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L`assistenza globale al paziente AIDS del 2010
L’assistenza globale al paziente AIDS del 2010 Milano, 27 Aprile 2010 PREMESSA Perche’ parlare ancora di assistenza al paziente AIDS seguito al domicilio? Questo tipo di assistenza e’ attiva in Milano dagli anni 90 e gli operatori coinvolti in questo servizio sono tra i piu’ esposti al rischio di burn out in quanto si trovano spesso a gestire rapporti “uno ad uno” con pazienti dalle personalita’ molto complesse e con situazioni davvero ai limiti. I vissuti dei pazienti e quelli degli operatori sono molto intensi ed entrambi vanno aiutati ad esplicitarli, a rielaborarli per poter ottenere dei risultati in termini di assistenza. Il personale ha bisogno di continua rimotivazione e formazione, proprio perche’ ci occupiamo del paziente sotto tutti i punti di vista (sanitario e sociale) con assistenze che a volte durano degli anni. Perche’ una delle difficolta’ sta nel confronto con i colleghi, con i responsabili: quello a cui puntare e’ il lavoro d’equipe che spesso risulta complicato da una serie di variabili tra cui la principale e’ la mancanza di tempo. Il rischio e’ di perdersi nel puro assistenzialismo senza tenere presenti gli obiettivi ed il mandato di questa assistenza. Creare un gruppo di lavoro stabile, omogeneo ed in grado di condividere la visione olistica del malato che assistiamo e’ una delle sfide ancora aperte. PREMESSA Proprio per questi motivi questo corso e’ stato pensato in 3 momenti: L’intervento medico per capire a che punto siamo con l’evoluzione della patologia L’intervento infermieristico per capire la direzione in cui si muove oggi l’assistenza domiciliare, i bisogni dei pazienti e le indicazioni per assistere meglio questi malati. Oggi e’ presente il personale oss che eroga quotidianamente l’assistenza per cui l’intento di questo intervento e’ quello di dare nuovi strumenti e nuove indicazioni per sostenere quotidianamente e con una maggiore consapevolezza il paziente ed i propri bisogni. L’intervento della prossima giornata, che prevede la figura di un’assistente sociale e di una psicologa che lavorano da anni nell’ambito dell’assistenza domiciliare al paziente di AIDS, ha l’intento di dare strumenti piu’ specifici per quanto riguarda la relazione, il contratto, la domanda degli utenti e gli ambiti di intervento dei nostri operatori. Il paziente AIDS del 2010 Il paziente aids del 2010 e’ sicuramente piu’ complesso rispetto a quello che incontravamo negli anni in cui e’ esplosa questa patologia in quanto vive piu’ a lungo e questo porta a far si che sviluppi altre patologie hiv-correlate che prima non facevano in tempo ad instaurarsi. Quindi oggi abbiamo pazienti che oltre ad essere sieropositivi o oppure il virus dell’hiv hanno comorbilita’ psichiatriche, tumorali e soprattutto epatiche. Ovviamente le gestione nel suo complesso e’ piu’ impegnativa. Se nei primi anni della patologia tendenzialmente erano i tossicodipendenti e gli omosessuali ad infettarsi, oggi assistiamo ad un’aumento dei pazienti eterosessuali contagiati per via sessuale e degli anziani. Di conseguenza si amplia il campo di azione. Rimangono comunque le vecchie infezioni da hiv nei pazienti infettatisi per uso di droghe per via endovenosa (pazienti a lunga sopravvivenza), pazienti che spesso ricadono nell’abuso di sostanze (droghe o alcool), quindi molto complessi da gestire. Rimane da sottolineare il grande disagio sociale (economico e relazionale) nel quale riversano questi pazienti e che e’ spesso causa di complessita’ assistenziale. Si vede ancora qualche caso di aids che esordisce con una patologia opportunistica (ad es. PML), solo quando il paziente decide di non curarsi oppure non e’ a conoscenza del