rapporto tra prodotto e costo) e il raggiungimento di
risultati, il progetto (come per il collettivo organizzativo),
quanto, piuttosto, la rassicurazione dei suoi componenti e
della società di cui l’istituzione stessa fa parte (E. Spaltro, 1995,
Soggettività, Patròn, Bologna)
8
Qualche riflessione
 “Istituzionalizzazione significa (…) infusione di valore”
riconosciuto all’interno e all’esterno, “che si fonda
probabilmente in origine sull’apprezzamento dei
comportamenti e delle prestazioni, ma che si sposta poi
gradatamente sulla mera esistenza di essa. Così le
istituzioni, per il fatto stesso di esserci, contano, sono
importanti. Soddisfano i bisogni di dipendenza, di
affiliazione, di appartenenza. Servono come terreno di
sviluppo di strategie personali e di gruppo. All’interno del
contesto sociale rassicurano. Sono un punto di riferimento
per i comportamenti individuali e collettivi” (Romei P. 2000,
pp. 139-140)
“Le organizzazioni diventano istituzioni anche in quanto
sviluppano una propria liturgia” (Romei P. 2000, pp.141-142)
9
Qualche riflessione (1)
Quali sono le conseguenze di un’organizzazione
istituzionalizzata?






non ha funzione strumentale;
la sua esistenza diventa fine a sé stessa;
non sono i risultati concreti, bensì il formale rispetto delle
regole e delle procedure
spersonalizzazione delle strutture e dei comportamenti,
svalorizzazione dell’atto umano
enfatizzazione mezzi e regole formali che consentono
all’istituzione di esprimersi e di manifestarsi e
rappresentano potenti mezzi d’integrazione sociale
ferrea osservanza dei criteri di imparzialità e di
impersonalità che contribuisce a rafforzarne il valore
mitico
10
Qualche riflessione (2)
 … La funzione di “integrazione sociale” può andare in crisi in un
contesto altamente complesso …
Perchè? Quali le caratteristiche e le esigenze che il ns contesto poneimpone?
Progressivo processo di frammentazione del sistema sociale, insorgere di
valori, bisogni e istanze diverse ed incompatibili; maggiore richiesta di
risultati concreti e rinnovata attenzione all’efficienza e all’efficacia
delle prestazioni e dei servizi offerti
 In un contesto culturale differenziato e complesso, ciò che si pone
come problema fondamentale delle istituzioni è l’innovazione. Il
cambiamento, infatti, prevede dinamicità ed evoluzione, mentre le
istituzioni rappresentano una realtà fortemente statica e burocratizzata,
caratterizzata da resistenze, chiusure difensive e incapacità di
adattamento nei confronti di qualsiasi intervento innovativo
11
Possibili chiavi di lettura
Oggettivo-relazionale
“sistema di ruoli e di norme sociali interrelati, organizzato intorno al
soddisfacimento di un importante bisogno (o funzione sociale).
I ruoli sociali e le norme contemplate nell’istituzione definiscono il
comportamento corretto e atteso orientato al soddisfacimento del bisogno
sociale.
[…] Le istituzioni comunemente definite sono l’istituzione familiare,
l’istituzione economica, l’istituzione educativa, l’istituzione politica,
l’istituzione religiosa, etc.” (Theodorson & Theodorson (1969), (tr.it.),, p.243)
Soggettivo-relazionale
"le istituzioni sono anzitutto presenti nell'immaginario"(Lourau,
(1970) p.119)
Social psychology would be better renamed "psychology of social
institutions" which would define the "content and method of explanation to
be used by this most fundamental of social sciences" (Judd (1925), pp.151-156)
12
L’evoluzione del concetto
“Il senso del concetto di istituzione si è profondamente modificato da
quasi un secolo. Al tempo di Marx (XIX secolo), si intendono per
istituzioni, essenzialmente, i sistemi giuridici, il diritto, la legge. Di
modo che per il marxismo, le 'istituzioni' e le 'ideologie' sono le
'sovrastrutture' di una società data, le cui 'infrastrutture' sono le forze
produttive e i rapporti di produzione.
Successivamente, in una seconda fase, il concetto assume
un'importanza centrale in sociologia con la scuola francese. All'inizio
del XX secolo Durkheim e la sua scuola definiscono la sociologia
come “scienza delle istituzioni”.
