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Lezione 4

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Lezione 4
Cromatografia
Con il termine cromatografia si intende un insieme di tecniche di separazione e
purificazione di miscele di soluti, che presentano alcune caratteristiche fondamentali in
comune:
1) La separazione è basata sulla distribuzione dei soluti tra due fasi, di cui una fissa
(fase stazionaria) e l’ altra in movimento (fase mobile)
2)La fase fissa, solida o liquida che sia, è un sistema ad elevato sviluppo superficiale,
attraverso il quale fluisce la fase mobile
Alcuni soluti tendono a rimanere di più di altri in fase fissa e quindi vengono
selettivamente ritardati:
I meccanismi che introducono il ritardo selettivo sono essenzialmente:
-Adsorbimento
-ripartizione
-esclusione
-scambio ionico
-affinità
Il risultato è la produzione di bande ad elevata concentrazione dei componenti separati.
Indipendentemente dal meccanismo effettivo della separazione, legato al tipo di
interazione fra soluto e fase stazionaria.
La separazione cromatografica è un processo dinamico nel quale l’ analita si trasferisce
dalla fase mobile a quella stazionaria, e viceversa.
In chimica e nelle scienze farmaceutiche, il coefficiente di ripartizione (o
coefficiente di distribuzione) rappresenta il rapporto tra le concentrazioni
di un composto all'interno delle due fasi di una miscela di due liquidi
immiscibili all'equilibrio.
L'importanza di questo coefficiente consiste nell'indicazione del livello di
idrofilia o idrofobia di una sostanza chimica,
log P= Log ([A]olio / [A]acqua)
È il logaritmo del rapporto tra la concentrazione del soluto nella fase
organica e quella nella fase acquosa.
Classificazione delle tecniche cromatografiche
Esiste una enorme varietà di tecniche cromatografiche, che differiscono per la
natura dei processi coinvolti e per le apparecchiature impiegate:
Per una classificazione di queste tecniche si fa generalmente riferimento a:
-natura delle fasi
-meccanismo di distribuzione
-dispositivo che contiene la fase stazionaria
-metodo di esecuzione
in base alla natura delle fasi (Fissa o mobile) si distinguono due branche
fondamentali:
-la cromatografia a fase mobile liquida (LC)
-la cromatografia a fase mobile gassosa (GC)
A seconda della natura del processo di distribuzione implicato, si parla
di:
- cromatografia di adsorbimento (a fase stazionaria solida)
- cromatografia di ripartizione (a fase stazionaria liquida).
Mentre la cromatografia di adsorbimento è solitamente
impiegata per purificare composti su scala preparativa o
semipreparativa, quella di ripartizione è più versatile e si
presta anche e soprattutto ad applicazioni analitiche.
Essa ha avuto un notevole sviluppo con la cromatografia
gas-liquido (GS-L) e la cromatografia liquida ad elevate
prestazioni HPLC (liquido-liquido). Le due tecniche sono
complementari, la GC essendo adatta per la separazione di
molecole non polari relativamente piccole e termostabili, l’
HPLC al contrario essendo indicata per grosse molecole
polari anche termolabili.
Se si prende come criterio di suddivisione il tipo di dispositivo in cui si
realizza il contatto tra la fase mobile e fase stazionaria, si distingue fra:
- cromatografia su colonna
- cromatografia planare
Nel primo tipo la fase mobile fluisce per gravità o sotto pressione in un
tubo lungo e stretto di vetro, metallo o polimero plastico.
Nella cromatografia planare la fase mobile scorre per capillarità sulla
fase stazionaria disposta su di una superficie piana (cromatografia su
strato sottile) o negli interstizi di un foglio di carta per cromatografia
(cromatografia su carta).
La gas cromatografia può essere ovviamente effettuata solo su
colonna.
Meccanismi di ritardo operanti in cromatografia
I meccanismi che introducono il ritardo selettivo sono:
-
Adsorbimento
Ripartizione
Scambio ionico
Esclusione
Affinità
Adsorbimento
La fase stazionaria è un solido sulla cui superficie si trovano dei siti attivi in grado
di stabilire legami secondari con le molecole degli analiti. Questi si distribuiranno
tra le due fasi (sciogliendosi in quella mobile ed adsorbendosi alla superficie di
quella fissa in un equilibrio continuo) in modo differente a seconda delle affinità
relative.
Le proprietà importanti della fase stazionaria (adsorbente) sono:
-
Insolubilità nei solventi impiegati
Inerzia chimica verso gli analiti ed i solventi
Elevato sviluppo superficiale per unità di peso (in m2/g); Si hanno quindi
migliori separazioni con fasi stazionarie ad elevato rapporto superficie-peso.
Porosità (volume totale dei pori per grammo, in cm3/g).
Dimensioni delle particelle; minore è il diametro delle particelle, più veloce è
il trasferimento di massa e migliore l’ efficienza; il limite è costituito dalla
resistenza al flusso della fase mobile.
Attività superficiale o potere adsorbente: è il complesso delle forze di
attrazione che l’ adsorbente esercita sul soluto:
interazioni dipolo-dipolo
Forze di induzione
Forze di dispersione
Interazioni per trasferimento di carica
Legame H
Legame ionico o covalente
Ad esclusione delle interazioni che corrispondono a veri e propri legami chimici
(chemiosorbimento), nelle rimanenti, le energie in gioco sono ridotte al punto da garantire
la reversibilità degli equilibri di adsorbimento. Le forze di dispersione sono di natura
aspecifica e sono sempre presenti. Il contributo relativo delle forze di dispersione all’
energia totale di adsorbimento varia dal 100% degli idrocarburi saturi a meno del 50%
per molecole polari come l’ acetone o l’ alcool. Il principale meccanismo di
adsorbimento (prevalentemente nel caso che l’ adsorbente sia silice) è l’
interazione via legame idrogeno degli ossidrili superficiali con i gruppi funzionali
dei soluti.
Gli adsorbenti più comunemente usati sono costituiti (ad eccezione del carbone attivo) da
sostanze ossigenate per lo più inorganiche.
