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Carlo Magno II
CARLO MAGNO Incoronazione imperiale Nella messa di Natale dell’800 in Roma, il Papa Leone III incoronòCarlo imperatore, titolo mai più usato in Occidente dalla abdicazione di Romolo Augusto nel 476. Venne incoronato imperatore seguendo il rituale degli antichi imperatori romani, gli venne revocato il titolo di patrizio ed acquisì il titolo di Augusto. La seconda dice che se quella sera Carlo avesse saputo delle intenzioni del papa, anche se era una festività importante, non sarebbe entrato in chiesa. Quindi, secondo questo documento, Carlo venne incoronato imperatore contro la sua volontà. La Vita Karoli racconta di come Carlo non intendesse assumere il titolo di Imperatore dei Romani per non entrare in contrasto con l'Impero Romano d'Oriente, il cui sovrano deteneva dall'epoca di Romolo Augusto il legittimo titolo di Imperatore dei Romani: quando Odoacre aveva deposto l'ultimo Imperatore d'Occidente le insegne imperiali erano state rimesse a Bisanzio, sancendo in tal modo la fine dell'Impero d'Occidente. Dunque, per nessun motivo i Bizantini avrebbero riconosciuto ad un sovrano franco il titolo di Imperatore. Carlo avrebbe avuto già abbastanza nemici per mettersi in urto con l'Impero Bizantino. Incoronazione imperiale della sua incoronazione, Carlo Magno si presentò in San due ali di folla, abbigliato alla romana (abbandonando il costume franco che prevedeva di norma braghe di lino, di pelliccia e stivali annodati a stringhe), con tanto di tunica i calzari ai piedi. il suo biografo Eginardo, Papa Leone III, dopo aver o Carlo, si sarebbe prostrato a terra - secondo l'uso della proskynesis - quasi in segno di adorazione (riferita nte alla carica che l'imperatore rappresentava. estimoni che si proclamarono oculari (ma sui quali sono nzati parecchi logici dubbi), il pontefice, prima di porgli la ul capo, lo avrebbe denudato e unto con olio santo dalla iedi. azione popolare (elemento non presente su tutte le fonti e rio) sottolineò comunque l'antico diritto formale del popolo di eleggere l'imperatore. Incoronazione imperiale Occorre tuttavia ricordare come l'incoronazione a imperatore fosse per più d'un verso riconducibile alla volontà franca (già espressa all'epoca di Pipino) di riconoscere reale la falsa donazione di Costantino. In tale ottica, l'incoronazione del re franco a Imperatore sarebbe stato il corrispettivo per la legittimazione del potere temporale della Chiesa. Secondo alcuni storici, in effetti Carlo voleva il titolo imperiale, ma avrebbe preferito auto-incoronarsi, perché l'incoronazione da parte del papa rappresentava simbolicamente la subordinazione del potere imperiale a quello spirituale. In ogni caso Carlo si trovòsu un piano moralmente superiore di autorità su tutto l'Occidente, che nessun re germanico aveva mai avuto fino ad allora. L'Impero Carlo aveva unificato quasi tutto quello che restava del mondo civilizzato accanto ai grandi imperi arabo e bizantino ed ai possedimenti della Chiesa, con l'esclusione delle isole britanniche e di pochi altri territori. Dopo essersi garantito la sicurezza dei confini, Carlo procedette alla riorganizzazione dell'Impero. In tutta la sua estensione, l'Impero era suddiviso in circa 200 province e da un numero sensibilmente maggiore di vescovati. Ogni singola provincia era governata da un Conte, vero e proprio funzionario pubblico dell'Imperatore. La marca invece, era la circoscrizione fondamentale ai confini dell'Impero che poteva comprendere al suo interno più comitati. L'Impero I più eruditi chiamavano queste circoscrizioni con la denominazione classica di limes, perciòesistevano un limes bavaricus, un limes avaricum e così via. A livello centrale l'istituzione fondamentale dello stato carolingio era l'Imperatore stesso, poiché Carlo Magno era sommo amministratore e legislatore che, governando il popolo cristiano per conto di Dio, poteva avere diritto di vita o di morte su tutti i sudditi a lui sottoposti. Tutti erano sottoposti alla sua inappellabile volontà, fossero anche notabili di rango elevato come Conti, Vescovi, Abati e Vassalli Regi. L'Impero Il governo centrale