Oggi, infine, siamo entrati, con lo strutturalismo in una nuova fase
che conduce ad una profonda elaborazione del concetto, in
connessione con le pratiche istituzionali che si sviluppano nel campo
della psichiatria, della pedagogia e della psicosociologia. Una nuova
definizione delle istituzioni è in via di elaborazione” (Lapassade
G.(1970 [1974]), p.122)
13
Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento sociologico-I
Durkheim: le Istituzioni come fondamento della società
"la grande differenza tra la società degli animali e la società degli
uomini è che, nelle prime, l'individuo è governato esclusivamente
dal di dentro, dagli istinti, mentre le società umane presentano un
fenomeno nuovo, di natura specifica, che consiste nel fatto che
alcune maniere di agire sono imposte o almeno proposte dal di
fuori all'individuo e si aggiungono alla natura che gli è propria; tale
è il carattere delle "istituzioni" (nel senso lato del termine).
Esse si incarnano negli individui delle generazioni successive
senza che questa successione interrompa la continuità“ (Durkheim
E., Societè, in Lalande Paris, p.1002).
14
Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento sociologico-II
Goffman: le Istituzioni totali-caratteristiche
a)Luoghi fisici:
"e istituzioni nel senso comune del termine sono luoghi, locali o
insieme di locali, edifici, costruzioni, dove si svolge con regolarità
una certa attività“(Goffman, 1961, [1968, p.33]).
b)Influenza psicologica e culturale:
"Ogni istituzione si impadronisce di parte del tempo e degli interessi
di coloro che da essa dipendono, offrendo in cambio un particolare
tipo di mondo: il che significa che tende a circuire i suoi componenti
in una sorta di azione inglobante" “(Goffman, 1961, [1968, pp.33/34]).
c)Carattere globalizzante e impedimento allo scambio:
"Questo carattere inglobante o totale è simbolizzato
nell'impedimento allo scambio sociale e all'uscita verso il mondo
esterno, spesso concretamente fondato nelle stesse strutture fisiche
dell'istituzione: porte chiuse, alte mura, filo spinato, rocce, corsi
d'acqua, foreste o brughiere “(Goffman, 1961, [1968, p.34]).
15
Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento sociologico-III
Goffman: le Istituzioni totali-Tipologie
Primo le istituzioni nate a tutela di incapaci non pericolosi
(istituzioni per ciechi, vecchi, orfani o indigenti).
Secondo, luoghi istituiti a tutela di coloro che, incapaci di badare a se stessi,
rappresentano un pericolo --anche se non intenzionale-- per la comunità
(sanatori per tubercolotici, ospedali psichiatrici e lebbrosari).
Il terzo tipo di istituzioni totali serve a proteggere la società da ciò che si rivela
come un pericolo intenzionale nei suoi confronti, nel qual caso il benessere delle
persone segregate non risulta la finalità immediata dell'istituzione che li segrega
(prigioni, penitenziari, campi di concentramento).
Quarto, le istituzioni create al solo scopo di svolgervi una certa attività, che trovano
la loro giustificazione sul piano strumentale
(furerie militari, navi, collegi, campi di lavoro, piantagioni coloniali e
grandi fattorie, queste ultime guardate naturalmente dalla parte di coloro
che vivono nello spazio riservato ai servi).
16
(Continua)
Infine vi sono le organizzazioni definite come "staccate dal mondo" che però
hanno anche la funzione di servire come luoghi di preparazione per religiosi”
(Goffman, 1961, [1968, p. pp.35/38]).
(abbazie, monasteri, conventi ed altri tipi di chiostri)
Tra le caratteristiche che accomunano, pur nella loro diversità, le varie
categorie di istituzioni totali, Goffman individua: l'"organizzazione
burocratica" della vita quotidiana degli "internati" (in tutte le sue sfere: sonno,
divertimenti, lavoro) e la distinzione fondamentale, la cultura e il clima di
separatezza, tra questi e lo "staff di controllo“
17
Gli approcci teorici fondamentali:
L’orientamento socio-analitico
Jacques: Istituzioni come meccanismi di difesa
Jacques individua l’origine
“dell'Istituzione (intesa come organizzazione sociale) nell'esigenza
(inconscia) degli individui di costituirsi in associazione per difendersi dalle
angosce paranoidali e depressive; le istituzioni, così costituite, verrebbero
poi inconsciamente utilizzate dagli individui, come meccanismi di difesa,
contro le angosce psicotiche ” (Jacques, 1955,[1977, p.245]).