Gel di silice
E’ il materiale di maggior uso. Costituito da acido silicico amorfo e altamente poroso,
viene fatto precipitare, sotto forma di particelle dure e leggermente opache, trattando
con acido solforico il vetro solubile (silicato di sodio).
2Na2O . SiO2 + 2H2SO4  H4SiO4 + 2 Na2SO4
La polimerizzazione dell’ acido silicico, con eliminazione di acqua, porta alla formazione
di granuli porosi sulla cui superficie sono presenti i centri attivi Si-OH-, i silanoli.
Allumina (ossidi di alluminio)
Questo materiale viene preparato a partire da idrossidi di alluminio naturali (come ì’
idroargillite). Mediante opportuni trattamenti e una forte disidratazione a 400-500°C,
si può ottenere allumina in tre forme, acida, basica, e neutra.
L’ attività degli adsorbenti può essere diminuita, mediante aggiunta di saturatori (acqua
per quelli polari) od aumentata mediante riscaldamento. Comunemente vengono
impiegati adsorbenti polari ed eluenti poco polari. Gli equilibri di adsorbimento sono
processi competitivi, in cui le molecole di eluente competono con i soluti per i siti attivi
della fase stazionaria. I solventi molto polari sono dotati di potere eluente maggiore di
quelli poco polari. Gli eluenti sono ordinati in serie a potere eluente crescente (serie
eluotrope), utili per programmare le eluizioni od effettuare i gradienti. Il potere eluente di
un solvente è legato alla sua costante dielettrica (e0). (imparare a memoria la serie
eluotropa di Trappe)
La valutazione dei parametri relativi ai soluti che influiscono sull’
adsorbimento in un dato sistema cromatografico non è semplice,
entrano in gioco, oltre alle energie di adsorbimento dei gruppi
funzionali presenti nel soluto:
- le dimensioni molecolari
- le interazioni fra molecole di soluto,
- il volume occupato da uno strato monomolecolare di soluto
- il valore di costante dielettrica
L’ ordine decrescente con cui le varie classi di composti organici
vengono trattenute da una fase stazionaria polare come l’ allumina è
il seguente:
Acidi e basi > alcooli e mercaptani>aldeidi e chetoni> esteri ed
alogenuri> idrocarburi aromatici > alcheni ed alchini > alcani
Nel caso dei composti di natura aromatica:
-COOH > -CONH2 > -OH >- NH2 - > NHAc- >-COOCH3 > N(CH3)2 >OBz >- NO2 > - OCH3 <- H
Esecuzione pratica di una cromatografia su colonna:
Il riempimento della colonna con la fase stazionaria solida va fatto in modo tale da ottenere
una stratificazione regolare e omogenea dell’ adsorbente che costituisce la fase mobile.
Quando si usa l’ allumina o il gel di silice, si sistema prima un po’ di cotone nella parte
inferiore della colonna (vicino al rubinetto) poi si aggiunge il solvente, quindi un po’ di sabbia;
e infine lentamente e in maniera continua l’ allumina evitando la formazione di crepe o bolle
(per questo si può battere la colonna con un martelletto di gomma). Quando si usa la silice si
agita l’ adsorbente insieme al solvente in un becher in modo da far svolgere le bollicine di
aria trattenute dalla silice, quindi si versa la sospensione così ottenuta in colonna, dove
precedentemente si era sistemato il cotone e la sabbia, che hanno la funzione di impedire che
l’ adsorbente esca dal rubinetto della colonna; questa funzione può essere svolta da un setto
di vetro poroso.
Prima di introdurre la soluzione della miscela di
sostanze da cromatografare, si fa scorrere
aprendo il rubinetto l’ eccesso di solvente fino a
quando il suo livello ha raggiunto il livello
superiore dell’ adsorbente che si è stratificato
nella colonna. E’ bene aggiungere, prima di
quest’ ultima operazione un po’ di sabbia e un
batuffolo di cotone idrofilo che hanno la funzione
di proteggere la regolarità della superficie dell’
adsorbente dalle successive aggiunte di
solvente (eluente).
La scelta dell’ adsorbente, del rapporto peso adsorbente / peso miscela da
cromatografare, e infine dei solventi con cui eluire i componenti della miscela, va
fatta in base sia alla natura delle sostanze sia alla difficoltà di separazione delle
stesse.
Maggiore sarà la difficoltà di separazione più alto sarà il rapporto
adsorbente/miscela necessario per ottenere una soddisfacente separazione.
Nell’ analisi per eluizione che è la tecnica di lavoro più comunemente usata dopo
aver effettuato il riempimento della colonna nelle modalità prima descritte, si fa
adsorbire sulla parte superiore della colonna la soluzione della miscela nella
minima quantità di solvente che in generale è lo stesso con cui si è effettuato il
riempimento; a questo punto si comincia ad eluire con il solvente che si può
cambiare nel corso della cromatografia.
A causa delle diverse affinità delle sostanze componenti della miscela, per la fase
fissa e per quella mobile si avrà che un composto verrà ritardato rispetto all’ altro e
quindi uscirà dalla colonna in un tempo diverso. Si raccolgono in palloncini di
piccole dimensioni le frazioni di eluato che escono dal rubinetto, e poi si evapora il
solvente.
Non sempre si ha una separazione netta, e spesso alcune frazioni contengono
una miscela di sostanze che si può sottoporre ad un ulteriore processo di
purificazione. La figura seguente mostra il susseguirsi di alcune fasi della
separazione cromatografica di una miscela di due sostanze.
Rappresentazione Grafica di una separazione cromatografica ( curva di
eluizione o cromatogramma)
Per seguire l’ andamento di una cromatografia si può riportare in un diagramma
cartesiano la concentrazione della soluzione all’ uscita della colonna CL in
funzione del volume di solvente eluito VL; si ottengono così delle curve di
eluizione, caratteristiche per sistemi che si considerano e delle tecniche
impiegate.