era costituito dal palatium. Sotto questa denominazione si designava il consiglio dei ministri alle sue dipendenze. Organo puramente consultivo, era costituito da rappresentanti laici ed ecclesiastici che aiutavano il sovrano nell'amministrazione centrale. Monetazione Proseguendo le riforme iniziate dal padre, Carlo, una volta sconfitti i Longobardi, liquidò il sistema monetario basato sul solido d'oro dei romani. Denaro di Carlo Magno Riprese il sistema creato da Pipino e da Aethelberto II; Carlo (tra il 781 e il 794) estese nei suoi vasti domini un sistema monetario basato sul monometallismo argenteo: unica moneta coniata era il "denaro". Non essendo prevista la coniazione di multipli, l'uso portò all'affermazione di due unità di conto: la libbra (pound, unità monetaria e ponderale allo stesso tempo) che valeva 20 solidi (come fu successivamente per lo scellino) o 240 denari (come per il penny). Carlo Re dei Franchi Monetazione Durante questo periodo la libbra ed il solido furono esclusivamente unità di conto, mentre solo il denier fu moneta reale, quindi coniata. Carlo applicòil nuovo sistema nella maggior parte dell'Europa continentale. Per oltre cento anni il denaro mantenne inalterato peso e lega. I primi slittamenti iniziarono nel X secolo. Rinascita carolingia Spesso si parla a torto di Rinascita carolingia, volendo sottolineare la fioritura che innegabilmente si ebbe durante il C a r l o M a g n o e r a p r i m a d i t u t t o u n guerriero; regno di Carlo imparò Magno tardi ein male ambito a leggere politico e e scrivere, ma si rese ben conto della c u l t u r a l e . Alcuino da York e Beato Rabano Mauro Alla Schola palatina (la “scuola del palazzo imperiale”), istituita poco dopo il 780, furono chiamati i pochi uomini di cultura esistenti in quel momento in Europa. Dall’Inghilterra venne Alcuino, il monaco che la diresse fino alla sua morte, nell’804, mentre da Montecassino proveniva il longobardo Paolo Diacono, autore di una storia del suo popolo. Rinascita caroling Impegnato nelle sue guerre annuali, Carlo Magno non aveva una vera capitale fissa; dal 789 scelse il piccolo centro di Aquisgrana, in Renania, e qui stabilì la sede della scuola, che fino ad allora lo aveva seguito nei suoi spostamenti. Attraverso l’opera di dotti come Alcuino e Paolo Diacono si tentò l’impresa straordinaria di raccogliere, trascrivere, correggere i testi del cristianesimo e anche di ridare vita alla cultura letteraria classica. Carlo consideròessenziale essere circondato da persone in grado di padroneggiare la lingua delle Sacre Scritture. Alla fine del IV secolo san Girolamo aveva tradotto in latino l’Antico e il Nuovo Testamento e in latino erano scritte le opere dei grandi Padri della chiesa e dei grandi papi. S Rinascita carolingia Almeno il latino, se non l’ebraico e il greco, le altre lingue nelle quali si esprime la parola di Dio, doveva essere salvato dalla corruzione e dai guasti dell’ignoranza; i testi che contenevano questa parola rischiavano di perdere la loro efficacia di salvezza, se venivano letti in una versione sgrammaticata o lontana dall’originale. Occorreva dunque promuovere lo studio della grammatica latina e per far ciò era necessario studiare anche i testi letterari dell’antichità classica, che, pur provenendo dal mondo del paganesimo, si facevano ancora ammirare per la bellezza del loro stile. Minuscolo carolino L’invito alla fondazione di scuole grammaticali Il monogramma di Carlo Magno Già con un capitolare del 788 a tutti i vescovi del regno Carlo Magno aveva spiegato gli scopi della sua politica culturale. Una successiva lettera ai vescovi, datata 789, faceva compiere un nuovo passo a questo programma: «Si formino delle scuole per istruire i ragazzi. In ogni monastero e vescovado si sottopongano ad accurata correzione i salmi, le note, i canti, i computi aritmetici, la grammatica e tutti i libri cattolici; spesso alcuni, quando vogliono pregare Dio, lo fanno male a causa dei libri scorretti. E non permettete che i vostri allievi, leggendo o scrivendo, corrompano i testi». G l m i s i n u s c o l o c a r c o l i n r i p t o r i a o i ’a d o z io n e d e l negli scriptoria