18
Jacques: Istituzioni adeguate Vs inadeguate
“istituzioni “adeguate” o socialmente unificanti” facilitano le
“relazioni normali fra gli individui, e agevolano il collegamento
mediante relazioni sociali dirette, attraverso le quali si
raggiunge la più ampia rete circostante di istituzioni: tutto ciò
genera sentimenti di fiducia e di credibilità” ” (Jacques, 1955,[1977,
p.15]).
“ist. “inadeguate” o alienanti”:
“vanno contro la natura umana e allontanano gli individui dalle
loro società. Sono istituzioni generatrici di tensioni psichiche,
perché invece della fiducia e della confidenza alimentano la
diffidenza e indeboliscono i legami sociali. (Ibidem).
19
L’orientamento psico-analitico
Carli: pulsioni e rapporto oggettuale
Premessa:
il comportamento umano, sul piano individuale e sociale, non è totalmente
comprensibile nell'ambito della razionalità, intesa come tendenza a perseguire
un esito ottimale della scelta comportamentale.
Cosa si intende per istituzione?
“Chiamiamo "istituzione" quella particolare modalità relazionale che,
nell'ambito di ogni struttura sociale, viene collusivamente assunta dalle
sue componenti al fine di garantire la reciprocità affettiva al suo
interno, o in altri termini, al fine di regolare l'aggressività intrapsichica
che renderebbe impossibile, se non fossero, "istituite" delle strutture
relazionali di controllo, quell'interazione produttiva che costituisce il
fine di ogni struttura sociale, considerata nel suo versante
organizzativo”(Renzo Carli, 1982, p.80)
20
Carli: Istituzioni e reciprocità affettiva
"Si può, quindi, affermare che la dinamica del rapporto oggettuale, ed in
particolare quell'aspetto di tale rapporto che regola la reciprocità affettiva
nell'ambito delle relazioni sociali, costituisce una specifica problematica che gli
attori delle strutture sociali debbono affrontare al fine di rendere possibile la loro
convivenza all'interno delle strutture stesse.
La psicoanalisi, in particolare, ha individuato come, nei processi di
adattamento dell'uomo all'ambiente, intervenga un duplice ordine di
pulsioni, ed ha approfondito la complessa dinamica che le due pulsioni (di
vita e di distruzione) condizionano.
Le vicissitudini delle pulsioni, peraltro, influenzano anche la dinamica dei
rapporti sociali, assolvendo a funzioni molto importanti in tale ambito.
In particolare esse presiedono al rapporto oggettuale, vale a dire al legame
positivo che ciascuno instaura con quelle componenti ambientali percepite
come "buone", ed al rifiuto aggressivo delle altre percepite come "cattive";
si tratta di quello schema "amico-nemico", fondamentale ai fini della
sopravvivenza degli esseri viventi, che nell'uomo assume connotazioni del
tutto particolari (R. Carli, 1982, p.80).
21
Carli: Istituzioni e stabilità dell’organizzazione
Istituzione come
“processo collusivo, fantasmatico, di simbolizzazione affettiva
mutua tra i membri della struttura sociale, volta a instaurare un
assetto inconscio della relazione fondato sulla reciprocità” (Renzo
Carli, 1982)
“dimensioni culturali e normative che attraversano l’organizzazione
trasformativa, ne tutelano la regolarità e l’efficacia, ne rendono
possibile la realizzazione. [le istituzioni sono] elementi funzionali al
processo organizzativo entro cui si realizza la trasformazione, il cui
obiettivo è quello di rendere stabile l’organizzazione, di consentirne
un’estensione nel tempo, di conferire ad essa uno spessore astorico,
di sottrarla quindi ai processi di cambiamento che la storia
inevitabilmente realizza” (Renzo Carli, 1982, 51)
22
Carli: Istituzioni tra formazione e repressione
“Con le istituzioni formative si persegue un obiettivo di trasmissione culturale
dei valori e dei nodelli di comportamento che consentiranno ai singoli un
inserimento a-conflittuale nell’ambito delle organizzazioni di produzione, e
una partecipazione alla trasformazione adeguata al modello progettuale che la
direziona.”