suo contagio. Il voucher . Dal maggio 2008 anche l’assistenza a questi malati viene effettuata in regime di voucher. E’ completamente gratuita e le prestazioni effettuate per il paziente vengono rendicontate alla Asl per il pagamento mensile. La segnalazione di un paziente con AIDS possono essere fatte alla Asl da chiunque (parente, paziente, amico, medico ospedaliero ecc.). Lo strumento che serve a valutare l’idoneità del paziente per la presa in carico da parte del servizio avviene tramite scheda AIDASS. Se e’ l’ospedale a segnalare il caso viene compilata dall’assistente sociale una scheda contenente anche la scheda aidass che inquadra il paziente; se invece e’ qualcun altro le assistenti sanitarie della asl compilano la stessa, recandosi presso il domicilio del paziente oppure in ospedale prima della dimissione. Spesso avviene alla presa in carico effettiva del paziente che prevede anche la presenza della società pattante. Questa scheda e’ costituita da una parte sanitaria che valuta l’autosufficienza del paziente ed una parte sociale che invece valuta la situazione economica, la rete esistente e le barriere architettoniche presenti al domicilio. E’ un po’ limitante, ad esempio per quanto riguarda le piaghe sono contemplate solo quelle da decubito, ma e’ lo strumento scelto dalla regione Lombardia, per cui l’unico da utilizzare. Il voucher La asl condivide con il coordinatore della società pattante e con il paziente il PAI e costantemente lo rivaluta tenendo conto dei bisogni del paziente che vengono evidenziati dagli operatori della società. Settimanalmente vi e’ un’equipe mista (asl e pattante) nella quale si condividono gli appuntamenti dei pazienti e si discutono i casi che necessitano di rivalutazione. I tempi che vanno dalla segnalazione all’attivazione del servizio sono di 20 giorni, ma per quanto riguarda Fondazione mi piace sottolineare che riusciamo sempre ad attivare il PAI e di conseguenza l’assistenza al paziente nel giro di 24 ore visto il rapporto ormai pluridecennale con la ASL di Milano. Scheda AIDASS (Valutazione funzionale globale di pazienti con l’aids Scheda AIDASS (Valutazione funzionale globale di pazienti con l’aids I bisogni assistenziali 3. I bisogni del paziente: Per sviluppare questo discorso in senso lato, tornerei su alcune nozioni apprese durante la scuola per infermieri : le teorie del nursing di Dorothea Orem e di Virginia Henderson. L’uomo secondo la Orem e’ un essere bio-psico-sociale in continua relazione con l’ambiente esterno, che durante la sua vita puo’ presentare, rispetto al continuum salute-malattia diverse situazioni di bisogno. Il bisogno e’ la carenza di un oggetto desiderato, un’esigenza: quindi e’ una “mancanza di” una motivazione fondamentale per ogni essere umano malato o sano. Esistono due gruppi fondamentali di bisogni: Di base: aria, acqua, cibo…. In relazione alle alterazioni dello stato di salute. Normalmente l’individuo e’ in grado di rispondere ai propri bisogni con azioni autonome. In caso di malattia il soggetto non riesce a soddisfare le sue necessita’ e sviluppa uno specifico bisogno d’aiuto. Il bisogno specifico di aiuto puo’ essere espresso dall’individuo o identificato da altri. I bisogni assistenziali Ciascun bisogno specifico si basa su tre criteri: Proviene da un bisogno fondamentale Costituisce una necessita’ individuale Esprime le esigenze dell’essere umano Essendo la persona parzialmente o totalmente incapace di eseguire un’azione autonoma d’assistenza, qualcuno deve compensare la sua insufficienza, rispondendo al suo specifico bisogno d’aiuto. Quest’azione puo’ essere intrapresa da persone diverse, se non specifiche, oppure dal professionista, o meglio dall’infermiere se sono richieste: conoscenza, competenze tecniche o