Figura 1
Isoterma di assorbimento lineare
Ammettendo che manchino sia fenomeni di diffusione nell’ eluente, che irregolarità di
riempimento della colonna e che l’ equilibrio di distribuzione tra le due fasi si
stabilisca istantaneamente, la sostanza dovrebbe migrare attraverso l’ adsorbente
mantenendosi in una zona nettamente delimitata, all’ interno della quale è verificata la
relazione Cf/Cm=K; la sostanza dovrebbe comparire nell’ eluato dando luogo a una curva di
eluizione simmetrica ed a concentrazione costante, come mostrato in fig. A Questo caso di
può indicare come lineare-ideale.
In pratica le condizioni ideali non si realizzano mai completamente, e le sostanze escono
dalla colonna in maniera non lineare con variazioni più o meno nette, di solito si nota
allargamento della banda con elevata scodatura.
In Fig 1 è rappresentato un cromatogramma ideale; l’ equilibrio viene raggiunto
istantaneamente, non ci sono fenomeni di diffusione e le isoterme sono lineari.
Nella colonna sono introdotte due sostanze A e B. Le bande di A e di B non cambiano forma.
Con il simbolo Rf si indica il seguente rapporto:
Rf = Distanza percorsa dal soluto/ distanza percorsa dal fronte dell’ eluente.
.
I valori di Rf come definiti, sono caratteristici e riproducibili per ciascun soluto in un dato
sistema adsorbente-eluente, essi dipendono oltre che dalla temperatura, dalla concentrazione
del soluto e dalla velocità di flusso dell’ eluente.
fronte
Distanza percorsa dal
soluto A
Distanza
percorsa dal
soluto B
Ripartizione
Se la fase stazionaria è un liquido, il meccanismo che determina la
separazione è la ripartizione delle sostanze tra le due fasi liquide (immiscibili
tra loro) in base alle affinità relative; la velocità di migrazione dei soluti con la
fase mobile è determinata dai rispettivi coefficienti di ripartizione (K.
In un sistema cromatografico
liquido-liquido la fase stazionaria
è costituita da un liquido
supportato su materiale granulare
finemente suddiviso; ogni granulo
viene ad essere rivestito in modo
abbastanza uniforme da una
sottile
pellicola
di
liquido,
realizzando così una elevata
superficie di contatto per lo
scambio con la fase mobile. I
vantaggi che la ripartizione offre
rispetto all’ adsorbimento sono:
isoterme lineari ed assenza di
alterazioni nel caso di soluti
polari labili.
I solidi di supporto dovrebbero essere inerti ed agire solo meccanicamente; in
pratica c’e’ sempre una componente di adsorbimento. Le combinazioni più comuni
sono:
Fase diretta
- Gel di silice / acqua adsorbita su di essa
- Celite / acqua (od altri solventi)
- Cellulosa /acqua
Si può verificare che la fase mobile, per azione meccanica, trascini via la fase
stazionaria (o la silice impregnata di acqua) dal supporto; per questo la fase
stazionaria non deve essere molto volatile. Per ovviare a questo inconveniente
(stripping) si ricorre alla saturazione della fase mobile con la fase stazionaria,
oppure all’ uso di fasi fisse legate chimicamente al supporto (cromatografia a
fasi legate, BPC)
Fasi invertite
Si parla di cromatografia a fase normale quando la fase
stazionaria è più polare di quella mobile; l’ opposto si
verifica nella cromatografia a fase inversa. In generale la
fase stazionaria è polare a causa delle caratteristiche dei
supporti solidi. Può essere conveniente invece di disporre
di una fase fissa apolare ed una fase mobile polare. Uno
dei processi più comuni per invertire la polarità dei supporti
quali silice o celite è la sililazione: per trattamento con
dimetilclorosilano la superficie dei solidi, che era prima
ricoperta da gruppi ossidrilici, espone dei gruppi metilici o
a lunga catena idrocarburica.
Fasi legate comuni portano catene C8 e C12 lineari
Cromatografia a scambio ionico:
E` una tecnica usata come cromatografia su carta, su colonna e anche per
la cromatografia ad alta pressione (HPLC).
La distribuzione del soluto fra fase fissa e fase mobile avviene mediante
scambi di natura chimica e non di natura fisica. Per ottenere questo
tipo di interazioni vengono utilizzate delle resine a scambio ionico.
Queste sono costituite da un polimero base, formato da lunghe catene
lineari di stirene unite tra di loro da molecole di di-vinil benzene che
formano un ponte. L’ anello aromatico dello stirene lega gruppi di natura
acida o basica.
Stirene:
Divinilbenzene:
Un polimero può essere così schematizzato:
A seconda della natura del gruppo polare, le resine possono essere suddivise in
cationiche o anioniche.
Le prime contengono un gruppo di natura acida, le seconde un gruppo di natura
basica.
I gruppi acidi sono:
- SO3H (acide forti)
-COOH acide,
-OH debolmente acide.
- I gruppi basici sono :
-N(CH3)3 basiche forti,
-NH+(CH3)2 (basiche);
-NH2++(CH3) basiche deboli
Queste resine sono capaci di scambiare i loro ioni con quelli della
soluzione con cui vengono a contatto. Per esempio la resina
solfonica scambia lo ione H+ con lo ione Metallico+ presente in
soluzione. Es il sodio+
Es:
Resina-SO3H + Na+  resina-SO3Na + H+
Lo ione Na+ può essere portato via dalla soluzione per scambio
con il protone.Ma la soluzione rimane acida.
E’ una tecnica usata, per esempio, negli impianti di produzione di
acqua demineralizzata. Dove l’ acua passa per una resina acida e
poi per una basica, in modo alla fine da uscire a pH 7
Una resina è caratterizzata da 2 parametri:
le dimensioni dei pori della struttura polimerica e la capacità di
scambiare ioni, espressa in n. eq. per grammo di resina secca.
La percentuale di divinilbenzene determina il diametro dei pori della
struttura a rete del polimero: maggiore è la percentuale e più piccolo
è il diametro dei pori della struttura, maggiore la sua selettività.