“Nella società attuale la partecipazione alle organizzazioni trasformative
sembra prevalentemente fondata su modalità il cui referente è l’istituzione
nella sua declinazione formativa. La famiglia e la scuola sono le due “agenzie
di socializzazione” il cui obiettivo è la formazione dell’individuo al suo
operare nell’organizzazione. […]”(Renzo Carli, 1982, 53)
“La repressione, di contro, sembra potersi esprimere solo in termini
negativi, quale impedimento o sospensione dell’azione
trasformativa” (Renzo Carli, 1982, 53)
23
La scuola come Istituzione: alcune riflessioni
Dinamiche istituzionali e scolarizzazione
Le dinamiche collusive delle Istituzione, possono concorrere
“[…] se applicate all'istituzione scuola, a spiegare il comportamento di
"rifiuto" dell’esperienza scolare, o i tentativi di "squalifica" della stessa
(si "perde tempo", è fatta per chi non vuol "lavorare", per i "deboli", o
per i "bambini", etc.), da parte di chi rispetto a tale esperienza sente in
qualche modo di "essere" o di "essere considerato" (il che per il
paradigma di Mead è lo stesso) "inadatto", oppure, avverte l'esperienza
come inadatta a se stesso, al proprio modo di essere, al tipo di
aspirazioni personali.
Sul piano dell'"istituzione" personale (ma un sostegno in tal senso
verrebbe anche dall'"istituito" dei genitori) si tratterebbe, in questi
termini, di un gioco complesso di rifiuto delle esperienze percepite
come "cattive" e come "nemiche", in funzione della salvaguardia delle
parti "buone" di sè, ovvero degli aspetti positivi del Self.“ (Licciardello,
1990, pp..261/262)
24
2.3.3.2-Istituzioni ed esclusione
In termini di dinamica dell'istituzione, questo fenomeno risulterebbe
collusivamente funzionale al controllo dell'aggressività, sia degli utenti
"estraniati", che diversamente si ribellerebbero, sia dei docenti e della
burocrazia, che vedono riconosciuto il loro potere e possono facilmente
liberarsi del problema rappresentato da una utenza "inadatta".
Si tratterebbe, però, di una dinamica utile al funzionamento
dell'istituzione scolastica, ma per la quale finirebbero oggettivamente
con il risultare perdenti proprio i più deboli: una dinamica, cioè,
funzionale alla razionalizzazione dei meccanismi di esclusione “
(Licciardello, 1990,pp.261/262)
25
2.3.3.3-Gli istituiti dell’istituzione: conseguenze
“Fondamentalmente, gli istituiti prevalenti relativi alla scuola sono ancora quelli
che le assegnano una funzione selettiva, piuttosto che promozionale. Basti pensare,
ad es., che, mentre si pretende l'integrazione dei soggetti portatori di handicap, di
fatto gli iter previsti sono ancora quelli tradizionali: scrutini e suddivisione in anni
scolastici, promozione dei soggetti alla classe superiore o bocciatura, etc.
Non esiste, ad es., la possibilità che un soggetto possa, seguendo i suoi ritmi di
apprendimento, impiegare due anni per compiere il percorso formativo
normalmente previsto per un anno. L'unica possibilità è bocciarlo, nel qual caso
finirà con il ricominciare il percorso in questione, piuttosto che, invece, utilizzare
il secondo anno per continuare lo svolgimento del lavoro. In realtà ciò potrebbe
realizzarsi se venisse realizzata la progettazione educativa per classi aperte sia in
parallelo che in verticale. In sua assenza, alla fine di ogni anno scolastico il
problema viene affrontato in termini di bocciatura si o bocciatura no, senza molti
riferimenti al lavoro effettivamente svolto ed al tipo di apprendimenti che il
ragazzo ha maturato nei suoi anni scolastici. La soluzione, adottata, in questi
termini, è sempre e necessariamente una soluzione più di tipo burocratico/formale
che di tipo didattico e psicopedagogico” (Licciardello, 1990, p.257).
26
(Continua)
Al di là delle motivazioni ufficiali che supportano la decisione di
"promozione", o viceversa, di "bocciatura", (falsamente democratico/
pietistiche nel primo caso, falsamente pedagogico/garantiste nel
secondo caso) il soggetto finirà, almeno nella gran parte dei casi, con
lo sprecare del tempo, con lo strutturare sentimenti e vissuti di
inadeguatezza e atteggiamenti negativi nei confronti di una realtà che
non presenta (per lui) le condizioni minimali per produrre realmente
ed imparare, e rispetto alla quale i sentimenti di reciprocità vertono
facilmente sull' estraneità”.
(Licciardello, 1990, p p.257/258).