profonda trasformazione delle istituzioni monastiche realizzata da Carlo Magno e dai suoi successori, che fecero della regola di San Benedetto il modello universale del monachesimo occidentale. f u f a v o r i t a d a l l a Fu in questo periodo che la copiatura dei manoscritti diventò una delle principali attività dei monaci. Non venivano peròcopiati soltanto i testi sacri e quelli d e g l i a n t i c h i P a d r i d e l l a c h i e s a : Gli s c r i p t o r i a benedettini Gli scriptoria benedettini divennero così delle vere scuole di cultura classica e la necessità di comprendere meglio la lingua delle cose sacre ebbe l’effetto, sia pure indiretto, di salvare gran parte del patrimonio letterario dell’antichità latina. La riforma della Chiesa L a u n e l l i C v a r c h e s a c t " e l l r r n e l u n g r i o . g n s i n n o l c r a c r l c l o l o e , n s i i m i f s i s n o o r , b d a b b a o r s e v l c l l m e a e c o i n b s p a i l p o r é a s l d o a r r i e o c e s a l i d e d , s o m a t a c r i t i e ' i d i t e e o c o a s t t i a l l a e i z o i u g n o a d t o o n e n e o i c d r r i o r n o s ì a l e a r C o a p s l p a a t r e e l e i o t i d s s r c t v h o a e p i i e e t u r s l i c t i a g d o i n e b d o o e e i q a s a s p r s s t a u s n e f o o u r t s o t e a n e p v n g s h a p o s l c a a n a , ' M e n " o o d e l m a i r a o e c a a l d a i g a d t C a c a i e m s o d o e r a m e t o n u n , n e t i s o o m o a a i s r n c p e d z a o i o m o n m d a i , m t i i g ' l n o l e M i a e m g o r o g n u p D a i a v e E r v l r t o i v v a e l m p h i e d l e e r e i o a t n s m e q n a s u a t e a n a l i t l e i , n e i t i t t u p a e t l p l r ò i r v p r g s s n r a o o e e t o t i r a a . i e a n o m l e t e La riforma della Chiesa In ogni angolo dell'Impero sorsero delle scuole vicino alle chiese ed alle abbazie. Venne istituito quel motore propulsore dell'insegnamento che doveva diventare la scuola palatina, presso Aquisgrana. Sotto la direzione di Alcuino di York, vennero redatti i testi, preparati i programmi scolastici ed impartite le lezioni per tutti i chierici. Carlo Magno pretese anche di fissare e standardizzare la liturgia, i testi sacri, e perfino di perseguire uno stile di scrittura che riprendesse la fluidità e l'esattezza lessicale e grammaticale del latino classico. Neanche la grafia venne risparmiata entrando in uso corrente la minuscola carolingia. La riforma della Giustizia La riforma della Giustizia si attuò tramite il superamento del principio di personalità del diritto, vale a dire che ogni uomo aveva diritto di essere giudicato secondo l'usanza del suo popolo, con la promulgazione dei capitolari, che servivano ad integrare le leggi esistenti e che spesso sostituirono pezzi completamente mancanti dei vecchi codici. Queste norme avevano valore di legge per tutto l'impero ed il Re volle farle sottoscrivere da tutti i liberi durante il giuramento collettivo dell'806. La riforma della Giustizia Cercando di corregge i costumi ed elevando la preparazione professionale degli operanti nella giustizia, Carlo Magno prima nella Admonitio Generalis e poi nell'809 cercòdi promulgare dei richiami che dovevano essere vincolanti per tutti. Ordonnance de Charlemagne Admonitio generalis (Exhortation générale) Capitulaire promulgué par Charlemagne le 23 mars 789 BnF, Manuscrits, Latin 10758 p. 50 Si decise la diversa composizione delle giurie (che da ora in poi dovevano essere costituite da professionisti e non giudici popolari) e che al dibattimento non partecipassero altre persone se non il conte coadiuvato dagli avvocati, notai, scabini e quegli imputati che erano direttamente interessati alla causa. Le procedure giudiziarie vennero standardizzate, modificate e semplificate. Il problema della scrittura: Il minuscolo carolino L’evoluzione della scrittura romana mostra una caratteristica tipica di tutte le scritture alfabetiche: la tendenza a economizzare il tempo, a diventare quindi rapida, “corsiva”. Una scrittura corsiva sostituisce tratti curvi a quelli rettilinei e angolosi e ricorre sempre più spesso a legature fra le diverse lettere, che, col