La larghezza dei pori è misurata in mesh, maggiore è il numero di
mesh, minore il numero di pori.
Consideriamo lo scambio tra 2 ioni Ar (ione legato alla resina) e Bs
(ione in soluzione)
Si stabilirà il seguente equilibrio:
Ar + Bs  As + Br
Questo equilibrio è regolato dalla legge di azione di massa:
K= [As]*[Br]/[Ar] * [Bs]
K è il coefficiente di selettività.
Esso è una misura dell’ affinità relativa di due ioni per una resina.
Questa dipende dalla carica e dalla solvatazione dei 2 ioni: maggiore
la carica e maggiore è la loro affinità.
Maggiore è la sfera di solvatazione, minore è l’ affinità per la resina,
in quanto si abbassa la capacità di interagire con essa.
E` stata stabilita una scala arbitraria di affinità da parte di alcuni
cationi dando valore K= 1 al Li+
Li+=1; H+ = 1.2; Na+ 1.98; NH4+ = 2.55 ; K+ = 2.9
Una resina a scambio ionico può essere considerata come un acido (o una base)
insolubile che dà luogo, tuttavia ai normali equilibri acido-base, ma con la
differenza, rispetto agli equilibri degli acidi (o delle basi solubili) che la parte dell’
acido (o della base) che resta attaccata alla resina non va` in soluzione. Possono
essere, pertanto, sostituiti soltanto i contro-ioni.
Se ci riferiamo, ad esempio, ad una resina solfonica si ha:
n(Res-SO3-H+) + M+  (Res-SO3)n-M+ + nH+
Analogamente nel caso di una resina a base forte:
nRes-N(CH3)3+OH- + A-n  Res-N(CH3)3 +A-n + nOHSe ci riferiamo, ad esempio, alla rimozione dello ione calcio da una
soluzione diluita ed acida, mediante resina solfonica in cui è lo ione H+
ad essere in conc. molto più elevata in entrambe le fasi, si ha l’
equilibrio:
Ca(a)++ + 2H(R)+  Ca(R)++ + 2H(a)+
Dove gli indici (a) e (R) stanno ad indicare rispettivamente le specie
nella fase acquosa o sulla resina.
La costante K dell’ equilibrio:
K= [Ca++](R) * [H+](a)^2 / [Ca++](a)*[H+]^2 (R)
Rappresenta il coefficiente di selettività per la reazione di scambio tra
ione calcio e ione idrogeno e fornisce una misura dell’ affinità relativa
dei due ioni per la resina.
Cromatografia di esclusione ( o gel permeazione).
E’ una tecnica impiegata per la separazione di
macromolecole da matrici molto complesse (es liquidi
biologici). La fase stazionaria è costituita dal liquido
contenuto nelle porosità di un solido polimerico (gel),
mentre la fase mobile può essere un solvente organico,
acqua, oppure una soluzione tampone. Le molecole di
dimensioni inferiori alla luce dei pori delle particelle
possono penetrarvi, rimanendo quindi intrappolate dalla
fase stazionaria, mentre le rimanenti a peso molecolare
maggiore vengono escluse e viaggiano negli interstizi
tra le particelle alla velocità dell’ eluente.
Cromatografia planare:
Si ratta di tecniche in cui i soluti non escono dal sistema cromatografico, ma vengono
messi in evidenza al termine dello sviluppo nella loro posizione finale direttamente sul
foglio o sullo strato sottile; sono adatte a scopi analitici o preparativi ( in casi particolari).
-Cromatografia su carta
E’ una cromatografia di ripartizione, in cui il supporto è rappresentato dalla carta, e la
fase fissa dall’ acqua trattenuta dalle fibre di cellulosa. Questa tecnica è stata
praticamente soppiantata dalla cromatografia su strato sottile.
-Cromatografia su strato sottile TLC
In generale lavora in adsorbimento, con la fase stazionaria solida fissata ad un supporto
planare di vetro o plastica o alluminio (lastrina). L’ eluente, salendo per capillarità nella
camera di sviluppo, trascina le sostanze che migrano in misura diversa a seconda del
grado di ritenzione relativo nel sistema. Le sostanze separate (se incolori) vengono
evidenziate con rivelatori universali (H2SO4, KMnO4, I2,, reattivo molibdico) o selettivi
(ninidrina, 2-4 dinitrofenilidrazina). Un metodo universale non distruttivo è l’ uso di
fluorescenza: se la sostanza non è di per sé fluorescente, si utilizzano lastre contenenti
un additivo fluorescente; esaminando le lastre con lampade a UV a 254 nm o 366 nm, si
noterà una fluorescenza attenuata in corrispondenza dell’ addensamento delle sostanze.
Il fattore che regola la velocità di migrazione del sistema
cromatografico è il coefficiente di ripartizione. In TLC un parametro di
più agevole valutazione (correlato a K) è l’ Rf, definito come il rapporto
tra la distanza percorsa dal soluto e quella percorsa dal fronte del
solvente sulla lastra.
HPLC
Il nome cromatografia liquida ad elevate prestazioni (HPLC) distingue questa
tecnica dai metodi tradizionali di cromatografia liquida su colonna di vetro,
ancora in uso a scopi preparativi.
L’ HPLC è la tecnica di separazione analitica più usata, in quanto presenta i
seguenti vantaggi:
- Elevata sensibilità
- Vasta applicabilità (si adatta a prodotti polari, termolabili, non volatili, ad
elevato peso molecolare, quindi alla maggior pare dei prodotti di interesse
scientifico ed industriale).
- Accuratezza nelle separazioni quantitative.
I principi generali alla base dell’ efficienza cromatografica possono essere
applicati all’ HPLC
Strumentazione per HPLC:
Le apparecchiature sono più complesse e
costose di quelle usate per altre tecniche,
in quanto sono richieste pressioni di lavoro
elevate per vincere la resistenza al flusso
della fase mobile da parte del microimpaccamento.