27
2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.1-L’istituzionalizzazione come processo di tipizzazione oggettivante
“l'istituzionalizzazione ha luogo dovunque vi sia una tipizzazione reciproca di
azioni consuetudinarie da parte di gruppi di esecutori [...]: ogni simile
tipizzazione è un’istituzione. (Le istituzioni) sono accessibili a tutti i membri
del particolare gruppo in questione” (Berger e Luckmann,1966 [1969] pp.86/87).
“Tutti i problemi sono comuni, tutte le soluzioni a questi problemi sono
socialmente oggettivate, e tutte le azioni sociali sono socialmente
istituzionalizzate” (Ibiem, p.122).
“[...] le istituzioni, inoltre, per il fatto stesso della loro esistenza, controllano la
condotta umana fissandole modelli prestabiliti, che la incanalano in una
direzione anziché in un'altra delle molte che sarebbero teoricamente possibili”
(Ibidem, p.87) .
28
2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.2-Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
“Un mondo istituzionale, dunque, appare all’esperienza come una realtà
oggettiva […] C’era prima che fosse nato, e ci sarà dopo la sua morte.
[…] l’oggettività del mondo istituzionale, per quanto massiccia possa apparire
all’individuo, è un’oggettività umanamente prodotta e costruita.
[…] la biografia dell’individuo è percepita come un episodio collocato
all’interno della storia oggettiva della società” (Ibidem, p.95).
“Il linguaggio rende oggettive e accessibili a tutti le esperienze comuni
all’interno della comunità linguistica, divenendo così la base e al tempo stesso lo
strumento della cultura collettiva” (Ibidem, p.97).
29
2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.2-Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
Domanda: Qual è la “densità” del processo di istituzionalizzazione e da
cosa dipende?
-Creazione di sub-universi di significato
“Il numero e la complessità sempre crescenti dei sub-universi li rendono
sempre più inaccessibili agli estranei. Diventano settori esoterici,
‘ermeticamente sigillati’.
Esempio:
Non è sufficiente costruire un sub-universo esoterico di medicina; il
pubblico profano deve convincersi che questo è giusto e benefico.”
(pp.133-134)
30
2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.2-Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
E’ l’oggettivizzazione della realtà che accomuna i sub-universi. Il soggetto,
in quanto produttore di tipizzazioni, tratta, pensa e vede la realtà sociale
come “cosa” esterna alla sua azione.
“La reificazione implica che l’uomo è capace di dimenticare di essere lui
stesso autore del mondo umano e inoltre che la dialettica tra l’uomo, il
produttore ed i suoi prodotti, scopare dalla coscienza. Il mondo reificato è,
per definizione, un mondo disumanizzato”. (p.136)
31
2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.3-Tipizzazioni della condotta e “apprendimento” dei ruoli sociali
“I ruoli appaiono non appena comincia a formarsi un comune bagaglio di
conoscenze che contengono tipizzazioni reciproche della condotta […] ogni
condotta istituzionalizzata implica dei ruoli. […] L’acquiescenza o meno di
fronte alle norme dei ruoli socialmente definiti cessa di essere facoltativa.
[…] Per apprendere un ruolo non è sufficiente acquisire gli strumenti meccanici
immediatamente necessari al suo adempimento esterno: bisogna anche essere
iniziati ai vari strati conoscitivi e anche affettivi del corpo di conoscenze che è
direttamente e indirettamente appropriato a quel ruolo” (Ibidem, pp.114/118)
I ruoli danno consistenza ed esistenza alle istituzioni, essi “rappresentano
l’ordine istituzionale” (p.115)
32
2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.4-Istituzionalizzazione, identificazione dell’Io e «distanza di ruolo»
“l'istituzionalizzazione ha conseguenze molto importanti per l'esperienza di se
stessi. Nel corso dell'azione c'è una identificazione dell'io con il senso oggettivo
dell'azione; l'azione che determina, per quel momento, l'autopercezione
dell'attore, e agisce così nel senso oggettivo che è stato socialmente attribuito
all'azione.
Sebbene continui ad esservi una marginale consapevolezza del corpo e di altri
aspetti dell'io non direttamente coinvolti nell'azione, l'attore, in quel momento,
percepisce se stesso essenzialmente nell'identificazione con l'azione socialmente
oggettivata...