indirizzo deontologico. La Orem definisce tre tipi di assistenza infermieristica: sistema totalmente compensatorio, quando il paziente non puo’ avere cura di se sistema parzialmente compensatorio, quando l’infermiere partecipa alla cura di se’ del paziente sistema educativo e di sostegno quando il paziente e’ in grado di compiere e di apprendere i vari aspetti della cura del se’ I bisogni assistenziali I pazienti che abbiamo in carico attualmente ricadono principalmente nel secondo e nel terzo sistema, una minima percentuale ricade nel primo. I tre criteri che evidenzia la Orem pero’ servono a capire meglio ed a motivare cio’ che spesso andiamo a fare dai nostri pazienti e gli obiettivi prefissati. Un’altra autrice americana, sicuramente piu’ conosciuta definisce l’assistenza infermieristica come segue: La peculiare funzione dell'infermiere è quella di assistere l'individuo malato o sano nell'esecuzione di quelle attività che contribuiscono alla salute o al suo ristabilimento (o ad una morte serena), attività che eseguirebbe senza bisogno di aiuto se avesse la forza, la volontà o la conoscenza necessarie, in modo tale da aiutarlo a raggiungere l'indipendenza il più rapidamente possibile". I bisogni assistenziali La Henderson identifica nel paziente quattordici bisogni fondamentali, oggetto di accertamento e di cure infermieristiche: Respirare normalmente. Mangiare e bere in modo adeguato. Eliminare i rifiuti del corpo. Muoversi e mantenere una posizione desiderata. Dormire e riposare. Scegliere il vestiario adeguato; vestirsi e svestirsi. Mantenere la temperatura corporea a un livello normale, scegliendo il vestiario adeguato e modificando l'ambiente. Tenere il corpo pulito, i capelli, la barba e i vestiti ben sistemati e proteggere il tegumento. Evitare i pericoli derivati dall'ambiente ed evitare di ferire altri. Comunicare con gli altri esprimendo emozioni, bisogni, paure o opinioni. I bisogni assistenziali Seguire la propria fede. Lavorare in modo da rendersi conto di un certo risultato. Giocare o partecipare a varie forme di ricreazione. Imparare, scoprire o soddisfare la curiosità che porta a un normale sviluppo e alla salute e usare tutti i mezzi disponibili per la salute. L’infermiere, attraverso la valutazione del grado di dipendenza con cui l’uomo attua gli atti assistenziali, determina i bisogni dell’individuo. La valutazione e la pianificazione dell’assistenza devono essere scritte, per rendere l’operatore consapevole dei bisogni dell’individuo e l’assistenza efficace. La Hendersono evidenziava tre tipi di informazioni: problema, obiettivo e/o diagnosi infermieristica ed il tipo di intervento. Ancora oggi attuali. Quindi poi l’infermiere stende il Pai (piano di assistenza individualizzato) che consiste in quanto segue: DIAGNOSI INFERMIERISTICA OBIETTIVI DEL PAZIENTE (devono essere incentrati sul paziente, realistici, chiari, osservabili e misurabili, determinati dall’infermiere , dall’utente e la sua famiglia. PRESTAZIONI ED AZIONI INFERMIERISTICHE RISULTATI ATTESI (valutare se tutti gli obiettivi sono stati raggiunti) I bisogni assistenziali In questi anni, nell’assistenza domiciliare a questi pazienti, gli ambiti di azione dell’infermiere si sono ridotti: sono rimasti pochi! C’è meno da fare ma la valutazione dei bisogni, la supervisione infermieristica restano di fondamentale importanza e sono competenze infermieristiche. Altra componente indispensabile e’ il passaggio delle informazioni sanitarie, degli obiettivi e delle azioni che vanno condivise con il personale al quale si delegano le principali prestazioni che andiamo ad effettuare oggi a casa del nostro paziente. La Asl consente di mantenere un accesso infermieristico proprio allo scopo di valutare, riportare e verificare. Questo