La
strumentazione
richiede quindi un sistema per il
pompaggio dell’ eluente a pressioni
elevate (fino a 430 atm).
I componenti principali sono:
1) Contenitori per la fase mobile e sistemi per il trattamento dei solventi
(gorgogliatori, filtri, miscelatori con dispositivi per realizzare i gradienti di
eluizione)
2) Pompa (alternativa a pistone, a siringa (spostamento) o pneumatica)
3)Sistema di introduzione del campione (valvola di iniezione)
4)Colonna di protezione (posta prima della colonna analitica, trattiene il
particolato ed i contaminanti contenuti nei solventi)
5)Colonna (lunghezza 10-30 cm , diametro 4-10 mm; riempimento di
microparticelle porose, con dimensioni da 3 a 10 micrometri di silice , allumina
o resine scambiatrici) di metallo o vetroborosilicato.
L’ approccio in fase normale prevede l’ uso di una fase mobile non polare su di
una fase stazionaria polare: l’ uso di queste condizioni comporta un minor
numero di parametri da ottimizzare. La cromatografia a fase inversa impiega
invece una fase mobile polare (miscele di metanolo, acetonitrile, acqua) su
fase stazionaria apolare; è disponibile un gran numero di fasi fisse, la cui scelta
consente separazioni molto selettive.
6)Rivelatore (ad assorbimento UV, a fluorescenza, ad indice di rifrazione , elettrochimico).
Ottimizzazione delle condizioni HPLC di ripartizione
Spesso in cromatografia di ripartizione si ricorre ad una fase stazionaria di polarità simile a quella dell’
analita, e ad una fase mobile di polarità molto diversa. Questa procedura dà risultati migliori rispetto a
quella che impiega la fase mobile a polarità simile a quella del soluto.
Nella scelta della fase mobile più idonea, si può utilizzare l’ approccio del fattore singolo, in cui a turno
viene variato uno dei seguenti parametri (composizione della fase mobile, pH, forza ionica) o quello
multifattoriale.
A differenza della gas cromatografia, in LC la natura della fase mobile influenza in modo critico la
separazione.
Fattori strutturali che governano la velocità di eluizione in
HPLC
1) Eluizione di composti neutri
Per una sostanza neutra il tempo di ritenzione dipende dal
bilancio fra le caratteristiche lipofile e quelle idrofile; l’
ordine di eluizione dei componenti di una miscela
dipende dalla natura della fase stazionaria, la velocità
di eluizione è controllata dalla forza della fase mobile.
Hplc a fase normale (colonna a fase fissa polare: gel di
silice)  le sostanze polari vengono trattenute
maggiormente rispetto a quelle apolari
HPLC a fase inversa le sostanze apolari vengono
trattenute maggiormente rispetto a quelle polari.
2. Eluizione di composti ionizzabili
Per quelle sostanze il cui grado di ionizzazione dipende
dal pH, inclusa quindi la maggioranza dei composti di
interesse farmaceutico, la velocità di eluizione è
controllata dal pH della fase mobile. L’ instabilità chimica
delle fasi fisse per valori estremi di pH ne limita le
variazioni nell’ intervallo 2-8.5. L’ ottimizzazione della
separazione cromatografica tramite controllo del pH
trova applicazione soprattutto nell’ hplc in fase inversa.
Gli effetti del pH sui tempi di ritenzione non sono sempre
spiegabili e prevedibili: molti farmaci infatti in fase
inversa vengono trattenuti dalla fase stazionaria anche
se completamente ionizzati. Gli effetti maggiori dell’
alterazione del pH sui tempi di ritenzione si hanno per
variazioni di 1 unità di pH al di sopra od al di sotto del
pKa dell’ analita.
HLPC Chirale:
La separazione cromatografica di enantiomeri è importante nel controllo
di qualità dei farmaci enantiomericamente puri nonchè in studi
bioanalitici in cui si debbano esaminare separatamente le
farmacocinetiche di composti enantiomerici.
La separazione mediante HPLC chirale si basa sulla formazione
temporanea di complessi diastereomerici all’ interno della fase
stazionaria chirale, caratterizzati da un diverso grado di ritenzione.
Non esiste una fase chirale universale, ma sono disponibili in
commercio numerosi tipi di fasi stazionarie in grado di separare un gran
numero di coppie di enantiomeri.
Secondo il modello di interazione basato sui tre punti di contatto, uno
solo dei due enantiomeri presenta tutti e tre i sostituenti A, B, e C, nella
disposizione spaziale adatta ad interagire con i corrispondenti siti della
fase stazionaria, mentre l’ antipodo può interagire con non più di due
gruppi con la fase chirale, comunque sia orientato.
Le fasi stazionarie chirali più versatili sono le fasi di Pirkle, in cui un residuo di
amminoacido è legato con la porzione carbossilica a silice amminopropilica e con l’
amminogruppo all’ a naftil etilammina tramite un ponte ureico. Le interazioni che si
stabiliscono tra la fase e ligando sono essenzialmente riconducibili al modello basato sui
tre punti di contatto.
Gas cromatografia
La GC riveste un ruolo importante a scopi analitici qualitativi e,
nonostante sia stata sopravanzata in generale come tecnica
quantitativa dall’ HPLC, si presta ad alcune analisi quantitative
specifiche.
I campi di utilizzo sono le scienze ambientali, le industrie
alimentari e profumiera, le analisi microbiologiche e cliniche, l’
industria farmaceutica.
I principi su cui si basa la GC sono gli stessi trattati precedentemente.
Tuttavia in GC, data la comprimibilità dei gas che costituiscono la fase
mobile V’r non rappresenta il volume di ritenzione corretto effettivo di
un composto; bisogna introdurre un fattore di correzione che tenga
conto della caduta di pressione tra l’ ingresso e uscita dalla colonna:
Vr netto = V’r * j
I meccanismi di separazione che si sfruttano sono l’ adsorbimento, la
ripartizione e l’ esclusione molecolare.