Non è difficile vedere che, quando queste oggettivazioni si accumulano, un
intero settore di autocoscienza è strutturato nei loro termini” (Ibidem, p.112)
“il soggetto agente si identifica con le tipizzazioni socialmente oggettivate della
condotta in atto, ma ristabilisce le distanze da esse quando riflette più tardi sulla
propria condotta” (Ibidem, p.113)
Da cosa dipende la “distanza di ruolo”?
33
2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.1-L’istituzionalizzazione come processo di tipizzazione oggettivante
Consuetudinarietà
 Per consuetudinarietà si intendono le azioni ripetute frequentemente
secondo uno schema fisso e via via riproducibile (le tipizzazioni), in
modo tale che l’individuo, economizzando le risorse, non debba
ridefinire ogni volta la situazione e che ciascuno sia in grado di
prevedere le azioni dell’altro
34
2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.2-Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
Le istituzioni:
•sono incipienti in ogni interazione sociale durevole,
•controllano la condotta umana (modelli prestabiliti),
•sono un prodotto umano,
•ma si presentano come esistenti al di sopra e al di là degli individui, si
manifestano come dotate di una realtà loro propria,
•si trasmettono, rafforzando il sentimento di realtà dell’individuo.
35
2.4.L’orientamento socio-psicologico
2.4.2-Oggettivazione del mondo istituzionale e ruolo del linguaggio
Il linguaggio:
•spiega e giustifica il mondo istituzionale,
•è lo strumento di legittimazione,
• è considerato un universo condiviso di simboli,
•è strumento della cultura collettiva, che viene appresa dalle nuove
generazioni durante la socializzazione stessa.
36
2.Gli approcci teorici fondamentali:
2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
 Georges Lapassade, psicosociologo, etnologo e
pedagogista francese, attraverso soprattutto la sua
esperienza all’interno dell’istituzione universitaria in
qualità di professore, con René Lourau, è il fondatore
dell’Analisi Istituzionale
“[…] l’oggetto dell’analisi istituzionale altro non è
che l’insieme della struttura sociale (e delle sue
istanze), ma in quanto essa si manifesta e si
nasconde al tempo stesso nelle sue istituzioni”
(Lapassade G. 1969, Procès de l’Université, ed.it. 1976, p. 115)
37
2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
 Da cosa nasce l’interesse per le istituzioni?
“Ciò che bisogna rimproverare alla burocrazia e ai burocrati
è, prima di tutto, di alienare fondamentalmente gli esseri
umani, togliendo loro il potere di decisione, l’iniziativa, la
responsabilità dei loro atti, la comunicazione: è, in altri
termini, di privarli delle loro attività specificatamente
umane” (Lapassade G. 1970, Groupes, Organisations et Institutions,
ed. it. 1974, p. 125)
Diffusione del Fenomeno burocratico
dell’uomo
L’alienazione
38
2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
 L’Autore descrive la burocratizzazione della società come un processo
che si svolge in tre fasi:
 fase A quella della società industriale e capitalista del XIX secolo, in
cui il problema della burocrazia all’interno delle organizzazioni ancora
non si pone;
 fase B caratterizzata dalla burocratizzazione delle grandi aziende
industriali e dalla presa di coscienza da parte delle scienze sociali della
problematicità di questo fenomeno, nascono così la sociologia
industriale e la psicosociologia che intraprendono la critica della
burocrazia e ricercano metodi di trattamento;
 fase C in cui la gestione burocratica perde la sua rigidità, sconvolge le
proprie caratteristiche tradizionali, praticando la dinamica di gruppo,
cercando di gestire il cambiamento, di promuovere la partecipazione e
di sfruttare a proprio vantaggio l’idea di autogestione affidando alla
psicosociologia dei gruppi e alla sociologia dell’organizzazione il
compito di facilitare il passaggio dalla fase B alla fase C.
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
 “[…] Lapassade indica nell’istituzione una dimensione
che ‘attraversa’, condiziona e regola sia i gruppi che le
organizzazioni. Una più precisa definizione del termine si
ha quando l’A. propone l’ipotesi che l’istituzione sia
l’equivalente, nel campo sociale, di ciò che è l’inconscio
nel campo psichico. In altri termini, l’istituzione è
l’inconscio politico della società”
(R.Carli, 1970, p.IX).
L’istituzione è, dunque, un fenomeno nascosto,
una dimensione che permea i gruppi e le
organizzazioni e che ne caratterizza il
funzionamento latente od inconscio, e si situa
ad ogni livello
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.1. Ruolo repressivo ed omologante
 Le Istituzioni: riproducono l’ordine costituito, bloccano le
contraddizioni interne, inducono all’accettazione
incondizionata e permettono la diffusione dell’ideologia
dominante.