e’ un concetto fondamentale che l’infermiere di oggi deve comprendere: le azioni infermieristiche non sempre si esplicano nel fare prestazioni altamente professionali … spesso si palesano in quelle azioni “fondamentali” che sono la valutazione, la ridefinizione e la riprogettazione oltre che all’ascolto del paziente. I bisogni assistenziali Certo e’ piu’ facile recarsi dal paziente e fare una flebo: ho un compito ben preciso e come infermiera lo so fare bene! E’ piu’ difficile prendersi in carico globalmente il paziente e seguirlo nel tempo anche laddove sembra che non ci sia nulla da fare: questo e’ il compito che viene richiesto a tutti gli infermieri che fanno assistenza domiciliare e mi piacerebbe che rimanesse la principale attivita’ dell’infermiere in tutti gli ambiti nei quali ci ritroviamo a lavorare. Non dovrei ritrovarmi a dire queste cose ma spesso sento dire da alcuni colleghi ai quali dico di andare a fare una valutazione da uno dei nostri pazienti “che cosa mi hai mandato a fare?” “non aveva bisogno di niente!”; poi scopri che sulla lettera di dimissione vi era scritto che il paziente doveva assumere 2 volte al giorno un ansiolitico. Tre giorni dopo ti rechi dal paziente e lo trovi agitatissimo: prendi la lettera di dimissione e domandi: “ma il valium lo sta prendendo?” NO! Nella valutazione ci sta’ anche questo: c’era qualcosa da fare!!! Credo che questo sia il rischio maggiore nel lavorare per prestazioni: chiaramente nelle prestazioni deve rimanere sempre la valutazione infermieristica!!! I bisogni assistenziali Questo discorso vale anche per il personale di supporto, che non nasce per fare diagnosi e per pianificare l’assistenza, ma nasce per supportare l’infermiere nella gestione del paziente. E’ chiaro che ha gli occhi per vedere: e’ chiaro che se l’operatore che si reca dal paziente tutti i giorni si accorge che e’ sorto un nuovo problema ha l’obbligo di avvisare immediatamente l’infermiere o il coordinatore. Ritornerei un attimo sui banchi di scuola per rivedere la Scala dei Bisogni di Maslow, che nonostante gli anni (la prima stesura risale al 1954) rimane sempre attuale. Questo ci aiuta a capire un po’ di piu’ il senso dell’assistenza: assistere globalmente il paziente significa prendersi in carico la persona ed aiutarlo a stare bene! Come si puo’ pensare allora di non considerare i suoi bisogni totali: credo che non abbiamo il compito di soddisfare tutti i bisogni del paziente, ma per quanto lui ci concede di entrare nella sua sfera (e spesso il paziente di aids ti fa entrare molto perche’ capita che sei l’unico che gli sta vicino!) e’ bene che ci entriamo: abbiamo anche il compito di demandare ad altri pezzi di lavoro che non ci competono o per lo meno che non siamo in grado di svolgere. Di questo ne parleremo nel capitolo della rete dei servizi. I bisogni assistenziali I bisogni assistenziali Tutto questo per scendere poi nel contreto ed arrivare a comprendere meglio cio’ che i nostri pazienti ci chiedono realmente: dietro alle loro richieste a volte senza senso si nascondono i loro bisogni e a noi sta’ la capacita’ di riuscire a renderli chiari per il nostro assistito ed aiutarlo a soddisfarli magari scegliendo una modalità piu’ idonea. Ad esempio il paziente aggressivo, che vuole dettare le regole perche’ lo dobbiamo vedere solo come un rompiballe… dietro a questo atteggiamento ci può essere una vita in solitudine: l’unico modo per far vedere che esiste per qualcuno e’ quello che conosce cioè essere aggressivo… nostro compito e’ fargli comprendere che noi ci siamo comunque… che noi stiamo dove lui e’… magari scopre un modo diverso di farsi conoscere I bisogni assistenziali Quindi cosa si ritrova a fare oggi l’infermiere o il personale ausiliario che si reca al domicilio