Vantaggi della GC rispetto alla LC:
- Fase mobile gassosa ( a bassa viscosità)
- Rapido instaurarsi delle condizioni di equilibrio
- Disponibilità di una vasta gamma di detectors
molto efficienti
- Riutilizzazione della colonna
Svantaggi:
- Applicabilità ai soli composti volatili
- Fase mobile con sola funzione di trasporto
- Costi di esercizio (gas).
La separazione si basa quindi sulle diverse tensioni di
valore e/o le diverse affinità degli analiti per la fase
stazionaria (colonne selettive e non).
Strumentazione:
Un gascromatografo è costituito da:
- Un sistema di alimentazione del carrier
- Una camera riscaldata di iniezione / vaporizzazione
- Una camera termostatata (in modo autonomo rispetto all’
iniettore) contenente la colonna
- La colonna
- Il rivelatore
- Un registratore /integratore
- Dispositivi vari (regolatori di flusso del carrier, timer per
la programmazione della temperatura, ecc
La camera di vaporizzazione ed il rivelatore sono mantenuti a temperatura più alte
rispetto a quella della colonna, che viene fissata a 10-20°C al di sopra del p.e. del
composto meno voltatile della miscela da analizzare.
Il limite superiore di temperatura dipende dalla natura della fase stazionaria (fenomeno
del bleeding).
Fase mobile:
La fase mobile è costituita dal gas di trasporto (Carrier): idrogeno, azoto, elio, argon,
anidride carbonica.
Requisiti fase mobile:
-Inerzia chimica
-Purezza (assenza di umidità , ossigeno , idrocarburi)
-Compatibilità con il rivelatore
-Costo non eccessivo
-Densità compatibile con il tipo di separazione da effettuare.
Fasi stazionarie:
Fasi stazionarie per GSC:
-gel di silice,
-allumina,
-carbone attivo,
-setacci molecolari
In genere le fasi sono supportate su materiali inerti, termostabili e
finemente suddivisi (silice, celite), opportunamente deattivati e
derivatizzati.
Esiste in commercio una vasta gamma di fasi fisse (siliconi, poliglicoli,
ammidi e nitrili, polieteri , esteri e poliesteri, Idrocarburi , (fasi miste),
classificate in base alla polarità.
-Colonne capillari
Queste colonne ,(in metallo, silice fusa o vetro) sono caratterizzate da diametri interni
ridottissimi (da ‘.1 a 0.8 mm) e lunghezze notevoli (fino a 100 m).
Si utilizzano ormai di routine nelle analisi di miscele incognite e quando sia richiesta un’
efficienza elevata.
Ne esistono di vari tipi con caratteristiche e prestazioni diverse, riconducibili a tre
categorie fondamentali:
-WCOT (wall cated open tubula), in cui la fase stazionaria riveste direttamente la parete
-SCOT (support coated open tubular) , caratterizzate da un supporto solido (cloruro
sodico microcristallino) su cui è fissata la fase fissa
-PLOT (porous layer open tubular), contenenti uno strato di solido poroso come fase
stazionaria (adsorbimento)
Sono generalmente collegate a rivelatori a ionizzazione di fiamma (FID)
o a cattura di elettroni (ECD), più efficienti di quelli a termoconducibilità
(TCD)
Sistemi di iniezione:
I campioni liquidi possono essere iniettati direttamente, generalmente
previa diluizione all’ 1-10% in un solvente volatile, mentre quelli solidi
debbono essere preventivamente solubilizzati:
-Colonne impaccate
Il campione viene introdotto in colonna con una microsiringa (1-10
microL) attraverso un setto di gomma.
-Colonne capillari:
Introduzione in colonna con microsiringa tramite un sistema di
iniezione.
Rivelatori:
La composizione del flusso gassoso in uscita dalla colonna deve essere “Letta”
per rilevare i singoli analiti. La lettura viene fatta mediante rivelatori, cioè
sistemi che forniscono un segnale quando cambia la composizione del
flusso di gas in uscita dalla colonna e forniscono una risposta che è
funzione della quantità di sostanza presente nel gas di trasporto.
Recentemente sono apparsi al posto dei rivelatori, direttamente degli
spettrometri di massa, in grado di effettuare l’ analisi in tempo reale.
I rivelatori più usati sono:
RIVELATORI UNIVERSALI:
-rivelatore a conducibilità termica TCD: questo rivelatore si basa sulla
variazione di resistenza prodotta su un sottile filo metallico contenuto in un
microcanale mantenuto ad un certo potenziale, dal passaggio della miscela di
trasporto di gas/analita, rispetto ad uno analogo percorso solo dal gas di trasporto I
due fili metallici sono due dei rami di un ponte di Wheatstone che viene
disequilibrato dalla piccola forza elettromotrice prodotta dalla variazione di
resistenza e che si riequilibra con una quantità di corrente proporzionale alla
quantità di sostanza presente nel gas di trasporto. Ha ridotta sensibilità:
-Rivelatore a ionizzazione di fiamma FID: è il rivelatore più usato. Nel fid l’
effluente in uscita dalla colonna entra mescolato con idrogeno, in un ugello in cui
viene bruciato in presenza di aria per produrre una fiamma che si trova tra le
espansioni di un campo elettrico, i cui elettrodi sono costituiti dall’ ugello stesso e
da una placca posta sopra la fiamma. Quando le molecole dell’ analita entrano
nella fiamma, si genera una certa quantità di ioni che producono un incremento di
corrente, la quale viene misurato dopo opportuna amplificazione.
-E’ molto sensibile, sino a 0.1 ng.
Registratori:
Il segnale analogico proveniente dal rivelatore viene convertito in
segnale digitale dal registratore, che trasforma le zone a
concentrazione elevata dei componenti separati in picchi
cromatografici.
I tempi di ritenzione vengono presi come parametri qualitativi (in
confronto con degli standard), mentre le aree relative dei picchi si
prestano a misure quantitative.
Cromatografia con fluidi supecritici (SFC)
La prerogativa di questo tipo di analisi è l’ impiego di un fluido supercritico come fase
mobile.