 Il carattere repressivo, la fissità e l’immutabilità che
appaiono come caratteristiche ineluttabili, in realtà, sono le
conseguenze di una sorta di “naturalizzazione” delle
istituzioni, come la definisce Lapassade, un meccanismo
grazie al quale esse, prodotte dalla storia, finiscono per
sembrare fisse ed eterne, sorrette da valori fondanti ritenuti
a-storici ed invariabili
 Solo una forma avanzata di “lotta politica” può rimuovere i
blocchi istituzionali, rendendo visibile la contingenza delle
istituzioni.
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.2.Istituzione dato e atto
“il termine istituzione ha: “un doppio significato. Esso
significa:
a) “un dato: un istituzione è un sistema di norme che
strutturano un gruppo sociale, regolano la sua vita e il
suo funzionamento;
b) un atto; come dice l'espressione: 'istituzione' dei
bambini nel senso di: educazione. Istituire significa fare
entrare nella cultura” (1970 [1974], p.179)
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.2. Istituzione dato e atto
 Fine dell’analisi istituzionale è la rivelazione dell’origine
culturale di ogni istituzione
 L’insieme degli aspetti culturali su cui si fonda “il dato”,
però, non si rivela attraverso un’osservazione diretta, né
tramite un’analisi puramente teorica, ma tramite un
“analyseur”.
 L’analizzatore può essere un gruppo che favorisce
l’analisi dell’istituzione, svelando una verità sociale o una
situazione fino a quel momento nascosta o poco
conosciuta. L’analizzatore aiuta a smascherare una
relazione sociale istituzionalizzata, consentendo di capire
quali sono gli obiettivi reali che una determinata realtà
persegue, e quali le vere concezioni di fondo che la
caratterizzano al di la dei principi e degli scopi dichiarati e
palesi.
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.3.Dominio pedagogico e dominio burocratico
“Il modello di dominio pedagogico anticipa e contiene il
modello di dominio burocratico, esso ne è la
giustificazione profonda; se gli individui non avessero
sperimentato, durante tutta la loro infanzia, il modo di
dominio pedagogico, essi non accetterebbero mai il modo
di dominio burocratico, esso apparirebbe loro come la
peggiore delle alienazioni” (Lapassade G. (1970) [tr. it. 1974] p. 129)
La promozione del cambiamento sociale passa attraverso
un’azione che si fonda sui processi educativi, sul
cambiamento della scuola
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.3.Dominio pedagogico e dominio burocratico
 In ambito pedagogico, ed all’interno della classe, occorre distinguere tra:
1. Le istituzioni interne: la dimensione strutturale e prestabilita degli scambi
pedagogici e l’insieme delle tecniche istituzionali che vengono utilizzate in
classe;
2. le istituzioni pedagogiche esterne: programmi, regolamenti, gruppo scolastico
di cui la classe fa parte
 Funzionamento gerarchico della burocrazia pedagogica: decisioni
fondamentali (programmi, istruzioni, ecc.) prese al vertice e poi diffuse per via
gerarchica fino alla base del sistema (gli insegnanti, gli allievi), per cui gli
insegnanti non partecipano al sistema di autorità che si ferma al livello
dell’amministrazione:
“Nella pedagogia tradizionale queste istituzioni si impongono, nella
classe, come un sistema non suscettibile di essere messo in
discussione. Esso costituisce il quadro necessario della formazione, il
cui supporto è considerato indispensabile. In opposizione a questa
concezione delle istituzioni, proponiamo di chiamare pedagogia
istituzionale una pedagogia nella quale le istituzioni sono degli
strumenti la cui struttura può essere cambiata. Nell’autogestione
pedagogica, gli allievi sono istituenti a livello delle istituzioni interne”
(ibidem, p.123)
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.3.Dominio pedagogico e dominio burocratico
 La possibile realizzazione di queste nuove forme
di gestione passa attraverso la presa di coscienza
che i rapporti d’insegnamento si pongono sempre
all’interno di un contesto istituzionale che ne
costituisce il contenitore
Da cosa è rappresentato tale
contesto istituzionale?
E come è possibile attuare un
cambiamento?