del paziente aids? Valutare i suoi bisogni ed insieme a lui stendere degli obiettivi da raggiungere a breve, medio e lungo termine, rispettandolo e cercando di mantenere il piu’ possibile le sue capacità residue ed un grado di autonomia. Compilare la cartella infermieristica andando a vedere uno per uno i bisogni di base Scrivere la diaria giornaliera in cui evidenziare cio’ che si e’ fatto, cio’ che si e’ concordato, le problematicità e ciò che e’ previsto dal PAI Controllo generale sulle terapie, compilando insieme al paziente uno schema per lui semplice da gestire oppure preparare insieme le terapie settimanali oppure ancora laddove ci possono essere dei dubbi di corretta assunzione contare i farmaci contenuti nelle diverse confezioni. Rilevazione dei parametri vitali I bisogni assistenziali Effettuare terapie sottocutanee, intramuscolari oppure endovenose. Somministrare clisteri medicati Eseguire medicazioni di vario tipo Contattare medici di riferimento o personale di altri servizi Igiene completa o bagno in vasca Accompagnare presso centri di riferimento, ambulatori, ufficio invalidi o altri uffici per disbrigo di pratiche. Su questo punto mi soffermerei in quanto e’ l’attivita’ principale che il nostro servizio svolge. Gli operatori oss quotidianamente si trovano a portare i nostri pazienti in ospedale per le visite con il medico: non sono dei tassisti, ma operatori che devono sostituirsi al paziente nel momento in cui questi non e’ in grado di prendersi cura di se… quindi il compito dell’operatore e’ quello di fare da tramite con il medico, dei bisogni del paziente e dei problemi che questo evidenzia o che il collega ha riportato. La responsabilita’ dell’operatore e’ di grado elevato: dipende da lui portare a casa delle risposte dal medico. I bisogni assistenziali Aiutare il paziente nelle faccende domestiche Aiutare o fare la spesa al paziente completa o bagno in vasca Ascoltare il paziente… anche questo riveste una grande importanza anche perche’ spesso siamo gli unici ad ascoltarlo veramente… oppure siamo le uniche persone con le quali il paziente si relaziona in quanto vive in solitudine. Oppure siamo gli unici con i quali può permettersi di parlare dei suoi bisogni. Questo credo sia il compito piu’ difficile che noi operatori siamo chiamati a compiere… quello piu’ pesante emotivamente in quanto questi pazienti ci investono e ci travolgono in vite ai limiti… in situazioni che neanche immaginavamo … ecco che l’operatore deve essere in grado di non giudicare… e spesso non e’ semplice! Fare educazione sanitaria Interventi di riabilitazione motoria I bisogni assistenziali Una grande difficolta’ si evidenzia nei rapporti con questi malati: la durata dell’assistenza. Abbiamo pazienti che sono in carico da parecchio tempo… alcuni da anni. Per l’operatore questo puo’ diventare rischioso: si conosce così tanto il paziente che spesso diviene un amico … gli concedi una volta un pezzettino in piu’ e diventa scontato … e la volta dopo pretende qualcos’altro in piu’ e si entra in un gioco senza fine. Spesso l’operatore non si rende subito conto di essere stato “intrappolato” in questa relazione … spesso vive situazioni di disagio e non ne parla con i colleghi … spesso si sente “obbligato” a concedere quel pezzettino in piu’ … il prezzo che però poi paga e’ alto: rischia di perdere la lucidità e l’obiettività per essere di aiuto al paziente. E’ chiaro che questi pazienti, soprattutto chi vive nel disagio costante, chi e’ solo, chi ha vissuto o vive situazioni di dipendenza, tende facilmente a manipolare gli altri … ma gli operatori devo avere degli strumenti interiori che gli consentano di tutelarsi, io li chiamo paletti di protezione! Cosa fare allora in questi casi? Non lasciarsi coinvolgere? I