Cos’è un fluido supercritico:
Per un dato composto il passaggio di stato liquido-gas e viceversa avviene in un ambito
definito di valori di pressione e temperatura.
Al di sopra di un certo valore di tamperatura Tc (temperatura critica) una sostanza
gassosa non è più ottenibile allo stato liquido, qualunque sia il valore di pressione
applicato.
I valori di Tc e Pc (pressione critica, corrispondente al valore di pressione richiesta per
liquefare il gas alla temperatura Tc) individuano per un dato composto il cosiddetto punto
critico C; in queste condizioni gas e liquido presentano la stessa densità.
I valori di pressione e temperatura superiori a Tc e Pc definiscono il dominio dello stato di
fluido supercritico.
Fasi mobili:
Come fluidi supercritici si utilizzano comunemente la CO2
(Tc = 31°C, Pc = 7400 KPa), N2O ed NH3.
Le proprietà di un fluido supercritico sono intermedie tra
quelle di un liquido (solvatazione) e quelle di un gas
(viscosità). Un vantaggio di questo tipo di cromatografia è
che operando sulla pressione è possibile modificare la
densità e quindi il potere solvente della fase mobile. Un
gradiente di pressione in SFC equivale ad un gradiente
di eluizione in HPLC o ad un gradiente di temperatura
in GC.
A causa della bassa polarità delle fasi mobili, spesso si
aggiunge un composto organico (metanolo, acido formico
od acetonitrile) per modificarne le proprietà eluenti.
Vantaggi della SFC:
-Si presta alla separazione di composti termolabili
e/o ad alto peso molecolare
-E’ una tecnica complementare ad LC e GC , che
si usa su un diverso meccanismo di ritardo
(dissoluzione – precipitazione)
-Maggiore rapidità di esecuzione rispetto all’ hplc
Svantaggi:
L’ efficienza è inferiore a quella ottenibile in GC
con colonne capillari
Utilizza una strumentazione ibrida GC-HPLC,
complessa e costosa
L’ impiego di pressioni operative elevate e
potenzialmente pericolose.
Cenno all’ analisi quantitativa mediante
cromatografia:
L’ applicazione principale delle tecniche
cromatografiche è l’ analisi quantitativa dei
costituenti di una miscela: le quantità sono
correlabili all’ altezza od all’ area dei picchi
corrispondenti nel cromatogramma.
La determinazione della concentrazione di
uno o più componenti della miscela può
essere effettuata utilizzando vari metodi.
Il metodo della standardizzazione esterna per campioni solidi o
liquidi molto viscosi. consiste nel preparare soluzioni standard a
concentrazione nota, del componente da determinare. Si costruisce
una retta o curva di taratura riportando le aree dei picchi di uguali
aliquote di varie soluzioni standard in funzione delle concentrazioni
corrispondenti degli standard. Si inietta quindi una stessa aliquota di
campione, e dalla misura dell’ area si risale alla sua concentrazione
attraverso il grafico.
Elettroforesi:
Le tecniche elettroforetiche sono basate sul movimento di ioni in un campo
elettrico. Uno ione di carica q, è sottoposto ad una forza data da F=Eq/d, dove E è
il voltaggio (o potenziale elettrico) e d è la distanza tra gli elettrodi. Nel vuoto F
causerebbe una accelerazione della molecola. In una soluzione, la molecola è
sottoposta al freno della forza di attrito Ff, dovuta al solvente:
Ff= 6prhn
Dove r è il raggio della molecola carica,
h è la viscosità della soluzione, e
n è la velocità alla quale la molecola carica si sta muovendo.
Quindi la velocità di una molecola carica è proporzionale alla carica q e al
voltaggio. E, ma è inversamente proporzionale alla viscosità del mezzo e alla
distanza tra gli elettrodi.
Generalmente l’ elettroforesi non viene condotta in soluzione libera, ma su una
matrice di supporto poroso come la poliacrilammide o l’ agarosio, che ritarda i
movimenti delle molecole in base alle loro dimensioni in base al diametro dei pori
della matrice.
Elettroforesi in SDS su gel di poliacrilamide (SDS-Page)
L’ sds è il sodio dodecilsolfato (sodio lauril solfato). La coda
idrofobica del dodecilsolfato interagisce fortemente con le catene
polipeptidiche. Il numero di SDS legate al polipeptide è
proporzionale alla lunghezza (numero di residui amminoacidici) del
polipeptide stesso. Ogni dodecilsolfato fornisce due cariche negative.
Nel complesso queste cariche coprono qualsiasi carica intrinseca di
cui la proteina avrebbe potuto essere dotata.
L’ SDS è anche un detergente che interagisce con il ripiegamento
delle proteine (Struttura terziaria). L’ SDS-Page viene di solito
svolta in presenza di agenti che riducono i gruppi sulfidrilici, come
il betamercaptoetanolo, in modo che i ponti disolfuro tra le catene
polipeptidiche vengano rotti. La mobilità elettroforetica delle
proteine sottoposte ad SDS-Page è inversamente proporzionale
al logaritmo del peso molecolare della proteina. L’ SDS page
viene spesso utilizzato per determinare il peso molecolare delle
proteine.
Focalizzazione al punto isoelettrico:
La focalizzazione isoelettrica è una tecnica elettroforetica atta a
separare le proteine in base al loro punto isoelettrico. Una soluzione
di anfoliti (elettroliti anfoteri) viene dapprima sottoposta ad
elettroforesi su gel, di solito contenuto in un piccolo tubo. La
migrazione di queste sostanze in un campo elettrico stabilisce un
gradiente di pH lungo il tubo.
In seguito viene applicata sul gel una miscela proteica e si riprende la
corsa elettroforetica. A mano a mano che le molecole proteiche si
muovono lungo il gel, sono sottoposte a un gradiente di pH e
migrano fino alla posizione che corrisponde ai loro rispettivi PI.
Giunta al suo PI una proteina non possiede più una carica netta, e
così non si muove più.
