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fagiolo - "A. Casagrande" "F. Cesi" di Terni

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fagiolo - "A. Casagrande" "F. Cesi" di Terni
Già conosciuto fin dal tempo degli Egizi , questo legume si arricchì di nuove varietà importate nel XVI sec.
a seguito della scoperta dell’America. Oggi ne esistono più di 300 varietà, di cui solo una sessantina
commestibili; possono essere bianchi, rossi, neri, variegati, piccoli, grandi, tondi, schiacciati: dal nostrano
cannellino bianco e lungo, al variegato borlotto, dal messicano, piccolo, nero e tondeggiante, al fagiolo di
Spagna grande, bianco e schiacciato.
I fagioli autoctoni, che oggi conosciamo
come
fagioli
dall’occhio,
Vigna
unguicilata, sono di taglia piccola, colore
chiaro quasi bianco con una piccola
macchiolina nera nel punto dove il seme
si attacca al baccello.
I fagioli generalmente consumati oggi, Phaseolus
vulgaris, sono originari dell'America Centro
Meridionale e furono introdotti in Europa dai
navigatori Spagnoli e Portoghesi intorno al sedicesimo
secolo, dopo essere stati scoperti dal celebre
navigatore Cristoforo Colombo durante il suo secondo
viaggio a Cuba. In Messico i fagioli sono coltivati e
consumati da circa 7.000 anni.
IL FAGIOLO PIU’ APPREZZATO DAGLI CHEF?
Senz’altro la Fagiolina del Trasimeno, presidio
Slow Food, detto anche “Risina” perché i semi,
bianchi e piccoli, ricordano un chicco di riso.
Squisito e dalla buccia quasi inesistente,
conosciuto già dagli Etruschi, oggi è coltivato da
una dozzina di agricoltori intorno al lago
Trasimeno. La risina è anche l’unico fagiolo che
si può cucinare senza ammollo: è sufficiente farlo
sobbollire per una ventina di minuti in poca
acqua. Altre varietà prelibate, fino a pochi anni fa
in via di estinzione, oggi presidi Slow Food, sono
il Fagiolo di Sbrana, coltivato in Toscana, sapido
e digeribile, e il “Bada di Polizza”, che cresce
solo in Sicilia, dalle note erbacee e dai sentori di
mandorla e castagna.
Una volta, nell’Italia contadina di tanti anni
addietro, li si metteva a bollire per l’intera
mattinata in un coccio di terracotta al lato della
brace del caminetto, aggiungendo a cottura quasi
ultimata qualche foglia di sedano, per servirli poi
nel piatto sul pane biscottato o raffermo, conditi
da nient’altro che da un filo d’olio extravergine
di oliva.
“CIASCUNO DEVE NUTRIRSI COME IL SUO STATO SOCIALE ESIGE”
Da sempre l’alimentazione è stata segno di identificazione sociale e fino a un decennio fa i fagioli, in quanto
legumi, erano considerati la pietanza per eccellenza dei lavoratori e dei contadini : “i fagioli fanno urinare,
provocano i mesi alle donne e ingrassano il corpo” ma purtroppo “fanno molto vento, inducono la nausea,
gravano lo stomaco, fanno cattivi sogni, vertigine e riempiono il capo” perciò, “si possono usare da quelli che
hanno stomaco gagliardo e che molto si affaticano ma e non da odiosi delicati” (Baldassar Pisanelli, 1611).
Il
rozzo
ma
astuto
contadino Bertoldo, ospite
del re longobardo Alboino,
morì tra atroci dolori
perché i medici di corte
cercarono di curare la sua
malattia somministrandogli
cibi rari e raffinati invece di
rape e fagioli. Solo così,
mangiando secondo la sua
natura, si sarebbe salvato.
EPITAFFIO DI BERTOLDO
In questa tomba tenebrosa e scura
Giace un villan di sì difforme aspetto,
Che più d’orso che d’uomo avea figura;
Ma di tant’altro e nobile intelletto
Che stupir fece il mondo e la natura.
Mentr’egli visse fu Bertoldo detto,
Fu grato al Re; morì con aspri duoli
Per non poter mangiare rape e fagioli
(Giulio Cesare Croce Le sottilissime astuzie di
Bertoldo.)
FAGIOLI, I PIU’ APPREZZATI
NEI PERIODI DI CARESTIA
Umberto Eco, “per il loro alto valore nutritivo e l’elevato
contenuto in proteine”, considera i fagioli “l’invenzione più
importante del 2° millennio”: “Se siamo ancora qui…questo è
dovuto ai fagioli… Senza fagioli la popolazione europea non
sarebbe raddoppiata in pochi secoli”
Nel Medio Evo, l’Europa intera era a rischio di
spopolamento a causa dell’alta mortalità, dovuta a una
serie di epidemie capaci di decimare intere nazioni. La
gente, in maggioranza i ceti poveri nutriti male e in
maniera inadeguata, era nell’impossibilità di procurarsi
cibi costosi come la carne, uno dei pochi alimenti in grado
di fornire proteine indispensabili a garantire le necessarie
difese a organismi debilitati. Solo a partire dal X secolo,
la diffusione della coltura dei legumi ha cominciato a
contribuire al miglioramento della salute della collettività,
rendendola più resistente alle malattie e consentendo così
al nostro continente di ripopolarsi in breve tempo.
Durante la seconda guerra
mondiale essi fecero
stabilmente parte delle famose
“razioni-C” in dotazione a tutti i
soldati statunitensi disseminati
nei vari teatri di guerra.
Negli anni della Grande depressione
negli Stati Uniti, i fagioli contribuirono in
parte a risolvere il problema della fame,
dati gli alti prezzi raggiunti dalle carni.
VALORE NUTRIZIONALE DEI FAGIOLI
Fagioli freschi
Fagioli secchi
Calorie Kcal
149
343
Calorie kj
623.416
1435.112
Acqua
61.2 g .
10.06 g .
Proteine
9.06 g .
20.96 g .
Lipidi (Grassi)
0.49 g .
1.13 g .
Ceneri
1.34 g .
3.66 g .
Carboidrati
per diff.
27.91 g .
64.19 g .
Fibre
5.3 g .
12.7 g .
Zuccheri
0.37 g .
2.28 g .
I fagioli sono una buona alternativa alla carne dal punto di vista
dell'apporto proteico ed è per questo che vengono anche chiamati
“ carne dei poveri “ infatti sono ricchi di legumina che è una
sostanza proteica che può sostituire in parte gli elementi della
carne e delle uova. I fagioli sono anche ricchi di glucidi e lipidi e
sono valutati come alimenti che equilibrano la dieta dal punto di
vista della giusta proporzione tra lipidi, proteine e glucidi.
Contengono la lecitina, un fosfolipide che favorisce l’emulsione
dei grassi evitandone l’accumulo nel sangue e riducendo il
valore del colesterolo, svolgendo quindi una benefica azione sulla
circolazione sanguigna e riducendo la pressione arteriosa.
Fra tanti vantaggi arrecati però, c’è anche qualche
neo da segnalare: i fattori di una certa flatulenza,
fastidiosa ma non patologica, dovuta alla presenza
di
oligosaccaridi
(raffinosio,
stachiosio,
verbascosio) che, non annullati dalla cottura e non
attaccati da enzimi digestivi specifici inesistenti nel
nostro intestino, sono fermentati dalla flora
batterica intestinale producendo idrogeno, metano
ed anidride carbonica; non si conoscono rimedi
efficaci, atti ad eliminare questo effetto sgradevole.
Le fave e la soia ne sono esenti.
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