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.4.Il cambiamento dell’istituzione scolastica: livelli e
dinamiche
1)"esiste una realtà chiamata classe, che si distingue dall' 'allievo' astratto e
anonimo situato fuori da ogni contesto sociologico. Questa classe è una realtà
istituzionale, essa è organizzata dall'esterno da un'amministrazione
burocratica;
2)questa classe costituisce, lo si voglia o no, un 'gruppo' che riceve
abitualmente le proprie 'istituzioni interne' da un 'amministratore' che è il
professore, il quale decide di un'organizzazione, di un progresso, di leggi, di
una disciplina, ecc. Se si vuole ad ogni costo rendere agli allievi il loro
'potere di decisione', non si può ignorare l'esistenza di un tale gruppo e il fatto
che da una parte si producono numerose interazioni tra i membri di questo
gruppo e dall'altra, le decisioni non possono essere prese (de facto) dagli
individui isolati, considerati come altrettante libertà indipendenti. In altre
parole esiste una dimensione sociale del problema pedagogico" (Ibidem,
pp.136/137)
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.4.Il cambiamento dell’istituzione scolastica: livelli e dinamiche
 Una pedagogia democratica, caratterizzata da
rapporti umani non burocratici, può essere attuata
soltanto in termini di processo e attraverso
modalità adeguate al contesto nel quale si svolge,
non basta, infatti, la sola volontà del docente,
giacché il cambiamento è un fatto relativo alla
dinamica della dimensione istituzionale
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2.4.L’orientamento istituzionale: G. Lapassade
2.4.4.Il cambiamento dell’istituzione scolastica: autorità e cambiamento
•"Il professore è istituzionalmente un 'burocrate' nella sua classe, poiché egli è
incaricato di prendere delle decisioni e di imporre la sua concezione
pedagogica.
•Se vuole cambiare di sua iniziativa il proprio statuto e diventare non direttivo,
deve prendere delle precauzioni perché resta istituzionalmente (da parte
dell'istituzione esterna) legato ad un altro statuto.
… dunque come può fare?
•Non può innocentemente, e come se niente fosse, mettersi a fare 'come se' il
vecchio statuto non esistesse.
Bisogna che proprio egli stesso distrugga la sua autorità, che si neghi in
prima persona come burocrate.
Ciò non è facile, perché gli allievi stessi hanno la tendenza a considerarlo
come tale e aspettano che egli si comporti come tale (anche se ne soffrono)“
(Ibidem, pp.136/137)
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2.Gli approcci teorici fondamentali:
2.4.L’orientamento istituzionale-IV
2.4.2.Lourau: istituente e istituito
“Le
istituzioni sono presenti nell’immaginario” (Lourau, 1970, p.119)
Così, cambiare le istituzioni significa, sostanzialmente, modificare le basi
culturali e relazionali.
“La scuola ha come funzione di preparare alla vita professionale, di fornire una
cultura generale, etc.; ma anzitutto ha per funzione di far interiorizzare le norme
ufficiali del lavoro sfruttato, della famiglia cristiana, dello Stato borghese. A
scuola si impara così a interiorizzare il modello della fabbrica. A scuola, e in
fabbrica, si impara a "inchinarsi" davanti ai superiori e dopo, se capita, si impara
un mestiere” (Ibidem, pp.13/14)
L’A., in modo specifico, parla di “reinvenzione” delle forme sociali:
“perché non esistono mai nella storia invenzioni pure e semplici e perché ci
sono periodi di oblio - più o meno lunghi - che danno (solo) l'impressione di
scoprire nuove forme sociali di ribellione che invece sono sempre esistite”
(Lourau R., 2000).
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(continua)
“La corrente istituzionalista ha messo l'accento, fin dalle sue origini, sul
rapporto antagonista tra l'istituente e l''istituito', sui processi attivi di
istituzionalizzazione” (Ibidem 1970, pp.119)
In tal senso, Lourau distingue due forme di cambiamento: la
“rivoluzione” e la “riforma”.
“rivoluzioni omologate”: si assiste ad una sorta di rinnegamento,
programmato ed orchestrato, del progetto rivoluzionario iniziale: vale a
dire che, ogni nuovo “istituente”, che implica uno sconvolgimento degli
istituiti e che si determina attraverso rivoluzione, conduce alla
cristallizzazione del nuovo istituente in istituito. Viceversa, il cambiamento
che avviene attraverso riforma implica un processo più lento, più
complesso ma anche più profondo e dinamico, che passa attraverso le
persone e le culture specifiche.
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