tempo, hanno l’effetto di deformarle e renderle poi di difficile decifrazione. Vista oggi, la scrittura latina dei secoli V e VI, almeno quella comune, sembra mescolare varie forme e grandezze di lettere, per lo più non riconoscibili a prima vista; abbreviazioni di ogni genere hanno poi una grande diffusione e contribuiscono alla difficoltà della lettura. Più chiara appare invece la scrittura utilizzata presso gli uffici imperiali del V secolo e poi rimasta in uso per i documenti ufficiali dei papi romani; essa è detta “onciale”, presumibilmente per la grandezza delle lettere, alte un’oncia, unità di misura pari a circa 2,5 centimetri. Si tratta di una scrittura lussuosa, ricercata e formale. Il problema della scrittura: Il minuscolo carolino Accanto al problema della lingua e della grammatica, si poneva quello della semplice decifrazione delle scritture dei manoscritti. Dopo decenni di digiuno letterario, infatti, i tipi di scrittura prevalenti nel V e nel VI secolo erano diventati illeggibili. Scrittura carolina La politica culturale di Carlo Magno dovette determinare certamente un aumento della domanda di testi scritti; ma per questo programma di diffusione più ampia dei manoscritti la scrittura onciale, troppo lenta e ricercata, appariva inadatta; così il nuovo bisogno di libri condusse all’adozione di una scrittura del tutto nuova, detta “minuscolo carolino”. Scrittura onciale Il problema della scrittura: Il minuscolo carolino I suoi antecedenti si possono rintracciare negli stili di scrittura già esistenti presso i monasteri benedettini e irlandesi, che ancor prima di Carlo Magno avevano cercato di salvare quanto possibile della prima grande cultura cristiana. Ma la riforma voluta da Carlo appare come qualcosa di più complesso e organizzato. Il minuscolo carolino era una scrittura retta da regole precise e uniformi in tutti i laboratori di copiatura (scriptoria) dell’impero; le lettere erano piccole, leggibili, chiare, ben separate l’una dall’altra, le abbreviazioni poche. Nei manoscritti della fine dell’VIII secolo chiunque riconoscerà facilmente le lettere minuscole dei nostri sistemi di scrittura. Le maiuscole erano usate per le iniziali, che, molto spesso, assumevano grandi dimensioni per accogliere miniature. Come si giunse all’incoronazione Chi volle Carlo imperatore? Possediamo diversi resoconti dell’incoronazione imperiale di Carlo Magno; tutti concordano nel datare l’evento nella notte tra il 24 e il 25 dicembre dell’anno 800. Tuttavia queste fonti non concordano su quale svolgimento abbia effettivamente avuto la cerimonia: uno degli eventi più celebri e meglio accertati della storia medievale finisce così per rimanere ai nostri occhi sfuggente e ambiguo. In sintesi i problemi sono due: si trattò di un’iniziativa papale all’insaputa di Carlo? E quali problemi di rapporto con l’impero bizantino ne nascevano? Papa Leone III Come si giunse all’incoronazione Carlo Magno aveva accolto come si conveniva il papa e lo aveva poi rinviato a Roma accompagnato da una buona scorta militare. Ma la solenne reintegrazione di Leone III nelle sue funzioni richiedeva qualcosa di più. Lo stesso Carlo si mosse per Roma, dove arrivòil 23 novembre 800. Come si giunse all’incoronazione Abbazia di Lorsch Secondo il racconto fatto negli Annali dell’abbazia di Lorsch (redatti nell’803-804 dall’abate, che poté servirsi di resoconti forniti da testimoni oculari), “a Roma il re riunì una grande assemblea di vescovi e abati, con i preti, i diaconi, i conti e il resto del popolo cristiano. Davanti a questa comparvero coloro che volevano condannare il signore apostolico. Quando il re si fu reso conto che essi erano mossi non da una ragione di giustizia ma dall’invidia, sembrò a lui bene – come pure ai vescovi e ai santi padri che assistevano al concilio – che, se tale era la volontà del papa e se egli l’esprimeva da se stesso, egli doveva purificarsi attraverso un giuramento, non secondo il loro giudizio ma come atto di libera volontà. Così fu fatto”. Evangeliarium di Lorsch Come si giunse all’incoronazione Questa formula piuttosto aggrovigliata mostra bene a che genere di compromesso fossero arrivati Carlo e