Elettroforesi su gel bidimensionale:
Questa tecnica di separazione di miscele proteiche sfrutta la focalizzazione al punto isoelettrico in una
dimensione e l’ SDS-PAGE nella seconda dimensione.
Le proteine di una miscela vengono dapprima separate sulla base del PI, per mezzo della focalizzazione
al punto isoelettrico eseguita in un tubo di gel di poliacrilamide. Il gel viene quindi rimosso e disteso in
cima ad una lastra per SDS-Page, quindi le proteine vengono sottoposte ad elettroforesi SDS gel di
poliacrilamimide dove subiscono una separazione sulla base delle loro dimensioni. Il gel può quindi
essere colorato, per rivelare la collocazione delle singole proteine.
Elettroforesi capillare:
L’ elettroforesi capillare può essere considerata una delle più recenti tecniche
separative.
L’ elettroforesi, in generale, può essere definita come la migrazione differenziale di
specie cariche (ioni ) in soluzione per effetti dell’ applicazione di un campo elettrico;
la separazione avviene perchè gli ioni si muovono, sotto l’ azione del campo elettrico
applicato, in direzioni diverse (anioni verso il polo positivo e cationi verso il polo
negativo)e ad una velocità diversa in base alla loro carica e alla loro massa.
Tuttavia se questo processo avviene in soluzione “libera” cioè in un semplice
mezzo liquido, non si riesce ad ottenere una separazione degli ioni in bande
analitiche, infatti la diffusione termica ed i moti convettivi che ne conseguono,
provocano un rapido rimescolamento delle zone in cui gli ioni si separano. Per
questo motivo l’ elettroforesi è stata in origine condotta impiegando dei gel
(poliacrilammide o agarosio) come mezzi anti-convettivi.
Questo tipo di tecnica, richiedeva tempi di analisi piuttosto lunghi e ha bassa efficienza
di separazione. Infatti l’ applicazione di alte differenze di potenziale non è praticabile
poichè lo strato di gel che agisce da suporto anti-convettivo si comporta come una
resistenza elettrica; l’ applicazione di una differenza di potenziale genera corrente
proporzionale alla sua sezione e per effetto joule si produce una forte quantità di
calore.
Questo impedisce che possano essere applicati forti campi elettrici; infatti, in tal caso
si avrebbe evaporazione del tampone che imbibisce lo strato di gel ed anche il
deterioramento delle zone analitiche in cui gli ioni risultano separati.
Strumentazione in elettroforesi capillare
Un’ alternativa all’ uso del gel su strato sottile consiste nel realizzare la
separazione degli ioni in una soluzione libera contenuta all’ interno di un tubo
cilindrico di piccolo diametro (capillare) .Si è osservato infatti che se il tubo ha
dimensioni capillari e cioè se il suo diametro interno è dell’ ordine dei 50-100 micrometri,
esso acquista proprietà anticonvettive, e diventa esso stesso in grado di mantenere le
zone analitiche separate senza necessità di gel. Ciò permette di ottenere separazioni
elettroforetiche in soluzione libera; inoltre, se il diametro del tubo capillare è realmente
molto ridotto, è possibile applicare forti differenze di potenziale, senza significativo
sviluppo di calore.
Figura
a) Il capilare è di solito costituito di materiali quali la silice fusa, di teflon, o vetro pirex, il
diametro interno varia da 25-100 micrometri (la misura più diffusa è di 50) ha una
lunghezza variabile, da 20 cm a 1 m.
Poichè la migrazione ionica è influenzata dalla temperatura, la strumentazione offre la
possibilità di mantenere il capillare (Detto cartuccia) dove, con un sistema a circolazione
di aria o di liquido, si può ottenere la termostatazione.
b) Compatimenti per il tampone e il generatore
Le due estremità del capillare sono introdotte entro due recipienti che contengono entrambi
a stessa soluzione tamponata che riempie il capillare. All’ interno di tali recipienti di
riserva sono inseriti gli elettrodi del generatore di corrente continua. Il generatore è di
tipo molto semplice, a corrente continua e capace di stabilire un potenziale da 0 a 30 KV
L’ introduzione di tampone nel capillare è un’ operazione che avviene in modo pneumatico.
Mediante una pressione di aria o di azoto.
c) Caricamento del campione
Per questa operazione, una estremità del capillare viene inseria in un recipiente simile a
quelli della riserva di tampone, ma contenente una soluzione del campione in esame. La
pressione esercitata sulla testa della soluzione campione deve essere moderata e di
breve durata (1-2 secondi) cosi’ da permettere che solo una piccola quantità venga
introdotta nel capillare.
Rivelatore
Il sitema di rivelazione più diffuso è quello basato sull’ assorbimento
spettrofotometrico di radiazioni UV e visibili, in analogia all’ HPLC.
La radiazione monocromatica viene fatta attraversare perpendicolarmente alla
sezione del capillare in un punto in cui la sua superficie esterna è stata privata della
membrana di poliammide. Il rilevatore rivela il passaggio delle varie molecole.
Cromatografia di affinità:
Negli ultimi tempi sono state
sviluppate strategie di purificazione
per affinità delle proteine, che
sfruttano la funzione biologica della
proteina bersaglio.
Nella maggior parte dei casi, le
proteine svolgono la loro attività
biologica associandosi o formando un
complesso con piccole biomolecole
specifiche o ligandi, come nel caso di
un enzima che si lega al suo
substrato.
Se questa piccola molecola può
essere immobilizzata attraverso un
legame covalente ad una matrice
insolubile,
come
un
supporto
cromatografico quale la cellulosa o la
poliacrilammide, allora la proteina di
interesse, mostrando affinità per il
suo ligando, si legherà e verrà
immobilizzata sul sopporto solido
stesso.
Una volta legata la proteina, le
impurezze possono essere lavate via;
infine la proteina viene dissociata od
eluita dalla matrice attraverso l’
aggiunta di una alta concentrazione
di ligando libero alla soluzione.
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