bisogni assistenziali NO … MA TENERE la giusta DISTANZA PROFESSIONALE che consenta di “VEDERE CON LUCIDITA’ I BISOGNI DEI PAZIENTI” CONDIVIDERE … non pensare di essere in grado di portare un peso così grande da soli, ma costantemente confrontarsi con i colleghi, con i responsabili, con la Asl. CHIEDERE una mano nel momento in cui ci si rende conto di essere poco obiettivi oppure stanchi di una relazione d’aiuto RIPORTARE situazioni di disagio, vissuti particolari, problemi che si vivono con il paziente PARTECIPARE alle riunioni di gruppo o alle supervisioni esponendosi in prima persona ed avendo il coraggio di tirare fuori i propri vissuti Sono solo e vogliono essere solo alcuni spunti … sicuramente il lavoro della prossima volta serve anche a questo: dare strumenti in piu’ agli operatori anche da un punto di vista relazionale. La rete nell’assistenza domiciliare. Vista la complessita’ assistenziale di questo paziente e la sopravvivenza molto piu’ lunga non si puo’ pensare che solo la Asl e la società pattante riescano a gestire il paziente ottenendo dei risultati. Il grosso lavoro oltre a quello al domicilio del paziente e’ quello che ruota intorno al paziente: il lavoro di rete per coinvolgere altri servizi, spesso particolarmente difficoltoso per la carenza di alcuni di questi. La Asl e la società pattante quotidianamente, tenendo conto dei bisogni dei pazienti e coinvolgendoli nel PAI, hanno contatti con i servizi presenti sul territorio di Milano per far si che si possa aiutare concretamente l’assistito. I servizi che principalmente vengono coinvolti sono: - CMA - UFFICIO ZONALE HANDICAP - UFFICIO ADULTI IN DIFFICOLTA’ - OSPEDALI DI RIFERIMENTO - SERT - NOA La rete nell’assistenza domiciliare. - ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO (per aiuti economici, per supporto psicologico ecc., pacchi viveri) - CASE ALLOGGIO - CENTRI DIURNI. Il lavoro di rete a questo punto diventa fondamentale e l’interlocutere della societa’ oppure della Asl che si interfaccia con questi servizi deve essere il case manager che deve avere presente molto bene la situazione del paziente per fare richieste appropriate, dopo esssersi confrontato con il paziente che deve comunque sempre rimanere l’attore principale di tutta l’assistenza La rete nell’assistenza domiciliare. Cerchero’ di sintetizzare un po’ meglio il percorso di integrazione di servizi: ASL CITTA’ DI MILANO ↕ SOCIETA’ PATTANTE ↖ ↕ OSPEDALE ↔ RETE DEI SERVIZI MILANO ↗ ↕ ← PAZIENTE ↙ ↓ ASSISTENZA DOMICILIARE ↔ CENTRO DIURNO → FAMIGLIA O AMICI ↘ CASA ALLOGGIO ↗ BASSA INTENSITA’ ↘ ALTA INTENSITA’ In tutto cio’ la cosa che va continuamente sottolineata e’ l’importanza delle continue rivalutazioni periodiche e della stretta collaborazione tra i servizi coinvolti ed il paziente: solo così l’attenzione al paziente ed il vero aiuto ad esso non vengono persi. La rete nell’assistenza domiciliare. Una nota particolare la spenderei per i centri diurni. Spesso i pazienti che vengono inviati presso questi centri rimangono anche in assistenza domiciliare. Questo vuol dire che per qualche giorno sono seguiti dal personale del centro e per altri dal personale domiciliare. Chiaramente non si puo’ pensare che ogniuno faccia il proprio lavoro senza condividere degli obiettivi: quindi ci sono collaborazioni strette tra i due servizi (ed in questo caso devo dire con buoni risultati) in modo tale che la direzione nella quale si decide di andare con e per il paziente sia la stessa. Quindi spesso gli incontri avvengono nel centro diurno in presenza del paziente, della societa’ pattante, della Asl e del personale del centro. Per poter far questo occorre che ogniuno si prenda le proprie responsabilita’ di COMUNICARE ASCOLTARE RIPORTARE CONDIVIDERE VEDERE A 360 GRADI