Leone. Il re non si assumeva il potere straordinario di reintegrare il papa nelle sue funzioni; ma il papa era costretto (anche se dichiarava di farlo liberamente) a pronunciare un giuramento di innocenza col quale ottenere la purificazione. Questi fatti si svolsero il 23 dicembre. Sono ancora gli Annali di Lorsch a informarci di un’altra importante decisione presa nel corso di quello stesso concilio. Come si giunse all’incoronazione E poiché, in quell’epoca, il titolo di imperatore era già venuto meno presso i greci e un impero femmineo si teneva presso di loro, parve giusto tanto al pontefice Leone e a tutti i santi padri presenti al concilio, quanto al restante popolo cristiano, di nominare imperatore Carlo re dei franchi […]. A tale richiesta il re Carlo non volle opporre un rifiuto, anzi si sottomise con ogni umiltà a Dio e alla richiesta dei sacerdoti e dell’intero popolo cristiano, e assunse il nome di imperatore mediante la consacrazione del signor papa Leone. Come si giunse all’incoronazione Il racconto degli Annali di Lorsch si ricongiunge alla già citata lettera di Alcuino, nella quale si bollava l’“empietà” di Irene: in seguito all’usurpazione di Irene, l’impero doveva essere considerato vacante. Ma il significato del potere attribuito a Carlo restava per molti aspetti incerto e ciòpoteva dar luogo a quegli equivoci di cui parleremo più avanti. Una incoronazione raccontata in modi diversi Il resoconto steso più a ridosso di quella notte di Natale dell’anno 800 è quello offerto dagli ufficiali Annales regni Francorum, che furono probabilmente redatti per questa parte nell’801: “Proprio nel santissimo giorno del Natale del Signore, mentre il re si leva a dopo aver pregato, durante la messa, davanti all’altare della confessione di san Pietro, il papa Leone posò la corona sul suo capo e tutto il popolo romano lo acclamò: «A Carlo, augusto, coronato da Dio, grande e pacifico imperatore dei romani, vita e vittoria!». E dopo le laudi egli venne adorato dal successore degli apostoli secondo il costume degli antichi sovrani e, lasciato il nome di patrizio [che Carlo portava già dal 754], venne chiamato imperatore e augusto. Una incoronazione raccontata in modi diversi Confrontiamo subito il resoconto imperiale con quello compiuto dal cronista di parte pontificia, l’autore della vita di Leone III per il Liber pontificalis. “Essendo venuto il Natale di Nostro Signore Gesù, tutti nuovamente si riunirono nella predetta basilica dell’apostolo san Pietro. E allora il venerabile e beatissimo pontefice lo incoronò con le sue stesse mani di una preziosissima corona. Allora tutti i fedeli romani, vedendo quanto aveva difeso e amato la santa chiesa romana e il suo vicario, unanimemente lo acclamarono a gran voce, per la volontà di Dio e del beato Pietro, portatore delle chiavi del regno dei cieli: «A Carlo, piissimo augusto, coronato da Dio grande e pacifico imperatore, vita e vittoria».” Una incoronazione raccontata in modi diversi “Ciò fu detto tre volte davanti all’altare della confessione del beato apostolo Pietro e con l’invocazione di molti santi; e da tutti fu costituito imperatore dei romani. Subito dopo il santo vescovo e pontefice unse con l’olio santo Carlo, il suo eccellentissimo figlio, nello stesso giorno della natività del Nostro Signore Gesù Cristo.” Entrambe le fonti ci dicono dunque che il papa mise una corona sulla testa di Carlo; identica è anche la formula recitata dal «popolo romano». Una incoronazione raccontata in modi diversi Il Liber pontificalis omette invece il particolare dell’adorazione di Carlo da parte del papa, ma aggiunge, rispetto agli Annales, che Carlo venne unto con l’olio santo. Entrambi i testi, in particolare, affermano in maniera identica che l’acclamazione del popolo di Roma faceva derivare direttamente l’incoronazione da Dio. Non c’è dubbio comunque che nella notte di Natale dell’anno 800 si era voluto replicare il cerimoniale di incoronazione in uso a Bisanzio, che comportava tra l’altro la “prosternazione” del patriarca di fronte all’imperatore. Una incoronazione raccontata in modi diversi Esiste peròun’altra fonte che fa sorgere un problema. Si tratta di una serie di annali, gli Annales Maximiani, redatti tra l’811 e l’812, che ci riferiscono quanto segue: “Il giorno del santo Natale del Signore, all’insaputa del signore Carlo, papa Leone, quando si levò dopo aver pregato presso l’altare della confessione di san Pietro, prima della messa, gli pose sul capo la corona, e dall’intero popolo romano venne acclamato: «A Carlo, augusto coronato da Dio, grande e pacifico imperatore, vita e vittoria». E dopo le laudi venne adorato dal successore degli apostoli, secondo il costume degli antichi sovrani; e, lasciato il nome di patrizio, venne chiamato augusto e imperatore.” Una incoronazione raccontata in modi diversi Qual è il senso dell’inciso «all’insaputa del signore Carlo» che differenzia nettamente questa versione dalle tre precedentemente esaminate e, in particolare, dagli Annali di Lorsch? Si è a volte pensato che il redattore di questi annali abbia voluto lanciare un messaggio all’impero d’Oriente: l’idea dell’incoronazione era stata del papa e non di Carlo. Attraverso questa interpretazione dell’evento, la corte franca cercava forse di preparare il terreno per un accordo con l’impero bizantino: ricordiamo che nell’802 Irene era stata rovesciata e che sul trono era tornato un uomo, Niceforo Foca, subito sceso in guerra contro l’usurpatore; la legittimazione dell’assunzione della corona che abbiamo letto negli Annali di Lorsch aveva perso ogni valore. Una incoronazione raccontata in modi diversi La versione del re Carlo ignaro ci viene presentata anche da un’ultima fonte; si tratta di un passo della Vita Karoli scritta da Eginardo parecchi anni dopo la morte dell’imperatore, verso l’830: Imperatore Niceforo Foca In seguito però sopportò con grande tolleranza l’odio suscitato dall’aver egli assunto quel titolo, sdegnandosi soprattutto di ciò gli imperatori romani [bizantini]. Vinse la loro arrogante fierezza con la sua magnanimità, nella quale indubbiamente li superava di gran lunga, e ottenne ciò mandando loro frequenti ambascerie e chiamandoli fratelli nelle sue lettere. [ C s t i a i u n t r u r v l a b o ] z i a e t r v n o a n , a e l e Una incoronazione raccontata in modi diversi Puòdarsi che la testimonianza di Eginardo non abbia molto più valore di quella degli Annales Maximiani e sembra comunque poco credibile che Carlo Magno ignorasse quanto sarebbe accaduto durante quella messa di Natale. Resta tuttavia il sospetto che qualcosa nella cerimonia del 25 dicembre non sia piaciuto a Carlo e che essa sia stata anche un gioco degli inganni. Chi aveva più interesse alla nascita di un impero cristiano concorrente con quello di Bisanzio, il re franco o il papa? Incoronando Carlo, il papa riacquistava il prestigio perduto a PAR LE R. P. DOM partire dall’aprile dell’anno precedente; ricevendo la corona, PROSPER GUERANGER Carlo portava a compimento la trasformazione dei suoi ABBÉ DE SOLESMES guerrieri franchi in un ordinamento politico con il crisma dell’universalità. Ma Carlo aveva conquistato con le proprie forze gran parte dell’antico impero d’Occidente e, in quanto cristiano, il suo non era la stessa cosa dell’antico impero romano. Una incoronazione raccontata in modi diversi Qual era stato inoltre il ruolo del “popolo romano” nell’incoronazione ? I re franchi venivano prima di tutto acclamati dal loro popolo in armi, che invece questa volta era stato solo spettatore di una cerimonia condotta da altri. Di fatto, a Roma, il dispensatore della dignità suprema non era stato solo il papa, in quanto esecutore della volontà di Dio, ma un elemento del tutto estraneo alla tradizione politica dei franchi. Il legame che si veniva a stabilire fra le lontane pianure della Mosa e del Reno e Roma aveva in sé qualcosa di artificioso, appariva come una limitazione al potere imperiale appena ricevuto. Aquisgrana e non Roma doveva essere la capitale imperiale. Se questa interpretazione è quella giusta (ma è impossibile uscire dal regno delle ipotesi), si può comprendere perché nell’813 Carlo abbia egli stesso incoronato come imperatore il figlio Ludovico ad Aquisgrana senza la presenza del papa, chiedendo soltanto il consenso dell’assemblea del popolo franco.